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Capitolo 4 – La fattibilità della filiera bio- etanolo in Toscana.

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Academic year: 2021

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Capitolo 4 – La fattibilità della filiera

bio-etanolo in Toscana.

Le biomasse utilizzabili a fini energetici per essere considerate fonti energetiche rinnovabili (FER), devono soddisfare determinate caratteristiche di ecosostenibilità nella loro produzione e utilizzo. Con la parola d’ordine "sviluppo sostenibile" l’Unione Europea definisce "lo sviluppo che soddisfa le esigenze attuali senza compromettere quelle delle generazioni future". E’ una strategia che fissa obiettivi ambiziosi e invoca un approccio integrato alla definizione delle politiche, che permetta di realizzare contemporaneamente obiettivi di ordine economico, sociale e ambientale.

Le filiere agroenergetiche da promuovere in quanto ecosostenibili devono essere “corte nello spazio” (perchè minimizzando le distanze si incrementano i benefici energetici), devono garantire un bilancio energetico positivo e di produzione complessiva di CO2 negativo o nullo, non devono prescindere dal contributo che le buone pratiche agricole possono dare alla fissazione al suolo del carbonio, alla lotta alla desertificazione e all’erosione, al processo di graduale sostituzione dei concimi chimici e al miglioramento della qualità dei suoli.

Per quanto concerne le fonti energetiche rinnovabili derivate da processi produttivi agricoli è fondamentale distinguere le produzioni cosiddette “locali” e le produzioni energetiche rinnovabili con biomasse di provenienza estera. Pur essendo ambedue no fossil – e quindi con emissioni di CO2 pari a zero – non si può riconoscere agli impianti bioenergetici che si approvvigionano all’estero la stessa valenza ambientale delle produzioni locali. E questo per due motivi: il primo, di carattere strettamente ambientale, è riconducibile al rischio che i già risicati margini del bilancio energetico vengano fortemente ridotti o azzerati con i trasporti; il secondo, non meno importante, è di carattere etico in quanto spesso si sottraggono alle produzioni alimentari enormi quantità di terreno in aree dove fame e sottonutrizione sono ancora presenti. Circoscrivere il raggio in cui reperire la biomassa necessaria all’alimentazione dell’impianto, ha lo scopo di rendere la biomassa a tutti gli effetti una fonte energetica rinnovabile e sostenibile. E’ di facile comprensione infatti, che il beneficio dovuto al bilancio nullo di emissioni di CO2 della biomassa ad uso energetico può essere vanificato dall’apporto delle emissioni di CO2 generate dal trasporto della biomassa fino all’impianto, in maniera più o meno significativa a seconda della distanza di origine delle biomasse medesime e del combustibile usato per il trasporto. Detta condizione ovviamente è tanto più delicata e gravosa per le emissioni di CO2 nel caso in cui ci si avvalga di mezzi di trasporto alimentati a combustibili

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fossili, mentre si alleggerisce nel caso in cui i mezzi di trasporto fossero alimentati a bio-combustibili.

Le filiere agro-energetiche inoltre devono fondarsi sulla figura dell’agricoltore che non può essere solo un attore tra i tanti, e cioè l’anello iniziale della lunga catena che porterà alla produzione di energia, ma deve essere un protagonista di tutta la filiera, anche sotto il punto di vista dei redditi garantiti dalla riconversione energetica delle sue colture. Una filiera agro-energetica deve pertanto tenere conto delle esigenze e aspettative dei produttori agricoli, in grado di valorizzare quello che già esiste in termini di colture, abilità produttive, capitale fondiario, fattore lavoro.

Il presente lavoro nasce proprio dalla consapevolezza di quanto appena menzionato e soprattutto nella speranza di poter in qualche modo risollevare le sorti del comparto agricolo toscano.

Ricordiamo che la storia di un luogo nel suo significato più ampio (legame tra presente e futuro) è il punto di partenza per l’avvio di un valido processo di valorizzazione, essa presuppone un’attenta diagnosi territoriale in grado di valutare le potenzialità dei luoghi, il numero e la diversa tipologia di attori coinvolti. In tali diagnosi, pertanto, si terrà conto dei punti di forza sui quali far leva (risorse locali o elementi che hanno consentito e consentono di perseguire gli obiettivi scelti), dei punti di debolezza sui quali agire, sulle opportunità da sfruttare (eventi esterni possibili o esistenti che potrebbero migliorare la situazione se opportunamente sfruttati) e sulle minacce che si potrebbero presentare. E’ importante, quindi, tenere conto del quadro complesso degli obiettivi perseguibili e della diversità dei soggetti coinvolti o da coinvolgere.

Considerare quindi la sostenibilità delle strategie di valorizzazione della filiera agro-energetica, sotto il profilo economico, sociale, culturale e ambientale, è molto importante perché non va dato per scontato che questi processi abbiano esito sempre positivo sotto tutti gli aspetti.

È necessario tenere in considerazione il carattere dinamico di questi processi, sia nella loro dimensione tecnico-fisica che in quella relazionale-organizzativa e la loro complessità, la loro non linearità e, quindi, la possibilità che essi generino non solo coesione e condivisione, ma anche conflitti e spaccature, così come che creino accanto a benefici per coloro che li attivano disuguaglianze e squilibri sul territorio.

Nello svolgimento di questa seconda parte di tesi si cercherà di individuare i pilastri fondamentali per la realizzazione di un’ipotetica filiera agroenergetica (nello specifico relativa alla produzione di bioetanolo da mais) nella Regione Toscana per poi valutarne, per mezzo di un LCA (analisi del ciclo di vita), la reale fattibilità.

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1. Simulazione della filiera del bioetanolo in Toscana

Alla luce di queste brevi considerazioni iniziali e in riferimento ad un’analisi già in parte svolta, un possibile schema per la definizione di una strategia di valorizzazione può essere sviluppato attraverso la schematizzazione dei principali punti focali che stanno alla base della filiera stessa.

Il primo passo da compiere nell’elaborazione di un progetto di realizzazione di una filiera è quello di effettuare una diagnosi territoriale, allo scopo di delineare più precisamente la realtà locale e di comprenderne meglio i problemi esistenti e chiaramente le potenzialità del territorio.

1.1 Diagnosi territoriale.

Ogni singolo ambito territoriale è caratterizzato da un proprio schema di funzionamento interno che dipende dalla storia, dai fenomeni culturali e sociali, dall'assetto geomorfologico del territorio, dalle combinazioni di fattori oggettivi e soggettivi e quindi un modello di analisi territoriale che tenga conto del carattere pluridimensionale di un territorio, deve riuscire a misurare grandezze economiche e sociali in grado di evidenziare le diversità territoriali e strutturali.

Al fine di compiere una corretta analisi territoriale bisogna innanzitutto stabilire i confini del territorio oggetto di indagine. Tali confini variano a seconda delle motivazioni che sono alla base dell'indagine stessa. Nell’analisi che mi propongo di sviluppare, il territorio toscano considerato è quello adibito alla coltivazione di cereali (in particolare grano tenero, duro e mais) in virtù del fatto che la Toscana risulta particolarmente vocata a tali coltivazioni e che la quantità di bioetanolo producibile dal loro utilizzo risulta non trascurabile.

Chiaramente uno degli obiettivi principali di questo studio è quello di non modificare le caratteristiche territoriali della regione, operando secondo le regole dello sviluppo sostenibile, senza compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve. L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale.

1.1.1 Le risorse locali per lo sviluppo della filiera.

Come si è più volte evidenziato nella prima parte di questa tesi, le risorse da utilizzare per la produzione di bioetanolo sono rappresentate da materiali zuccherini (canna da zucchero, bietola, sorgo zuccherino), materiali amidacei (grano, mais, orzo, sorgo da granella) e in misura minore, per gli i costi relativamente più alti, da materiali ligno-cellulosici.

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Per motivi relativi alla conformazione e all’attuale utilizzo del territorio toscano, e a causa dei maggiori costi di coltivazione e di stoccaggio delle altre due classi di risorse, la scelta delle colture da utilizzare è ricaduta sul secondo gruppo e in modo particolare sul grano e sul mais.

Le risorse locali vengono identificate come un “capitale territoriale” che, se opportunamente utilizzato può consentire la promozione di nuove opportunità di occupazione e aumento del reddito a livello locale. Per la determinazione dell’utilizzo del territorio sono stati considerati i dati ISTAT delle ultime campagne agricole (dal 2002 al 2007, escluso il 2003 non indicativo per le basse rese determinate da particolari condizioni climatiche) relativi alle singole province della Regione Toscana; in particolare si è tenuto conto degli ettari coltivati, delle rese produttive e delle produzioni totali (tabelle 4.1,4.2,4.3).

Dai dati riportati nelle tabelle si constata che il frumento rappresenta la principale coltura cerealicola della Toscana, il peso del mais è molto più contenuto (quasi 2 milioni di quintali). La produzione media regionale di grano duro dal 2002 al 2007 risulta di oltre 4 milioni di quintali, mentre quella di grano tenero, un tempo nettamente prevalente, è di quasi 1 milione di quintali.

Preme sottolineare che in alcune zone regionali (collina argillosa) il grano duro rappresenta attualmente una delle poche e migliori forme di valorizzazione economica dei terreni. Negli ultimi anni è proseguito il progressivo riorientamento varietale verso il frumento duro a scapito del frumento tenero, secondo un processo che ha registrato una forte accelerazione contestualmente alla Riforma dell’OCM del 1992. Gli orientamenti della politica comunitaria hanno fino ad oggi fortemente stimolato in Toscana la produzione del frumento duro grazie all’entità del premio supplementare.

Se però andiamo ad analizzare le tabelle dal punto di vista delle rese produttive (in tonnellate per ettaro) ciò che spicca è l’alta produttività del mais, più che doppia rispetto al frumento e questo aspetto è particolarmente evidente nelle zone comprese tra Arezzo e Siena e quelle di Lucca e Pisa.

PROVINCIA COLTURA 2002 2003 2004 2005 2006 2007 MEDIA

Firenze mais 5.016 6.520 6.194 5.600 6.100 5.490 5820,0 frumento duro 8.400 8.250 8.800 6.150 5.550 6.950 7350,0 frumento tenero 3.800 2.520 2.690 3.200 2.900 3.850 3160,0 Totale provincia 17.216 17.290 17.684 14.950 14.550 16.290 16330,0 Prato mais 325 325 355 242 272 230 291,5 frumento duro 590 590 625 290 334 364 465,5 frumento tenero 125 125 120 354 230 260 202,3 Totale provincia 1.040 1.040 1.100 886 836 854 959,3 Pistoia mais 2.320 2.320 2.320 2.320 2.300 2.250 2305,0 frumento duro 30 30 30 30 30 30 30,0 frumento tenero 200 200 200 200 200 165 194,2 Totale provincia 2.550 2.550 2.550 2.550 2.530 2.445 2529,2

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Lucca mais 2.987 3.120 3.150 3.105 2.246 2.736 2890,7 frumento duro 12 190 183 16 181 330 152,0 frumento tenero 200 10 15 194 15 120 92,3 Totale provincia 3.199 3.320 3.348 3.315 2.442 3.186 3135,0 Pisa mais 5.400 6.000 6.500 3.500 3.500 3.700 4766,7 frumento duro 25.000 14.500 32.000 20.700 20.700 20.700 22266,7 frumento tenero 5.000 3.000 2.600 2.500 2.500 2.500 3016,7 Totale provincia 35.400 23.500 41.100 26.700 26.700 26.900 30050,0 Arezzo mais 1.500 2.280 1.600 1.600 1.440 1.000 1570,0 frumento duro 3.250 2.600 10.000 6.000 4.200 4.500 5091,7 frumento tenero 4.400 3.500 2.000 4.000 4.000 3.500 3566,7 Totale provincia 9.150 8.380 13.600 11.600 9.640 9.000 10228,3 Siena mais 2.700 4.850 3000 1.600 2.600 3.279 3004,8 frumento duro 41.000 41.000 49.000 33.000 33.500 32.385 38314,2 frumento tenero 10.000 10.200 9.800 11.600 11.500 4.454 9592,3 Totale provincia 53.700 56.050 61.800 46.200 47.600 40.118 50911,3 Livorno mais 1.020 950 1.100 1.050 750 1.500 1061,7 frumento duro 13.500 12.200 14.000 12.450 9.000 9.000 11691,7 frumento tenero 2.050 2.400 1.400 1.200 1.800 1.800 1775,0 Totale provincia 16.570 15.550 16.500 14.700 11.550 12.300 14528,3 Grosseto mais 3.100 4.100 4.000 120 1.000 1.000 2220,0 frumento duro 69.000 61.000 70.000 38.000 23.000 27.000 48000,0 frumento tenero 2.000 2.100 2.000 4.500 4.000 5.300 3316,7 Totale provincia 74.100 67.200 76.000 42.620 28.000 33.300 53536,7 Regione Toscana mais 24.368 30.465 28.219 19.137 20.208 22.245 24107,0 frumento duro 160.782 140.360 184.638 116.636 96.495 101.259 133361,7 frumento tenero 27.775 24.055 20.825 27.748 27.145 22.364 24985,3 Totale 212.925 194.880 233.682 163.521 143.848 145.868 182454,0

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Provincia Coltura 2002 2003 2004 2005 2006 2007 MEDIA media no 2003 Firenze mais 9,50 2,80 7,00 8,00 7,59 8,00 7,15 8,02 frumento duro 3,20 1,50 2,40 2,50 2,50 2,50 2,43 2,62 frumento tenero 4,50 2,50 3,30 3,50 3,50 3,50 3,47 3,66 Prato mais 10,00 2,50 5,00 5,00 5,00 5,00 5,42 6,00 frumento duro 3,80 3,20 4,00 4,60 4,00 4,50 4,02 4,18 frumento tenero 4,00 3,50 5,00 4,80 4,50 4,77 4,43 4,61 Pistoia mais 7,00 1,50 7,00 7,00 7,50 7,50 6,25 7,20 frumento duro 3,30 3,30 3,30 3,30 3,20 3,00 3,23 3,22 frumento tenero 3,50 3,50 3,20 3,50 3,50 3,50 3,45 3,44 Lucca mais 9,39 7,26 8,95 9,05 10,62 8,84 9,02 9,37 frumento duro 4,50 4,37 4,67 4,43 4,49 4,48 4,49 4,51 frumento tenero 4,24 4,11 4,52 4,69 4,23 4,56 4,39 4,45 Pisa mais 8,00 6,50 8,00 8,00 8,00 8,00 7,75 8,00 frumento duro 3,20 2,00 4,00 3,50 3,50 3,50 3,28 3,54 frumento tenero 4,00 2,50 4,50 4,00 4,00 4,00 3,83 4,10 Arezzo mais 8,00 5,00 9,00 9,00 9,00 9,00 8,17 8,80 frumento duro 3,50 3,00 3,00 3,00 3,00 3,00 3,08 3,10 frumento tenero 3,50 3,00 3,00 3,00 3,00 3,00 3,08 3,10 Siena mais 7,00 6,00 6,60 10,70 8,00 7,50 7,63 7,96 frumento duro 3,12 2,50 3,50 4,20 3,00 3,50 3,30 3,46 frumento tenero 3,80 3,00 4,50 3,30 3,20 4,20 3,67 3,80 Livorno mais 7,50 6,80 6,50 4,10 7,80 3,50 6,03 5,88 frumento duro 3,95 2,95 5,00 3,90 3,90 3,80 3,92 4,11 frumento tenero 4,30 3,05 4,80 4,10 4,10 4,10 4,08 4,28 Grosseto mais 5,50 4,00 6,00 6,00 10,50 7,00 6,50 7,00 frumento duro 2,70 1,50 3,50 3,00 3,00 3,00 2,78 3,04 frumento tenero 3,50 1,80 3,50 4,00 3,50 3,50 3,30 3,60

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Provincia Coltura 2002 2004 2005 2006 2007 media no 2003 Firenze mais 47.652,0 43.358,00 44.800,00 46.280,00 43.920,00 45202,00 frumento D 26.880,00 21.120,00 15.375,00 13.875,00 17.375,00 18925,00 frumento T 17.100,00 8.877,00 11.200,00 10.150,00 13.475,00 12160,40 Totale 91.632,00 73.355,00 71.375,00 70.305,00 74.770,00 76287,40 Prato mais 3.250,00 1.775,00 1.210,00 1.360,00 1.150,00 1749,00 frumento D 2.242,00 2.500,00 1.334,00 1.336,00 1.638,00 1810,00 frumentoT 500,00 600,00 1.699,00 1.035,00 1.240,00 1014,80 Totale 5.992,00 4.875,00 4.243,20 3.731,00 4.028,00 4573,84 Pistoia Mais 16.240,00 16.240,00 16.240,00 17.250,00 16.875,00 16569,00 frumento D 99,00 99,00 99,00 96,00 90,00 96,60 frumento T 700,00 640,00 700,00 700,00 577,50 663,50 Totale 17.039,00 16.979,00 17.039,00 18.046,00 17.542,50 17329,10 Lucca mais 28.038,00 28.203,20 28.112,20 23.848,70 24.186,20 26477,66 frumento D 54,00 855,30 70,80 812,40 1.478,40 654,18 frumento T 848,20 67,80 909,50 63,50 547,20 487,24 Totale 28.941,10 29.126,30 29.092,50 24.724,60 26.211,80 27619,26 Pisa mais 43.200,00 52.000,00 28.000,00 28.000,00 29.600,00 36160,00 frumento D 80.000,00 128.000,00 72.400,00 72.450,00 72.450,00 85060,00 Frumento T 20.000,00 11.700,00 10.000,00 10.000,00 10.000,00 12340,00 Totale 143.200,00 191.700,00 110.400,00 110.450,00 112.050,00 133560,00 Arezzo mais 12.000,00 14.400,00 14.400,00 12.960,00 9.000,00 12552,00 frumento D 11.375,00 30.000,00 18.000,00 12.600,00 13.500,00 17095,00 frumento T 15.400,00 6.000,00 12.000,00 12.000,00 10.500,00 11180,00 Totale 38.775,00 50.400,00 44.400,00 37.560,00 33.000,00 40827,00 Siena mais 18.900,00 19.800,00 17.120,00 20.800,00 24.592,50 20242,50 frumento D 128.000,00 171.500,00 138.600,00 100.500,00 113.347,00 130389,40 frumento T 38.000,00 44.100,00 38.280,00 36.800,00 18.706,80 35177,36 Totale 184.900,00 235.400,00 194.000,00 158.100,00 156.646,30 185809,26 Livorno mais 7.650,00 7.150,00 4.305,00 5.850,00 5.250,00 6041,00 frumento D 53.325,00 70.000,00 48.555,00 35.100,00 34.200,00 48236,00 frumento T 8.815,00 6.720,00 4.920,00 7.380,00 7.380,00 7043,00 Totale 69.790,00 83.870,00 57.780,00 48.330,00 46.830,00 61320,00 Grosseto mais 17.050,00 24.000,00 720,00 10.500,00 7.000,00 11854,00 frumento D 186.300,00 245.000,00 114.000,00 69.000,00 81.000,00 139060,00 frumento T 7.000,00 7.000,00 18.000,00 14.000,00 18.550,00 12910,00 Totale 210.350,00 276.000,00 132.720,00 93.500,00 106.550,00 163824,00 Regione

Toscana Totale mais 193.980,90 206.926,20 154.907,20 166.848,70 170.583,70 178649,34 Totale F D 488.275,00 669.074,30 408.433,80 305.769,40 335.078,40 441326,18 Totale F T 108.363,20 85.704,80 97.708,70 92.128,50 82.221,50 93225,34 Totale 790.619,10 961.705,30 661.049,70 564.746,60 587.883,60

Tabella 4.3:Dati produzioni totali per provincia e per coltura (ton). Dati ISTAT

Proprio in virtù di quest’ultimo aspetto si è deciso di considerare il mais come la specie vincente, in questo contesto, per l’avvio della filiera.

La scopo sarà quello di minimizzare gli ettari destinati all’attivazione della filiera per il recepimento della biomassa attraverso la massimizzazione delle rese produttive sempre nel rispetto

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del territorio e dell’ambiente; alla base di tale lavoro infatti c’è l’idea di adottare un sistema “conservativo” che non stravolga in alcun modo l’assetto della regione e ad impatto nullo.

Inoltre la tecnologia degli impianti per la produzione di bioetanolo ormai ha raggiunto un alto livello di efficienza proprio nel caso dell’utilizzo del mais come materia prima e ciò implica ovviamente una riduzione dei costi di trasformazione che nel bilancio economico complessivo risultano fondamentali. Per di più la produzione regionale complessiva di mais è più che sufficiente per il fabbisogno alimentare e per la produzione di biocarburanti (benzina in questo caso in quanto si parla di bioetanolo, suo diretto sostituto) della regione nel rispetto della legge n. 81 del 2006.

Si parla di immettere sul mercato, pertanto, circa 26.000 tonnellate di bioetanolo (33.000.000 litri, considerando che la densità dell’etanolo è di 0,7893 Kg/litro) nella sola Regione Toscana per far fronte a quel 2% previsto dalla legge per il 2008.

Mi preme sottolineare che la filiera di cui ci occupiamo, indipendentemente dai benefici di carattere economico che potrà indurre alla popolazione e al comparto rurale toscano, dovrà risultare prima di tutto una filiera sostenibile dal punto di vista dell’impatto ambientale.

1.1.2 L’identificazione geografica dei terreni coltivati a mais da utilizzare

per la produzione del bioetanolo.

La definizione dell’ambito geografico di produzione è un passaggio molto delicato perché attraverso di esso si definisce il livello di diversità che caratterizza l’identità di un territorio di produzione.

Si tratta di un’operazione di inclusione/esclusione, sia di luoghi sia del loro contenuto (aziende, attori, simboli culturali, storici ecc.), e rappresenta, pertanto, una fase molto delicata che può dar luogo a momenti di tensioni/rotture tra gli attori interessati alla valorizzazione ecco perchè nella scelta dell’area da destinare alla produzione della biomassa per la generazione di bioetanolo è importante considerare molteplici fattori.

Dopo numerose valutazioni la scelta di costruire l’ipotetica filiera del bioetanolo è ricaduta sulle province di Siena, Arezzo e Firenze (Figura 4.4).

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Figura 4.4:Areale scelto per la realizzazione della filiera del bioetanolo

Si tratta di una zona (alta Val di Chiana) particolarmente vocata alla produzione del mais; riassumendo i dati relativi alle produzioni, alle rese e agli ettari coltivati, delle tabelle precedenti, è possibile estrapolare il seguente prospetto(Tabella 4.5):

Zone di riferimento Ettari (ha) Rese (ton/ha) Produzione (ton)

Arezzo Mais 1.570,00 8,80 13.816,00 Siena Mais 3.004,80 7,96 23.918,21 Firenze Mais 5.820,00 8,02 46.676,40 Arezzo ex Bietola 1.685,00 8,80 14.828,00 Siena ex Bietola 873,00 7,96 6.949,08 Firenze ex Bietola 263,00 8,02 2.101,24 Totale 13.152,80 8,26 108.288,93

Tabella 4.5: Dati sull’ipotesi della filiera regionale di bioetanolo da mais

Considerando un “tasso di conversione” del 33% per la quantità di 108.288,93 tonnellate di granella di mais, risuterebbe che in tale areale, è possibile produrre circa 35.753,35 tonnellate di biocarburante da sostituire alla benzina verde.

In questa scheda sono stati inseriti anche i terreni che un tempo (cioè prima della crisi del settore bieticolo-saccarifero), per la vicinanza di molti zuccherifici, erano destinati alla produzione di bietola e che oggi potrebbero essere convertiti alla produzione di etanolo a partire dal mais. La presenza di questi zuccherifici inutilizzati, e di tutta una serie di strutture funzionali alla coltivazione e allo stoccaggio del mais (ricordiamo che il mais ha alti tassi di umidità e necessita quindi di processi di essiccazione post raccolta), contribuisce a rendere vincente tale areale.

Da studi condotti negli U.S.A. è stato evidenziato che per raggiungere dei buoni livelli di efficienza e di integrazione e per una minimizzazione dei costi di filiera, l’impianto deve essere

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posto in un raggio non superiore ai 120-150 Km rispetto ai terreni di produzione della biomassa. In base ai dati riportati emerge che con i terreni scelti per la simulazione della filiera è possibile rispettare il quantitativo di biocarburanti imposto dalla legge fino al 2009, dopodiché si potrebbe pensare di utilizzare anche gli areali di Pisa e Lucca sempre adibiti a mais, evitando anche in questo caso di stravolgere l’assetto del territorio.

L’esperienza degli agricoltori nella coltivazione del mais in questa zona da sempre destinata a tali produzioni è ovviamente fondamentale per la nascita dell’ipotetica filiera.

1.2 Analisi dei costi.

In uno scenario sempre più competitivo e complesso, il monitoraggio e l’analisi dei costi rappresentano un aspetto molto rilevante ai fini decisionali; lo scopo della presente analisi è quello di dimostrare la fattibilità della filiera bioetanolo nel territorio toscano a partire dal mais anche dal punto di vista economico. Il prezzo finale del bioetanolo derivante dalla nostra ipotetica filiera, sarà determinato dalla sommatoria dei costi della materia prima, dei costi di trasporto della biomassa all’impianto di produzione, dei costi di trasformazione, dei costi ricavabili dalla vendita dei sottoprodotti e infine dai costi di distribuzione. Il costo del mais incide fortemente sul costo finale del prodotto; il prezzo medio di mercato del mais per l’anno 2007 è stato di 200,5 euro/t (Fonte

Borsa Granaria Milano, listini 2007).

Per quanto concerne i costi di trasporto del mais si è tenuto conto del prezzo della movimentazione della granella su strada, ipotizzando un raggio massimo di trasporto di 150 km in condizioni di infrastrutture stradali abbastanza buone come nel caso in esame, tale valore oscilla tra 7,0-8,0 €/t (Fonte: Consorzio Agricolo Provinciale di Livorno).

Per quanto riguarda invece i costi di trasformazione, i costi di miscelazione e i costi di distribuzione sono stati considerati i prezzi ipotizzati da uno studio condotto dalla Commissione Europea, il “Bio-energy’s role in the EU energy market. A view of developments until 2020”, che ha fissato valori di 0,28 €/l per la trasformazione, di 0,05 €/l per la miscelazione e di 0,10 €/l per la distribuzione (tali stime comprendono già al loro interno la parte di remunerazione necessaria per gli attori della filiera coinvolti in tali operazioni e sono considerati rappresentativi per la nostra filiera in quanto risultano essere i più simili a quelli che è possibile raggiungere sul territorio nazionale, sia per condizioni economiche che ambientali).

Il processo di produzione del bioetanolo genera inoltre diversi sottoprodotti (ricordiamo che da una tonnellata di mais si ottengono circa 330 Kg di bioetanolo cioè 418,09 litri di etanolo, 250-300 Kg di DDGS e 200-250 Kg di CO2) con valenza economica (e che proprio per questo dovranno

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essere considerati nella nostra analisi complessiva), destinabili a seconda dei casi alla mangimistica o anche alla cogenerazione.

Per quanto riguarda il DDGS (Distillers Dry Grain and Solubles), coprodotto ad elevato tenore proteico per uso zootecnico, in futuro utilizzabile anche come fonte energetica, si è considerato un prezzo di vendita di 155 euro/t, per quanto invece riguarda la vendita di CO2 tale prezzo è di 50,00 €/t.

Nella tabella che segue (Tabella 4.6), in base ai valori stimati, è possibile determinare il prezzo alla pompa di carburante del bioetanolo come processo conclusivo della nostra ipotetica filiera:

Componenti di costo Valore in €/litro % ∑ %

Costo materie prime (mais) 0,4644 Ricavo vendita DDGS -0,1116

Ricavo vendita CO2 -0,0598

Costo netto materie prime 0,293 14,02

Costo trasporto 0,018 1,15 14,02

Costo trasformazione 0,2800 19,20 15,17

Costo miscelazione 0,0500 3,43 34,37

Costo distribuzione 0,1000 6,86 37,80

Totale costo etanolo 0,741 44,66

Accisa carburanti 0,5640 38,67

Costo etanolo da tassare 1,305 83,33

IVA (20%) 0,261 16,67

Prezzo etanolo alla pompa di carburante 1,566 100,00

Tabella 4.6:Prezzo dell’etanolo alla pompa nella simulazione di filiera

Come si osserva dalla tabella oltre la metà del prezzo del carburante è determinato dalle accise, senza le quali si potrebbero avere condizioni vantaggiose per lo sviluppo della filiera, che finalmente ci renderebbe più indipendenti dal petrolio, porterebbe tutta una serie di vantaggi dal punto di vista ambientale e ovviamente contribuirebbe, sempre a livello economico, al rilancio del settore agricolo che negli ultimi anni vive in una situazione disastrosa.

E’ fondamentale ricordare che per considerare efficiente la filiera del bioetanolo, essa dovrà soddisfare le esigenze di tutti gli attori, agricoltori in primis, i quali dovrebbero essere in grado di

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coprire i costi per la produzione (lavorazioni, diserbo, concimazioni, sementi, fertilizzanti) e ottenere un certo guadagno.

Una volta definiti gli obiettivi specifici da perseguire è necessario quindi che in sede regionale vengano definiti gli accordi di filiera, che portino all’individuazione di una serie coerente di azioni finalizzate a valutare bene i vari margini di guadagno di ogni singolo attore della filiera (non solo quindi guadagno per il rivenditore finale ma anche per l’agricoltore).

Un altro elemento positivo è legato alla possibilità di creare nuova occupazione nella Regione, entrate aggiuntive alla pubblica amministrazione e una maggiore integrazione tra pubblico e privato.

Ovviamente le considerazioni finora fatte sui costi della filiera, erano riferiti ad una situazione di mais da agricoltura convenzionale; probabilmente se andassimo a valutare gli stessi impatti economici e non, in una situazione di agricoltura integrata a basso input, i risultati sarebbero molto diversi (sicuramente più ottimali) da quelli ottenuti anche grazie agli incentivi comunitari che vengono attribuiti a questo diverso metodo di produzione.

Figura

Tabella 4.1:Dati terreni coltivati per provincia e per coltura (Dati ISTAT)
Tabella 4.2:Dati rese produttive per provincia e per coltura (ton/ha). Dati ISTAT
Tabella 4.3:Dati produzioni totali  per provincia e per coltura (ton). Dati ISTAT
Figura 4.4:Areale scelto per la realizzazione della filiera del bioetanolo
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