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L’informazione scientifica del GITR

(Gruppo Italiano Tumori Rari)

Dai marcatori tumorali circolanti alla biopsia liquida:

evoluzione delle conoscenze in Oncologia

A Cura di:

Alessandro Comandone, Paola Bergnolo, Orietta Dal Canton, Antonella Boglione, Ferdinando Garetto, Davide Ottaviani, Andrea Saini, Azzurra Ottone

I MARCATORI TUMORALI CIRCOLANTI

La definizione di marcatore tumorale (MT) o indicatore biologico di neoplasia si riferisce a sostanze che, prodotte direttamente dalle cellule tumorali o indirettamente da tessuti per l’interazione della neoplasia con l’organismo ospite, inviano un segnale dell’esistenza e dello sviluppo del tumore.1

La sostanza definita marcatore tumorale può essere prodotta sia dalle cellule normali che dai tessuti tumorali mancando dunque di una specificità assoluta.1

I MT circolanti appartengono a varie classi biochimiche e possono essere classificati in base alla loro natura (peptidi, proteine, glicoproteine, oligoelementi) o prendono in considerazione il grado di associazione con le neoplasie e i rapporti dinamici della cellula neoplastica con l’ospite.1,2,3

Sulla base di tale identificazione distingueremo:

• marcatori oncofetali (CEA e ALFAFETOPROTEINA);

• prodotti di differenziazione tessuto specifici (β-HCG, PSA);

• marcatori di attività cellulare (TPA);

• marcatori enzimatici (fosfatasi alcalina, NSE, LDH);

• marcatori mucinici o associati al tessuto tumorale (CA 19.9, CA 125, CA 15.3);

• proteine normali (ACTH, PTH Melatonina, ADH);

• oligoelementi (Ca2+, Cu2+, Zn2+).

È interessante rilevare come, in una visione storica della Medicina, i maggiori sforzi prodotti alla ricerca di marcatori tumorali si concentrino soprattutto negli anni 60’, 70’, 80’

del XX secolo, lasciando poi questo capitolo incompiuto con l’avvento del nuovo millennio1,2,3.

Infatti cronologicamente riconosciamo tempi differenti per la scoperta o il brevetto dei MT circolanti classici ma tutti concentrati nella seconda metà del 1900 , mentre con il 2000 si apre l’era della ricerca sulle cellule, del DNA e del RNA circolante, abbandonando la ricerca sui MT biochimici classici e relegando il loro impiego alla pratica clinica quotidiana.

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Nella Tabella 1 riproduciamo la cronologia dei marcatori.4

MARCATORE TUMORE ANNO DI SCOPERTA O DI

BREVETTO

ALFAFETO fegato, testicolo 1964

CEA intestino 1965

β-HCG tumori genitali 1972

NSE microcitoma 1975

PSA prostata 1979

CA 19.9 pancreas, colon, 1979

CA 125 ovaio 1981

CA 15.3 mammella 1984

SCC polmone, esofago 1987

Tabella 1. Alcuni marcatori tumorali, sede del tumore e anno di scoperta.

Il diminuito interesse per la ricerca di nuovi MT è legato ad alcune debolezze nella loro identificazione e nel loro impiego.

Infatti un MT ottimale dovrebbe:1,2.4

• essere specifico per un solo tipo di tumore;

• avere un’alta specificità e sensibilità per la crescita tumorale e la progressione della neoplasia;

• correlarsi con il variare del volume del tumore, incrementando quando il volume progredisce e diminuendo quando la neoplasia regredisce in risposta ad una terapia;

• mantenere le stesse caratteristiche biologiche e biochimiche nelle varie fasi della malattia;

• possedere un’emivita sierica relativamente breve per evidenziare una stretta correlazione con le variazioni del volume tumorale;

• possedere infine un triplice livello soglia:3,4

a) di normalità sulla base della distribuzione del MT nei soggetti sani;

b) di patologia sulla base della distribuzione del MT nei soggetti affetti da malattia infiammatoria o displastica;

c) di allarme sulla base della distribuzione nei soggetti affetti da malattia tumorale accertata.5 (Cianetti)

Purtroppo molto frequentemente i tre livelli soglia si confondono creando molte incertezze nella loro interpretazione. Non è infatti infrequente che una neoplasia scarsamente differenziata, cioè altamente aggressiva, non produca un marcatore specifico, mentre non è eccezionale che processi infiammatori e iperplastici possono assumere livelli di allarme del marcatore, come ad esempio il PSA nelle prostatiti o nelle iperplasie benigne.5

In linea del tutto teorica un clinico richiederebbe al MT una risposta precisa nella diversa situazioni di diagnosi e di malattia:1,3,4

• nello screening della popolazione generale per distinguere soggetti sani da soggetti malati con un esame di alta specificità e di basso costo;

• nella diagnosi precoce a fronte di sintomi iniziali o ancora subclinici;

• alla diagnosi certa di tumore con un significato prognostico e predittivo di risposta alla terapia;

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• nelle varie fasi di malattia per definire il volume del tumore e la risposta ai trattamenti

• nella diagnosi precoce di ricaduta.

Nessun MT ad oggi soddisfa tali richiesta e dunque può essere utilizzato da solo per concretizzare decisioni terapeutiche. Nella tabella 2 esemplifichiamo alcuni punti di forza e di debolezza dei MT più conosciuti1,2,3,4,5,6,7,8,9,10

Tabella 2. Alcuni esempi di marcatori tumorali circolanti.

Tabella 3. Alcuni esempi di marcatori tumorali circolanti.

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Nelle tabelle 2 e 3 si riassumono alcuni esempi dei marcatori tumorali più utilizzati in clinica oncologica, delle loro caratteristiche strutturale e molecolare, delle patologie non tumorali in cui si esprimono, dei tumori in cui possono essere utilizzati o ritrovati, delle specificità nei diversi stadi della neoplasia. Se ne deduce una bassa specificità, una sensibilità media e un’affidabilità che esclude la loro applicazione in modo acritico nelle varie neoplasie e nelle diverse fasi delle stesse.

Nella successiva tabella 4 analizziamo il possibile ruolo di alcuni MT in differenti neoplasie e nelle diverse fasi della stessa.1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11

Tabella 4. Utilità dei marcatori sierici nei diversi tumori.

Come bene si evidenzia, tranne il PSA, relativamente al quale vi sono peraltro molti dubbi, nessun marcatore può essere impiegato nello screening di popolazione.5,12Associati ad esami radiologici, endoscopici e bioptici i MT possono supportare la fase diagnostica in alcune forme neoplastiche (colon retto, prostata, testicolo, pancreas, epatocarcinoma). La determinazione di base sarà utile nel prosieguo della terapia: se il MT aumenta si dovrà presumere una inefficacia della terapia. Se diminuisce servirà a quantificare la risposta.

Nel follow-up il marcatore, già rilevato positivo alla diagnosi, diventa molto utile per diagnosticare eventuali riprese di malattia e intraprendere degli esami radiologici o endoscopici per verificare l’esistenza di una ricaduta. Anche in questa situazione però l’utilizzo del marcatore va valutata con equilibrio e saggezza.1,3,4

Non sempre un incremento del MT sottende una ripresa di malattia. In caso di riscontro di valore soglia o di allarme di MT, l’esame va sempre ricontrollato a distanza di circa un mese per ridurre il rischio di falso positivo o di un più banale errore di laboratorio.1,2,3,4,12

Al contrario, in alcune situazioni, l’incremento di un marcatore può essere predittivo di ricaduta, ma la capacità di anticipare la diagnosi di ripresa evolutiva viene inficiata della minore sensibilità dei mezzi radiologici nel conformare tale sospetto. Anche in questo caso il PSA rappresenta un esempio paradigmatico.

Dopo prostatectomia radicale il livello di PSA determinabile ritenuto ottimale è nell’ambito dei centesimi di punto di ng/ml.13

L’incremento del valore soglia nell’ambito dei decimi di ng/ml crea molta incertezza, che prendono un nome specifico e che hanno già fatto produrre grandi quantità di letteratura.

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Ci si trova infatti di fronte alla cosiddetta “progressione biochimica” durante la quale abbiamo solo l’incremento del marcatore senza un segno clinico o radiologico certo di progressione di malattia. La progressione biochimica ha indotto decisioni cliniche differenti a seconda del periodo temporale, dell’utilizzo di mezzi diagnostici sofisticati in grado di intercettare la possibile ripresa di malattia o la pianificazione di interventi terapeutici precoci volti ad anticipare la comparsa di malattia volumetricamente misurabile e potenzialmente pericolosa.4,13 Nessuno di questi atteggiamenti è supportato da evidenze scientifiche certe e in molte occasioni si basano solo sull’opinione del clinico.

Si può infatti adottare una scelta di solo monitoraggio sierico del PSA, oppure di utilizzo della PET-TC con Gallio 68 PSMN o Colina nel tentatio di diagnosticare piccoli focolai di malattia, a vere decisioni terapeutiche quali la radioterapia della ragione pelvica nell’ipotesi che la ricaduta sia avvenuta nelle sedi di intervento, alla ormonoterapia guidata dal solo valore del MT. Le difformità della scelta stanno a testimoniare un imbarazzo del clinico di fronte ad un anticipo diagnostico realizzatosi con il PSA, ma non confermato con i normali esami radiologici14. In tutte le altre neoplasie il solo aumento del marcatore non autorizza ad intraprendere un trattamento senza la conferma radiologica o bioptica di una ripresa evolutiva. Nel carcinoma della prostata è invece permesso.14

In queste situazioni si applicano criteri dinamico quantitativi in cui ogni valore del MT viene correlato ai riscontri precedenti. Un primo approccio della valutazione quantitativa è rappresentato dall’analisi delle variazioni percentuali tra determinazioni successive del MT.1,4,

L’approccio è molto empirico pur avendo una sua applicabilità, ma è difficile definire quanto la variazione del marcatore sia legato a maggiore o minore attività della neoplasia.

Alla variazione percentuale può essere contrapposto il calcolo della differenza critica che esprime la variazione tra prelievi successivi dovuti ad aumentata o diminuita attività della malattia. I criteri matematici adottati in questa analisi sono il tempo di dimezzamento e il tempo di duplicazione di un MT.4

I tempi di dimezzamento vengono calcolati in una precisa sequenza temporale per valutare in tempi brevi la risposta ad una terapia sia essa chirurgica, radiante o medica di un tumore. I MT più affidabile in questa analisi sono β-HCG e ALFAFETO applicati nei tumori germinali.14

Nella tabella 5 riportiamo i tempi di dimezzamento.

MARCATORE TUMORE t1/2

1 giorno dopo chirurgia

β-HCG genitali

3 giorni dopo chemioterapia 6 giorni dopo chirurgia

ALFAFETO genitali

7 giorni dopo chemioterapia

PSA prostata 2-3 giorni dopo chirurgia

CEA colon retto 10 giorni dopo chirurgia

Ca125 ovaio 10 giorni dopo chirurgia

Tabella 5. Alcuni esempi di marcatori, sede del tumore, tempo ti dimezzamento (t1/2).

I limiti che abbiamo cercato di definire nell’impiego dei MT rende assolutamente necessario un loro impiego razionale e appropriato nella pratica clinica, per evitare sprechi di risorse, usi impropri, falsi positivi che aumentano l’ansia del malato e la necessità di esami supplementari ancora più costosi e di incerta interpretazione1,3,4.

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Si riconosce infatti un livello di prescrizione di marcatori tumorali molto superiore a quanto atteso sulla base delle linee guida sul loro impiego. Il livello di inappropriatezza per eccesso è dunque molto elevato e trova la sua spiegazione dal timore di non effettuare una diagnosi e di conseguenza di essere esposti a rivendicazioni medico legali 15.

Questa situazione che viene a configurarsi come “medicina di difesa” è consolidata in molte nazioni ed è di difficile eradicazione.1,15

Esiste poi una iperprescrizione anche nel follow-up della malattia neoplastica nel tentativo di intercettare una ricaduta di malattia prima delle sue manifestazioni cliniche. L’esempio più eclatante è rappresentato dal PSA dopo prostatectomia o radioterapia esclusiva sulla prostata o durante la terapia medica per il carcinoma della prostata metastatico. In molti casi è il paziente stesso che effettua controlli ripetuti all’insaputa del medico assegnando a modeste oscillazioni del marcatore significati negativi di progressione di malattia, con inevitabile aumento del livello dell’ansia. 13,15

Purtroppo ad oggi i marcatori tumorali e il loro impiego troppo ampio non hanno garantito un pari risultato sugli End Point fondamentali nella prevenzione e nella diagnosi delle malattie tumorali: mortalità, morbilità e qualità di vita. Anzi, al contrario, un uso inappropriato del PSA ha condotto ed una iperdiagnosi di Ca prostatico con conseguenti terapie anche in soggetti che per caratteristiche biologiche della malattia o per l’età del paziente non avrebbero mai manifestato la malattia o non sarebbero deceduti a causa della stessa. Purtroppo si constata che nel corso dei decenni le linee guida sui MT pur modificate, modernizzate e semplificate non vengono adeguatamente seguite e l’inappropriatezza è ancora molto diffusa.15 Resta infine il quesito di fondo con cui abbiamo aperto questa pubblicazione. Con l’evoluzione delle conoscenze in Oncologia, con il progredire delle metodiche diagnostiche di biologia molecolare e di genetica applicata, i MT circolanti classici continueranno ad avere un loro ruolo o saranno sostituiti da sistemi di diagnosi più moderni e affidabili?1,4,15

Sicuramente, come in tutti i campi della medicina anche in questo ambito si prevedono evoluzioni in tempi non lontani. Ma, per evitare gli errori commessi con i MT circolanti occorrerà definire il ruolo e i limiti di queste metodiche assai più complesse e inevitabilmente più costose. Facciamo riferimento soprattutto alla biopsia liquida e alla ricerca del DNA circolante.16,17,18,19,20,21,22 La base biologica di queste ricerche si basa sulla conoscenza della crescita e diffusione della neoplasia in un organismo. Il tessuto tumorale cresce in una prima fase a livello locoregionale ma assai precocemente le cellule rompono la membrana basale del tessuto di origine ed entrano nel circolo ematico16,17,18,20. Successivamente stravasano dal circolo andando a colonizzare organi anche lontani dal tumore primitivo e là sviluppano le metastasi secondo la storica teoria del seed & soil16,17,20. È dunque presumibile, e ora dimostrato, che una quota di cellule possa essere ritrovata e isolata mentre circola nel letto sanguigno. Il prelievo di una quota di sangue e l’isolamento di queste cellule o di frammenti delle stesse può offrire importanti informazioni sull’andamento della neoplasia16,17,18,19,20,21,22.

La finalità attribuita alla c.d. biopsia liquida è di usare un test ripetibile e meno invasivo che offra le stesse informazioni della biopsia tessutale20,22.

I vantaggi sono la ripetitività, la bassa invasività, i minori costi rispetto alla biopsia di un tessuto solido, il campionamento contemporaneo dello stesso tumore20,21,22.

Con la biopsia liquida si misurano proteine o acidi nucleici associati al tumore, marcatori cellulari e cellule circolanti o frazioni delle stesse.20,22

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Sicuramente la metodica va validata su grandi numeri, va concentrata in laboratori con sufficiente expertise e va monitorizzata con verifiche intralaboratorio e interlaboratorio per accertarne la riproducibilità e l’affidabilità.

La validità clinica della biopsia liquida va verificata in popolazioni di pazienti e in stadi clinici di malattia differenti, per giungere a distinguere per esempio i responder ad una terapia dai non responders. L’utilità clinica verrà invece verificata nel tempo perché occorre confermare che la biopsia liquida determini un miglioramento nella diagnosi e nei risultati terapeutici rispetto al periodo in cui tale metodica non esisteva.16,17,18,20,22

Al momento attuale la biopsia liquida è ancora una metodica da riservare a studi controllati e deve essere ristretta a centri di riferimento.

Non vi sono al presente evidenze che dimostrino un’utilità della biopsia liquida nello screening di patologie neoplastiche o nell’anticipo diagnostico anche perché la quota circolante di cellule è proporzionale alla massa neoplastica esistente. Un tumore di pochi millimetri difficilmente rilascerà quote di DNA circolante sufficienti per essere dosate. La biopsia liquida può avere un ruolo nella malattia localizzata ma già di volume critico e sicuramente nel monitoraggio della risposta nella malattia metastatica definendo la riduzione del volume circolante di cellule neoplastiche, la selezione di sotto popolazioni, la risposta alla terapia. Non è utile invece nel definire la malattia minima residua.16,17,20,22

Potrebbe avere infine un ruolo per definire una diagnosi di ricaduta clinica.22

È dunque una metodica promettente ma ancora da precisare nel suo ruolo specifico.

In conclusione in questo articolo abbiamo cercato di delineare il ruolo attuale della determinazione dei MT circolanti nella ricerca e nella pratica clinica quotidiana. Ribadiamo come più di cinquanta sostanze sono state più o meno propriamente definite MT e applicate nella clinica di tutti i giorni. Ma purtroppo dopo gli anni ‘90 del secolo scorso la ricerca in questo campo ha segnato il passo , riconoscendo pregi e limiti dei marcatori sierici.

In origine si sperava che il tumore fosse un’entità molto diversa dai tessuti normali con una biochimica cellulare precipua che venisse rappresentata da MT molto specifici e molto sensibili. Purtroppo tale convinzione è andata perdendo di concretezza1,4 Oggi sappiamo che esistono differenze tra cellule normali e neoplastiche, ma spesso sono di minima entità e non caratterizzabili solamente con MT circolanti4. Possiamo di certo dire che nessuno dei MT disponibili abbia uno spettro di impiego totale su tutto l’arco di sviluppo di una malattia tumorale. Non esiste infatti alcuna sostanza che sia utile nello screening, nella diagnosi precoce, nel follow-up.1,2,3,4 Migliori certezze si possono avere, soprattutto per alcune sostanze, nel monitoraggio della terapia. In tempi di terapia a bersaglio molecolare e di immunoterapia i MT circolanti rivestono ancora un ruolo, soprattutto in alcune patologie, se supportati da esami più approfonditi quali esami radiologici, di medicina nucleare, endoscopici che devono sempre essere richiesti come adeguato approfondimento di indagine1,2,4.

La biopsia liquida è promettente ma al momento va riservata a studi clinici e ristretta a centri di ricerca di sicura esperienza. Infine sia oggi per i MT, sia nel futuro per la biopsia liquida è necessario un uso appropriato che eviti sprechi e incongrue applicazioni . La scrittura, la diffusione e l’implementazione di specifiche linee guida condivise è dunque indispensabile17,18,20,22

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