TEORIE E
TECNICHE DEL LINGUAGGIO AUDIOVISIVO
Prof.ssa Caterina Martino
Università del Salento a.a. 2019/2020
Primo film internazionale, ma la distribuzione fallisce
1957
a causa di ‘censure’ politiche
Travelling nelle trincee e 6 mdp per l’assalto al formicaio
Cast americano e tutto maschile, staff tedesco, comparse tedesche, set tedesco, personaggi francesi
Attore-autore vs regista-autore
Ambientazione storica: fronte franco-tedesco Prima guerra mondiale
Spietata analisi della mentalità militare: niente patriottismo o affetto paternalistico, ma ordine di uccidere ed essere uccisi
Assenza del nemico esterno: il nemico è interno
Riflessione sulla violenza e sulla guerra: prima guerra
tecnologica, di massa, imperialista, di shock dell’immaginario collettivo Sproporzione tra spazi: il castello (ampio, lussuoso, graduati) vs le trincee (strette, sudice, soldati)
Il vero tema: l’attesa e l’inevitabilità della morte
PROFILMICO:
«Tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa, che è lì appositamente per essere filmato e fa concretamente parte della storia narrata (ambienti, personaggi, oggetti)». Il profilmico è la messa in scena.
«Il termine indica il lavoro di organizzazione. Da parte del regista, dei materiali di ogni inquadratura. Come lascia intuire l’origine dell’espressione, parlare di messa in scena significa parlare di quei codici che il cinema ha in comune con il teatro: scenografia e personaggi, luci e colori, recitazione e costumi. Mettendo in scena, un registra struttura dei materiali in funzione della ripresa, costruisce il suo profilmico sulla base di determinate finalità».
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, p. 59.
Ambiente
e figura Luci e
colori
PROFILMICO
Attori e personaggi
Appartengono al profilmico:
AMBIENTE:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, p. 64.
Abbiamo già visto con la scala dei piani e dei campi che l’ambiente è legato alle figure umane che vi entrano a far parte e che da qui derivano i diversi nomi dell’inquadratura.
L’ambiente non è un mero contenitore di figure, ma contribuisce a definire i personaggi che lo abitano.
«Lo spazio ambientale di un’inquadratura, così come quello di un intero film, almeno prima dell’avvento del digitale che introduce nuove possibilità, può essere naturale, fondato cioè sull’utilizzo di uno spazio già esistente, parzialmente modificato o interamente ricostruito. È solo nella seconda e, soprattutto, nella terza di queste possibilità che è corretto parlare di scenografia».
SCENOGRAFIA:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, p. 64.
«La scenografia è la modificazione o la creazione di un ambiente in funzione della ripresa cinematografica e della realizzazione di un film. La scenografia è evidentemente un elemento di derivazione teatrale. C’è tuttavia una grande differenza fra quella teatrale e quella cinematografica. Ogni inquadratura di un film, infatti, rappresenta un aspetto particolare della scenografia nella sua complessità, di quella che si potrebbe chiamare la scenografia-madre.
Di questa, ogni inquadratura dà un’immagine diversa attraverso soluzioni che hanno a che fare con i differenti codici del linguaggio cinematografico (obiettivi, angolazioni, distanza, effetti di luce, movimenti di macchina). Inoltre, la possibilità di ricorrere a piani ravvicinati permette al cinema di evidenziare, ben più del teatro, determinati arredi scenografici che si impongono invadendo lo schermo. Attraverso il montaggio poi, la scenografia-madre viene frazionata in una successione di piani che le conferiscono una dimensione temporale e la percorrono secondo un ordine stabilito dal regista e che lo spettatore è costretto a seguire».
AMBIENTE RICOSTRUITO:
Perché ricostruire un ambiente?
Necessità di costruire uno scenario credibile (ma non esistente) per un film storico o futuristico (es. 2001).
Caratteristica imprescindibile di alcuni generi, ad esempio il musical con la sua natura fantastica contrapposta al tedio quotidiano.
Motivi economici: a volte è meno costoso ricostruire un luogo piuttosto che occuparlo realmente con l’intera troupe.
Volontà di significazione e di controllo assoluto della messa in scena (es. Shining).
Rendere più espressivo e funzionale il contributo significante dell’ambiente nel film (es. il set di Nodo alla gola).
Evidenziare attraverso la ricostruzione il realismo dell’ambiente (es. Barry Lyndon) o al contrario la sua artificiosità (es. Dr. Stranamore).
AMBIENTE RICOSTRUITO:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, p. 64.
La scenografia virtuale del cinema contemporaneo: ambienti generati al computer che non rimandano più necessariamente ad ambienti reali ma sono un puro costrutto di sintesi digitale.
Gli ambienti virtuali sono dei simulacri che potrebbero portare a una scomparsa del profilmico, ovvero ciò che concretamente sta davanti alla mdp.
L’ambiente impressionista è quello scelto, modificato e ricostruito a partire dalla dominante psicologica dell’azione, è il paesaggio di uno stato d’animo. Il film diventa un paesaggio interiore, un sogno, una fantasia.
Esempio: impressionismo francese o Fellini.
L’ambiente viene detto realista quando non ha altra implicazione che la sua stessa materialità, cioè significa quello che è. Il paesaggio naturale o reale, non connota uno stato d’animo ma una realtà storico/sociale ben precisa.
Esempio: il neorealismo.
L’ambiente espressionista è esplicitamente artificiale, il mondo rappresentato è deformato e stilizzato in funzione simbolica. La scenografia ha valenze metaforiche.
Esempio: l’espressionismo tedesco.
AMBIENTE
Marcel Martin propone tre categorie:
Realista Impressionista Espressionista/
artificiale
AMBIENTE - Kubrick
Il profilmico – il rapporto tra i personaggi e gli elementi scenografici – è studiato in modo maniacale. Ogni dettaglio è studiato allo scopo di restituire una certa immagine del personaggio, del contesto in cui è inserito o comunque ha la funzione di significare. Ogni elemento che appare è stato accuratamente selezionato per contribuire all’esperienza visuale dell’inquadratura. Nelle scenografie di Kubrick, negli oggetti di scena e negli elementi decorativi, c’è spesso un contrasto, un’allusione, un indizio sulla storia o sul personaggio.
A un certo punto della sua carriera Kubrick decide di lavorare esclusivamente negli studi in UK, ciò vuol dire che molti dei set e delle scenografie sono stati costruiti o ricostruiti (ad esempio le strade newyorkesi di Eyes Wide Shut).
Il gioco degli scacchi, grande passione di Kubrick prima del cinema, ha influito sulla sua visione e sul suo approccio ai film non solo per la capacità di mantenere il controllo e gestire abilmente ogni aspetto, ma anche per la rigorosa attenzione ai dettagli e alla composizione delle inquadrature.
AMBIENTE – Kubrick, alcuni esempi
SPAZI MOLTO GRANDI O MOLTO PICCOLI
Realista Impressionista Espressionista/
artificiale
Il design minimal ed elegante di 2001 vs La stanza angusta e kitsch di Alex
AMBIENTE – Kubrick, alcuni esempi
I COLORI Creare un effetto di contrasto nella stessa inquadratura.
AMBIENTE – Kubrick, alcuni esempi
LE FORME Design non convenzionale e innovativo
Realista Impressionista Espressionista/
artificiale
AMBIENTE – Kubrick, alcuni esempi
DISPOSIZIONE/COMPOSIZIONE
Realista Impressionista Espressionista/
artificiale
AMBIENTE – Kubrick, alcuni esempi
DISPOSIZIONE/COMPOSIZIONE
Realista Impressionista Espressionista/
artificiale
ATTORI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 107- 108.
L’attore garantisce la rappresentazione cinematografica dell’umano. La sua recitazione discende da quella teatrale ma si distingue da quest'ultima per alcune peculiarità legate al cinema. In particolare:
Non c’è pubblico. Di conseguenza non c’è un rapporto diretto tra spettatore e attore (che appare nella sua immagine preregistrata).
La performance, essendo registrata, è sempre la stessa.
Sulla recitazione cinematografica incide in maniera significativa il discorso del film attraverso codici come la scenografia, le luci, i costumi, il trucco, i suoni, le indicazioni della regia, il montaggio.
La recitazione non ha continuità per via delle varie inquadrature realizzate e delle tempistiche delle riprese.
ATTORI E PERSONAGGI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 108- 109.
Il rapporto tra attore e personaggio si esplica attraverso il metodo di recitazione:
PERSONAGGIO RAPPRESENTATO PERSONAGGIO VISSUTO L’attore attinge a un repertorio di
movimenti, gesti, espressioni per rappresentare ‘dall’esterno’ il personaggio e i suoi stati d’animo.
Nessuna identificazione.
L’attore non finge stati d’animo che non gli appartengono ma li vive in
prima persona, in modo intenso e sofferto (il metodo Stanislavskij e
dell’Actor Studio).
Se l’attore si identifica col personaggio, anche lo spettatore lo farà. Se invece, tra attore e personaggio c’è un distacco, uno straniamento (modello brechtiano), che tende a enfatizzare la finzione della recitazione, allora lo spettatore guarderà il personaggio con sguardo critico considerandolo non una persona ma un costrutto semiotico.
Gestualità e vocalità verosimiglianti, recitazione neutrale
e invisibile.
Recitazione
È il modo che l’autore ha di ‘esistere’ davanti alla mdp (cfr. F. Di Giammatteo, Introduzione al cinema, con dizionario delle tecniche, dei generi e del linguaggio, Bruno Mondadori, Milano 2002, p. 186). Si distinguono 5 modalità:
Naturalistica
Gesto e voce sono accentuati. Si aggiunge qualcosa.
Es. De Niro e Nicholson
Sovraccarica
Gesto ed
espressione sobri o azzerati. Si sottrae
qualcosa alla recitazione.
Minimalista
Memorizzazione della parte, di gesti e battute riprodotte
poi davanti alla mdp.
Replicante
Si parte da un canovaccio, da
indicazioni generiche, e si
improvvisa.
Creativa
La scelta di una di queste modalità dipende dall’attore o dal contratto del film o dalle richieste del regista.
ATTORI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 108- 109.
Alcuni elementi che nel film influiscono o definiscono l’attore:
Il rapporto con il regista. Ogni regista ha un suo metodo di direzione degli attori. Dipende dal regista lasciare più o meno spazio all’attore.
La prossemica, cioè la collocazione dei diversi elementi (compresi gli altri attori) nello spazio dell’inquadratura stabilendo così i rapporti di vicinanza, lontananza, centralità, marginalità, appartenenza ed esclusione.
I costumi, importanti nella definizione di un contesto storico o dello status sociale del personaggio, per connotare diversamente i personaggi.
Il make up, che può essere naturale (c’è ma non si vede) o artificiale (c’è e si vede).
LUCI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 82-89.
Illuminare uno spazio al cinema vuol dire: renderlo visibile, organizzarlo, dargli una struttura, imporne la lettura, attribuirgli un certo significato, drammatizzarlo nella narrazione. Si distinguono:
LUCE EXTRADIEGETICA LUCE INTRADIEGETICA Illuminazione prodotta da riflettori e
superfici riflettenti che esistono solo nella realtà produttiva del film e non
nella narrazione e per questo non possono essere mostrati dalla mdp.
Le fonti di luce che fanno parte della messa in scena, della storia
raccontata (lampadine, fuochi, candele) e che servono a volte a
giustificare gli effetti della luce extradiegetica.
Le caratteristiche della luce sono qualità, direzione, sorgente e colore.
LUCI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, p. 83.
In base alla qualità si distinguono:
LUCE CONTRASTATA LUCE DIFFUSA LUCE DINAMICA L’utilizzo
dell’illuminazione diretta per creare nello spazio dei contrasti tra zone in
luce e zone in ombra.
Serve a creare intensità o ad attirare l’attenzione dello spettatore creando
spazi privilegiati.
Rappresenta in maniera
omogenea lo spazio. Illuminazione creata attraverso luci in movimento che rendono reversibile il margine tra
zone di luce e zone in ombra.
LUCI:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 83-84.
In base alla direzione si distinguono:
Luce frontale
Luce laterale
Controluce
Luce dal basso
Luce dall’alto
In base alla sorgente si distinguono:
Key light (luce principale posta frontalmente)
Fill light (luce di riempimento posta frontalmente)
Back light (controluce posta alle spalle del personaggio)
Diverse illuminazioni servono a creare diversi effetti allo scopo di significare il personaggio enfatizzandone la misteriosità, l’ambiguità, o mettendo in risalto alcune parti del suo corpo, o semplicemente per renderlo riconoscibile. Inoltre, la luce può creare effetti di colore attraverso l’uso di filtri colorati posti davanti ai riflettori per modificare la tinta di un ambiente.
IL COLORE NEL CINEMA:
G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018, pp. 85-89.
CINEMA IN BIANCO E NERO CINEMA CLASSICO CINEMA MODERNO Già esiste l’interazione tra luce e
colori, cioè il rapporto fra neri, bianchi e grigi.
La luce e i colori hanno una funzione di significazione
(simbolizzazione,
gerarchizzazione di ciò che entra nel quadro, leggibilità
dell’immagine).
Le luci sono riprodotte così come sono senza intenzione di
aggiungere significati.
L’illuminazione è
drammaticamente indifferente.
Introdotto già negli anni Trenta, il colore si afferma ampiamente nel cinema negli anni Cinquanta e Sessanta. A differenza del sonoro, il colore non ha determinato un particolare mutamento nel discorso filmico pur rappresentando un accrescimento delle potenzialità espressive del cinema. Le prime pellicole a colori restituivano una certa vividezza poco vicina alla realtà ma che diventa presto una funzione decorativa e spettacolare.