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CAPITOLO 2 METODI DI RILEVAZIONE E VALUTAZIONE DELLA CUSTOMER SATISFACTION

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CAPITOLO 2

METODI DI RILEVAZIONE E VALUTAZIONE

DELLA CUSTOMER SATISFACTION

2.1. Introduzione

Riprendendo brevemente quanto già detto sopra possiamo pacificamente sostenere che in base a quanto abbiamo detto fino ad adesso alla base del customer satisfaction management sta la misurazione del grado di soddisfazione del cliente. La soddisfazione del cliente è un elemento fondamentale per il raggiungimento di risultati positivi di gestione e per la massimizzazione del profitto aziendale, in quanto lo studio diretto sulla clientela permette all'impresa di raggiungere quella creazione del valore che è una condizione essenziale per la sopravvivenza

dell’azienda1, permettendo infatti di incidere direttamente sui contenuti

dell’offerta.

La nostra analisi dovrà ora prendere in considerazione quelli che possono essere il metodo, gli elementi e i parametri che consentano ad un'impresa di analizzare il grado di soddisfazione dei clienti. Ci si può chiedere quale sia il metodo necessario per comprendere se una clientela sia più o meno soddisfatta e quanto. Per comprendere il livello di gradimento del cliente le imprese utilizzano le modalità più diverse, più o meno impegnative dal punto di vista organizzativo e finanziario e che possono prevedere o meno un coinvolgimento diretto del fruitore finale.

Il primo interrogativo che il nostro lavoro deve affrontare è la misurazione del grado di soddisfazione. Quando si pensa a come misurare il grado di soddisfazione dei clienti la reazione può essere scettica: il problema maggio re

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consiste nel trovare un metodo che consenta di quantificare in termini numerici elementi che invece sono estremamente soggettivi e mutevoli, essendo legati alle singole percezioni soggettive, alla psicologia del soggetto, alle sue attese, alla sua esperienza.

E’ ovvio che non è possibile ottenere una misura esatta, una certezza matematica di un certo livello di soddisfazione o al contrario di insoddisfazione. Tuttavia se la ricerca viene effettuata mediante dei quesiti rivolti al cliente, con i quali richiedere di esprimere la propria valutazione sul bene o sul servizio acquistato è chiaro che la risposta al quesito può essere considerata come un indice idoneo a individuare il livello di soddisfazione o di insoddisfazione dello stesso. Ancora, se la stessa domanda viene rivolta ad un campione maggiore di soggetti, sommando ed analizzando le risposte dei singoli, posiamo ottenere un indice di valutazione che esprima il livello di gradimento degli utenti. Se poi il numero dei clienti soddisfatti fosse ragguardevole, si potrebbe pensare a un grado di soddisfazione elevato.

Quindi, se rinunciamo alla pretesa di una misurazione certa e accettiamo che il risultato della ricerca sia semplicemente una stima del grado di soddisfazione in quanto i risultati del giudizio sono determinati da sentimenti propri delle persone, è possibile ottenere un’idea del grado di soddisfazione della clientela.

2.2. Rilevanza della definizione del termine “cliente”

Quando si indaga sul grado di soddisfazione dei clienti bisogna innanzitutto definire con chiarezza chi è cliente dell’azienda. Abbiamo già introdotto nel primo capitolo una definizione di cliente che potesse servire ad avere un'idea generale. Adesso cercheremo di vedere, anche se a livello puramente nozionistico, quante sfaccettature si nascondano dietro questo termine e come possano essere utili, o meglio necessarie, per la definizione della customer satisfaction e per il CS management.

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Non appena si inizia a parlare del grado di soddisfazione dei clienti si incontra g ià un problema: si deve pensare a quelli che già utilizzano i prodotti e i servizi della propria azienda oppure bisogna includere anche i clienti potenziali, quelli cioè che non li utilizzano ancora? Sappiamo infatti che oggigiorno, soprattutto nel caso d i prodotti e servizi indifferenziati, non è facile trovare nuovi clienti. Di pari passo, insieme agli elevati costi e rischi di ricerca di nuovi clienti, tradire le aspettative di quelli già esistenti non porta solamente alla corrispondente perdita di fatt urato, ma anche a quel passaparola negativo che amplifica l’eco di una insoddisfazione. Con il CS management si prende in considerazione innanzitutto la soddisfazione dei clienti esistenti2, elevandone il grado di soddisfazione e mirando alla loro fidelizzazione; questo non vuol dire, però, che non si prenda in considerazione la ricerca di nuovi clienti. Al contrario, se si riesce a raggiungere davvero la soddisfazione dei clienti esistenti, li si può utilizzate come strumenti di sviluppo del mercato, dal momento che essi possono diventare veicoli di promozione, vista l'attitudine del soggetto uomo ad instaurare delle relazioni e ad interagire con gli altri membri della comunità: è il caso del c.d. passaparola positivo, che si realizza quando questi si rivolge anche ad altre persone, consigliandole di utilizzare un certo prodotto.

Un altro utile elemento di analisi è il significato da attribuire al termine cliente e se cioè si deve considerare la persona che già utilizza i prodotti e i servizi oppure la persona che ne decide l’acquisto.

La risposta sarà diversa a seconda della natura del prodotto o del servizio. Ci sono dei beni infatti il cui acquisto verrà determinato dalla stessa persona che utilizza il prodotto (pensiamo per semplificare le cose a beni personali di uso quotidiano come uno spazzolino da denti), mentre altri beni saranno scelti non da chi utilizza il prodotto ma da un terzo soggetto (caso delle aziende che acquistano beni e servizi per la produzione). In questi due casi la misurazione della customer satisfaction ha difficoltà diverse: mentre nel caso dello spazzolino e in generale dei beni di largo consumo non è difficile comprendere verso quali soggetti deve

2 Japan Management Association, Customer Satisfaction Management, Il sole 24 ore – Pirola editore,

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essere indirizzata la indagine di mercato, nel caso dei beni utilizzati per la produzione spesso il “cliente” è rappresentato in realtà da più funzioni aziendali diverse, come gli approvvigionamenti, che si occupano di confrontare le varie offerte di acquisto, e la produzione, che invece usa concretamente il prodotto. Mentre la produzione sarà più attenta alle caratteristiche operative del prodotto e all’assistenza post-vendita, gli approvvigionamenti prenderanno maggiormente in considerazione il prezzo competitivo e le buone offerte commerciali. In questi casi può essere difficile capire chi sia il vero cliente o riuscire a trovare una soluzione equilibrata per soddisfare entrambe le parti.

Possiamo oggi affermare che le aziende rivolgono una importante attenzione alle problematiche legate alla clientela, basti pensare al fatto che sono stati coniati ed utilizzati slogan che mirano ad enfatizzare ed a sottolineare la fondamentale importanza del ruolo del cliente nella vita sociale. Sempre più spesso capita di ascoltare nelle aziende slogan del tipo "Propensione al cliente" o "Il cliente innanzitutto". Lo stesso vertice aziendale ne sottolinea l'importanza, e tutto ciò per indirizzare l'attenzione di tutti i membri dell'organizzazione verso la ricerca delle aspirazioni e dei desideri del cliente. A volte però è la stessa organizzazione interna presenta grandi rigidità: ogni ufficio non presta attenzione alle necessità delle altre funzioni e lavora prevalentemente con lo scopo di rendere la vita agevole a se stesso. Si è sensibilissimi cioè ai bisogni e alla voce dei clienti della propria azienda, ma si è del tutto indifferenti a che cosa desiderano i clienti interni. Questo può essere un grave errore, in quanto anche chi eredita un certo lavoro e deve compiere le conseguenti attività può essere concepito come cliente. E difficile pensare che, nelle aziende in cui i soggetti lavorano senza curarsi degli altri enti, a monte e a valle del proprio, si sia in grado di offrire uno sviluppo di prodotti e servizi che tenga realmente conto delle esigenze dei clienti esterni. Inoltre, in una situazione come quella di oggi, in cui gli effetti dei prodotti sulla società in generale sono molto più grandi, risulta sempre più difficile pensare al cliente solo ed esclusivamente come utente finale.

Sono numerosi i momenti in cui questi non è il solo soggetto che viene a contatto con il prodotto e le esternalità derivanti dalla produzione e dal consumo di un

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certo bene/servizio coinvolgono la società in generale. Sappiamo infatti che l’azienda, sistema aperto, ha a che fare con una molteplicità di stakeholder fra cui è da annoverare la collettività. La soddisfazione del cliente potrebbe essere anche soddisfazione della società. Pensiamo alle automobili: oggi i produttori non pensano, nella progettazione del veicolo, solamente alle prestazioni, ma pongono attenzione anche al livello di gas di scarico e ai sistemi di sicurezza, perché sono aspetti ritenuti importanti dalla collettività nel suo complesso.

Parlando dei clienti abbiamo presentato l'esistenza di vari modi di pensare a loro, pur sapendo che essi sono da considerare il vero obiettivo nell'implementazione del CS management. Per questo, nel CS management, è molto importante stabilire chi si prende in considerazione come cliente. Questa decisione porta alla successiva definizione del significato e dei contenuti del CS management dell'azienda e dei i metodi d'indagine per misurare il loro grado di soddisfazione

2.3. Dati e strumenti

Per ottenere le informazioni necessarie per le proprie indagini di mercato oggi le aziende possono contare su una serie di strumenti che si sono affinati nel tempo. Ma prima di parlare degli strumenti è opportuno concentrarsi sui dati che vengono utilizzati. Infatti il risultato che può derivare da un certo tipo di analisi dipenderà in larghissima misura dal tipo di informazione di partenza. Evidentemente tanto più accurata è l’informazione iniziale, tanto più affidabile sarà il risultato conclusivo.

I dati utili per la rilevazione del grado di soddisfazione della clientela possono, proprio in questo senso, essere classificati in due importanti categorie:

dati secondari, ovvero quelle informazioni acquisite per uno scopo diverso da quello attuale; dati primari, informazioni raccolte direttamente in relazione al progetto di ricerca che l’impresa sta realizzando.

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Per la raccolta di dati secondari generalmente si fa riferimento ai database già presenti in azienda, o ad altre informazioni provenienti dai pubblici archivi di Camere di Commercio, Istat, associazioni di categoria, ecc. Per acquisire dati primari invece è necessario un contatto direttamente con la clientela. Le indagini che raggiungono i clienti vengono chiamate indagini field (dall’inglese, sul campo) o metodi diretti e, al contrario delle indagini desk o indirette, ovvero quelle che utilizzano dati secondari, hanno un elevato valore ai fini dell’analisi della customer satisfaction perché fanno riferimento a dati raccolti proprio per quell’obiettivo e non per altre finalità.

I dati secondari invece sono stati raccolti spesso per altri scopi, possono non essere più aggiornati o ancora possono essere riferiti a un campione non pienamente rappresentativo del target. Tuttavia è da dire che le indagini desk sono, rispetto alle indagini field, più economiche e veloci, e quindi alla portata di un numero ben maggiore di aziende.

Per raccogliere i dati primari si fa spesso riferimento a interviste condotte coi clienti secondo diverse modalità e un diverso livello di dettaglio. In alternativa può essere adottata la tecnica dell’osservazione che prevede lo studio del loro comportamento. In questo caso il cliente non viene interpellato, ma si osserva il suo comportamento durante il processo di acquisto del prodotto, traendone informazioni utili per risalirne all’atteggiamento, all’opinione, alle preferenze. Il sondaggio è però una delle tecniche più diffuse di raccolta dei dati. I sondaggi sono generalmente condotti ponendo una serie di domande aperte (cioè a cui l’intervistato risponde liberamente) o chiuse (l’intervistato deve scegliere una o più alternative all’interno di un ventaglio di risposte pre-formulate) alle persone appartenenti al campione d’indagine. Esistono delle tecniche particolari che riguardano proprio la definizione del campione da analizzare: possono infatti essere utilizzate tecniche di campionamento che fanno riferimento a campioni non casuali, altre invece che fanno riferimento a procedure probabilistiche (es., il campionamento casuale semplice). Di tutto ciò parleremo in maniera approfondita più avanti. Per adesso basta ricordare che, al di là delle varie tecnic he utilizzate, è importante che la misurazione del livello di soddisfazione sia svolta

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periodicamente e continuativamente, per avere una chiara comprensione di come si evolva la situazione3.

A partire dagli anni ’60 negli Stati Uniti e in Europa sono stati elaborati diversi modelli per misurare il grado di soddisfazione dei clienti, ciascuno dei quali presenta pregi e difetti, e per tale motivo a volte si ricorre a più metodi contemporaneamente.

Un primo indicatore appartenete alla categoria dei metodi indiretti è rappresentato dal fatturato di vendita. Questo indicatore fornisce un’informazione di base, che deve essere necessariamente arricchita con informazioni sulla clientela.

La gestione dei reclami è un altro strumento particolarmente interessante. Il reclamo rappresenta la comunicazione informale di un disservizio. L’esame del numero e dei motivi alla base dei reclami è quindi funzionale al raggiungimento dell’obiettivo di analisi del grado di customer satisfaction. Occorre però ricordare che solo una minima parte dei clienti insoddisfatti manifesta un formale reclamo, mentre gli altri non manifestano all’impresa il loro disappunto, ma lo comunicano ad altre persone, generando un passaparola negativo. L’indicatore dei reclami è quindi importante ma molto parziale, perché può portare al rischio di non avere informazioni veritiere circa il reale coinvolgimento della clientela.

Un altro indicatore simile a quello della raccolta dei reclami è la raccolta dei commenti. In questo caso l’azienda stimola il cliente a scrivere, su appositi modelli, dei commenti sul servizio ricevuto. È importante che il management si curi che il tasso di compilazione sia elevato, al fine di avere un numero significativo di informazioni.

Infine un altro indicatore utile è la cosiddetta customer retention, ovvero la capacità dell’impresa di trattenere i clienti. Può essere misurata come:

customer retention = [(clienti fine anno – nuovi clienti)/ clienti a inizio anno]*100

3 Japan Management Association, Customer Satisfaction Management, Il sole 24 ore – Pirola editore,

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Anche questo indicatore presenta vari limiti. Innanzitutto non necessariamente un cliente fedele è anche un cliente soddisfatto. Un cliente potrebbe essere fedele semplicemente perché in caso di modifica delle proprie scelte d’acquisto dovrebbe sostenere costi eccessivi, oppure perché non può accedere ad altre offerte. Inoltre tale indice non permette di distinguere le cause di abbandono tra quelle generate da reale insoddisfazione e quelle legate ad altri aspetti quali ad esempio passaggio all’offerta di un competitor perché ritenuta più competitiva ovvero per soddisfare il desiderio di novità.

In sostanza se gli indicatori indiretti possono dare un’indicazione complessiva, utilizzati da soli non permettono di avere un quadro sufficientemente chiaro, e dovrebbero essere accompagnati da tecniche che prevedano il diret to coinvolgimento della clientela, i metodi diretti.

Vediamo adesso due esempi molto conosciuti di metodi diretti:

 il modello SERVQUAL;

 il modello di Kano.

2.4. Il Modello SERVQUAL

Il modello SERVQUAL nasce alla metà degli anni ’80 negli Stati Uniti per la misura della soddisfazione del cliente nelle imprese di erogazione dei servizi.4 In questo modello la qualità del servizio è valutata confrontando il valore rappresentato dalle aspettative del cliente e quello costituito dalla reale ed effettiva soddisfazione di tali attese, cercando appunto di evidenziare lo scostamento tra il servizio che i clienti si attendono (servizio atteso) e quello che percepiscono (servizio percepito). All'origine di un eventuale scostamento il modello individua 4 possibili gap: maggiore e la "dimensione" di tali gap, più alta è la discrepanza (5° gap) tra aspettative e prestazioni percepite.

4 Il modello fu pubblicato nel 1985 da Parasuraman, Zeithaml e Berry. Da allora sono state apportate

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I gap previsti dal modello sono:

 gap I: aspettative del consumatore e percezione del management aziendale.

A volte la definizione delle aspettative dei consumatori riguardo ad un servizio vengono formulate dai dirigenti aziendali. Il dirigente si affida al proprio istinto e alla propria esperienza per capire cosa il cliente può desiderare; è un’operazione tecnicamente non difficile da realizzare ma con risultati molto incerti. Quando i responsabili aziendali non riescono a cogliere con precisione ciò che i clienti vogliono, si manifesta il gap I e il prodotto non riesce ad aderire alle aspettative dei clienti;

 gap II: si riescono ad individuare le caratteristiche del servizio che si deve erogare per soddisfare la clientela ma non si riesce, per una serie di ragioni, a definire correttamente le specifiche del servizio;

 gap III: il gap in questione si genera quando esiste una discrepanza fra le caratteristiche che il servizio dovrebbe avere per soddisfare la clientela e quanto viene effettivamente erogato. Sono state identificate le caratteristiche giuste per soddisfare la clientela e il management ne ha definito le specifiche, ma si manifestano delle incongruenze tali per cui ciò che viene realizzato è diverso da quello che invece dovrebbe essere offerto;  gap IV: l'impresa, attraverso le attività di comunicazione che pone in essere, promette più di quanto non sia in grado di mantenere o comunque promette servizi/attività diversi da quelle che poi può effettivamente erogare con l'attuale struttura e personale;

 gap V: la discrepanza in questione si presenta quando il cliente avverte una differenza tra la qualità attesa e quella percepita. La qualità a ttesa è quella che il cliente si aspetta di ricevere dall'azienda, mentre il servizio percepito e ciò che il cliente sente di ricevere dall'azienda. Se il cliente ritiene di ricevere meno di quanto si aspettava rimane deluso e la conseguenza è una non soddisfazione.

Il gap V dipende quindi fondamentalmente dalle altre discrepanze poiché se esse si manifestano la conseguenza finale sarà proprio quella di avere una discrepanza tra servizio atteso e servizio percepito.

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Questo modello si compone di due serie di ventidue domande prestabilite volte ad indagare rispettivamente le attese e le percezioni del cliente rispetto al servizio erogato. La prima serie di domande misura le aspettative generiche dei clienti in relazione ad una categoria di servizi, la seconda misura il giudizio del cliente sull’azienda oggetto della ricerca nell’ambito della categoria di servizi trattata. Le risposte vengono raccolte su una scala di Lickert a sette punti avente come estremi “assolutamente d’accordo” e “assolutamente in disaccordo”. Gli aspetti indagati da questo questionario fanno riferimento a cinque dimensioni ritenute fondamentali per la qualità del servizio:

 gli elementi tangibili: l’aspetto delle strutture fisiche, attrezzature e personale;

 l’affidabilità: la capacità dell’impresa di erogare il servizio promesso in modo affidabile e preciso;

 la capacità di risposta: la volontà dell’impresa di aiutare il cliente e fruire il servizio con prontezza;

 la capacità di rassicurare: la competenza e la cortesia del personale e la sua capacità di ispirare fiducia;

 l’empatia dimostrata verso il cliente: l’assistenza che l’azienda riserva ai suoi clienti.

Il livello complessivo di soddisfazione dei clienti si ottiene mediante il calcolo del punteggio SERVQUAL globale, un valore numerico che indica lo scostamento esistente tra la percezione che l’utente ha del servizio e le sue aspettative.

Analizzando i punteggi ottenuti un’azienda può non solo valutare la qualità globale del servizio com’è percepita dai clienti, ma individuare anche le dimensioni chiave e gli aspetti di tali dimensioni sui quali si dovrebbero concentrare gli sforzi di miglioramento delle percezioni. I risultati ottenuti mediante il Metodo SERVQUAL possono essere utilizzati per diversi altri scopi: confrontare aspettative e percezioni dei clienti nel corso del tempo, confrontare i punteggi riportati dalla propria azienda con quelli della concorrenza, esaminare i segmenti della clientela con diverse percezioni della qualità, valutare le percezioni sulla qualità dei clienti interni.

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In realtà, come indicano gli stessi Autori, essendo il modello progettato in modo da poter essere applicato ad un'ampia gamma di servizi, esso fornisce una struttura di base che, generalmente, deve essere integrata o adattata alle specifich e caratteristiche di una certa ricerca, e comunque non utilizzato da solo. Il questionario SERVQUAL risulta particolarmente valido quando viene impiegato, periodicamente, per seguire l'andamento della qualità del servizio e quando è utilizzato in combinazione con altri strumenti di misura della qualità del servizio.5

2.5. Il Modello di Kano

Tale modello si basa sull'individuazione di tre tipi di requisiti del prodotto/servizio la cui presenza è in grado di incidere in misura diversa sulla soddisfazione del cliente.

In particolare, i requisiti sono:

 requisiti base, ovvero gli attributi essenziali del prodotto/servizio, quelli che devono necessariamente essere presenti altrimenti difficilmente ci sarebbe una domanda per quel dato prodotto/servizio. La presenza dei requisiti base non incide in misura rilevante sulla soddisfazione del cliente poiché essa viene data per scontata dal cliente stesso, mentre la loro

assenza può costituire la causa principale dell'insuccesso del

prodotto/servizio;

requisiti prestazionali: in questa categoria troviamo i requisiti

espressamente richiesti dal cliente. Il livello di soddisfazione che il cliente potrà ricevere dall'acquisto e uso del prodotto/servizio sarà direttamente proporzionale al grado di presenza di tale attributo nel prodotto/servizio stesso. Di solito un cliente non parla di questi requisiti, evidenziandoli

5 Le ricerche condotte su SERVQUAL hanno portato a mettere a punto un metodo denominato

SERVPERF nell’intento di superare alcune difficoltà riscontrate nell’utilizzo del primo strumento. La principale novità di SERVPERF consiste nel richiedere all’intervistato solo valutazioni riguardanti le percezioni, il che a detta degli autori dovrebbe contribuire a migliorare i risultati e diminuire il numero di domande poste.

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soltanto in occasione di eventuali reclami formulati se qualche cosa non è andato come previsto.

 requisiti di attrattività: questi sono gli attributi del prodotto/servizio che, pur risultando estremamente graditi al cliente, non sono da questi espressamente richiesti. Si tratta pertanto di requisiti che se presenti possono esercitare una grande influenza sul livello di soddisfazione. Sono infatti prestazioni che il cliente non si aspettava e che addirittura non credeva di volere ma che una volta ricevute incidono molto sulla sua soddisfazione.

Per procedere con una ricerca sulla soddisfazione della clientela utilizzando il metodo Kano si devono percorrere alcune fasi che possono essere così sintetizzate:

 fase 1, identificazione dei requisiti. Per identificare i requisiti base e quelli prestazionali vengono condotte delle indagini conoscitive presso i clienti. Per individuare invece i requisiti di attrattività tali indagini risultano totalmente inefficaci poiché, come detto, i clienti non richiedono espressamente tali caratteristiche e difficilmente riescono ad individuarle con precisione anche se direttamente interpellati su questo aspetto. Per individuare tali requisiti occorre procedere quindi in modo diverso; una soluzione utile a questo scopo è lo studio dei problemi e dei desideri del cliente poiché attraverso tali input informativi si possono ottenere utili indicazioni per il miglioramento e l'innovazione del prodotto/servizio.  fase 2, costruzione del questionario. Il questionario deve essere predisposto

al fine di permettere l'individuazione dei requisiti-base, prestazionali e di attrattività del prodotto/servizio e i requisiti che invece per il cliente sono poco rilevanti. Per ogni caratteristica del prodotto/servizio individuata nella fase precedente vengono formulate due domande, per ciascuna delle quali il cliente può scegliere tra cinque risposte diverse.

Le risposte alle due domande vengono combinate in una tabella di valutazione che permette di classificare le caratteristiche del prodotto nelle seguenti sei categorie:

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 attractive: la caratteristica in questione è considerata dal cliente un requisito di attrattività;

 indifference: la caratteristica considerata è irrilevante per il cliente;

 questionabile: le risposte ottenute sono generalmente date a fronte di domande formulate male o non comprese dal cliente, o derivano da un errore commesso dal cliente nella risposta;

 reverse: il cliente non desidera che la caratteristica considerata sia presente, anzi si aspetta l'opposto;

 must-be: la caratteristica in questione è considerata dal cliente un requisito-base;

 one-dimensional: la caratteristica in questione è considerata dal cliente un requisito prestazionale.

Una volta costruito il questionario è possibile procedere con la fase successiva che prevede l'effettivo svolgimento delle interviste.

 fase 3, colloquio. Di solito per svolgere le interviste ai clienti si effettua un colloquio orale standardizzato;

 fase 4, valutazione e interpretazione dei risultati. Dopo aver predisposto la tabella di valutazione, le risposte ottenute per i singoli requisiti vengono riportati nella tabella dei risultati dalla quale è possibile apprendere, in modo schematico, il dato relativo alla ripartizione dei requisiti nelle varie categorie.

Possono così essere calcolati vari indicatori. Uno è rappresentato dall’indice di soddisfacimento. Quanto più il suo valore si avvicina a 1 tanto più il requisito considerato incide sul livello di soddisfazione del cliente; viceversa, quanto più il suo valore è vicino a zero tanto minore è l'incidenza del requisito in esame sul livello di customer satisfaction.

Oltre a questo indicatore è possibile procedere al calcolo del coefficiente di non soddisfacimento. Si tratta di un indicatore che mette in evidenza l'effetto negativo prodotto dall'assenza o dalla carenza del requisito considerato sulla soddisfazione del cliente.

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44 2.6. Le modalità di ricerca

Un’analisi del grado di soddisfazione del cliente deve seguire delle modalità ben precise, così da evitare di giungere a risultati inaffidabili sprecando denaro ed energie.

Come linea guida presentiamo, all’interno di questa tesi, quella proposta dal Dipartimento della Funzione Pubblica per accelerare e dare concretezza ai processi di innovazione nelle pubbliche amministrazioni6.

Queste modalità di analisi derivano dal contributo di vari enti di ricerca e dai risultati operativi scaturiti dall’esperienza operativa di alcune pubbliche amministrazioni.

Gli step di questa linea guida passano innanzitutto per alcune valutazioni preliminari, ovvero per il disegno dell’indagine.

2.6.1 Il disegno dell’indagine

Il disegno dell’indagine è la fase propedeutica alle successive attività di ricerca e analisi dei dati che si sviluppa prevalentemente al tavolo di lavoro. Essa consiste nel definire quali sono gli obiettivi, gli attori coinvolti, le fasi e i tempi di realizzazione, gli strumenti di indagine, la numerosità di un eventuale campione, ecc.

Questa analisi si concretizza in un documento che funge da linea guida durante la realizzazione dell’indagine e da check list di controllo una volta che l’attività è stata ultimata, e può essere articolata nelle seguenti parti:

1. Il contesto.

6 Questa ricerca è reperibile gratuitamente sul sito internet www.cantieripa.it

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Vanno indicate le condizioni di contesto e le condizioni generali nelle quali viene realizzata l’indagine.

2. Gli obiettivi.

In questa parte del documento vanno precisati gli obiettivi da raggiungere attraverso l’indagine. La definizione degli obiettivi in particolare è molto importante. Ogni obiettivo si traduce infatti in risorse umane, finanziarie e di tempo, e cambiare gli obiettivi nel corso della ricerca può rendere non solo inefficace il lavoro dei ricercatori, ma anche inefficiente l’operato aziendale in questa particolare attività.

3. I destinatari dell’indagine

Si precisa chi sono i destinatari dell’indagine. 4. Gli attori interni ed esterni all’organizzazione.

Soprattutto se si tratta della prima esperienza di indagine, è fondamentale decidere quali sono gli attori che intervengono nella realizzazione dell’indagine e definire il loro ruolo.

In particolare una delle prime e principali decisioni da prendere, di fronte alla necessità di effettuare una indagine di customer satisfaction, riguarda l'alternativa tra la sua realizzazione all'interno dell'impresa o, al contrario, la delega a organizzazioni esterne specializzate.

Questa scelta deve avvenire valutando le risorse interne, le loro competenze, il grado di difficoltà insito nel raggiungimento degli obiettivi, le disponibilità economiche.

5. Il campione.

Occorre stabilire se l’indagine verrà svolta su tutto l’universo, ovvero su tutti coloro che possono essere interessati dalla ricerca, oppure se selezionare un campione ovvero una parte dell'universo che consenta, poi, di proiettare sull'universo stesso, attraverso tecniche statistiche, le informazioni che si ottengono.

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E’ utile, già in fase di progettazione, stabilire come verrà somministrato il questionario tenendo conto anche degli attori, interni ed esterni, che si è deciso di coinvolgere.

7. La raccolta, l’inserimento e l’elaborazione dei dati.

E’ utile stabilire le modalità di raccolta dei questionari, definire come avverrà l’inserimento dei dati e come si procederà all’elaborazione dei dati (chi se ne occupa, se esiste o se deve essere progettata e realizzata una procedura informatica, ecc.).

8. La redazione di un documento di presentazione.

Già in fase di prima progettazione è utile stabilire a chi verranno restituite le informazioni ricavate dalla ricerca e in modo verranno presentate.

9. Le fasi di lavoro.

Occorre schematizzare le fasi e i tempi di realizzazione di ogni fase per organizzare in maniera efficace tutta la ricerca.

2.6.2 Il campione d’indagine

Generalmente le indagini statistiche vengono realizzate su un campione rappresentativo e non sull’intera totalità degli elementi (universo) che interessano la ricerca.

Il campione, come già accennato, è solo una parte dell'universo su cui viene svolta una ricerca al fine di proiettare proprio sull'universo le informazioni che si ottengono dal campione stesso. Perché ciò sia possibile, occorre che il campionamento (ossia, il processo di costruzione del campione) rispetti determinate regole statistiche e che il campione presenti caratteristiche il più possibile simili a quelle dell’universo. Anche se talvolta vengono svolte anche delle analisi complete perché l’universo è molto piccolo, in realtà la maggior

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parte delle volte si lavora su campione in quanto l'analisi di tutte le unità comporterebbe costi molto elevati e tempi troppo lunghi.

Il problema però è che ogni indagine su campione è inevitabilmente caratterizzata da un particolare rischio di errore chiamato “errore di campionamento”. Questo errore consiste nell’esistenza di una approssimazione dei risultati attribuiti all’universo dovuta al fatto di considerare una parte rispetto al tutto.

Innanzitutto possiamo distinguere i campioni in:  probabilistici (o casuali);

 non probabilistici ( o non casuali).

La differenza consiste nel fatto che, mentre nel campionamento probabilistico ogni componente dell'universo ha la stessa probabilità di entrare nel campione, nel campionamento non probabilistico non è così. Ciò significa che in un campionamento probabilistico è il caso che determina gli elementi che faranno parte del campione, ed è un metodo molto applicato proprio in quanto elimina le distorsioni provocate da inevitabili fattori umani di scelta (anche nella scelta di persone da intervistare per strada si può essere influenzati inconsapevol mente da fattori come la simpatia che ispirano i passanti, la loro fretta, ecc.).

Il tipo più semplice di campione probabilistico è il campione casuale semplice, che si ottiene dall’estrazione di un certo numero di elementi dall’elenco di tutte le unità che compongono l’universo. Ovviamente, perché questo sia realizzabile occorre che sia disponibile una idonea lista di tutte le unità che compongono l'universo.

Altre volte, invece di una semplice estrazione, si applica il criterio della stratificazione, finalizzato a migliorare il grado di rappresentatività del campione. Questa tecnica è impiegabile quando è possibile l'universo in categorie omogenee (strati). Questi strati vengono individuati facendo riferimento alle caratteristiche più importanti per l'indagine (es. la fascia di età), in modo da ottenere una buona omogeneità all'interno di ogni singolo strato. In questo modo si è certi che ogni categoria dell'universo sarà rappresentata nel campione nella giusta proporzione.

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Confronto fra campione casuale semplice e campione casuale stratificato.

Esistono anche altre forme di campionamento, sempre all’interno del campionamento probabilistico, ma alternative al casuale semplice, come il campionamento sistematico, che consiste nell’estrarre la prima unità ogni un certo intervallo (es. una persona ogni 10), utile soprattutto quando non è possibile conoscere la lista completa dei componenti un universo; il campionamento a stadi, che consiste nell’estrarre campioni di campioni, utile soprattutto quando c’è una forte dispersione geografica dell’universo d’analisi.

Diverse sono anche le tecniche per il campionamento non probabilistico, come il campionamento per quote, che consiste nell’indicare le proporzioni che dovranno rappresentare il campione, lasciando agli intervistatori la possibilità di scegliere le persone da intervistare, o altre ancora.

La dimensione del campione

Per calcolare la dimensione del campione vengono presi in considerazione quattro elementi fondamentali. CAMPIONE PROBABI-LISTICOSEMPLICE CAMPIONE PROBABI-LISTICO STRATIFICATO STRATO A STRATO B STRATO C STRATO D A B C D UNIVERSO CAMPION E UNIVERSO C A M P I O N E

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 la dimensione dell'universo;  l'errore di campionamento;  il livello fiduciario;

 il grado di eterogeneità dell'universo. La dimensione dell'universo

All'aumentare del numero di soggetti appartenenti all’universo (N) tende ad aumentare anche la dimensione del campione (n) e viceversa, ma sempre in maniera meno che proporzionale rispetto all'aumento (o alla diminuzione) di N. Infatti è intuitivo come, nell'ambito di un universo di dimensioni molto limitate, un campione altrettanto ridotto possa essere non ben rappresentativo del l’intero universo. Al contrario, al crescere di N, la dimensione del campione può aumentare in misura meno che proporzionale in quanto si riduce il rischio che gran parte del campione sia formata da elementi non rappresentativi, dal momento che il lavoro avviene su grandi numeri.

L'errore di campionamento

Il valore rilevato con un'indagine campionaria non corrisponderà perfettamente al valore dell'universo, ma sarà caratterizzato da un errore per eccesso o per difetto. Il reale valore dell'universo sarà compreso entro un certo intervallo rispetto al valore del campione. Questo intervallo è chiamato “intervallo di confidenza”. Di norma, viene deciso in fase di impostazione della ricerca quale è l'errore di campionamento che si è disposti ad accettare. Inoltre, tanto più grande è il campione, tanto minore sarà l’intervallo di confidenza.

Il livello fiduciario

Quando proiettiamo i risultati di un’indagine campionaria sull’intero universo, abbiamo una certa probabilità che il valore reale dell’universo sia esterno a questo intervallo.

Il grado di certezza che il valore dell’universo sia interno all’intervallo di confidenza viene chiamato “livello di confidenza”. Solitamente anche il livello di

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confidenza che si è disposti ad accettare viene deciso in fase di imp ostazione della ricerca. Nella maggior parte delle indagini, il livello fiduciario accettato è pari al 95%. Ciò significa che si ha il 95% di probabilità che questo campione porti a stime corrette dei valori dell’universo, e viceversa il 5% di probabilità che ciò non si verifichi.

L'eterogeneità dell'universo

All'aumentare del grado di eterogeneità dell'universo crescono i rischi connessi al campionamento. Più l'universo è eterogeneo, infatti, maggiori sono le probabilità di fornire una stima distante dal corrispondente valore dell'universo, in quanto sono maggiori anche le probabilità di lavorare su un campione meno rappresentativo. Per questo motivo si può utilizzare un campione più ampio o procedere a una stratificazione dell’universo.

L’indagine preliminare.

Generalmente prima di avviare l’indagine viene svolta un’analisi preliminare per individuare elementi conoscitivi rilevanti alla stesura del questionario, al piano di campionamento, o semplicemente per ben comprendere le caratteristiche del bene/servizio. Può essere svolta, a seconda dei costi, della rilevanza del lavoro da svolgere e delle competenze a disposizione, anche attraverso un gruppo di lavoro che fornisca delle indicazioni a supporto della realizzazione di queste attività (focus group).

2.6.3 Il questionario, la raccolta dei dati e l’esecuzione delle interviste

La creazione del questionario è probabilmente la fase più importante del processo di realizzazione dell’indagine. La sua stesura va però attentamente studiata, perché i risultati complessivi della ricerca spesso dipendono proprio da come questo è impostato. Di particolare aiuto può essere la stesura dell’ “albero della

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qualità”, di cui tratteremo fra poco, per individuare tutti gli elementi che si vogliono sottoporre al giudizio dei clienti. È inoltre sempre opportuno testare il questionario, ossia sottoporlo a un certo numero di persone per verificare la presenza di errori e incongruenze, e prevenire così possibili problemi e risultati scadenti.

L’albero della qualità

L’albero della qualità è uno strumento di indagine della customer satisfaction che permette di definire i requisiti primari delle varie attività svolte da un ente erogatore di servizi o i requisiti delle varie caratteristiche di un bene, su cui il cliente può esprimere un certo grado di soddisfazione.

Per fornire un esempio chiarificatore abbiamo portato il caso della ICIM Spa, un’azienda che svolge attività certificative dei sistemi di gestione aziendale, dei prodotti e dei siti web. Quest’azienda ho sviluppato un albero della qualità proprio al fine di misurare e tener sotto controllo l’incidenza del proprio operato sulla customer satisfaction. Gli aspetti fondamentali che sono stati individuati nel definire un servizio di qualità per il cliente sono stati:

 certificazione (attività caratteristica);  servizio;

 strumenti;  personale.

Ciascuna di queste parti è stata poi dettagliata in aspetti ritenuti rilevanti sui quali impostare delle domande da porre con un questionario. Per esempio, nella sezione “personale” gli elementi rilevanti sono stati individuati in:

 facilità di contatto con il personale di sede;  cortesia;

 chiarezza nella conduzione delle visite;  approccio pratico ai problemi;

 esperienza specifica del settore.

All’interno della chiarezza nella “conduzione delle visite” potrebbero poi essere individuati altri aspetti:

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 chiarezza delle informazioni date;  chiarezza della modulistica;

 competenza e preparazione del personale;

 velocità nel servire l’utente. e così via fino al livello desiderato.

certificazione

servizio

personale strumenti

esperienza del settore approccio pratico ai problemi chiarezza nella conduzione delle visite

cortesia

facilità di contatto col personale di sede quantità di documenti

facilità compilazione documenti chiarezza documentazione iniziale chiarezza determinazione costi

costi benefici tempi rapidità competenza impulso al miglioramento acquisizione nuovi clienti credibilità

L’albero della qualità di ICIM. La stesura del questionario

Il questionario è una sequenza di domande che mira a raccogliere presso l'intervistato le informazioni oggetto di indagine. Esso permette di omogeneizzare i dati raccolti, in quanto il modello è uniforme per ogni intervista e consente a tutti gli intervistatori di porre sempre le stesse domande. Al contrario, da una stesura poco curata del questionario derivano inevitabilmente problemi operativi durante le interviste e l'elaborazione dei dati.

Le domande formulate nell'ambito di un questionario possono essere suddivise, in base alle loro caratteristiche, secondo diverse classificazioni.

In primo luogo, si distinguono le domande dirette, con le quali si coinvolge direttamente l'intervistato, dalle domande indirette, con cui si cerca di raggiungere

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l'intervistato in modo indiretto, proponendo un interrogativo che l'intervistato stesso percepisce più in termini generici che personali.

Un'altra importante distinzione tra le domande che possono far parte di un questionario è quella tra domande primarie (dalla cui risposta dipende l’effettuazione di una o più domande secondarie) e domande secondarie, la cui esecuzione o meno dipende dalla risposta che è stata data a una domanda primaria.

Ancora, le domande di un questionario possono essere suddivise in domande aperte, le cui modalità di risposta non sono state previste dal ricercatore o per lo meno non vengono lette all’intervistato (non esiste, quindi, alcun vincolo alle risposte), e domande chiuse (o precodificate). In questo secondo caso, le possibili risposte vengono lette all’intervistato, il quale deve scegliere nell'ambito di quanto già predeterminato in fase di impostazione del questionario. Le domande chiuse si possono a loro volta suddividere ancora in domande a risposta singola, a cui è possibile fornire una sola risposta e domande a risposta multipla, alle quali si possono dare più risposte. Con le domande a risposta multipla si ottiene una maggiore ricchezza di spunti. Questo vantaggio è però bilanciato dalle maggiori difficoltà in termini di elaborazione dei risultati.

La raccolta dei dati

La raccolta dei dati può essere realizzata attraverso due differenti modalità: l’autocompilazione da parte dell’intervistato o l’intervista personale.

Con l’autocompilazione il questionario viene inviato per posta, anche elettronica, oppure è consegnato personalmente al campione (es. di fronte a un supermercato o ad un ufficio pubblico) o messo a disposizione in un posto opportuno (es. una camera d’albergo), o collocato su un sito Internet. In tutti i casi di auto compilazione il principale problema è il ridotto tasso di risposta. Non si tratta di un problema solamente di tipo quantitativo, ma soprattutto qualitativo: in genere, chi risponde ha caratteristiche differenti da chi non risponde (possono essere persone più estroverse, più colte, con più tempo a disposizione, più interessate all'argomento, ecc.). Si ottiene quindi un campione auto selezionato che rischia di

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essere assai poco rappresentativo dell’universo di riferimento. A fronte di questi aspetti problematici, tuttavia, il questionario auto compilato presenta indubbi punti di forza:

l'assenza dell'intervistatore permette di evitare condizionamenti che al contrario potrebbero essere generati dalla sua presenza;

 il tempo a disposizione consente all'intervistato una maggior meditazione;  l'intervistato può scegliere il momento più opportuno per rispondere;  il costo è contenuto in quanto non ci sono spese relative agli intervistatori. Nell'intervista personale invece intervistatore e intervistato si incontrano di persona. Ciò può portare a vari vantaggi: l'intervistatore può valutare direttamente alcuni aspetti; consente la spiegazione di eventuali incomprensioni; è possibile sottoporre questionari lunghi (se le condizioni in cui si effettua l'intervista lo consentono), anche se oltre i 35-40 minuti l'attenzione dell'intervistato scade comunque. In realtà però anche in questo caso esistono degli aspetti di debolezza: il ruolo dell'intervistatore assume molta importanza: ciò significa che ogni difetto di comportamento viene amplificato; inoltre se gli intervistati sono territorialmente dispersi, il costo è molto elevato, i tempi di svolgimento della ricerca sono piuttosto lunghi e l’impostazione delle interviste è piuttosto complessa.

Un dato comune alle diverse tecniche di intervista è rappresentato dalla costante crescita dei rifiuti da parte degli intervistati. Per evitare questo bisogna prestare attenzione alla lunghezza di molti questionari o alla complessità delle domande poste.

L’esecuzione delle interviste

Per eseguire le interviste è possibile impiegare personale interno all’azienda, studenti, intervistatori professionisti e società di ricerca. Naturalmente ognuna di queste possibilità presenta differenti vantaggi, svantaggi e costi. Per esempio, uno studente sarà meno preparato a condurre un’intervista di un professionista, ma richiederà anche un compenso inferiore.

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L’importante è comunque svolgere un’attenta selezione degli intervistatori e curare la loro formazione. Solo in questa maniera infatti sarà possibile ottenere la standardizzazione e l’omogeneità necessaria per ottenere dati confrontabili e utilizzabili.

Per ogni ricerca, quindi, è utile prevedere una riunione di formazione e una serie di istruzioni da consegnare, nelle quali vengono specificati il comportamento da adottare di fronte a situazioni particolari, il modo in cui presentarsi, oppure quali sono le risposte da leggere e quali sono quelle che non devono essere lette, ecc.

2.6.4 L’elaborazione

Una volta raccolti, tutti i dati devono essere elaborati per ottenere le informazioni ricercate. Questa elaborazione procede attraverso degli strumenti matematici che permettono di raggiungere dei particolari risultati più significativi del dato singolo. Per prima cosa però è necessario inserire tutte le informazioni all’interno di una banca dati adeguatamente predisposta, dopodiché si procederà al calcolo delle varie medie e dei vari indici.

Il calcolo delle medie, la correlazione e gli indicatori di variabilità.

Il calcolo della media ha lo scopo di rappresentare con un solo numero un insieme di dati, indicando quindi l'ordine di grandezza del fenomeno che stiamo studiando.

La media aritmetica semplice di n valori è la loro somma divisa per il numero dei termini.

Questo tipo di formula è facilmente applicabile quando i dati sono poco numerosi. Quando invece la mole dei dati è rilevante, e i dati sono presentati in una

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distribuzione di frequenze (dove a ogni modalità di risposta corrisponde una certa numerosità di intervistati), occorre calcolare la media aritmetica con un procedimento diverso: quello della media aritmetica ponderata.

In altri termini, ogni punteggio di soddisfazione viene moltiplicato per il numero di intervistati che hanno indicato tale punteggio. La somma dei prodotti viene poi divisa per il totale degli intervistati.

Il calcolo della media ponderata viene utilizzato anche per soppesare la soddisfazione espressa con l’importanza attribuita a ogni fattore e per ottenere in questo modo la soddisfazione media ponderata. Calcolando la media semplice dei punteggi di soddisfazione, infatti, attribuiamo a ogni fattore la stessa importanza: in realtà possono esserci elementi più importanti di altri. È quindi ragionevole attribuire un peso maggiore al livello di soddisfazione ottenuto su un fattore molto importante, rispetto a un parametro giudicato meno rilevante.

Infatti, un conto è raggiungere un buon livello di soddisfazione su un parametro che gli utenti ritengono fondamentale, una cosa diversa è ottenere lo stesso livello di soddisfazione su un fattore leggero, ossia giudicato meno importante.

Un’altra elaborazione che si può rivelare ricca di spunti, al termine di una indagine di customer satisfaction, è quella di correlazione.

Questa analisi è finalizzata allo studio dell’intensità delle relazioni esistenti tra due fenomeni quantitativi: per esempio, lo scopo può essere la misurazione dell'intensità e delle caratteristiche delle relazioni tra due fenomeni (come i valori della soddisfazione attribuiti dai singoli intervistati alla competenza del personale, e i valori di soddisfazione attribuiti invece all’efficacia del servizio).

Per semplicità, ci limitiamo a considerare le relazioni di tipo lineare (che sono peraltro le più frequenti), senza prendere in esame relazioni diverse (di secondo grado, di terzo grado, ecc.).

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L'indicatore più spesso utilizzato a questo scopo è il coefficiente di correlazione lineare (indicato con r).

Il coefficiente di correlazione lineare assume valori che sono sempre com presi nell'intervallo da –1 a +1. E’ pari a +1 quando si è in una situazione di perfetta correlazione positiva (al crescere dei valori di soddisfazione di un parametro, anche l’altro vede crescere, con perfetta regolarità, i propri valori di soddisfazione). E’ pari a –1 quando si è in una situazione di perfetta correlazione negativa (al crescere dell’uno, l’altro decresce con perfetta regolarità). Tende ad avvicinarsi a zero quando la relazione tra i due fenomeni è piuttosto debole; al limite, se è pari a 0, i due parametri non sono tra loro per nulla legati, perlomeno non in una dimensione lineare. L'esistenza di un elevato valore del coefficiente di correlazione può essere attribuita a una relazione di interdipendenza tra i due fenomeni analizzati; a una relazione di dipendenza di un fenomeno dall'altro; alla dipendenza di entrambi i fenomeni da una terza variabile (o da un insieme di altre variabili) che determina l'andamento dei primi.

Un coefficiente di correlazione elevato dimostra quindi l’esistenza di una marcata relazione, ma non necessariamente di un forte legame di causa – effetto.

Con il calcolo di una media si sintetizza una pluralità di dati in un unico valore. Questa operazione di sintesi fornisce un'informazione interessante, ma non è sufficiente per descrivere in modo completo la situazione. Allo stesso valore numerico della media aritmetica possono infatti corrispondere situazioni molto diverse tra loro. Il famoso esempio dei “polli di Trilussa” è estremamente chiarificatore a riguardo.

È quindi necessario considerare, oltre alla media, qualche indicatore di variabilità al fine di individuare il livello di dispersione dei dati intorno alla media e di identificare quindi situazioni di eterogeneità o di omogeneità. La più diffusa misura di variabilità è costituita dalla deviazione standard (SD).

Per ottenere la SD si calcolano le differenze tra i singoli valori e la media aritmetica semplice di questi valori. Poi si alzano al quadrato le differenze ricavate, e si calcola la somma di questi quadrati. Infine, si divide questa somma per il numero di valori, e si mette sotto radice quadrata il risultato.

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A questo punto, rimane un problema: la deviazione standard calcolata rappresenta una variabilità forte o debole? Possiamo solo dire che c'è variabilità, perché in caso contrario SD sarebbe pari a zero (tutti i valori sarebbero uguali tra loro). Per rispondere correttamente alla domanda precedente, occorre conoscere la massima SD possibile, e calcolare quanto è grande la SD che abbiamo trovato, rispetto al suo massimo possibile.

Per calcolare il massimo valore che SD può assumere si calcola il campo di variazione teorico (ovvero la differenza tra il valore massimo possibile e il valore minimo possibile), e si divide per due: questo è il valore della massima deviazione standard possibile.

Dopo avere individuato la massima deviazione standard teoricamente possibile, è sufficiente rapportare la deviazione standard effettivamente ottenuta al valore massimo che essa può assumere.

L’interpretazione dei dati

Ultimo passo dell’analisi è quello di interpretazione dei dati. Questa fase è particolarmente importante perché è su questa base che verranno definiti gli obiettivi e prese le decisione per attuare futuri interventi di miglioramento. È quindi una fase molto delicata che deve essere svolta con attenzione da parte di persone competenti, e che culmina generalmente nella redazione di un report che viene presentato ai livelli più alti dell’organizzazione.

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BIBLIOGRAFIA

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Sito Internet www.cantieripa.it

Riferimenti

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