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CAPITOLO SECONDO LA PRODUZIONE DI ENERGIE NELL'IMPRESA AGRICOLA COME ASPETTO DELLA MULTIFUNZIONALITA' SOMMARIO

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CAPITOLO SECONDO

LA PRODUZIONE DI ENERGIE NELL'IMPRESA

AGRICOLA COME ASPETTO DELLA

MULTIFUNZIONALITA'

SOMMARIO

: 1. L'attività di produzione energetica in agricoltura. 2. La promozione delle fonti energetiche rinnovabili: l'evoluzione normativa. 3. Il pacchetto <<clima-energia 20-20-20>> e le prospettive delineate dalla UE. 4. Le fonti energetiche rinnovabili in agricoltura. 5. La biomassa agricola. 6. Le colture dedicate. 7. Il recupero e l'utilizzo di rifiuti e residui provenienti dalle attività agricole. 8. La produzione di energia eolica nell'impresa agricola. 9. L'energia solate fotovoltaica e termica. 9.1.- Solare fotovoltaico. 9.2.- Solare termico.

1. L'ATTIVITA' DI PRODUZIONE ENERGETICA IN

AGRICOLTURA.

Nel 1933 Mussolini, insieme al Ministro dell'agricoltura1 e al Ministro delle Comunicazioni2, fecero visita all' Istituto italiano di Frutticoltura e restarono impressionati dal funzionamento di un trattore alimentato con dei residui carbonizzati della

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potatura dei frutteti3.

Negli anni seguenti la casa automobilistica Alfa Romeo cominciò la cosiddetta battaglia del gasogeno, diretta alla diffusione di un impianto che alimentava il motore mediante la gasificazione della legna e del carbone. L'apparecchio aveva la funzione di bruciare in maniera incompleta queste materie producendo una miscela di gas combustibile, composta di idrogeno e ossido di carbonio e sufficiente a far funzionare il motore.

Da questo momento in poi si guardò con interesse alla produzione di energie provenienti dalle lavorazioni, soprattutto, agricole.

Le produzioni energetiche consistono nello sfruttamento della potenzialità insita in alcune risorse naturali (acqua, sole, vento, terra) o nell'impiego di prodotti derivati dalle attività tradizionali dell'agricoltura (biomassa, residui, sottoprodotti e rifiuti), con un contributo tecnico dell'uomo che offre alcune fattispecie particolarmente significative per le produzioni di

3 Tamponi M., Le attività agricole per la produzione di colture energetiche, in Politiche di forestazione ed emissioni climalteranti, a cura di Paoloni L., Roma, 2009, p. 75 ss.

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queste energie. La destinazione energetica di alcuni prodotti agricoli incide sul ciclo produttivo tradizionale con conseguenze importanti in termini di direzionalità, prevalenza, strumentalità nella relazione tra le varie attività coinvolte.

Se la produzione di energia elettrica o calorica da prodotti vegetali per autoconsumo è pratica ormai diffusa da tempo4 nel settore agricolo, la vendita di energia e di prodotti chimici e biocarburanti da parte dell'imprenditore agricolo è un'attività introdotta dal legislatore nazionale nel contesto dell'attuazione della strategia europea sulle fonti energetiche rinnovabili. Questa attività è stata promossa con la liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, con il d.lgs. n.795 del 1999 è stata riconosciuta la libertà dei soggetti privati di produrre energia e

4 L'agricoltura tradizionale manifesta la capacita di orientare le proprie forze all'ottenimento di una produzione energetica. In origine, le attività di coltivazione di animali e vegetali da cui derivare prodotti per la generazione (principalmente) di calore, sono inscindibilmente legate al fondo e condotte in un tessuto di relazioni umane facenti capo alla famiglia rurale. I prodotti ricavabili dalla terra e dalle foreste, destinabili alla produzione di energia (legna per produrre calore e residui di scarto delle coltivazioni e lavorazioni agricole per alimentare la cottura e la conservazione dei cibi), provengono da queste attività e assumono una dimensione di strumentalità rispetto alle altre attività compiute.

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di immetterla direttamente nel mercato, in regime di concorrenza.

Successivamente il d.lgs. n. 99 del 20046 ha affrontato la tematica della qualificazione giuridica da assegnare alle attività svolte dagli agricoltori per ottenere, direttamente o indirettamente, energia rinnovabile.

Il legislatore nazionale interviene in materia di agroenergia con l'art. 14, comma 13 quater, del d.lgs. n. 99/20047. Questa disposizione stabilisce che: <<l'attività esercitata dagli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 c.c., di cura e sviluppo del ciclo biologico di organismi vegetali destinati esclusivamente alla produzione di biomasse, con cicli colturali non superiori al quinquennio e reversibile al termine di tali cicli, su terreni non boscati, costituiscono coltivazione del fondo ai sensi dell'art. 2135 c.c., e non è soggetta alle disposizioni in materia di boschi e foreste>>.

Il legislatore ha stabilito che queste attività devono essere

6 << Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura>>

7 D. lgs. 99 del 2004 <<Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura>>.

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esercitate da colui che è già imprenditore agricolo ai sensi dell'art. 2135 c.c. poiché questa qualifica dipende dall'esercizio delle attività di cui al comma 1.

La produzione di energie nell'impresa agricola conferma la multifunzionalità dell'agricoltura.

Ricostruendo l'evoluzione normativa, in materia di agroenergie, bisogna partire dal 2006.

Il primo riferimento normativo concernente la possibilità di produrre e di cedere energia elettrica da biomassa nell'ambito delle attività connesse (previste dal comma 3 dell'art. 2135 c.c.) è rappresentato dalla Legge 266/20068, articolo 1, comma 423, il quale stabilisce che: <<la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agro-forestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali ottenute prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici provenienti prevalentemente dal fondo e effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi del 3° comma dell'art. 2135 c.c.>>.

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Questo intervento può essere collocato nel quadro delle misure adottate dallo Stato italiano per attuare la volontà dell'Unione europea diretta a promuovere le fonti energetiche rinnovabili, a seguito della direttiva 2001/77/CE, perfezionata, successivamente, dalla direttiva 2009/28/CE9.

Inoltre, con l'art. 2 quater, comma 1-10 della L. n. 81/2006, sono stati introdotti, da parte del legislatore, degli incentivi per la produzione, commercializzazione ed utilizzo di biocarburanti di origine agricola. Conferma di ciò si è avuta con la successiva legge finanziaria, la Legge n. 296/200610.

L' art. 1, comma 369, della L. n. 296/2006, prevede che << la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti

9 La direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica rinnovabile prodotta da fonti energetiche rinnovabili, attuata dallo Stato italiano con il d.lgs. n. 387/2003, fissava come obiettivo globale dell'Unione Europea, quello del 12% nel consumo interno lordo di energia entro il 2010. Successivamente, la direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che modifica e successivamente abroga le direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, fissa come obiettivo globale dell'Unione europea la quota pari almeno al 20% di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia entro il 2020. Questa direttiva è stata attuata in Italia con il d.lgs. n.28 del 2011 << Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili>>.

10 <<Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale

dello Stato (legge finanziaria 2007)>>. G. U. n. 299 del 27 dicembre 2006 - Supplemento ordinario n. 244

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rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse, ai sensi dell'art. 2135, comma 3, c.c., e si considerano produttive di reddito agrario>>. Il parametro su cui valutare la connessione è quello della “utilizzazione prevalente” delle attrezzature o risorse dell'azienda “normalmente impiegate” nell'attività agricola esercitata.

Questa disposizione stabilisce che costituiscono attività connesse all'agricoltura, ai sensi dell'art. 2135, comma 3, c.c., produttive di reddito agrario, quando svolte dall'imprenditore agricolo:

a) la produzione e cessione di energia elettrica e calorica derivante da fonti rinnovabili agroforestali (tali sono le colture dedicate, le biomasse i materiali organici, i residui agricoli e forestali);

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colture vegetali provenienti dal fondo;

c) la produzione e commercializzazione di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti dal fondo;

d) la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica derivante da fonti fotovoltaiche.

Successivamente, i criteri fissati dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali con il protocollo n. 3896 del 27 luglio 2008, hanno stabilito che la produzione e la cessione di tale energia rientra direttamente nell'attività produttiva di reddito agrario quando non supera i 200 KW di potenza nominale installata. La produzione di energia fotovoltaica che eccede tale limite è considerata produttiva di reddito agrario, ma a condizione che sussista almeno uno dei requisiti11 previsti dalla circolare, ovvero:

• l'energia deve derivare da impianti con integrazione architettonica o parzialmente integrati realizzati su strutture aziendali esistenti;

11Paoloni L., L'attività agricola di produzione energetiva, in Trattato di diritto Agrario, Utet, Milano, 2011, p.254.

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• il volume d'affari legato all'attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d'affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 KW;

• entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 KW di potenza istallata eccedente il limite dei 200 KW, l'agricoltore deve dimostrare di avere almeno un ettaro di terreno riservato all'attività agricola.

Quando manca uno di tali requisiti il reddito che deriva dalla produzione e della vendita dell'energia prodotta da impianti fotovoltaici costituisce reddito d'impresa. Quest'ultimo viene calcolato sulla parte eccedente i limiti imposti dal Ministero. Anche nel 2008, con la legge finanziaria12 si è stabilito che <<ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti

12 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008). G.U. n.300 del 28.12.2007 - Suppl.

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rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'art.2135, comma 3, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario>>.

Deve verificarsi sempre il cosiddetto criterio della prevalenza che caratterizza le attività agricole connesse. Esso è operante se, nel caso di specie, le fonti di produzione dell'energia provengono prevalentemente dal fondo. Inoltre, per tutte le attività cosiddette <<verdi>> svolte dagli agricoltori, è sempre necessario fare un confronto quantitativo fra i prodotti usati nello svolgimento delle attività connesse e ricavati dal fondo e quelli acquistati da terzi. Questo calcolo è facile da fare quando si parte da una valutazione del costo stimabile; viceversa risulta più complicato quando si tratta, per esempio, di residui zootecnici.

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considerata attività agricola connessa di natura atipica, per cui si rende necessario individuare criteri alternativi, che consentono comunque di ricollegare tale attività a quella tipicamente agricola. Bisogna fare riferimento ai parametri delineati dal Ministero per le politiche agricole e forestali per considerare la produzione di energia fotovoltaica come attività connessa; infatti, si prevede che la produzione e la cessione di energia fotovoltaica da parte degli imprenditori agricoli costituisce reddito agrario per i primi 200 kw di potenza nominale istallata. La quantità eccedente tale soglia è considerata produttiva di reddito agrario solo se ricorre almeno uno di questi elementi13:

• impianti con integrazione architettonica o parzialmente integrati realizzati su strutture aziendali esistenti;

• il volume d'affari dell'impresa agricola, escludendo l'attività di produzione di energia fotovoltaica è superiore al volume d'affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 kw;

• entro il limite di 1mw per azienda, per ogni 10 kw di

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potenza istallata eccedente il limite dei 200 kw, l'agricoltore deve dimostrare di avere un ettaro di terreno riservato all'attività agricola.

Nel caso in cui almeno uno di questi elementi non si verifica, il reddito derivante dalla produzione e dalla vendita di energia costituisce reddito d'impresa, che si diversifica rispetto al reddito prodotto dall'impresa agricola.

Nella circolare dell'Agenzia delle Entrate del 6 luglio 2009 n. 32/E l'attività agroenergetica da risorse fotovoltaiche è stata definita attività connessa “atipica” in ragione della sua qualificazione.

La circolare non solo parla di attività connessa <<atipica>>, ma definisce l'atipicità come assenza di connessione, visto che l'atipicità stessa consiste nel prescindere dall'attività agricola principale14. Si sostiene così che tale attività debba considerarsi come un'attività connessa "atipica" in quanto il suo svolgimento

14 Goldoni M., Utilizzazione di terreni agricoli per la realizzazione degli impianti energetici: aspetti giuridici, in Agricoltura e contemperamento delle esigenze energetiche ed alimentari, Giuffrè, Udine, 12 Maggio 2011, p. 38-39.

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non richiede all'imprenditore agricolo l'impiego di prodotti derivanti dalla coltivazione del fondo. Esso, infatti, prescinde dalla coltivazione del fondo, del bosco o dall'allevamento di animali.

Inoltre, muovendo della considerazione che l'individuazione di un'attività connessa agricola offre all'imprenditore agricolo il vantaggio di rimanere tale nonostante eserciti un'attività non agricola devono comunque sussistere sia il requisito soggettivo (c.d. <<unisogettività>>) e quello oggettivo (c.d.<<prevalenza>>) della connessione. Il requisito oggettivo presuppone un nesso con l'uso agricolo del fondo e l'attività agricola che vi si svolge, e tale collegamento, nel caso dell'impianto fotovoltaico, è impossibile da rinvenire.15

Inoltre, questa circolare ha stabilito cosa si intenda per alcune tipologie di fonti alternative di energia prodotte nel settore agricolo, in particolare, sono considerate agroenergie:

– le fonti rinnovabili agroforestali: le biomasse, ovvero, la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui

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provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e della silvicoltura (es. le biomasse legnose che si ottengono da legna da ardere, cippato di origine agroforestale, o pellet derivante da segatura di legno)16;

– i carburanti derivanti da produzioni vegetali: i prodotti quali il bietanolo (etanolo ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, destinato ad essere utilizzato come carburante, il biodiesel (etere metilico ricavato da olio vegetale o animale, destinato ad essere usato come carburante17;

– i prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli: i prodotti quali i biopolimeri e le bioplastiche.

L'evoluzione della tecnica agraria rende complicato stabilire quale sia il reddito ordinario ricavabile dalle attività agricole tradizionali, volte alla produzione per il mercato alimentare,

16 D.lgs. 387/2003, art. 1, lett. A);

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poiché il complesso di fattori (capitali investiti, finanziamenti, ecc.) e soprattutto lo svolgimento di queste attività rendono assimilabili l'impresa agricola e l'impresa commerciale.

Parte della dottrina agrarisitca18 è critica sul modo con cui il legislatore ha provveduto a dotare il settore agro-energetico di un quadro normativo di riferimento univoco, scegliendo tuttavia di intervenire con disposizioni frammentate e soggette a continue modifiche.

Da molto tempo, nel settore agricolo, la produzione di energia elettrica o calorica da biomassa è una pratica particolarmente diffusa e redditizia. Costituisce, invece, una novità assoluta la vendita di energia elettrica da parte dell'imprenditore agricolo.

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2. LA PROMOZIONE DELLE FONTI ENERGETICHE

RINNOVABILI: L'EVOLUZIONE NORMATIVA.

Il settore energetico, da sempre, è stato dominato e condizionato dalle politiche di ogni singolo Stato membro, che non hanno lasciato spazio ad una politica energetica comune.

Questa situazione deficitaria ha portato all'adozione di documenti programmatici dal contenuto non vincolante da parte delle Istituzioni Europee tali atti sono stati adottati sotto forma di raccomandazioni o di risoluzioni del Consiglio aventi ad oggetto la definizione di obiettivi comuni per quanto riguarda le politiche energetiche nazionali.

Nel 1964 nasce la volontà di costruire una politica energetica comunitaria. Si ha la firma di un Protocollo riguardante le questioni energetiche, concluso tra i governi degli Stati membri della Comunità Europea. Nel 1968 la Commissione Europea elabora il primo significativo documento <<Primi orientamenti per una politica energetica comunitaria>>19, volto ad introdurre una

politica energetica comune agli Stati Europei.

19 Memorandum presentato dalla Commissione al Consiglio il 18 dicembre 1968, COM (68) 1040.

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Negli anni '70 le Istituzioni europee introducono nuove proposte per la politica energetica comune, soprattutto in materia di politica dell'approvvigionamento delle energie20. Emergono rispetto al passato nuove tematiche molto importanti, tra queste è opportuno segnalare la progettazione ambientale, l'uso razionale delle energie, lo sviluppo e la ricerca scientifica. Nella seconda metà degli anni '80 la Comunità Europea prende posizioni più incisive nei confronti delle energie rinnovabili. Nel 1986, il Consiglio adotta una risoluzione che ha ad oggetto nuovi obiettivi comunitari di politica energetica e la convergenza delle politiche degli stati membri. La lett. F) par. 6 della risoluzione dispone l'accentuazione delle modalità di diffusione dei risultati, dello sviluppo delle energie nuove e rinnovabili, compresa l'idroelettricità tradizionale e dichiara l'intento di aumentare sostanzialmente il contributo delle energie nuove e rinnovabili in luogo della sostituzione dei combustibili tradizionali, affinché possano svolgere un ruolo significativo nel bilancio energetico totale21.

20 Comunicazione << Progressi necessari della politica energetica comunitaria>>, COM (72) 1201 final.

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La necessità di un'integrazione maggiore per quanto riguarda il mercato energetico, riaprono, verso il finire degli anni '90, il dibattito sulle linee generali della politica energetica. Si vuole un approccio a livello comunitario più efficace, più coinvolgente degli Stati membri.

Nel 1995, la Commissione pensa ad una strategia per sviluppare l'uso delle energie rinnovabili articolata in due fasi:

• la prima conduce alla presentazione del Libro Verde << Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili>>22. E'

necessaria una nuova politica strategica, a livello comunitario, dedicata a superare gli ostacoli dello sviluppo delle energie rinnovabili, in modo da abbattere le barriere dei costi e delle tecniche di realizzazione degli stessi impianti;

la seconda porta all' adozione del libro Bianco << Energie per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili>>23. Si vuole la

creazione di un mercato interno dell'energia elettrica,

agroenergetica, Quodlibet Studio, Macerata, 2008, p. 37. 22 COM (96) 576 def. Del 20 novembre 1996.

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anche in virtù delle direttive 96/92 del 19 dicembre 1996, che all'art. 8, al fine di ottenere la liberalizzazione del mercato dell'elettricità, sancisce che << lo Stato membro ha l'obbligo di dare precedenza agli impianti di generazione che impiegano le fonti energetiche o i rifiuti rinnovabili>>.

L' 11 dicembre 1997 rappresenta il punto di partenza di un nuovo approccio di Ambiente che si indirizza al rispetto dell'ambiente e della sua condivisione con il progresso industriale, infrastrutturale e tecnologico. Questa data passa alla storia per il Kyoto protocol to the United Nations Framework Convention on Climate Change, segnando anche a livello dell'Unione Europea la sfida contro le emissione dei gas serra, ma anche l'obiettivo per una elaborazione di una politica energetica comunitaria, promuovendo soprattutto le energie derivanti da fonti rinnovabili.

Ai sensi dell'art. 2 del Protocollo ciascuno Stato membro, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile nell'elaborazione delle

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politiche e delle misure nazionali che consentono di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra, deve:

• << promuovere forme sostenibili di agricoltura, alla luce delle considerazioni relative ai cambiamenti climatici>>24; • << ricercare, promuovere, sviluppare forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e l'isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative compatibili con l'ambiente>> 25.

Nel 2000 la Commissione Europea deve studiare adeguate misure di gestione energetica che vengono indicate nel <Libro verde <<Verso una strategia europea dell'approvvigionamento energetico>>26, il quale porta alla luce le debolezze strutturali

dell'Unione Europea in materia di energia.

Si vuole sottolineare come la politica energetica abbia assunto una nuova dimensione comunitaria. Le decisioni di ogni singolo

24 Art. 2, comma 1, lett. A – III, Kyoto protocol to the United Nations

Framework Convention on Climate Change

25Art. 2, comma 1, lett. A – IV, Kyoto protocol to the United Nations

Framework Convention on Climate Change

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Stato membro si riversano a cascata sul mercato degli altri Stati membri e per tali motivi questi Stati devono:

• adottare percentuali nazionali di consumo futuri di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili;

• snellire le procedure amministrative;

• garantire la sicurezza nella trasmissione delle energie da fonti rinnovabili, anche per i piccoli imprenditori;

• garantire, con certificati di origine, l'elettricità prodotta.

La decisione del Consiglio del 25 aprile 2002 prende in considerazione l'approvazione, a norme della Comunità europea, del Protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni sancisce la definitiva adesione all'obiettivo di lungo termine della convenzione. Tali impegni risultano codificati nella direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell'energia elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno

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dell'elettricità.

Con il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003 si sviluppa una significativa attenzione al potenziale economico delle fonti di energia rinnovabili, nonché al miglioramento della competitività delle attività agricole. Nel 2006 la Commissione, con il libro Verde << Una strategia europea per una energia sostenibile, competitiva e sicura>>27,

prevede: lo sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili; il contenimento della domanda energetica in Europa; l'impegno nell'arresto dei cambiamenti climatici e nel miglioramento della qualità dell'aria; della sicurezza dell'approvvigionamento.

La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo << Tabella di marcia per le energie rinnovabili. Le energie rinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro più sostenibile>>28, in virtù del legame delle politiche in materia di

energia e del clima, propone la delineazione di un risultato vincolante, che prevede il 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi. Inoltre, indica la quota del 10% per i biocarburanti

27 COM (2006) 105 def. 28COM (2006) 848 def.

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nel totale dei consumi di benzina e di gasolio nell' Unione Europea entro il 2020.

La Commissione Europea in riferimento alle energie rinnovabili ha affermato che << gli aiuti di Stato possono risultare giustificati se il costo della produzione di energia rinnovabile è superiore al costo della produzione tramite fonti meno rispettose dell'ambiente>>29. La direttiva n. 96/2003 ha ristrutturato il quadro comunitario in materia di tassazione dei prodotti energetici, attuata in Italia con il d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, ha considerato gli aiuti come lo strumento migliore per favorire lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili che <<possono beneficiare di un trattamento privilegiato>>30. Inoltre <<alcune esenzioni o riduzioni nel livello di tassazione possono rilevarsi necessarie in considerazioni di carattere sociale o ambientale>>31. L'attuale direttiva sulla tassazione dell'energia da fonti rinnovabili non tiene conto in nessun modo della necessità di ridurre le emissioni di CO2, in modo da conferire loro un ulteriore vantaggio rispetto ai combustibili e carburanti

29 Disc. 1° aprile 2008, § 48. 30 Considerando n.24 e 25.

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convenzionali con cui sono in concorrenza. La nuova direttiva si pone l'importante obiettivo di perseguire alcune importanti esternalità positive per quanto riguarda32: i cambiamenti climatici33, l'efficienza energetica34, il mercato interno35, la crescita e posti di lavoro36.

32 Puri P., La produzione dell'energia rinnovabile fra i tributi ambientali ed agevolazioni, in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema Ue, atti del convegno Siena 10-11 maggio 2013, Giuffè, p. 154-155.

33 Associando la tassazione dell'energia anche alle emissioni di CO2, la proposta intende allineare la tassazione dell'energia agli impegni assunti dalla UE in materia di cambiamenti climatici. In questo modo si amplia il campo d'azione a favore degli obiettivi che l'UE si è data sul fronte della riduzione del CO2, dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili.

34 Associando il livello dell'imposizione al contenuto energetico dei combustibili si offre a tutti i settori un forte incentivo ad adottare modi di consumo dell'energia più efficienti.

35 Con la creazione di un quadro europeo per la tassazione del CO2 si offre alle imprese una maggiore certezza del diritto e si riducono i costi di adeguamento alla normativa.

36 Gli Stati membri possono scegliere di trasferire il carico fiscale in modo da favorire la crescita, aumentando la tassazione dei prodotti energetici per ridurre la pressione fiscale sul lavoro, in linea con la strategia Europa 2020.

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3. IL PACCHETTO <<CLIMA – ENERGIA 20-20-20>> E

LE PROSPETTIVE DELINEATE DELLA UE.

La Direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 <<sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili>> ha modificato e successivamente abrogato le Direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. Il <<pacchetto>> ha dato sostanza ed importanza agli obiettivi che l'UE ha fissato per il 2020 in materia di politiche energetiche e cambiamenti climatici:

• conseguire un aumento del 20 % dell'efficienza energetica;

• garantire una riduzione del 20 % delle emissioni di gas serra;

• coprire il 20 % della domanda di energia dell'Unione Europea attraverso il ricorso a fonti rinnovabili.

L'esigenza di un maggiore impegno in questa direzione, non attiene solo alla riduzione della dipendenza energetica dall'estero, ma anche ad una questione di sostenibilità ambientale, in modo da innovare il sistema di

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approvvigionamento energetico in Europa, ricco di tecnologie ed economie (dei singoli Stati membri) complessivamente molto avanzate.

E' un provvedimento costituito da 29 articoli e 7 allegati, preceduto da 97 premesse e si propone di ridefinire gli obiettivi e le modalità, in un'ottica europeista, in tema di incentivi del ricorso alle risorse rinnovabili.

I fondamentali presupposti di questa direttiva sono rappresentati:

• dalla fissazione per ciascuno Stato dell'Unione Europea di obiettivi complessivi di copertura dei propri consumi energetici mediante energia tratta da fonti rinnovabili entro il 2020, le cui modalità di qualificazione sono indicate all'art. 5, fermo restando un obiettivo fisso finale (almeno) del 10% per la copertura della domanda del settore dei trasporti;

• dalla prescrizione relativa all'obbligatorio conseguimento da parte di ogni Stato dell'obiettivo nazionale

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complessivo ad esso assegnato (art. 3 e Allegato I, parte A), il cui raggiungimento dovrà essere dovrà essere documentato, con oggettivi margini di autonomia in quanto ai settori preferenziali e alle modalità, attraverso il proprio Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili;

• dall'esposizione degli strumenti, delle procedure e delle possibili misure per il conseguimento degli obiettivi, in particolare nei settori dell'elettricità e del riscaldamento/raffreddamento compresi i regimi di sostegno, e cioè i dispositivi d' incentivazione fondati sulla riduzione dei costi delle energie rinnovabili, sull'aumento dei prezzi a cui possono essere vendute o sull'aumento del volume acquistato di tali energie, in ciò dovendosi comprendere anche le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, la restituzione d'imposta, ecc.;

• dalle disposizioni specifiche relative all'energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti, in particolare

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considerando i criteri di sostenibilità per biocarburanti e altri bioliquidi;

• dalla disciplina delle modalità di informazione del pubblico e degli operatori interessati, di rendicontazione sullo stato di attuazione del Piano di azione e sull'efficacia delle misure assunte, nonché dalle disposizioni riguardanti le forme di controllo da parte della Commissione nei confronti degli Stati membri. La Commissione prevede un obiettivo minimo, che non può essere soggetto a negoziazione, da raggiungere entro il 2020, di copertura attraverso energie rinnovabili del fabbisogno energetico, pari al 20% a livello europeo, integrato da un obiettivo minimo del 10%, identico per tutti gli Stati membri, riguardante il ricorso ai biocarburanti nel settore dei trasporti37. Il consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili in ogni Stato membro dovrà essere calcolato come somma38:

37 Muratori A., Promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili: la nuova direttiva unificata 2009/28/CE, in Ambiente & Sviluppo, n.8 2009, p. 688.

38 Muratori A., Promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili: la nuova direttiva unificata 2009/28/CE, op. cit., p. 689.

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• del consumo finale lordo di elettricità da fonti energetiche rinnovabili;

• del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento;

• del consumo finale di energia da fonti energetiche rinnovabili nei trasporti.

La Commissione ha cercato di armonizzare gli interessi e le diverse esigenze dei singoli Stati membri. L'allegato I prevede:

• la quota di ricorso alle energie rinnovabili nel 2005 è modulata in modo da tener presente il <<punto di partenza>> di ciascuno Stato membro e di riconoscere gli sforzi già compiuti, ove da parte di uno Stato membro di oltre il 2% tra il 2001 e il 2005 la quota di ricorso alle rinnovabili;

• la quota così modulata di energie rinnovabili per il 2005 è incrementata di un 5,5 %, <<fisso>>, per ciascuno Stato membro;

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• lo sforzo restando (0,16 tep39 per abitante dell'UE) è <<ponderato>> per il PIL pro capite, in modo da tenere conto dei diversi livelli di ricchezza dei vari Stati membri, ed è poi moltiplicato per la popolazione di ciascuno Stato membro;

• questi due elementi sommati conducono alla quota totale di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale totale di energia nel 2020.

L'energia da fonti rinnovabili ha registrato una forte crescita sulla scia dell'adozione della direttiva del 2009 sulle energie rinnovabili nonché degli obiettivi obbligatori per l'utilizzo di tali energie. Nelle relazioni sui progressi nell'utilizzo delle energie rinnovabili è emerso che alcuni Stati membri devono compiere ulteriori sforzi per competere con gli altri Stati, mentre l'Unione Europea nel suo complesso prosegue spedita verso gli obiettivi da raggiungere entro il 2020.

Nel 2013 la Commissione Europea ha pubblicato il Green Paper

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sulle politiche energetiche e climatiche40, il quale delinea un quadro di riferimento per le politiche del clima e dell'energia. All'interno di tale Libro è ricompreso uno specifico spazio dedicato alla creazione di un mercato per l'energia rinnovabile che promuova e garantisca la sicurezza dell'offerta energetica, da realizzare entro il 2030.

La direttiva 2012/27/UE41 ribadisce l'importanza di una strategia energetica che punti ad aumentare la sicurezza energetica e la competitività economica e industriale dell'Unione Europea. Tale strategia punta alla creazione di nuovi posti di lavoro, alla sostenibilita ambientale, alla maggiore diffusione delle energie rinnovabili, all'efficienza energetica, alla diversificazione delle vie dell'approvvigionamento, al miglioramento della connessione tra gli Stati membri. In tale documento di evidenzia l'importanza della politica energetica della UE nel corso delle crisi economica e finanziaria in atto e del ruolo svolto

40 Libro Verde della Commissione Europea, Un quadro per le politiche

dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, Bruxelles, 27 marzo 2013

COM(2013) 175 final.

41 Direttiva 2012/27/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e

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dall'energia proprio come volano di crescita e di competitività economica del sistema europeo, ruolo che assumerà sempre più importanza nell'attuazione della c.d. <<agenda decarbonizzazione 2050>> dell' UE42.

4. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI IN

AGRICOLTURA.

Dall’agricoltura può partire una nuova sfida rivolta alla produzione di energia pulita, rinnovabile, diffusa nell'ambiente e nel territorio.

L’agricoltura rappresenta un vasto contenitore di fonti energetiche per la diversità di prodotti e sottoprodotti dell’attività agricola e forestale, di risorse naturali diffuse nel territorio come il sole, il vento, l'acqua che possono contribuire in modo significativo all’incremento della quota di energia da fonti rinnovabili previsto dal protocollo di Kyoto.

42 Paoloni L., Sicurezza energetica come approvvigionamento a livello UE, in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema UE, Giuffè, Milano, 2013, p.65.

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Le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) sono rappresentate dalle energie prodotte con il sistema idroelettrico, le biomasse, l’eolico ed il fotovoltaico, rappresentano una valida alternativa alle tradizionali fonti fossili, sia per i vantaggi in termini di minor impatto sull’ambiente che per la loro capacità di essere rinnovabili e non soggette ad esaurimento.

Le attività produttive dell’agricoltura rivestono un ruolo importante nel processo di produzione di energia provenienti da fonti alternative, fornendo da un lato, in maniera diretta, la materia prima sotto forma di biomasse da scarti o da colture dedicate; dall'altro lato, l’azienda agroenergetica utilizza risorse del territorio a fini energetici, attraverso il ricorso a impianti mini-idraulici, geotermici, eolici e solari.

L' interesse per l’utilizzazione a fini energetici di materie prime di origine agricola alimenta il dibattito sui rapporti fra la produzione di alimenti, che costituisce la funzione primaria dell’agricoltura e la destinazione di quantitativi rilevanti di prodotti agricoli destinati alla produzione di energia.

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raggiungere gli obiettivi che l'Unione Europea ha fissato per il 2020 utilizzando prevalentemente materie prime che non presentino rischi di competizione con le tradizionali produzioni alimentari e allo stesso tempo siano caratterizzate da un rapporto costo/benefici ambientali più favorevole rispetto ai processi attuali.

In termini di prospettiva43 la produzione di energia rinnovabile prodotta dall’agricoltura al 2020 potrebbe attestarsi complessivamente intorno ai 17,38 Mtep, per un contributo percentuale delle agroenergie al bilancio energetico nazionale al 2020 prossimo al 10%.

Le agroenergie rappresentano una necessità per la sostenibilità del modello agricolo europeo, un’opportunità per favorire la multifunzionalità dell’agricoltura, uno strumento per integrare i redditi degli imprenditori agricoli ed un' opportunità di diversificazione delle attività produttive dell'agricoltura. Rappresentano un complesso diversificato e articolato di processi, prodotti, filiere, tecnologie, che generano benefici e 43 Secondo uno studio Coldiretti-CETA, effettuato nel 2009 ed

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impatti completamente differenti per l'agricoltura, la ruralità, l'ambiente ed il paesaggio.

Peraltro, la promozione di questa nuova produzione nell'ambito dello sviluppo della multifunzionalità dell'impresa agricola, aveva indotto il legislatore comunitario all'adozione del reg. n. 1698/200544. Successivamente i regg. nn. 73/2009 e 473/2009 hanno modificato il reg. n. 1698/2005, attraverso l'offerta di un sostegno specifico all'innovazione a contribuire allo sviluppo di nuove tecnologie e di nuovi prodotti e processi ed a sostenere gli sforzi in materia, tra l'altro, di energie rinnovabili.

In Italia si è aperto un dibattito a seguito dell’approvazione del d.lgs. 3 marzo 2011 n.28 che ha attuato la Direttiva europea 2009/28/CE facente parte del cosiddetto Pacchetto “Clima -Energia 20-20-20”.

Le Regioni italiane hanno colto questa opportunità ed hanno

44 Questo regolamento prevedeva aiuti comunitari agli investimenti

per l'ammodernamento delle aziende agricole, per il miglioramento del loro rendimento economico attraverso un più sapiente utilizzo dei fattori della produzione inclusa, tra l'altro, la diversificazione intra ed extra-aziendale anche verso settori non alimentari come le colture energetiche nonché per i miglioramenti nei settori della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli primari, sostenendo anche la produzione di energia rinnovabile da biomasse agricole e forestali. 21°, 22° e 23° considerando reg. n.

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inserito nei loro piani di sviluppo rurale delle misure importanti per incentivare gli investimenti nel settore delle agroenergie. In particolare si fa riferimento45:

• all' ammodernamento delle aziende agricole46 in cui sono previsti aiuti agli investimenti aziendali nel settore della produzione di biomasse e loro trasformazione aziendale in energia;

• all' accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali47, in cui i Psr possono concedere contributi per investimenti per la trasformazione di biomasse in energia, da parte di imprese agroindustriali o cooperative di agricoltori;

• alla diversificazione in attività non agricole48 in cui sono previsti incentivi alla creazione di microimprese nel settore agroenergetico;

• ai servizi essenziali per l’economia e la popolazione

45 Bonari E.- Jodice R.- Masini S.,L'impresa agroenergetica, Ruolo e prospettive nello scenario “2 volte 20 per il 2020”, a cura di Edizioni Tellus, 2009.

46 c.d. Misura 121.

47 c.d. Misura 123.

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rurale49 in cui i Psr possono concedere contributi per la realizzazione di infrastrutture nelle zone rurali nel settore agroenergetico.

Nel corso del 2012 sono stati emanati alcuni decreti interministeriali, ed in particolare del decreto ministeriale del 5 luglio 201250 in applicazione del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 2851, che hanno ridefinito gli interventi di sostegno ai tre principali ambiti di produzione di energia rinnovabile connessi al settore agricolo:

• biocarburanti e bioliquidi • energia elettrica

• energia termica da biomasse

49 c.d. Misura 321.

50 Il decreto 5 luglio 2012, adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, definisce la nuova modalità di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica.

Il Decreto, è stato pubblicato in GU del 10 luglio 2012, n. 159, S.O. n. 143 ed è entrato in vigore l’11 luglio 2012.

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Con tale decreto è stata riformata la disciplina dei regimi di incentivo per la produzione di energia da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, nonché per l'efficienza energetica e sono stati confermati gli obiettivi in materia di quota complessiva di utilizzo di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia da conseguire entro il 2020 (pari al 17%) e quelli relativi all'utilizzo di fonti rinnovabili nei trasporti.

Le principali novità riguardano :

• l'introduzione di procedure autoritative ed amministrative semplificate degli impianti;

• l'introduzione di requisiti e specifiche tecniche degli impianti;

• lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per il teleriscaldamento e il tele-raffreddamento;

• l'istituzione di nuovi meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica.

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di indicazioni specifiche per cui l'incentivo riconosciuto dovrà tener conto:

• della tracciabilità della materia prima;

• dell'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o sottoprodotti delle attività agricole (agroforestali, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento) di prodotti ottenuti mediante le coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili;

• della realizzazione e l'esercizio, da parte di imprenditori agricoli, di impianti alimentati da biomasse e biogas asserviti alle attività agricole.

In termini di prospettiva tra gli obiettivi della futura PAC vengono menzionati <<una gestione sostenibile delle risorse naturali e un'azione per il clima>>52 sfruttando maggiormente la capacità del settore agricolo di fornire un contributo positivo

52 Giuffrida, La produzione di energia da fonti rinnovabili nel

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grazie anche alle misure basate sull'innovazione, ossia sull'adozione di nuove tecnologie, sullo sviluppo di nuovi prodotti e processi di produzione e sulla promozione delle energie rinnovabili. E' necessario che tematiche quali l'ambiente, il cambiamento climatico e l'innovazione restino al centro della PAC.

5. LA BIOMASSA AGRICOLA.

Lo sfruttamento delle biomasse per finalità energetiche ha origini preistoriche, risale, infatti, alla scoperta del fuoco. La prime tipologie di biomasse ad essere utilizzate è presumibile siano state legno e paglia.

L'attenzione della comunità mondiale verso la produzione di biomassa per la generazione di energia (calore ed elettricità) è stata determinata da una serie di fattori, di carattere economico, ambientale e politico, tra i quali la sicurezza energetica, la necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, la diversificazione dei redditi degli agricoltori.

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Tra le cosiddette nuove energie, la biomassa rappresenta un significativo contributo al rafforzamento della sicurezza dell'approvvigionamento, in quanto risorsa diffusa (le fonti di approvvigionamento di biomassa sono molteplici) e polivalenti (può essere utilizzata per produrre calore ed elettricità)53.

Con il termine biomassa si indica un vasto insieme di materiali di natura eterogenea. Si intende biomassa tutto ciò che ha natura organica, ovvero il materiale organico costituito o derivato da organismi vegetali, e che sia utilizzabile in processi di trasformazione termochimica o biochimica.

Nel corso degli anni i legislatori nazionali hanno prodotto diverse definizioni di biomassa generando alcune differenziazioni del concetto tra i vari Stati membri.

Il D.P.C.M. 8 marzo 200254 precisa ciò che in Italia può essere considerato biomassa combustibile e quindi non rifiuto:

• il materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

53 Costantino L., Biomasse, in Digesto delle discipline privatistiche, Utet, Milano, agg. 2010, p.119.

54 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 8 marzo 2002, riguardante la <<Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di

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• il materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;

• il materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

• il materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine tondelli non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego;

• il materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego. Successivamente con il d. lgs. 29 dicembre 2003 n. 38755 la biomassa è definita come <<la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente

55 L'art. 2, lett. e) del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 <<Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità>>, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2004 - Supplemento Ordinario n. 17.

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sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani>>.

Da questa definizione si può evincere che la biomassa utilizzabile ai fini energetici è prodotta da tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili oppure trasformati in altre sostanze (solide, liquide o gassose) utilizzabili per lo stesso scopo.

I principali tipi di biomassa impiegati a fini energetici sono: • colture energetiche (dedicate) sia arboree che erbacee;

• residui agricoli, agroindustriali, artigianali, industriali, civili ; • residui forestali, legna da ardere, altri prodotti ligneo – cellulosici.

Il legislatore italiano si è occupato di qualificare l'attività di produzione di biomasse e l'attività di produzione e cessione di elettricità proveniente dalle biomasse, infatti, in base all'art. 14, comma 13 quater, d.lgs. n. 99, del 29 marzo 2004, l'attività esercitata dagli imprenditori agricoli di cui all'art.2135 c.c., di cura e sviluppo del ciclo biologico di organismi vegetali

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destinati esclusivamente alla produzione di biomasse, con cicli colturali non superiori al quinquennio e reversibili al termine di tali cicli, su terreni non boscati, costituisce coltivazione del fondo ai sensi dell'art. 2135 c.c. e non è soggetta alle disposizioni in materia di boschi e foreste.

In dottrina si discute se tale disposizione normativa qualifichi l'attività di cura e sviluppo del ciclo biologico di organismi vegetali destinati alla produzione di biomassa come un'attività agricola in sé56 o se l'agrarietà di tale di tale attività economica derivi esclusivamente dal fatto che venga esercitata da un imprenditore agricolo all'interno della sua “normale” attività di impresa57.

L'attività di produzione e cessione di energia prodotta da biomassa è qualificata dalla legge come attività connessa. In base all'art. 2135 c.c. l'imprenditore agricolo che trasformi

56 Crosetti-Ferrucci, Manuale di diritto forense e ambientale, in Costantino L., Biomasse, in Digesto delle discipline privatistiche, Utet, Milano, agg. 2010, p.124.

57 Ferrara, Impresa agricola e produzione di energia, AIM, 2008, n.1, p.33 ss. Ferrara sostiene che l'attività di coltivazione delle colture c.d. energetiche non sia qualificabile come attività agricola principale e che l'imprenditore agricolo potrà svolgere anche attività di coltivazione di biomasse, non perdendo per questo la qualifica di imprenditore agricolo, ma non potrà dedicarsi esclusivamente ad una produzione no food.

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biomassa utilizzando la materia prima proveniente prevalentemente dalla propria azienda svolgerà un'attività connessa. I requisiti affinché possa qualificarsi attività connessa l'attività di produzione e cessione di energia ottenuta da biomassa dovranno ricercarsi nell'identità del soggetto che dovrà esercitare sia l'attività principale che l'attività connessa, e nel rispetto della prevalenza della materia prima utilizzata che dovrà provenire dalla stessa azienda agricola. L'imprenditore agricolo potrebbe, anche, acquistare parte della biomassa da terzi, purché in quantità non prevalente rispetto alla biomassa ottenuta nella sua azienda.

Il legislatore Comunitario consapevole della pluralità di definizioni esistenti di biomassa, nelle legislazioni dei singoli Stati membri nel 2011, con il d. lgs. n.28/201158, art 2, lett. B stabilisce che per <<biomassa>> si intende << la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e

58 3 marzo 2011 << Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e

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animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani>>. Il <<considerando 9>> di questa direttiva chiarisce che la definizione di biomassa utilizzata, lascia impregiudicato l'utilizzo di una definizione diversa nelle legislazioni nazionali per fini diversi da quelli della presente direttiva.

Da ciò si può evincere che il legislatore comunitario è consapevole che ogni singolo Stato membro può ridefinire la nozione di biomassa.

La definizione normativa di biomassa, data dall'Unione Europea in materia di produzione energetica da fonti rinnovabili e biocarburanti, assegna agli imprenditori agricoli la funzione di produttore nella filiera agroenergetica, e ciò deriva da due fattispecie:

• la produzione di colture dedicate a scopi energetici; • dal recupero e dall'utilizzo di rifiuti e residui provenienti

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dalle attività agricole di coltivazione, di allevamento, della selvicoltura e da quelle ad esse connesse.

6. LE COLTURE DEDICATE

A partire dagli anni del 1990 si è manifestato da parte della politica comunitaria un interesse maggiore per le colture energetiche. Questo cambiamento di indirizzo si è avuto per due motivi principali: a) la necessità di garantire sul piano ambientale pratiche ecologicamente rispettose per l'ambiente; b) la diversificazione delle produzioni alimentari.

Il legislatore nazionale, consapevole dell'importanza e della diffusione di queste colture, è intervenuto con il d.lgs. n. 101/200559 al cui art. 4 ha introdotto una norma che disciplina la produzione delle colture energetiche, la quale stabilisce che: << l'attività esercitata dagli imprenditori agricoli di cui all'art.

59 Art. 4 del d.lgs. 27 maggio 2005, n.101, <<Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a

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2135 c.c., di cura e sviluppo del ciclo biologico, di organismi vegetali destinati esclusivamente alla produzione di biomasse, con cicli colturali non superiori al quinquennio e reversibile al termine di tali cicli, su terreni non boscati, costituiscono coltivazione del fondo ai sensi dell'art. 2135 c.c e non è soggetta alle disposizioni in materia di boschi e foreste. Tali organismi vegetali non sono considerati colture permanenti ai sensi della normativa comunitaria>>.

Rappresentano una fonte di reddito aggiuntiva dell'impresa agricola “tradizionale” costituendo una incentivazione al minor ricorso ai prodotti di origine fossile, ed inoltre, sono molto utili per gestire lo spazio rurale con potenziale effetto positivo sul piano paesaggistico e sulla salvaguardia della flora e della fauna selvatica, grazie all'utilizzo di pratiche di coltivazione meno invasive.

Si possono distinguere le colture dedicate ai fini della produzione di energia, in base al tipo e alla durata della coltivazione quelle erbacee e quelle legnose.

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poliannuali.

Rientrano nelle prime le coltivazioni di girasoli, di colza60, di kenaf, del sorgo61, ecc. Nelle seconde sono ricomprese: il cardo62,

60 Il <<colza>> è una crucifera appartenente alla famiglia delle

brassicacee, suscita oggi interesse per la produzione di biodiesel. In Italia, ad eccezione di poche zone, le rese di colza sono inferiori rispetto alle zone centro europee, soprattutto per via della scarsa selezione genetica ad hoc per le esigenze pedoclimatiche italiane. La coltura si adatta bene a diversi tipi di terreno anche se predilige i suoli freschi, argillosi e profondi.

La raccolta, mediante metitrebbiatura, si esegue quando la granella ha ancora un leggero eccesso di umidità , poiché l'attesa di ulteriore essiccamento sulla pianta provocherebbe la deiscenza delle silique e quindi la perdita di prodotto, in seguito la granella va essiccata.

61 Il <<sorgo>> si caratterizza per un elevato accumulo in sostanza secca anche in condizioni di limitata disponibilità idrica grazie alla capacità di superare periodi di siccità. Per le caratteristiche di adattabilità, rapida crescita e produttività, il sorgo può essere considerato una valida coltura per la produzione di biomassa.

62 Il <<cardo>> è una pianta erbacea perenne, molto diffusa

nell'Europa meridionale. Si adatta molto bene alle aree con scarsità di risorse idriche. La raccolta della biomassa del cardo viene eseguita tra la fine di luglio e la prima metà di settembre, quando l'umidità si attesta al valore più basso possibile (intorno al 15 %). Il prodotto finale della coltura è costituito sia dalla biomassa lignocellulosica, che è presente nella parte dello sviluppo della fioritura. La biomassa di cardo può essere utilizzata per la produzione di energia per

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il miscanto63, la canna64, ecc.

Le coltivazioni legnose sono le migliori per la qualità della biomassa e per la capacità di ricrescita dopo la caducazione, tra questi si possono segnalare il pioppo65, il salice e l'eucalipto.

63 Il <<miscanto>> è una graminacea ad alta efficienza d’uso di acqua e luce. Questa specie presenta dei rizomi caratteristici a seconda della varietà. Le foglie sono sottili ed allungate, con nervature parallele e sono di consistenza molto rigida per l’elevato contenuto di silicio che le fa diventare taglienti come dei rasoi.

I semi prodotti da queste piante sono sterili; questa è una caratteristica positiva in quanto sono impedite eventuali dispersioni accidentali nell’ambiente, che trasformerebbero un’interessante coltura da biomassa in un’indesiderabile e tenace infestante.

Una coltura di miscanto può fornire 15-30 t di sostanza secca a seconda degli areali di coltivazione. In linea di massima la biomassa prodotta da queste piante tende ad avere quantità elevate di ceneri e sostanze minerali.

Viene raccolto una sola volta all’anno, poiché più tagli consecutivi durante lo stesso ciclo impoveriscono il rizoma, fino al deperimento della pianta.

In Italia questa pianta viene raccolta a fine inverno, in modo che tutti gli elementi come il cloro e il potassio siano stati trasferiti nel rizoma e venga di conseguenza ridotta la percentuale di ceneri che si produrrà a valle della trasformazione termica.

64 La <<canna>> appartiene alla famiglia delle graminacee. E' una pianta non molto esigente per quanto riguarda il tipo di terreno e di clima, si adatta facilmente ai terreni in prossimità di fiumi e torrenti, predilige quindi i terreni ricchi di acqua. Il periodo ottimale per la raccolta va da dicembre a marzo, quando il colore della foglia passa dal verde al giallo. La produttività della coltura della canna comune è la maggiore tra le specie erbacee da biomassa considerata la posizione geografica, il clima e i terreni dell'Italia.

65 La raccolta del Pioppo va eseguita in inverno tra i mesi che vanno da novembre a marzo, quando i pioppi sono in riposo vegetativo, poiché il taglio durante il periodo vegetativo comprometterebbe la vitalità delle ceppaie e produrrebbe biomasse con un altissimo tasso

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E' opinione, molto diffusa, che la conversione dei terreni dalla colture erbacee tradizionali a coltivazioni “dedicate” per fini energetici determini una riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2)66.

L'introduzione di nuove specie di energia nel settore agricolo determina un incremento della biodiversità, poiché per questi tipi di colture da biomassa si tende maggiormente ad evitare o limitare il ricorso agli erbicidi rispetto alle coltivazione tradizionali, e quindi si tutela in questo modo, anche, il suolo e il sottosuolo agricolo.

Le colture poliennali da energia, sia erbacee che arboree costituiscono uno dei mezzi più efficaci per ridurre i rischi di erosione nelle aree in pendio e nei terreni pianeggianti particolarmente sensibili, ciò sia per la presenza continua della vegetazione sul terreno, che costituisce una valida copertura del suolo, sia per l'incremento di sostanza organica che si registra negli strati superficiali del terreno, sia per l'effetto di

di umidità, rendendo la coltura dedicata scarsa a livello di produzione di biomassa.

66 Le colture dedicate ad uso energetico: il progetto Bioenergy Farm, Quaderno Arsia 6/2004, Agenzia Regionale per lo sviluppo e

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trattenimento delle masse terrose operato dagli apparati radicali durante i periodi maggiormente piovosi67.

Le poliennali erbacee costituiscono una risorsa importante per l'ambiente in quanto consentono di realizzare alcuni importanti aspetti positivi:

• un controllo sul fenomeno erosivo del territorio;

• una sostanziale riduzione dell'emissione dei gas ad effetto serra;

• un potenziale miglioramento della qualità paesaggistica e della ruralità del territorio;

• una riduzione dei fitofarmaci, di solito utilizzati per le colture tradizionali e di prodotti chimici per la concimazione del terreno;

un miglioramento dell'habitat per la fauna selvatica.

Le colture dedicate possono alimentare diverse filiere agroenergetiche:

67 Le colture dedicate ad uso energetico: il progetto Bioenergy Farm, Quaderno Arsia 6/2004, op.cit. , p.83.

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• quella dei biocombustibili solidi per la generazione termica ed elettrica, alimentata con le colture lignocellulosiche annuali e perenni ad alta resa, rientrano tra di questo tipo: le colture legnose a turno breve di ceduazione, la canna comune, il sorgo da fibra, il miscanto;

• quella degli oli vegetali puri, impiegati nella generazione termica ed elettrica, ottenuti per estrazione dai semi delle colture oleaginose come la soia, la colza, il girasole, che vengono spesso utilizzati anche nella sintesi del biodiesel e nell’autotrazione dei mezzi agricoli;

• quella della conversione di colture ricche di carboidrati come il mais, il frumento, la barbabietola, il sorgo zuccherino, in bioetanolo e in biogas.

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7. IL RECUPERO E L'UTILIZZO DI RIFIUTI E

RESIDUI PROVENIENTI DALLE ATTIVITA'

AGRICOLE.

Bisogna distinguere tra una rifiuto e una biomassa-residuo.

La biomassa-residuo è costituita da residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura che comprendono le sostanze di origine vegetale e animale derivanti dalle attività agricole, comprese le attività connesse all'agricoltura.

La definizione giuridica di biomassa-rifiuto è data dalla direttiva europea 2008/98/CE, al cui art.3, comma 1, n.1, definisce <<rifiuto>> qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione di farlo o abbia l'obbligo di disfarsi. Quindi, bisogna considerare tale le sostanze o gli oggetti dai quali si evinca la volontà o l'obbligo di disfarsi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento o il recupero. Partendo dalla nozione giuridica di rifiuto si deve osservare che l'art. 183 del Codice ambientale dà una definizione ampia di rifiuto dato che, venuto meno, a seguito dell'intervento del legislatore europeo (Dir. 2008/98), il riferimento al profilo

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oggettivo relativo all'inclusione delle sostanze nell'Allegato A alla Parte Quarta del Codice ambientale, la qualifica, allo stato, dipende essenzialmente dalla componente soggettiva, e quindi dall'animus del detentore di voler disfarsi del bene68. L'elemento soggettivo è una componente essenziale della nozione.

La stessa sostanza potrebbe essere in situazioni diverse qualificata come rifiuto o come residuo. Per risolvere questa diversità terminologica viene in soccorso l'art. 185 del d.lgs. n.152/200669, che contiene delle esclusioni dell'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti. Infatti, il comma 1 di questo articolo stabilisce che: << Non rientrano nel campo di applicazione le materie fecali, paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo e forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute

68 Lucifero N., Iniziativa economica e potere di destinazione nelle

filiere alimentari ed energetiche, in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema Ue, atti del convegno Siena 10-11 maggio 2013, Giuffè, p. 202-203.

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umana>>.

Interessante a questo proposito è la sentenza del Consiglio di Stato n. 6117 del 07 ottobre 2009, la quale ha chiarito la differenza sostanziale tra residuo e rifiuti70.

70 Il T.A.R. Emilia-Romagna, con sentenza n. 3296 del 2008, è

intervenuto pronunciandosi in merito all'apertura di un impianto di produzione di energia alimentato a biogas, attraverso l'utilizzo di biomasse vegetali e liquami animali. Il T.A.R. è stato, quindi, chiamato a decidere se i liquami animali e gli scarti vegetali impiegati come biomassa dovessero classificarsi come rifiuti. La classificazione di queste sostanze come rifiuto è stata preferita, atteso che i residui zootecnici (in particolare la materia fecale) compaiono espressamente nell'elenco dei rifiuti di cui al d.lgs. 152/2006. Il T.A.R afferma che dovrebbe essere verificato un ulteriore requisito imposto dal diritto comunitario, ossia "se per riutilizzo occorrono operazioni di deposito che possono avere una certa durata, e quindi rappresentare un onere per il detentore nonché essere potenzialmente fonte di quei danni per l'ambiente che la direttiva mira specificamente a limitare (…), cosicché la sostanza di cui trattasi deve essere considerata, in linea di principio, come rifiuto". La decisione di primo grado è stata riformata dal Consiglio di Stato con la decisione in commento, che ha escluso i liquami impiegati come biomasse dal novero dei rifiuti ed ha affermato che: <<nella specie non si tratta affatto di impianti che smaltiscano o trattino in qualche modo rifiuti. Si tratta, invece, di impianti che producono energia, mediante quel particolare procedimento che si concreta nel cosiddetto biogas, per cui vengono inizialmente introdotti elementi organici che procedono ad un'attività riproduttiva rispetto alle sostanze immesse, conferendole la caratteristica relativamente alla quale i residui in parola non sono utilizzati per essere smaltiti o in qualche modo trattati, ma servono solo per iniziare l'attività di decomposizione delle sostanze immesse, ai fini della produzione energetica>>. Secondo il Consiglio di Stato, dunque, <<le sostanze organiche suddette, lungi dall'essere l'oggetto del trattamento, ne sono invece uno strumento operativo, con il quale l'impianto funziona, alla

(57)

Materie fecali, paglia, sflaci e potature sono considerati nella maggioranza dei casi residui e non rifiuti.

L'art. 185 del d.lgs. 152/2006 disciplina le caratteristiche che tali residui devono possedere:

le materie fecali per essere ritenute residuo (e non rifiuto) devono essere prodotte nel contesto dell'impresa agricola. La produzione delle energie derivanti da queste materie devono essere ottenuta mediante processi e metodologie che rispettino l'ambiente.

Il Regolamento CE n. 1069/200971, all' art. 3, par.1, n.1, definisce i sottoprodotti di origine animale come corpi interni o parti di animali, prodotti di origine animale o altri prodotti ottenuti da animali, non destinati al consumo umano, ivi compresi gli ovociti, gli embrioni e lo sperma.

Paglia, sfalci e potature,sono disciplinati dall'art. 185,

stregua di un meccanismo di messa in moto>>. Vannetti F., Impianti a biomasse zootecniche: impianti energetici o di trattamento dei rifiuti, in Riv. giur. ambiente 2010, 3-4, p. 589

71 Regolamento 1069/2009/Ce <<Norme sanitarie relative ai prodotti di origine animale>>, 21 ottobre 2009, (Guue 14 novembre 2009 n. L

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