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Introduzione Capitolo 1

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

Introduzione

1.1

L’ingegneria del vento

L’ingegneria del vento è una disciplina intersettoriale che nasce dalla sintesi di svariate materie, fra le quali la statistica e la teoria della probabilità, la fisica dell’atmosfera e la meccanica dei fluidi, la meteorologia e l’aerodinamica, l’urbanistica, l’architettura e la bioclimatica, l’ingegneria civile, ambientale meccanica, aerospaziale ed energetica.

L’applicazione sequenziale dei concetti meteorologici, micrometeorologici e aerodinamici costituisce il supporto basilare di numerose discipline scientifiche che hanno nel vento un problema focale. In virtù di queste materie, l’urbanistica, l’architettura e la bioclimatica affrontano su basi razionali il posizionamento, l’orientamento e la distribuzione del tessuto urbano, la ventosità delle aree cittadine, la ventilazione naturale degli edifici. L’ingegneria ambientale studia lo smaltimento dei fumi urbani, nonché il posizionamento e il progetto degli impianti industriali in relazione alla diffusione dei fumi inquinanti. L’ingegneria meccanica tratta l’impatto del vento sui mezzi di trasporto. L’ingegneria aerospaziale si occupa del posizionamento e dell’orientamento delle piste aeroportuali, della selezione delle rotte aeree in funzione delle correnti in quota, degli effetti del downburst sulle operazioni di atterraggio e di decollo dei velivoli, del posizionamento e del progetto delle basi spaziali. L’ingegneria energetica incrementa le proprie potenzialità studiando il posizionamento ed il progetto degli aeromotori.

Per descrivere l’evoluzione storica e scientifica dell’ingegneria del vento, si fa riferimento a quattro periodi profondamente distinti. Il primo periodo, dagli albori della storia al Rinascimento, vede il succedersi di situazioni ed episodi interpretabili come sporadici ma fondamentali precursori o capostipiti. Il secondo periodo, fra l’inizio del 1600 e la fine del 1800, corrisponde alla nascita e ai primi sviluppi delle materie di base, intese come discipline a sé stanti. Nel terzo periodo, dalla fine del 1800 alla metà del 1900, avviene la piena maturazione scientifica di queste materie; al tempo stesso si manifestano i primi segnali di parziali ed embrionali processi di sintesi. Nel quarto ed ultimo periodo, dalla metà del 1900 ai nostri giorni, l’ingegneria del vento giunge a configurarsi come disciplina scientifica autonoma.

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Figura 1.1 – Schema di distribuzione delle case a Kahun.

1.1.1 Dagli albori della storia al rinascimento

Fin dagli inizi della storia l’uomo, in ogni parte del mondo, ha cercato di rapportarsi con gli elementi naturali e tra questi con il vento. Infatti è emblematica la disposizione di Kahun, città egizia del 2000 a.C. la quale è edificata in modo da garantire al quartiere ricco della città, da un lato riparo dai venti caldi del deserto e dall’altro la possibilità di godere delle piacevoli brezze provenienti da settentrione. In modo analogo si sviluppano città come Babilonia e Baghdad. Anche nell’antica Cina, già nel VI secolo a.C. si applicano principi architettonici e urbanistici basati sulla dottrina del Feng – Shui (Feng: vento, Shui: acqua), ovvero basando le regole di progettazione su una serie di principi volti a razionalizzare l’ingresso dell’aria e della luce a proteggere le abitazioni dal vento e dal freddo.

Nell’antica Grecia, intorno al 300 a.C., si sviluppano i primi trattati sulla meteorologia e sulla previsione del tempo, ad opera di Aristotele (“Metereologica”) e Teofrasto (“Libro dei segni”) parallelamente a criteri di progettazione di abitazioni che tengono conto delle esposizione ai venti e al sole. Lo stesso avviene successivamente (I secolo a.C.) nell’impero romano.

Durante il Medio Evo è molto difficile individuare novità di rilievo. L’unica eccezione è verosimilmente rappresentata dalla diffusione dei mulini a vento, prima in Persia, Cina, Egitto e Arabia, e, successivamente in Europa.

Nel Rinascimento il mondo è pervaso da un fervore di attività e di innovazioni di cui sono fortemente partecipi gli studi e le ricerche sul vento, indirizzate anche ai fini di una migliore disposizione urbanistica delle città. La grande evoluzione delle conoscenze eoliche è comunque dovuta in primo luogo alla comparsa degli strumenti di misura e al conseguente sviluppo delle ricerche teoriche della meccanica dei fluidi e nella meteorologia. Leonardo da Vinci (1425 – 1519) ne è il precursore.

1.1.2 Dall’inizio del 1600 alla fine del 1800

Di fondamentale importanza in questo periodo sono le invenzioni del termoscopio (Galileo, 1609), del barometro (Torricelli, 1643), dell’igrometro (Ferdinando II de’ Medici, 1655 – 1660), dell’anemometro a pendolo (Hook, 1667), del tubo di Pitot (Pitot, 1732) dell’anemometro a coppe (Robinson, 1846).

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Figura 1.2 – La Torre Eiffel.

Parallelamente, le ricerche teoriche ricevono enorme sviluppo soprattutto in virtù degli studi di Galileo, di Pascal e di Newton, ma anche grazie a Bernoulli, D’Alembert, Eulero, Venturi, Navier, Cauchy, Poisson, Stokes, Saint Venant, Poiseville, Von Helmoltz e Lord Kelvin.

Grazie allo sviluppo degli strumenti e della teoria dei fluidi, la meteorologia compie passi importanti sul fronte di giustificare l’origine dei venti per merito di Halley, Hadley, Franklin, Redfield e Espy.

È in questo contesto che iniziano ad avere luogo anche le prime sperimentazioni sulle forze esercitate dal vento su corpi generici (Robins, 1746) e su un mulino (Smeaton, 1759).

L’inizio del XIX secolo vede l’avvento di nuove tipologie strutturali, quali i ponti sorretti da cavi, ponti strallati, ponti sospesi, ponti a travata e ponti a struttura reticolare, che, esaltando più di ogni altra l’importanza del vento, pongono gli ingegneri davanti a problematiche fino ad allora sconosciute. Nonostante gli studi sulle azioni del vento di Navier in Europa e di Roebling in America, si assiste al crollo di molti di questi ponti, spesso proprio a causa del vento. Per ovviare ai numerosi crolli si realizzano ponti sempre più rigidi e sovradimensionati.

1.1.3 Dalla fine del 1800 alla metà del 1900

Verso la fine del XIX secolo compaiono le gallerie del vento; le prime ad opera di Wenham in Gran Bretagna e di Irminger in Danimarca, danno la spinta al fiorire di gallerie del vento in ogni parte del mondo. Le più celebri sono state realizzate da Le Cour ad Ascot (1897), da Tsiolkowsky in Russia (1898), da Stanton a Teddington (1903), da Riabowchinsky a Mosca (1906), da Prandtl a Gottingen (1909), da Eiffel a Parigi (1909).

Si riscontrano però delle discrepanze fra le misure reali e quelle misurate in galleria; Bailey (1930) ipotizza che tali discrepanze siano dovute soprattutto al fatto che le gallerie del vento sino ad allora realizzate danno luogo a flussi laminari uniformi , mentre il vento, in virtù degli attriti esercitati dalla superficie terrestre, si configura in maniera profondamente diversa. Per questo modifica la superficie della galleria, disseminandola di ostacoli, e, ripetendo le sperimentazioni, ottiene risultati decisamente migliori.

Parallelamente allo sviluppo delle prove sul modello, gli studi sulle strutture reali hanno nel grattacielo e nel ponte i due soggetti di maggiore richiamo.

La grande svolta nelle prove full – scale è legata alla realizzazione della Torre Eiffel (300 metri di altezza) che rappresenta l’occasione ed il mezzo per straordinarie esperienze scientifiche. Di particolare rilievo sono le misure della velocità del vento a 300 m di quota, le traiettorie degli spostamenti della torre registrati per mezzo di un telescopio puntato a un bersaglio posto in sommità, gli studi della forza di Coriolis effettuati per mezzo di un pendolo di

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Focault. Successivamente, anche l’Empire State Building (1931, 381 m di altezza) diventa l’oggetto di studi e ricerche di grande interesse, che mettono in luce la tipica rigidità delle strutture dell’epoca.

Anche lo studio dei ponti sospesi diventa via via più raffinato, ed è in questo periodo che si costruiscono ponti sempre più lunghi: il Golden Gate Bridge raggiunge i 1280 m di luce, con un rapporto B/L (larghezza/luce) pari a 1:47 e D/L (altezza dell’impalcato/luce) pari a 1:168. Quando sembra praticamente impossibile realizzare rapporti ancora più bassi, questi vengono ulteriormente ridotti nel Tacoma Narrows Bridge (L = 853 m, B/L = 1:72, D/L = 1:350). I calcoli si rivelano eccellenti per quanto concerne il comportamento del ponte ai carichi stradali e all’azione statica del vento. Altrettanto non può dirsi nei riguardi degli effetti dinamici: il ponte crolla nel 1940 dopo aver raggiunto spostamenti dell’ordine di 4.5 m.

Il collasso del ponte Tacoma rappresenta una nuova svolta storica nell’ingegneria del vento, decretando l’esplosione degli studi di aeroelasticità, già da qualche tempo familiari al settore aeronautico, d’ora in avanti fondamentali anche in campo civile. È l’inizio di un’era in cui le ricerche teoriche, le prove in galleria del vento e le misure full – scale realizzano una perfetta simbiosi con gli studi applicati al ripristino della sicurezza delle opere esistenti e al progetto delle nuove strutture. Fondamentali sono le ricerche eseguite da Fraser e Scruton (1946 – 1952), e da Ferquharson e Vincent (1949 – 1954). Esse mettono a punto la tecnica dei “sectional models”, dimostrando che le forze aerodinamiche agenti su ponti reali sono le stesse che producono le oscillazioni rigide dei modelli delle sezioni dei ponti. La realtà dell’epoca offre a questi studi un campionario di verifiche pressoché illimitato. È la prima volta che la galleria del vento viene impiegata come strumento di progetto.

È durante questo periodo che la meccanica dei fluidi raggiunge la sua piena maturazione, grazie a Reynolds, che da’ una svolta decisiva alle conoscenze dei moti fluidi laminari e turbolenti, a Prandtl, che formula il concetto di strato limite, e a Von Karman, il quale formalizza la distribuzione di velocità nello strato limite e i fenomeni associati alla scia vorticosa. Grazie soprattutto a questi progressi, nasce e si sviluppa in Norvegia, a merito di Bjerknes, la meteorologia moderna, e progredisce la micrometeorologia, grazie

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specialmente ai contributi di Taylor, Sverdrup, Pagon, Kolmogoroff, Shiotani e Yamamoto, Von Karman, Sutton, Monin e Obukhov, Panofsky e Van der Hoven.

1.1.4 Dalla metà del 1900 ai nostri giorni

Alle soglie degli anni ‘60, la meteorologia, la micrometeorologia, l’aerodinamica, la meccanica dei fluidi e la meccanica delle strutture sono discipline scientificamente mature, ancorché indipendenti. Il processo di sintesi da cui trae origine l’ingegneria del vento moderna è innescato da Davenport che, nel 1961, nella memoria “The application of

statistical concepts to the wind loading of structures” fornisce per la prima volta una

visione probabilistica del comportamento strutturale all’azione del vento.

Questo articolo da’ luogo a un seguito di studi e di ricerche tanto fervido e incalzante da produrre uno sviluppo dell’ingegneria del vento che, alla luce dei progressi manifestati e delle conoscenze oggi acquisite, può certamente definirsi vertiginoso. In meno di un trentennio, l’ingegneria del vento giunge a configurarsi secondo uno schema nitido e organico. La meteorologia studia i fenomeni circolativi che si verificano nell’atmosfera terrestre. Partendo da questa visione a macro – scala, la micrometeorologia mette a fuoco la configurazione del vento nello strato limite atmosferico. Note le caratteristiche del fluido indisturbato, l’aerodinamica interpreta i movimenti dell’aria nell’intorno e all’interno dei corpi immersi, e le forze esercitate sulle superfici investite. A valle di queste materie si collocano in parallelo numerose discipline che ne applicano i risultati in differenti contesti.

La meteorologia, già perfettamente assestata alla fine degli anni ’50, ulteriormente matura, in quest’ultimo trentennio, tre tematiche di fondamentale importanza in prospettiva ingegneristica: la strumentazione remota, l’interpretazione fisica e matematica dei fenomeni circolativi a media e a piccola scala, le previsioni del tempo.

La crescita prorompente della micrometeorologia, avviene a partire dagli anni ’60, in cui, basandosi sul principio dello spectral gap, la velocità istantanea del vento viene espressa come la somma di una componente media e di una fluttuazione turbolenta a media nulla. La prima è considerata funzione aleatoria del tempo e deterministica dello spazio; la seconda è trattata come funzione aleatoria del tempo e dello spazio.

L’enorme sviluppo delle scienze aerodinamiche è in gran parte dovuto alla proliferazione dei corpi il cui progetto e il cui comportamento è condizionato dal moto relativo del fluido in cui sono immersi. Le ricerche in questo settore seguono quattro linee metodologiche: le prove in galleria del vento, le prove full – scale, gli studi teorici e le analisi numeriche.

Nell’ambito civile e strutturale la sperimentazione su modello fisico determina due differenti tendenze: la prima è finalizzata all’adeguamento delle gallerie a flusso laminare mediante l’utilizzo di congegni atti a creare artificialmente lo strato limite atmosferico, la seconda consiste nella costruzione di gallerie di nuova concezione, capaci di realizzare in modo naturale, il profilo reale della velocità media e della turbolenza atmosferica.

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Figura 1.4 – World Trade Centre, New York

Le prove full – scale hanno grande sviluppo a partire dagli anni ’60; fondamentali sono i progetti coordinati basati sulla realizzazione apposita di strutture monitorate: i dati acquisiti sono posti a disposizione della comunità scientifica e diventano elemento di confronto.

La grande novità di questo tempo viene tuttavia dal Giappone, ed è costituita dall’uso dei super – computer che permetto analisi sempre più complesse e accurate, in tempi sempre più ridotti, man mano che la tecnologia informatica progredisce.

L’evoluzione dei grattacieli rivela negli anni ’60 due nuovi problemi: l’impatto dei picchi di pressione sui serramenti di facciata e la tollerabilità fisiologica degli occupanti all’atto di moto. Il primo viene alla luce nel 1968, quando nel corso di una bufera di vento, vanno in frantumi 5000 vetrate della John Hancock Tower di Boston; il secondo, sempre nel 1968, quando la John Hancock Tower di Chicago manifesta vibrazioni fisiologicamente intollerabili. Situazioni del tutto analoghe si manifestano in numerose altre strutture.

La presa di coscienza di queste tematiche contribuisce alla formazione di una nuova concezione del progetto strutturale in ottica eolica. Ogni volta che la struttura è speciale, viene determinata la configurazione del vento nel sito in funzione della probabilità di occorrenza. Ultimato il progetto di massima, viene effettuata la sperimentazione su modello. I risultati delle prove in galleria del vento vengono processati per via numerica e combinati con l’analisi di ventosità, giungendo a determinare lo stato vibratorio in funzione del periodo di ritorno. La ricerca scientifica offre a questo contesto un supporto essenziale. Le tecniche di sperimentazione in galleria del vento ricevono un grandissimo impulso da Withbread nel 1965, mentre in letteratura compare una vasta gamma di procedimenti per le analisi del comportamento dinamico degli edifici alle azioni del vento, principalmente ad opera di Davenport negli anni ’60 e di Simiu negli anni ’70.

Il World Trade Center, realizzato a New York nel 1973, stabilisce il primato di altezza, raggiungendo la quota di 441.48 m. È la prima costruzione integralmente ispirata ai concetti in precedenza descritti. Lo stesso verrà fatto successivamente per la Sears Tower di Chicago, (1974, 441.96 m) e per la CN tower di Toronto (1975, 555m).

Nel contempo, superato il trauma di Tacoma, riprende l’evoluzione dei ponti verso soluzioni sempre più ardite, grazie ad una crescita decisa dei criteri di analisi e delle tecniche di sperimentazione.

Al giorno d’oggi si sono raggiunti obiettivi impensabili fino a qualche decennio fa, come mostrato dalle figure seguenti.

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Figura 1.6 – Ponte sull’Akashi – Kikyo, luce di 2000 m, Giappone

Figura 1.7 – Ponte Storebaeltsbroen, luce di 1624 m, Danimarca.

Nonostante la grande evoluzione delle realizzazioni e degli studi nel settore dei grattacieli e dei ponti, la grande novità degli ultimi decenni è comunque rappresentata dal numero sempre crescente delle tipologie strutturali suscettibili alle azioni dinamiche del vento, e la scoperta in aggiunta al flutter (cha aveva provocato il crollo del Tacoma), di nuove forme di instabilità aerodinamica. A causa del distacco dei vortici sono innumerevoli le ciminiere metalliche che attraverso il lock – in o l’interferenza, giungono al crollo. I serbatoi in lamiera sottile sono spesso colpiti da instabilità per ovalizzazione. I cavi e gli stralli più volte manifestano galloping, molto spesso per azione del ghiaccio (Solari, 1990).

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1.2

Il centro commerciale di piazza Portello a Milano

Nell'area del Portello, storicamente occupata dalle fabbriche dell''Alfa Romeo e della Lancia, è in atto un piano di riconversione che partendo dalla zona a ridosso di FieraMilanoCity prosegue oltre Viale Serra.

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Il piano, firmato dallo studio degli architetti Valle, prevede una serie di elementi architettonici e naturali di grande scala collegati da percorsi pedonali che oltrepassano le infrastrutture stradali esistenti e organizzano una sequenza di luoghi riconoscibili.

L'area interessata è di quasi 400.000 mq e prevede un'ampia ripartizione:  Zone residenziali.

 Zone uffici.

 Una grande piazza a ventaglio, situata di fronte FieraMilanoCity, che sarà circondata da tre edifici destinati ad uffici.

 Il ponte che sovrappassa Viale Serra.

 Un grande parco urbano, di almeno 80.000 mq, cintato da percorsi pedonali che conducono alle zone residenziali.

 La piazza dell'aggregato commerciale coperta da una grande "vela" trapezoidale di alluminio dalla linea avveniristica, sulla quale si affacceranno numerose attività commerciali.

 Parcheggi interrati (30.000 mq).

Parte di questo piano di riqualificazione, ad esempio l’aggregato commerciale mostrato in Figura 1.9, è già stato realizzato, mentre una parte è ancora in fase di realizzazione.

La copertura trapezoidale posta al centro dell’aggregato commerciale ha un ingombro in pianta di circa 70 m x 40 m, e un’altezza di circa 16 m ed è mostrata in Figura 1.10. Durante una giornata particolarmente ventosa, alcuni pannelli di rivestimento si sono staccati dalla copertura stessa, pertanto la ditta costruttrice ha commissionato all’Università

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di Genova uno studio in galleria del vento per determinare i carichi aerodinamici presenti sulla struttura, insieme allo studio del comfort pedonale all’interno dell’area sottostante.

Nel corso della presente trattazione, trascureremo lo studio del pedestrian comfort, concentrando invece l’attenzione sull’aerodinamica della copertura: si cercherà in primo luogo di analizzare i carichi che agiscono su di essa, mentre successivamente, si cercherà di analizzare le misure di pressione da un punto di vista statistico, cercando di definire il campo aerodinamico intorno alla copertura stessa, in particolare provando ad identificare, attraverso varie metodologie, la presenza di strutture coerenti nel campo.

1.3

Organizzazione dei contenuti

Nel presente elaborato si applicheranno varie metodologie di analisi ai risultati sperimentali ottenuti sul modello di una copertura, attualmente esistente e situata in piazza Portello a Milano. In particolare è stata condotta una campagna sperimentale su detto modello, in varie configurazioni, con varie orientazioni rispetto al flusso incidente e con due diverse velocità del flusso stesso.

Dopo una descrizione della strumentazione usata e della galleria del vento DICAT – DIFI dell’Università di Genova, presso la quale sono state effettuate le prove, si mostra una descrizione dettagliata della campagna sperimentale condotta, e si mostrano i risultati ottenuti per una configurazione in termini di momenti statistici fino al quarto ordine. I risultati di ciascuna configurazione analizzata sono disponibili nel DVD allegato.

Successivamente si procede allo studio approfondito di una singola configurazione, procedendo ad un’analisi tempo – frequenza delle misure di pressione ottenute, al fine di determinare il comportamento del flusso attorno al modello. In particolare si applicherà a questi risultati la demodulazione di Hilbert, metodologia che permette di determinare la possibile correlazione tra le fluttuazioni che agiscono su vari punti del modello.

I dati sperimentali vengono in seguito analizzati attraverso due tecniche statistiche multi-variate, di cui la prima prende il nome di Principal Component Analysis (PCA).

Figura 1.10 – Copertura a “vela”di piazza Portello.

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Questo metodo prevede una rappresentazione delle misure tramite una combinazione lineare di vettori deterministici, i modi PCA, modulati da ampiezze scorrelate.

I modi PCA sono stati considerati spesso come modelli elementari di pressione, le cui caratteristiche riflettevano il comportamento aerodinamico del corpo, e di conseguenza sono stati adoperati a scopo interpretativo. In realtà, una forte limitazione all’utilizzo della PCA in questi termini, come vedremo in seguito, è rappresentata dall’ortogonalità dei suoi modi che, da un punto di vista fisico, non è giustificabile.

Successivamente, è descritta una tecnica di analisi, chiamata Independent Component Analysis (ICA), la quale permette di avere una rappresentazione analoga alla PCA, ma basata su un set di modi non ortogonali; tale metodologia, già conosciuta ed applicata in molteplici settori (in particolare, in campo neurologico e nel settore delle telecomunicazioni), è stata utilizzata raramente anche per interpretare le misure dei campi di pressione agenti su corpi tozzi.

Dopo la parte teorica e descrittiva delle due tecniche, ampio spazio è dedicato alla loro applicazione su dati sperimentali provenienti dalla galleria del vento, con valutazioni critiche sui risultati ottenuti e con confronti tra le due metodologie. In particolare, sono state poste in risalto l’effettiva capacità delle stesse di fornire modelli utilizzabili a scopo interpretativo e le problematiche riscontrate per ciascuna di esse, fornendo indicazioni sull’applicabilità e sui limiti delle due tecniche.

Figura

Figura 1.1 – Schema di distribuzione delle case a Kahun.
Figura 1.2 – La Torre Eiffel.
Figura 1.3 – Vibrazioni e collasso del Tacoma Narrows Bridge.
Figura 1.4 – World Trade Centre,  New York
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