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TIZIANO MANNONI Attualità e sviluppi di metodi e idee

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Academic year: 2022

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Biblioteca dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale

4.1

TIZIANO MANNONI Attualità e sviluppi

di metodi e idee

a cura dell’ISCUM

Volume 1

Sezioni:

1. Ricordando Tiziano: lezioni e prospettive 2. Produzioni

3. Materiali e tecniche costruttive

All’Insegna del Giglio

(3)

ISSN 2039-067X

ISBN 978-88-9285-058-3 e-ISBN 978-88-9285-059-0

© 2021 – All’Insegna del Giglio s.a.s.

Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s www.insegnadelgiglio.it

[email protected] Stampato a Sesto Fiorentino (FI) Ottobre 2021, BDprint

In copertina: Tiziano Mannoni e la moglie Luciana ad Agnola (SP) nel 1965 (Archivio ISCUM).

(4)

INDICE *

Volume 1

1 Presentazione

3 Intervento di Cristina Mannoni all’incontro telematico Tiziano Mannoni: metodi e idee (17 ottobre 2020)

5 Nota biografica

8 Un percorso per immagini

1.

Ricordando Tiziano: lezioni e prospettive

15 Tiziano Mannoni e il “lavoro culturale”

Sauro Gelichi

19 Archeologia globale come percorso e prospettiva Enrico Giannichedda

27 Tiziano Mannoni e la rivista «Indice»: il dibattito sui beni culturali tra anni Settanta e Ottanta e il tema dell’artigianato

Lauro Magnani

33 Tiziano Mannoni e l’archeologia dell’architettura: dagli esordi a Genova a nuove potenzialità da esprimere

Ferdinando Bonora

38 Appunti sul contributo di Tiziano Mannoni alla fondazione dell’archeologia dell’architettura Andrea Fiorini

44 Il fantasma della Ripa. Una recensione con chiose dell’autore Chiara Davite

53 Il Centro Storico di Genova e Il fantasma della Ripa: Expo 1992, il Porto Antico e il dibattito sui moli storici

Francesco Gastaldi, Gian Luca Porcile

58 Scavare, studiare, restaurare, valorizzare: San Caprasio di Aulla, cronaca di un’esperienza di provincia

Riccardo Boggi

63 L’evoluzione degli studi sulla ceramica romana in Liguria: archeologia e archeometria.

Dalla lezione dei Maestri ai progetti attuali Daniela Gandolfi, Claudio Capelli

70 Mannoni e la “scuola ligure” di archeologia Nicola Cucuzza

74 Storia della cultura materiale e risorse ambientali. Percorsi e incontri Diego Moreno, Anna Maria Stagno

* L’indice riporta i contributi presenti nei due volumi, commercializzati anche separatamente.

(5)

82 «È sempre meglio un’ipotesi da correggere che una mancanza di ipotesi». L’Archeologia globale e l’attualità di Tiziano Mannoni oggi

Simonetta Menchelli

88 La lezione dell’archeologia globale. Retrospettive e prospettive di una metodologia della ricerca storica

Marco Milanese

93 Una disciplina indisciplinada. La Arqueología de Mannoni y tendencias de futuro desde una perspectiva española

Juan Antonio Quirós Castillo

102 Ricordando Tiziano: riflessioni sull’archeologia a cavallo di due secoli Daniele Manacorda

2.

Produzioni

113 Il reperto racconta. L’importanza dell’analisi tecnologica per la lettura delle evidenze archeologiche

Giorgio Gaj, Orietta Maestro

120 Ergonomia nella produzione antica: una chiave di lettura delle evidenze archeologiche Francesco M.P. Carrera

128 Accensioni preistoriche fra tracce e tecno-tipologie litiche Giorgio Chelidonio

135 Riflessioni in margine ai processi produttivi del sito estrattivo dell’età del Rame di Valle Lagorara (Maissana, La Spezia)

Fabio Negrino

141 I letti funerari in osso di Placentia romana, produzione e diffusione Lucia Di Pierro

145 Per un’archeologia delle produzioni musive Romina Pirraglia, Enrico Giannichedda

153 Economia e scambi nel Mediterraneo tra la fine dell’Antichità e l’Altomedioevo: dall’ordine tipologico al ‘Chaos’ archeometrico

Giovanni Murialdo, Claudio Capelli, Carlo Falcetti, Michel Bonifay

161 La pietra ollare nell’economia valdostana tra tarda antichità e alto medioevo. Dai laboratori di produzione di Saint-Jacques des Allemands (Ayas) al consumo dei manufatti nel sito di Messigné (Nus)

Mauro Cortelazzo, Gabriele Sartorio

169 Pietra ollare, cloritoscisto granatifero e cristalli di granato: una proposta di ricerca multidisciplinare

Laura Vaschetti

176 La distribuzione di macine in calcare nell’Appennino tosco-romagnolo nel Medioevo Enrico Cirelli

180 Elementi di continuità e innovazione nelle produzioni ceramiche di Mazara in età islamica Antonino Meo

184 Il bello del falso: la zecca clandestina di Godano (SP) e l’archeologia della produzione monetale Monica Baldassarri

(6)

193 Approccio transdisciplinare e multi-scala per l’interpretazione degli indicatori diretti di attività vetraria in contesti produttivi

Maria Pia Riccardi, Simone Giovanni Lerma

199 «et porter a la pluye / beau mantellet de joncq»: testimonianze, iconografia e produzione di mantelli in erba in Piemonte dal medioevo all’età contemporanea

Massimiliano Caldera, Francesco Rubat Borel

207 Il rame e l’argento delle Colline Metallifere (alta val di Pecora) nel XIII secolo. Metodologie multidisciplinari per lo studio dei bacini di approvvigionamento e del ciclo di produzione dei solfuri misti

Luisa Dallai, Laura Chiarantini, Sofia Iacopini, Caterina Sergenti, Vanessa Volpi 215 La miniera impossibile: trovare miniere dove non esistono

Marco Tizzoni

223 La funzione delle fonti storiche d’archivio nell’affinamento della cronologia dei siti minerari, metallurgici e mineralurgici di età preindustriale e protoindustriale sottoposti a scavo archeologico Maurizio Rossi, Anna Gattiglia

232 La produzione tradizionale della tonalite (Trentino): ricadute per l’archeologia del territorio e dell’architettura nell’arco alpino

Prisca Giovannini

236 Il Maglietto di Molini di Fraconalto vent’anni dopo: documentazione della situazione attuale e approfondimento sullo studio dei modelli degli attrezzi

Mirella Maestri

242 Etnoarcheologia tra supporto alla ricostruzione di antichi cicli produttivi e conservazione della memoria: il caso della Fonderia Picasso di Avegno

Lucia Ferrari

3.

Materiali e tecniche costruttive

253 Tracciabilità delle fonti di materie prime. Un’esperienza di collaborazione transdisciplinare per la gestione della complessità dei materiali geologici

Maria Pia Riccardi, Sandro Baroni, Marica Forni, Angelo Landi, Roberto Reis 261 Identificare uno stile tecnologico nella produzione di malte e intonaci

Alessandra Pecci, Donatella Barca, Raffaella De Luca, Gino Mirocle Crisci, Luis Barba, Domenico Miriello 265 L’enigma del mattone graffiato. Il contributo degli studi mineralogico-petrografici

Marco Giamello, Francesca Droghini, Fabio Gabbrielli, Andrea Scala, Maria Grazia Nardelli, Alessandro Terrosi

268 La lettura delle tracce materiali per un approccio archeologico integrato allo studio delle murature storiche di Venezia

Angela Squassina

276 Roma – “Bagni di Elagabalo”: un approccio di lettura del cantiere severiano Emanuele Brienza, Lorenzo Fornaciari

280 “Archeologia del costruire” in laterizi di reimpiego tra tarda antichità e medioevo: pratiche, esiti e metodi di indagine

Marie-Ange Causarano, Paola Greppi

288 Verso una mensiocronologia dei laterizi dell’Umbria centro-orientale Stefano Bordoni

297 L’uso di mattoni nell’Abruzzo aquilano. Primi riscontri mensiocronologici Carla Bartolomucci

(7)

304 Fortificazioni medievali e tecniche costruttive murarie. Percorsi induttivi e abduttivi per la datazione dell’architettura storica della Sardegna

Caterina Giannattasio, Silvana Maria Grillo, Valentina Pintus, Maria Serena Pirisino

312 Le tecniche edilizie nell’insula 104 di Hierapolis di Frigia: problematiche e metodologie di indagine

Raffaella Bortolin

317 Per un atlante del romanico nel Verbano e nell’Ossola. Cultura architettonica e tecniche costruttive tra X e XII secolo

Eleonora Casarotti, Chiara Ribolla

321 Murature “a cantieri”: osservazioni e prospettive di ricerca in Liguria Anna Boato

329 Organizzazione e conduzione dei lavori nelle fortificazioni regie di età alfonsina: il castello di Gaeta nelle poste della Real Camera della Sommaria (1449-1453)

Marina D’Aprile

333 Entre archéologie de l’architecture et archéologie de la production : le cas singulier de l’adoption de la “ génoise ” dans la construction provençale

Philippe Bernardi

340 Repertori e dizionari tecnici del Settecento: un possibile supporto per la storia e l’archeologia della produzione

Alberto Grimoldi, Angelo Giuseppe Landi

Volume 2

4.

Architetture e insediamenti

351 De cómo la arquitectura tardoantigua y altomedieval Hispánica se convirtió en arqueología hace 25 años

María de los Ángeles Utrero Agudo

359 Archeologia della casa rurale. Riflessioni e spunti per un’agenda della ricerca Aurora Cagnana

367 La cronotipologia dei portali urbani si può fare?

Anna Decri, Simona Scrivano, Federica Sivori

376 Il contributo della storia dell’architettura all’analisi del costruito Silvia Beltramo

383 Geomorfologia e speleologia urbana a supporto di ricerche geo-archeologiche: il caso del Bastione dell’Acquasola a Genova

Roberto Bixio, Francesco Faccini, Stefano Saj, Martino Terrone, Mauro Traverso 387 Archeologia globale e campione vesuviano

Antonella Coralini

392 Una stazione di sosta di età imperiale romana in località Casalgismondo (Aidone) Carmela Bonanno

397 Santa Maria Nova (Via Appia Antica, Roma), II-XX sec. d.C. Riflessioni metodologiche a margine dell’analisi di un edificio pluristratificato

Luigi Oliva, Francesca Romana Paolillo, Stefano Roascio

(8)

401 Esperienze di Archeologia tardo antica e alto medievale in contesti urbani della Campania Marcello Rotili, Silvana Rapuano

405 Fonti cartografiche e iconografiche per la topografia di Porto Pisano medievale Fabio Redi

412 Spazio urbano e relazioni territoriali di un insediamento della Puglia settentrionale medievale:

applicazioni digitali nell’indagine archeologica in corso a Montecorvino Angelo Cardone, Luca D’Altilia, Pasquale Favia

420 Studiare e comunicare il costruito di una città medievale dei Monti Dauni (Montecorvino) Roberta Giuliani, Giulio D’Amelio, Marco Maruotti

424 Il problema dei rifiuti nelle città dell’Italia nordorientale. Prime considerazioni su di un particolare sistema di smaltimento: le camere da butto

Chiara Guarnieri

432 Una singolare ghiacciaia di epoca moderna alla Caffarella (Roma). Riflessioni sul ciclo di produzione del ghiaccio e il commercio del freddo in epoca moderna

Stefano Roascio

436 L’analisi archeologica per la conoscenza e la conservazione delle strutture del XX secolo Daniela Pittaluga

444 I Gigli di Nola. Da “architettura effimera” a testimonianza di “archeologia dell’uomo”

Saverio Carillo, Emanuele Navarra

5.

Territorio

455 La complessità dell’archeologia alpina: il sito di Orgères (La Thuile, AO) tra storia e territorio Giorgio Di Gangi, Chiara Maria Lebole, Gabriele Sartorio

463 Progetto europeo nEU-Med: una ricerca complessa per un’archeologia globale di un paesaggio di pianura (Val di Pecora, Scarlino, GR)

Giovanna Bianchi, Mauro Buonincontri, Luisa Dallai, Lorenzo Marasco

471 Metodi e strumenti per la ricostruzione del paesaggio industriale antico di Populonia Giorgio Baratti, Martina Sciortino

480 Archeologia dei paesaggi 4.0. Cercando nuovi orizzonti Franco Cambi

487 Archeologia globale e lo studio dei paesaggi di età preistorica nella Sicilia centrale Enrico Giannitrapani

492 Appennino e Apuane: due aree montane vicine ma diverse. Dinamiche di popolamento tra la fine del Pleistocene e il primo Olocene

Marco Serradimigni, Carlo Tozzi, Marta Colombo

500 Ricerche d’archeologia globale nelle valli Taro e Ceno (Appennino parmense) Angelo Ghiretti

507 Il territorio di Caggiano (Salerno) fra tarda antichità e medioevo: nota preliminare

per un “approccio globale” allo studio degli insediamenti e delle infrastrutture postantiche nella bassa valle del Tanagro

Nicola Busino, Lester Lonardo

512 Paesaggi del potere in età comunale. Villaggi abbandonati e nuove fondazioni in area ravennate nel XIII secolo: fonti archeologiche e scritte a confronto

Marco Cavalazzi

(9)

516 La ricerca archeologica in Repubblica di San Marino Gianluca Bottazzi, Paola Bigi

521 Un approccio globale al concetto di sistema territoriale. Alcune riflessioni di metodo Umberto Tecchiati, Cristiano Putzolu

524 Il lato nascosto delle zone umide: archeologia ambientale e archivi biostratigrafici in Liguria Andrea De Pascale, Roberto Maggi, Carlo Montanari, Diego Moreno

533 Per un’archeologia delle alluvioni. Eventi alluvionali in Val Fontanabuona e Val Graveglia (GE) tra XVII e XVIII secolo

Fabrizio Benente, Enrico Cipollina, Giada Molinari, Andrea Pollastro

537 La piana di Filattiera attraverso i documenti del consorzio dei fiumi Magra e Caprio Rita Lanza

541 Studio e narrazione del paesaggio montano della Lunigiana: due progetti per la Val di Vara (SP) Monica Baldassarri, Letizia Chiti, Enrica Salvatori

546 Note per uno studio dei percorsi della pastorizia nella piana di Piombino (LI) Giorgio Baratti, Daniele Dapiaggi

550 Uomini, animali, idee lungo le vie dei pascoli. La rete tratturale in Italia centro-meridionale tra ricerca, tutela e valorizzazione

Francesca Romana Del Fattore

558 Archeologia delle aree di montagna. Storie di costruzione e abbandono Alessia Frisetti

6.

Conoscenza e conservazione

567 L’eredità di Tiziano Mannoni nello studio dei materiali da costruzione tradizionali e nello sviluppo dei materiali moderni

Giovanni L. Pesce, Cecilia Pesce

573 Archeologia e archeometria: esperienze interdisciplinari nelle attività finalizzate alla conservazione e al restauro. Aspetti metodologici

Simona Pannuzi

580 «… per conoscere meglio le costruzioni e soprattutto gli uomini». L’insegnamento di Tiziano Mannoni nell’attività dell’architetto conservatore: riflessioni ed esperienze

Mariangela Carlessi, Alessandra Kluzer

583 L’analisi stratigrafica per il restauro del patrimonio costruito. Esperienze dalla Basilicata Rossella de Cadilhac, Maria Antonietta Catella

587 Conoscenza e modellazione delle strutture storiche. Relazioni disciplinari tra restauro e tecnica delle costruzioni

Rita Vecchiattini, Chiara Calderini

595 L’archeologia dell’architettura come indagine propedeutica alle verifiche di vulnerabilità sismica negli edifici storici

Michela Tornatore, Enrico Zunino

599 Da Balestrino in poi. Dalla tesi di laurea in architettura alla libera professione: applicazioni GIS nell’architettura storica per un percorso metodologico originale

Enrico Zunino

607 Costruzioni del passato e trasformazioni del presente. La ricerca archeologica per la trasmissione delle identità costruttive

Francesco Doglioni

(10)

615 Ricordo e memoria: archeologia e coesione del tessuto sociale. Riflessioni in calce a un progetto sulle Memorie Recenti a Matera

Isabella Marchetta

619 Prospettive e nuove traiettorie per le letture archeologiche sul soprassuolo al tempo del “bonus facciate” e del “cappotto termico”

Gianfranco Pertot

623 Tiziano Mannoni e l’archeologia del territorio: conservare, conoscere Marta Conventi, Stefano Costa, Alessandro Panetta, Claudio Capelli 630 Dall’archeologia globale alla tutela olistica

Lorenza Comino, Marta Conventi, Simona Giovanna Lanza

634 Tra pianificazione territoriale e recupero della memoria: un approccio globale per una tutela diffusa

Pierluigi Giroldini

639 Archeologia dell’uomo e conoscenza del costruito Lucina Napoleone

7.

Altri temi e problemi

649 La morte del primitivismo Roberto Maggi

657 Qualche nota riguardo alle strutture lignee in ambiente conservativo, non necessariamente solo pre-protostoriche, nel loro rapporto con la stratificazione

Giovanni Leonardi

665 Riflettendo ancora sul matrix di Harris: una vita (professionale) dopo Enrico Zanini

672 Il reperto archeologico tra riproducibilità e feticismo Valentina Cabiale

679 Biocultural Approaches: ricostruire le interazioni sociali attraverso la bioarcheologia Elena Dellù, Angela Sciatti

686 Tra Archeologia Globale e Archeologia 2.0: il ruolo dell’informatica nella ricerca archeologica Andrea D’Andrea

693 Dalla Storia della Cultura Materiale al Material Turn. Strade convergenti o parallele?

Gabriele Gattiglia

700 Stratigrafico, tipologico e funzionale: un faro metodologico per la lunga notte hegeliana Vasco La Salvia

705 La scienza dei materiali e la “cultura esistenziale”: una via possibile per la ricerca in archeometria Elisabetta Neri

(11)

– 15 –

Tiziano Mannoni. Attualità e sviluppi di metodi e idee. Volume 1 Sezione 1. Ricordando Tiziano: lezioni e prospettive

TIZIANO MANNONI E IL “LAVORO CULTURALE”

Sauro Gelichi*

Il contributo affronta la biografia di Tiziano Mannoni nel quadro politico e sociale dell’Italia del secon- do dopoguerra. Un testo di Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale, viene usato a rappresentare questo periodo e a fare da ‘sfondo’ ad una serie di riflessioni su Tiziano Mannoni, non solo quale uomo di scienza e studioso, ma anche cittadino. Questo articolo vuole dunque mettere in rilievo il suo impegno civico e valorizzare le sue esperienze in quello spazio, oggi di grande attualità, che passa sotto il nome di

“archeologia pubblica”.

«Quando tutti fanno gli storici, è forse il momento che gli storici, per ristabilire un equilibrio, si mettano a raccontare storie»

Mannoni 1994, p. 7

1. Il lavoro culturale

Nel 1957 usciva, per Feltrinelli, Il lavoro culturale, il libro di un maremmano anarchico emigrato al nord a cercare fortuna o, forse meglio, a dare momen- tanea pace ad un’esistenza inquieta, sospesa tra la nostalgia di una provincia polverosa, agricola e peri- ferica (il passato) e una città indaffarata ed operosa, proiettata nel futuro del boom economico (il presen- te) 1 . Nella biografia letteraria di Luciano Bianciardi, rifugiato a Milano dopo gli esordi da bibliotecario e professore di Liceo nella natia Grosseto 2 , questo anomalo romanzo (in bilico tra la narrativa d’inven- zione, l’autobiografia e l’analisi sociale) costituisce anche un esercizio di stile (e un corrosivo ritratto) di una società in veloce ed irreversibile cambiamento:

una spietata ma già malinconica rappresentazione del ‘non più e del non ancora’ dove, quasi in tempo reale, si sottolineano (e si irridono benevolmente) i tic, le movenze e le retoriche di quel nobile tentati- vo pedagogico di allineare, anche culturalmente, le enormi disuguaglianze che avevano caratterizzato

* Università Ca’ Foscari Venezia, [email protected]

1 Bianciardi 1957.

2 Corrias 1993, pp. 25-77.

la nostra società (essenzialmente contadina) prima della Guerra.

Difficilmente riusciremmo a trovare, in un romanzo, una descrizione così lucida di quello che dovette sicuramente rappresentare un cambio epocale, qui efficacemente riassunto nella concisa definizione di

“lavoro culturale”. Troviamo i protagonisti di questa stagione, giovani o meno giovani, muoversi pieni di entusiasmo e di una voglia di cambiamento che forse, mai prima di allora, nessuna guerra ci aveva lasciato in questa forma. L’Italia, finalmente repubblicana e, finalmente, dotata di una Costituzione all’avanguar- dia, poteva davvero dirsi un Paese civile, determinato a demolire tutti gli steccati sociali (anche di genere) che l’avevano fino ad allora contraddistinto e a promuovere quella parità di diritti nell’accesso al pubblico godimento di beni collettivi, ai quali anche il patrimonio culturale della Nazione apparteneva.

Un Paese che, per la prima volta, proponeva e tentava di praticare valori come la sussidiarietà orizzontale e verticale, l’eguaglianza e la solidarietà 3 : condivisione e partecipazione, oltreché emancipazione culturale (quando non più semplicemente dall’analfabetismo), erano dunque le parole d’ordine che improntavano

3 Flick 2015.

(12)

– 16 – S. Gelichi

una buona parte della politica di quei tempi. E il

“lavoro culturale” ne era la più visibile espressione.

Sono gli anni, inoltre, in cui si sviluppa in maniera sempre più consistente, ed assieme ad altri tipi di associazionismo 4 , anche quello volontario a fini culturali, attraverso il quale si tende a dare mag- giore spessore al capitale sociale inteso non come bene particolaristico, ma come bene pubblico 5 ; e nella prospettiva virtuosa attraverso cui più cresce l’associazionismo più si afferma la società civile e il capitale sociale inteso come civicness 6 . È in questo spazio, politico e culturale, che prende corpo, anche nel nostro Paese, quel sentimento diffuso per l’antico (dunque anche per l’archeologia) che, fino ad allora, oltre che dagli addetti ai lavori, era stato coltivato da un ristretto numero di intellettuali e borghesi (o più semplicemente borghesi-intellettuali). Le risposte a questa esigenza, i luoghi e le circostanze in cui si sviluppano le varie esperienze, le finalità e perfino i risultati a cui si addiviene, non possono essere rubricati sotto un unico segno. Ma è in questo contesto che vanno ricercati gli embrioni di quella che oggi viene chiamata “archeologia pubblica”; ed è in questo ambito che mi piace ricondurre, almeno in parte, anche l’esperienza di Tiziano Mannoni, ricercatore senza maestri e oltre le discipline 7 , più affine «allo spirito dell’erudizione settecentesca»

che non alla successiva frantumazione del sapere 8 .

2. Tiziano Mannoni e gli esordi nel “lavoro culturale”

Nell’anno in cui usciva Il lavoro culturale, Tiziano Mannoni era già iscritto, anche se da poco, all’Istituto Internazionale di Studi Liguri (IISL) 9 : il suo contatto con questa realtà, e soprattutto con la figura di Nino Lamboglia, saranno determinanti nella misura in cui lo porteranno ad avvicinarsi a quel particolare tipo di approccio che caratterizza l’esperienza archeolo- gica ligure, sicuramente piuttosto singolare e fuori squadro, soprattutto se confrontata con il coevo panorama tradizionale nazionale 10 .

Da questo momento in poi la biografia scientifica di Mannoni si interseca con quella dell’IISL, poi dell’Università: prima attraverso la frequentazione dell’Istituto di Mineralogia, poi della Facoltà di Lettere di Genova dove, nei primi anni ’70, dà vita al primo newletter archeologico medievale (NAM

= «Notiziario di Archeologia Medievale»), dopo

4 Fanelli 2014.

5 Putman 1993.

6 La Spina 2010.

7 Murialdo 2010-2011, p. 3; Id. 2011, pp. 15-16.

8 Quaini 2001, p. 16.

9 La sua iscrizione risale infatti al 1956 (Marcenaro 2011, p. 10).

10 Mannoni 2003.

ancora dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale (ISCUM) e della Facoltà di Architettura. A questo percorso, contrassegnato da non sempre facili ed indolori passaggi 11 , fa da contraltare una più lineare costruzione di un rapporto solido e solidale con la società civile, perseguito nel tempo con «quello spirito di servizio» che lo contraddistinse ma che, nel nostro Paese, non rende 12 .

Già intorno alla seconda metà degli anni ’60 Tiziano Mannoni conosce Guido Farris e il suo gruppo e dà l’avvio agli scavi della Collina di Castello 13 ; e, successivamente (1968-1971), comincerà le indagini in via San Vicenzo, sempre a Genova 14 . Questi scavi gli consentono di mettere assieme un primo gruppo di volontari (reclutati anche attraverso un articolo di giornale) e così dare vita a quella sorta di ‘cenacolo’

che costituirà lo ‘zoccolo duro’ del futuro ISCUM fondato nel 1976 15 .

Non siamo, in questi casi, nei dintorni di quel vo- lontariato (talvolta pure lodevole) che impronta l’associazionismo culturale post-bellico (e, nello specifico, quello sui beni culturali), da cui sono nati tanti gruppi archeologici proprio in quegli stessi anni 16 ; ma siamo, invece, all’interno di un disegno politico-culturale ben più raffinato e pensato, dove si intendono mettere in pratica quei valori di ‘condivi- sione e partecipazione’ dal basso che, come abbiamo già detto, stavano alla base della nuova costituzione repubblicana. In sostanza, sperimentare la possibilità che l’accesso al patrimonio (nelle sue forme di frui- zione passiva, ma soprattutto di uso attivo) potesse avvenire anche all’esterno delle istituzioni preposte, non per collidere con loro, ma per co-operare criti- camente nell’interesse di un bene comune.

Per quanto non espressamente dichiarato, inoltre, si trattava anche di esercitare un vigile controllo sulle trasformazioni territoriali a cui andava incontro il nostro Paese (e con esso la Liguria) proprio in quel periodo: trasformazioni, spesso radicali, che toccavano gli abitati come le campagne. In sostan- za, sostenere un impegno critico non solo con la voce, quando necessaria, del dissenso dichiarato e pubblico, ma anche con l’opera quotidiana di un lavoro svolto direttamente sul campo.

È, ad esempio, testimonianza di quanto fosse neces- sario farsi sentire, il caso di uno dei momenti più bui nella storia della gestione del patrimonio urbano di Genova (non solo archeologico), coinciso con la distruzione del porto medievale della città proprio

11 La distanza, ma non l’allontanamento, dall’IISL, le più turbolente e inqualificabili vicissitudini con la Facoltà di Lettere:

Quaini 2011.

12 Francovich 2011, p. 1.

13 Sotto la formale direzione del Soprintendente di allora, Antonio Frova.

14 Gardini 2011, pp. 7-9.

15 Boato, Fossati 2015.

16 Corsi 2008.

(13)

– 17 –

Tiziano Mannoni e il “lavoro culturale”

in occasione delle celebrazioni di Colombo, durante l’Expo del 1992. Un ben noto episodio che ha visto Mannoni battersi in prima linea nell’agone pubblico in difesa del patrimonio culturale contro un inter- vento che, invece, stupidamente lo calpestava nello stesso momento in cui intendeva celebrarlo. Una vicenda nella quale finirà col soccombere perché, alla fine, la città dovette cedere alle ragioni della politica; e Mannoni chiuse questa storia, sconfitto, rifugiandosi in quel testo rivelatore e, per certi versi, catartico, scritto di getto in una notte (così mi disse una volta), che è Il Fantasma della Ripa 17 .

Ma l’impegno civico non si esaurisce solo nel deso- lante ma paradigmatico caso del porto di Genova.

Si sviluppa, anche, e certo in forme e con esiti più positivi, in altre iniziative in cui, negli stessi anni, l’ISCUM e Tiziano Mannoni sono coinvolti. Nella partecipazione all’elaborazione dei Piani Paesistici, in prima istanza, dove l’archeologia (nella sua versione non selettiva delle testimonianze del passato) trova spazio ed applicazione, a partire dalle linee teoriche ed operative già integrate nei volumi programmatici e di indirizzo 18 . È in questi strumenti di pianificazione urbanistica, peraltro, che gli archeologi più avvertiti di quel periodo avevano riconosciuto il mezzo più efficace per governare anche il contenuto archeolo- gico del patrimonio territoriale ed urbano 19 : e non è dunque un caso che proprio in questi spazi, più duttili che non gli ingessati strumenti della legge di tutela, tali archeologi (e tra essi Mannoni, assieme al suo gruppo) abbiano cercato di superare l’anacronistico concetto di patrimonio archeologico, per declinarlo nelle forme di una modernità più vicina alle sensibi- lità e alle istante della società civile. La sperimenta- zione sul campo si accompagna poi, anche, ad una riflessione critico-teorica che Mannoni riserva alle pagine della rivista «Indice per i beni Culturali del territorio ligure», con un cadenza e regolarità davvero invidiabili 20 . Un bimestrale, quello di «Indice», che rappresenta una delle voci più interessanti ed originali scaturite in quegli anni (ricordiamo per inciso anche l’importante esperienza della regione Emilia Roma- gna e del suo Istituto per i Beni Culturali), frutto di quel fermento di idee e di voglia di partecipazione politica e sociale che aveva animato i settori più avanzati della società dopo il ’68.

Se la spinta propulsiva di quegli anni tese ad esaurirsi, più o meno rapidamente, o a contaminarsi in versioni più edulcorate ed incolori di approccio al territorio, a partire dai primi anni ’80 (non a caso l’esperienza di «Indice» si concluse precocemente nel 1982), ciò non significa che il patrimonio di idee acquisito non si fosse ben radicato. Ne sono una testimonianza

17 Mannoni 2003.

18 Mannoni 1989; Ferrando, Mannoni 1979 e 1980.

19 Per tutti Ricci 2002.

20 Ad es. Mannoni 1976, 1977, 1980.

l’impegno che Mannoni, e il suo gruppo, spendono verso un altro decisivo aspetto della loro azione civile:

il rapporto con le comunità locali. Così prendono l’avvio non solo ricerche archeologiche innovative sul piano scientifico, ma si si sviluppa, in quegli stessi spazi spesso periferici, un confronto costante con le comunità, nell’ottica di dare voce e dignità di parola ad istanze che venivano dal basso. Non è necessario citare le molte iniziative che hanno caratterizzato il lavoro di quel periodo, dalle più tradizionali confe- renze alle visite sugli scavi, oggi certo un ‘passaggio’

quasi scontato, ma che non lo era fino ad una ventina di anni fa, quando l’archeologia ufficiale si trincerava dietro una sdegnosa distanza (e gli scavi archeologici erano trincee invalicabili e inconoscibili).

Credo che in questa disponibilità a spendersi per gli altri, che è stato un tratto caratteristico di Manno- ni (e che giustamente viene sottolineato in tutte le circostanze in cui ho sentito parlare di lui), non vi fosse solo la rappresentazione di un carattere schivo ma al contempo generoso, ma anche la traccia di una sentire civico molto forte e, più in profondità, quella comunanza con la comunità (intesa come cellula viva di relazioni umane) che lo ha sempre accompagnato e che, ad esempio, lo faceva sentire

“a casa” quando tornava nella sua Lunigiana 21 .

3. Tiziano Mannoni e l’“archeologia pubblica”

In tempi in cui impera un nuovo verbo (quello dell’“archeologia pubblica”), che finalmente è riuscito a reindirizzare socialmente la funzione della nostra disciplina 22 , viene da chiedersi quanto queste esperienze, ma anche altre sperimentate ad altre latitudini geografiche, siano state improntate da quel sentire che oggi viene percepito come una componente non negoziabile della nostra professio- ne. Mi verrebbe da dire molto, per quanto questo molto non fosse accompagnato, in quegli anni, dall’esotismo che oggi ha un grosso impatto su di noi; e, soprattutto, se il portato di quella stagione avesse avuto, come invece non ebbe, quella ‘presa’

generalizzata sulla comunità scientifica che gode in questo momento la “public archaeology”.

Certo, se ri-andiamo alle esperienze di “archeologia pubblica” (se posso permettermi questo anacroni- smo solo lessicale) di quel periodo, ci accorgiamo come queste siano improntate da un desiderio di riscattare le comunità da una sorta di analfabe- tismo culturale primigenio; ma che tale desiderio sia accostato a mezzi e modi certo non confron- tabili con quella performatività che oggi accom- pagna le migliori sperimentazioni nel campo della

21 Murialdo 2010-11, p. 4.

22 Volpe 2020.

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– 18 – S. Gelichi

disseminazione pubblica. E, in ogni caso, si fosse anche distanti dalle esperienze nord europee che, già da tempo, lavoravano con maggiore intensità sulla comunicazione e che avevano già prodotto, o stava- no producendo, quei modelli di ‘parchi archeologici’

che ancora oggi, aggiornati, fanno scuola.

Resta il fatto che la tensione etica che contraddistin- gueva quelle esperienze, e che ha attraversato tutta la storia personale di Mannoni, mi sembra spesso lontana da molte pur lodevoli sperimentazioni contemporanee; come piuttosto lontano mi sembra anche quel sentimento di accompagnare la dissemi- nazione e la partecipazione ad una riflessione sempre vigile e critica sui metodi e sulle finalità della ricerca scientifica (cioè sulla serietà di quello che facciamo e sulla bontà degli strumenti che utilizziamo), che invece costituivano sempre e comunque il centro della sua azione di uomo e di studioso. Insomma, quella che per semplificare, potremmo chiamare l’etica del suo “lavoro culturale”.

Si dice che i vecchi abbiano il dono della memoria lunga (e non di quella breve). Mio padre, che ha gli stessi anni che avrebbe Tiziano Mannoni, ri- corda molto bene gli episodi della Seconda Guerra Mondiale (e addirittura il nome del suo maestro di musica della banda cittadina) e, invece, non ha contezza assoluta di quanto è accaduto il giorno prima. I giovani, al contrario, sembrano toccati da un destino opposto: nella bibliografia dei numerosi testi che si dedicano oggi all’“archeologia pubbli- ca”, di rado vedo citati lavori di Tiziano Mannoni e, comunque, contributi anteriori agli anni 2000.

Può darsi che abbiano ragione, che in questa spugna che cancella la memoria vi sia nascosto, oltreché la semplificazione e la velocità a cui sono stati abituati dai nuovi mezzi di comunicazione, il desiderio di liberarsi dei molti ‘cascami’ che la nostra storia, di archeologi e studiosi, ha prodotto in tutti questi anni. Tuttavia non lo ritengo un buon segno, soprat- tutto perché penso che una società senza profondità temporale non possieda gli strumenti sufficienti ed avvertiti per affrontare i rischi del presente: e questo vale anche per il nostro mestiere e, se l’abbiamo, la nostra missione.

Questo lavoro è debitore dei suggerimenti e dei

“racconti” di Alexandre Gardini ed Enrico Gian- nichedda, che ringrazio.

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