• Non ci sono risultati.

Il Mondo Percettivo del Cavallo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il Mondo Percettivo del Cavallo"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

IL MONDO PERCETTIVO DEL CAVALLLO

I cinque sensi

L’etologia è la scienza che studia il comportamento di un animale nel suo ambiente naturale. Questa scienza tratta anche lo studio delle reazioni degli animali ai vari stimoli e questo presuppone la conoscenza del loro mondo percettivo.

Con una buona osservazione, intuito e buona conoscenza del comportamento equino, possiamo ipotizzare come ragiona la mente del cavallo, in particolare nel rapporto con l’uomo.

Nel valutare il rapporto uomo-cavallo, dobbiamo considerare le diverse modalità di percezioni sensoriali di questo animale, che di seguito vengono analizzate.

1) Visione. Il cavallo ha i globi oculari in posizione laterale ed ogni occhio ha un campo visivo fino a 215 gradi in un piano parallelo all’angolo dell’occhio, ma, in genere, questo valore è circa 190-195 gradi. La sovrapposizione del campo visivo fra i due occhi forma il “campo binoculare”, l’unica area in cui il cavallo ha una corretta visione tridimensionale (stereoscopica) ed è in grado di giudicare le distanze correttamente. Questo cono visivo si trova davanti al muso del cavallo, ha un’ampiezza di circa 70 gradi, ed è il motivo per cui il cavallo non viene ritenuto molto abile nel valutare le distanze. La posizione laterale degli occhi determina la presenza di due “zone cieche”: una è posta direttamente dietro alla testa del cavallo ed ha un arco di circa 5 gradi, l’altra è direttamente davanti al naso ed è per lo più su un piano verticale. La comparsa improvvisa di oggetti o persone in queste aree cieche può essere, quindi, causa di spavento.

Per quanto riguarda la visione dei colori, diversi studi sono in contrasto tra loro, ma la teoria più accettabile è che i cavalli posseggano un certo grado di visione cromatica, basata essenzialmente su due tipi di coni (sarebbero praticamente assenti i coni che rispondono al verde).

Il cavallo, rispetto all’uomo, utilizza in modo migliore la luce disponibile ed è in grado di vedere meglio in condizioni di oscurità, pur non distinguendo dettagliatamente i dettagli perché, per una preda, è più importante percepire un pericolo, piuttosto che

(2)

identificarlo accuratamente. Di conseguenza, il cavallo è maggiormente sensibile alla luce brillante, da cui può essere disturbato e questo in parte spiega perché esso abbia spesso difficoltà nel passare da una zona scura ad una più luminosa.

I cavalli sono molto sensibili al riconoscimento degli oggetti che si muovono alla periferia del loro campo visivo, caratteristica importante per avvertire la presenza di predatori e, quindi, per la sopravvivenza. Movimenti rapidi o accentuati possono allarmare i cavalli e provocare paura, altri tipi di movimento possono essere, invece, utilizzati per stimolare il cavallo a rivolgere l’attenzione all’addestratore.

Concludendo, Il mondo visivo del cavallo è molto diverso dal nostro e quindi bisogna evitare di identificare la nostra percezione visiva a quella del cavallo, ma capire la sua sensibilità per poter instaurare un corretto rapporto con esso (Mills & Nankervis, 2001).

2) Udito. La necessità di avvertire la presenza dei predatori ha determinato l’elevato grado di sviluppo della percezione uditiva del cavallo. La capacità di muovere le orecchie indipendentemente l’una dall’altra favorisce la captazione dei suoni e gli consente di indirizzarle verso la fonte sonora. Il cavallo è in grado di riconoscere differenze di un solo decibel di volume nel range tra 69 e 70 dB (Popov, 1984) e può proteggersi dai rumori troppo intensi piegando le orecchie all’indietro e chiudendo in questo modo il canale auricolare. Per quanto riguarda la frequenza, il range di riconoscimento dei suoni nell’uomo va dai 20 Hz ai 20 kHz, mentre il cavallo è in gra-do di udire vibrazioni sonore da 60 Hz a 33,5 kHz (Heffner e Heffner, 1985), è quindi in grado di udire molti suoni al di sopra della frequenza massima udibile dall’uomo (ultrasuoni), ma non è capace di sentire le tonalità più basse che invece l’uomo riesce a percepire. La sensibilità agli ultrasuoni sembra facilitare la localizzazione delle fonti dei rumori. La maggiore sensibilità del cavallo al suono è intorno ai 2 kHz, ma richiede suoni più ampi rispetto all’uomo anche a questa frequenza, quindi non può udirne alcuni soffocati, che l’orecchio umano può invece percepire. Il range ottimale, che va dai 2 kHz ai 5 kHz, comprende la tonalità dei più frequenti nitriti e degli altri suoni emessi dagli equini, oltre alla maggior parte delle vocalizzazioni umane (Mills & Nankervis, 2001). Il cavallo è in grado di associare certi stimoli uditivi alle loro

(3)

conseguenze, come avviene con certi segnali vocali, può associare esperienze positive o negative a specifici suoni e comportarsi di conseguenza, anche il suo stato emotivo può risultare influenzato (esempio del rumore dell’ippodromo). La voce dell’uomo può essere molto utile per calmarlo, ma il tono di voce deve corrispondere al vero stato d’animo, che viene comunque percepito dall’animale.

3) Tatto. La pelle è un organo di senso ben sviluppato, anche se non è un organo dotato di grande sensibilità per l’apprezzamento delle caratteristiche dell’ambiente. La sensibilità cutanea varia nelle diverse aree, a seconda di quanto la pelliccia è folta, dello spessore della cute e dal numero di recettori per unità di superficie. Il livello di sensibilità cutanea può essere misurato dal grado di innervazione dei follicoli piliferi nell’area. Sono ben innervati il collo, il garrese, le spalle, la corona, la parte posteriore del pastorale e la parte bassa del fianco (Mills & Nankervis, 2001).

Alcuni cavalli amano essere accarezzati, mentre altri non tollerano farsi toccare alcune parti del corpo (orecchie, addome, ecc.). Il tatto è il mezzo principale con cui l’uomo comunica col cavallo; sia in sella, che da terra, infatti, l’assuefazione a stimoli tattili abitua l’animale a crearsi soglie sensoriali e sviluppare condizionamenti operanti. Il grooming è uno dei più potenti rinforzi positivi, poiché la stimolazione tattile ritmica del corpo provoca rilassamento e piacere. È un mezzo con cui l’addestratore può comunicare al cavallo che gradisce la sua compagnia e può essere un metodo per guadagnarsi la fiducia ed il controllo dell’animale. In natura il mutual grooming esprime una sorta di cameratismo e favorisce l’instaurarsi di legami. Nel fare grooming al cavallo, deve essere posta attenzione a quali sono le sue parti sensibili per evitare di irritarlo, cosa che viene manifestata con lo schiacciamento delle orecchie all’indietro, il movimento dei muscoli pellicciai, l’agitazione della coda, la minaccia di calciare. Alcuni cavalli hanno la pelle molto sensibile, ma con spazzole molto soffici e una manualità delicata può essere procurato loro piacere. Se il cavallo tenta di mordicchiare, è un segno di mutual grooming, per cui non deve essere rimproverato, ma questo suo comportamento deve essere interrotto senza punirlo. Il grooming può iniziare dalla spalla, la posizione più sicura per non essere colpiti dal cavallo, continuare su entrambi i lati e poi pian piano proseguire su tutto il corpo, è importante

(4)

anche parlare o canticchiare, perché qualsiasi cosa che rilassa la persona, viene percepita allo stesso modo anche dal cavallo.

Il grooming può rafforzare il legame con l’uomo e migliorare la salute dell’animale. I cavalli in genere fanno grooming grattandosi il collo o il garrese e questa operazione ha effetti sulla fisiologia dell’organismo, sull’immunità, sulla produzione di β-endorfine e sulla frequenza cardiaca. L’imitazione manuale del grooming sul garrese riduce significativamente la frequenza cardiaca del soggetto. I cavalli, accarezzati in questo modo, possono associare uno stimolo inizialmente neutro o negativo a qualcosa di piacevole e quindi positivo. Il maggior effetto rilassante viene ottenuto “grattando” il garrese, quindi questo fatto può essere tenuto in considerazione quando vogliamo premiare il cavallo, sia nella doma etologica, che in quella tradizionale.

I cavalli si grattano, si leccano o si sfregano, ma non si danno le pacche, quindi, questo gesto, che l’uomo frequentemente elargisce con l’intenzione di premiare il cavallo, può forse diventare un premio tramite un processo di condizionamento classico, ma non fa parte del grooming tra cavalli (Feh & de Mazières, 1993).

4) Olfatto. L’olfatto è fortemente sviluppato nel cavallo. La forma allungata della testa consente di sviluppare un’abbondante superficie di mucosa olfattiva, che si trova prevalentemente a livello dei cornetti etmoidali. Le cellule recettoriali sono neuroni bipolari modificati con sottili proiezioni simili a capelli, dette ciglia, disposte sulla superficie della mucosa, che contengono i recettori che legano singole molecole alla superficie, moltiplicando, in questo modo, la sensibilità della superficie stessa. Le informazioni captate da queste cellule sono inviate in parte alla corteccia cerebrale dove vengono elaborate in sensazioni, mentre una parte dell’informazione arriva invece al sistema limbico, che è più direttamente associato al comportamento emozionale. I recettori sono cellule nervose ad adattamento relativamente rapido, poiché sembra più importante il riconoscimento della presenza di nuove sostanze chimiche, rispetto al semplice rilievo in continuo della qualità dell’aria ambientale. Mentre l’annusare aumenta la quantità di aria e quindi di sostanze che vengono a contatto con la mucosa olfattoria, lo sbruffare pulisce l’area sensoriale rendendola più sensibile per le successive inspirazioni. L’olfatto è strettamente legato al gusto e

(5)

perciò alla scelta del cibo, ma influenza anche il comportamento sociale: tramite l’olfatto lo stallone riconosce la femmina, la madre il proprio puledro e viceversa e gli individui dello stesso branco si riconoscono tra loro. In questi rapporti sono coinvolti anche gli altri sensi, ma l’olfatto sembra avere il ruolo maggiore. L’acutezza olfattiva del cavallo è aumentata dallo sviluppo dell’organo vomero-nasale che costituisce, con le sue afferenze nervose, il “sistema olfattivo accessorio”. Quest’organo cartilagineo presenta due recessi a fondo cieco riccamente vascolarizzati, ed è ricco di epitelio mucoso. Ha una lunghezza di circa 12 cm, ed i due recessi si trovano sui due lati del setto nasale all’interno del palato duro e nei pressi della parte anteriore della cavità nasale. La struttura è innervata da fibre del nervo olfattorio, che vanno direttamente al sistema limbico, senza sinapsi intermedie, e, attraverso questa via, vengono evocate risposte comportamentali dirette e immediate alla presenza nell’aria di determinate sostanze. La presenza di sostanze chimiche potenzialmente eccitanti verrebbe dapprima riconosciuta dall’epitelio olfattorio principale e questo spingerebbe il cavallo a manifestare un tipico atteggiamento, il “flehemen” o “labbro arricciato”, che ha la funzione di concentrare le sostanze chimiche attivando contemporaneamente l’organo di Jacobson e di intrappolarle all’interno delle narici. Il flehmen è tipico dello stallone maturo, ma si può vedere anche in adulti e giovani di ambo i sessi. Tramite l’organo vomero-nasale, il cavallo riesce a riconoscere sostanze chimiche associabili alla paura o ad un pericolo, quindi è in grado di percepire, dall’odore emesso dall’uomo, se questo è spaventato, arrabbiato o tranquillo e altri suoi vari stati d’animo (Mills & Nankervis, 2001).

5) Gusto. II gusto è un senso importantissimo negli animali e può modificare il loro comportamento in molti modi. Tramite il gusto gli animali distinguono i vari alimenti, sono in grado di percepire la presenza di alcune sostanze nel cibo, come il sodio, in modo da poter scegliere quello che maggiormente soddisfa i loro fabbisogni nutrizionali. Il gusto regola anche la quantità di alimento assunto, vale a dire tanto più è gradito all’animale, tanto più né ingerirà. I recettori gustativi sono raggruppati in strutture dette bottoni gustativi, costituiti da sottili pori, da cui protrudono dei microvilli. Quando le sostanze chimiche disciolte nella saliva si legano ai microvilli, si

(6)

creano dei potenziali d’azione all’interno delle cellule gustative. I bottoni gustativi sono localizzati soprattutto sulla lingua, ma anche sulla parte anteriore del palato molle e sulla superficie orale dell’epiglottide. I bottoni sono organizzati in strutture più grandi, visibili ad occhio nudo, dette papille gustative. Le ghiandole, che si trovano in mezzo e sopra alle papille, secernono fluidi che lavano la regione, compresi i microvilli dei bottoni. Nell’uomo ci sono quattro tipi fondamentali dì sapori: l’acido, l’amaro, il salato ed il dolce. È probabile che i cavalli percepiscano gli stessi sapori, anche se esistono certamente alcune differenze, poiché il cavallo ingerisce, ad esempio, sostanze che per l’uomo invece sono troppo amare. Esiste una grande differenza individuale nel senso del gusto, sia per la sensibilità che per le preferenze, e molti altri fattori possono contribuire a determinare la scelta individuale degli ali-menti. Tra questi sono da ricordare lo stato nutrizionale, il bilancio elettrolitico, la preferenza personale, le precedenti esperienze e la novità (Mills & Nankervis, 2001). Altre percezioni sensoriali

Oltre a quelle già viste, dobbiamo tenere in considerazione altri tipi di percezioni sensoriali.

Il dolore viene definito come un sistema sensoriale nocicettivo non discriminante, la cui stimolazione induce l’organismo a far qualcosa che eviti o ponga fine alla possibilità di un danno fisico. L’intensità della risposta emozionale alla percezione del dolore sembra dipendere in gran parte dai trasmettitori neurochimici circolanti. Per far fronte al dolore è cruciale l’aumento del rilascio delle endorfine (che diminuiscono la percezione del dolore) e la riduzione dell’attivazione del sistema nervoso simpatico. I gesti rilassanti e familiari riducono l’ansia, consentono di guadagnare la fiducia del cavallo e sembrano ridurre la sua percezione del dolore (Van Niekerk, 2002).

Per capire la differenza nella percezione ambientale tra uomo e cavallo, dobbiamo considerare anche altri aspetti:

- Istinto e comportamento istintivo. Quando un cavallo assume un atteggiamento indesiderato viene talvolta giustificato affermando che si comporta in modo istintivo. L’istinto è un comportamento innato, programmato nei geni, fissato nei dettagli e

(7)

quindi non modificabile. Per questo motivo un determinato stimolo evoca delle specifiche risposte, in modo automatico, fondamentalmente senza l’intervento della memoria, di processi di apprendimento o di altri processi mentali. Trattandosi però di animali “superiori”, solo una minima parte del repertorio comportamentale del cavallo può essere considerata puramente “istintiva”. I cavalli sono spesso giudicati imprevedibili ed il loro comportamento varia individualmente, di fronte anche alla stessa situazione. Sono soggetti senzienti ai quali, sempre più, si tende ad attribuire emozioni che possono condizionare il loro atteggiamento anche in funzione delle loro esperienze pregresse. L’istinto veniva definito come: ”un impulso naturale da cui procedono atti che gli animali compiono senza avere la coscienza del fine a cui gli atti stessi sono dalla natura ordinati”. Considerando alla lettera questa definizione ne conseguirebbe che i comportamenti degli animali selvaggi sarebbero istintivi, mentre quelli degli animali ammaestrati sarebbero coscienti. Secondo Tesio (1984), uno dei più grandi allenatori di purosangue del ventesimo secolo, “l’istinto non esiste ed è soltanto un qualcosa a cui vengono attribuite azioni che non si sanno spiegare. I comportamenti istintivi nascono dalla necessità d’appagamento di un desiderio, dall’ubbidienza fatale ad un centro meccanico d’equilibrio, dall’attenzione radiale del sesto senso”.

Lo sviluppo del comportamento è il risultato della continua interazione dei fattori genetici ed ambientali, sia nel caso di un comportamento normale che alterato. Il codice genetico viene fissato al concepimento, non può essere modificato e determinati comportamenti si svilupperanno anche se l’ambiente esterno non fornirà i giusti input, ma la natura e la condizioni di allevamento sono inscindibili. I comportamenti istintivi come correre, succhiare, nitrire, sono quasi perfetti fin dalla loro prima manifestazione, ma vengono migliorati con l’apprendimento e l’associazione tra il comportamento e la conseguenza che ne deriva. I comportamenti appresi, invece, necessitano di un tempo maggiore per svilupparsi e risentono molto dell’influenza ambientale. La differenza tra un comportamento istintivo ed uno appreso sembra essere determinata dall’entità dell’apprendimento necessaria e, poiché alcuni comportamenti riescono più facilmente agli animali in natura, rispetto a quelli

(8)

vissuti in un ambiente ristretto, le definizioni di comportamento istintivo ed appreso sono piuttosto relative. I modelli comportamentali istintivi si manifestano in quelle situazioni in cui la risposta richiesta è vitale per la sopravvivenza immediata, in questi casi la flessibilità di comportamento non è prioritaria. Il vantaggio dell’apprendimento è che aumenta la flessibilità di un animale e le sue capacità di adattamento durante la vita (Mills & Nankervis, 2001).

- Comunicazione non verbale. La comunicazione è il passaggio di segnali da un individuo (mittente) ad un altro (ricevente), tramite un mezzo di trasferimento (canale). All’interno della stessa specie esiste un tipo di comunicazione ben sviluppato, tuttavia la comprensione avviene anche tra specie diverse. Un esempio è dato dal riconoscimento dei segnali di allarme e di paura, che il cavallo (preda) è in grado di riconoscere nell’uomo (predatore) tramite l’olfatto e la vista (Mills & Nankervis, 2001).

Differenze sensoriali tra l’uomo ed il cavallo implicano un diverso modo di percepire il mondo. La mente umana è considerata superiore a quella degli animali grazie al linguaggio parlato, che però ha ridotto la capacità di osservazione e di comunicazione con il corpo, linguaggio su cui si basa invece la comunicazione di molte specie, compresa quella equina. Quindi per comunicare con il cavallo l’uomo deve imparare il suo linguaggio.

- Necessità sociali. Il cavallo, come l’uomo, è un animale sociale. Potendo scegliere, vivrebbe in branco con conspecifici. I puledri seguono le madri ovunque e, allo stato selvatico, si separano molto più raramente di quanto fanno gli umani con i loro bambini (Kiley, 1987). In ogni branco è evidente l’attaccamento agli individui familiari ed il loro iniziale sospetto verso i soggetti sconosciuti. In conseguenza alla vita di gruppo, il cavallo ha la tendenza istintiva ad apprendere dai conspecifici, i più giovani imparano osservando i più anziani, riducendo, in questo modo, la possibilità di compiere errori. Ogni soggetto riconosce gli altri individualmente, ciò gli consente di conoscere lo stato sociale ed interagire in modo appropriato con gli altri soggetti del branco. Isolare un cavallo significa impedirgli di diventare un soggetto sociale, di

(9)

sviluppare le proprie capacità cognitive e, di conseguenza, questo può provocare uno stato di malessere che può sfociare in stress.

- Necessità emotive. Per imparare qualcosa o acquisire informazioni, il cavallo, come l’uomo, deve essere motivato e, qualunque sia la motivazione, deve essere un qualcosa d’emozionante. Sia nell’uomo che nel cavallo la vita emotiva è il fulcro della vita. Le emozioni che provano i cavalli vengono evidenziate da risposte fisiologiche e comportamentali come la gioia, il divertimento, la paura, la rabbia, l’affetto, la felicità, la frustrazione, l’irritazione, la tristezza, lo stress, ecc. Anche se questi sentimenti non sono probabilmente del tutto uguali ai nostri, sono comunque simili. Se vogliamo far vivere ai nostri animali una vita che rispetti le loro necessità fisiche e psichiche dobbiamo permettere loro di provare queste emozioni, per cui essi hanno bisogno di esperienze sia positive che negative. Tenere gli animali in un ambiente superprotetto dove non hanno la possibilità di scegliere e prendere decisioni e sperimentare diverse emozioni è sicuramente negativo. Un soggetto che vive in queste condizioni si spaventerà ad ogni minimo cambiamento e sarà predisposto a manifestare anomalie comportamentali.

- Necessità cognitive. Il cavallo ha la capacità di imparare molte cose e risolvere problemi, di fissare azioni routinarie, di fare associazioni, ed in questo modo può adattarsi a varie situazioni. Se non ha l’opportunità di esercitare queste abilità mentali e intellettuali, il cavallo ne può soffrire e questo si ripercuoterà sulla sua qualità di vita e sul suo rendimento.

Negli ultimi venti anni il metodo di doma del cavallo si è sempre più modellato nel rispetto delle sue esigenze e tenendo in considerazione tutti gli aspetti analizzati per rendere il più piacevole possibile il suo rapporto con l’uomo (Kiley-Worthington, 2005).

Riferimenti

Documenti correlati

Risultati preliminari delle indagini condotte presso il Centro Medico Veterinario dell’Esercito Italiano di Grosseto e l’Ospedale Veterinario Universitario Didattico di

Il Consiglio Scientifico del master determina il titolo di studio previsto per l’accesso degli uditori che in ogni caso non può essere inferiore al diploma di scuola media

di Peppe Dell’Acqua Chiedere la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, dire no ai mini O pg e rilanciare l’apertura di centri di salute mentale h24: sono le ragioni

Coinvolgere il mondo della scuola per accrescerne la conoscenza sul Regolamento REACH e sensibilizzarlo alla tutela della salute e dell’ambiente nell’uso delle sostanze

Gruppo Sperimentale (GS): studenti coinvolti nella campagna informativa condotta da esperti ISPRA (lezione di circa 90 minuti, avente come tema i rischi derivanti dall’uso di

Ricercatrice presso il settore di Clinica Medica (grossi animali) del Dipartimento di Scienze Veterinarie di Torino.

 PHP Ib: PHP Ib: non segni di AHO, resistenza al PTH e in alcuni casi ad altri ormoni non segni di AHO, resistenza al PTH e in alcuni casi ad altri ormoni normale espressione

SUL CAPPELLO DELLA FATA CI SONO QUATTRO STELLINE SUL MUSO DEL CAVALLO C’È UN UCCELLINO. TUTTE LE FINESTRE