CAPITOLO 2
CONTROLLO E CORPORATE GOVERNANCE NEGLI ENTI LOCALI
2.1 Evoluzione normativa dei controlli.
La riforma legislativa dell’ordinamento degli Enti locali, iniziata con la legge 8 giugno 1990, n. 142, ha posto le basi all’introduzione della cultura economico – aziendale nella gestione delle amministrazioni locali.
Tale normativa, pur non sostanziando una specifica riforma dell’ordinamento dei controlli, quanto semmai, una riforma degli Enti locali sotto il profilo organizzativo e funzionale, ha comunque comportato un adeguamento del sistema dei controlli al nuovo ordinamento degli Enti locali.
Peraltro, il disegno originario della legge 142/90 ha subito importanti modifiche ad opera della legge 127/ 1997 e, da ultimo, ad opera del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d. lgs 267/2000).
In particolare, la legge n. 142/90, come modificata ed integrata dalla legge n. 127/97, dedicava al regime dei controlli i propri articoli 39 e 40 per quanto specificatamente al controllo sugli organi, gli articoli da 41 a 50 per quanto riguarda i controlli sugli atti, l’art 51 per quanto attiene al controllo sulla gestione a cui sono chiamati i dirigenti, l’art 53 in merito alla verifica di regolarità tecnica e contabile da attuarsi,
rispettivamente, dal responsabile del servizio e dal responsabile di ragioneria 1 ed, infine, gli articoli 55 e 57 in relazione ai controlli del bilancio e della programmazione finanziaria ed alla revisione economica finanziaria.
La legge n 142/902, in relazione all’ordinamento dei controlli, da un lato, ha ridotto
drasticamente gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità, configurando tale controllo come mera verifica di conformità dell’atto alla normativa, ossia quale controllo neutro, ed a tale fine, innovando il dato strutturale dell’organo ad esso preposto. Dall’altro lato, ha introdotto forme del tutto nuove di controllo interno sugli atti e di controllo economico finanziario, nonché di gestione.
I principi ispiratori contenuti nella legge 142/90 primi fra tutti l’autonomia, i compiti della dirigenza ed il riferimento alla gestione improntata al rispetto delle condizioni di efficacia, efficienza ed economicità, dovevano indurre i singoli enti a prevedere al loro interno le professionalità, le strutture ed i processi atti a supportare i dirigenti responsabili della gestione ad agire in conformità dei vincoli di natura economica, e non più solo di tipo giuridico-contabile imposti fino ad allora.
Il perseguimento di risultati di efficacia ed efficienza ha come presupposto la definizione e l’assegnazione di obiettivi operativi su cui la dirigenza deve effettuare un monitoraggio “concomitante” e “consuntivo” per misurare le performance ottenute. La realizzazione di questo processo di verifica può avvenire solo attraverso l’introduzione di un sistema di programmazione e controllo che permetta il
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L’art 53 della legge 142/90 nella sua stesura originaria prevedeva anche la verifica di legittimità di ogni proposta di deliberazione giuntale o consiliare da parte del segretario comunale e provinciale. Ma, trattasi di norma ora abrogata dall’art 17, comma 85, della legge 15 maggio 1997, n 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo ( cd. Bassanini bis).
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collegamento fra gli obiettivi espressione della volontà politica, e l’attività svolta dalla struttura operativa attraverso la quale si concretizza la gestione.
Nel nuovo ordinamento delle autonomie locali tracciato dalla legge 142/90 nella sua originaria versione, la funzione di controllo, per quanto attiene al controllo preventivo di legittimità sugli atti, risultava avere ad oggetto gli atti generali emanati dall’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo, atti dei quali veniva a verificare la conformità alle norme vigenti ed alle norme statutarie dell’Ente. Tale forma di controllo veniva a qualificare un controllo neutro ed obiettivo ossia un controllo teso a verificare la mera legittimità degli atti generali di indirizzo rispetto alla normativa vigente.
Su questo punto, peraltro, il legislatore ha successivamente introdotto, da un lato, delle basilari modifiche, sia per quanto attiene all’oggetto del controllo preventivo di legittimità che per quanto attiene alle modalità del medesimo, dall’altro, delle innovative forme di controllo.
Il riferimento va alle più volte richiamata legge 15 maggio del 1997, n. 127, recante “misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”3, con la quale il legislatore ha maggiormente articolato le forme di controllo di legittimità, cercando di contemperare le esigenze di garanzia dell’autonomia dell’ente controllato con le esigenze di garanzia della legittimità dell’operato dell’ente, tali esigenze sono proprie della comunità che quest’ultimo viene a governare, colorando in tale ultimo senso il controllo di una funzione
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collaborativa4.
In seguito il legislatore ha emanato il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286 per il riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche. Il decreto individua gli ambiti di intervento del servizio di controllo fissando le finalità che le pubbliche amministrazioni devono perseguire dotandosi di adeguati strumenti.
Quattro sono le funzioni che le amministrazioni devono attivare:
I. garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa; II. verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa al
fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati;
III. valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
IV. valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
Queste funzioni sono rispettivamente indicate dal legislatore come: controllo di regolarità amministrativa e contabile
controllo di gestione
valutazione della dirigenza
valutazione e controllo strategico.
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La riforma della riforma dei controlli sugli atti degli enti locali è venuta quasi ad abolire il controllo impositivo sugli atti dell’ente, mantenendo tale forma di controllo solo su quegli atti che, essendo massima espressione dell’autonomia dell’ente, necessitano di un controllo obiettivo e neutrale proprio a garanzia di quest’ultima ed, al contempo, è venuta a riconoscere una funzione di consulenza in capo a degli istituendi servizi di consulenza da attivarsi nell’ambito dei comitati regionali di controllo con compiti di ausilio dell’ente locale.
A fronte di queste quattro funzioni di controllo si configurano due tipologie di controllo che si distinguono per i diversi presupposti da cui ha origine la loro attività e per le differenti finalità perseguite.
La prima tipologia si riferisce alla funzione di “controllo di regolarità amministrativa e contabile” per la quale la normativa vigente per le diverse amministrazioni individua apposite strutture, in particolare il collegio dei revisori, gli uffici di ragioneria ed i servizi ispettivi.
La seconda tipologia, che comprende il controllo di gestione (la valutazione dei dirigenti ed il controllo strategico), deve seguire i principi e le modalità previste dal decreto in questione. Le attività di monitoraggio e di valutazione svolte da questi controlli, pur avendo oggetti, momenti e referenti diversi, devono essere esercitate in modo integrato5.
Nell’ipotesi in cui vengano derogati i principi dettati dal D.Lgs. 286/99 si va incontro a delle incongruenze tra cui due risultano particolarmente gravi.
La prima riguarda l’attività svolta per la valutazione dei dirigenti che, pur utilizzando le informazioni prodotte dal controllo di gestione6, non può essere assegnata alla stessa struttura principalmente per due ragioni:
• le due attività si svolgono su livelli organizzativi diversi7;
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Marco Cannata , il controllo organizzativo negli Enti locali , Pisa edizione Plus, 2005. Con tale principio si sottolinea l’importanza delle relazioni che devono crearsi fra queste attività anche quando sono state svolte da strutture organizzative diverse.
6
Comma 4 art 147, D.Lgs. 267/00.
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La valutazione dei dirigenti ha per oggetto i risultati conseguiti dai responsabili della gestione posti ai vertici dell’organizzazione e riferisce agli organi di governo dell’ente; il controllo di gestione ha per oggetto l’intera attività svolta dall’organizzazione, risponde al direttore generale ed è di supporto ai responsabili della gestione e all’organo politico.
• l’accentramento delle due diverse attività è sconsigliabile8.
L’altra incompatibilità, è ravvisabile anche per gli enti locali, nell’affidamento del controllo di regolarità amministrativa e contabile ai soggetti responsabili del controllo di gestione, della valutazione dei dirigenti e del controllo strategico oppure viceversa, nell’affidare questi controlli al soggetto che svolge la prima tipologia di controllo. Anche in questo caso le motivazioni sono due:
la diversa natura delle tipologie di controllo9
la sovrapposizione di competenze e di ruoli richiede un esercizio separato10.
Sintetizzando il quadro normativo si può affermare che il sistema di controllo interno è composto da varie parti tutte profondamente legate e necessarie affinché si possa realizzare il monitoraggio e la valutazione dei rendimenti dell’attività delle amministrazioni pubbliche. Secondo la normativa, le parti componenti il sistema sono:
il controllo di regolarità amministrativa e contabile; il controllo di gestione;
la valutazione della dirigenza;
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Marco Cannata , il controllo organizzativo negli Enti locali , Pisa edizione Plus, 2005. L’assegnare ai soggetti che svolgono l’attività di controllo di gestione per il supporto ai dirigenti anche attività di valutazione dell’operato degli stessi, potrebbe far sorgere pericolose tensioni e conflitti nei rapporti di collaborazione fra la struttura adibita al controllo e i responsabili della gestione.
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Il controllo di regolarità amministrativa e contabile oltre a svolgere compito di supporto verso tutto l’ente, svolge funzioni di natura ispettiva, che richiamano i principi della revisione aziendale, che riguardano principalmente la verifica della regolarità contabile e finanziaria degli atti prodotti dagli uffici e dall’organo politico dell’ente; gli altri controlli non hanno natura ispettiva, ma svolgono funzioni ai vertici aziendali, organi politici e dirigenti, aiutandoli nella guida della gestione dell’ente.
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Le attività di: revisione aziendale, controllo di gestione, valutazione dei dirigenti e controllo strategico hanno una diversa natura; il loro ruolo assume caratteristiche ben distinte che richiedono l’assegnazione di tali funzioni a soggetti diversi. Nell’ipotesi in cui la struttura organizzativa dovesse svolgere entrambe le tipologie di controllo la sovrapposizione dei ruoli, oltre che di competenze, potrebbe condizionare il suo rapporto con il resto dell’organizzazione.
la valutazione e controllo strategico; il sistema informativo-statistico;
la misurazione della qualità dei servizi pubblici.
2.2 Sistema di controllo negli Enti locali
Qualsiasi attività umana, sia essa manifestazione di pensiero, sia essa concreta attività operativa, è sottoposta a verifica, a riscontro, a controllo. In ogni attività è necessario verificare che siano rispettate determinate regole, che tutto avvenga secondo precisi programmi ed intendimenti, che si raggiungano i risultati sperati e programmati. Controllo nel senso letterale della parola, significa osservazione attenta di qualcosa per accertarne l’esattezza, la validità la regolarità, il funzionamento. Controllo, in senso giuridico, è l’intervento con cui un organo prende in esame l’attività svolta da un altro organo per accertarne la rispondenza a determinate norme.
Il controllo come istituto generale è connaturato con l’organizzazione stessa degli ordinamenti giuridici e non ha data di nascita. Solo nello stato moderno si è elevata a principio costituzionale la << generalizzazione del controllo a tutta l’attività dei pubblici poteri>>.
Oggi, ci troviamo in un momento storico particolare e vi è qualcosa di importante che si sta evolvendo verso una nuova realtà ed una nuova visione dei controlli, infatti, si sta formando una nuova “cultura del controllo”. Questa evoluzione si sta compiendo attraverso tutta una serie di provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel tempo, e che hanno introdotto innovazioni di grande rilievo nella disciplina dell’azione amministrativa e nell’assetto dei controlli.
Esistono due forme di controllo: controlli interni
controlli esterni11.
Per controllo esterno s’intende quello in cui il riscontro viene effettuato da un organo estraneo ed esterno all’ente o all’amministrazione controllata; invece si ha il controllo interno quando l’attività di controllo viene effettuata da un soggetto che, anche se non facente parte dell’ente controllato, opera all’interno della struttura dello stesso ente. I due tipi di controllo, interno e esterno, hanno ruoli e finalità differenti, anche se le attività sono quelle di riscontro, di verifica di una certa attività, di un certo atto, in relazione a determinate norme e determinati principi.
Il controllo esterno è, normalmente, di tipo successivo, mentre il controllo interno, oltre ad essere successivo, è anche preventivo e concomitante. Quest’ultimo si esercita ad intervalli di tempo prestabiliti nel corso dell’anno e monitora l’andamento della gestione attraverso i risultati parziali o intermedi che si manifestano. Tali azioni hanno l’obiettivo di verificare gli scostamenti dal P.E.G. al fine di mettere in atto i meccanismi di feed-back capaci di correggere la situazione (se negativa) o amplificarla (se positiva). Per tale attività risulta particolarmente utile il sistema di reporting (ossia l’insieme strutturato dei rendiconti periodici di controllo che
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Vari sono gli organi, autorità, ed i tipi di controllo esterno a cui sono sottoposti comuni e province i più importanti sono:
Comitato regionale di controllo e sezioni decentrate,
Corte dei conti (controllo sugli atti contabili e sugli atti degli agenti contabili); Controllo sugli organi;
Ispettorato per la funzione pubblica; Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici
Altri tipi di controlli previsti da leggi speciali (controlli atipici); Controllo dei cittadini e dei singoli associati
permette di fornire ai vertici dell’istituzione le informazioni necessarie a valutare i risultati raggiunti.
Il controllo esterno ha aspetti e caratteri quasi di tipo giurisdizionale. Il controllo interno presenta aspetti consultivi e di guida per gli organi di amministrazione attiva, salvo casi determinati e particolari in cui ciascuno assume le proprie distinte posizioni (es. pareri contrari) per la scissione di ruoli e di responsabilità, oppure quando vengono fatte dai soggetti controllanti le opportune denunce e comunicazioni ai competenti organi giurisdizionali o amministrativi, quali atti dovuti per obbligo di legge. Del resto gli stessi organi di controllo interno sono tenuti a fornire atti e notizie su richiesta della Corte dei conti (art.3, comma 8°, legge n. 20/1994).
L’attuale sistema dei controlli esterni ed interni, che interessa le autonomie locali, è piuttosto complesso ed intricato, e certamente il legislatore dovrà, nel tempo, apportare i necessari correttivi per fare in modo che il controllo possa dare risposte concrete in termini di risultati positivi e di efficienza e non ripetere lamentati e inutili formalismi.
2.2.1 Controlli interni
Sin dall’antichità, si è avvertita la necessità di verificare la regolarità delle varie operazioni compiute dalle aziende.
Da questo è derivata tutta una serie di controlli variamente denominati e classificai nel tempo12.
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La parola controllo deriva dal termine francese contre-role (doppio ruolo o doppio registro) che aveva la funzione di controllo delle rilevazioni effettuate, e quindi, sostanzialmente un controllo di atti. Il termine americano audit riguarda sempre la verifica e il controllo, non di atti, ma di processi. L’espressione inglese control va intesa come guida.
Gli antichi Romani avevano previsto la figura del supervisore dei conti che doveva vigilare sulla regolare tenuta dei registri in cui venivano annotate tutte le operazioni relative all’amministrazione del patrimonio del re.
Anche i Comuni si preoccupavano di far quadrare i conti rivolgendosi a stimati computisti dell’epoca. Tra i più illustri, si ricorda Leonardo Fibonacci che venne chiamato, nei primi anni del 1200, a controllare i registri del Comune di Pisa.
Oggi nonostante ogni Ente locale possa e debba ricostruire e forgiare i propri controlli interni secondo la propria autonomia, taluni elementi sono necessari, sebbene non sufficienti, per sviluppare un controllo interno funzionale all’attività dell’Ente.
E’, quindi, necessario evidenziare una sorta di comune denominatore che il controllo interno deve comunque rispecchiare, pur rimettendo all’autonomia di ciascun Ente di connotare ulteriormente i propri controlli interni in funzione del carattere tipico dell’Ente stesso.
In un primo luogo, deve rilevarsi come i controlli interni risultino funzionali all’attività complessiva dell’ente e come, in tal senso, richiedano una progettazione d’insieme dell’attività medesima.
A riguardo, per porre in essere l’attività di controllo, è preliminare il momento di pianificazione e programmazione generale che l’Ente deve sviluppare.
Altro elemento non meno fondamentale è il momento di ristrutturazione organizzativa, anch’esso strumentale al controllo, che l’Ente deve realizzare.
La riforma delle autonomie locali originata dalla legge 142/90, proseguita con il recepimento dei principi di cui al d.lgs. 29/93, completata con il d.lgs. 77/95, e
culminata con il d.lgs.267/2000 ha comportato la rivisitazione dell’intero processo decisionale dell’Ente locale.
Prima della riforma, l’Ente locale, attuava la propria azione amministrativa a mezzo della sommatoria di singoli atti amministrativi, distinti ed indipendenti gli uni dagli altri, posti in essere dall’apparato burocratico dell’ente in maniera del tutto irresponsabile a fronte di scelte meramente politiche, ed anzi imposte all’apparato burocratico proprio dall’apparato politico.
Ora, invece, l’intero processo decisionale dell’Ente risulta riformato secondo un processo circolare che vede l’apparato politico pianificare gli obiettivi dell’Ente in connessione alle disponibilità economiche-finanziarie, responsabilizzando la classe dirigente per il perseguimento degli obiettivi prefissati a mezzo dell’assegnazione in capo alla dirigenza di specifici budget attribuiti per funzioni/obiettivi.
Lo schema generale su cui si basa tutto il governo della gestione (pianificazione e controllo) del mondo imprenditoriale può applicarsi con i dovuti adattamenti, alla pubblica amministrazione per un arricchimento ed un’ osmosi di esperienze che non vede il mondo del lavoro organizzato (sia esso pubblico o privato) diviso da invalicabili steccati, ma aperto alle acquisizioni di utili esperienze e professionalità. Sulla base delle indicazioni che ci vengono date sia dalla legge sia da esperti e studiosi possiamo formulare13 e delineare, in linea generale, un quadro sinottico comparativo del governo della gestione nelle imprese e negli Enti locali. Per quanto riguarda la pianificazione nelle imprese esiste la pianificazione strategia ed operativa, mentre per i comuni la relazione revisionale e programmatica e il piano esecutivo di
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gestione. Per quanto riguarda il controllo di gestione nelle imprese esiste il controllo concomitante, successivo e il budget direzionale; mentre per i comuni il piano esecutivo di gestione, controllo concomitante e successivo.
La pianificazione strategica consiste nella definizione degli obiettivi strategici dell’Ente e nelle politiche di acquisizione ed uso delle risorse. Gli obiettivi e le linee della pianificazione sono esposti nella relazione revisionale e programmatica14 e si concretizzano nei singoli stanziamenti del bilancio annuale e nelle previsioni del bilancio pluriennale.
La relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti (art 170, comma 3, T.U.).
Questo è uno strumento di grande importanza per gli organismi gestionali dell’Ente perchè ne individua le loro attività: sono indispensabili le sue indicazioni non solo di pianificazione strategica a carattere generale, ma anche degli obiettivi che si intendono raggiungere sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio.
La pianificazione esecutiva (Piano Esecutivo di Gestione) riguarda la definizione degli obiettivi operativi per ciascuna unità produttiva e dei piani per il loro regolamento. Sulla base del bilancio di previsione dell’esercizio, regolarmente deliberato dal Consiglio, la giunta definisce il PEG. In tal modo vengono:
• indicati gli obiettivi di gestione da raggiungere e realizzare;
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A norma degli artt. 162, comma 1; 170, comma 1, T.U., i comuni e le provincie hanno l’obbligo di delineare annualmente il bilancio di previsione corredato da una relazione previsionale e programmatica e di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione di appartenenza. L’art 170 T.U dà dettagliate disposizioni circa la relazione previsionale e programmatica. Detta norma afferma che la relazione ha carattere generale e quindi deve riguardare, ed è riferita, a tutta l’attività dell’ente in termini di risorse, di relativi programmi e progetti.
• assegnati ai responsabili dei servizi le dotazioni e le risorse per la realizzazione degli obiettivi programmati.
Con il PEG il dirigente (e tutti coloro che operano nell’ente locale), ha un programma concreto delle cose da fare, una guida sicura per il lavoro che gli indica il percorso della sua azione precisando limiti e finalità. E’ da qui che parte e si sviluppa l’attività gestionale, è da qui che inizia il controllo di gestione.
Il controllo di gestione è un controllo interno per mezzo del quale il Comune (o la provincia) verifica, da un lato, lo stato di attuazione degli obiettivi programmati; dall’altro, l’efficienza, l’efficacia e l’economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Questa forma di controllo viene svolto in riferimento ai singoli servizi dell’ente e, se previsti, anche in relazione ai centri di costo.
Il meccanismo di controllo deve essere studiato e progettato per dare, sulla base dei parametri di riferimento, gli indici di funzionalità ed i risultati che la legge individua; nonché tutte le altre indicazioni, dati e referti che l’amministrazione richiede per le proprie valutazioni e le proprie esigenze.
Il controllo di gestione avviene attraverso quattro punti base di analisi e/o comportamenti:
• analisi delle risorse acquisite;
• comparazione tra costi e quantità/qualità dei servizi; • riscontro delle funzionalità organizzative dell’ente;
• misurazione dell’efficacia, dell’efficienza, e dei livelli di economicità nell’attività di realizzazione degli obiettivi.
L’avvio dell’attività di controllo è un momento importante e decisivo che deve vedere l’azione sinergica e la collaborazione fattiva fra amministratori, responsabili dei servizi e controllori. Questo lavoro preparatorio di impianto del controllo di gestione passa attraverso alcune importanti e significative fasi operative tese a definire i punti e gli strumenti essenziali su cui si basa, questi li possiamo così indicare:
1. obiettivi del controllo di gestione15; 2. struttura organizzativa dell’ente 3. sistema di contabilità16
4. utenti del controllo di gestione17 5. sistema di reporting18;
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Per obiettivi di controllo di gestione si intendono i dati, le notizie, le informazioni più importanti e necessarie per conoscere l’andamento della gestione e suoi risultati finali. Il sistema deve essere molto duttile in modo da dare a ciascuno, secondo le particolari esigenze, la possibilità di lettura dei fatti di gestione da più angolazioni ed in base a diverse aggregazioni di informazioni.
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Nella nuova visione dell’ente locale, i dati necessari, per poter misurare e valutare la gestione in termini di funzionalità economica, ci sono forniti, essenzialmente, dal sistema contabile. I sistemi contabili possono essere molteplici: si tratta di stabilire qual è quello che meglio può servire allo scopo. La soluzione migliore, per la maggior parte degli enti, appare quello di una contabilità economica accanto alla contabilità finanziaria.
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Gli utenti del controllo di gestione sono tutti quelli che hanno interesse a conoscere la vita dell’ente per prendere conseguenti decisioni nello svolgimento delle proprie funzioni e delle proprie attività. In particolare, si tratta degli organi politici dell’ente (capo amministrazione giunta e consiglio) e dei dirigenti. Ognuno avrà le proprie esigenze, le proprie necessità di notizie e dati più o meno dettagliati, a seconda del ruolo che riveste e delle proprie necessità operative.
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Il referto è il mezzo attraverso il quale vengono forniti i risultati di controllo di gestione. Non si tratta, soltanto di informazioni a consuntivo, che pure sono previste; ma si tratta soprattutto di informazioni durante lo svolgimento delle attività amministrative dell’ente. Proprio per dare al controllo quella funzione di guida nello svolgimento delle operazioni gestionali. Vi possono essere vari tipi di reporting:
- Reporting di tipo A: sono riportati i tipi di spesa propri di ogni singolo centro di costo, seguendone l’andamento per tutto il corso di gestione
- Reporting di tipo B: si tratta di un report riepilogativo dei report dei singoli centri di costo che fanno capo ad un unico centro di responsabilità.
- Report di tipo C: si tratta di un report relativo all’intero anno riguardante un singolo edificio.
- Report i tipo D: questo report riguarda le cosiddette voci di spesa trasversale.Es: il dirigente del servizio personale ha interesse a conoscere non solo la spesa per il personale del suo ufficio, ma di tutti gli altri uffici dell’ente.
6. dati extracontabili ed indicatori19.
L’analisi condotta sul sistema di controllo interno applicabile agli enti locali mantiene sempre, come riferimento, l’assunto che esso sia oggi lo strumento più adatto a guidare con successo il processo di cambiamento culturale nonostante trovi ancora molte resistenze all’interno di queste organizzazioni pubbliche.
L’effettivo utilizzo del sistema di controllo è l’obiettivo unitario su cui indirizzare i comportamenti dei membri dell’organizzazione; solo dopo aver avviato questo processo sarà possibile procedere con l’innovazione del servizio pubblico che dovrà essere maggiormente vicino alle esigenze degli utenti. Perché il sistema di controllo aumenti le probabilità di orientare il comportamento organizzativo verso gli obiettivi aziendali, occorre il tanto sospirato cambiamento culturale degli Enti locali, obiettivo la cui realizzazione richiede periodi medio lunghi.
Attualmente sono poche le amministrazioni locali che hanno maturato un adeguata esperienza nell’utilizzo degli strumenti di controllo interno e che questo sembra essere un problema attinente all’arretratezza culturale dell’Ente locale. Gli Enti in cui il sistema di controllo ha assunto un ruolo importante per il supporto alla gestione, seppur in aumento, risultano ancora pochi tanto da poterli considerare come casi isolati di eccellenza. Questi sono Enti che hanno saputo adattare alle proprie esigenze il sistema dei controlli interni riuscendo a combinare in modo pregevole le prescrizioni di legge. Lo stato di sviluppo in cui si trova oggi il settore delle Amministrazioni Locali può essere definito di “stallo” se si considera che, da un lato,
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Per consentire una reale e valida analisi dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità è necessario integrare i dati contabili con i dati extracontabili che permettono la costruzione di opportuni indicatori.
il legislatore prosegue la sua marcia cercando di mantenere il ritmo incalzante dei “tempi moderni” ed il processo di riforma in atto del settore pubblico degli altri paesi membri della Comunità Europea, dall’altro, si manifesta sempre più rigida la resistenza opposta dagli operatori.
Le difficoltà che gli Enti incontrano nell’introdurre le innovazioni, necessarie non solo per adempiere alle disposizioni legislative, ma anche per compiere questo
percorso di trasformazione dell’Ente locale verso un modello aziendale20, non sempre
sono comprese fini in fondo dagli operatori che, anche quando riescono ad evidenziarle, solo raramente riescono a fornire approfondite spiegazioni. Si può constatare che molte amministrazioni, ma a volte anche il sistema normativo, non riescono a gestire il processo di cambiamento, quindi, tentano di affrontarlo con una logica di tipo “incrementale” cercando di incastrare i “pezzi” di un nuovo “disegno” in un vecchio puzzle di cui conoscono già i meccanismi di costruzione ed i suoi confini.
Il risultato è che il nuovo strumento appare “inefficace”, perché non produce gli effetti sperati che lo contraddistinguono come innovativo, “inefficiente”, perché le risorse ad esso destinate risultano improduttive, e “destabilizzante”, perché rischia di rompere gli equilibri consolidati del tradizionale modello burocratico e, in queste condizioni, non riesce a costruirne di nuovi o, comunque, di migliori.
Nella fase iniziale del funzionamento del sistema di controllo è opportuno individuare un elemento leader capace di assumere l’autorità necessaria affinché gli altri meccanismi siano attivati in modo integrato perseguendo obiettivi comuni e
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sostenendo i processi di cambiamento. Il controllo di gestione può assumere tale ruolo per due principali motivi:
perché la sua autorità è sostenuta dall’investitura formale delle disposizioni di legge che gli attribuiscono specifiche funzioni rivolte al supporto della gestione e della valutazione dei responsabili della gestione;
per la sua caratteristica di meccanismo orientato all’efficacia ed all’efficienza.
Tabella 1: Collocazione del controllo di gestione nella fase di avvio del sistema di controllo organizzativo
In questo modo (tavola 1), il sistema di controllo di gestione assume un ruolo centrale all’interno del sistema di cui è parte, con compiti di coordinatore dei rapporti e delle competenze assegnate agli altri meccanismi di controllo.
Sistema delle carriere Sistema delle ricompense Sistema di selezione e formazione Sistema di controllo della qualità Sistema delle decisioni Sistema delle comunicazioni Sistema informativo Sistema di auditing Sistema delle procedure Sistema di controllo di gestione Sistema di Controllo Organizzativo
Il controllo di gestione possiede le caratteristiche fondamentali per indirizzare gli altri servizi di supporto alle logiche del controllo dei comportamenti. Queste capacità si esprimono nel processo di “programmazione” delle fasi attraverso cui realizzare lo sviluppo integrato dei singoli meccanismi, nella “verifica concomitante e consuntiva” dei risultati prodotti dalle loro attività e, infine, nel processo di “retroazione”o di “feedback” consistente nella:
misurazione dei risultati effettivamente realizzati; nel confronto degli obiettivi con i risultati;
scelta delle azioni correttive per eliminare, in futuro, gli scostamenti indesiderati.
Il feedback, pur offrendo una visione precisa di come si è effettivamente svolta la gestione in rapporto agli obiettivi prestabiliti, consente di promuovere interventi correttivi solo dopo che i risultati effettivi si sono manifestati e non può essere più eliminato il divario tra i risultati attesi e i risultati reali. Per ridurre al massimo l’effetto negativo del feedback occorrerà suddividere gli obiettivi riferiti ad un certo lasso di tempo in sub-obiettivi riferiti ad intervallo di tempo più brevi in modo che il confronto non venga fatto una tantum a fine periodo ma scaglionato nel tempo in modo tale da poter intervenire con maggiore tempestività su eventuali disfunzioni gestionali.
Per l’attuazione del controllo sono quindi necessari i dati consuntivi che rilevano i risultati raggiunti.
Le informazioni più significative in ordine ai risultati possono essere ottenute attraverso l’utilizzo di una serie di indicatori tra cui ricordiamo:
1. gli indicatori di attività 2. gli indicatori di efficienza 3. gli indicatori di efficacia
Gli indicatori di attività tendono ad esprimere l'attività svolta da una determinata unità organizzativa mettendo a raffronto l'attività erogata con il carico di lavoro, potenziale o reale, riferita all'unità organizzativa.
Con gli indicatori di efficienza e di efficacia si intende misurare la performance dell'attività gestionale dell'ente.
E’ noto che l'efficienza rileva la capacità di produrre beni o servizi (output) in relazione all'utilizzo di risorse, dato ricavato dagli indicatori di attività che calcolano il livello di beni e servizi prodotti dalle unità organizzative (input); il suo indicatore è dato quindi dal rapporto fra input ed output.
Una unità organizzativa produce in condizioni di efficienza se a parità di output minimizza le risorse consumate oppure se a parità di risorse utilizzate massimizza l'output prodotto; l'input può essere rappresentato sia dal costo sostenuto per i prodotti consumati (valore economico), oppure dalla spesa impegnata (valore finanziario) o ancora da un valore fisico dato dal numero di unità dei fattori della produzione utilizzati.
L'utilizzo dei valori finanziari avviene solo in carenza di valori economici ma il concetto stesso di efficienza presuppone il riferimento al costo ed al costo unitario in particolare.
Ora, poiché si possono avere diverse configurazioni di costi unitari (costo totale unitario, costo fattoriale unitario relativo ad un singolo fattore della produzione, costo
variabile unitario relativo al costo variabile di produzione) avremo di conseguenza per ognuno di essi un particolare indicatore di efficienza.
L'insieme di questi indicatori vengono definiti indicatori di efficienza economica per distinguerli da quelli che fanno riferimento a valori finanziari o a valori fisici. Questi ultimi vengono chiamati indicatori di produttività e sono dati dal rapporto, invece che fra input ed output, fra output ed input espresso in unità fisiche e rappresentano il livello di output che si ottiene dall'utilizzo di una unità di input. Si utilizzano generalmente per misurare le performance del personale.
Se si vogliono determinare i livelli di efficienza è necessario definire i parametri di confronto; in questo modo si può sviluppare:
una analisi temporale, quando il confronto avviene con valori raggiunti dalla stessa unità nei periodi precedenti. Essa permette di studiare l'evoluzione dei livelli di efficienza nel tempo;
una analisi spaziale o benchmarking, quando il confronto avviene con i livelli di efficienza di enti similari.
una analisi parametrica o di qualità, quando il confronto avviene con valori standard cioè calcolato a preventivo, in modo ipotetico, sulla base di determinate condizioni operative.
Uno strumento utile per individuare gli standard può essere la carta dei servizi, la quale definisce per i servizi rivolti ai cittadini i livelli di qualità, i tempi di risposta ed i volumi di risposta che l'Ente locale si impegna a garantire.
Gli indicatori di efficacia misurano il grado di raggiungimento degli obiettivi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Mentre le imprese che operano sul mercato possono misurare l'efficacia del proprio prodotto col fatturato conseguito e la quota di mercato coperta, l’Ente locale deve ricorrere ad indicatori che esprimono il livello qualitativo dell'output ed il grado di soddisfazione degli utenti.
Per la determinazione dei livelli qualitativi si possono utilizzare, a seconda dei servizi che si vogliono monitorare, o indicatori di qualità o le analisi dei customer satisfaction.
I primi sono dati dal rapporto fra output ed input e sono inversamente proporzionali agli indicatori di produttività (esempio, tempo medio di rilascio dei certificati, tempo di attesa allo sportello, orario di apertura degli sportelli, rapporto fra numero reclami e pratiche esitate, ecc.).
Le analisi dei customer satisfaction si basano su indagini svolte tramite interviste (dirette o telefoniche) o questionari rivolti agli utenti al momento dell'erogazione del servizio.
L'efficacia sociale è data dal rapporto fra i risultati raggiunti e la domanda sociale; essa è utilizzata in sede di controllo strategico ed esprime l'efficacia dei programmi politici sviluppati dall'amministrazione dell'ente.
Il controllo di gestione può svolgere mirate analisi per misurare l’efficienza conseguita dal sistema di controllo, non solo riguardo alla propria attività ma anche ai vantaggi apportati agli altri servizi e all’ente nel suo complesso.
Il controllo di gestione per sostenere lo sviluppo dell’intero sistema ha bisogno comunque del contributo offerto dai meccanismi di selezione e formazione, di ricompensa e delle carriere.
Le politiche di gestione del personale sono indispensabili affinché l’organizzazione accetti il nuovo sistema di controllo e lo utilizzi in modo costruttivo nell’attività produttiva. I meccanismi di gestione del personale intervengono sulla formazione e diffusione della cultura dell’ente.
Tutti i meccanismi del sistema dovrebbero contribuire a dar vita ad una nuova visione del controllo interno che coinvolga gli strumenti già funzionanti e ispiri la costituzione di quelli mancanti.
L’importanza del ruolo e dei compiti assegnati ai sottosistemi dipende da:
la dimensione dell’ente, (alcune attività di controllo anche se distinte possono essere svolte dalla stessa struttura);
l’attività da esse svolta prima dell’introduzione del sistema di controllo; le professionalità di cui l’ente è dotato;
lo stato di sviluppo del sistema di controllo; i risultati che il sistema ha conseguito nel tempo. I sottosistemi sono:
a) il sistema delle decisioni: è coinvolto fin dai primi momenti in cui iniziano a prendere forma le possibili scelte e cioè quando l’organo politico decide di inserire fra i propri indirizzi quello di elaborare e realizzare un piano di e-government21 con il quale migliorare la qualità dei servizi erogati attraverso l’utilizzo delle tecnologia informatica nonché, nel medio e lungo termine, migliorare anche le condizioni di
21
L’e-government rappresenta per le pubbliche amministrazioni una delle principali innovazioni di prodotto e di processo a cui gli enti locali dovranno quanto prima aprirsi in quanto costituisce un modo moderno per fornire servizi sempre più vicini alle esigenze degli utenti e, allo stesso tempo, può contribuire a migliorare la qualità del servizio pubblico nonché creare migliori condizioni di efficacia ed efficienza per questo settore produttivo.
efficienza dei processi produttivi a vantaggio dell’economicità complessiva dell’ente.
b) Il sistema di controllo di gestione: supporta la fase di programmazione
procedendo alla definizione degli obiettivi in modo quantitativo per consentirne il monitoraggio e agevolare alla misurazione dei risultati ottenuti.
c) Il sistema delle procedure: supporta tutto il sistema di controllo fornendo un importante riferimento con la mappa dei processi attivati dall’ente. d) Il sistema di controllo della qualità: può essere progettato per intervenire
a monte e a valle del processo decisionale, cioè nel momento in cui si programma la qualità e, successivamente, quando si verificano i risultati, oppure, aderendo al concetto di Qualità Totale, può essere progettato per intervenire in maniera diffusa in ogni attività dell’ente, quindi, sia nel momento delle macrodecisioni, sia in fase esecutiva.
e) Il sistema informativo: l’Ente a livello locale può entrare nel mondo dell’ICT ( information and communication technology) al fine di migliorare le proprie prestazioni. Da un punto di vista tecnico, l’ente ha la necessità di dotarsi dell’apparato tecnologico che gli permetta di comunicare all’interno di reti telematiche “chiuse”, create con specifici fini, come, ad esempio, la rete civica e la rete di più enti associati, ovvero di interfacciarsi con l’esterno, collegandosi con la massima rete “aperta”: internet. Il sistema informativo dovrà tendere a gestire in modo integrato tutti i dati acquisiti dall’esterno e quelli prodotti all’interno.
Successivamente dovrà elaborare questi dati in modo che le informazioni prodotte siano “condivisibili” con tutti i sevizi dell’ente e con eventuali terzi che possono essere interessati ad intrattenere rapporti con l’Amministrazione.
f) Il sistema delle comunicazioni: per rinforzare il rapporto con la cittadinanza. Si sta diffondendo l’adozione del così detto “Bilancio Sociale” attraverso il quale sempre più amministrazioni provinciali e comunali comunicano ai propri interlocutori i risultati ottenuti nell’ultimo anno amministrativo.
g) Il sistema della selezione e della formazione: questo sistema offre il principale contributo nello sviluppo della cultura e della motivazione dei dipendenti attraverso i vari strumenti di cui sono dotati, orientando tutta l’organizzazione a perseguire gli obiettivi dell’ ente.
h) Il sistema delle ricompense: per motivare il personale ad affrontare le particolari sollecitazioni provenienti dai processi di cambiamento, il sistema delle ricompense dovrebbe predisporre un meccanismo premiante specifico per incentivare queste situazioni che, affiancando quello basato sulla valutazione delle performance, sia rivolto a motivare i dipendenti quando sono coinvolti in processi a contenuto innovativo. i) Il sistema delle carriere: è un fattore di motivazione del personale.
j) Il sistema di audit: i compiti svolti da un sistema di audit attengono ai
controlli di legittimità e di regolarità amministrativa e contabile dei procedimenti avviati e conclusi dall’ente. E’ opportuno, però, che il
sistema di audit svolga anche un controllo sulla corretta esecuzione delle procedure informatizzate su cui gradualmente l’Ente trasferisce il flusso documentale ed informativo gestito.
Dopo aver realizzato l’avvio di tutti i sottosistemi, il compito del sistema di controllo è quello di occuparsi della loro integrazione, ed è proprio da questa che esso può conseguire i risultati di sostegno ai processi di cambiamento che l’ente vorrà intraprendere.
2.2.2 Controllo strategico
Il controllo strategico rappresenta, tra le varie forme di controllo interno, certamente la più rilevante novità introdotta dal D.Lgs.n.286/1999 ed è strettamente legata all’attività di programmazione strategica e di indirizzo politico- amministrativo di cui costituisce il presupposto fondamentale.
L’attività di controllo strategico è finalizzata, infatti, a verificare l’attuazione delle scelte effettuate nei documenti di programmazione degli organi di indirizzo. In questo senso controllo e valutazione rispondono ad una comune aspirazione: raccogliere, elaborare ed interpretare informazioni utili a migliorare le decisioni relative all’utilizzo delle risorse pubbliche.
Attraverso la forma di controllo in esame si vuole dare un giudizio complessivo, sintetico ed aggregato sulla performance dell’intera organizzazione.
Oggetto dell’attività di controllo strategico è il monitoraggio (valutazione e controllo strategico) dell’attuazione degli indirizzi politici deliberati, attraverso l’analisi preventiva e consuntiva della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le
missioni affidate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché l’identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, dei possibili rimedi (art.6, comma 1, D. Lgs. n. 286/1999).
L’elemento di forte innovazione introdotto dal D.Lgs.n.286/1999 riguarda la linea di demarcazione tra controllo di gestione e valutazione strategica.
Il controllo di gestione viene caratterizzato, soprattutto, come strumento di supporto della dirigenza al fine di migliorare la performance gestionale laddove il controllo strategico ha l’obiettivo di supportare le funzioni di indirizzo politico; tale forma di controllo costituisce essenzialmente una valutazione politica delle scelte effettuate in sede di pianificazione e programmazione dell’attività amministrativa.
Va comunque evidenziato che un sistema di controlli interni efficace implica la necessaria integrazione, cioè la creazione di un circuito virtuoso all’interno del quale le informazioni elaborate (in sede di controllo amministrativo- contabile, di controllo di gestione e controllo strategico) circolano velocemente.
Fase importante ai fini del controllo strategico è la rendicontazione che comprende la verifica degli equilibri e dello stato di attuazione dei programmi (art.193 T.U.EL.), il rendiconto annuale, la relazione della giunta al rendiconto, il referto del controllo di gestione ed infine la valutazione dei dirigenti: è in questa fase che trova maggiore espressione la valutazione e il controllo strategico.
Il controllo strategico avviene, in base alle modalità descritte dall’articolo 42, comma 3, del T.U.E.L n. 267/2000.
- una fase concomitante che avverrà in costanza di gestione (il Consiglio partecipa “alla verifica e all’adeguamento” delle linee programmatiche);
- una fase successiva che avverrà in sede di riprogrammazione (il consiglio partecipa “alla verifica periodica dell’attuazione” delle linee programmatiche).
L’utilità pratica di questo tipo di controllo consiste proprio nella facoltà di introdurre degli interventi correttivi agli obiettivi programmati.
In sostanza, sulla base dei reports del controllo di gestione, il controllo strategico consente una rimodulazione delle scelte, indirizzando la struttura politico- amministrativa proprio verso quegli interventi correttivi necessari ad attuare gli obiettivi programmati.
In effetti, le distinzioni tra controlli di tipo repressivo e controlli di tipo collaborativo e tra le varie forme di controllo introdotte dalle successive riforme dei controlli interni di monitoraggio delle pubbliche Amministrazioni confermano la necessità dell’introduzione e del potenziamento di meccanismi di correzione e di verifica che spingano gli Enti a rivedere il complessivo processo di programmazione- attuazione- valutazione- riprogrammazione in funzione dei messaggi e dei suggerimenti provenienti dalle strutture di auditing22.
La funzione del controllo strategico viene svolta in stretta correlazione con il controllo di gestione e con i suoi reports aventi ad oggetto:
22
G. Cascone, R. Di martino, il nuovo sistema del controllo di gestione e del controllo strategico,in aziendaitalia, n°4/2001. Negli Enti locali il punto di riferimento di un sistema così delineato è costituito, appunto, dal controllo strategico la cui funzione è quindi quella di fornire informazioni di supporto dell’attività di programmazione dell’Ente.
- valutazioni non solo di carattere finanziario ma relative anche agli ambiti economici e patrimoniali;
- verifiche sul raggiungimento dei risultati e degli obiettivi desiderati e sulla loro realizzabilità con un minore dispendio di risorse;
- verifiche sull’efficacia, l’efficienza e l’economicità della gestione, individuando le anomalie e, contestualmente, gli eventuali necessari correttivi.
2.3 Caratteristiche chiave del sistema di controllo
Ai fini di un corretto sistema di controllo è opportuno prendere in considerazione quelle che sono le caratteristiche chiave: le caratteristiche strutturali e le caratteristiche di processo. Tra le prime rientrano: l’articolazione, la rilevanza, la selettività, la prontezza, l’orientamento.
Tra le caratteristiche di processo rientra: lo stile di controllo e le dimensioni di valutazione dei risultati, gli schemi culturali di riferimento e il contributo specifico del top management.
Le caratteristiche strutturali sono:
L’articolazione: è una caratteristica del sistema di controllo riferita alla numerosità dei criteri secondo i quali risulta utile configurare le aggregazioni contabili e le determinazioni extracontabili. L’articolazione incide in maniera diretta ed immediata sulla struttura informativo contabile del sistema, ma è evidente che, specie in condizioni di elevata complessità strutturale, essa influenza anche la struttura organizzativa del controllo.
La rilevanza: uno dei compiti del sistema di controllo è quello di mettere a disposizione dei soggetti direzionali interessanti utili informazioni mirate rispetto alle impostazioni di problemi decisionali tipici. Di qui il carattere di rilevanza, che si presenta tanto maggiore quanto più il sistema stesso è in grado di fornire sistematicamente informazioni rilevanti per le decisioni23.
La selettività: è data dal rapporto, esistente o potenzialmente configurabile, tra le informazioni rilevanti e quelle irrilevanti che esso è in grado di produrre per gli organi decisionali. La selettività è suscettibile di essere tanto maggiore quanto minore è il dinamismo ambientale in cui l’azienda, o i suoi rami autonomi, si trovano ad operare.
La prontezza: è un carattere del sistema di controllo riferito alla sua capacità di segnalare con tempestività agli organi decisionali la realizzazione di fenomeni rilevanti. Quindi il sistema d controllo è da considerarsi tanto più pronto quanto minore è l’intervallo temporale che intercorre tra il manifestarsi di un dato fenomeno e le azioni ad esso conseguenti. La prontezza assume importanza tanto maggiore quanto più l’ambiente esterno di riferimento è caratterizzato da elevati gradi di dinamismo.
L’orientamento: non esiste una definizione di tale caratteristica in dottrina, ma, l’evidenza empirica mette in luce che i sistemi di controllo, all’interno delle varie aziende operanti nei vari contesti, sono di volta in volta più o meno “attenti” a monitorare aspetti gestionali diversi, sia per quanto concerne la natura dei dati
23
Il concetto di rilevanza è da tempo al centro dell’interesse degli studiosi di controllo gestionale, dato che esso è forse uno dei più importanti ai fini dell’utilità complessiva dei sistemi di controllo. Sull’argomento cfr., tra gli altri, Horgren C.T., Cost Accounting. A Managerial emphasis, Englewood Cliffs, 1972, III ed.
oggetto di attenzione primaria, sia per quanto riguarda le prospettive e gli schemi del loro utilizzo. Quindi gli orientamenti dei sistemi di controllo possono essere assai diversi e coniugarsi anche se di dimensioni profondamente eterogenee, senza escludersi a vicenda.
Le caratteristiche di processo fanno riferimento alle modalità secondo le quali il management utilizza le potenzialità della struttura informativa ed organizzativa di controllo nell’esercizio delle proprie funzioni. All’interno degli Enti locali queste sono le caratteristiche maggiormente sottovalutate, nei quali, tende a prevalere un approccio tecnicistico e procedurale, che pone in secondo piano l’importanza manageriale del problema.
Le caratteristiche di processo sono:
Lo stile di controllo fa riferimento alle modalità secondo le quali il management
interpreta il proprio ruolo rispetto alle dimensioni strutturali del sistema. E’ strettamente legato al modo in cui sono concepite e nel concreto esercitate le relazioni tra il top management e management intermedio rispetto al conseguimento dei fini aziendali istituzionali e alle leve attraverso le quali, tramite il sistema di controllo, il top management intende influenzare i comportamenti del management intermedio.
Gli schemi culturali di riferimento: a seconda dei casi come manifesta l’evidenza
empirica si formano e si consolidano differenti schemi culturali.
Il contributo specifico del top management: all’interno del sistema delle imprese
private il ruolo del top management nei processi di programmazione e controllo è definibile in termini univoci, almeno nel senso che esso assume la veste di referente
principale sia in fase di programmazione sia in fase di controllo, sulla base degli indirizzi ricevuti dalla proprietà24.
2.4 I soggetti del controllo
L’idea del controllo interno è insita nel concetto di autonomia, ai sensi dell’art.128 Cost.; proprio perché l’Ente locale, nella nuova visione democratica, sancita dalle più recenti norme sull’ordinamento degli Enti locali, deve avere in sé, al di là delle potestà amministrative spettanti, anche quelle capacità di verifica e di giudizio interno della propria attività, senza dover necessariamente ricorrere alla supervisione di organi esterni.
Alla base di ogni controllo bisogna tener presente tre fattori fondamentali: I soggetti controllanti;
I soggetti controllati; L’oggetto del controllo.
I soggetti controllanti sono quelli che costituiscono il nucleo di valutazione. Essi operano in posizione di autonomia e rispondono esclusivamente agli organi di direzione politica ( art. 20, comma D. lgs. 29/93).
A ciò bisogna aggiungere, come appare evidente, che nell’ente locale (e nella pubblica amministrazione in genere) si riscontrano più soggetti attivi controllanti.
24
A Lombrano, il controllo di gestione negli enti locali, Rmini, Maggioli, 2001.Nel caso degli enti locali, oltre all’impossibilità di identificare i soggetti espressivi della proprietà ( che sono sostituiti dagli esponenti politici) ci sono situazioni nelle quali il contributo del management assume contenuti assai diversi, che spaziano da interventi di direzione in senso stretto ad interventi, variamente penetranti ed incisivi , di supporto e facilitazione nei confronti degli organi di governo e non solo per individuazione delle strategie da perseguire ma in sede di materiale esecuzione delle operazioni funzionali al perseguimento delle stesse.
Si parte dal nucleo di valutazione, si giunge agli organi politici e si risale alla collettività amministrativa, titolare effettiva del potere pubblico, in una democrazia rappresentativa. Quindi, i diversi soggetti, interessati al procedimento del controllo25, li vediamo sia nella veste di controllori che di controllati.
I soggetti controllanti sono i dirigenti dei comuni e delle province a cui è affidata, come vuole la legge, la gestione amministrativa dell’ente.
Per poter controllare l’attività di qualcuno è necessario che questo sia responsabile di qualcosa, che debba effettuare determinate prestazioni, che debba raggiungere certi risultati, ecc, ecc. Il controllo è possibile solo quando c’è qualcuno che deve svolgere una certa attività di cui è responsabile26.
In passato, l’attività di tipo amministrativo-gestionale era riservata al capo dell’amministrazione, agli assessori, alla giunta, mentre i dirigenti e figure apicali in genere, avevano un ruolo di supporto tecnico ed esecutivo. Anche se, in tempi più recenti, le declaratorie dei profili professionali del D.P.R. 347/87 tendevano a qualificare i ruoli dei dirigenti e funzionari verso posizioni più rilevanti ed incisive nell’azione amministrativa dell’Ente locale.
Le cose sono cambiate notevolmente con la fine della vecchia legge comunale e provinciale e l’avvento della nuova legislazione sulle autonomie locali.
La Giunta è diventata un organo ausiliario e di collaborazione al Sindaco o al presidente della Provincia, con competenze di tipo residuale, non riservate ad altri
25
Sistema che potremmo definire a catena aperta.
26
Dizionario della lingua italiana De Agostini. Per responsabile si intende colui che deve rendere conto, per particolari incarichi ricevuti (di direzione o di comando), delle conseguenze che il proprio operato può determinare nei confronti di cose o persone che gli sono state affidate.
organi o funzionari, oltre alle attività di attuazione di indirizzi generali, che sono invece anche di competenza del Consiglio (art.48 T.U).
In ogni caso, le competenze della giunta e del capo dell’amministrazione devono intendersi orientate sul piano della direzione politica, anziché su quello della gestione amministrativa, che spetta ai dirigenti. Per cui bisogna adottare, nell’Ente locale, nuove strategie e nuovi modelli culturali ed organizzativi.
Nel nuovo assetto del sistema di controllo interno applicato all’Ente locale, la persona che ha il compito di progettare e dirigere il sistema di controllo è il controller.
L’ufficio del controller è un servizio di staff, la sua attività si distingue da quella, pur sempre di controllo manageriale, che compete ai dirigenti responsabili della gestione degli uffici e dei servizi. Il ruolo ed i compiti del controller, quale responsabile del sistema di controllo organizzativo, si differenziano rispetto a quelli assegnati a colui che svolge il controllo di gestione, anch’egli identificato con il nome di controller27. Il controller, quale responsabile dell’intero controllo organizzativo, assume principalmente il ruolo di “coordinatore” dei meccanismi che compongono tale sistema e dei soggetti che ne sono responsabili. I suoi compiti attengono alla definizione delle funzioni da attribuire ad ogni sottosistema, alla verifica della coerenza degli obiettivi da essi perseguiti, al supporto che essi devono fornire in modo integrato ai comportamenti dell’organizzazione orientali verso gli obiettivi dell’ente. La funzione principale del controller è quella di supporto alla formazione e al compimento del processo decisionale dell’Ente che vede come attori, seppur con
27
Marco CANNATA, Il controllo organizzativo negli enti locali. Pisa, Edizione Plus, 2005. Quest’ultimo, in presenza di un sistema di controllo di livello superiore, vedrà modificarsi i compiti a lui assegnati che risulteranno strettamente correlati all’utilizzo degli strumenti propri del controllo di gestione e che dovranno essere svolti seguendo le direttive e i tempi dell’intero sistema ad esso sovraordinato.
ruoli e competenze diverse, l’organo politico esecutivo e quello tecnico amministrativo.
Visto quelli che sono i compiti e le funzioni del controller si può dire che questa figura osserva la gestione da una posizione privilegiata, in quanto la sua visione complessiva del sistema di controllo gli dà la possibilità di individuare i punti di debolezza e di forza sia degli aspetti tecnico operativi della gestione sia di quelli relazionali dell’organizzazione. La competenza del controller, così, si allontana da quella puramente tecnico-contabile assumendo una connotazione che lo vede architetto del sistema educatore28 nei confronti dell’organizzazione al fine di orientare i comportamenti verso i risultati da essa ricercati.
E’importante e necessario che ci sia un rapporto fiduciario fra il controller e amministratori. Vi sono, però, dei rischi e delle critiche che vengono mosse al riguardo: si pensa che, proprio in virtù del rapporto fiduciario <<intuitu personae>>, si possa realizzare un controllo <<di parte>>, che può apparire inficiante negli aspetti, più importanti e qualificanti, di trasparenza ed obiettività. E’ necessario evitare questi pericoli e questi ostacoli, in tutti i modi possibili. In particolare, i regolamenti di ogni singolo Ente devono trovare le soluzioni più adatte per la costituzione ed il funzionamento dei nuclei di valutazione. Inoltre, sarà la professionalità dei controller, l’applicazione di tecniche di controllo di tipo scientifico, sicure e collaudate, a dare garanzia di indiscutibile valenza del controllo, evitando possibili critiche ed incresciose “zone d’ombra”.
28
In virtù dell’ attività dei controller, qualche autore29 suggerisce una composizione flessibile dell’organo di valutazione, proponendone una rappresentazione schematica come risulta nel seguente prospetto:
Tabella 2 Organo di valutazione
Fonte: il controllo interno negli enti locali. Vittorio Galatro
Come possiamo vedere nel prospetto, per la valutazione delle attività gestionali entrano a far parte del nucleo di valutazione anche i dirigenti interni, mentre, nel caso di valutazione della dirigenza, per ovvi motivi di incompatibilità, non sono presenti nell’organo dirigenti interni. Azione opportuna, anche nel secondo caso, quello di esclusione dei dirigenti interni, in quanto la valutazione dei dirigenti si basa
29
M. Bellessia, Il controllo interno di gestione: un manuale per gli enti locali, C.E.L.,Bergamo, 1997.
Ufficio di controllo di gestione
(con compiti di raccolta ed elaborazione delle informazioni necessarie alla valutazione)
Nucleo di valutazione
Composto da: dirigenti interni, segretario
o direttore generale ed eventuale esperti esterni.
VALUTA L’OPERATO DEI DIRIGENTI RESPONSABILI DEI SERVIZI Composto da: segretario o direttore generale ed eventuale esperti esterni. VALUTA LA GESTIONE COMPLESSIVA E LA GESTIONE DEI SINGOLI SERVIZI
essenzialmente sulla verifica delle attività gestionali di cui i dirigenti stessi sono responsabili.
Per quanto riguarda la specifica competenza dei controller non bisogna confondere, come talvolta accade, l’attività di verifica e di referto, che è propria del nucleo di valutazione, con l’attività dei dirigenti e degli amministratori. Quest’ultimi (amministratori e dirigenti) sono, insieme agli altri interessati, i destinatari dell’attività di verifica e di referto (soggetti controllati) e non i controllori in senso tecnico. Quindi, i soggetti controllati sono i dirigenti dell’ente e indirettamente tutti gli altri dipendenti dell’ente che lavorano e concorrono a determinare i risultati dell’attività aziendale e che devono dare conto ai propri dirigenti. E’ sempre valido, in un sistema organizzativo, il binomio controllore-controllato.
Il controllo di gestione è pure lo strumento adatto per conoscere quanto e come lavora il personale dipendente. Con la conseguente possibilità, da parte del dirigente, di mettere the right man an the right place (l’uomo giusto al posto giusto).
Per quanto concerne i controllati, possiamo avere dirigenti dipendenti di ruolo dell’Ente o dirigenti assunti mediante contratto a tempo determinato (art 110 T.U); comunque tutti i dirigenti sono soggetti alle responsabilità e ai controlli così come dispone il T.U. e secondo le previsioni contrattuali stabilite per gli incarichi esterni. Nel sistema dei controlli interni un altro ruolo importante è svolto dalla corte dei conti. La corte dei conti ha fra i suoi compiti quello di svolgere indagini sul “funzionamento dei controlli interni” negli enti locali così come previsti dall’art 147 del D.Lgs. 267/00. Questa attività, che afferisce al controllo della regolarità amministrativa e contabile previsto dagli articoli 1 del D.Lgs.286/99 e 147 del D.Lgs.
267/00, non ha avuto ancora un chiaro inquadramento negli enti e, anche quando sono state formalmente individuate le strutture competenti a ciò proposte, raramente ha avuto le finalità di supporto alla gestione tipica del controllo ex-ante rivolgendosi, invece, alla sterile verifica consuntiva dell’assolvimento delle formalità di rito assolutamente distaccata dagli altri strumenti di controllo.
Con la legge 5 giugno 2003, n.131, il legislatore attribuisce alle sezioni regionali della corte il compito di effettuare la valutazione del funzionamento di sistemi di controllo interno delle regioni e degli Enti locali.
Facendo seguito alle disposizioni della L. 131/03 la sezione delle autonomie approva con delibera del 17 dicembre 2003 gli indirizzi e criteri generali per le attività di controllo sulla gestione, comune a più sezioni regionali.
La riorganizzazione delle competenze della Corte in fatto di controllo delle regioni e degli Enti locali è seguita dall’introduzione dell’art.198 bis nel Testo Unico dell’ordinamento degli Enti locali, disposta dalla legge 30 luglio 2004 n.191.
La nuova norma chiede alle strutture operative delle amministrazioni, proposte al controllo di gestione, di fornire, anche alla corte dei conti il referto che l’art. 198 dispone sia diretto agli amministratori ed ai responsabili dei servizi.
Uno degli obiettivi più importanti della corte dei conti è quello di addivenire ad un possibile confronto dei sistemi di controllo adottati per procedere alla comparazione dei risultati conseguiti nonché all’individuazione delle metodologie che possono costituire esperienze da porre come riferimento e di cui tener conto nel processo di continuo miglioramento dei sistemi di controllo. In tema di controllo della corte dei