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Academic year: 2021

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L’architettura del sistema di controllo Motronic ME7

2.1. Introduzione

I componenti di questo sistema si distinguono tra:

• gli attuatori, in grado di intervenire nella gestione del motore; • i sensori, destinati al monitoraggio delle condizioni operative;

• l’unità di controllo (ECU), che elabora i segnali di ingresso e permette di adattare la coppia erogata dal motore alla coppia richiesta mediante opportune strategie di controllo.

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Le principali informazioni che arrivano all’unità di controllo sono quelle provenienti: • dai sensori posti sul pedale dell’acceleratore;

• dai sensori di velocità del motore e del veicolo;

• dal misuratore di portata d’aria che viene aspirata dai cilindri; • dai sensori che rilevano le temperature sia del motore che dell’aria.

Fig. 2.2: schema dei collegamenti I/O di una ECU

Le variabili manipolabili dall’unità di controllo, che condizionano la coppia erogata da un motore a combustione interna, sono:

• la quantità di aria aspirata dai cilindri, che è funzione dell’apertura della valvola a farfalla;

• la portata di combustibile iniettata, calcolata come tempo di apertura degli iniettori;

• l’angolo di accensione, che, incidendo sulla qualità della combustione, influenza l’efficienza di conversione della potenza attraverso il rendimento indicato . ηi

La coppia erogata Teff è infatti esprimibile attraverso la relazione:

1 1 4 eff i m i r a T η η H C ρ π α = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ V a (2.1) dove è pari alla massa di aria aspirata che partecipa alla combustione (data dal

prodotto del coefficiente di riempimento , della cilindrata totale V e della densità dell’aria aspirata corrispondente a determinate condizioni di riferimento ), è il potere calorifico inferiore del combustibile ed α è il rapporto aria-combustibile con cui il motore è alimentato.

r C V ρ⋅ ⋅ ma r C a ρ Hi

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Il rendimento indicato è definito come: ηi p i L L Q − = η (2.2)

dove è il lavoro indicato , con lavoro corrispondente all’area positiva del ciclo di lavoro (area ad alta pressione percorsa in senso orario, CDEF in Fig. 2.3) e lavoro di pompaggio speso durante le fasi di ricambio dei gas (area a bassa pressione percorsa in senso antiorario, FBG1C in Fig. 2.3), mentre è il calore introdotto dal combustibile.

p

L LLi L

p

L

Q

Fig. 2.3: ciclo indicato di un motore quattro tempi aspirato

Il rendimento meccanico ηm è definito come:

i a m i L L L − = η t (2.3)

dove è il lavoro di attrito, che comprende attriti tra gli accoppiamenti cinematici ed azionamento degli ausiliari.

at

L

2.2. Il sistema di controllo Torque based

Oltre alla gestione del motore, in un veicolo trovano posto numerose altre funzioni che possono essere svolte sia dalla ECU che da altre unità di controllo, ad esempio il controllo della trasmissione, quello della trazione o sistemi come il cruise control. L’adozione di questi sottosistemi si è resa necessaria per venire incontro alle richieste di una migliore guidabilità del veicolo, non solo dal punto di vista delle prestazioni, ma anche di comfort e sicurezza.

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Nel sistema Torque based, l’intervento di ciascun sottosistema può essere accomunato all’azione svolta dal guidatore sul pedale dell’acceleratore, ossia ad una richiesta di coppia finalizzata a modificare quella che è appena stata erogata dal motore.

Nei precedenti sistemi di controllo, tutte queste unità andavano ad influenzare direttamente le variabili da cui dipende la coppia erogata. Era pertanto difficoltoso realizzare strategie per il calcolo dei valori di queste variabili che consentissero un coordinamento tra tutti i sottosistemi ed inoltre il sistema di controllo presentava una notevole complessità.

La principale novità introdotta dal sistema Torque based rispetto alle precedenti consiste nell’impiego di un controllore (costituito dalla stessa centralina motore), che si pone come interfaccia tra i sottosistemi e gli attuatori ed elabora le richieste di coppia, introducendo sia un coordinamento che un ordine di priorità tra essi.

Attraverso questa elaborazione, la ECU stabilisce un valore di coppia obiettivo e modifica le variabili manipolabili per realizzare questa coppia.

La figura 2.4 mostra l’algoritmo di controllo del sistema Torque based. Esso considera, in primo luogo, tutte le richieste di coppia e di efficienza avanzate da ciascun sottosistema, che possono essere fornite, ad esempio, da:

• la richiesta di prestazione derivante dall’azione del guidatore sul pedale dell’acceleratore; • una particolare condizione di funzionamento, come l’avviamento o la marcia al minimo; • l’abilitazione della “protezione dei componenti” per preservarne l’integrità fisica; • la richiesta del sistema di controllo della stabilità;

• la riduzione dei tempi di attivazione dei catalizzatori.

Fig. 2.4: algoritmo di controllo del sistema Torque based

Note queste grandezze, è necessario controllare il motore in modo da soddisfare la richiesta di coppia formulata dal sistema di coordinamento e per far ciò occorre assegnare dei valori obiettivo a ciascuna variabile di controllo. Questi valori devono essere stabiliti a priori in fase di

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calibrazione della centralina, in relazione alle funzioni obiettivo da raggiungere (riduzione dei consumi e delle emissioni oppure aumento delle prestazioni).

La coppia effettivamente erogata dal motore è calcolata a partire dai valori misurati della massa di fluido aspirata, del rapporto aria-combustibile e dell’angolo d’accensione, sottraendo alla coppia prodotta dalla combustione le perdite legate al processo di ricambio della carica (lavoro di pompaggio) ed agli attriti. A tale differenza va successivamente sottratta la quota destinata agli ausiliari per ottenere la coppia in ingresso alla frizione che, a meno delle perdite legate alla trasmissione e al cambio, fornisce la coppia alle ruote.

Fig. 2.5: schema di calcolo della coppia erogata

Tutta l’architettura del sistema di controllo ed i suoi algoritmi di base presentano una struttura basata sulle leggi fisiche che regolano i diversi processi che intervengono durante l’erogazione di coppia. Per la complessità di alcuni fenomeni che avvengono in camera di combustione e a causa della limitata capacità di calcolo dei sistemi di controllo, non è possibile costruire un modello del sistema di controllo completamente fisico, ma è necessario disporre di un discreto numero di correlazioni empiriche.

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2.3. I sensori

Il ruolo dei sensori è principalmente comunicare alla centralina le condizioni di funzionamento, permettendo di definire i segnali per gli attuatori e di introdurre correzioni.

I sensori presenti sul motore rilevano: • la quantità di aria aspirata;

• la velocità e la posizione angolare dell’albero motore; • la posizione angolare dell’albero a camme;

• il valore del rapporto aria-combustibile; • la presenza di detonazione.

2.3.1. Sensore di portata aria

L’anemometro a film caldo (HFM, hot film air mass meter) è uno strumento in grado di misurare la portata massica dell’aria che passa nel condotto d’aspirazione. Questo sensore è costituito da una sottile lamina di platino riscaldata elettricamente ed investita dal flusso d’aria che tenderebbe a raffreddarla. Un circuito controlla, in retroazione, la temperatura della lamina mantenendola ad un valore costante e la corrente che serve per fare ciò costituisce una misura della portata di aria che attraversa il sensore. Questo segnale è poi convertito in un segnale di tensione diretto alla centralina.

Fig. 2.6: anemometro a film caldo

Il misuratore di portata è capace di valutare la direzione del flusso sfruttando la presenza di due sensori di temperatura presenti sulla lamina, i quali forniscono anche il valore della temperatura dell’aria aspirata.

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2.3.2. Sensori di giri e fase

La velocità di rotazione dell’albero motore è un parametro fondamentale per determinare le condizioni operative. Oltre ad essa, è necessario conoscere anche la posizione angolare dell’albero motore, dalla quale si può risalire alla posizione di ciascun pistone per poter stabilire la sequenza degli istanti di accensione della miscela.

Per la misura, si usa un sensore induttivo dotato di un avvolgimento e di un magnete permanente. Il sensore è affacciato ad una ruota direttamente calettata sull’albero motore, costruita per ospitare 60 denti equispaziati di 6° e realizzata in materiale ferromagnetico. Sulla ruota mancano due denti per avere un riferimento per la misura della posizione angolare e permettere la sincronizzazione con l’albero a camme.

Il passaggio della ruota vicino al sensore comporta, alternativamente, un aumento del campo magnetico quando la distanza tra i due è minima, cioè un dente è affacciato al sensore, ed una diminuzione quando vi è affacciato un gap. La variazione del campo magnetico genera una tensione alternata sull’avvolgimento, con una frequenza proporzionale alla velocità di rotazione.

Fig. 2.7: schema del sensore di giri e componente reale

Fig. 2.8: segnale generato dal sensore di giri

La posizione angolare dell’albero a camme è necessaria per stabilire la fase in cui si trova il motore. A tale scopo, sono impiegati un sensore ad effetto Hall ed una ruota in materiale ferromagnetico solidale all’albero a camme. Questa ruota possiede quattro denti, uguali due a due, per mezzo dei quali può essere determinata la fase.

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Fig. 2.9: schema del sensore di fase

Fig. 2.10: segnale generato dal sensore di fase

2.3.3. Sonda lambda

La misura del valore reale del rapporto aria-combustibile è affidata alla sonda lambda, che è in grado di rilevare la quantità di ossigeno presente nei gas di scarico. Essa non misura direttamente il rapporto di miscela α, ma l’indice di eccesso aria λ:

= a Φ st c s m α λ m ⋅ =α   t (2.4)

dove ma è la portata di aria aspirata dal motore, mc quella di combustibile iniettata, mentre Φst è il rapporto combustibile/aria stechiometrico e α è il reciproco di Φst st.

In uscita dal sensore si ha un segnale in tensione che, in corrispondenza di λ=1, assume una forma molto simile ad un gradino, passando da un valore prossimo a 50 mV nel caso di miscela magra (λ>1), a circa 900 mV quando si entra nel campo di miscela ricca (λ<1). Queste sonde sono capaci di fornire solo una indicazione qualitativa del rapporto di miscela, ma non quantitativa.

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L'elemento principale della sonda lambda è una cella ad elettrolita solido, composta da ossido di zirconio. Essa separa due elettrodi di platino, esposti a due miscele di gas, l’aria dell’ambiente e i gas di scarico, in cui l’ossigeno è presente in diverse concentrazioni. Nel momento in cui la miscela comincia ad arricchirsi, l’ossigeno è praticamente assente nei gas di scarico e si crea una migrazione di cariche negative (O--) dall’elettrodo esposto all’ossigeno atmosferico verso l’altro, che porta alla nascita di una differenza di tensione tra i due elettrodi. Quando invece il rapporto di miscela tende ad avvicinarsi a quello stechiometrico, la concentrazione di O2 nei gas di scarico aumenta di diversi ordini di grandezza, sufficienti per ridurre la migrazione di cariche negative e quindi la differenza di tensione tra gli elettrodi.

Questo appena descritto è il funzionamento delle sonde di tipo “on-off”. Altri sensori sono capaci di restituire, per un range di λ compreso tra 0,7 e 4, un segnale elettrico proporzionale al valore di λ, riuscendo, a differenza delle precedenti, a quantificare l’indice di eccesso aria. Per questo motivo sono definite “sonde lineari”.

La sonda lineare è costituita da una elettronica di controllo in anello chiuso e da due sonde on-off, una delle quali effettua la misura (cella di pompaggio), mentre l’altra (cella di Nerst) genera, in base alla percentuale di ossigeno presente nei gas di scarico, una tensione che causa la nascita di una corrente nella cella di pompaggio. Nella cella di misura, l’indice di eccesso aria è mantenuto costantemente al valore stechiometrico grazie a questa corrente che, in presenza di O2 nei gas di scarico, ne consente la rimozione. La figura 2.13 illustra la corrispondenza tra la corrente e λ.

Fig. 2.12: schema della sonda lambda lineare

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Per le sonde lineari, è di fondamentale importanza la temperatura del corpo ceramico, che influenza la conducibilità per gli ioni di ossigeno e quindi il segnale ottenuto. Il valore ottimale di questa temperatura è circa 600°C, raggiunto grazie all’impiego di un elemento elettrico riscaldante.

2.3.4. Sensori di detonazione

La detonazione consiste in un andamento anomalo del processo di combustione e rappresenta una degenerazione di una combustione cominciata regolarmente. Essa si manifesta come una sorta di esplosione che genera onde di pressione nella camera di combustione, le quali si propagano alla velocità del suono, causando forti sollecitazioni di carattere sia termico che meccanico che interessano le pareti della camera e lo stantuffo. La causa di questo comportamento è legata alla autocombustione simultanea del cosiddetto end gas, ossia di quella parte della carica che viene raggiunta per ultima dal fronte di fiamma: può accadere che, in un certo punto della miscela, si sviluppi una temperatura tale da permetterne l’autoaccensione.

Le forti irregolarità nell’andamento della pressione del gas sono percepite dal sensore come una vibrazione ad alta frequenza. Se si verifica la detonazione, la centralina può ridurre l’anticipo di accensione, riducendo in questo modo le pressioni e le temperature in camera, fino a portarsi fuori dal campo di detonazione.

Nella figura 2.14 è riportato uno schema del sensore: nel caso di detonazione, essendo solidale al blocco motore, esso risente delle vibrazioni che si creano in prossimità della superficie, le quali provocano una sollecitazione di compressione sui cristalli piezoelettrici, generando un segnale di tensione diretto alla centralina.

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2.4. Gli attuatori

Il compito degli attuatori è gestire il motore in modo che esso eroghi la coppia richiesta. Perché questo accada la centralina influenza diversi processi:

• il ricambio della carica del cilindro; • l’iniezione di combustibile;

• l’accensione della miscela. 2.4.1. Il ricambio della carica

Nei sistemi tradizionali, un collegamento meccanico trasmette il movimento del pedale dell’acceleratore alla valvola a farfalla. In questo caso, la quantità di aria aspirata dal motore dipende esclusivamente dall’azione del pilota sul pedale ed il compito dell’unità di controllo si limita a misurare la portata di aria attraverso sensori e ad iniettare l’adeguata quantità di combustibile.

Oggi sono impiegati sistemi drive-by-wire dotati di valvola a farfalla motorizzata (ETC,

Electronic Throttle Control), nei quali la posizione del pedale è rilevata da un potenziometro e

convertita in un segnale elettrico che è inviato alla ECU. In questo modo si riesce ad eliminare il collegamento tra pedale e farfalla, affidando all’unità di controllo la gestione della quantità di aria aspirata.

Fig. 2.15: sistema drive-by-wire

Il segnale inviato dal sensore del pedale è elaborato dalla centralina e trasformato in un segnale diretto al motore elettrico che movimenta la farfalla, che provvederà a posizionarla in corrispondenza dell’angolo di apertura voluto. Una maggiore accuratezza nel posizionamento è garantita dalla retroazione: un sensore rileva l’effettiva posizione della farfalla e, in corrispondenza di essa, invia un segnale all’unità di controllo, la quale è in grado di valutare lo

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scostamento tra la posizione voluta e quella effettiva. In realtà, per motivi di sicurezza, la posizione sia della farfalla che del pedale è letta da due potenziometri indipendenti.

Il processo di ricambio della carica dei cilindri influenza i consumi, le emissioni inquinanti e le prestazioni del veicolo. L’aria presente nel cilindro dopo la chiusura delle valvole di aspirazione è direttamente proporzionale alla coppia che il motore è in grado di erogare (eq. 2.1). La massa di aria aspirata ma è legata al coefficiente di riempimento Cr dalla relazione:

a r

m =C V⋅ ⋅ρa (2.5)

I principali fattori che influenzano la quantità di carica aspirata sono:

• le perdite di carico incontrate dal fluido nel sistema di aspirazione, che causano una pressione dell’aria aspirata minore di quella dell’ambiente alla fine della corsa di aspirazione, cui corrisponde una minore densità della carica;

• la presenza dei gas residui che rimangono nel cilindro alla fine della corsa di scarico, i quali si oppongono all’ingresso della carica fresca finché la loro pressione (in genere superiore a quella dell’aria aspirata) non si riduce durante le prime fasi del moto discendente del pistone, ritardando così l’inizio dell’ammissione;

• il riscaldamento della carica fresca dovuto alle pareti del cilindro ed ai condotti di aspirazione, che provoca una riduzione della densità;

• i fenomeni dinamici che avvengono sia nei condotti di scarico che in quelli di ammissione, i quali producono onde di pressione che ostacolano il riempimento del cilindro al di fuori del campo in cui questi fenomeni sono ottimizzati.

Attraverso opportune ipotesi semplificative [1], è possibile ottenere una equazione che mostra l’influenza di alcuni parametri operativi e progettuali sul coefficiente di riempimento:

∆ 1 1 1 c c r r a a a p V T p C p V T p ρ⎞⎟ = ⋅ ⋅ −⎜ − ⋅ − ⎝ ⎠ (2.6)

dove p e sono la pressione nel cilindro ed il volume nel momento in cui si chiudono le c

valvole di aspirazione,

c

V

a

p e la pressione e la temperatura dell’aria nell’ambiente di

aspirazione, un fattore che tiene conto sia del riscaldamento della carica dovuto al contatto con le pareti del cilindro e del condotto di aspirazione sia del raffreddamento prodotto dall’evaporazione del combustibile,

a

T

T

r

p la pressione dei gas residui alla fine della corsa di

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Le oscillazioni di pressione nei condotti di aspirazione, dovute all’apertura ed alla chiusura delle valvole, influenzano la pressione p e per massimizzare il coefficiente di riempimento c

occorre:

• che le oscillazioni di pressione siano eccitate in risonanza, ossia che la frequenza di queste oscillazioni sia proporzionale alla frequenza di apertura della valvola;

• che tali oscillazioni creino una sovrapressione nel cilindro nell’istante in cui chiude la valvola, producendo una compressione del fluido che continua ad entrare nel cilindro per inerzia.

Il fenomeno di risonanza è limitato solo a certe velocità di rotazione, in corrispondenza delle quali è soddisfatta la condizione di proporzionalità tra le frequenze. Per ottenere i migliori risultati, è necessario inoltre che la valvola chiuda nell’istante ottimale, che sarà tanto più ritardato rispetto al PMI quanto più il regime di rotazione del motore è elevato. Adottando però ampi ritardi con una fasatura fissa, ai bassi regimi si avrebbe una eccessiva fuoriuscita di carica fresca dalla valvola di aspirazione durante la corsa di compressione.

Le onde di pressione nel sistema di scarico possono essere sfruttate per ridurre la pressione dei gas residui p ed il lavoro di pompaggio. Attraverso le riflessioni di queste onde nel r

condotto, è possibile ottenere una depressione in camera alla chiusura della valvola di scarico, che consente da un lato di estrarre i gas residui dallo spazio morto, dall’altro di richiamare carica fresca dal collettore di aspirazione durante la fase di incrocio. Anche in questo caso il ritardo di chiusura ottimale dipende dalla velocità di rotazione del motore.

La pressione p è tanto maggiore quanto minore è il ritardo di chiusura della valvola di r

scarico, poiché la piccola sezione offerta al passaggio dei gas quando la valvola si sta accostando alla sede li costringe ad assumere elevate velocità di efflusso. Sarebbero così penalizzati il lavoro di pompaggio e, soprattutto, il coefficiente di riempimento. Un elevato ritardo di chiusura darebbe però luogo ad un eccessivo angolo di incrocio: a basso carico, con una forte depressione nel collettore di aspirazione, ciò provocherebbe un eccessivo backflow dei gas residui verso

l’aspirazione causando irregolarità di funzionamento, mentre ad alti carichi potrebbe causare un eccessivo cortocircuito di carica fresca verso il condotto di scarico.

Un possibile metodo per migliorare il comportamento del motore ai diversi carichi e regimi di rotazione consiste nell’utilizzo di sistemi che consentano la variazione della fasatura delle valvole, in modo da ottimizzare l’angolo di incrocio in ogni condizione di funzionamento e gli effetti dinamici su un maggiore range di velocità di rotazione. Questi sistemi permettono di

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attuare una rotazione dell’albero a camme rispetto all’ingranaggio che lo comanda grazie ad un manicotto con dentatura elicoidale, che viene fatto scorrere assialmente da olio in pressione. Con sistemi di questo tipo non è possibile modificare né l’alzata delle valvole, né l’angolo che intercorre tra l’apertura e la chiusura della valvola. I variatori di fase sono detti VVT, Variable Valve Timing.

Fig. 2.16: sistema VVT Fig. 2.17: principio di funzionamento di un sistema VVT

2.4.2. L’iniezione

L’iniezione di combustibile si caratterizza soprattutto per la sua durata : infatti, se si mantiene costante la portata di combustibile, il tempo d’apertura dell’elettroiniettore è direttamente proporzionale alla quantità di combustibile iniettato. In prima approssimazione [2] è possibile dire che:

∆t ∆ 2 ∆ c ef c m t A ρ p = ⋅ ⋅ ⋅ (2.7)

dove mc è la massa di combustibile da iniettare, ρ la densità del combustibile, ∆p la differenza c

tra la pressione del combustibile a monte e quella dell’aria a valle ed Aef l’area efficace, mediata nel tempo, di efflusso dell’ugello dell’iniettore (detta anche permeabilità).

L’iniettore è costituito da uno spillo premuto contro la propria sede da una molla per evitare trafilamenti di combustibile, da un magnete solidale allo spillo e da un solenoide.

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Fig. 2.18: iniettore reale e disposizione dei componenti

Gli iniettori sono muniti di due pin, uno che è collegato in modo permanente alla tensione della batteria e l’altro che lo mette in comunicazione con la ECU. Quando il segnale da essa inviato consente un passaggio di corrente, il solenoide viene eccitato, provocando la spinta verso l’alto del magnete e quindi dello spillo. In questo modo il combustibile è libero di uscire. La centralina deve determinare l’intervallo di tempo d’eccitazione del solenoide per permettere l’alzata dello spillo e l’apertura dell’ugello: i valori d’apertura ottimi sono definiti all’interno delle mappe ottenute durante la calibrazione.

Il combustibile è iniettato nel condotto di aspirazione, generalmente quando la valvola è ancora chiusa: il punto in cui essa si chiude è utilizzato come riferimento per il calcolo dell’angolo di avvio dell’iniezione (variabile wee).

Fig. 2.19: variabili della ECU che determinano la fasatura di iniezione

ti=tempo iniezione wee=fasatura iniezione

Apertura valvola asp.

WESSOT PMS cil. 1

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2.4.3. L’accensione della miscela

La centralina fornisce l’angolo d’accensione ottimale. Con la calibrazione si assume un valore di base, che poi viene corretto a seconda della coppia da erogare e dell’efficienza della combustione.

Il segnale inviato dalla ECU è utilizzato per comandare un transistor che fa circolare una corrente nell’avvolgimento primario della bobina. Al momento dell’accensione, essa interrompe la circolazione di corrente sul primario e crea così una tensione sull’avvolgimento secondario: questa tensione, che è applicata anche alla candela, dà luogo allo scoccare della scintilla.

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2.5. Sistemi per il contenimento delle emissioni

2.5.1. Il catalizzatore

L’adozione del catalizzatore trivalente si è resa necessaria per diminuire le emissioni inquinanti. Questo componente è capace sia di ridurre gli NOx ad N2, che di ossidare HC e CO a CO2 ed H2O. Il suo impiego ha vincolato però il funzionamento dei motori ad accensione comandata alle condizioni di carica stechiometrica, poiché solo in tali condizioni esso riesce a massimizzare la sua efficienza di conversione.

Fig. 2.21: efficienza di conversione del catalizzatore

Il catalizzatore si presenta come un elemento cilindrico monolitico in materiale ceramico, avente forma di nido d’ape per garantire una superficie di contatto elevata e perdite fluidodinamiche ridotte. I canali di passaggio sono rivestiti di uno strato poroso di allumina, sul quale sono depositati metalli nobili come platino o palladio. Questi metalli fungono da catalizzatori delle reazioni chimiche, consentendone l’aumento della velocità anche a temperature relativamente basse.

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Per mantenere a lungo nel tempo la sua efficienza, il catalizzatore dovrebbe svolgere il proprio compito in un certo range ottimale di temperatura (circa 300 – 800 °C). Valori superiori causerebbero infatti la degradazione dei materiali che lo costituiscono, mentre per valori inferiori l’efficienza della conversione sarebbe peggiore. Per ovviare a questa riduzione dell’efficienza, che provocherebbe un incremento delle emissioni inquinanti durante la fase di avviamento a freddo, il catalizzatore può essere collocato vicino al motore oppure può essere impiegato un sistema che realizza una iniezione di aria secondaria a monte del catalizzatore. Diminuendo l’anticipo di accensione ed arricchendo la miscela, si ritarda il completamento della combustione e l’aria secondaria, a contatto con gli idrocarburi incombusti, completa le reazioni nel sistema di scarico, aumentando la temperatura del catalizzatore e quindi l’efficienza di conversione.

2.5.2. Emissioni evaporative

Le normative antinquinamento prevedono anche la presenza di sistemi per il contenimento di questo tipo di emissioni.

Uno di essi deve consentire il ricircolo in aspirazione dei vapori di combustibile presenti nel serbatoio e la verifica della tenuta del serbatoio stesso. Questo sistema è costituito da tre componenti, un filtro a carboni attivi (canister), una pompa (DMTL, Diagnosis Module Tank Leakage) che spinge l’aria verso il filtro e controlla la presenza di eventuali perdite nel serbatoio

ed una valvola che permette il passaggio dei vapori nel condotto di aspirazione.

Fig. 2.23: canister Fig. 2.24: DMTL Fig. 2.25: purge valve

Il canister trattiene i vapori di benzina e li invia periodicamente in aspirazione per mezzo del flusso di aria proveniente dalla pompa. Questo flusso è controllato dalla valvola, che è comandata elettronicamente dalla centralina. La ECU stabilisce il momento adatto per la sua apertura in funzione delle condizioni operative del motore.

La pompa DMTL, come accennato, è impiegata anche per il controllo della tenuta del serbatoio: essa provvede a pressurizzare il serbatoio e durante questa operazione la centralina effettua un confronto tra la corrente necessaria al motore elettrico della pompa e quella che serve

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per spingere aria attraverso un foro di riferimento di diametro noto. In presenza di una perdita, la corrente richiesta è inferiore a quella di riferimento.

Fig. 2.26: schema del circuito

Un secondo sistema (blow-by) riporta, nel collettore di aspirazione, gli idrocarburi raccolti

nel basamento del motore a causa di trafilamenti attraverso gli anelli di tenuta del pistone. Dall’aspirazione questi vapori sono poi inviati nei cilindri, dove partecipano alla combustione, evitando la loro dispersione diretta nell’ambiente.

Figura

Fig. 2.1: schema del sistema Motronic ME7
Fig. 2.2: schema dei collegamenti I/O di una ECU
Fig. 2.3: ciclo indicato di un motore quattro tempi aspirato
Fig. 2.4: algoritmo di controllo del sistema Torque based
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