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ANALISI DELLE POTENZIALITÀ DI SVILUPPODI UNA FILIERA BIOMASSA-ENERGIANEL CONTESTO TOSCANO (1)

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(1)

– I.F.M. n. 5 anno 2003

IACOPO BERNETTI (*) - CLAUDIO FAGARAZZI (*) ROBERTO FRATINI (*)

ANALISI DELLE POTENZIALITÀ DI SVILUPPO DI UNA FILIERA BIOMASSA-ENERGIA

NEL CONTESTO TOSCANO (1)

FDC 238 : 831.1 : (450.52)

In ambito comunitario sono sempre più ricorrenti i riferimenti all’utilizzo ed allo sviluppo di un mercato delle risorse energetiche rinnovabili ed in particolare dei combusti- bili di origine biologica. Numerosi aspetti concernenti queste tematiche rappresentano una componente fondamentale degli obiettivi definiti nell’ambito Protocollo di Kyoto (1997), ed in parte promulgati in occasione del vertice di Johannesburg (2002). Agenda 2000, in ambito UE, ha inoltre individuato nelle colture non alimentari (fra cui le energy crops) alcune colture alternative da inserire nelle aree soggette a set-aside. Il Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana (attuazione del Reg. UE 1257/99), ha previsto (misura 8) la possibilità di realizzare impianti destinati alla produzione di biomasse energetiche così come il Piano energetico toscano (PER), prevede entro il il 2010 un contributo produttivo da parte delle biomasse agro-forestali, di circa 92 MW, pari a poco meno del 2% della pro- duzione regionale di energia elettrica.

Nel presente studio, sulla base dei presupposti ora citati, ed in considerazione delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie esistenti, (tipologie di combustibili vegetali impiegabili e maggiori capacità di raccolta e trasformazione delle aziende) è stata svolta una valutazione delle reali potenzialità di sviluppo di una «filiera biomassa-energia», basata principalmente sull’impiego di residui legnosi derivati dalle attività selvicolturali, dalle pratiche attuate nelle colture arboree agrarie (vigneti, oliveti e frutteti) e dall’indu- stria del legno e secondariamente sull’impiego di colture specializzate (Short Rotation Forestry).

Le simulazioni da noi effettuate, attraverso analisi geografiche con applicativi GIS, hanno portato alla definizione di una serie di bacini di raccolta della biomassa nel territo-

(*) Dipartimento di Economia Agraria e Risorse Territoriali - Università degli studi di Firenze, P.le delle Cascine 18 - 50144 Firenze, e-mail: ibernetti@unifi.it, cfagarazzi@unifi.it, rfratini@unifi.it

(1) Si tratta di un lavoro realizzato nell’ambito del progetto «GIS-based planning tool for greenhouse gases emission reduction through biomass exploitation» contract LIFE ENV/IT/000054.

Nonostante il lavoro debba considerarsi frutto della collaborazione dei tre autori, è possibile ricono- scere il contributo del Prof. Bernetti nel cap. 1, e nei paragrafi 3.1, 3.2, 3.3.; del dott. Fagarazzi nei capp. 2, 5 e 6 e del dott. Fratini nel paragrafo. 3.4 e capitolo 4.

Si ringrazia il dott. Francesco Torrisi per la collaborazione accordataci per la stesura del para-

grafo 3.4.

(2)

rio toscano. Contestualmente all’assetto geografico delle aree di approvvigionamento, sono state determinate le dimensioni aziendali efficienti di ciascuna impresa presente nella filiera, attraverso parametri economici come il break even point dei prezzi e delle quantità, le capacità produttive, ecc..

In sintesi il lavoro è stato strutturato secondo le seguenti fasi operative:

a) definizione della filiera energetica ed individuazione delle risorse disponibili sul terri- torio toscano;

b) analisi dei modelli aziendali potenzialmente realizzabili e delle corrispondenti capacità produttive;

c) organizzazione territoriale delle filiera e definizione dei bacini di approvvigionamento della materia prima, con quantificazione del numero di imprese collocabili;

d) valutazione e quantificazione dei possibili effetti di sviluppo sul territorio con creazio- ne di nuovi addetti nell’industria del legno e nelle imprese di utilizzazione boschiva;

e) valutazione dell’entità degli investimenti necessari per poter realizzare le organizzazio- ni aziendali ipotizzate nella filiera.

In sintesi possiamo affermare che l’analisi da noi effettuata ha messo in evidenza elevate potenzialità di sviluppo della filiera biomassa-energia nel contesto toscano, la cui promozione potrebbe essere favorita da una puntuale ed attenta azione di indirizzo degli enti locali, ed in particolar modo della Regione Toscana, al fine di valorizzare tutte le pos- sibili sinergie esistenti senza influire negativamente sugli attuali equilibri socio-economi- co territoriali.

1. I NTRODUZIONE

In ambito comunitario sono sempre più frequenti i riferimenti allo svi-

luppo del mercato delle risorse energetiche rinnovabili ed in particolare dei

combustibili di origine biologica. Anche al recente Vertice Mondiale sullo

Sviluppo Sostenibile tenutosi a Johannesburg, è stato evidenziato un trend

crescente di consumo energetico nei comparti dei trasporti e del riscaldamen-

to, con tassi di accrescimento annui dell’ordine dell’1,5% nei paesi industria-

lizzati e del 3,6% nei paesi in via di sviluppo. Gli stessi obiettivi definiti nel-

l’ambito della Conferenza di Kyoto, ed in parte promulgati in occasione del

vertice di Johannesburg, hanno spinto l’Unione Europea ed il Governo italia-

no a promuovere alcune azioni dirette allo sviluppo e diffusione delle risorse

energetiche rinnovabili (AA.VV., a) 1997). La stessa Agenda 2000 ha indivi-

duato nelle colture no food (fra cui le energy crops) alcune delle possibili alter-

native da inserire nelle aree soggette a set-aside. Anche il Piano di Sviluppo

Rurale della Regione Toscana (attuazione del Reg. UE 1257/99), ha previsto

(misura 8) la possibilità di realizzare impianti destinati alla produzione di bio-

masse energetiche con impiego di pioppo o altre specie arboree. Sempre nel-

l’ambito delle politiche regionali, è importante ricordare il ruolo delle bio-

masse nell’ambito del Piano energetico toscano, che prevede per il 2010 un

contributo produttivo da parte delle biomasse agro-forestali, di circa 92 MW,

pari all’1,6% della produzione regionale di energia elettrica. In ambito pub-

blico è quindi diffusa la consapevolezza che le biomasse vegetali rappresenta-

(3)

no una risorsa rinnovabile, locale ed ampiamente disponibile sul territorio, che, se utilizzata secondo criteri di sostenibilità ambientale può consentire uno sviluppo economico compatibile con gli ecosistemi naturali.

Sulla base di questi presupposti, ed in considerazione delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, sia in termini di maggiori tipologie di combu- stibili vegetali impiegabili (es. chips e pellets), sia in termini di maggiori capa- cità di raccolta e trasformazione delle aziende, è apparsa opportuna una valu- tazione delle reali potenzialità di sviluppo di una «filiera biomassa-energia»

fondata sull’ impiego di residui di lavorazione derivati da attività selvicoltura- li, da attività praticate nelle colture agrarie arboree (vigneti, oliveti e frutteti), da residui dell’industria del legno e dall’impianto di cedui a turno brevissimo (Short Rotation Forestry) nelle aree agricole marginali.

Il lavoro si è articolato attraverso le seguenti fasi:

– definizione della filiera energetica ed individuazione delle risorse dispo- nibili sul territorio toscano;

– analisi dei modelli aziendali potenzialmente realizzabili e delle corrispon- denti capacità produttive;

– organizzazione territoriale delle filiera e definizione dei bacini di approv- vigionamento della materia prima, con quantificazione del numero di imprese collocabili in ciascun bacino.

2. L A FILIERA ENERGETICA

La filiera biomassa-energia, basata sull’impiego di residui delle attività agro-forestali e sull’impiego di colture arboree specializzate, si caratterizza per un limitato numero di trasformazioni della materia prima. Ciò si tradu- ce in una struttura estremamente ridotta nella quale possiamo identificare due principali gruppi di imprese: quelle che si specializzano nella raccolta della risorsa vegetale, e quelle che si specializzano nella trasformazione delle biomasse in prodotti commerciabili (fig.1).

In particolare, la materia prima può subire due tipi di processi: può essere trasformata nel luogo di raccolta per poi essere inviata al consumato- re finale

2

; oppure, può essere raccolta e quindi inviata ad una impresa di trasformazione che provvederà appunto a trasformarla in bio-combustibili (pellets, briquettes o chips). In figura 1 è rappresentata la potenziale struttu- ra della filiera energetica per il contesto regionale toscano.

Come evidenziato in figura 1, i principali settori dai quali è possibile ottenere una produzione di materia prima (biomasse ligneo-cellulosiche) destinabile al settore energetico, sono costituiti da:

2

Rappresentato in questo caso da impianti termici di medie grosse dimensioni.

(4)

Biomasse a fini energetici

Assortimenti tradizionali Biomasse a fini energetici

Risorse Forestali Cedui Fustaie

Colture arboree agrarie Short Rotation Forestry Imprese pellettizzatrici Imprese generatrici di energia elettrica Impianti termosingoli Impianti termici centralizzati Azienda di Distribuzione ( E nel ) Aziende locali di distribuzione

Consumatori Trasformazione

Risorse

Imprese di produzione S.R.F.

Raccolta

Imprese specializzate raccolta residui Imprese specializzate S.R.F.

Imprese specializzate Residui agrari Imprese integrate agro -forestali Imprese integrate di utilizzazione forestale Figura 1 – Struttura della filiera biomassa-energia.

(5)

– Settore delle utilizzazioni forestali;

– Settore dell’industria del legno;

– Settore agricolo.

Da ciascuno di questi settori sono estraibili varie tipologie di biomasse che presentano caratteristiche diverse sia per quanto riguarda le caratteristi- che fisico-chimiche, sia per i sistemi di raccolta che è più conveniente adottare.

In relazione alle diverse tipologie di biomassa vegetale, le imprese dedi- cate alla raccolta della risorsa energetica sono classificabili in sei categorie: le imprese forestali specializzate nella raccolta di residui derivati dalle attività selvicolturali; le imprese integrate di utilizzazione forestale (che uniscono alle attività silvicole tradizionali quelle di raccolta dei residui forestali); le imprese integrate agro-forestali (che uniscono alle attività silvicole tradizionali quelle di raccolta dei residui agrari e forestali); le imprese specializzate nella raccolta di residui agrari; le imprese specializzate nella coltivazione di impianti SRF e le imprese dedicate alla raccolta delle colture SRF.

Le prime due imprese operano entrambe nel contesto forestale, con la differenza che mentre le imprese specializzate effettuano la raccolta dei resi- dui in modo totalmente indipendente da quella dell’assortimento conven- zionale (con grossi vantaggi in termini di autonomia dei cantieri, ma con grossi svantaggi in termini di mancato coordinamento delle attività) nel secondo caso è la stessa impresa forestale tradizionale che si occupa del recupero dei residui modificando i cantieri forestali in ragione dei due tipi di prodotto ritraibili (assortimenti tradizionali e residui).

In dettaglio, l’impresa specializzata in residui forestali deve quindi dotarsi di mezzi per la raccolta dei residui

3

, per la movimentazione in bosco e per la triturazione e trasporto delle biomasse fino all’impresa di trasfor- mazione od al consumatore finale.

Le imprese integrate di utilizzazione forestale, sono caratterizzate da un parco macchine simile a quello delle imprese boschive tradizionali, con pochi mezzi specializzati (cippatrici, rimorchi con cassoni basculanti per i trasporto del materiale cippato, ecc.). Le fasi di lavorazione di questo pro- cesso produttivo si basano sul full tree system, ossia, su un cantiere forestale articolato secondo le seguenti fasi:

– taglio e abbattimento;

– esbosco della pianta «intera»;

– allestimento della pianta e cippatura dei residui direttamente all’imposto;

– carico dei residui su automezzi.

L’impresa integrata agro-forestale, costituisce una ulteriore evoluzione

3

Distribuiti sul terreno in andane o ammucchiati alle ceppaie delle matricine.

(6)

della impresa integrata di utilizzazioni forestali, poiché si tratta di una azien- da dotata non solo di mezzi per l’utilizzazione e raccolta dei residui in ambito forestale, ma anche di mezzi per la raccolta dei residui derivate dalle potature delle superfici a vite, olivo o frutteto. Rispetto all’impresa precedente questa azienda deve dotarsi di rotoimballatrici per la raccolta dei residui depositati in andane lungo i filari e di gru leggere per il carica- mento delle stesse sugli automezzi.

Le imprese specializzate nella sola raccolta dei residui delle colture agra- rie (olivo, vite e frutteto) presentano invece un parco macchine costituito da rotoimballatrici, trincia sarmenti, cippatrici di media potenza, camion con cassoni basculanti, trattori e gru leggere per il caricamento delle balle, nonché rimorchi per il trasporto dei mezzi. Si tratta di una struttura flessi- bile che consente un cospicuo raggio di azione dell’impresa e la possibilità di lavorazioni contoterzi.

Le imprese specializzate nella coltivazione di colture arboree SRF sono invece costituite da imprese agricole tradizionali che, stimolate anche dai recenti orientamenti della Politica Agricola Comunitaria, hanno sostituito le colture alimentari tradizionali con colture no-food. Nel presente studio sono state quindi ipotizzate aziende che decidono di impiantare boschi cedui di pioppo e eucalipto con turni di ceduazione di 3 anni ed un ciclo produttivo di 15 anni .

Un’altra tipologia esaminata è rappresentata dall’impresa specializzata nella raccolta delle colture SRF. Si tratta di aziende il cui parco macchine è direttamente derivato dalla conversione di mezzi agricoli tradizionali. Il taglio delle ceppaie e la triturazione del legname è eseguito con un trattore a cui viene associato un sistema di taglio e triturazione capace di utilizzare fusti con piccoli diametri

4

. L’ultimo comparto della filiera è rappresentato dalle imprese dedicate alla realizzazione del prodotto finito e destinato al consumo finale. Come evidenziato in figura 1, le imprese interessate alla trasformazio- ne di biomasse residuali possono essere rappresentate da: azienda produttrici di energia elettrica e termica e da aziende produttrici di pellets.

Per quanto attiene alle aziende produttrici di energia elettrica e termica, uno studio condotto dall’ARSIA in Toscana (AA.VV, b) 1997), ha evidenzia- to come gli impianti più idonei alla utilizzazione di prodotti vegetali sono quelli con potenze pari a circa 5 Megawatt elettrici. Si tratta di impianti di concezione industriale dotati di sistemi di stoccaggio (silos con coclea) in grado di alimentare automaticamente il combustore che produce vapore sur- riscaldato, alla pressione di 50 bar ed alla temperatura di 450°, che alimenta

4

Sistema Bender II.

(7)

un turboalternatore. L’impianto ipotizzato è di tipo a cogenerazione, per cui il calore residuale dei vapori d’acqua è poi utilizzato per riscaldare nuclei abi- tativi con sistema di teleriscaldamento. Si tratta quindi di impianti che, viste le dimensioni, l’elevata automazione aziendale e l’alta specializzazione pro- fessionale richiesta, hanno una limitata ricaduta locale in termini di occupa- zione e di valore aggiunto. Per tale ragione lo studio ha approfondito in modo più ampio il settore delle imprese di pellettizzazione, considerato il loro con- sistente indotto legato all’impiantistica domestica ed industriale .

Per quanto concerne le imprese di pellettizzazione, sono state conside- rate aziende dotate di nuovi sistemi di pellettizzazione con matrici contro- rotanti a freddo che permettono l’impiego di materia prima vegetale con tassi di umidità uguali o superiori al 30%. La linea di produzione prevede anche l’impacchettamento del prodotto per la vendita al dettaglio.

L’esigenza di analizzare l’effettiva potenzialità di sviluppo di reti di imprese connesse al mercato dei combustibili ligneo-cellulosici residuali (chips, pellets, briquettes, ecc.), ha spinto gli autori ad ipotizzare che nelle prime fasi di sviluppo delle filiere energetiche locali, le imprese si orientino verso strutture produttive flessibili ed estremamente efficienti. Per tale ragione è plausibile ipotizzare che il fattore «lavoro» sarà inizialmente rap- presentato sia da manodopera altamente qualificata, strutturata con con- tratti a tempo indeterminato, sia da una cospicua percentuale di manodo- pera dequalificata impiegata con contratti a tempo determinato

5

.

3. L E RISORSE

3.1 L’offerta locale di residui di lavorazione

Nel territorio toscano le fonti di biomasse per uso energetico derivano da molteplici attività, quali:

– utilizzazione di popolamenti forestali;

– residui di lavorazioni agricole, soprattutto potature di coltivazioni legno- se agrarie;

– nuovi impianti forestali specializzati per la produzione di biomassa per fini energetici;

– residui dell’industria del legno.

Per ciascuna attività è stata effettuata una valutazione dell’offerta potenziale sulla base della seguente metodologia:

5

In tal modo le imprese potranno facilmente soddisfare le esigenze legate ai periodi di maggiore

attività (stagione silvana, potature autunnali, ecc.).

(8)

– costruzione di un Sistema Informativo Territoriale finalizzato all’analisi dell’offerta di legna da ardere;

– individuazione delle tecniche di produzione/utilizzazione/recupero delle biomasse;

– costruzione dei modelli dei costi;

– costruzione della curva di offerta.

Il Sistema Informativo Territoriale risulta composto dai seguenti data base

6

:

1. Inventario Forestale della Regione Toscana - formato raster 2. Carta dell’uso del suolo Corine Land Cover - formato vettoriale 3. Cartografia regionale IGM in scala 1:250.000 - formato raster

4. Limiti amministrativi - formato vettoriale

5. Località abitate - formato vettoriale

6. Rete viaria - formato vettoriale

7. Modello Digitale del Terreno - formato raster

8. Tipi climatici - formato vettoriale

9. Carta litologica - formato vettoriale

3.2 L’offerta derivata dalle aree forestali

L’offerta di residui derivati dalle attività forestali, è stata stimata in relazione all’offerta di assortimenti principali. Applicando infatti gli attuali prezzi non risulta conveniente tagliare il bosco per produrre esclusivamente cippato per fini energetici. Le produzioni di residui risultano quindi stretta- mente collegate a quelle dei prodotti principali in quanto la quantità di resi- duo per fini energetici che è possibile recuperare è direttamente proporzio- nale alla produttività ecologica ed economica delle colture agrarie e dei boschi. Nello specifico, sono state definiti dei modelli di offerta degli assor- timenti principali, quindi, sono stati stimati i corrispondenti residui ritraibi- li da ciascuna tipologia forestale.

L’individuazione delle tecniche di utilizzazione e dei costi di produzione è stata effettuata tramite un approccio basato su un’ottica di lungo periodo, ossia fondato sull’ipotesi che tutti i fattori produttivi siano variabili/modifica- bili, coerentemente con la finalità dello studio rivolto appunto all’esame di un mercato futuro e potenziale legato all’impiego di risorse ambientali.

L’approccio seguito (B ERNETTI , 1998; B ERNETTI et al., 2002) si basa su

6

I dati, all’interno del GIS (Geographical Information System), sono stati memorizzati secondo

diverse strutture; quelli in formato vettoriale provengono dalla digitalizzazione manuale di mappe e da

rilievi topografici con strumenti di campagna o con GPS (Global Positioning Systems). I dati raster

sono invece quelli generati dalla scannerizzazione di mappe e foto aeree e da programmi di interpreta-

zione di immagini come quelli utilizzati per le immagini da satellite.

(9)

due cardini teorici: la teoria delle risorse rinnovabili, che ha permesso di verificare la sostenibilità ambientale delle utilizzazioni e l’effetto dell’inseri- mento di provvedimenti di politica ambientale di salvaguardia delle funzio- ni sociali fornite dal bosco; la teoria della localizzazione (C ONTI , 1996), tra- mite la quale è stato possibile evidenziare l’influenza delle variabili geogra- fiche, morfologiche ed ecologiche sul costo marginale di produzione.

Le fasi applicative sono state le seguenti:

ciascun pixel

7

della base dati dell’Inventario Forestale è stato assegnato ad una specifica tipologia forestale q. La definizione delle tipologie si è basata su uno studio condotto per l’intero territorio toscano (M ONDINO e B ERNETTI , 1998).

Per ciascun pixel i è stata calcolata la distanza j rispetto al centro di commercializzazione più vicino

8

. Ciascun pixel i-esimo della base dati ha una superficie A

i

( j, q) caratterizzata dalla tipologia di soprassuolo q e dalla sua distanza dal centro di commercializzazione j.

Sono state quindi stimate, tramite le tipologie forestali e le tavole also- metriche esistenti (C ASTELLANI et al., 1982), le massa legnose ritraibili v(t*, q), sostenibili in relazione al turno t*, della tipologia q-esima. Il turno adottato è stato quello di Faustmann

9

.

Assumendo che la distribuzione dell’età sia approssimativamente uniforme fra 0 e t* anni nel lungo periodo, la produzione media annua ottima- le per ettaro (x*

q

) di ciascuna tipologia di soprassuolo è stata definita come:

1 [1]

Tramite specifici modelli (B ERNETTI , 1998) si sono stimati i costi totali di produzione per unità di massa di ciascun pixel ctu

i

(j,q)

10

. Se ctu

i

(j,q) < p, con p corrispondente al prezzo di mercato, il pixel i è utilizzabile con macchiatici positivi.

* )

*, ) (

*

(

t q t p v

x

q

=

7

Elemento cartografico unitario, individuato dall’Inventario Forestale Regionale, corrispondente a un quadrato di 400x400 metri a cui è associato un vettore di informazioni tematiche. Ciascun pixel, ha associati dati relativi alla specie legnosa, la tipologia di bosco (ceduo, fustaia, ecc.), all’età (qui rappresen- tata attraverso tre classi cronologiche: bosco in rinnovazione, bosco giovane o adulto, bosco invecchiato, ecc.), la pendenza del terreno (%), la presenza di aree rocciose e di fenomeni di erosione, la presenza di infrastrutture viarie (strade autostrade,ecc.), il grado di copertura del suolo (%).

8

Sono stati considerati come ipotetici centri di commercializzazione tutti i capoluoghi di Comune.

9

La soluzione corretta per la scelta dell’ottimo turno trova la sua origine nella formula per il calcolo del valore del fondo forestale proposta da Faustmann. La funzione obbiettivo è rappresentata dal valore attuale dei redditi derivanti da tutti futuri cicli forestali, ipotizzati costanti e perpetui, scontati al tasso r….

(C

ASINI

L. R

OMANO

D., 1992, pp. 20-21).

10

I costi totali di produzione per unità di peso (t) sono dati da (B

ERNETTI

, 1998): ctu

i

(j, q) = c

(j, q)

i locale

+c (j,q)

i trasp

dove: c(j,q)

i locali

= costi di utilizzazione per unità di massa (t) del q-esimo soprassuolo

situato nel pixel i-esimo; c(j,q)

i trasp

= costi di localizzazione rispetto al mercato del q-esimo soprassuolo

situato alla distanza j dal centro di commercializzazione.

(10)

L’offerta complessiva (S) che si ha in corrispondenza di uno specifico prezzo (p) è quindi definita come la somma delle produzioni medie annue ottimali:

[2]

con J(p) insieme dei pixels a macchiatico positivo al prezzo p.

I residui forestali R(p) sono proporzionali alla offerta di assortimenti commerciali secondo un coefficiente w(q) che dipende dalla tipologia fore- stale q. Per la stima dei residui ritraibili dai boschi si deve considerare che la biomassa di una pianta forestale è costituita da parti commerciabili, resi- dui epigei (fogliame, rami e cimali) e residui ipogei (ceppaia e radici). I resi- dui forestali trasformabili in cippato sono prevalentemente costituiti dai rami e dai cimali e dalle sottomisure non commercializzabili. Per quantifi- care i corrispondenti residui derivati dalle utilizzazioni effettuate in corri- spondenza del turno t* è stato fatto riferimento alle tavole alsometriche esi- stenti che ci forniscono indicazioni sul contributo percentuale dei residui in funzione delle specie e dell’età del soprassuolo forestale (C ASTELLANI , 1982;

B ERNETTI G., 1995).

In totale i boschi regionali sarebbero in grado di fornire annualmente poco meno di 1.500.000 tonnellate di biomassa impiegabile per fini produtti- vi (tabella 1) ripartita in quasi 1.150.000 tonnellate di legna e legname e in oltre 290.000 tonnellate di residui. Le province con la maggiore produzione di residui sono rappresentate da Firenze e Siena (rispettivamente 52.000 e 48.000 tonnellate per anno circa ) seguite da Arezzo (45.000 tonnellate circa).

3.3 L’offerta derivata dalle aree agricole

I residui ligneo-cellulosici ottenibili dal settore agrario sono principal- mente costituiti da scarti delle attività di manutenzione annua e periodica delle colture arboree. Tali biomasse, che vengono correntemente bruciate in prossimità dei terreni agrari, possono essere asportate e cippate per fini energetici. In relazione agli ordinamenti colturali presenti nella regione Toscana, sono state considerate le seguenti attività colturali:

– potatura dei vigneti – potatura degli oliveti – potatura dei frutteti

– coltivazione dei castagneti da frutto – taglio dei pioppeti.

p q j ctu p I

a s

p x q j A p

S

i p I i

q i

<

=

) , (

| ) (

. .

) ( ) , ( )

(

*

) (

*

(11)

Per quanto riguarda i residui agricoli sono state prese in considerzione le operazioni di potatura verde relative a tutte le colture, mentre le potature secche solo per le colture a vite, olivo e da frutto.

L’entità delle produzione di residui per ettaro varia in ragione dell’in- tensità delle operazioni di potatura e dell’età delle stesse, per cui è difficile stabilire un prelievo medio per coltura. Per tale ragione si è fatto riferimen- to a risultati emersi da uno studio condotto dall’ARSIA nella Regione Toscana (AA.VV. b) 1997). Sulla base di tale risultato è stato possibile giun- gere alla determinazione dei residui medi annui per unità di superficie di ciascuna coltura agraria e forestale (tab. 2).

Tabella 1 – Produzione potenziale di legname da lavoro e di residui legnosi in Toscana (valori espressi in tonnellate di sostanza fresca per anno).

PROVINCIA Tipologia di produzione Totale (t)

Arezzo Produzione di legna e legname da lavoro 182.823

Produzione di residui 45.032

Firenze Produzione di legna e legname da lavoro 203.344

Produzione di residui 52.309

Grosseto Produzione di legna e legname da lavoro 110.114

Produzione di residui 28.176

Livorno Produzione di legna e legname da lavoro 25.163

Produzione di residui 8.449

Lucca Produzione di legna e legname da lavoro 157.814

Produzione di residui 36.764

Massa e Carrara Produzione di legna e legname da lavoro 108.389

Produzione di residui 25.689

Pisa Produzione di legna e legname da lavoro 78.352

Produzione di residui 21.856

Prato Produzione di legna e legname da lavoro 16.840

Produzione di residui 4.118

Pistoia Produzione di legna e legname da lavoro 84.846

Produzione di residui 21.053

Siena Produzione di legna e legname da lavoro 180.570

Produzione di residui 48.020

Produzione di legna

e legname da lavoro 1.148.254

Produzione di residui 291.465

Fonte: ns. elaborazioni su dati Inventario forestale Regione Toscana, 1998 e C

ASTELLANI

et al., 1982

(12)

Tali produzioni annue per unità di superficie hanno poi consentito la determinazione dell’offerta aggregata, sulla base dei costi totali di produ- zione relativi ciascun pixel considerato.

Anche in questo caso l’approccio econometrico di lungo periodo porta alla formalizzazione di un modello analogo alla equazione 1 che, nel caso specifico viene così presentato:

[3]

dove:

p z j p ctu I

a s

p U z j A p

U

i p I i

z i

<

= ∑

) , (

| ) (

. .

) ( ) , ( )

(

) (

*

offerta di biomassa complessiva in corrispondenza di un deter- minato prezzo p;

superficie del pixel i-esimo caratterizzato dalla coltura di tipo z;

residuo medio annuo per unità di superficie della coltura di tipo z;

insieme dei pixel da cui si può ritrarre biomassa a costi di rac- colta inferiorial prezzo p

costi totali di produzione per unità di biomassa derivata dalla coltura z situata alla distanza j dal centro di commercializzazione.

Prezzo di mercato della biomassa.

U(p) = A

i

(j,z) = U

*z

(p) = I(p) = ctu

i

(j, z) =

p =

Tabella 2 – Stima delle produzioni di biomassa in alcune coltivazioni arboree.

Attività Produttività media annua Quantità di legna Quantità di legna biomassa (t/ha/anno) da ardere (t/ha/anno) di ramaglia (t/ha/anno)

Potatura vigneti+espianto 1,9 0,6 1,85

Potatura annua oliveti 1,79 0,36 1,43

Potatura frutteti 2,5 2,50

Potatura castagneti da frutto 3,0 2,1 0,9

Residui Pioppeti specializzati 7,5 7,5

Fonte: ns. elaborazioni dati Progetto SORTE, ARSIA, 1997

L’esame della tabella 3 evidenzia che le biomasse potenzialmente ritrai-

bili dalle colture arboree agrarie sono circa 340.000 tonnellate annue di

sostanza verde. La maggior parte dei residui derivano da potature di vigneti

e di oliveti. Quantità non trascurabili potrebbero comunque derivare anche

dal recupero degli scarti legnosi dei castagneti da frutto (10% del totale).

(13)

3.4 L’offerta derivata dai nuovi impianti S.R.F.

Per individuare le superfici potenzialmente destinabili a coltivazioni di cedui a turno breve (Short Rotation Forestry o Short Rotation Coppice) (B ALDINI e S PINELLI , 1992; P ERTTU , 1998, B ALDINI et al., 2000) si è proce- duto ad un’analisi territoriale basata su dati ed informazioni presenti nel sistema informativo territoriale della Toscana (R EGIONE T OSCANA , 2001), attraverso l’esame dei seguenti strati informativi

11

:

– Uso del suolo

– Digital terrain model

12

– Clima

– Substrato geologico

Le informazioni relative all’uso del suolo ci hanno permesso di indivi- duare e selezionare i seguenti tipi colturali: seminativi e colture industriali orticole in pieno campo, seminativi a riposo e seminativi abbandonati, cespuglieti radi e densi, pascoli nudi, cespugliati, arborati e prati pascoli, escludendo in pratica soltanto i boschi e le aree ad uso urbano. Su tali aree si è quindi eseguita una selezione delle sole superfici meccanizzabili, ossia con pendenza uguale o inferiore del 10%. Il risultato di questa selezione ha portato all’individuazione di 39.000 pixel, pari a 624.000 ettari.

Per escludere le superfici che, in relazione alle esigenze idriche delle specie, necessiterebbero di un sistema di irrigazione, si è proceduto ad

11

Lo strato informativo, o strato geografico, è l’insieme degli elementi omogenei che compon- gono una mappa, come per esempio strade, corsi d’acqua, foreste, ecc.

12

Letteralmente significa modello digitale del terreno, raster o vettoriale.

Tabella 3 – Biomassa potenzialmente recuperabile dalle colture agrarie (sostanza fresca).

Vigneti Frutteti Oliveti Pioppeti Castagneti Totale (t/anno) (t/anno) (t/anno) (t/anno) da frutto complessivo

(t/anno) (t/anno)

Arezzo 12.192 2.563 19.872 960 6.195 41.782

Firenze 29.520 1.440 63.274 1.480 7.462 103.176

Grosseto 10.320 2.736 20.822 480 4.400 38.758

Livorno 3.168 605 7.056 400 141 11.370

Lucca 4.824 806 13.507 440 10.138 29.715

Massa 3.552 58 4.464 40 3.696 11.810

Pisa 8.928 2.275 15.062 4.760 141 31.166

Prato 624 – 5.587 – 70 6.281

Pistoia 2.112 144 15.984 760 1.162 20.162

Siena 27.504 922 18.346 1.720 739 49.231

Totale 102.744 11.549 183.974 11.040 34.144 343.451

Fonte: ns. elaborazioni dati Progetto SORTE, ARSIA, 1997

(14)

una ulteriore selezione delle aree che presentano un limite di piovosità media annua superiore o uguale a 900 mm. A questo punto le superfici campionate si sono ridotte a circa 472.000 ettari. Considerato che i vincoli imposti non escludono tutte le situazioni che possono limitare la crescita delle colture, si è operato attraverso una ulteriore selezione escludendo i terreni con calcari, gessi e argille, dolomiti e dolomie, travertino, depositi argillosi e depositi di argillo-scisti. A questo punto la selezione ha ridotto ulteriormente la superficie vocata a questa destinazione colturale (a circa 22.000 pixel) fino a raggiungere un’area di circa 352.000 ettari. L’ultima selezione è stata eseguita rispetto ai seminativi collocati a quote superiori ai 600 metri ipotizzando che i redditi prodotti in tali contesti siano infe- riori a quelli dell’agricoltura tradizionale. Al termine dell’analisi sono rimasti circa 2.183 pixel pari a 35.000 ettari. Questa superficie rappresen- ta, di fatto, l’area con la maggiore potenzialità di affermazione di colture non alimentari quali gli Short Rotation Coppice.

La più alta percentuale di superficie a disposizione è risultata nelle province di Arezzo e Firenze, per un valore medio di 9.414 ettari, mentre per le province di Lucca, Grosseto e Massa la superficie varia tra i 3.600 ed i 4.500 ettari circa, Pistoia e Siena si collocano invece sui 1.600 ettari.

In considerazione della estrema eterogeneità delle imprese agricole toscane, non è stato possibile effettuare un’analisi d’impresa con risultati generalmente validi per tutte le aziende, per tale ragione, è stata quindi valutata la sola efficienza economica della coltura attraverso una serie di conti colturali relativi a piantagioni di Pioppi ibrido e di Eucalipto

13

.

La simulazione è stata eseguita rispetto ad un’azienda che provvede all’intero processo di gestione con l’esclusione dell’utilizzazione legnosa finale, che viene invece demandata all’impresa di raccolta specializzata.

La forma colturale adottata prevede il governo a ceduo con turni di ceduazione di 3 anni ed un ciclo colturale di 15 anni. In tal modo sarà pos- sibile usufruire dei contributi previsti dal Piano di sviluppo regionale (PSR R EGIONE T OSCANA , 1999), secondo la misura 8.1, che prevede contributi per l’arboricoltura da legno con ciclo produttivo minore uguale ai 15 anni.

L’introduzione del governo a ceduo, con ciclo produttivo quindicenna- le, consente inoltre la ripartizione delle spese d’impianto su più anni, l’otti-

13

Le specie introducibili nell’ambito delle Short Rotation Forestry sono numerose, ma nell’am-

bito del nostro progetto e al fine di poter esprimere un giudizio sulle potenzialità produttive in aree

non più usufruibili da seminativi, si sono considerati due ordinamenti colturali relativi a Populus ssp e

di Eucalyptus ssp.

(15)

mizzazione degli aspetti organizzativi e il mantenimento di elevati tassi di accrescimento dei polloni (che si mantengono elevati fino al 5° turno di ceduazione).

Le tipologie di impianto considerate si basano su un modello standard (Tabelle 4 e 5) che utilizza una serie di operazioni colturali con una sequenza definita di costi e ricavi uguale e/o poco differente per tutte le colture impiantate. Si è supposta un’azienda tipo che secondo un preciso ordina- mento colturale (5 turni di tre anni) preveda attività colturali che si susseguo- no nel seguente ordine: all’anno d’impianto, aratura del suolo con collocazio- ne a dimora della piantine, concimazione di fondo, diserbo meccanico e chi- mico, fertilizzazione del suolo e due irrigazioni a cadenza semestrale. Nei due anni successivi seguono ancora le operazioni di diserbo chimico e meccanico, il controllo fitosanitario delle piantine e la fertilizzazione del suolo. La mate- ria prima legnosa fresca è venduta in piedi a ad un’impresa specializzata di raccolta (impresa di raccolta SRF) ad un prezzo di 25 euro a tonnellata. Sulla base di ricerche sviluppate da B ISOFFI e F ACCIOTTO nel 2000, B ALDINI e S PI -

NELLI nel 1992 e B ONARI , P AMPANA e S ILVESTRI nel 2000, nonché in conside- razione delle ingenti cure colturali e concimazioni praticate, è plausibile con- siderare incrementi di sostanza legnosa pari a 18 tonnellate/ettaro/anno per il Pioppo e di 16 tonnellate/ettaro/anno per l’Eucalipto. Nel computo metri- co sono stati considerati anche i costi fissi connessi a: imposte e tasse, direzio- ne, amministrazione e sorveglianza e costi variabili dovuti ad imprevisti col- turali.

Dall’esame delle tabelle 4 e 5, relative a colture SRF di pioppo ed eucalipto, si possono individuare alcune importanti indicazioni. Innanzitut- to con l’applicazione di un prezzo di 25 euro a tonnellata di sostanza fresca, per le piante in piedi, ed un contributo all’impianto di 2.500 euro/ha, non si ottiene, per nessuna delle specie forestali considerate, un valore attuale netto di segno positivo

14

(VAN). Soltanto con un contributo annuo aggiun- tivo di almeno 394 euro/ha per il pioppo e di 443 euro/ha per l’eucalipto, si riesce ad ottenere un VAN prossimo allo zero e pertanto una redditività positiva dell’investimento (Saggio di rendimento interno pari al 3% circa per tutte le colture). Sostanzialmente si tratterebbe di inserire tra le misure di incentivazione il contributo per mancati redditi già previsto per altre forme di arboricoltura da legno (€ 725/ha/anno) con turno maggiore di 15

14

Il Valore Attuale Netto o VAN, è un indicatore di convenienza agli investimenti che deriva

dall’attualizzazione dei benefici ed i costi connessi all’investimento. Il saggio che annulla il VAN, ovve-

ro che uguaglia i benefici ed i costi portati all’attualità viene definito come Saggio di Rendimento

Interno (SRI) dell’investimento (M

ERLO

, 1991, pp. 234-240).

(16)

anni (misura 8 del PSR della Regione Toscana)

15

. In tal modo si renderebbe conveniente l’utilizzo di tali impianti per produzioni di biomasse da utiliz- zare a fini energetici.

In conclusione possiamo osservare che l’introduzione di coltivazioni a SRF nelle imprese agricole tradizionali possono senza dubbio rappresentare una valida alternativa alle colture alimentari, ma presentano numerosi vin- coli ed incertezze legati ai criteri di gestione da adottare. Tra di essi è certa- mente da non sottovalutare l’esigenza di un sostegno finanziario e la pre- senza di una efficiente organizzazione in fase di utilizzazione finale (S PINEL -

LI e V ERANI , 2000).

4. L E IMPRESE

Per quanto concerne l’analisi dell’efficienza dei modelli aziendali si è proceduto attraverso una analisi d’impresa basata sull’approccio full costing (L IBERATORE , 1995; B ERNETTI , 2001).

Le tipologie di imprese analizzate sono state le seguenti:

– Imprese integrate per l’utilizzazione legnosa e per la raccolta dei residui forestali;

– Imprese integrate per l’utilizzazione boschiva e la raccolta di residui fore- stali e agricoli;

– Imprese specializzate per la raccolta di residui agricoli;

– Imprese specializzate nella raccolta di SRF;

– Imprese specializzate nella produzione di Pellets.

L’analisi tramite il metodo full costing ha consentito l’individuazione di un set di indicatori finanziari utili a stimare l’efficienza economica della struttura produttiva proposta. La valutazione ha interessato le risorse fisi- che delle imprese, ovvero le dimensioni, il livello tecnico e la flessibilità delle attrezzature. Per poter analizzare i fattori di rischio d’impresa sono stati calcolati i break even point

16

ed i margini di sicurezza relativamente alla quantità venduta e al prezzo.

I risultati relativi alle tipologie aziendali realizzabili nell’ambito della filiera biomassa-energia sono riportati nelle tabelle 6, 7 e 8.

15

Se questo contributo per mancati redditi fosse erogato anche alle colture SRF otterremmo un VAN compreso tra i 3.300 ed i 3.900 euro/ha/anno.

16

Il punto in cui le curve dei costi si intersecano con quelle dei ricavi è detto break even point (BEP).

Si trova in corrispondenza del livello di produzione in cui i costi sono uguali ai ricavi. Il margine di sicurez-

za rappresenta un indice di efficienza aziendale che indica quanto, in percentuale, si possono ridurre le

vendite (o il prezzo) del prodotto prima che l’azienda entri in perdita (B

ERNETTI

, 2001; pp. 31-36).

(17)

T abella 4 – Conto colturale di un impianto di Populus X Euroamericani per Short Rotation For estry . V oci di costo anno costo € produzione ricavi € contributo contributo UE Saldo V AN € SRI (t s.f.) UE € aggiuntivo € netto € Impianto 0 3.252 - 2.500 - 752 - 752 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 1 1.394 - 394,0 - 1.000 - 971 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 2 868 - 394,0 - 474 - 446 V endita delle piante in piedi 3 54 1.350 394,0 1.744 1.596 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 4 1.394 - 394,0 - 1.000 - 889 Cure colturali + altre spes (imposte+dir . Amm. Sorv .) 5 868 - 394,0 - 474 - 409 V endita delle piante in piedi 6 54 1.350 394,0 1.744 1.461 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 7 1.394 - 394,0 - 1.000 - 813 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 8 868 - 394,0 - 474 - 374 V endita delle piante in piedi 9 54 1.350 394,0 1.744 1.337 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 10 1.394 - 394,0 - 1.000 - 744 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 11 868 - 394,0 - 474 - 342 V endita delle piante in piedi 12 54 1.350 394,0 1.744 1.223 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 13 1.394 - 394,0 - 1.000 - 681 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 14 868 - 394,0 - 474 - 313 V endita delle piante in piedi 15 54 1.350 394,0 1.744 1.119 270 1 3,0% Pr ezzo sostanza legnosa/t = 25,0 Contributo r egionale all’impianto Reg. 1257/992.500 Tasso di inter esse 3,0% (1+r) montante 1,03 Fonte: ns. elaborazioni su dati B

ALDINI

et al. ,2000; B

ISOFFI

e F

ACCIOTTO

, 2000; B

ALDINI

eS

PINELLI

,1992.

(18)

T abella 5 – Conto colturale di un impianto di Eucaliptus ssp per Short Rotation For estry . V oci di costo anno costo € produzione ricavi € contributo contributo UE Saldo V AN € SRI (t s.f.) UE € aggiuntivo € netto € Impianto 0 3.252 - 2.500 - - 752 - 752 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 1 1.394 - 443,0 - 951 - 924 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 2 868 - 443,0 - 425 - 400 V endita delle piante in piedi 3 48 1.200 443,0 1.643 1.504 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 4 1.394 - 443,0 - 951 - 845 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 5 868 - 443,0 - 425 - 366 V endita delle piante in piedi 6 48 1.200 443,0 1.643 1.376 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 7 1.394 - 443,0 - 951 - 774 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 8 868 - 443,0 - 425 - 335 V endita delle piante in piedi 9 48 1.200 443,0 1.643 1.259 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 10 1.394 - 443,0 - 951 - 708 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 11 868 - 443,0 - 425 - 307 V endita delle piante in piedi 12 48 1.200 443,0 1.643 1.152 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 13 1.394 - 443,0 - 951 - 648 Cure colturali + altre spese (imposte+dir . Amm. Sorv .) 14 868 - 443,0 - 425 - 281 V endita delle piante in piedi 15 48 1.200 443,0 1.643 1.055 240 6 3,0% Pr ezzo sostanza legnosa/t = 25,0 Contributo r egionale all’impianto Reg. 1257/992.500 Tasso di inter esse 3 % (1+r) 1,03 Fonte: ns. elaborazioni su dati B

ALDINI

et al. , 2000; B

ISOFFI

e F

ACCIOTTO

, 2000; B

ALDINI

eS

PINELLI

,1992.

(19)

(a) Impresa forestale integrata che opera nell’ambito delle utilizzazioni boschive e dei residui forestali.

Si tratta di un’impresa integrata che prevede due indirizzi produttivi:

le utilizzazioni boschive con produzione di assortimenti da lavoro e la rac- colta dei residui legnosi con successiva cippatura del materiale. L’impresa opera con 7 unità di manodopera fissa e con 12 unità di manodopera avventizia su 160 giornate annue.

La dimensione aziendale che emerge presenta le seguenti caratteristi- che (tab. 6):

– 19 addetti che lavorano un quantitativo di 8.864 tonnellate annue di materiale legnoso e 2.500 tonnellate di residui provenienti dalle utilizza- zioni forestali, con un capitale macchine pari a 321.000 euro circa.

– L’impresa opera nel campo delle utilizzazioni forestali, utilizzando sia boschi cedui che alto fusto, ma attua anche interventi di diradamento e recupero residui, attraverso cippatura dello stesso. Il legno trasformato in microscaglie è trasportato mediante camion ai centri di stoccaggio, in genere collocati nell’ambito dei capoluoghi di comune.

– Con un prezzo di mercato della materia prima di € 50 a tonnellata il risultato operativo dell’attività relativa ai residui legnosi è pari a 31.000 euro circa; il break even point del prezzo è invece di 37,6 euro, con un investimento per addetto, considerando anche l’attività primaria di uti- lizzazione boschiva, di € 16.932. Il margine di sicurezza relativo al prez- zo è sufficientemente buono: 25% rispetto al 21% dell’attività di utiliz- zazione legnosa.

Vi è da aggiungere che la positività dei risultati è dovuta essenzialmen- te alla strutturazione dell’impresa che conta su una maggiore organizzazio- ne e specializzazione rispetto all’impresa tradizionale, sia per quanto riguar- da il parco macchine che la manodopera.

(b) Impresa agro-forestale integrata che opera nell’ambito delle utilizzazioni boschive ma che recupera anche residui forestali e residui agricoli di picco- le e grandi dimensioni.

Si tratta di una tipologia che risulta caratterizzata da una organizzazio- ne aziendale più elevata soprattutto a livello di mezzi meccanici (S PINELLI e K OFMAN , 1995) poiché interessa tre diverse linee produttive integrate fra loro.

Le attività di lavorazione sono:

– utilizzazione legnosa con produzione di legna da ardere per il mercato;

– raccolta dei residui legnosi;

– raccolta dei residui agricoli e formazione di rotoballe;

– caricamento e trasporto del materiale legnoso.

(20)

I risultati delle simulazioni da noi operate evidenziano una dimensione ottimale di impresa in corrispondenza di 20 addetti (13 avventizie su 160 giornate annue e 7 fissi) ed un quantitativo di massa legnosa lavorato pari 8.864 tonnellate di assortimenti legnosi, di 2.500 tonnellate di residui legnosi e di 1.575 tonnellate di residui agricoli.

I risultati operativi ottenuti (tab. 6), adottando un prezzo di vendita dei residui pari a 50 euro/tonnellata, sono leggermente superiori all’impre- sa descritta al punto a) sia per quanto concerne i residui forestali che l’atti- vità primaria di utilizzazione boschiva. Le economie di scala precedente- mente evidenziati assumono un rilievo significativo anche in questa tipolo- gia di impresa integrata.

Un aspetto da sottolineare per quanto concerne l’attività di recupero dei residui agricoli è il vincolo temporale. Osservando infatti il periodo in cui possono essere effettuate le operazioni di raccolta questo risulta non superiore alle 90 giornate. Le operazioni di raccolta delle potature di olivo, vite e frutteti presentano infatti una cadenza stagionale ben precisa e non sono in nessun modo rinviabili nel tempo. Con l’adozione di un prezzo di mercato delle rotoballe di 50 euro a tonnellata (prezzo che appare sufficien- temente remunerativo rispetto prezzo di acquisto stimato in 5 euro/tonnel- lata), si ottiene un risultato operativo pari a 34.000 euro circa con un prez- zo BEP

17

di 28 euro/tonnellata, mentre la quantità di Break even Point è di poco inferiore alle 900 tonnellate annue.

(c) Impresa specializzata nella raccolta di biomasse SRF

Si tratta di un’impresa specializzata che opera nell’ambito delle colti- vazioni Short Rotation Forestry. In genere questa impresa interviene nel processo produttivo acquistando le piante in piedi ed occupandosi dell’uti- lizzazione e trasporto della biomassa legnosa.

Il sistema di raccolta è basato su di una macchina complessa (ad esem- pio il sistema Bender) che permette di utilizzare la pianta intera e di ridurre in scaglie il materiale legnoso, convogliandolo successivamente in un carrel- lo o rimorchio agganciato ad un trattore.

Una struttura aziendale efficiente (Tipo 1 in Tab. 7) si compone di un capitale macchine costituito da sei mezzi meccanici, per un valore pari a 151.000 euro circa e di 3 addetti a tempo indeterminato (circa 50.000 euro per addetto). Si tratta di un’impresa che oltre all’utilizzo del materiale legnoso, effettua anche la sminuzzatura ed il trasporto dello stesso. L’impre-

17

Prezzo a tonnellata che determina il break even point (cfr. nota 12).

(21)

sa opera per 250 giornate annue con una capacità massima di lavorazione pari a 10.080 tonnellate per anno. Questa impresa acquista la materia prima ad un prezzo di 25 €/t e conferisce il prodotto ad un centro di stoccaggio con prezzo di vendita di 50 €/t, il risultato operativo è pari a 5.254 euro circa; il prezzo BEP è pari a 49,5 euro (tab. 7). Una seconda tipologia di impresa (tipo 2), con un quantitativo superiore di materiale lavorato (15.120 tonnellate annue) e con un dimensionamento maggiore del parco macchine (196.000 euro circa), adottando un prezzo di mercato di 50 euro della sostanza secca, ottiene un risultato operativo di 50.000 euro circa, con un prezzo BEP di 46,7 €/t (tab. 7).

È interessante osservare come rispetto all’impresa integrata che opera nel recupero di residui legnosi, l’impresa SRF anche se dotata di una strut- tura operativa meno complessa, goda di margini di operatività più ridotti (margine di sicurezza variabile tra l’1 e il 6,6 %).

Tabella 6 – Risultati finanziari delle imprese integrate agro-forestali.

Impresa integrata con tre prodotti Impresa integrata con due prodotti Assortimenti Residui Residui Assortimenti Residui

legnosi forestali agricoli legnosi forestali Quantità massima

lavorata ogni anno t/anno 8.864 2.500 1.575 8.864 2.500

Totale costi €/annui 559.550 96.642 44.477 563.296 93.942 prezzo vendita

materia fresca €/t 80 50 50 80 50

Fatturato € 709.120 125.000 78.750 709.120 125.000

Risultato operativo

lordo 149.570 28.358 34.273 145.824 31.058 Costi variabili

unitari €/t 16,3 14,7 10,7 16,6 14,7

prezzo BEP €/t 64,00 39,00 28,00 63,60 37,60

Margine di

sicurezza (prezzo) 20% 22% 44% 21% 25%

Investimento per

addetto €/ADD 20.335 16.932

Quantità BEP (t) rispetto

al prezzo di vendita €/t 7.000 1.935 890 7.042 1.880

N. di addetti 20 19

Fonte: ns. elaborazioni

(22)

(d) Impresa agricola specializzata nella raccolta dei residui agricoli

Questa impresa (tab. 7) opera in ambito prettamente agricolo realiz- zando la raccolta di residui delle potature di olivo, vite e frutteti la cui offerta di materiale legnoso è distribuita in un arco temporale di circa 90 giorni. L’impresa tipo 1 è costituita da un’azienda che opera con un «trin- cia sarmenti», a cui si accoppia l’impiego di un trattore convenzionale ed un carrello carica balle, con due unità lavorative. L’operazione di raccolta prevede anche il trasporto del materiale al centro di stoccaggio con camion o autocarro. Il quantitativo lavorato, secondo la scheda tecnica fornita dalla ditta utilizzatrice, è di circa 16 tonnellate al giorno che esteso per un periodo medio di 90 giorni corrisponde a 1.426 tonnellate annue.

Con l’adozione di un prezzo di mercato di 50 €/t il risultato operativo lordo risulta pari a 5.440 euro/anno; il prezzo BEP è di 46,2 €/t con un margine di sicurezza dell’8% (tab. 7). Una soluzione alternativa è offerta

Tabella 7 – Risultati finanziari delle imprese di raccolta SRF e residui agricoli.

Impresa raccolta Impresa raccolta Impresa Residui Impresa Residui SRF tipo 1 SRF tipo 2 agricoli Tipo 1 agricoli Tipo 2 Quantità massima lavorata

ogni anno t/anno 10.080 15.120 1.426 3.247

Totale costi €/annui 498.746 705.968 65.860 134.969

Prezzo acquisto

materia prima €/t 25 25 5 5

Prezzo vendita

materia fresca €/t 50 50 50 50

Fatturato € 504.000 756.000 71.300 162.350

Risultato operativo lordo 5.254 50.032 5.440 27.381 Costi variabili unitari €/t 35,6 33,0 8,2 6,0 Margine unitario

di contribuzione €/t 14,4 17,0 41,8 44,0

prezzo BEP €/t 49,50 46,70 46,20 41,65

Margine di sicurezza (prezzo) 1% 6,6% 8% 16,7

Investimento

per addetto €/ADD 50.463 39.278 52.937 41.317

Quantità BEP (t) rispetto

al prezzo di vendita €/t 9.975,0 14.120 1.210 2.640

N. di addetti 3 5 2 4

Fonte: ns. elaborazioni

(23)

dall’impresa tipo 2 (tab. 7) dimensionata su 4 addetti fissi e con un capita- le macchine pari a 165.000 euro circa. In relazione al quantitativo lavora- to, pari a 3.247 tonnellate/annue, il prezzo BEP utile a garantire la coper- tura dei costi di lavorazione è pari a 41,6 euro/tonnellata. Il risultato ope- rativo aziendale risulta di 27.381 e presenta un margine di sicurezza del 17% circa.

(e) Impresa specializzata nella produzione di pellets

Una tipologia di impresa particolare è quella che si occupa della tra- sformazione dello scarto in pellets, un combustibile idoneo per la combu- stione in impianti termici di edifici di piccole e medie dimensioni. L’impre- sa di pellets si avvarrà di tecnologie tali da permettere la produzione di un combustibile facilmente stoccabile e trasportabile. Il dimensionamento da noi individuato prevede un quantitativo lavorabile compreso tra le 1.800 tonnellate annue (tipo 1) e 5.400 tonnellate (tipo 2). Il capitale macchine relativo alle due capacità di lavorazione della materia prima è differente:

123.430 euro con 4 addetti nel primo caso, 408.000 euro con l’impiego di 8 addetti nel secondo caso (tab. 8). L’ investimento per addetto varia tra i 31.000 ed i 50.000 euro circa. In base al dimensionamento evidenziato, con un prezzo di 200 euro a tonnellata, i risultati operativi variano tra i 100.198 euro e i 365.346 euro. Il prezzo BEP è compreso tra 145 e 133 euro a ton- nellata. Il margine di sicurezza rispetto al prezzo è compreso tra il 27,5%

per la tipologia 1 ed il 33,75% della tipologia 2 (tab. 8). Sostanzialmente si

Tabella 8 – Risultati finanziari delle imprese di pellettizzazione.

Impresa tipo 1 Impresa tipo 2 Potenzialità massima produttiva t/anno 1.800 5.400 Prezzo di acquisto materia prima (chips) €/t 50 50

Prezzo di vendita €/t 200 200

Costi fissi annui € 122.822 303.713

Costi variabili annui € 136.980 410.941

Fatturato € 360.000 1.080.000

Risultato operativo lordo € 100.198 365.346

Costi Variabili unitari €/t 76 76

Margine unitario di contribuzione €/t 124 124

prezzo BEP €/t 145 133

quantità BEP €/t 1.300 3.575

Investimento/addetto €/add 30.858 51.000

Margine di sicurezza prezzo 27,5% 33,75%

Margine di sicurezza prezzo quantità 27,8% 33,80%

Numero di addetti 4 8

Fonte: ns. elaborazioni

(24)

può osservare che i maggiori quantitativi utilizzati favoriscono le economie di scala garantendo un più alto rendimento degli impianti.

Va ricordato che si tratta di aziende che si collocano a valle della filiera in quanto operano sui materiali raccolti e trasportati direttamente alla stabi- limento dalle imprese precedentemente esaminate.

5. L’ ORGANIZZAZIONE DELLA FILIERA REGIONALE

La definizione della filiera biomassa-energia in termini di produzione, strutture economiche ed occupazione presenta numerose difficoltà legate sia alla quantificazione delle risorse disponibili, sia alla definizione di tutte le possibili trasformazioni a cui sottoporre la materia prima. A ciò si aggiunge anche la difficoltà di definizione della localizzazione ottimale delle imprese in relazione alla distribuzione territoriale delle risorse.

Per superare tali difficoltà, si è quindi proceduto alla suddivisione del territorio in una serie di bacini o aree di approvvigionamento ed alla valuta- zione della quantità di risorse disponibili in ciascuno di essi. In relazione alle tipologie di biomasse disponibili ed alla quantità delle stesse si è potuto definire il tipo e le dimensioni delle imprese inseribili all’interno di ciascun bacino di raccolta. Sono stati inoltre identificati dei centri locali di valoriz- zazione delle biomasse nei quali operano imprese di trasformazione che usufruiscono di risorse, il più possibile omogenee (forestali; coltivazioni agrarie, SRF), fornite da aziende specializzate nella raccolta.

La perimetrazione dei bacini di approvvigionamento è stata eseguita attra- verso una procedura di analisi geografica articolato secondo le seguenti fasi.

Innanzitutto è stata definita una capacità ottimale di biomassa lavora- bile da ciascuna impresa, sulla base dei modelli aziendali analizzati nel paragrafo precedente.

Successivamente è stato realizzato un modello geografico di stima dei costi di raccolta e trasporto dei residui forestali per ogni pixel del Sistema Informativo Territoriale. Il modello di analisi applicato ha definito i percor- si minimi, e conseguentemente i costi minimi, che debbono essere sostenuti per raggiungere ciascun pixel. Nello specifico, sono stati precedentemente identificati per ciascun pixel dei «pesi di transito», ossia dei coefficienti che identificano, in ragione della pendenza, la lunghezza del percorso che è necessario compiere per attraversare il pixel

18

(Fig. 2).

18

Nel caso che il pixel sia attraversato da una strada il peso di transito assume sempre valore

unitario.

(25)

Il modello consente perciò di stimare il costo di trasporto necessario per giungere dal centro di stoccaggio fino al centro di ciascun pixel, tenen- do conto delle presenza/assenza di viabilità. La funzione di analisi spaziale può essere formalizzata secondo il seguente algoritmo:

dove:

=

=

K

i i

K

i

C C

CT min min

s.a.

 

 

 

 

>

 

 

=

% 5

% 5

Ty i

S Ti

Ty i

i

P strada

non se P Co

P

P strada

non se

strada se

Co C

and and or

γ

∈ Γ

=

I

i

P

i

A

s.a. I CT CT

l

l l i

iγ

i

∀ ∈ Γ , ≠

[4]

[5]

Bacino di raccolta relativo al γ−esimo centro di stoccaggio;

Pixel i-esimo dell’area di studio;

Insieme dei pixel presenti nell’area di studio;

Costo totale di trasporto del pixel i-esimo rispetto al centro di stoccaggio γ-esimo;

Costo totale di trasporto del pixel i-esimo rispetto al l-esimo cen- tro di stoccaggio;

Insieme dei centri di stoccaggio;

Costo del k-esimo percorso per giungere dal pixel i-esimo al cen- tro di stoccaggio γ-esimo;

Insieme dei pixel i che costituiscono il percorso k-esimo;

Costi di transito del pixel i-esimo;

Costo di transito dei pixels serviti da strada o con pendenza ; Pendenza dell’i-esimo pixel;

Pendenza standard della strada (5%).

A

Γ

= P

i

= I = CT

iγ

= CT

il

=

Γ =

C

K

=

K =

C

i

=

Co

i

=

P

Ti

=

P

S

=

(26)

I bacini di raccolta della biomassa sono quindi stati definiti tramite una procedura di minimizzazione dei costi di trasporto.

Una volta definiti i perimetri dei bacini raccolta sono state calcolate le quantità di residui realmente ottenibili da ciascuna area (distinte per tipolo- gia e stagione) e sono state dimensionate e strutturate

19

le reti locali di imprese potenzialmente inseribili in ciascun bacino.

I risultati emersi attraverso l’analisi territoriale, hanno portato alla definizione di 19 bacini di approvvigionamento. In figura 3 ed in tabella 9 sono riportate le entità di residui ligneo-cellulosici ottenibili per ciascun bacino distinte per tipologia.

Dai risultati riportati risulta che i bacini situati in corrispondenza della dorsale appenninica sono prevalentemente caratterizzati da residui prodotti dal settore forestale. È questo il caso dei bacini che hanno come centro di raccolta le seguenti località: Abbadia S. Salvatore (25.734 t/anno), Villa- franca Lunigiana (23.085 t/anno) San Giovanni Valdarno (21.909 t/anno) e Bagni di Lucca (21.863 t/anno).

Al contrario invece, ritroviamo le maggiori entità di residui derivati dalle colture a vite e ad olivo in corrispondenza dei bacini collinari del Chianti e della pianura della Val d’Era, dove Strada in Chianti, Pontedera e Poggibonsi raggiungono rispettivamente quantità di 51.980 t/anno, 39.024 t/anno e 35.421 t/anno.

Le superfici con maggiori vocazioni per l’impianto di colture Short Rotation Forestry si collocano anch’esse in prossimità delle aree pedemon- tane della dorsale appenninica. Nello specifico le area di raccolta con le

P

S

(%)

P

T

(%) Percorso

A

B L = 400 m

P L B P A

S T

=

Percorso stradale Peso di transito Distanza topografica

Figura 2 – Identificazione dei Pesi di transito.

19

Sulla base delle capacità produttive di ciascun modello di impresa.

(27)

maggiori superfici potenzialmente utilizzabili a fini SRF si trovano in corri- spondenza di Ponte a Poppi con 8.864 ettari a cui seguono quelle di Firen- zuola e Abbadia S. Salvatore con rispettivamente 6.272 ettari e 6.144 ettari (tab. 9).

Per quanto riguarda le potenzialità occupazionali, si sono considerate sia le imprese di raccolta dei residui legnosi che quelle di produzione di pel- lets. Per queste ultime si sono ipotizzati due differenti scenari: un primo in cui la materia prima proviene esclusivamente dall’industria del legno, dai

Figura 3 – Distribuzione dei residui ligneo-cellulosici nei bacini di approvvigionamento.

(28)

T abella 9 – Potenzialità di risorse agro-forestali dei bacini di raccolta (biomassa fresca) Bacino di Settore Forestale Settore coltivazioni Short rotation forestry approvvigionamento Arboree agrarie Produzione Residuo Superficie Residui Superficie Produzione Superficie Residui Totale residui Totale residui Legnosa economicamente totale (ha) agrari totale (ha) potenziale C Potenziale (ha) Industria attualmente potenzialmente economicamente utilizzabile A totali B (t/anno) del legno D disponibili disponibili Utilizzabile (t/anno) (t/anno) (t/anno*) A+B+C A+B+C+D (t/anno) (t/anno) (t/anno) V illafranca Lunigiana 96.060 23.085 56.032 10.225 6.256 67.456 3.968 4.498 37.808 105.264 Firenzuola 21.967 5.558 32.688 3.774 1.968 106.624 6.272 320 9.652 116.276 Castelnuovo Garfagnana 41.686 9.272 27.408 12.379 7.024 34.272 2.016 11.678 33.329 S. Marcello Pistoiese 63.416 15.605 41.696 8.893 5.120 22.576 1.328 3.002 27.500 Bagni di Lucca 87.988 21.863 38.944 18.471 10.752 29.104 1.712 19.021 59.355 Borgo San Lorenzo 78.675 19.981 52.656 14.738 8.224 34.816 2.048 3.990 38.709 V aiano 42.176 10.319 31.360 19.388 11.712 21.488 1.264 13.381 43.088 Ponte a Poppi 81.669 19.302 69.072 5.555 3.120 150.688 8.864 10.037 34.894 185.582 Strada in Chianti 40.441 10.741 21.456 51.980 30.976 272 16 18.380 81.101 Pontedera 49.764 13.818 17.120 39.024 24.976 272 16 23.312 76.154 San Giovanni V aldarno 85.710 21.909 48.784 24.123 14.656 3.808 224 6.020 52.052 Poggibonsi 71.859 20.210 43.744 35.421 22.512 272 16 21.146 76.777 Pomarance 22.622 6.155 32.224 1.661 1.280 816 48 785 8.601 Castiglion Fiorentino 50.007 12.978 47.152 24.383 14.576 8.976 528 8.390 45.751 Rosignano S. 30.285 9.238 21.024 8.874 6.688 - 7.274 25.386 S.Quirico d’Orcia 42.049 11.601 32.016 16.268 10.304 4.624 272 4.324 32.193 Massa Marittima 28.441 8.251 52.448 13.813 8.768 544 32 3.111 25.175 Roccastrada 31.311 8.429 45.808 15.861 10.000 - 3.823 28.113 Abbadia San Salvatore 106.745 25.734 72.576 19.126 11.536 104.448 6.144 13.986 58.846 163.294 Totale 1.072.871 274.049 784.208 343.957 210.448 591.056 34.768 176.478 794.484 1.385.540 (*) Sostanza secca Fonte: ns. elaborazioni su dati Inventario Forestale Regione T oscana; C

ASTELLANI

et al . 1982; Progetto SOR TE, ARSIA, 1997; Censimento Intermedio dell’Industria 1996.

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