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(1)

Capitolo 2

Ricostruzione di immagini SAR della

superficie marina

2.1 Introduzione ai sitemi di Radar Imaging

Un radar d’immagine è un sistema in grado di produrre una “fotografia elettromagnetica” della zona illuminata, più precisamente una mappa basata sulle proprietà di riflettività di questa nell’ambito delle microonde.

All’inizio degli anni ’50 furono intrapresi i primi studi relativi all’utilizzo dei radar a bordo di mezzi mobili, in particolare montando il sitema sotto la fusoliera dell’aereo, ci si rese subito conto che rispetto ai radar ad antenna rotante poteva essere aumentata l’apertura di quest’ultima e di conseguenza la risoluzione lungo la direzione del moto.[1]

Sulla base di questa osservazione furono costruiti i primi sistemi Radar ad apertura laterale (SLAR = Side-Looking Aperture Radar) che operando a frequenze superiori a 30 GHz, con impulsi di durata inferiore al microsecondo, erano capaci di raggiungere risoluzioni di 10-20 metri; questa tecnologia fu inizialmente impiegata solo in ambito militare e portò nel 1954 alla realizzazione da parte della Westinghouse Electric Corporation su commissione della U.S. Air Force, del primo radar ad apertura laterale aviotrasportato (Fig. 2.1)

(2)

Fig 2.1 – Immagine prodotta dal primo radar ad apertura laterale aviotrasportato (1954)

La rivoluzione dal punto di vista teorico venne dalle ricerche effettuate presso i laboratori della Goodyar Aircraft Corporation (oggi Lockheed Martin) da Carl Wiley nel Giugno del 1951, il quale mostrò che tramite un`analisi spettrale del segnale in ricezione proveniente da un sistema radar di tipo coerente, era possibile elevare la risoluzione spaziale dell’immagine radar senza apportare nessuna modifica alle dimensioni fisiche dell’antenna, separando gli echi in gruppi contraddistinti da una diversa frequenza Doppler. La prima pubblicazione corredata da immagini prodotte tramite un`analisi di questo tipo risale al’8 Giugno del 1953 ad opera di un gruppo di lavoro dell’Università dell`Illinois.

Gli studi intrapresi da Wiley furono in seguito approfonditi presso l’Università del Michigan e portarono alla progettazione (1958), su commissione del Dipartimento della Difesa Americano, del primo sistema

(3)

SAR (Synthetic Aperture Radar) aviotrasportato la cui tecnologia rimase appannaggio del mondo militare fino al 1964.

Il primo progetto non militare per produrre immagini radar fu realizzato quattro anni più tardi, quando la Westinghouse Electric Corporation and Raytheon riprese completamente la provincia centroamericana di Darien (Panama), operazione fino ad allora irrealizzabile a causa della fitta coltre di nubi che ricopre costantemente la zona.

Sin dalle prime esperienze in ambito civile fu subito evidente il grande potenziale insito nella tecnologia SAR, la quale essendo in grado di lavorare indipendentemente dalla presenza di luce solare, la rende operativa giorno e notte, e di fatto indipendente dalle condizioni atmosferiche dal momento che il suo funzionamento avviene nel campo delle microonde. Proprio per questi motivi il SAR è diventato uno strumento unico nel campo del Telerilevamento, capace di osservare in maniera continuativa fenomeni dinamici come le correnti oceaniche, l’evolversi delle regioni Antartiche o le variazioni nella distribuzione della vegetazione.

(4)

2.2 Il Radar d’immagine: principio di

funzionamento

Il sensore di un sistema radar d’immagine, solitamente montato su una piattaforma aerea o satellitare, si muove con velocità v ad una quota h dal terreno, lungo una direzione parallela all’asse x (azimut). L’antenna punta a

90° rispetto alla traiettoria di volo (side-looking antenna), lungo una

direzione inclinata di θp gradi rispetto all’asse z. L’angolo θp è detto angolo

di elevazione. L’asse dell’antenna interseca il piano del terreno x-y, detto anche “ground-plane”, nel punto P, denominato centro scena. Tale punto si trova a distanza Rp dal radar. (Fig. 2.2)

Fig 2.2 – Geometria tridimensionale del radar SLAR

Gli assi r ed y sono denominati, rispettivamente, asse di slant range ed asse di ground-range. L’impronta a terra dell’antenna, rappresentata nella figura con una forma trapezoidale, ha lunghezza ∆Y lungo y e dimensione ∆X, crescente con y, lungo x. La quantità ∆Y è detta “swath”.

Con riferimento alla geometria mostrata in Fig. 2.3 e 2.4, nelle quali si evidenzia in rosso la cella di risoluzione spaziale, sono rilevanti le risoluzioni nel piano di terra dette δx e δy:

x=Azimut Traiettoria z δy θp θ0 R 0 Rp θel

Cella di risoluzione in distanza Swath y=Ground-range r=Slant-range h ∆X=δx ∆Y P Daz Del x' O

(5)

0 cosθ λ λ θ δ az az o o az x D h D R R ≅ = ⋅ ≅ (2.1) 0 0 0 2sin 2 sin sinθ θ θ δ δ B c cTi r y = = = (2.2) dove 2 i r T c = δ (2.3) è la risoluzione in slant-range, avendo indicato con Ti la durata dell’impulso trasmesso, con B =1Ti la banda dell’impulso trasmesso, con θaz l’angolo di apertura a -3dB del fascio d’antenna e con R0la distanza del bersaglio.

z δy θp θ0 R0 Rp θel ∆Y y δr θ0 h θm θM Rm RM P O

Fig 2.3 – Geometria nel piano di elevazione

Radar

r

x R0

Piano slant-range azimut per una data cella in distanza

δx

Risoluzione in azimut

θaz

o

(6)

x R0 R0(β) -N/2 ... -2 -1 0 1 2 .... N/2 β O d A R1(β) ≈R1(β) approssimazione a raggi paralleli R-N/2(β) β

In un sistema SLAR per ottenere una δr dell’ordine di grandezza richiesto si usa la tecnica della compressione d’impulso, mentre il problema più grosso è avere un’elevata risoluzione in azimut, la quale oltretutto dipende anche dalla distanza. Una soluzione a questi problemi potrebbe essere quella di utilizzare un’antenna di grandi dimensioni lungo l’azimut (Daz) in modo da ridurre l’angolo di apertura dell’antenna a valori così piccoli da raggiungere le risoluzioni in azimut richieste e di ritenere valida l’approssimazione:

( )

cos x az p h D λ δ θ ≅ (2.4) ovvero di assumere la dimensione della cella di risoluzione spaziale lungo l’azimut praticamente indipendente dalla distanza. Tuttavia questo approccio non funziona perché viste le elevate distanze in gioco, specie quando il radar è montato su satellite, per ottenere la risoluzione richiesta si dovrebbe utilizzare antenne con Daz dell’ordine dei chilometri.

Vediamo come si può risolvere il problema con la tecnica SAR (syntetic aperture array). Supponiamo, in prima ipotesi, di poter utilizzare un array lineare, ossia un insieme di elementi radianti elementari, omnidirezionali, a distanza d l’uno dall’altro lungo una retta, che trasmettono e ricevono contemporaneamente; l’uscita dell’array è data dalla somma dei fasori dei segnali ricevuti da ogni singolo elemento.

(7)

Con riferimento alla Fig. 2.5 concentriamo l’attenzione sul piano slant-range azimut per una data cella in distanza e andiamo a vedere il modulo del fasore del segnale d’uscita al variare dell’angolo di azimut β. Il fasore del segnale d’uscita rappresenta il segnale in banda base, nelle componenti I e Q, all’uscita del rivelatore di fase del radar. Questa grandezza, normalizzata al modulo del fasore del segnale trasmesso, è proporzionale al diagramma di irradiazione dell’antenna. Supponiamo che l’array abbia lunghezza N+1, con N pari e che il primo elemento, quello di indice 0, sia proprio nel centro dell’array. Indichiamo con Ei il fasore del segnale ricevuto da ogni singolo

elemento.

Se la lunghezza L=(N+1)d dell’array è molto più piccola della distanza R0(β)

possiamo supporre che i raggi riflessi dal punto A, posto a terra, verso ogni elemento dell’array siano praticamente paralleli. Sotto questa condizione abbiamo: ( ) 0 0 0 4 4 sin f f j R j id c c i T E E e e π β π β − = (2.5) dove f0 è la frequenza trasmessa e R0

( )

β è la distanza del punto A

dall’elemento centrale dell’array. Come mostrato in figura, sfruttando l’ipotesi a raggi paralleli, la distanza dell’elemento i-esimo dal punto A è stata approssimata con Ri(β) ≅ R0(β)-i*d*sinβ.

Il segnale ricevuto è dato dalla somma dei segnali complessi Ei, cioè:

/ 2 / 2 N R i i N E E =− = ∑ (2.6) Tralasciando i calcoli matematici si giunge all’espressione:

(

)

( )

0 0 2 sin 1 2 sin R T f d sen N c E E f d sin c π β π β ⋅  +      = ⋅       (2.7)

(8)

Nell’intorno del punto O (centro della cella in distanza), cioè quando β<<1, e normalizzando a |ET| abbiamo:

(

)

(

)

(

)

2 2 1 1 2 2 2 1 sinc R T R T d d sen N sen N E d E d sin E L N E π β π β λ λ π π β β λ λ β λ+   +          ≅ ≅         = +   (2.8)

dove con L=(N+1)d e con λ=c/f0 si indicano rispettivamente la lunghezza

dell’array e la lunghezza d’onda del segnale trasmesso.

In Fig. 2.6a è rappresentata l’ampiezza ERdel segnale ricevuto al variare di

β e in Fig. 2.6b al variare di x, visto che

0 0 R x R x tgβ = ⇒β ≅ per β<<1. β 0 N+1 |ER(β)|/|ET| λ/2L (N+1)/√2 λ/2L

(9)

x 0 N+1 |ER(x)|/|ET| (R0λ)/2L (N+1)/√2 (R0λ)/2L

Fig. 2.6b - Diagramma di irradiazione dell'array lineare in funzione della coordinata di azimut x

Notiamo che:

1) l’ampiezza dell’eco di ritorno dal punto O (β=0) è moltiplicata di un fattore N+1 rispetto a quella dell’eco che viene ricevuto da ogni singolo elemento. In questo caso i fasori dei segnali ricevuti da ogni singolo elemento, secondo l’ipotesi a raggi paralleli, sono in fase fra loro e quindi allineati: il modulo della somma è massimo.

2) Ricordandoci che ER 2/ ET 2 è proporzionale al diagramma di

irradiazione dell’antenna, l’angolo di apertura dell’array a –3dB è

' 2 az L λ θ = (2.9) cioè metà di quello che avrebbe un’identica antenna planare di

lunghezza L La risoluzione in azimut δx che si ottiene è pari a:

' 0 0 2 x az R R L λ δ = θ = (2.10) dalla (2.10) si vede che facendo L molto grande possiamo aumentare la

(10)

x R0(i) -N/2 ... -1 0 1 .... N/2 O vTR θaz θaz t R0(t,i)

Posizione SAR all'istante t

L

risoluzione in azimut fino al valore voluto. Tuttavia rimane il problema pratico di come poter realizzare un array di lunghezza L grande. Esso si risolve facendo assumere all’antenna radar le posizioni –N/2, (-N/2+1),…,-1, 0, 1,…,N/2 in tempi differiti acquisendo ad ogni sweep il segnale relativo ad una generica cella in distanza i-esima. La distanza fra gli elementi dell’array è d=v*TR, con v la velocità di spostamento della piattaforma (vedi Fig. 2.7).

Fig. 2.7 - Geometria SAR sul piano slant-range azimut

Il problema viene quindi risolto a livello software elaborando le eco ricevute da uno stesso bersaglio riuscendo così a “sintetizzare” un’antenna di lunghezza superiore a quella reale, da cui deriva la denominazione “radar ad apertura sintetica” (SAR).

È importante notare che:

1) la lunghezza dell’array è limitata dall’angolo d’apertura dell’antenna in azimut θaz, in quanto le eco provenienti dal punto O (a terra)

continuano a giungere in ingresso al ricevitore fintantoché che quel punto si trova sulla superficie illuminata. Dalla figura 2.7 si evince che: 0( ) az 0

( )

az R i L R i D λ θ = = (2.11) dove R0

( )

i indica la distanza tra il bersaglio posizionato in O e la

(11)

posizione centrale (0) del radar per la cella di risoluzione i-esima; la quantità L è anche definita “apertura sintetica”.

Si può di conseguenza calcololare la risoluzione in azimut del sistema: 0

( )

2 2 az x R i D L λ δ = = (2.12) Questo risultato è estremamente importante, in particolare si osserva che:

a) la risoluzione in azimut è indipendente dalla distanza R0(i) della

i-esima cella in range.

b) la risoluzione in azimut migliora al diminuire della dimensione dell’antenna.

2) I segnali ricevuti dal punto O nelle varie posizioni del radar non sono in fase fra loro in quanto la distanza R0(t,i), varia rispetto al valore

R0(i)= R0(0,i). In altri termini se vogliamo sintetizzare un array

grande, l’ipotesi a raggi paralleli non è più valida.

Per fare una somma “coerente”, cioè in fase, degli echi ricevuti questi devono essere compensati con un termine di fase del tipo:

( )

0( ) 0( ) 4 , , / 2 dove con . 2 2 k k j R x i j x i k k k R H x e e x L N N x kvT k π φ λ − = = ≤ = = − ÷ (2.13)

La quantità φ0(xk,i) è la fase del segnale ricevuto dal punto O.

La distanza R x i è data da: 0

( )

k,

( )

2

( )

2

0 k, 0 k k / 2

R x i = R i +x xL (2.14) Se L/R0<<1 possiamo approssimare la distanza con il suo sviluppo in serie di

Taylor nell’intorno x=0, arrestato al II ordine, cioè:

( )

( )

2

( )

0 0 0 , / 2 2 k k k x R x i R i x L R i + ≤ ; (2.15)

(12)

( )

( )

( )

2 0 0 0 2 , k / 2 k k x x i i x L R i π φ φ λ = − ≤ (2.16) dove φ0

( )

i 4π R i0

( )

λ

= − è una fase costante.

Sostituendo la (2.16) nella (2.13) si trova:

( )

( ) ( ) 2 0 0 2 , / 2 k x j j i R i k k H x i e e x L π φ λ − = ⋅ ≤ (2.17)

Dalla (2.17) notiamo che, essendo φ0 costante, per allineare in fase gli echi

ricevuti è sufficiente moltiplicare per il termine quadratico di fase:

( )

( ) 2 0 2 ' , / 2 k x j R i k k H x i e x L π λ = ≤ (2.18) Dalla eq. (2.18) si vede che il termine di fase di compensazione è legato al valore R0 (i) della cella in distanza. La moltiplicazione del segnale ricevuto

per il termine di fase di eq. (2.18) è detta “compensazione del moto”. Il risultato di questa operazione è quello di “focalizzare” il punto O di una data cella in distanza, in analogia a quanto avviene nell’ottica per evidenziare un dato punto dalla scena. Vale la pena notare che la compensazione del moto è uno dei passi più critici della tecnica di ricostruzione dell’immagine in quanto le distanze R0(i) non sono note a priori con la precisione dovuta, che è

dell’ordine di λ/8. Spesso si ricorre a tecniche di autofocalizzazione in cui il valore di R0(i) viene stimato automaticamente dai dati.

2.3 Sistema SAR focalizzato

Nel precedente paragrafo abbiamo visto che per isolare il contributo del punto O relativo ad una generica cella in distanza i-esima dobbiamo raccogliere un campione per sweep per un numero di sweep N pari ad un’apertura sintetica L, compensare con il termine di fase H’(xk, i) (vedi eq.

(13)

-N/2 -N/2+1 -1 0 1 2 N/2 N/2+1 Cella in distanza i-esima, in ground-range O O z y x L

otteniamo l’immagine di una striscia di terreno di larghezza δx (vedi Fig.

2.8).

Fig. 2.8 - Ricostruzione dell’immagine stripmap

Se ripetiamo le stesse operazioni per gli N echi che vanno da 1 a 1

2 2

N N

− + + , otteniamo l’immagine di una striscia di terreno adiacente. In questo modo ricostruiamo l’immagine del terreno a strisce. Per questo motivo il sistema SAR che ricostruisce l’immagine con questa tecnica, detta anche ad “integrazione coerente”, viene denominato “strip map SAR”.

2.3.1 Schema a blocchi

Le precedenti strategie di ricostruzione possono essere riassunte traducendo quanto detto nello schema a blocchi funzionale (Fig. 2.9):

(14)

A/D F.A. B U F F E R

Compensazione del moto

( ) ( ) 2 2 0 2 exp 1 R j v nT R π λ         Σ

Compensazione del moto

( ) ( ) 2 2 0 2 exp 2 R j v nT R π λ         Σ s1(nTR)

Shift register a N celle

Cella No.1 s2(nTR) Cella No.2 R'=1/TR R=B= sR(t) dal rivelatore di fase

su2(nTR)

su1(nTR)

Compensazione del moto

( ) ( ) 2 2 0 2 exp j v nTR R M π λ         Σ sM(nTR) Cella No.M suM(nTR) M E M O R I Z Z A Z I O N E DISPLAY Azimut Ground-range i T 1

Fig. 2.9 – Schema a blocchi relativo alla tecnica di integrazione coerente

Il segnale ricevuto dal rivelatore di fase viene campionato con rate R=B, pari alla banda del segnale ricevuto. La compressione d’impulso viene fatta per via digitale mediante un filtro adattato. All’uscita abbiamo un campione per cella in distanza. Il buffer suddivide i campioni di ogni cella in distanza, quindi all’uscita i-esima il segnale si(mTR) è costituito dai campioni della

cella in distanza i-esima raccolti ad ogni sweep. Il segnale viene quindi inviato ad uno shift register composto da N celle, con N tale che NvTR=L. In

altri termini il registro tiene in memoria i campioni relativi ad una apertura sintetica. Viene fatta la compensazione del moto, moltiplicando per il

termine ( ) ( ) 2 2 0 2 v mTR j R i e π

λ , segue la somma dei campioni (integrazione coerente). Il

vettore di uscita, composto dai segnali ( )

i

u R

s nT per i=1÷M rappresenta, per

un fissato n, l’immagine complessa del terreno lungo il range. Alla sweep successiva lo shift register espelle un campione e ne carica uno nuovo. La

(15)

catena ricostruisce una nuova striscia. I campioni dell’immagine vengono memorizzati ed opportunamente elaborati per passare dal piano slant range azimut a quello ground-range azimut. Si passa quindi alla presentazione, dove il video non è altro che un display digitale in cui ogni pixel rappresenta l’ampiezza (il modulo) del singolo campione. In orizzontale c’è l’asse di ground-range ed in verticale quello dell’azimut. Ad ogni TR viene aggiornata

una colonna con una nuova striscia in azimut. Se guardiamo attentamente la struttura composta dallo shift register, compensazione del moto e sommatore

vediamo che il segnale d’uscita ( )

i

u R

s nT può essere anche riscritto come:

(

)

( )*

(

)

1 ( ) i N i u R i R Ref R m s nT s n m T s mT = = ∑  +  (2.19) dove ( )

( )

( )( ) 2 2 0 2 1, 2,..., R v nT j i R i Ref R s nT e n N π λ − = = (2.20)

rappresenta, a meno di una ampiezza complessa, il segnale ricevuto dal punto O della cella in distanza i-esima durante l’apertura sintetica L. La (2.19) non è altro che la cross-correlazione fra il segnale s nTi( R) e il coniugato di

( )i

( )

Ref R s nT , ovvero: ( )*

(

)

( ) ( ) i i u R i R Ref R s nT =s nTsnT (2.21) Quindi il sistema shift register, compensazione del moto e sommatore è un

correlatore. Dalla (2.21) vediamo anche che ( )

i

u R

s nT non è altro che l’uscita

da un filtro adattato al segnale di riferimento sRef( )i

( )

nTR . Questo significa che il sistema shift register, compensazione del moto e sommatore è un filtro adattato a s( )Refi

( )

nTR che esegue una operazione di compressione in azimut. Da questo punto di vista la ricostruzione dell’immagine alla fine consiste in:

1) compressione in range, fatta dal primo filtro adattato; 2) compressione in azimut, fatta dal correlatore.

(16)

2.3.2 Profondità di fuoco

Dallo schema a blocchi della tecnica di ricostruzione ad integrazione coerente di Fig.2.9 vediamo che la compensazione del moto deve essere fatta utilizzando una funzione di riferimento diversa da cella a cella, utilizzando l’informazione R0(i). Tuttavia, sotto certe ipotesi, è possibile approssimare

R0(i) con la distanza del centro swath Rp, e alleviare così il carico

computazionale per la ricostruzione dell’immagine. La condizione da imporre per avere una defocalizzazione trascurabile dell’immagine si ottiene imponendo che la massima variazione del termine di fase di compensazione sia inferiore o uguale a

2 π , cioè:

( )

2 2 0 2 2 max max 2 2 i x p x x L x R i R π π π λ λ   − ≤ ≤       (2.22)

Tralasciando i passaggi matematici, la disuguaglianza (2.22) porta alla seguente condizione: 2 2 sin az pf p D Y Y λ θ ∆ ≤ ∆ = (2.23)

La (2.23) esprime una limitazione sulla dimensione dello swath ∆Y. La

quantità ∆Ypf è detta “profondità di fuoco”. Quando la dimensione dello

swath ∆Y soddisfa la (2.23) possiamo utilizzare, nello schema di fig. 2.9, la stessa funzione di riferimento:

(

)

( ) 2 2 2 R p v mT j R Ref R s mT e π λ = (2.24) per tutte le celle in distanza, al fine di compensare il moto. Per fare un esempio attinente alla tipologia di dati presa in considerazione in questa tesi,

ipotizzando una dimensione dell’antenna Daz=10 m (ERS1 system) e una

frequenza di trasmissione di 5.3 GHz (λ≅6 cm) e θp=23° abbiamo:

2 2 100 8,531 610 sin 23 pf Y Km ∆ = = °

(17)

ricorrere alla tecnica ad integrazione coerente con funzione di riferimento variabile da cella a cella. In realtà, ogni qualvolta ∆Ypf<∆Y è possibile fare la

compensazione del moto a blocchi, focalizzando un numero di celle in distanza NR =int∆Yfp/δy con una funzione di riferimento che ha una Rp

pari a quella del centro del blocco. Nella figura 2.10 è possibile vedere come lo swath ∆Y sia stato suddiviso in 3 sub-swath di lunghezza ∆Ypf ciascuno.

Le celle in distanza appartenenti al blocco I sono focalizzate rispetto al punto P1, quelle del blocco II su P2 e quelle del blocco III su P3.

Fig. 2.10 – Compensazione del moto per ogni sub-swath

x Rp1sin(θp1) y δx ∆Ypf Rp2sin(θp2) Rp3sin(θp3) ∆Ypf ∆Ypf P1 ∆Y P2 P3

(18)

Cella 1 Cella 2 Cella 3 A A' B RADAR Zona di shadowing

2.4 Errori di ricostruzione dell’immagine

Per interpretare al meglio le immagini ottenute mediante sensori SAR è importante conoscere i principali effetti di distorsione che si incontrano utilizzando tale sistema di ripresa; le situazioni più difficili sotto questo punto di vista sono quelle in cui il terreno segue andamenti variabili come ad esempio in presenza di montagne od altre improvvise sommità.

2.4.1 Errori geometrici

I principali errori geometrici sono dovuti agli effetti di ripiegamento (layover) e di mascheramento (shadowing). Consideriamo la Fig. 2.11, che rappresenta la situazione in cui il SAR illumina una zona montuosa o in generale ad elevata pendenza.

Fig. 2.11 – Effetto del Layover

Dalla figura notiamo che:

1) i punti A e B si trovano nella stessa cella in distanza e vengono rappresentati nell’immagine dallo stesso ground range e quindi sovrapposti. Questo fenomeno si chiama “Layover”. In Fig. 2.12 si vede il tipico effetto del Layover in cui le vette dei monti sembrano

(19)

ripiegate a valle (vedi zona evidenziata in blu).

2) il punto A viene rappresentato in ground-range su B, mentre la sua posizione proiettata sarebbe su A’.

3) la presenza di montagne ed edifici, produce un effetto di mascheramento. In altre parole dalle celle 2, 3 di fig. 2.11 non si ha un eco di ritorno e quindi nell’immagine, per quelle celle, non si ha riflettività (nero se il livello minimo è rappresentato dal nero).

Fig. 2.12 – Immagine SAR relativa alla zona dell’alto Tirreno

In genere è possibile far delle correzioni sull’immagine qualora si disponga di altre immagini, prese da altri angoli di vista. La tecnica tipicamente utilizzata per eliminare il problema del Layover è quella di utilizzare immagini riprese da diverse passate del satellite (tecnica multipass) sfruttando ad esempio le orbite ascendenti e discendenti o le passate di due diversi satelliti (tecnica tandem).

(20)

2.4.2 Errori di moto

Abbiamo visto che il termine di fase da adottare nella compensazione del

moto è del tipo ( ) ( )

2 2 2 0 0 2 x 2 v t j j R i R i e e π π λ = λ

. In realtà questo termine è noto solo in modo approssimato a causa dei seguenti problemi:

1) la velocità della piattaforma non è costante;

2) la traiettoria della piattaforma differisce da quella rettilinea; 3) la piattaforma ha moti angolari (molto sentiti negli aerei).

Questi effetti producono degli errori nelle compensazioni del moto che alla fine portano ad una degradazione della risoluzione in azimut. A questo proposito vengono utilizzate delle tecniche di autofocalizzazione che cercano di stimare R0(i, x) utilizzando solo la matrice del segnale ricevuto. Fra le più

importanti ricordiamo la tecnica a gradiente di fase, a minima entropia, e a massimo contrasto.

2.4.3 Migrazione in distanza

Nell’elaborazione SAR abbiamo sempre ipotizzato che il punto O da focalizzare rimanesse sempre nella stessa cella in distanza durante l’osservazione xL'=Ls +L. In realtà le cose non stanno così; infatti la distanza del punto O varia con la legge

( )

( )

2

( )

0 0 0 , 2 x R i x R i R i = + (2.25) Se rappresentiamo la quantità R0(x,i) al variare di x, otteniamo la situazione

di Fig. 2.13. La traccia R0(x,i) viene detta “Curvatura in distanza” (Range

curvature).

Come si vede, il contributo dello scatteratore O1 durante l’apertura “migra”

nelle celle adiacenti 2, 3, 4, 5, 6. Questo fenomeno viene detto “migrazione in distanza”. In particolare si vede che questo problema è più sentito per le celle a bassa distanza in cui la curvatura, che dipende da R0(i), è più marcata.

(21)

-L'/2

L'/2

Azimut Range

Cella 1 Cella 2 Cella 3 Cella i- Cella M

esima

O1 Oi OM

migrazione va considerato nell’intervallo

2

L

x ≤ in quanto L'=L, ovvero nella Fig. 2.13 dobbiamo considerare 'L = L. Possiamo trascurare l’effetto di migrazione in distanza quando:

( )

( ) ( )

( )

(

)

( )

2 0 0 0 0 2 0 ' max , 8 8 r x s r L R i R x i R i R i L L R i αδ α δ ∆ = − = ≤ + ⇒ ≤

(tecnica RangeDoppler) (2.26)

con α=0.1 (a volte viene usato anche α=0.5).

Fig. 2.13 – Curvatura in distanza

Nel caso Ls=0 abbiamo:

( )

( )

( )

( )

( )

( )

2 2 2 2 2 0 0 0 2 2 2 2 0 0 2 0 2 sin 8 8 8 32 32 sin y p az az x x y p R i R i R i L R i D R i D R i λ λ λ αδ θ δ λ α δ δ θ = = = ≤ < (2.27)

Le tecniche di compensazione della migrazione in distanza consistono in una interpolazione dei profili in distanza ottenuti all’uscita del F.A., che è quello che effettua la compressione. C’è quindi un ricampionamento delle curve lungo le tracce della R0(x,i) e quindi la ricostruzione della matrice con i

profili in distanza allineati.

(22)

2.5 Rumore “speckle” e tecniche di riduzione di

tipo “multilook”

Una delle applicazioni dei sistemi SAR consiste nel realizzare una mappa

delle NRCS (Normalized Radar Cross Section) σ°(x, y), che, come noto, è

una grandezza media. In realtà ogni pixel dell’immagine sarà dato dalla somma vettoriale dei contributi di un numero elevato di scatteratori; di conseguenza la riflettività di una zona a σ° costante fluttuerà per effetto della combinazione aleatoria dei contributi presenti in ogni singola cella spaziale. Ne consegue che i pixel dell’immagine avranno diverse intensità di grigio e questo otticamente dà luogo ad un effetto di granularità imputabile ad un particolare rumore moltiplicativo noto con il nome di speckle. (Fig. 2.14).

Fig. 2.13 – Immagine SAR relativa ad ambiente urbano corrota da speckle

La tecnica di riduzione dello “speckle” consiste nel mediare i pixel di più immagini indipendenti della stessa zona; questa tecnica si chiama “multilook”. Infatti è possibile ottenere immagini della stessa zona a più bassa risoluzione in azimut suddividendo l’apertura sintetica L in K sottoaperture di lunghezza Lsc=L/K (K=3 in Fig. 2.14).

(23)

x R02(i) O θaz θaz x R01(i) R03(i) θ1 θ3 L Ls c Ls c Ls c C1 C2 C3

Fig. 2.14 – Tecnica “Multilook”

Indichiamo con R01, R02,….,R0k le distanze del punto O dal centro

dell’apertura sintetica e xi le posizioni dei centri Ci. Elaborando i dati

acquisiti nella sotto apertura K-esima, focalizzando il punto O con il termine:

( )

( ) 2 0 2 K K x x j R K H x e π λ − − = (2.28) otteniamo delle immagini dello stesso punto O (relative alla stessa zona) da K angoli di azimut (di vista) θi diversi e con risoluzioni, K

Daz x

2

=

δ ridotte di

un fattore K. La diversità di angolo di vista delle immagini fa sì che le immagini si possono ritenere tra loro indipendenti. Facendo la media delle K immagini abbiamo una netta riduzione delle speckle, come mostra l’immagine in Fig. 2.15 ottenuta tramite la media di 3 look dell’immagine di partenza (Fig. 2.13).

(24)

2.6 Ricostruzione di immagini SAR della

superficie marina

Per indagare sulle capacità dei sistemi radar e sui possibili campi applicativi del telerilevamento è necessario soffermarsi sui meccanismi che regolano l’interazione tra l’onda elettromagnetica incidente e la superficie illuminata; nel caso particolare dei sistemi SAR, è essenziale saper interpretare la quantità di energia riflessa dalla superficie nella direzione del sensore.

Per mettere in relazione le caratteristiche della zona osservata a quelle del segnale è necessaria l’introduzione di un modello di scattering che fornisca un’interpretazione analitica del processo di dispersione dell’energia retro-diffusa dalla superficie. [3]

Il modello universalmente riconosciuto come quello che meglio descrive il fenomeno del backscattering da una superficie marina è quello della superficie composta [4] (modello a due scale), il quale prevede di considerare la superficie del mare come composta da una struttura di grande scala alla quale sono sovrapposti dei ripple di onde a lunghezze d’onda molto minore di quelle di grande scala (onde capillari). Seguendo queste osservazioni la superficie marina può essere approssimata come composta da una serie di piccole faccette planari, tangenti alla superficie, sulle quali viene imposta una rugosità di piccola scala (modello a faccette della superficie marina). Il segnale reirradiato dalla superficie del mare, in dipendenza dall’angolo di incidenza locale sulla superficie, può essere quindi pensato come dovuto essenzialmente a due fenomeni. Il primo consiste in una riflessione quasi speculare ed avviene quando l’onda elettromagnetica incide localmente in direzione quasi normale; il secondo si fa risentire maggiormente per angoli locali di incidenza diversi dalla direzione normale ed è dovuto al fenomeno della risonanza di Bragg.

Il suddetto fenomeno di risonanza si verifica nel caso di superfici lievemente rugose, omogenee (in cui non sono presenti fenomeni di scattering

(25)

volumetrico), in presenza di un valore dell’rms (valore quadratico medio dell’altezza superficiale) minore di

8

λ

dove λ è la lunghezza d’onda del

radar. In tali condizioni l’energia retrodiffusa dipende, quasi esclusivamente, dalle componenti dello spettro bidimensionale della superficie (inteso come trasformata bidimensionale del profilo d’altezza) che risuonano con l’onda incidente. Prendendo in esame una componente sinusoidale dello spettro della superfice, su cui incide un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda

λ e con un angolo di incidenza θ , se la massima distanza fra due picchi

successivi r∆ è un multiplo intero di 2

λ

, la differenza di fase fra due segnali retro diffusi è 360 gradi; ciò equivale ad una somma in fase dei segnali.

r

Fig. 2.16 – Risonanza di Bragg con somma in fase

La potenza ricevuta dal radar è la somma delle potenze retro diffuse da ogni singola componente, per cui:

0 2 2 0 0 N j kR j kl r r l V V ee− ∆ = =

(2.29) dove N è il numero totale delle onde che risuonano con l’area illuminata.

(26)

Dal momento che la 2.29 è una serie geometrica, si calcola il valore della somma: 0 0 0 sin[ ( 1) ] sin[ ] N jkR r l K N r V V e K r − = + ∆ = ∆

(2.30) La condizione di risonanza si ottiene per:

2

0,1,...

k r π r n

λ

∆ = ∆ = = (2.31)

oppure in termini di lunghezza d’onda spaziale λse dell’angolo d’incidenza si ottiene: 2 sin 0,1,... s n n λ θ λ = = (2.32)

A causa della limitazione imposta dal modello di Bragg sul valore dell’rms (<λ /8) se ne deduce che solo le piccole onde capillari saranno responsabili del segnale scatterato. Dal momento che i SAR in configurazione satellitare operano in genere con un angolo di incidenza compreso tra 20 e 70 gradi possiamo presupporre che la quasi totalità del segnale reirradiato sia dovuta al fenomeno di Bragg, cosa che, per quanto sopra detto, sembrerebbe impedire il riconoscimento delle onde lunghe.

In realtà il radar riesce a rilevare anche le onde lunghe, infatti queste producono una modulazione sul segnale di backscattering prodotto dalle onde corte. I processi che contribuiscono alla presenza delle onde lunghe nelle immagini radar sono essenzialmente tre:

1. Le onde di piccola scala, nel loro movimento, si dispongono in maniera diversa sull’onda lunga, addensandosi maggiormente sul picco dell’onda dalla parte di provenienza del vento che non sui ventri. Questo effetto tipicamente idrodinamico si fa risentire anche sul segnale elettrico reirradiato e prende il nome di hydrodinamic

modulation.

2. Pensando al modello a faccette, per effetto del vento superficiale si verifica un’inclinazione diversa delle varie faccette che non risultano

(27)

più perfettamente tangenti alla superficie ideale di grande scala, modificando così il segnale di backscattering. Questo fenomeno viene in letteratura definito come tilt modulation.

3. Le faccette possiedono una posizione ed una inclinazione molto variabili nel tempo, questo porta ad ottenere un effetto “mosso” (effetto blurring).

Si deve precisare che i primi due processi sono comuni ai SAR e ai SLAR, perché legati solo alla struttura della superficie, mentre il terzo è un problema che si riscontra solo nei sistemi SAR dal momento che si elaborano coerentemente più immagini proveniente da una scena che cambia tra una acquisizione e la successiva.

I processi descritti sopra descrivono globalmente, in maniera qualitativa, i fenomeni connessi al SAR Imaging di superfici complesse come quella del mare; tuttavia è necessario fare delle assunzioni per l’analisi di immagini di questo tipo. In particolar modo, l’ipotesi che faremo per tutta la tesi è che le fluttuazioni di intensità dell’immagine SAR siano proporzionali alle fluttuazioni dell’altezza delle onde della superficie [5] [20]. Tale ipotesi implica che lo spettro di potenza dell’intensità delle immagini, cioè il modulo quadro di F KI( , )θ , è proporzionale allo spettro direzionale delle onde

( , )K θ

Ψ , a meno del rumore dovuto alle elaborazioni eseguite dal sistema di

acquisizione. Usando tale ipotesi è possibile determinare la lunghezza d’onda fondamentale e la direzione principale, tramite il calcolo del massimo assoluto diΨ( , )K θ . Il legame tra queste due quantità può essere espresso tramite una funzione lineare del tipo:

2 2 2 2

( , ) ( , )

I

F K θ = H B R Ψ K θ (2.33) In cui H è legato alla risposta impulsiva del sistema SAR, B tiene conto del rumore di fondo presente nell’immagine dovuto alla strumentazione del SAR, mentre R è legato all’interazione radar - superficie marina. Dal momento che i termini H e B rappresentano delle fluttuazioni di sottofondo

(28)

sarà possibile eliminare il loro contributo tramite un’operazione di media lungo tutte le direzioni (θ ) dello spettro direzionale.

Per quanto riguarda invece il termine R, questo terrà conto dei tre fenomeni, supposti lineari, relativi alle distorsioni delle immagini SAR della superficie marina sopra elencati, risulta quindi:

2 2 2 2

( , ) t b h

R K θ = R R R (2.34) Di conseguenza lo spettro direzionale dell’immagine SAR del mare può essere visto come somma di uno spettro con densità spettrale di potenza costante (dovuto a H e B) con uno spettro di un processo, che manifesta la sua energia verso una direzione privilegiata (spettro quasi omnidirezionale, poiché lo spettro è mediato nell’intorno della direzione della fondamentale), che è quella del vento.

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