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Ovvero: l amore ai tempi della connessione dati

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Academic year: 2022

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Perfetti Sconosciuti

un “selfie” durante il film

Ovvero: l’amore ai tempi della connessione dati

“Nessun film dell’orrore saprebbe essere così pauroso come quella sensazione glaciale, toccando la propria tasca, di non sentire più il proprio Smartphone”(Twitter anonimo)

A pensarci bene un‘idea così, è incredibile che non sia venuta prima di oggi a qualcuno. Scrivere una commedia, o per meglio dire una commedia di costume come questa, raccontando soltanto (si fa per dire) il rapporto morboso e malato che ormai tutti abbiamo con quell’aggeggio malefico e fantastico che è il telefono cellulare, possibile che non era venuta a nessuno?

Ebbene, ci ha pensato, e l’ha scritta Paolo Genovese, un regista che dimostra ancora una volta la sua capacità di acuta osservazione dei fenomeni sociali, riuscendo a fare quello che i suoi colleghi italiani non fanno mai, troppo legati come sono al “qui e oggi”: e cioè scrivere una storia che esca dagli stereotipi e i confini del nostro paese.

Perché “Perfetti sconosciuti” è una storia italianissima ma che, come si affretta a dire in conferenza stampa un raggiante Giampaolo Letta, che lo ha prodotto per Medusa Film (e che è già sommerso da richieste di acquisto dei diritti del film dall’estero) :«può tranquillamente essere una storia

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ambientata a New York, come a Tokyo o in ogni altra parte del mondo.»

Comunque, qui siamo a Roma, nell’autunno del 2015, riconoscibile dai tanti cartelli pubblicitari disseminati d e l l a d e c i m a F e s t a d e l C i n e m a c a p i t o l i n a , r i p r e s i volontariamente per lasciare un marchio temporale. Rocco ed Eva sono una coppia borghese, agiata e lievemente in crisi di coppia, sicuramente in crisi d’identità genitoriale, incapaci di fare i conti con una figlia quasi diciottenne, dai modi quasi insopportabili. Eva e Rocco hanno organizzato una cena, chiamando due coppie di amici e un altro amico di vecchia data, Peppe, che dovrebbe, proprio quella sera, presentare la sua nuova fidanzata, l’ennesima par di capire dai discorsi che gli altri fanno nell’attesa. Peppe si presenta da solo però, butta giù una scusa a cui nessuno crede e quindi si mettono a tavola per la cena in sette.

E qui, tra l’antipasto e il soufflé che Eva, con molta malizia chiede a tutti di fare un bel gioco: condividere per quella sera tutti gli Smartphone, leggendo ogni messaggio a voce alta, rispondendo alle telefonate in viva voce così da palesare a tutti i presenti ogni parola detta o scritta.

Quello che accadrà sarà esplosivo, con un equilibrio perfetto nella comica che inevitabilmente tracimerà nel dramma, travolgendo tutto e tutti come uno tsunami. Un esercizio quasi letterario messo in piedi da ben 5 sceneggiatori, Genovese compreso, che costruiscono dialoghi di grande efficacia, al ritmo via via sempre più incalzante che costringerà alla partecipazione attiva lo spettatore. Un film fotografato e diretto in maniera sublime, con un cast eccezionale che straborda dai soliti ruoli della commedia di costume dove qualcuno di loro era stato relegato per troppo tempo, per elevarsi tutti, davvero tutti è il caso di dirlo in una grande interpretazione. Marco Giallini sembra aver fatto il salto definitivo, è il centro di questa storia e se ne prende carico con eleganza, senza strafare, soppesando ogni gesto come fanno

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appunto i più bravi, ma anche gli altri interpreti sono un gradino sopra il loro standard, a parte forse Kasia Smutniak che patisce più degli altri la vicinanza del mattatore Giallini. Superlativi sono quindi anche Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Edoardo Leo (irriconoscibile nella sua maturità artistica) Alba Rohwacher e la sorpresa più grande del film, Anna Foglietta, dolorosa moglie in crisi con i nervi a pezzi e il bicchiere sempre troppo pieno.

Forse il più bel film italiano degli ultimi quattro anni, forse un film che entrerà nell’immaginario collettivo assumendosi il ruolo di spartiacque generazionale, per costringere tutti, uomini e donne, a guardare dentro il pericoloso baratro dei 40 anni e a specchiarsi, attraverso l’uso che si fa di quell’aggeggio elettronico, dentro le proprie insicurezze e le ipocrisie con cui spesso nutriamo le nostre esistenze.

IL TRAILER

https://www.youtube.com/watch?v=Kp8JX3-b9tw Mauro Valentini

Con il fiato sospeso – non si può morire di Università

“Questo film dà anche un altro punto di vista, il punto di vista di chi ‘va alla guerra’ e trova la morte per una passione. Sì, è vero, ci sono dei vertici che ti schiacciano, ti tradiscono, però c’è un esercito di persone, che poi sono quelle che abbiamo conosciuto e ci hanno accolto in questi laboratori, persone che dalla mattina alla sera fanno della

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loro vita universitaria una ragione di esistere”.

Cosi Alba Rohrwacher racconta con la sua straordinaria sensibilità artistica e militante quello che è stato “Con il fiato sospeso“, mediometraggio di Costanza Quatriglio presentato con straordinario successo a Venezia 2013.

Tutto nasce dalla notizia dell’apposizione dei sigilli ai l a b o r a t o r i d i c h i m i c a d e l l a f a c o l t à d i f a r m a c i a dell’Università di Catania per sospetto inquinamento ambientale (processo ancora in corso ) a seguito di un diario denuncia scritto da Emanuele Patanè, un dottorando morto per un tumore che si prospetta causato dalle esposizioni ai locali insalubri e senza protezione dei laboratori.

Il film scorre su due binari, il documentario che indaga e la narrazione di Stella, che in una sorta di intervista- confessione ripercorre gli anni dello studio in facoltà, gli esperimenti la bellezza della chimica e la faccia cattiva e senza appello della malattia contratta.

Un atto d’accusa mai urlato, un film delicato eppure potente.

una colonna sonora suonata dal vivo dai Black Eyed Dog che sono l’unico mezzo con cui la bravissima regista (già premiata per Terramatta con il Nastro D’argento 2013 per il documentario ) alza la voce a difesa di questi ragazzi contaminati e abbandonati da tutti.

Su tutto poi l’interpretazione immensa di Alba Rohrwacher che restituisce picchi di drammaticità narrativa che penetrano, scavano e indignano nella loro dolce fermezza.

Un film che è una scelta etica, un atto d’amore verso quei giovani ricercatori e studenti traditi per incuria e inefficienza nel momento in cui stavano diventando risorsa del paese.

Dietro le parole, le lacrime e i sorrisi amari di Stella si

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cela l’amara sconfitta dei sogni di tutti gli studenti di quella facoltà a cui il film è dedicato.

Un film questo che commuove per i temi e la spietata denuncia ma che è anche girato in maniera perfetta, un tocco cinematografico sapiente e geniale quello di Quatriglia, fotografia montaggio e direzione perfetta, che lascia prevedere grandi orizzonti futuri.

http://conilfiatosospeso.it/

Con il fiato sospeso – interpretato da Alba Rohrwacher, Gaetano Aronica, Anna Balestrierie con la voce di Michele Riondino. – Regia di Costanza Quatriglio.

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