– I.F.M. n. 1 anno 2003
(*) Professore ordinario di Assestamento Forestale. Università degli Studi di Firenze.
(**) Professore straordinario di Assestamento dei Parchi e delle Riserve Naturali. Università degli Studi di Firenze.
ORAZIO CIANCIO (*) - SUSANNA NOCENTINI (**)
LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ NEI SISTEMI FORESTALI
2. SPECIE, STRUTTURE, PROCESSI
Il moto è causa d’ogni vita.
L
EONARDO DAV
INCII boschi italiani sono il frutto della millenaria coevoluzione fra realtà ecologica e realtà socioeconomica. La coltivazione e la gestione a fini eco- nomici hanno fortemente modificato la struttura e la composizione dei boschi italiani, riducendone la complessità e la diversità.
Per garantire una produzione annua, massima e pressoché costante, la selvicoltura e la gestione forestale classica hanno determinato la semplifica- zione del bosco. Questa non riguarda solo il numero di specie, ma anche la varietà di strutture e di processi presenti a diverse scale (N
OCENTINI, 2001).
Il concetto di biodiversità deve essere collegato a quello di complessità: la diversità è conseguenza della complessità.
In molte aree del nostro Paese la differenziazione del mosaico paesag- gistico che vede il bosco intercalato con altre forme di uso del suolo – pascolo, agricoltura – e la diversificazione delle forme colturali all’inter- no delle tessere forestali, hanno prodotto paesaggi ricchi di una diversità che non ha solo valore biologico ma anche storico, culturale ed estetico.
Nel valutare la biodiversità dei sistemi forestali occorre quindi riconoscere i molteplici valori coinvolti.
L’ITALIA
FORESTALE E MONTANA
RIVISTA DI POLITICA ECONOMIA E TECNICA
ANNO LVIII - NUMERO 1 - GENNAIO-FEBBRAIO 2003
Il ruolo della biodiversità nel funzionamento degli ecosistemi forestali è stato in genere affrontato con indagini riduttive rispetto allo spettro completo dei processi ecologici coinvolti. La storia del bosco è dominata da processi su scale spaziali e temporali diverse. I fattori naturali di disturbo nei sistemi fore- stali si verificano attraverso un’ampia varietà di micro-meso scale che deter- minano il contesto spaziale e temporale per i diversi processi.
Di più: molti dei processi che producono e sostengono la diversità bio- logica di un popolamento forestale si riferiscono a eventi che si sono verifi- cati in un lontano passato o in zone del paesaggio esterne all’area in esame.
Alcuni Autori hanno definito questi fenomeni il “presente invisibile” e il
“posto invisibile” (M
AGNUSON, 1990; S
WANSONe S
PARKS, 1990) per eviden- ziare come prospettive spaziali e temporali errate possano portare a conclu- sioni errate nella valutazione della diversità degli ecosistemi.
La gestione forestale opera su una scala spaziale che varia da uno o pochi alberi a interi boschi o bacini; la scala temporale è dettata dai cicli di pianificazione (10-20 anni), dai turni adottati (15-120 anni), dalla lunghezza della vita professionale degli operatori, piuttosto che dagli intervalli delle perturbazioni naturali (1-1000 anni) e dalla longevità delle specie forestali (da alcuni secoli fino a oltre 1000 anni) (S
PIESe T
URNER, 1999).
L’analisi della biodiversità nei sistemi forestali e in particolare delle sue interazioni con la gestione, deve quindi tener conto di processi che attraversano più scale temporali e spaziali. Ciò è particolarmente impor- tante per comprendere come la diversità contribuisca ai meccanismi di resistenza e resilienza degli ecosistemi. Quando specie differenti svolgono funzioni simili a scale anche molto diverse si verifica un rafforzamento funzionale dell’ecosistema che aumenta la sua capacità di recupero dopo fattori di disturbo (H
OLLINGet al., 2002). Per esempio, H
OLLING(1988) e P
ETERSONet al. (1998) hanno osservato che uccelli di piccola dimensione riescono a mantenere popolazioni di insetti patogeni a livelli bassi per lun- ghi periodi di tempo cibandosi delle larve sugli aghi di conifere in giovani soprassuoli forestali. Ma se la popolazione di insetti aumenta, le larve ven- gono predate da specie di uccelli di taglia via via crescente. Questo raffor- zamento attraverso scale diverse – nella fattispecie uccelli di maggiore taglia – riesce a mantenere un controllo della popolazione di insetti molto più efficace rispetto a quello che si avrebbe con predatori che agiscono solo alla stessa scala.
La coltivazione del bosco, a livello di paesaggio, comporta la differen-
ziazione delle singole tessere con la modifica della distribuzione delle classi
di età dei soprassuoli, ha un’influenza sulla presenza e sulle caratteristiche
di zone ecotonali, sulla dinamica dei corsi d’acqua, sui processi successio-
nali nelle aree aperte contigue….
L’adozione di turni sensibilmente più brevi della longevità naturale delle specie è il fattore che provoca la maggiore differenza del paesaggio forestale antropizzato dal paesaggio forestale naturale. In quest’ultimo, sog- getto solo a disturbi naturali, le diverse tessere mostrano una grande varia- bilità di età e di stadi successionali, ma vi è sempre nella distribuzione una
«coda» che si estende verso le età più avanzate (S
PIESe T
URNER, 1999).
Nel bosco coltivato, vengono favorite una o più specie in relazione a pecu- liari caratteristiche quali la facoltà pollonifera, la rapidità di accrescimento, la qualità e la quantità della produzione legnosa, la rusticità…. La coltivazione influenza la struttura del bosco, i processi di rinnovazione, la distribuzione in classi di età e, in particolare, l’età massima (in relazione al turno o al diametro di recidibilità). Inoltre, può provocare la frammentazione degli habitat, arrecare disturbo alla fauna selvatica, causare l’asportazione dell’humus, il rimescola- mento degli orizzonti del suolo, l’insorgere di fenomeni erosivi….
Il governo e il trattamento influenzano i tempi e i modi della rinnovazione naturale, con un effetto anche sulle frequenze geniche in relazione ai caratteri fenotipici dei singoli individui della o delle specie presenti (G
IANNINIe B
OR-
GHETTI
, 2001).
La selvicoltura agisce sulla biodiversità con molteplici effetti, strettamente interrelati, spesso difficilmente quantificabili. Gli effetti più evidenti e facil- mente rilevabili sono legati al modello colturale perseguito. Tali effetti determi- nano modifiche nei seguenti parametri per i quali è nota una stretta relazione con la diversità di specie e processi funzionali degli ecosistemi forestali.
1) Struttura verticale dei soprassuoli – La disposizione nello spazio verticale di fiori, frutti, foglie, corrisponde alla disponibilità di cibo, di luoghi adatti alla nidificazione, al riposo, al rifugio e all’accoppiamento di molte specie animali (B
ELLet al., 1991). L’organizzazione verticale della coper- tura forestale influenza il microclima interno del soprassuolo. In genera- le, più è diversificata la struttura verticale di un bosco, maggiore è la diversità di specie. Ciò è documentato soprattutto per l’avifauna: nume- rosi studi condotti in ambienti anche molto diversi, hanno evidenziato come la ricchezza di specie ornitiche sia positivamente correlata con l’au- mento della complessità della struttura verticale (M
ACA
RTHURe M
ACA
RTHUR, 1961; M
OSS, 1978).
2) Struttura cronologica dei soprassuoli – La ricchezza di specie in un ecosi- stema forestale aumenta all’aumentare dell’età della componente arborea e soprattutto passando attraverso fasi successionali via via più avanzate.
Questo dipende anche dal fatto che la complessità verticale dei sopras-
suoli forestali aumenta con l’età e con la fase di sviluppo (B
ROKAWe
L
ENT, 1999). Inoltre, alberi grandi, vecchi, offrono habitat per una mol-
teplicità di specie vegetali e animali.
3) Presenza di necromassa arborea – Gli alberi morti in piedi e il legno morto a terra partecipano a innumerevoli processi che, in estrema sintesi, riguardano l’habitat di specie animali e vegetali, il ciclo dei nutrienti, il ciclo idrogeologico, in particolare l’erosione superficiale e la dinamica dei corsi d’acqua (E
LTON, 1966, M
ASERet al., 1979; H
ARMONet al., 1986;
S
AMUELSSONet al., 1994).
4) Apertura di vuoti nella copertura arborea – L’interruzione della copertura arborea, su superfici più o meno ampie, innesca processi di successione della vegetazione e crea un pattern spaziale che può avere una forte influenza sulla dinamica delle popolazioni e sui processi nell’ecosistema.
La dimensione delle aperture è particolarmente importante perché influenza le condizioni stazionali locali (luce, temperatura…) e la dispo- nibilità di fonti di seme. L’apertura di vuoti nella copertura può produrre un «mosaico mobile» di tessere di età, composizione e struttura diverse, contribuendo alla diversità a livello di paesaggio (P
ICKETTe W
HITE, 1985; O
LIVERe L
ARSON, 1990; F
RANKLIN, 1993; T
URNERet al., 1995).
Altri fattori antropici, esterni all’attività forestale in senso stretto, pos- sono avere forti ricadute sulla diversità di specie, di strutture e di processi nei sistemi forestali. In particolare, l’attività venatoria, con l’immissione e, soprattutto, con la modifica della struttura delle popolazioni di determinate specie animali, come i grossi ungulati, può provocare turbative ai processi di rinnovazione della componente arborea (P
ROVINCIAA
UTONOMA DIB
OL-
ZANO
, 1997; S
CRINZIet al., 1997; M
OTTA, 1999; M
OTTAe P
UPPO, 2001).
RIASSUNTO
L’analisi della biodiversità nei sistemi forestali e in particolare delle sue interazioni con la gestione, deve tener conto di processi che attraversano più scale temporali e spazia- li. I fattori naturali di disturbo nei sistemi forestali si verificano attraverso un’ampia varietà di micro-meso scale che determinano il contesto spaziale e temporale per i diversi processi. La selvicoltura e la gestione agiscono sulla biodiversità con molteplici effetti, strettamente interrelati, spesso difficilmente quantificabili.
SUMMARY
Biodiversity conservation in forest systems.
2. Species, structures, processes