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ANGEL AGENT Ad Eleonora, Francesco, Maurizio, Simona, Cristina, Massimo, Jenny che hanno avuto poco tempo per vivere la loro vita biologica

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Academic year: 2021

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ragione, quando a lasciarci è una persona giovane, che apparentemente ancora non ha avuto il tempo di compiere nulla, rimaniamo attoniti e ci chiediamo “Perché?”. Ma se, come ci dicono tante religioni, la vita biologica fosse solo il primo passo di un cammino che nemmeno possiamo immaginare?

Giulio Destri

ANGEL AGENT

Ad Eleonora, Francesco, Maurizio, Simona, Cristina, Massimo, Jenny che hanno avuto poco tempo per vivere la loro vita biologica

© Giulio Destri

http://www.giuliodestri.it

Licenza Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 – 2011-12

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Parte Prima

1 Passaggio

Erano le 11 di sera, Guido, uscito dalla stazione della metropolitana, si dirigeva a passo spedito verso casa. Nonostante quella fosse normalmente una zona tranquilla e lui fosse esperto di arti marziali non si sentiva troppo sicuro. Aveva fatto tardi in ufficio, come non gli succedeva da mesi ed era irritato con se stesso per questo.

Il periodo non era dei migliori e la crisi, tra alti e bassi, continuava ad attanagliare il mondo, mentre vari regimi tirannici continuavano a spargere minacce e veleni, la televisione trasmetteva tantissime sciocchezze e il consumo di droga continuava a crescere. “In che brutto mondo viviamo”, pensò.

Non era certo quello il mondo che sognava da bambino, tanti anni prima.

Arrivato all’incrocio si fermò un attimo. Tutto sembrava normale eppure lui avvertiva un senso di pericolo, anche se non riusciva a capire a che cosa attribuirlo. Attraversò rapidamente la strada tenendosi lontano dai muri. Da dietro un’auto spuntò improvvisamente un ragazzo armato di coltello e, senza dire nulla, tentò di dargli una coltellata alle reni, che lui evitò per un soffio.

Con un salto si mise fuori tiro e squadrò il suo avversario. Era vestito normalmente, il viso era pallido e gli occhi freddi e spiritati. Guido capì subito che era un benestante drogato e aveva preso una delle nuove droghe sintetiche che creavano delirio di onnipotenza in chi le prendeva.

Mantenendo la calma disse al ragazzo “Ok, vediamo di stare calmi” e stese le braccia in avanti. Con voce atona il ragazzo gli rispose “Brutto stronzo, mi hai rovinato la media…” ed Guido capì di avere a che fare con uno streetblade, uno di quei pazzoidi fatti che accoltellavano le persone per gioco, per fare punti all’interno del branco, di cui aveva sentito parlare al telegiornale. Non erano mai stati in quel quartiere, ma c’era sempre una prima volta. La droga poteva anche renderlo più forte e non fargli sentire il dolore… la situazione stava prendendo decisamente una brutta piega.

Il ragazzo si avventò col coltello e lui lo schivò di lato, più e più volte, senza perdere la calma. Ad un certo punto Guido riuscì a colpirlo con un calcio dietro il ginocchio, mandandolo a terra. Il ragazzo si tirò su come un automa, senza sentire il dolore della gamba colpita. Estrasse una rivoltella e gli sparò due volte all’addome prima che Guido avesse il tempo di fermarlo.

Ma non riuscì a fare altro. Reagendo d’istinto e di rabbia Guido lo colpì al naso con uno delle mosse

“proibite” che aveva imparato tanto tempo prima. L’osso nasale gli penetrò nel cervello ed il ragazzo cadde a terra e morì. Guido barcollò un attimo e cercò di sostenersi. Il dolore era terribile, la testa gli martellava e non riusciva a stare in piedi. Crollò dopo pochi passi. Guido guardò il ragazzo morente e si disse “Oh mio Dio, cosa ho fatto!”.

Poi tutto divenne buio.

2 Giudizio

Fu un attimo, una luce abbagliante lo investì. E di colpo non erano più nella strada, lui e il ragazzo.

Erano in piedi, in una specie di enorme stanza fatta tutta di luce. E il viso del ragazzo non aveva più l’espressione di drogato, ma solo quella di un bullo apparentemente sicuro di sé, la cui sicurezza stava svanendo istante dopo istante.

Guido non sentiva più alcun dolore, e non sentiva nemmeno più le pulsazioni del suo cuore…

Tre figure apparvero davanti a loro. Anche esse sembravano fatte di luce ed avevano un aspetto solo vagamente umano. E una voce risuonò nella sua testa, chiamandolo per nome e cognome, o con qualcosa che lui interpretò come nome e cognome. E lo stesso fece con il ragazzo. Poi la voce continuò “La fase biologica della vostra esistenza ha avuto termine. Ognuno di voi ha ucciso l’altro.

Siete qui per essere analizzati e giudicati.”

Rivolgendosi al ragazzo un’altra voce, femminile stavolta, proseguì: “Sei nato nella ricchezza, avresti potuto fare qualsiasi cosa. Ma hai saputo solo sprecare la tua vita e hai fatto del male.” Sopra il ragazzo comparve una specie di bolla in cui apparvero immagini. Lo stupro di due ragazze, un anziano accoltellato, il branco, l’uso di droghe, una vita vuota vissuta nel totale disprezzo degli

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Una terza voce, di nuovo maschile, continuò, con un tono assolutamente incolore: “Hai male usato il tuo libero arbitrio, perciò non sei degno di passare ad altre fasi dell’esistenza”.

Il ragazzo era ora terrorizzato e si girò verso Guido come per dire qualcosa. Ma non ne ebbe il tempo. Una specie di cubo nero si formò intorno a lui e divenne opaco. E poi rimpicciolì di colpo e sparì.

“Resterà nel cristallo sino alla fine dell’universo, quando giungerà il momento del suo termine”

disse la voce, rivolgendosi ora ad Guido, che sentiva ora il terrore montare dentro di lui, ma senza tutti i familiari sintomi fisici che lo accompagnavano e senza la possibilità di calmarsi con un respiro profondo…

Una bolla simile a quella di prima si formò sopra la sua testa e lui rivisse la propria vita. In un lungo istante senza tempo rivide i suoi genitori e altre persone care morte da tempo, i suoi compagni da bambino, i suoi giochi, la scuola, l’università, le ragazze che aveva avuto. Tutto ciò che aveva conosciuto ed amato un tempo. Il bene ed il male che aveva fatto, le cose che avrebbe voluto fare e non aveva fatto in tempo a compiere… tutto scorreva con una nitidezza impossibile per i semplici ricordi umani, come se fosse registrato da qualche parte. Gli ultimi anni della sua vita. E da ultimo la scena finale, quando aveva ucciso il ragazzo che pure aveva ucciso lui…

Guido rimase ritto, incapace di muoversi, mentre un dolore immenso lo tagliava in due. Avrebbe voluto inginocchiarsi, buttarsi a terra, urlare, ma non riusciva a muoversi. Le sue colpe pesavano su di lui come un macigno. Avrebbe voluto morire pur di sfuggire a quel tormento… “ma sono già morto” pensò con orrore.

Di colpo tutto terminò. Era di nuovo solo, di fronte alle tre figure. La prima voce parlò di nuovo:

“Nella tua vita hai compiuto bene e male. Avresti dovuto fare tante cose che non hai fatto e negli ultimi anni ti sei chiuso in te stesso per sfuggire al mondo. E hai ucciso il ragazzo. Per questo non sei pronto e dovrai espiare, con un lungo percorso, al termine del quale sarai nuovamente giudicato.” E poi continuò “Sappiamo cosa stai pensando e cosa ti stai chiedendo. Non sei pronto per conoscere tutto, potrai farlo solo alla fine del tuo percorso. Sappi solo che anche noi un tempo siamo stati esseri umani e che le persone che nella tua vita hai amato esistono ancora e ti aspetteranno. Se supererai la prova.”

“Ora noi ti lasceremo” disse la voce femminile “ma la tua guida, il tuo supervisore, verrà da te e ti spiegherà il tuo cammino”. “Addio, o meglio, arrivederci” dissero all’unisono le tre voci e le tre figure svanirono.

3 La guida

In un attimo Guido si trovò in un’altra stanza. Sembrava anch’essa fatta di luce, ma era più scura.

Continuava ad avere paura, ma almeno sapeva che gli era stata offerta una seconda possibilità.

Una figura di luce apparve di fronte a lui e poi prese sembianze umane. Era una ragazza, giovane e molto bella. Indossava un abito che gli sembrava somigliante al costume dei Cavalieri Jedi in Guerre Stellari, con il cappuccio abbassato sulle spalle. I suoi capelli erano biondo scuro e crespi, pettinati all’indietro, i suoi occhi azzurro-verde, la carnagione chiara, i lineamenti sottili. Ma la luce nei suoi occhi non era quella di una ragazza e dimostrava una saggezza ed una serenità non umani.

Il suo viso gli sembrava familiare, ma nel terrore del momento non riusciva a capire dove l’avesse già vista.

Ma perché, pensò, gli appariva una donna con quegli strani particolari… di colpo lo presero pensieri frenetici “non sono ancora morto, questa è un’allucinazione e poi morirò e non ci sarà più nulla…”.

La ragazza gli sorrise e gli disse con voce quasi maliziosa: “Guido, non ti ricordi di me? Mi hai conosciuto in questa forma, anche se sono passati tanti anni…” e, di colpo, lui la riconobbe. “Elly!”

urlò, ma la voce gli uscì appena, mentre un turbine di ricordi lo investiva. Elly, quella dolce e carinissima ragazza che era nata pochi giorni dopo di lui, che faceva danza e che era morta di leucemia a soli 16 anni. Si conoscevano di vista, si erano parlati spesso all’oratorio da piccoli. Si ricordava ancora l’ultima volta che l’aveva vista all’inizio della malattia fulminante che l’aveva

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strappata alla vita. Per anni era andato a pregare sulla sua tomba nei giorni dei morti e spesso per il suo compleanno.

“Sì, sono io”, rispose la ragazza con serenità, “Non avere paura. Ho accettato di essere il tuo supervisore perché ti conosco. Ti ho osservato mentre trascorrevi la tua vita. Ti ho visto quando sei venuto a trovarmi. Nonostante ci conoscessimo appena quando ero in vita, hai provato dolore per me e sei stato vicino ai miei genitori. Ti ringrazio per questo.”.

Lui cadde in ginocchio, mentre il dolore lo squassava di nuovo, e la guardò. “No, alzati” gli disse lei, e mosse gli occhi. Guido sentì che il suo corpo si rialzava senza che lui lo avesse voluto e pensò

“Corpo… ma io non ho più un corpo! Cosa sono!?”.

Elly lo guardò e la sua voce risuonò nella testa di lui: “Potrei dirti che sei pura energia, come me, ma in realtà la cosa è più complicata. Ma questo non è importante per ora. Lo capirai a tempo debito.

Non preoccuparti, leggo tutti i tuoi pensieri, e voglio rassicurarti. Ho estratto dalla tua mente l’idea del costume che indosso, perché mi sembrava appropriato a ciò che ora sono.” E poi aggiunse sorridendo: “Sicuramente avresti preferito vedermi con indosso la tuta bianca della principessa Amidala, non è vero?”. Il suo tono si fece di nuovo serio e pacato: “Non puoi avere contatti con altri finché non avrai superato la prova, ma sappi che le persone che hai conosciuto ed amato ti aspettano.

E sono certa che tu la supererai. Sono autorizzata a spiegarti alcune cose in modo tale che tu sia pronto per svolgere il tuo compito. Hai già capito che la morte biologica non è il termine dell’esistenza, almeno per alcuni, ma l’inizio di un nuovo percorso. Il percorso è diverso per ciascuno di noi e prevede vari passi. Alcuni di noi possono intervenire nell’universo fisico dove la vita biologica si svolge, altri solo osservarlo. Io rientro in questa categoria, potrei definirmi un osservatore. Ma potrò intervenire nel mondo fisico attraverso di te. La storia umana è giunta ad un punto di crisi. Da tempo, purtroppo, gli uomini hanno acquisito enormi capacità distruttive e già più volte noi siamo dovuti intervenire per evitare il peggio. Se fino ad ora ci sono sempre stati uomini viventi di buona volontà che hanno ascoltato il proprio cuore e la propria coscienza, ora la situazione sta peggiorando. E ora saranno necessari interventi diretti per aiutare le persone di buona volontà, attraverso ‘agenti’ nel mondo fisico. Questo sarà il tuo compito, il tuo percorso di espiazione. Sarai un nostro agente e tornerai nel mondo fisico.”.

Lui la guardò stupefatto e disse “Ma se io sono morto, come è possibile?”. Elly gli sorrise e replicò

“O uomo incredulo, non preoccuparti e abbi fede. Dovrai superare il tuo stadio attuale e poi potrai capire le cose che ti permetteranno di agire”. Estrasse le mani dalle maniche dell’abito e una sfera di cristallo scintillante, delle dimensioni di una pallina da tennis, apparve nella sua mano destra.

Mosse la sinistra e lui si ritrovò inginocchiato davanti a lei. “Ora rinascerai a nuova vita, ma la nascita comporta dolore. E questo è il primo passo del tuo cammino”. Elly appoggiò la sfera sulla sua fronte e questa entrò in lui.

Fu come se il fuoco l’avesse invaso. Ciò che percepiva come suo corpo bruciava, si inceneriva e ogni singola sua fibra pulsava di dolore. Nello stesso tempo lui si rendeva conto che la sensazione non era reale, lui non aveva più un corpo e la sua mente stava cercando di interpretare quanto gli accadeva attraverso metafore non più corrispondenti alla realtà.

Ancora rivisse per un attimo la sua vita precedente, ma questa volta guardandola con occhi diversi, più distaccati. Di nuovo un dolore immenso lo scosse. E un’onda di luce abbagliante lo attraversò, purificandolo, e poi ogni sensazione cessò e rimase solo.

Per un tempo indefinibile si ritrovò a fissare l’universo, le galassie, miliardi di stelle e di mondi. Le stelle nascevano, compivano la loro vita e cessavano di esistere in modo tumultuoso. Lo spazio e il tempo erano immensi, ma non erano infiniti e nemmeno eterni. L’uomo non era nulla nei confronti dell’universo e, almeno così gli sembrava, non era nemmeno solo. Ma lo stesso immenso universo era solo una piccola parte del tutto. Non era in grado di capire tutte le leggi fisiche che lo governavano, ma sentiva che un giorno l’avrebbe capito.

E poi vide miriadi di entità di luce, immerse in una luce più grande, ad una distanza enorme da lui… e una profonda sensazione di serenità e di utilità entrò in lui. La vita, l’esistenza umana aveva

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uno scopo. Lui poteva aiutare qualcuno. E la stanchezza e la sfiducia che lo avevano accompagnato durante gli ultimi anni svanirono.

4 Di nuovo nel mondo

Buio, torpore, una sensazione strana. Bip, bip, bip… e un cuscino sotto il collo. Guido aprì lentamente gli occhi e si guardò intorno. Era in un letto di ospedale, una camera singola ed era notte.

Aveva l’addome ancora fasciato, le flebo in entrambe le braccia e l’ecocardiografo pulsava piano al ritmo del suo cuore. E non sentiva dolore. “Sono tornato nel mondo fisico”, pensò “sono di nuovo vivo”. Quanto tempo era trascorso? Aveva forse sognato tutto?

Elly era in piedi al fianco del letto e gli sorrise. Nonostante la debole luce azzurra colorasse la stanza in modo diverso dal normale, lei era luminosa come se fosse stata in pieno sole, ma la luce dell’immagine del suo corpo non si estendeva al resto della stanza. La sua voce risuonò nella testa di lui: “No, non hai sognato. Non sforzarti a parlare, ti leggo nel pensiero. Ti avevo detto che sono un osservatore, nel mondo fisico io compaio direttamente nella tua mente, senza influenzare niente altro. Infatti, se guardi la mia mano, noterai che non è riflessa nel monitor. Non starò sempre con te, ma solo quando ne avrai bisogno. Ti hanno trovato subito prima che il tuo corpo morisse dissanguato. Sei stato operato all’addome, da cui ti hanno estratto i proiettili, ed è passato un mese, durante i quali, per i medici, tu sei stato in coma. Si stupiranno molto quando ti vedranno risvegliato.

Ora sei di nuovo nel mondo, ma hai visto le cose che dovevi sapere.”

“Cosa devo fare ora?” pensò lui. “Attendi di guarire del tutto, io tornerò presto.”, lei rispose, “Ti manca un ultimo passaggio prima di iniziare la tua missione. Ovviamente non potrai dire a nessun altro cosa sei ora e, se anche glielo dicessi, non ti crederebbe o penserebbe che tu sei pazzo o che hai avuto visioni conseguenti al trauma. E ora dormi”.

Elly gli appoggiò la mano sulla fronte e una sensazione di energia che non aveva mai provato prima da vivo percorse il suo corpo. Poco dopo Guido scivolò in una incoscienza profonda e senza sogni.

5 Risveglio

Di nuovo il buio e la sensazione di torpore… due voci risuonavano nelle sue orecchie. Decise che le voci erano reali e non dentro di lui. Aprì lentamente gli occhi e vide il medico e l’infermiera davanti al letto. Il medico lo guardò stupito e subito lo chiamò per nome e gli disse “Riesce a sentirmi?

Muova gli occhi verso l’alto se capisce ciò che le dico!” Guido ubbidì e il medico ordinò all’infermiera di andare a chiamare altri colleghi.

Dopo giorni di esami e test i medici conclusero che il coma non aveva causato danni permanenti al suo cervello. Un mese ancora di riabilitazione e poi sarebbe potuto tornare a casa. Il dottor Viti, il medico che era stato presente al suo risveglio, era dubbioso e nel pomeriggio di quel giorno entrò in camera e gli spiegò: “Il suo risveglio è quasi un miracolo. In effetti la sua stessa sopravvivenza è un miracolo, quando un metronotte l’ha trovata in quella strada lei era praticamente dissanguato e il suo cuore stava cessando di battere. E, visto l’elettroencefalogramma completamente piatto dei primi giorni pensavamo che lei fosse in morte cerebrale. Per questo le stiamo facendo tutti quegli esami, lei potrebbe diventare un caso clinico importante…”. Guido lo guardò e sorrise “Cosa posso dire dottore? Che ero morto e sono tornato in vita?”. Il dottore rise: “Come riesce a scherzare anche su questo? Complimenti per la sua serenità!”.

Il direttore delle risorse umane presso l’azienda di informatica per cui aveva lavorato principalmente negli ultimi anni era un uomo freddo, sempre controllato. Si diceva che non avesse mai emozioni. Non appena entrò nella stanza, con il viso che sprizzava cordialità da tutti i pori, Guido capì che era venuto a comunicargli la rescissione del contratto. Ascoltò senza emozioni le giustificazioni e il ricrescimento enorme che l’azienda esprimeva mentre gli annunciava che gli avrebbero accreditato i compensi per il lavoro di due mesi ulteriori sul conto corrente. Gli pareva di poter vedere il dirigente del piano di sopra che non lo aveva mai sopportato che si fregava le mani

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al pensiero di sbatterlo fuori. La cosa gli appariva completamente senza importanza. Non provò rabbia né altre emozioni, solo pensò con un senso di pena al fatto che lui e gli altri uomini

“importanti” non sarebbero sopravvissuti a lungo…

Nei giorni seguenti proseguì con la fisioterapia e notò che la sua percezione era aumentata in tutto.

La vista era più acuta, così come l’udito, il tatto, l’odorato. E anche la sua abilità nel leggere le emozioni degli interlocutori, che aveva guadagnato con lo studio di tecniche come la PNL, andava oltre quanto fosse mai riuscito a fare. Persino le sue abilità fisiche, come la forza, erano tornate quelle di anni prima quando era al massimo della forma. Poi un giorno, recandosi in bagno, notò che il suo viso riflesso nello specchio sembrava più giovane e addirittura i capelli che aveva perso nel corso degli anni stavano rispuntando dalla sua testa… cosa gli stava succedendo? Inoltre notò con stupore che riusciva a percepire chiaramente le correnti elettriche che scorrevano entro gli apparati dell’ospedale e capì che il bip dell’ecocardiografo, che aveva il suono disattivato, era solo una traduzione in suono dell’impulso di corrente che la sua mente aveva fatto automaticamente.

Ricordava perfettamente tutto quanto era successo… mentre era morto, ma non riusciva più a capire se era stato tutto un sogno. Elly non si era più fatta viva… che strana espressione da usarsi per…

come poteva definirla? Uno spirito? Un angelo?

I medici e i fisioterapisti erano stupefatti e lo monitoravano di continuo, cercando, come intuiva, di capire se per caso si potessero rilevare dal suo caso caratteristiche utili per produrre nuove cure o terapie, da vendersi a caro prezzo. Lo stesso amministratore dell’ospedale si era fatto vivo per tranquillizzarlo sul fatto che anche se certe terapie ed esami non erano previsti dalla sua assicurazione, nulla gli sarebbe stato addebitato, purché lui firmasse la liberatoria che avrebbe consentito all’ospedale di usare i risultati di tali esami… anche per scopi commerciali, in collaborazione con le industrie farmaceutiche. E per lo stesso motivo tutte le notizie relative alla sua degenza non erano state comunicate a mezzi di informazione.

Parecchi giorni dopo dal suo risveglio un funzionario di polizia si presentò in camera. Ascoltò attentamente la sua versione. Mentre parlava, Guido riuscì a vedere i pensieri dell’altro e capì che nulla gli sarebbe stato imputato per la morte del ragazzo. Gli streetblade avevano ferito o ucciso molte persone in città nel corso dell’ultimo anno. Ed erano stati usati metodi “drastici” nei loro confronti… per cui diversi di questi erano poi morti per “complicazioni” durante il periodo di attesa di giudizio in carcere. Per cui uno di loro di meno era solo un fastidio in meno per la polizia. E similmente stava avvenendo con altre bande di teppisti. Ovviamente le notizie che erano state pubblicate non dicevano tutto questo. Guido capì che se la situazione reale era quella, la giustizia era vicina al collasso. E gli ritornarono in mente le parole di Elly sulla degenerazione della società.

Due giorni dopo Guido, di sera, stava percorrendo le scale della rampa secondaria di servizio. Il fisioterapista gli aveva consigliato un esercizio del genere, anche se lui lo faceva un numero di volte molto superiore. Su quella rampa non passava quasi nessuno, tranne alcuni infermieri ed il personale dei servizi. Tutti ormai lo conoscevano di vista ed egli li salutava sorridendo. Al termine dell’esercizio compì ancora una mezza rampa. Sentiva che la sua resistenza era oltre i limiti del fisiologico. Si fermò e fece diversi minuti di allungamenti, al termine dei quali iniziò a percepire qualcosa di strano proveniente da due piani sopra di lui. Il sesto piano ospitava il reparto di terapia intensiva dove lui stesso era stato ricoverato nei primi giorni, per poi essere trasferito alla riabilitazione del nono.

Entrò silenziosamente nel reparto e si diresse verso una stanza. Lì era ricoverato in condizioni critiche un giovane di 24 anni, che era stato investito giorni prima da un pirata della strada mentre usciva dalla festa per la sua laurea, guadagnata con tanto sforzo. I genitori e la sorella, distrutti dal dolore, si alternavano insieme agli amici per stargli accanto. Ma i medici erano assolutamente pessimisti. La sorella era nella poltrona accanto al giovane, avvolto dalle apparecchiature.

Sopraffatta dalla stanchezza si era addormentata. Guido, nel silenzio più assoluto, focalizzò la sua attenzione su di loro e lesse dalle loro menti la loro vita. Una famiglia onesta, laboriosa, con i valori

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era neolaureato in ingegneria elettronica, aveva fatto una tesi sull’uso di apparati per aiutare gli anziani a rimanere autosufficienti. Si era innamorato di una delle sue amiche, ma per timidezza e per troppo impegno messo nel lavoro non le aveva ancora detto nulla. I genitori erano piuttosto anziani, avendo avuto i figli tardi, ed erano molto fieri di loro.

Guido rifletté su di loro. Non era giusto che l’impegno e la voglia di vivere di quel ragazzo andassero persi… anche se il ragazzo fosse diventato uno spirito come quelli che aveva visto, gli sembrava giusto che prima lui vivesse la propria vita biologica e la sua famiglia potesse continuare a viverla insieme a lui. Pregò intensamente perché il ragazzo si svegliasse e guarisse. Entrò nella mente del ragazzo e percepì il dolore e la paura del momento dell’incidente e la sua grande voglia di vivere. Pregò ancora e ancora…

“Ora stai incominciando a capire” disse la voce di Elly dentro di lui. Per un attimo rimase scosso. E poi sentì che le correnti elettrochimiche stavano ricominciando a fluire nel cervello del ragazzo.

L’eeg ricominciò a mostrare tracciati, seppur debolissimi, di attività cerebrale. Ed ebbe la certezza che il ragazzo si sarebbe svegliato ed avrebbe ripreso la propria vita.

La sorella si svegliò e gli chiese “Chi è lei? Cosa sta facendo qui?”. Con una voce che non aveva mai sentito uscire dalla sua bocca lui le rispose “Non ha importanza chi sono. Guardi l’eeg. Suo fratello si sveglierà presto. Avrà bisogno di voi, dovete rimanergli vicino. E, quando starà guarendo, ditegli di dichiararsi ad Alberta.” La ragazza lo guardò con occhi sbarrati: “Ma cosa… come fa a sapere…”. Guido alzò la mano e replicò “Devo andare ora, tra poco i medici di turno arriveranno.

Le chiedo per favore di scordarsi che io sono stato qui”. “Sì, certo…” balbettò confusa lei.

Guido era già nella sua camera e stava sorridendo quando percepì i medici che entravano di corsa nella stanza del ragazzo richiamati dall’improvviso ritorno della sua piena attività cerebrale.

6 Uscita

I medici lo trattennero ancora per giorni oltre il termine inizialmente previsto per le sue dimissioni.

Firmò tutto quanto gli ponevano davanti senza obiettare. E poi finalmente uscì in un mattino soleggiato e cristallino. Erano trascorsi mesi ed era la fine di febbraio. L’aria era fredda ma non gli dava fastidio.

In meno di un’ora si ritrovò nel suo appartamento. Aveva già regolarizzato l’affitto e tutte le altre pendenze economiche. In modo automatico fece le pulizie, andò a fare la spesa, sistemò tutto. E verificò la propria condizione economica. Le fatture arretrate erano state quasi tutte pagate, il conto in banca gli dava un buon margine di sicurezza, senza toccare alcuno degli investimenti, anche se non stava più lavorando da alcuni mesi. Da anni, da quando aveva rotto con Lucia ed era rimasto a vivere da solo, si era tenuto preparato a situazioni come quella.

Nel tardo pomeriggio rientrò per l’ultima volta in casa, sistemò gli ultimi acquisti e poi si ritrovò seduto nella poltrona a osservare il tramonto attraverso la finestra della stanza grande che faceva da soggiorno e studio insieme. Per la prima volta nella giornata si rimise a pensare a quanto gli era successo. Ancora non riusciva a capire se quanto aveva visto era stato un sogno. Eppure aveva sentito chiaramente la voce di Elly dentro di sé nella camera del ragazzo. E il ragazzo era guarito, ora stava facendo la riabilitazione e, uscendo dall’ospedale, aveva saputo che non avrebbe avuto alcuna conseguenza permanente dall’incidente.

E in quel momento Elly apparve di fronte a lui, sempre bellissima e sempre vestita del costume con cui l’aveva vista la prima volta. “Ciao, uomo incredulo”, gli disse con voce scherzosa. Il suo corpo era luminoso come gli era apparso in ospedale e non proiettava alcuna ombra nella meravigliosa luce color rubino del tramonto che entrava dalla finestra. “Il ragazzo si ristabilirà completamente e farà quello che tu gli hai suggerito. Non posso dirti se Alberta accetterà la sua corte, ma almeno lui ci avrà provato. E, soprattutto, lui avrà una vita da vivere insieme alla sua famiglia e potrà fare tanto per gli altri, prima di diventare uno di noi.”. Poi Elly si spostò verso la finestra e il suo volto assunse una espressione assorta. Indicando gli ultimi raggi del sole gli disse “Guarda i colori creati dalla luce del Sole. Quanta bellezza c’è nell’universo. Ma gli uomini tendono a dimenticarlo”.

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Guido era rimasto immobile. Si sentiva come un bambino che ha fatto una marachella di fronte ai genitori, o come lo scolaro di fronte al preside, o come l’impiegato fantozziano di fronte all’amministratore delegato… “Non sono l’amministratore delegato” gli rispose sorridendo lei, “se proprio vuoi usare questa metafora da ufficio, io sono il tuo superiore diretto e, a mia volta, rispondo ai miei superiori.”. Poi proseguì “Durante la tua trasformazione hai visto tante cose, ma non sei ancora pronto per capirle. E tante devi ancora vederle. Sono qui ora per spiegarti altre cose in relazione alla tua missione.”

Guido, sentendosi come uno scolaretto, disse “Posso farti alcune domande?”. Elly gli sorrise, con la stessa espressione della maestra che sorride al bimbo dell’asilo, e rispose: “In primo luogo vuoi sapere cosa sei ora. Potrei definirti un superorganico, nel senso che il tuo organismo biologico ha iniziato un processo di rigenerazione e riorganizzazione che ti porterà a breve ad assumere caratteristiche che gli umani normali non hanno. Non invecchierai biologicamente ed avrai doti e riflessi più che umani. Già ti sei reso conto che puoi leggere in parte il pensiero degli altri. Ora concentra il tuo pensiero sul computer!” e indicò il PC acceso sulla scrivania della stanza. Guido lo fece e si rese conto che non soltanto sentiva le correnti entro i circuiti elettronici del computer, ma riusciva anche ad interpretarle e a vedere lo stato della memoria, ricostruendo programmi, informazioni… e persino i file su disco.

“Esatto!”, riprese Elly, “puoi leggere i computer, le reti e gli altri apparati elettronici. Ora prova a concentrarti sul cellulare e a ricordare quanto hai imparato tanto tempo fa…” Con sorpresa lui si rese conto che riusciva a percepire il campo dei cellulari ed altri segnali radio presenti nella stanza, anche se non riusciva ad interagire direttamente con essi… “Piano,”, gli disse Elly dolcemente, “ti ci vorrà ancora del tempo per imparare ad usare appieno le tue nuove doti. Ma ora ti devo spiegare altre cose, più importanti. Con oggi termina la tua convalescenza. Con oggi inizia la tua missione.”

La sua voce assunse un tono molto più deciso, anche se sempre pacato. “Come ti ho detto al primo nostro incontro la tua missione principale sarà assistere persone di buona volontà. Sei stato trasformato in un superorganico perché il tuo nuovo corpo ti assista. Nuove doti sensoriali ti aiuteranno ad interagire meglio con il mondo. Ma la tua mente è ancora poco più che umana e finché non dimostrerai di sapere usare al meglio le tue doti, rimarrà tale.” Lui fece per dire qualcosa, ma Elly alzò la mano in modo deciso e proseguì: “Ti leggo nel pensiero, Guido. Una cosa che dovrai imparare comunicando con me è usare il pensiero. Ricordati che io sto parlandoti direttamente attraverso la tua mente. Ora devo dire qualcosa a proposito di ciò che hai fatto, o dovrei dire che non hai fatto, nei tuoi ultimi anni. Da quando ti sei lasciato con la tua ultima ragazza sei vissuto quasi come una monade, hai alzato una barriera fra te e il mondo. Hai diradato e quasi interrotto i rapporti con i tuoi familiari rimasti, sei vissuto solo di lavoro. Anche lo sport è stato per te solo un modo ossessivo per mantenerti in salute fisica. Che vita è stata per te questa? Non era la prima volta che ti succedeva. E’ comprensibile che un essere umano abbia periodi in cui ha bisogno di rimanere solo. Ma sono periodi di transizione, in cui lui deve meditare, in cui si deve evolvere.

Devono essere periodi di crescita. Non periodi di fuga in cui ci si nasconde nel proprio cantuccio, come hai fatto tu. E non eri nemmeno depresso. Quante persone oggi, disgustate dal mondo e dai rapporti umani hanno fatto questa scelta? Tante, troppe.” Si fermò un attimo. Il suo volto assunse un aspetto triste e riprese: “E quanta sofferenza c’è al mondo? Tanta. Gli uomini non possono portare sulle proprie spalle la sofferenza del mondo, ma possono fare tanto per lenirla.” Si girò verso di lui e gli disse: “So cosa stai pensando e per questo ti spiegherò alcune cose. Ero una ragazza serena e piena di vita, mi piaceva studiare e mi piaceva tanto la danza, anche se non sarei mai diventata una ballerina della Scala… Cosa pensi che abbia provato io, quando ero ancora nella mia vita biologica e mi fu diagnosticata la leucemia? Come pensi si siano sentiti i miei genitori? Io ero figlia unica e allora non c’erano le cure che esistono oggi. E cosa pensi che abbia provato quando il giorno del mio sedicesimo compleanno ero già al di fuori del mio corpo e vedevo i miei genitori e gli altri miei cari straziati dal dolore al mio funerale? E non potevo nemmeno dire loro che ero ancora viva in un’altra forma, che non dovevano piangere per me perché esistevo ancora, che avrei continuato a

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volere loro bene? E che la mia vita biologica era durata poco, ma il mio cammino sarebbe durato per sempre?”.

Per un attimo fu come se un riflesso del dolore che lei aveva provato allora si riversasse nella sua mente. Era come cadere in un pozzo pieno di spade ed essere affettato. E lei proseguì: “Io non ho provato dolore per me, ma per ciò che provavano gli altri. Ero disperata per i miei cari. Ma poi la fede ha loro fornito conforto. E io ho potuto vedere i miei genitori continuare a vivere e invecchiare, tutto sommato, serenamente. Non puoi immaginare la gioia che abbiamo provato quando loro mi hanno raggiunto pochi anni fa, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra. Ma tu questo non hai più voluto saperlo, ormai non avevi più contatti con loro e con le altre persone della loro cerchia. E da quanto tempo non pensi ai tuoi genitori? Sai che ho potuto conoscerli, nella loro vita biologica sono stati due persone meravigliose…” Era troppo, lui non poteva reggere allo strazio. “Ti prego” urlò

“basta! Basta!”. Cadde in ginocchio davanti a lei e, spontaneamente, con il gesto degli antichi greci, le abbracciò le ginocchia per chiederle pietà. La stoffa del suo costume era reale, o almeno cosi lui la sentiva. Elly gli mise una mano sul capo. Era calda e viva e il contatto lo rassicurò. Riprese: “Non sto dicendoti tutto questo per punirti, ma solo perché tu capisca. La morte biologica non è la fine dell’esistenza, se si viene giudicati degni di proseguirla. Ed è meraviglioso tutto quanto puoi vedere e capire dopo…” Smise di parlare e lui sentì direttamente le sue sensazioni entro la propria mente…

in realtà stava riuscendo a percepirne solo una parte, e a capirne ancor meno. Come era avvenuto al loro primo incontro una serenità ultraumana entrava in lui. Capì che l’entità che gli stava davanti era davvero Elly, con tutti i suoi ricordi della vita biologica, i suoi sentimenti e le sue passioni, i suoi schemi mentali, le sue qualità, ma era anche molto di più. L’immagine del corpo che lei proiettava direttamente nella sua mente era il suo idealizzato, era più alta di quanto lui ricordava che fosse. Un sacerdote, tanto tempo prima, gli aveva parlato del ‘corpo glorioso’ in cui gli uomini sarebbero risorti. Forse era questo che intendeva? “In parte”, gli disse esplicitamente lei “la mente umana ragiona per metafore, questa è una metafora. Ora alzati”. Gli prese le mani con le proprie e lo sollevò.

“Il tuo compito, la tua espiazione avverrà aiutando gli altri a superare il dolore. Se necessario prendendolo entro di te. Ma anche intervenendo ove possibile per limitare o eliminare il dolore prima che si verifichi. E, in generale, aiutando gli uomini di buona volontà. E un giorno, ne sono sicura, potrai raggiungerci e diventare come noi.”. Tornò a sorridergli e lui la guardò a lungo negli occhi ammirando la serenità e la saggezza che si leggeva al loro interno. La morte non annullava le buone qualità umane, soltanto esse diventavano una parte del tutto.

Solo allora lui realizzò che la stanza era buia, il sole era tramontato da un pezzo. L’orologio digitale della radiosveglia segnava le 21.14. Elly gli disse: “Ora c’è un ultima cosa che devo fare prima di salutarti.” Per un attimo lui ebbe paura. Ma Elly riprese “O uomo pauroso!” e si mise a ridere

“Questa è una nuova tappa del tuo cammino” Lo baciò sulla fronte e gli impose le mani sul capo, dicendo “Ti aiuterò quando avrai bisogno di me. Ma dovrai essere tu ad agire. Ciao, ora devi dormire”. Una sensazione di energia ancora più forte di quella che aveva provato all’ospedale, si propagò per ogni fibra del suo corpo. Spossato ma rasserenato Guido scivolò in una profonda incoscienza.

7 In cammino

Era trascorso circa un anno. Dopo l’incontro con Elly nel suo appartamento si era svegliato dopo giorni, ancora sdraiato sul pavimento. Gli ci erano volute settimane per realizzare che le sue facoltà erano ulteriormente aumentate e che, soprattutto, la sua faccia era ringiovanita. Le poche rughe presenti erano sparite, i capelli ricresciuti, dimostrava anni di meno della sua età biologica. “Età biologica”, si diceva “ma io non ho più un’età biologica!”.

In quel periodo aveva incrociato la comunità di Suor Mariangela, che si occupava di assistenza ad ammalati, senza tetto e ne era entrato a fare parte. Instancabilmente, usava il suo tempo per aiutare gli altri in ogni settore, sia direttamente, sia indirettamente, mantenendo i computer della comunità e gli archivi delle persone bisognose che essi contenevano. Inoltre alla sera insegnava gratuitamente

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i mestieri legati alle nuove tecnologie e yoga e altre forme di meditazione fisica e mentale a bambini ed adulti dei quartieri disagiati, insieme tecniche di autodifesa e arti marziali, soprattutto alle donne. Tante persone grazie ai suoi insegnamenti avevano potuto migliorare la propria vita.

La stessa Suor Mariangela, che pure mostrava una dedizione al proprio lavoro degna di Madre Teresa di Calcutta, gli diceva spesso di riposarsi, ripetendogli che lui poteva rimanere utile agli altri solo se riusciva a mantenersi efficiente nel tempo.

Il suo lavoro era soprattutto apprezzato nell’ospedale, ove riusciva a stare vicino ai malati e spesso ad aiutare malati terminali, dati per spacciati dalla medicina “ufficiale”, a migliorare e a guarire. E, nei casi in cui questo non avveniva, i pazienti con lui vicino terminavano comunque serenamente la propria vita.

Ricordava il primo caso che aveva seguito. Era una donna di 50 anni, che era rimasta vedova dieci anni prima in seguito ad un incidente stradale. Era riuscita a tirare su bene la propria bambina, che ora era una ragazza ventenne, non più credente, disperata per la condizione della madre e piena di rabbia nei confronti del mondo. Mentre le stava accanto aveva percepito ed eliminato il dolore che la donna provava. Nel giro di 3 mesi la donna, data per spacciata per una grave forma tumorale, era riuscita a guarire perfettamente. Lei e la figlia lo consideravano il loro salvatore ed erano tornate ad una vita serena. E riuscivano anche a pensare serenamente al marito e al padre, essendo convinte del fatto che lui esisteva ancora.

Ricordava anche l’uomo di 65 anni, in piena forma fisica e con una famiglia meravigliosa, che era stato investito mentre si recava a prendere la nipotina all’asilo e che era diventato tetraplegico e poi era morto. Era insieme a lui al momento del decesso. I medici gli avevano chiesto di uscire, ma l’uomo aveva insistito perché lui rimanesse. E Guido aveva visto un globo di luce uscire dal corpo dell’uomo e il globo aveva poi assunto la forma dell’uomo stesso, gli aveva sorriso e lo aveva salutato, prima di sparire. In quell’occasione la voce di Elly gli aveva detto “Non sempre è possibile salvare la vita biologica delle persone. Ma ricorda che essa non è il termine dell’esistenza. E fa in modo di aiutare la sua famiglia”. Lui aveva ubbidito. La nipotina di 4 anni aveva capito che il nonno sarebbe esistito accanto a lui come luce e quindi voleva sempre una lampadina accesa alla notte.

Ora capiva perché era stato trasformato in un superorganico quando gli avevano dato una seconda possibilità. Un corpo umano normale non avrebbe semplicemente retto al sovraccarico di ormoni, endorfine positive e negative dovute alle emozioni ed alle sensazioni, in primis a quelle empatiche del rapporto con i malati. Invece il suo nuovo corpo, oltre ad essere incredibilmente più robusto ed efficiente, non veniva investito in alcun modo dal flusso.

Tutte le doti che aveva posseduto nella sua vita precedente erano state aumentate, altre erano state aggiunte. La sua memoria, di qualsiasi tipo, era assoluta, sia per la vita precedente, sia per quella attuale, come e più di quella del più perfezionato computer. Le sue doti intellettuali e di analisi, i riflessi e le capacità coordinative erano incredibilmente superiori a prima e, per alcuni versi, ultraumani.

Ma la parte restante della sua mente, forse sarebbe stato più corretto dire della sua anima, era rimasta poco più che umana, come aveva detto Elly. E il dolore per gli altri, la pietà, la rabbia, l’impotenza lo straziavano. E allo stesso tempo le doti ultraumane di auto osservazione ed autocontrollo lo aiutavano, per cui, pur di svolgere bene il proprio compito, riusciva ad estraniarsi e a controllare le emozioni negative, salvo poi vederle esplodere nei momenti in cui rimaneva solo.

Ma questo era il cammino verso l’espiazione.

Dopo anni aveva anche in parte recuperato i contatti con i membri ancora vivi della propria famiglia.

Anche se non si incontravano di persona, almeno una volta la settimana si sentiva telefonicamente con loro, che abitavano a centinaia di chilometri di distanza. E, dopo anni, era tornato a pregare più volte al giorno, e a parlare con i propri cari morti, sapendo che essi esistevano, che lo ascoltavano e che un giorno sarebbe tornato a incontrarli, anche se per il momento ogni contatto gli era precluso, tranne quelli, non frequenti, con Elly.

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Sapeva che questa era una prima parte del suo percorso dell’esistenza post mortem. Questo era un prolungamento della sua vita biologica, ma vissuto non più da umano biologico. E sentiva, anche se non l’aveva mai chiesto esplicitamente ad Elly, che il passaggio agli stadi successivi dell’esistenza sarebbe stato per lui più complesso rispetto ad altri.

E sentiva anche che prima o poi la sua stessa missione nel mondo fisico sarebbe cambiata.

Fine prima parte

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Parte Seconda

2.1 Incontro

Era passato un altro anno. Quella sera aveva fatto tardi per il nuovo corso di autodifesa femminile tenuto nel centro sociale dall’altra parte della città, ove aveva tenuto oltre 3 ore di lezione a ragazze e donne impaurite dall’aumento di criminalità. Avrebbe potuto fermarsi a dormire lì vicino ma non aveva voluto. Diverse volte aveva fatto con gli aiutanti di Suor Mariangela assistenza notturna ai senza tetto e conosceva bene la città di notte. E poi in qualche modo aveva bisogno di un momento per stare solo con se stesso. Si sedette sulla panchina sotto l’albero che conosceva nel parco e ascoltò dentro di sé una compilation di canzoni che la sua memoria perfetta ricordava, senza alcun bisogno di strumenti di riproduzione. Poi rimase a lungo senza pensare, in uno stato simile alla trance dei guru. Svegliatosi, entrò nel metrò, c’era tempo prima dell’ultima corsa. Uscì dalla stazione di arrivo e si incamminò lungo la strada. Aveva continuato ad abitare nel suo appartamento, anche se quella sera aveva deciso di dormire nella sede nord dell’istituto di Suor Mariangela, ove un letto era sempre pronto per lui. Nello zaino sulle spalle aveva due cambi completi.

Passando lungo la strada ricordò con un brivido che 2 anni prima, nel corso di quella notte, la sua vita precedente era terminata a pochi chilometri da li. Le droghe erano meno diffuse di due anni prima, ma le bande di teppisti e i criminali in genere erano sempre in agguato.

I suoi sensi ultraumani rilevarono il pericolo mentre era ancora distante. Qualcuno stava appostandosi per un agguato. Ma non era lui il bersaglio… Si acquattò contro il muro, muovendosi rapidamente e silenziosamente e poi entrò nel parcheggio sotterraneo, arrampicandosi lungo la scaletta di manutenzione attaccata ad un pilone. Al livello -2 si pose dietro una colonna di cemento e attese, osservando. Erano in 8, silenziosi e furtivi. E il bersaglio era una ragazza alta e mora, che stava dirigendosi nervosamente verso la propria auto parcheggiata in un angolo, dandosi della stupida per essere ancora lì a quell’ora tarda. I criminali erano streetblade e per un attimo la rabbia lo investì. “Ma ancora sono in circolazione questi bastardi?” si disse. Poi ogni emozione si spense in lui, mentre ricordava la direttiva di proteggere ed aiutare gli esseri umani di buona volontà che Elly gli aveva trasmesso. Doveva proteggere ad ogni costo la ragazza. Si tolse silenziosamente lo zaino e il giaccone, rimanendo solo con la tuta e preparandosi a muoversi.

L’attacco dei teppisti ebbe luogo in massa. La ragazza però, senza perdersi d’animo, si difese efficacemente. Ma il numero era soverchiante, due di loro arrivarono a tenerla ferma ed un terzo estrasse il coltello e glielo puntò alla gola. Poi i teppisti si resero conto che in realtà erano in 6 e non in 8: due di loro mancavano all’appello ed erano, svenuti, dietro le auto. Ed Guido apparve quasi dal nulla di fronte al gruppo. “Lasciatela andare e nessuno si farà del male” disse, con una voce assolutamente priva di emozione.

Il capo, quello che aveva in mano il coltello, si girò e con aria sprezzante gli disse “Chi si dovrebbe fare del male? Tu?”. E, ad un suo cenno, uno degli altri lanciò il proprio coltello addosso a Guido.

Aveva mirato perfettamente al cuore e rimase di sasso quando Guido, senza scomporsi afferrò il coltello al volo senza tagliarsi e ne piegò la lama con due dita sino ad accartocciarla.

“Sono troppo fatti per fermarsi”, pensò lui, “bisogna arrivare alle botte”. In cinque gli furono addosso, lasciando il capo a tenere ferma la ragazza. E poi fu come la scena di un film, gli sembrava che fossero estremamente lenti mentre parava tutti i loro colpi e rifilava loro violenti schiaffoni al volto e calci, tramortendoli. A quel punto il capo estrasse la pistola e la puntò alla tempia della ragazza, ordinandogli di fermarsi. Lui ubbidì. L’uomo gli disse “Crepa!”, girando il braccio verso di lui e sparandogli. Ma nel frattempo lui si era girato, mettendosi fuori tiro dal percorso del proiettile e con un balzo gli arrivò addosso, liberando la ragazza e scaraventandolo a terra.

L’unico degli altri non tramortito si rialzò, a sua volta estrasse la pistola e sparò loro addosso. Lui fece da scudo alla ragazza con il proprio corpo. Con grida selvagge il bandito ed il capo gli scaricarono addosso tutti i caricatori. Sentì il dolore dei colpi, che risvegliarono il ricordo di quanto era avvenuto due anni prima. E sentì che la ragazza provava dispiacere per lui, prima ancora che

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prima? Comunque non temere, il tuo tempo non è terminato e puoi proteggerla”. Scivolarono a terra, la ragazza singhiozzava dietro di lui, ma sentiva che non era ferita. Il capo si avvicinò, ghignando sovraeccitato, per controllare che fosse morto… e questo fu il suo errore. Il braccio destro di Guido scattò fulmineo prendendolo per il bavero. Con una testata Guido gli ruppe il setto nasale e poi lo spinse indietro e il capo cadde a diversi metri di distanza. Guido si rialzò e sentì che il dolore nel corpo svaniva. Un enorme prurito lo sostituì, mentre le ferite si chiudevano da sole, espellendo i proiettili rimasti entro il corpo. Un proiettile, sparato dal capo, lo aveva colpito in una guancia e gli era rimasto in bocca. Guido lo sputò ancora fumante addosso all’altro. E non vi fu bisogno di altro.

Terrorizzato fuggì urlando. Il capo rialzò la testa e lo guardò ancora un attimo. Guido gli fece “bù”

e quello svenne, pisciandosi addosso.

Poi si girò verso la ragazza chiedendole “Come si sente?”. Lei lo guardò sgranando gli occhi, incapace di dire qualsiasi cosa. “Giubbotto antiproiettile” le disse, “mai girare senza.” La ragazza svenne, cadendogli tra le braccia. Dalla sua borsetta Guido estrasse la chiave e aprì la sua macchina che era lì nelle vicinanze, poi prese dolcemente in braccio la ragazza e la pose nel sedile del passeggero legandole la cintura di sicurezza. Recuperò zaino e giaccone, estrasse la tessera del parcheggio, si mise alla guida ed uscirono in strada, dirigendosi verso la casa della ragazza.

Un’ora dopo la ragazza era nel suo letto ancora svenuta. Lui esaminò la casa con approvazione.

Piccola, molto ordinata, con foto alle pareti che dicevano molto della proprietaria. Leggendo nella sua mente scoprì il suo nome, la sua età, la sua storia. Non gli piaceva ficcanasare nella testa delle persone, ma in quel caso era molto curioso. Si guardò un attimo allo specchio. Non c’era alcuna traccia dei proiettili che lo avevano colpito. Il suo volto era sempre giovane, anche se gli occhi non avevano una espressione da giovane. Ma erano rimasti i fori nella tuta e nelle maglie che indossava, sotto i quali si vedeva la pelle, rendendo la giustificazione del giubbotto antiproiettile abbastanza insostenibile.

Si recò nel bagno cambiandosi rapidamente pensando che la tuta avrebbe avuto bisogno di molti rammendi. Dentro di sé sentì la risata di Elly, che gli disse “Sei grande, ora riesci a scherzare anche su questo.” Poi lei aggiunse, con tono pacato ma severo: “Però una prossima volta devi essere più prudente e accorto. La ragazza non era indistruttibile e poteva rimanere ferita o peggio”. E, a sottolineare quelle parole, una lama di dolore fisico lo tagliò per un attimo come una scudisciata.

“Hai capito?” disse Elly. “Hai ragione”, rispose lui, “non farò più un’imprudenza del genere…”.

“Esatto,” replicò lei, “non dimenticare mai chi sei e cosa sei. Tra poco la ragazza si sveglierà. Non è sotto choc ma quasi. Devi tranquillizzarla ed aiutarla a dimenticare la brutta esperienza.”

Si sedette al fianco del letto ed attese. La ragazza aprì gli occhi e lo fissò e lui le disse, con la voce più tranquillizzante che potesse usare: “Salve Simona, come si sente ora?”. “Dove sono? Ma questa è casa mia!”. “Quando lei mi è svenuta tra le braccia mi sono permesso di guardare nella sua borsetta e di portarla qui. Ho sufficienti cognizioni mediche da stabilire che non era necessario portarla in ospedale.” “Chi è lei? Come ha fatto a sopravvivere ai colpi che le hanno sparato addosso?” “Colpi? Quali colpi? Non si preoccupi se i ricordi sono piuttosto confusi, lei si sta sbagliando. Semplicemente, nonostante la sua prontezza di riflessi, quei teppisti erano troppi.” “Si, ha ragione… sono stata molto imprudente. Di solito sono più assennata. Ma come ha fatto lei a fermarli?” “Sono esperto di autodifesa, che anzi insegno in vari corsi. Ho semplicemente dato loro una piccola lezione.”.

Rimasero a parlare per qualche minuto e lui la fece sfogare, poi le disse: “Ora si deve riposare veramente. Si faccia una bella dormita. Io me ne andrò chiudendo la porta.” “No, la prego, rimanga qui, ho paura a rimanere sola”. “D’accordo, ma ora dorma.”

Le pose dolcemente una mano sulla fronte come aveva fatto con molti pazienti e Simona si addormentò in un sonno profondo e rigenerante. “Ora capisci cosa vuol dire essere responsabile per qualcun altro e doverlo proteggere?” gli disse la voce di Elly, che poi concluse: “Buonanotte, uomo responsabile.”. Per il resto della notte Guido rimase immobile a vegliare il sonno di Simona.

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2.2 Cercare la verità

Erano trascorsi due mesi. La mattina dopo la sua aggressione Simona si era svegliata avendo superato completamente il trauma ed avevano parlato a lungo. Lei era un’idealista e svolgeva la sua professione di giornalista con una infinita passione, cercando sempre la verità nelle cose. Attraverso di lei era venuto in contatto prima con la sua migliore amica, Jenny, reporter televisiva che metteva la stessa passione nel suo lavoro.

Simona conosceva inoltre la comunità di Suor Mariangela e più volte si erano incontrati presso di essa. Simona e Jenny si erano meravigliate quando Guido aveva rifiutato decisamente qualsiasi intervista sulla sua storia, anche se capiva che il suo esempio avrebbe potuto spronare qualcun altro ad impegnarsi maggiormente a favore dei più bisognosi.

Quella mattina si era trovato a pranzo con Jenny ed aveva saputo in anteprima, leggendolo dalla sua mente, dell’arresto, avvenuto in città quella notte di un famoso hacker, Massimo Bellini, noto come

“Verobit”, che lui conosceva di fama. Ricordava perfettamente quando l’anno precedente, proprio grazie alle prove raccolte e pubblicate in rete da Verobit ed altri hacker appartenenti al gruppo dei

“Testimoni della Verità” un assessore corrotto era stato arrestato e costretto a dare le dimissioni. Per questo non credeva assolutamente alle accuse di intrusione e danneggiamento degli archivi anagrafici cittadini per cui Verobit era stato arrestato.

Delle indagini era stato incaricato il commissario Maurizio Salardi, insieme al giudice istruttore Cristina Casetti, entrambi amici di Simona e Jenny. Grazie a questo fatto Guido aveva potuto fare pervenire loro le prove dell’innocenza di Verobit e della montatura creata ad arte per incastrarlo e spaventare gli altri hacker, ottenute grazie alla sua capacità di leggere la mente e le memorie elettroniche. E grazie all’aiuto del vicequestore Francesco Falchi, un altro funzionario che ancora svolgeva il proprio lavoro onestamente e credeva nei valori della giustizia, Simona e Jenny avevano fatto scoppiare lo scandalo e diversi pezzi grossi dell’amministrazione cittadina avevano dato le dimissioni.

Guido aveva poi avuto un lungo colloquio con Verobit e altri del gruppo di hacker, che lo avevano in qualche modo accolto come “collega onorario”.

Accanto al lavoro in ospedale, sua principale occupazione, e all’insegnamento dei corsi serali di autodifesa, Guido aveva così iniziato a contribuire ad alcune indagini, rimanendo però sempre nell’ombra. Nel tempo, tutti avevano preso a stimarlo ed avevano fiducia in lui, attribuendo le sue stranezze all’esperienza di quasi morte che aveva vissuto, ben lontani dall’intuire la realtà.

E Guido si rendeva conto che, per aiutare gli innocenti e gli uomini di buona volontà, occorreva combattere l’ingiustizia ed il male provocato da altri uomini. Approfittando della sua presenza in giro per la città di sera, raccoglieva informazioni leggendole direttamente dalla mente delle persone che incontrava e poi, periodicamente, si incontrava con il commissario e la giudice, aiutandoli a completare i puzzle della mappa criminale della città. E, quando la giustizia aveva le mani legate, lui passava le prove direttamente agli hacker, che facevano scoppiare gli scandali.

Più volte Cristina lo aveva interrogato sul come lui riuscisse a procurarsi informazioni che si rivelavano puntualmente vere, ma lui era sempre riuscito ad evitare il discorso, lasciando intendere che in realtà erano gli hacker a raccoglierle.

Le inchieste televisive e sul giornale, basate sui fatti da lui raccolti, avevano permesso a Simona e Jenny di raggiungere notorietà e stabilità nella propria carriera, ma lui sapeva che in questo modo si esponevano anche a grandi rischi. Inoltre, una sera, mentre parlava con i 3 funzionari presso il centro di Suor Mariangela, loro gli avevano esposto una teoria che si erano costruiti cercando di mettere insieme mille pezzi di informazione diverse raccolte negli anni. Da tanto tempo c’erano collusione e corruzione entro gli organi della giustizia e la criminalità organizzata gestiva traffici illeciti. Ma negli ultimi cinque anni tante cose era come se fosse apparsa una regia occulta e ben orchestrata, che dietro le quinte stava iniziando a governare le strategie criminali su scala internazionale. E la stessa cosa pensavano diversi hacker. Guido aveva registrato tutto e si era convinto che in parte essi avevano ragione. “Ecco una cosa che dovrò affrontare” si era detto.

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E poi era apparsa la nuova droga. Con effetti nocivi ridotti al minimo, essa dava a chi la prendeva una sensazione di onnipotenza, garantendo energia e riflessi incredibilmente velocizzati. Ma creava anche una dipendenza spaventosa, trasformando chi la prendeva anche poche volte in un consumatore abituale, che difficilmente poteva essere disintossicato. Simona e Jenny avevano iniziato una campagna di prevenzione e lui, insieme ai ragazzi di Suor Mariangela, si era impegnato nelle scuole per prevenire l’uso della droga, usando tutte le sue doti di persuasione. E anche per fare si che i ragazzi non entrassero nelle bande. Gli streetblade erano stati eliminati, ma bande “più tradizionali” ancora infestavano interi quartieri della periferia. In particolare una di queste era in ascesa grazie ai proventi del traffico della droga. Ma Guido era riuscito a convincere diversi spacciatori al servizio della banda ad uscirne. Fra questi due ragazzi e una ragazza stavano ora provando a rifarsi una vita grazie alla comunità di Suor Mariangela. E la diffusione della droga era stata fermata.

2.3 Incursione

Quella sera anche Simona era nella sede nord dell’istituto di Suor Mariangela. Stavano festeggiando ed erano tutti contenti, perché, dopo alcune settimane, anche i due ragazzi e la ragazza che Guido aveva convinto a uscire dal giro dello spaccio erano entrati definitivamente a fare parte della comunità. C’erano voluti mesi, ma qualcosa nei quartieri stava cambiando e in meglio. La banda della zona, dopo avere cercato di spaventare i volontari che facevano campagna anti droga nelle scuole, non si era più fatta viva.

Guido percepì il pericolo quando era ancora lontano. Tre macchine, per un totale di 15 membri della banda, tutti armati, si stavano avvicinando. Il telefono non funzionava più e neanche i cellulari.

Guido capì che i banditi stavano usando un disturbatore elettronico e non c’era modo di chiamare soccorsi. Fece nascondere tutti nel magazzino del sottotetto e poi uscì per andare loro incontro.

Sotto il portico davanti all’ingresso si fermò, davanti al capo e a tre dei suoi sgherri. I loro giubbotti in pelle avevano il logo col teschio in rilievo e i loro bracciali con le borchie scintillavano nella luce delle lampade a led.

Guido disse loro semplicemente “Cosa cercate?”. “E tu che cazzo vuoi?” replicò il capo “Mi sembra di averti già visto…si, tu sei quello che ha convinto diversi drogati a smettere, rovinandomi gli affari… E quei tre stronzetti che ora sono qui con voi pensavano di potermi lasciare… Un membro della mia banda è mio e per sempre! Che ingrati, io non ho bruciato questo cesso di posto e voi siete venuti a disturbare i miei affari nelle mie strade, nelle mie scuole… Dov’è la tua suora? E dov’è quella puttana che scrive tante stronzate?”. I tre sgherri vicini gli puntarono contro i mitra, mentre altri erano scesi dalle auto e avevano bloccato l’ingresso al piccolo giardino che stava davanti al centro.

Il capo si tolse gli occhiali riflettenti e i suoi occhi erano neri e gelidi mentre lo fissava. Di colpo estrasse la pistola e lo colpì al volto col calcio dell’arma. “Dove sono tutti? Nascosti dentro vero?”

gridò e lo colpì ancora, più e più volte. Guido barcollò un attimo e poi rispose “Se picchiarmi ti farà sentire meglio fai pure, ma lascia stare gli altri”. “Come sei divertente” replicò il capo, “un vero uomo tutto d’un pezzo”. Suor Mariangela uscì dalla porta dicendo “Lasciatelo stare, se è me che cercate sono qui”. “Non disturbarmi suora!” replicò lui sprezzante “Lasciami prima divertire un po’

con lui”. La trascinò verso la porta e le diede uno spintone, facendola cadere a terra all’interno del centro attraverso la porta che poi richiuse rumorosamente e si avvicinò sghignazzando insieme agli altri tre a Guido. Lui percepì che la suora non si era fatta nulla e gridò “Suor Mariangela, state dentro e a terra!”.

“Un vero eroe… Adesso ti ammazziamo di botte, stronzetto, la tua suora non ti riconoscerà quando avremo finito…” disse ridacchiando il capo. Guido replicò con voce meccanica “Non è bello maltrattare chi fa del bene agli altri” e attese che fossero tutti e quattro vicini.

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Con un movimento rapidissimo afferrò entrambi gli avambracci del capo e strinse le mani. Le ossa delle braccia del bandito si frantumarono. Il capo ululò come un animale, mentre Guido continuava a tenerlo stretto. Usandolo come perno tirò un perfetto calcio allo stomaco del bandito alla sua sinistra sollevandolo da terra e lanciandolo indietro di diversi metri. In una frazione di secondo spostò la gamba in avanti e, lasciandolo, spinse con tutta la forza del piede sul petto del capobanda che continuava a gridare, facendo volare indietro anche lui di molti metri. E poi afferrò gli altri due per il collo, li sollevò da terra e cominciò a sbatterli uno contro l’altro con forza, come due sacchi di patate.

I compagni nella strada spararono, ma riuscirono solo a colpire i due. Guidò afferrò l’arma lasciata cadere da uno di loro e si buttò a terra, rotolando, nel giardino, mentre rispondeva al fuoco. In breve aveva centrato le gambe di diversi banditi. Centrò il motore di una delle auto che esplose, lanciando lontano altri banditi.

Corse in avanti sparando e si aprì la strada in mezzo a loro facendo esplodere le altre due auto.

Continuando a correre, imboccò la strada vicina, con i banditi rimasti illesi che lo inseguivano, per portarli lontani dal centro. Uno dei banditi riuscì a colpirlo. I 3 banditi rimasti si avvicinarono e gli scaricarono addosso una valanga di piombo, fermandosi solo quando lo cedettero morto. “Sempre queste scene da film” commentò dentro di lui la voce di Elly “ma non temere, uomo amante del pericolo. L’importante è tenerli lontani da Suor Mariangela e dagli altri.”

Come era già avvenuto quando aveva salvato Simona il suo corpo si ricompose di fronte agli esterrefatti banditi. In pochi minuti la sua figura intatta si rialzò, espellendo gli ultimi proiettili rimasti entro il suo corpo. “Allora, avete finito?” commentò Guido con una voce che non riconobbe come la sua, tanto era fredda e inumana. I banditi scapparono terrorizzati verso la strada principale.

“Attenti!!!!” urlò lui, ma era tardi. L’autista dell’autobus notturno che sopraggiungeva non riuscì a frenare e i tre vennero sbalzati dall’urto in avanti di parecchi metri.

“Non temere, nessuno di loro è morto” disse la voce di Elly dentro di lui “Avranno tempo per pensare alle loro malefatte e forse potranno salvarsi. Come ti senti?” “Bene, io… ma cosa mi avete fatto? Non ho più nulla!” “Infatti, non hai quasi più nulla addosso, ti conviene pensare ad una bella scusa” rispose ridendo Elly e solo allora Guido si accorse che i vestiti che aveva indosso erano a brandelli. Rientrò verso il centro davanti al cancello del quale stavano bruciando i resti delle auto. I banditi feriti, la maggior parte dei quali priva di sensi, erano sparsi lì attorno. Il disturbatore era in una delle macchine ed era andato distrutto, ripristinando i collegamenti.

Rientrò nel centro “Come state? Tutto a posto?”. Suor Mariangela e gli altri lo guardarono, stupiti di vederlo senza un graffio. Simona gli corse incontro e lo abbracciò. “Sei salvo! Non ti sei fatto nulla!

Ci hai salvato…”. “No, non sono stato io…” disse lui a bassa voce. “Il telefono è ripristinato, chiamate la polizia e tante ambulanze, c’è qualcuno che ne ha bisogno”. Suor Mariangela lo guardò fisso negli occhi e gli disse piano “Chi sei in verità? Non rispondermi ora… ma quando sarà il momento voglio la tua risposta”.

Poi lui uscì di nuovo e si avvicinò al capobanda che, a terra, aveva ripreso i sensi e stava lamentandosi del dolore delle ossa rotte. Guido non pronunciò parola, ma lesse direttamente dalla sua mente quanto serviva. Traffici in droga, prostituzione, racket… ma soprattutto armi. Gli articoli di Simona avevano dato fastidio a qualcuno e lui era stato mandato lì anche per portarla via e chiuderle la bocca, se necessario anche in modo definitivo. Ma soprattutto c’era qualcosa di brutto in programma, qualcosa di cui nemmeno il capobanda conosceva i particolari… “Devo scoprire di che cosa si tratta” pensò Guido.

2.4 I terroristi

Era trascorso più di un mese da quella notte. I banditi erano stati tutti arrestati e la banda sgominata.

La maggior parte sarebbero rimasti per molti mesi nell’infermeria del carcere. Forse, come aveva detto Elly, proprio questo avrebbe provocato un loro ravvedimento o forse no.

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La cosa importante era che nessuno al centro si era ferito ed anche i danni erano stati molto limitati.

E il terrore che la banda aveva imposto nel quartiere si era dissolto e la gente stava cacciando gli spacciatori dalle strade.

Guido era ora su un treno superveloce, diretto ad una città a centinaia di km di distanza. Aveva raccolto altre informazioni, che gli avevano fatto scoprire particolari di un traffico di armi, che aveva poi fatto avere alla giudice Casetti. Ma anche qualcosa di brutto, qualcosa che avrebbe dovuto avere luogo di lì a breve nella città verso cui era diretto.

Da decenni ormai, periodicamente, i terroristi internazionali compivano le loro azioni dimostrative, che spesso provocavano tante vittime innocenti. Cercando e mettendo insieme i particolari egli aveva compreso che un attentato molto grande era in preparazione. La sua meta era una delle città turistiche più importanti dell’intera nazione e in quel periodo primaverile insolitamente tiepido era affollatissima di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Un bersaglio perfetto per chi voleva spargere il terrore.

Con gli occhi chiusi, rilassato ed immobile nella poltrona, Guido sembrava dormire, mentre stava discutendo con Elly. “Questo intervento mi sembra oltre la protezione degli innocenti. Perché non ti sei limitato a denunciare tutto al giudice?” disse lei. “Non posso rimanere immobile mentre migliaia di persone rischiano la pelle… devo fare qualcosa”, replicò lui, “La polizia potrebbe non fare in tempo… e poi ho una strana sensazione, come se tutto questo facesse parte di un piano molto più ampio, un piano costruito per il male.”. Elly non rispose subito, come se dovesse prima consultarsi con qualcuno, e disse “Procedi pure Guido, sii prudente ma non temere, ti aiuterò come sempre.”

Guido scivolò nel sonno, non prima di essersi chiesto se anche quella era una prova cui Elly lo sottoponeva.

Dopo mezz’ora si svegliò, in tempo per prepararsi a scendere con calma. In mezzo alla folla sul marciapiede percepì un pensiero che sapeva di morte e individuò il giovane alto coi capelli neri da cui proveniva. Con lo zaino sulle spalle si mise a seguirlo ad una distanza di decine di metri, che avrebbero fatto perdere le tracce a qualsiasi umano, ma non a lui.

In meno di un’ora aveva attraversato mezza città, scambiando 4 autobus. Il ragazzo proseguiva in modo estremamente accorto e prudente, ma non poteva scorgerlo a quella distanza. Giunse ad un appartamento della periferia sud, un caseggiato piuttosto isolato, ma non lontano dalle principali vie di comunicazione. Da quasi cento metri di distanza Guido lesse nelle menti delle persone che il ragazzo stava salutando calorosamente e ne ebbe la certezza: erano terroristi, fanatici indottrinati e votati al martirio ed erano loro che stavano preparando l’attentato. L’attacco non era imminente, anche perché stavano aspettando l’arrivo di un capo, previsto per i giorni successivi.

Guido si sistemò in una piccola ed economica pensioncina nelle vicinanze del caseggiato e si preparò a sorvegliarli a distanza.

2.5 Sventare un attentato

Tre giorni erano trascorsi ed erano le 21. Guido aveva fatto arrivare un messaggio al giudice, spiegando chi stava preparando l’attentato e dove. Sapeva che la polizia sarebbe intervenuta e li avrebbe fermati, ma voleva essere sicuro che facessero in tempo.

Il capo dei terroristi era arrivato quella mattina e aveva visto l’abisso nella sua mente. Era nato tanti anni prima da una famiglia benestante. Un cugino era morto durante una guerra in medio oriente e lui si era avvicinato al movimento terrorista. Da oltre 15 anni reclutava giovani in mezzo mondo e li trasformava in macchine di morte, senza più alcuno scrupolo. Si faceva pagare e anche molto per la sua attività. E il ragazzo di 20 anni che Guido aveva seguito per arrivare lì era soltanto la sua ultima vittima. Un ragazzo normale che, in crisi di identità, si era avvicinato ad un movimento religioso ed era caduto vittima dei fanatici, da cui era stato addestrato e fanatizzato a sua volta. Ma ancora non aveva fatto nulla di male… e forse posso salvarlo, pensò Guido.

I terroristi erano sei in tutto. Il loro obiettivo era fare esplodere una bomba batteriologica nel centro della città, inaugurando una nuova era del terrore che avrebbe riportato la tensione internazionale ad

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un livello molto pericoloso. Tutto questo sembrava parte di un piano preciso, ma Guido non riusciva ancora a vederne i particolari. Immobile, in un angolo in penombra, Guido leggeva i pensieri che stavano dietro la discussione animata che si stava svolgendo al primo piano fra i terroristi. Il ragazzo non era ancora convinto e il capo con voce dura lo stava convincendo, attingendo al repertorio solito di frasi di fanatismo ed odio. E l’attentato sarebbe stato anticipato al giorno successivo! Il ragazzo avrebbe dovuto farsi saltare in aria insieme ad uno zainetto esplosivo contenente anche una bottiglia piena di batteri prodotti con l’ingegneria genetica, che nel giro di poche ore avrebbero contaminato l’intera città ed ucciso migliaia di persone.

L’indottrinamento ebbe la meglio ed il ragazzo registrò il messaggio del martire. Guido capì che la polizia non avrebbe fatto in tempo ad intervenire, toccava a lui fare qualcosa. E, forse, poteva anche offrire un’ultima possibilità al ragazzo. Dei 6, uno era il capo, due le sue guardie del corpo personali, fedelissimi mercenari privi di ogni scrupolo e gli altri due erano altri terroristi in erba, già destinati a morire in successivi attentati. Poteva fermarli anche da solo.

Attese pazientemente e alla prima apertura del portone entrò.

Con un salto si attaccò al balcone e si tirò su, per fermarsi nell’ombra dietro un armadietto vuoto che occupava un angolo del balcone stesso. Attese che il ragazzo uscisse sul balcone e gli disse piano nella sua lingua “Perché vuoi morire trascinando con te tanti innocenti? Non pensi ai tuoi genitori, a tuo fratello maggiore, alla tua sorellina che ti aspettano sempre a casa? Non eri innamorato di quella ragazzina tua vicina di casa una volta? Non avevi sognato un futuro con lei?

Credi davvero di fare il bene per il tuo popolo? Credi davvero di ottenere un premio per questo?” Il ragazzo rimase lì immobile, con la bocca spalancata, senza riuscire a dire nulla.

Ma il capo uscì sul balcone con la pistola spianata, sorpreso e spaventato per quella intrusione e lo trascinò dentro. Gli altri due terroristi in erba erano sorpresi e spaventati, mentre il capo e le sue guardie, superato la sorpresa, recuperarono la freddezza degli assassini professionisti, e lo trascinarono in una delle stanza, legandolo stretto ad una sedia. Guido li lasciò fare, approfittando dell’occasione per leggere nelle loro menti altre informazioni.

Il capo lo interrogò in un inglese privo di accento “Chi sei, per quale agenzia lavori? Parla volontariamente, tanto qui abbiamo tutto il necessario per farti sputare tutta la verità!” “Se anche ti dicessi la verità, non mi crederesti” gli rispose Guido nella sua lingua, “ma vorrei chiederti, tu che parli sempre di Dio, di guerra santa e di morte agli infedeli, credi veramente in quello che dici? O l’unica cosa che ti interessa è il denaro e il potere, l’avere sempre più dollari in quel tuo conto svizzero segreto, oppure in quell’altro alle isole Cayman? E avere giovani e belle donne nel tuo appartamento al settantesimo piano della torre di Abu Dhabi? E magari vendere pure qualche tuo collaboratore ai servizi segreti occidentali in cambio di denaro come hai fatto un anno fa?”. Il capo dei terroristi rimase un attimo interdetto e cercò di mantenere la calma. Ma Guido continuò, elencandogli i codici IBAN e le password dei conti, l’ammontare del denaro in essi contenuto e tutta una serie di informazioni che avrebbero dovuto essere segrete. E aggiunse ad alta voce “Hai trasformato quei disgraziati di là in strumenti di morte e non te ne frega nulla di loro, per te sono solo pedine! Così come non te ne frega nulla delle migliaia di persone che vuoi uccidere domani.

Non provi più nemmeno odio, è soltanto il tuo lavoro. Ma ti è mai importato veramente di qualcuno?”. Guido sapeva che c’era una grata d’areazione attraverso cui si poteva sentire tutto nell’altra stanza e che i tre ragazzi di là stavano ascoltando tutto, choccati dalla rivelazione di essere stati usati. Il capo, che ignorava questo, perse la calma e reagì con sprezzo: “Bravo, uomo idealista dell’occidente! Forse hai ragione, non mi frega più nulla di nessuno. Questa è la mia ultima missione e quando quei gonzi di là avranno fatto il lavoro sporco noi avremo tanti di quei soldi da potere vivere come nababbi per tutta la vita! Ma, prima di scoprire come hai saputo tutto questo e di ammazzarti come un cane, voglio dirti una cosa: sai chi sta finanziando questo, chi mi paga? Un tuo compatriota! Sono anni che il nostro movimento riceve appoggi e fondi anche dalla vostra parte!

Anche a molti di voi conviene che ci sia il terrore!” Rise sguaiatamente insieme alle guardie e aggiunse “Forse hanno usato anche te, idealista! E ti hanno mandato a crepare qui!” Poi, rivolto ad

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