• Non ci sono risultati.

CAPITOLO III L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO III L’AGRICOLTURA BIOLOGICA"

Copied!
38
0
0

Testo completo

(1)

101

CAPITOLO III

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

3.1. INTRODUZIONE

L’agricoltura è un malato grave non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. In Italia, paese delle eccellenze agroalimentari, il settore sta attraversando una crisi senza precedenti.

La situazione attuale costringe gli agricoltori ad abbandonare le terre, perché produrre materie prime agricole, non è più un’attività remunerativa: ecco perché la superficie agricola diminuisce costantemente sotto l’azione dei fenomeni di urbanizzazione.

Inoltre, fenomeni di sfruttamento senza regole e le condizioni climatiche estreme che hanno causato uno sfasamento stagionale, hanno provocato gravi avvenimenti di erosione e di degrado.

In pratica, uno dei nostri patrimoni più preziosi, quello dell’agroalimentare e dei prodotti tipici, è oggi a rischio di estinzione.

Un’altra rivoluzione che ha sconvolto l’agricoltura negli ultimi anni è la globalizzazione: ormai i confini non sono che segni grafici sulle mappe geografiche e le grandi distanze sono coperte in poco tempo.

I prodotti di stagione non esistono più: mangiamo banane e ananas tutto l’anno, ma non sappiamo qual è il prezzo sociale e ambientale di quel prodotto.

Molti dei prodotti alimentari che troviamo nei supermercati, hanno un prezzo spesso più basso delle produzioni locali, perché nei Paesi di origine i costi del lavoro sono bassi e perché il commercio avviene in quantità tali da abbattere i prezzi. Però, è giusto porre l'accento sul fatto che questa situazione è anche frutto della nostra pretesa di avere sulla nostra tavola qualunque prodotto in ogni periodo dell’anno.

(2)

102 Conseguenze di questa globalizzazione sono una qualità dei prodotti inferiore, inquinamento ambientale maggiore, perdita delle produzioni tipiche e locali dell’Italia.

Di fronte a questo scenario generale, è giusto chiedersi se ci sono ancora speranze per il futuro. Queste speranze ci sono ancora, però potranno avverarsi solo alla contemporanea presenza di due fattori principali: rimettendo al centro dell’economia e della politica l’agricoltura, e coltivando in ciascuno di noi la necessità di valorizzare l’ambiente e le risorse naturali.

In questo contesto, s’inserisce un tipo particolare di agricoltura, quella biologica. Tutto quello che ho descritto nei primi due capitoli del mio elaborato, possono essere applicati alla coltivazione biologica, e nei paragrafi successivi cercherò di spiegare cosa significa il termine “biologico”, i principi su cui si basa e alcuni aspetti economici dell’imprenditore agricolo biologico.

(3)

103 3.2 DEFINIZIONE DI AGRICOLTURA BIOLOGICA

L’agricoltura biologica è un’agricoltura che altera il meno possibile l’ecosistema e le risorse naturali, e dalla possibilità alle generazioni future di poter godere di un ambiente favorevole: è un sistema di produzione agricola che cerca di offrire al consumatore prodotti freschi, gustosi e genuini rispettando il ciclo della natura. Questo modello di produzione non riguarda solo l’offerta di prodotti alimentari con caratteristiche differenti (che possono essere ritenute “più sane”), ma soprattutto propone uno sviluppo rurale che tuteli e valorizzi l’ambiente, le risorse naturali e il paesaggio. In agricoltura biologica si cerca di modificare il meno possibile l’habitat naturale di piante e animali, di rispettare la stagionalità e di utilizzare energie rinnovabili, di fornire al consumatore cibi salubri, privi di sostanze tossiche e quanto più ricchi di principi nutritivi.

Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell'acqua e dell'aria. Per salvaguardare la fertilità naturale di un terreno gli agricoltori biologici utilizzano materiale organico e, ricorrendo ad appropriate tecniche agricole, non lo sfruttano in modo intensivo.

Per quanto riguarda i sistemi di allevamento, si pone la massima attenzione al benessere degli animali, che si nutrono di erba e foraggio biologico e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino artificialmente la crescita e la produzione di latte.

I punti su cui si basa la produzione biologica sono:

- incremento e mantenimento della fertilità naturale del terreno;

- esclusione di prodotti chimici e uso di fertilizzanti naturali, possibilmente organici, ottenuti nell’azienda agricola o quanto più vicina a essa;

- utilizzo di piante resistenti e d’insetti predatori contro i parassiti;

- scelta della specie secondo il clima e del terreno della zona di coltivazione; - vita degli animali conforme alle esigenze della specie, avendo cura del loro benessere;

(4)

104 - valorizzazione delle produzioni tipiche e locali;

- uso di metodi di conservazione, packaging e distribuzione rispettosi della salubrità dei prodotti e dell’ambiente;

- certificazione del processo di produzione e di distribuzione.

Molti consumatori ritengono che l’agricoltura biologica sia nata da poco, oppure che sia iniziata solo a seguito dei regolamenti comunitari.

In realtà, esistono vari approcci all’agricoltura biologica, dovuti alle diverse realtà sociali ed ecologiche, nonché alle diverse conoscenze che li hanno generati. Sarebbe quindi più corretto parlare di agricolture biologiche, la prima delle quali è nata circa ottanta anni fa grazie alla visione di un futuro migliore di molti personaggi tra i quali agronomi, medici, filosofi, biologi. Infatti, all’inizio del 1900, sia in Europa sia in Nord America, cominciano ad affiorare le prime critiche all’agricoltura industriale a causa dei problemi di stanchezza del terreno e di percepita non genuinità degli alimenti.

L'agricoltura biologica è un fenomeno piuttosto giovane, iniziato in tempi e paesi diversi ma con percorsi molto simili: a mano a mano che l’agricoltura industriale aumentava la sua dipendenza da fertilizzanti e pesticidi chimici e divenivano noti i dati sui danni che questo tipo di agricoltura causava alla salute umana e all’ambiente, sempre più agricoltori sceglievano la strada dell’agricoltura biologica. Questi agricoltori coraggiosi, furono presto sostenuti da una crescente fascia di consumatori, pronti a pagare prezzi più elevati pur di premiare i prodotti biologici.

In Italia, la fondazione nel 1947 dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica testimonia la presenza probabilmente già negli anni anteriori la II Guerra Mondiale di consumatori e di agricoltura alternativi. Nel 1972, fu inaugurato a Milano il primo negozio biologico italiano (“Il girasole”) per merito di un gruppo di medici, agronomi, consumatori e agricoltori.

Nel 1985 compaiono le prime norme italiane sull’Agricoltura Biologica, prodotte dalla Commissione nazionale Cos’è Biologico, composta di rappresentanti dei vati gruppi e movimenti.

(5)

105 Il regolamento CE n. 834/2007, che stabilisce le norme sulla produzione biologica valide per tutta l’Unione Europea, definisce la produzione biologica come: “Un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente delle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale”.

L’agricoltura biologica si basa su quattro principi: 1°) Il principio del benessere.

L’agricoltura biologica deve sostenere e favorire il benessere del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani, come un insieme unico e indivisibile. Il benessere deve riguardare la totalità e l’integrità dei sistemi viventi: questo non è semplicemente l’assenza di malattie, ma il mantenimento di un benessere fisico, mentale, sociale e ambientale.

Il ruolo dell’agricoltura biologica, in tutte le sue forme (produzione, trasformazione, distribuzione e consumo), è quello di sostenere e ampliare il benessere degli ecosistemi e di tutti gli organismi, dal più piccolo nel suolo fino agli essere umano. In particolare, l’agricoltura biologica si propone di produrre alimenti di alta qualità, che siano nutrienti e che contribuiscano alla prevenzione delle malattie e della salute. Di conseguenza, essa dovrà evitare l’uso di fertilizzanti, fitofarmaci, additivi alimentari e medicine veterinarie che possano avere effetti dannosi sulla salute.

(6)

106 La produzione biologica deve essere basata su processi ecologici e di riciclo: nutrimento e benessere sono ottenuti tramite l’ecologia dell’ambiente di ogni specifica produzione.

3°) Il principio dell’equità.

Chi è impegnato nell’agricoltura biologica dovrà intrattenere e mantenere delle relazioni umane in modo tale da assicurare giustizia sociale a tutti i livelli e a tutte le parti interessate: agricoltori, lavoratori, trasformatori, distributori, commercianti e consumatori.

L’agricoltura biologica dovrà assicurare una buona qualità di vita a tutti coloro che ne sono coinvolti e deve contribuire alla riduzione della povertà. L’equità richiede che i sistemi di produzione, di distribuzione e di mercato siano trasparenti, giusti e che tengano conto dei reali costi ambientali e sociali.

4°) Il principio della precauzione.

L’agricoltura biologica deve essere gestita in modo prudente e responsabile, al fine di proteggere la salute e il benessere delle generazioni presenti e future, nonché l’ambiente. Chi pratica questo tipo di agricoltura, può migliorarne l’efficacia e la produttività, ma questo non deve essere fatto a rischio di mettere a repentaglio la salute e il benessere. Di conseguenza, le nuove tecnologie hanno bisogno di essere valutate e i metodi esistenti revisionati. Tenuto conto della conoscenza incompleta degli ecosistemi e dell’agricoltura, devono essere prese delle precauzioni. La scienza è necessaria per assicurarsi che l’agricoltura biologica sia sana, senza rischi ed ecologica, però la conoscenza scientifica da sola non è sufficiente: l’esperienza pratica, la saggezza e le conoscenze tradizionali offrono soluzioni valide e consolidate nel tempo.

(7)

107 3.3 REGOLAMENTAZIONE EUROPEA

L’agricoltura biologica è un metodo di produzione definito dal punto di vista legislativo a livello comunitario con un primo regolamento, il Regolamento CEE n. 2092 del 24 giugno 1991 sull’agricoltura biologica e sull’etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari. L'introduzione di questo Regolamento faceva parte della riforma della Politica Agricola Comunitaria ed ha rappresentato la conclusione di un processo attraverso il quale l'agricoltura biologica ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dei quindici stati che erano membri dell'Unione Europea in quel momento.

All’inizio il regolamento sul settore biologico regolamentava solo i prodotti vegetali, mentre le disposizioni per la produzione di prodotti di origine animale (l’alimentazione e la protezione degli animali, la prevenzione delle malattie, le cure veterinarie) sono state introdotte successivamente.

L'uso di organismi geneticamente modificati e di prodotti da essi derivanti era stato espressamente escluso dalla produzione biologica. Allo stesso tempo è stata approvata l'importazione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi i cui criteri di produzione e sistemi di controllo sono stati riconosciuti come equivalenti a quelli dell'Unione Europea.

L’enorme importanza del Regolamento biologico UE originario è dovuta al fatto che esso ha creato standard minimi comuni per l'intera UE. In questo processo è aumentata la fiducia dei consumatori, che hanno potuto acquistare prodotti biologici provenienti da altri Stati Membri con la certezza che questi prodotti soddisfacessero i requisiti minimi. E’ stata data facoltà agli Stati Membri e alle organizzazioni private di adottare ulteriori norme più severe.

La Commissione Europea è affiancata da due organismi che cooperano nel processo decisionale in materia di agricoltura biologica:

- Il comitato consultivo per l’Agricoltura Biologica: riunisce rappresentanti degli Stati Membri e dei vari gruppi tecnici ed economici di interesse (es. IFOAM, BEUC, ecc…) e facilita lo scambio di esperienze e di pareri su vari argomenti

(8)

108 relativi alla produzione biologica, al fine di promuovere il continuo aggiornamento della normativa biologica.

- Il gruppo di esperti per la promozione dell’agricoltura biologica: fornisce consigli alla Commissione sulle questioni riguardanti le campagne informative e promozionali sull’agricoltura biologica che sono attuate nell’ambito del Piano d'Azione Europeo per l'agricoltura biologica.

La Commissione può consultare il comitato consultivo e il gruppo di esperti in tutte le occasioni. Al tempo stesso, i presidenti della Commissione possono chiedere che il comitato consultivo o il gruppo di esperti siano consultati su questioni che rientrano nel loro ambito di competenza.

Le decisioni del comitato consultivo o del gruppo di esperti non sono vincolanti per la Commissione, ma sono tenute in grande considerazione.

Successivamente, c’è stata una revisione del Regolamento CEE n. 2092, al fine di semplificarlo e migliorarlo. Il 28 giugno del 2007, il Consiglio Europeo dei ministri dell’agricoltura ha approvato un nuovo Regolamento, inteso a disciplinare le questioni relative all’agricoltura biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici.

Il nuovo quadro normativo si prefigge di avviare un nuovo piano di orientamento per lo sviluppo continuo dell’agricoltura biologica al fine di ottenere sistemi colturali sostenibili e un’ampia varietà di prodotti di alta qualità. Nell’ambito di questo processo, in futuro sarà data sempre più importanza alla protezione dell’ambiente, alla biodiversità e a standard elevati in materia di protezione degli animali.

Poiché l’Unione Europea si estende dall’estremo nord all’Europa meridionale e orientale, le differenze climatiche locali, culturali o strutturali si potranno compensare con le norme di flessibilità previste. Può essere utilizzata la dicitura “biologico” per gli alimenti solo se almeno il 95% degli ingredienti agricoli proviene da produzione biologica. Gli ingredienti biologici presenti nei prodotti alimentari non biologici possono essere riportati come biologici nell’elenco degli

(9)

109 ingredienti, purché tali alimenti siano stati prodotti in conformità alla normativa relativa alla produzione biologica.

Sarà inoltre obbligatorio indicare il numero di codice dell’Organismo di Controllo al fine di garantire una maggiore trasparenza.

Nell’ambito della produzione biologica è vietato l’uso di organismi geneticamente modificati (OGM) e di prodotti ottenuti con OGM: i prodotti che contengono OGM possono essere etichettati come biologici solo se la percentuale di OGM negli ingredienti è inferiore allo 0,9%.

Secondo la nuova normativa, i produttori di alimenti biologici confezionati devono utilizzare il logo biologico UE, indicando il luogo di produzione degli ingredienti agricoli.

La distribuzione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi è consentita nel mercato comune solo se sono prodotti e controllati nelle stesse condizioni o in condizioni equivalenti. Il regime di importazione è stato ampliato con la nuova legislazione. In precedenza potevano essere importati solo prodotti biologici provenienti da paesi terzi riconosciuti dall’UE o merci la cui produzione era controllata dagli Stati Membri e che avevano ricevuto una licenza d’importazione.

Nel 2008, oltre ad un nuovo regolamento del Consiglio Europeo, sono stati adottati nuovi regolamenti della Commissione che disciplinano la produzione biologica, l’importazione e la distribuzione di prodotti biologici, nonché la loro etichettatura: il Regolamento CE n. 834 del 28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e alle modalità di etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento CEE n. 2092/91, il Regolamento CE n. 889 del 5 settembre 2008 che riporta le norme dettagliate di produzione, etichettatura e controllo, il Regolamento CE n. 1235 dell’8 dicembre 2008 che riporta norme dettagliate in materia di importazione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi.

Ai sopra citati regolamenti sono acclusi molti allegati, tra i quali:

(10)

110 - Requisiti minimi delle dimensioni degli alloggi e degli spazi per gli allevamenti biologici, secondo le specie animali e delle fasi di sviluppo.

- Alimenti non-biologici per animali, additivi per mangimi consentiti in agricoltura biologica.

- Requisiti per il logo comunitario.

In aggiunta alla normativa UE in materia di agricoltura e produzione biologica, gli operatori che lavorano nel settore dell’agricoltura e della trasformazione biologica devono rispettare le regole generalmente applicabili alla produzione e alla trasformazione dei prodotti agricoli. Ciò significa che in generale tutte le norme generalmente applicabili in materia di regolamentazione di produzione, trasformazione, commercializzazione, etichettatura e controllo dei prodotti agricoli si applicano anche ai cibi biologici.

Occorre assicurare la continuità degli accordi bilaterali di riconoscimento dei paesi terzi da parte della Commissione Europea in cooperazione con gli Stati Membri.

Un elenco di paesi terzi riconosciuti è riportato nell’Allegato III del Regolamento d’importazione. Le nuove norme per l’importazione garantiscono la possibilità dell’importazione di prodotti biologici da paesi terzi che non hanno ancora stipulato accordi bilaterali di riconoscimento.

I prodotti che sono sottoposti alle stesse procedure di produzione e di controllo adoperate nell’UE devono avere, in futuro, anche libero accesso al mercato comune. Gli organismi che intendono effettuare tali controlli devono farne richiesta alla Commissione Europea e devono essere autorizzati dalla Commissione e dagli Stati Membri. La supervisione di tali organismi è direttamente a carico della Commissione che è coadiuvata in tale compito dagli Stati Membri.

Tuttavia, poiché le condizioni di produzione nei paesi terzi sono di solito molto diverse da quelle in Europa, spesso non è possibile applicare le stesse regole per la produzione o il controllo. Pertanto, deve anche essere possibile consentire

(11)

111 l’applicazione di regole simili che si adattino in linea di principio agli obiettivi e ai principi della legislazione biologica.

In futuro i nuovi regolamenti d’importazione faciliteranno l'importazione di prodotti biologici nell'UE nel complesso, al tempo stesso promuovendo una migliore sorveglianza e contrastando quindi l’inganno e la frode.

(12)

112 3.3.1 Allevamento biologico

Anche l’allevamento biologico segue criteri normativi definiti dall’Unione Europea. Gli animali devono essere alimentati secondo i loro fabbisogni con prodotti vegetali ottenuti con metodo di produzione biologico, coltivati preferibilmente nella stessa azienda o nel comprensorio in cui l'azienda si trova. L'allevamento degli animali con metodo biologico è strettamente legato alla terra: il numero di capi allevabili è in stretta relazione con la superficie disponibile. I sistemi di allevamento adottati devono soddisfare i bisogni etologici e fisiologici degli animali: devono consentire agli animali allevati di esprimere il loro comportamento naturale e devono garantirgli sistemi di vita adeguati. Sono vietati il trapianto degli embrioni e l'uso di ormoni per regolare l'ovulazione eccetto che in caso di trattamento veterinario di singoli animali. L'impiego di razze ottenute mediante manipolazione genetica è vietato.

Il trasporto del bestiame deve essere quanto più breve possibile, in modo tale da affaticare il meno possibile gli animali. Le operazioni di carico e scarico devono effettuarsi senza brutalità: è vietato l'uso di calmanti durante il tragitto. Il trattamento degli animali al momento della macellazione o dell'abbattimento deve limitare la tensione e, nello stesso tempo, offrire le dovute garanzie rispetto all'identificazione e alla separazione degli animali biologici da quelli convenzionali.

Le condizioni di allevamento devono tenere conto del comportamento innato degli animali. In particolare. Le strutture per l'allevamento devono essere salubri, correttamente dimensionate al carico di bestiame e devono consentire l'isolamento dei capi che necessitano di cure mediche. Inoltre deve essere assicurato sufficiente spazio libero a disposizione degli animali.

L’agricoltura biologica utilizza alcuni principi e pratiche affinché gli animali allevati per la produzione di alimenti abbiano lo stesso trattamento che noi, come esseri umani, consideriamo necessario (buon cibo, buone condizioni di vita e buona salute):

(13)

113 Gli agricoltori biologici forniscono al loro allevamento foraggi biologici che non solo aiutano i loro animali a crescere e riprodursi, ma ne migliorano la salute e il benessere. Dato che la qualità e la composizione del foraggio sono così importanti per la produzione di carne biologica e per altri prodotti di origine animale, questi fattori sono spesso strettamente imposti dalla regolamentazione. Per esempio, l'attuale regolamentazione europea sull'agricoltura biologica esige che gli agricoltori biologici forniscano al bestiame il 100% di foraggio biologico se vogliono vendere i loro prodotti come biologici ed avere il logo europeo. Allo stesso tempo, la regolamentazione europea fissa le caratteristiche per la produzione di alimenti per allevamenti biologici: essa deve avere origine biologica, eccetto per gli ingredienti per il foraggio che non siano disponibili in forma biologica e deve essere usata una minima parte di additivi e coadiuvanti di lavorazione.

In linea con il principio di usare risorse del luogo, il foraggio per il bestiame dovrebbe provenire preferibilmente dall'azienda agricola presso la quale gli animali sono allevati.

2°) La zootecnia.

Esistono molte pratiche e principi coinvolti in quest’area ideati per fornire al bestiame una vita confortevole e priva di stress, creando un ambiente che si adatti alle specie animali che ci vivono.

La nuova regolamentazione europea sull'agricoltura biologica dispone che il personale che si occupa degli animali dovrebbe avere le conoscenze di base e l'esperienza necessaria per la salute e i fabbisogni di benessere animale.

Il dolore e la sofferenza devono essere ridotti al minimo durante tutta la vita dell'animale: anche il metodo di macellazione è studiato per essere il più veloce e indolore possibile.

3°) Salute.

Il mantenimento di animali sani e felici è uno dei principi chiave dell'agricoltura biologica. Questo è raggiunto attraverso un’attenta gestione e attenzione verso i bisogni delle differenti specie. Come per la produzione delle colture biologiche,

(14)

114 la salute del bestiame e il loro benessere è ottenuto in larga parte senza l'uso di input sintetici (es. gli antibiotici), ma con misure preventive per minimizzare il rischio di parassiti e malattie.

Il primo passo per ottenere una salute dell'animale soddisfacente in agricoltura biologica è scegliere razze secondo la loro vitalità, adattabilità alle condizioni locali, e resistenza alle malattie. La preferenza verso razze autoctone e adattate allo specifico ambiente dell'azienda agricola aiuta a raggiungere quest’obiettivo. L’agricoltura biologica lavora per incoraggiare le naturali difese immunologiche del bestiame attraverso le seguenti pratiche:

- adeguata e sana alimentazione;

- accesso libero a un pascolo appropriato;

- mantenere stalle adeguate e adatte in condizioni igieniche ideali;

- appropriato numero di animali sia negli spazi aperti sia all'interno delle stalle; - divieto della catena e dell’isolamento;

- divieto di rimozione o di riduzione di code (pecore, maiali, ecc…), di becchi (galline, tacchini, ecc…) e di corna (bovini, pecore, ecc…).

Certamente tutte le prevenzioni del mondo non possono evitare le occasionali malattie o infortuni di cui il bestiame soffre: gli allevatori devono operare velocemente per assicurarsi che la sofferenza sia ridotta al minimo e che gli animali ritornino in salute il più velocemente possibile.

I trattamenti che sono preferiti dagli allevatori biologici includono:

- Omeopatia: cura alternativa, secondo la quale il rimedio per una determinata malattia è dato dalla somministrazione al malato, in una quantità diluita, della sostanza che induce sintomi simili a quelli della malattia.

- Fitoterapia: utilizzo di piante e di estratti di piante per la cura delle malattie. Poiché la salute e il benessere del bestiame sono primari, le cure veterinarie ordinarie possono essere adottate per evitare sofferenze che l'omeopatia o la fitoterapia non sono in grado di attenuare: i medicinali veterinari chimici, inclusi gli antibiotici, possono essere somministrati solo a rigide condizioni.

(15)

115 3.4 TREND DEL MERCATO BIOLOGICO IN EUROPA E NEL MONDO

Nell’ultimo decennio l’agricoltura biologica ha fatto registrare un’espansione crescente in tutto il mondo, e si è affermata come uno dei comparti più vitali del panorama agricolo, conquistando fasce sempre più ampie di mercato, con un incremento costante delle produzioni e delle superfici dedicate al biologico. L’Oceania domina la classifica dei continenti con la più alta superfice dedicata alla coltivazione biologica, seguono l’Europa e l’America. Attualmente possiamo dire che circa l’1% dei terreni agricoli mondiali è impiegato nella produzione biologica.

Secondo lo studio World of Organic Agriculture 2007, dal 2002 al 2005 le vendite mondiali di cibo e bevande biologiche sono aumentate del 43%, arrivando a 25.5 miliardi di Euro.

Lo studio World of Organic Agriculture 2007 stima le vendite in Europa di prodotti biologici nel 2005 in 13 - 14 miliardi di Euro. Il mercato nazionale più grande risulta quello tedesco, seguito dall'Italia e dalla Francia. La crescita annuale del mercato dei prodotti biologici è tra il 10% e il 15%.

Il primo paese europeo in ordine di superficie dedicata al biologico è rappresentato dalla Spagna, al secondo posto l’Italia, seguita dalla Germania. I primi quattro paesi della classifica comprendono circa la metà delle estensioni biologiche europee.

Per quanto riguarda il numero dei produttori biologici, certificati nel 2010, l’Europa ha raggiunto le 280.000 unità con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. La Turchia è il paese europeo con il maggior numero di produttori, seguito dall’Italia e dalla Spagna.

In riferimento all’uso delle superfici agricole biologiche europee, si registra che nel 2010 quasi la metà di queste è stata destinata al pascolo e la restante parte alla coltivazione di cereali, foraggi e coltivazioni permanenti (olivo, vite, frutta). L’Italia è fra i primi paesi del mondo per numero di aziende certificate e per estensione della superficie coltivata e questo per diversi fattori. Per prima cosa, la conformazione geologica dell’Italia ha favorito la formazione di aziende familiari

(16)

116 piuttosto che di grandi coltivatori monoculturali, perciò avviare la conversione al metodo di produzione biologico è stato fin dall’inizio più semplice. Proprio in conseguenza di questa conformazione, punto di forza dell’agricoltura italiana non sono mai stati i grandi quantitativi che le aziende sono state in grado di produrre, ma la qualità dei prodotti.

Negli ultimi cinque anni, l’agricoltura biologica italiana si è stabilizzata su dei valori che non sono più di crescita impetuosa e che rendono evidente l’avanzata di altri paesi. Però c’è da considerare il fatto che, con valori così alti come quelli raggiunti dall’Italia, è difficile mantenere un tasso di crescita pari a quello di paesi che, per ragioni diverse, hanno avviato più tardi o più lentamente un processo di conversione all’agricoltura biologica.

Secondo il Rapporto World Organic Agriculture 2011, l’Italia nel 2009 è stata il quinto mercato al mondo per volume di vendite, con un valore di mercato pari a 1.500 milioni di Euro, pari all’8% del totale dell’Europa, il cui mercato nel complesso risulta pari a 18.400 milioni di Euro.

Quindi, l’andamento del comparto biologico italiano è più che positivo, soprattutto se si tiene conto del fatto che nel 2010 il biologico registra risultati nettamente migliori dell’agroalimentare nel complesso.

Per quanto riguarda la distribuzione delle spesa suddivisa per comparti e per singoli prodotti, il cibo biologico più consumato in termini di spesa sono le uova, seguito dal latte fresco e dalle bevande.

Il consumo di prodotti biologici è un fenomeno localizzato prevalentemente nel Nord Italia, in cui si concentra oltre il 70% degli acquisti, mentre il Centro e il Sud rivestono ancora un peso minore.

(17)

117 3.5 PROPRIETA’ NUTRIZIONALI DEI PRODOTTI “BIO”

L’ambiente e gli stili di vita condizionano in modo notevole la salute di una popolazione. L’uomo è parte integrante della catena alimentare a cui appartengono anche i vegetali e gli animali. Trovandosi al vertice della piramide risente di ogni cambiamento subito dalla catena stessa, dovuto, ad esempio, dall’abuso di sostanze nocive in agricoltura e ai rischi derivanti dall’allevamento intensivo degli animali. Il modello intensivo, finalizzato all’aumento della produttività e dei profitti tramite l’impiego massiccio di fertilizzanti e di pesticidi, offre troppe insidie e poche opportunità per la salute.

L’eccesso di cibo, spesso di qualità mediocre e ipercalorico, ci porta verso una società di obesi e malnutriti. È necessario, perciò, ridurre la quantità di calorie e dare più importanza alla qualità nutritiva degli alimenti. La densità nutrizionale dei cibi è fondamentale per apportare tutti i nutrienti indispensabili alla vita e alla salute delle nostre cellule: zuccheri, proteine, vitamine, sali minerali, antiossidanti, fibre. Dobbiamo prestare maggiore attenzione alla varietà alimentare, alla qualità nutrizionale, all’assenza di sostanze nocive, alla sicurezza e alla sostenibilità delle produzioni. Ad esempio, il latte biologico ha una superiorità nutrizionale rispetto al latte convenzionale, grazie al maggior contenuto di vitamine e di acidi grassi (come gli omega 3), e dall’assenza di antibiotici, che giocano un ruolo fondamentale nel corretto sviluppo del cervello e della retina nei bambini. Inoltre, le mamme che durante la gravidanza e l’allattamento utilizzano latte biologico, aiutano i loro bambini a combattere asma e allergie.

È necessario sottolineare che l’eccessiva attenzione posta sui nutrienti, di cui si può misurare la quantità contenuta in un alimento, può portare a considerazioni sbagliate. Se un cibo è giudicato solo in funzione dei nutrienti che contiene, è lecito pensare che un alimento trasformato, sottoposto a processi industriali, potrebbe essere migliore di un alimento fresco appena raccolto, soprattutto se al cibo trasformato si aggiunge ex-post dei nutrienti assenti all’origine.

(18)

118 Quindi, l’alimentazione non è solo nutrienti ma anche assenza di sostanze nocive, rispetto dell’ambiente, della biodiversità e della sostenibilità nel tempo.

L’alimentazione ipercalorica e la sedentarietà non bastano a spiegare la rapida e continua crescita del numero di obesi, soprattutto tra i bambini.

Sembra, infatti, che i chili in eccesso non dipendano solo dal troppo cibo e dallo scarso movimento, ma anche dal contatto con sostanze inquinanti.

Ci sono inquinanti chimici che sono in grado di modificare il sistema ormonale dell’essere umano con conseguenti danni all’organismo.

Il vero problema della società odierna è la mancanza di tempo: chi ha più tempo mangia più sano di chi ne ha poco. Infatti, la mancanza di tempo condiziona fortemente le scelte alimentari, inducendo ad acquistare cibi di lunga durata, apparentemente poco costosi e veloci da preparare, ma che in realtà sono privi di nutrienti e ricchi di calorie.

I prodotti biologici, proprio per le tecniche agronomiche adottate, in particolare il non uso di sostanze chimiche di sintesi, sono di norma più sicuri degli altri dal punto di vista igienico-sanitario. Diverse ricerche dimostrano, poi, che il valore nutritivo dei prodotti biologici è spesso superiore a quello dei prodotti convenzionali. In particolare è stato rilevato di frequente una maggiore presenza di preziose sostanze antiossidanti. Infine, nei pochi studi che mettono a confronto il gusto dei prodotti convenzionali e di quelli biologici, questi ultimi si collocano in genere al livello della qualità medio-alta dei primi.

In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, insetticidi, pesticidi in genere). Alla difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva, selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione appropriate, come, per esempio:

- la rotazione delle colture: non coltivando consecutivamente sullo stesso terreno la stessa pianta, da un lato si ostacola l'ambientarsi dei parassiti e dall'altro si sfruttano in modo più razionale e meno intensivo le sostanze nutrienti del terreno;

(19)

119 - la piantumazione di siepi e alberi che, oltre a ricreare il paesaggio, danno ospitalità ai predatori naturali dei parassiti e fungono da barriera fisica a possibili inquinamenti esterni;

- la consociazione: coltivando in parallelo piante sgradite l'una ai parassiti dell'altra.

In agricoltura biologica si usano fertilizzanti naturali come il letame opportunamente compostato e altre sostanze organiche compostate (sfalci, ecc.) e sovesci, cioè incorporazioni nel terreno di piante appositamente seminate, come trifoglio.

In caso di necessità, per la difesa delle colture si interviene con sostanze naturali vegetali, animali o minerali: estratti di piante, insetti utili che predano i parassiti, minerali naturali per correggere struttura e caratteristiche chimiche del terreno e per difendere le coltivazioni.

Qualora, comunque, si rendesse necessario intervenire per la difesa delle coltivazioni da parassiti e altre avversità, l’agricoltore può fare ricorso esclusivamente alle sostanze di origine naturale espressamente autorizzate e dettagliate dal Regolamento europeo.

Oltre a fornire cibi gustosi e autentici, l'agricoltura biologica punta a creare prodotti che riflettano le diverse preferenze culinarie del consumatore moderno. Questo significa che la gamma di prodotti biologici include non solo prodotti freschi, ma anche prodotti che subiscono una trasformazione complessa come vino, birra, pasta, yogurt, piatti pronti, formaggio e così via.

In tutto il mondo, e in particolar modo in Europa, i consumatori scelgono di acquistare cibi e bevande biologiche, sia per il desiderio di cibo gustoso e autentico, sia per contribuire alla protezione dell'ambiente, alla salvaguardia delle risorse naturali, al benessere degli animali e delle comunità rurali.

(20)

120 3.6 CANALI DI VENDITA

La filiera corta, oltre a rappresentare un’opportunità per il produttore e per il consumatore, rispetto alla possibilità di acquistare prodotti biologici a prezzi accessibili, costituisce anche un elemento di dinamismo per l’azienda agricola e lo sviluppo locale, per un insieme di motivi. Tra questi, una maggiore retribuzione del lavoro agricolo, la possibilità di offrire sbocchi commerciali anche per i piccoli produttori locali che non potrebbero garantire continuità di rifornimento ai canali commerciali tradizionali, la promozione del consumo di prodotti stagionali e locali, la possibilità di dare una risposta alla domanda di quei segmenti del consumo responsabile che chiede prodotti sani e a minor impatto ambientale, lo scambio di conoscenze sui prodotti e sui processi produttivi. L’agricoltura biologica sta vivendo un’espansione a livello Europeo, reso possibile dall’interesse crescente dell’opinione pubblica verso i metodi produttivi a basso impatto ambientale. Tuttavia, diversi produttori biologici faticano a vedere riconosciuto il valore delle proprie produzioni sul mercato, soprattutto attraverso i canali di commercializzazione in cui sono presenti diversi intermediari. In questo contesto si inserisce la filiera corta, un metodo di commercializzazione alternativo a quelli tradizionali, che limita i passaggi tra produttore e consumatore.

La filiera corta può essere definita come un sistema distributivo che frappone tra consumatore e produttore al massimo una sola intermediazione.

I vantaggi derivanti dalla filiera corta sono molti e riguardano sia il produttore (ha un maggiore margine di guadagno) che il consumatore (prezzi inferiori a quelli dei canali tradizionali e relazione diretta con il produttore).

Nelle prime esperienze di consumo critico, la soddisfazione del consumatore era legata alla possibilità di ricevere un prodotto di qualità, biologico, altrimenti impossibile da reperire sul mercato tradizionale.

Oggi che i prodotti di qualità sono disponibili nei vari canali distributivi, la maggiore soddisfazione del consumatore si trasferisce sul piano sociale e

(21)

121 culturale, interessando l’etica, la fiducia, la sicurezza alimentare, i rapporti umani, l’ambiente e le tradizioni.

A parità di beneficio sull’ambiente procurato dalla scelta di un prodotto biologico, la possibilità di instaurare un rapporto di fiducia con l’agricoltore, la facoltà di conoscere la provenienza specifica dei prodotti acquistati, la possibilità di acquistare prodotti freschi e di stagione, il contributo al mantenimento delle tradizioni e dell’economica rurale, costituiscono i fattori di aumento della soddisfazione del consumatore. Di sicuro, la caratteristica principale della filiera corta è la forte autonomia decisionale dell’agricoltore, che sceglie la tipologia di vendita da attuare per raggiungere i consumatori, e in base a questo effettua le scelte produttive. Però, viene meno la sicurezza di contratti di fornitura prestabiliti e le competenze extra-agricole assumono un’importanza fondamentale. Bisogna, infatti, curare tutta la rete di rapporti sociali con i potenziali clienti, attraverso conoscenze di trade (commercio) marketing: la capacità dell’imprenditore agricolo di costruire e mantenere il rapporto con il consumatore è essenziale. Infatti, i clienti che stabiliscono un rapporto duraturo con il produttore, possono garantirgli una base di acquisti assicurata.

La filiera corta non rappresenta la soluzione di tutti i problemi di chi pratica l’agricoltura biologica, però è un canale di commercializzazione che può diminuire le difficoltà, poiché è in grado di far riconoscere più facilmente il valore aggiunto delle produzioni locali, valorizzando gli aspetti socio-economici e ambientali da loro posseduti. È molto probabile che la filiera corta comporti un aumento delle operazioni di commercializzazione, sia manuali e sia intellettuali, ma questa è una condizione necessaria per operare in tale regime. Infine, è di fondamentale importanza che la comunità territoriale, composta dai cittadini-consumatori, acquisti la giusta consapevolezza per sostenere gli sforzi dei produttori che devono impegnarsi per soddisfare le esigenze di salubrità del prodotto e dei metodi produttivi.

In questo modo, a beneficiarne è l’intero sistema territoriale dal punto di vista economico (minori prezzi al consumo, maggiore remunerazione), sociale

(22)

122 (relazioni umane, salute) e ambientale (metodi produttivi a basso impatto ambientale).

Altro discorso è il cosiddetto “chilometro zero”: indica transazioni che hanno luogo all’interno di uno spazio limitato, con merce che ha percorso pochi chilometri.

Entrambi i concetti di filiera corta e di chilometro zero, sono molto cari agli operatori del biologico. Però, bisogna prestare attenzione poiché i due concetti non coincidono e possono essere fuorvianti: agrumi venduti a Milano da un produttore arrivato in camion dalla Puglia sono classificabili filiera corta (ma non a chilometro zero), mentre pomodori coltivati in serra in Svezia saranno anche biologici e a chilometro zero per un consumatore di Stoccolma, ma forse il costo energetico e l’impatto ambientale sarebbero minori importando pomodori dalla Campania.

I prodotti biologici possono essere proposti ai consumatori attraverso molteplici canali di commercializzazione:

• Vendita diretta in azienda.

La vendita diretta in azienda è uno dei canali preferiti dagli agricoltori biologici di modeste dimensioni. La vendita avviene sulla superficie di proprietà dell’azienda, con prodotto già raccolto e riposto in cassette dal produttore, oppure attraverso una concezione di vendita definita “pick-your-own” (“raccogli ciò di cui hai bisogno”): il consumatore acquista quello che ha autonomamente raccolto, beneficiando di una riduzione di prezzo e dell’esperienza che si crea durante la raccolta. Il pregio principale della vendita diretta consiste nella possibilità che ha il consumatore di visitare l’azienda e di conoscere il produttore, i metodi di coltivazione e di allevamento praticati.

La vendita in azienda può anche essere realizzata anche attraverso un sito internet, con il quale il cliente ordina i prodotti che saranno consegnati a domicilio, con pagamento in contrassegno alla consegna o con carta di credito al momento dell’ordine. Recentemente, sono arrivate anche in Italia esperienze di vendita di prodotti del tipo “adotta un maiale/capra/albero”: il consumatore

(23)

123 acquista a rate un suino oppure una capra o un albero da frutta, per avere poi diritto ai salumi, ai formaggi, alla frutta.

• Agriturismo biologico.

L’agriturismo biologico rappresenta una delle modalità più interessanti per la diversificazione del reddito delle imprese agricole. L’agriturismo permette all’operatore di vendere direttamente i suoi prodotti, sia per il consumo immediato e sia quando il turista parte per rientrare a casa. Almeno un ente di Certificazione provvede alla certificazione della “eco-biologicità” dell’offerta agrituristica, analizzando parametri come le tecniche edilizie, il riciclo dell’acqua, il risparmio energetico e la qualità degli alimenti. Questo permette al potenziale turista, di avere la certezza della qualità del luogo in cui andrà a trascorrere le vacanze.

• Vendita diretta al mercato locale.

Per quanto riguarda il mercato locale, nonostante la progressiva urbanizzazione e diffusione delle catene di supermercati, la transazione diretta al mercato contadino (“farmer market”), nelle piazze d’Italia, resta un’opportunità per molti produttori agricoli.

• Vendita diretta mediante un Gruppo d’Acquisto Solidale.

In riferimento alla vendita diretta mediante un Gruppo d’Acquisto Solidale, l’acquisto collettivo di prodotti agricoli, evitando l’intermediazione commerciale, è stato spesso praticato dai consumatori urbani, fossero questi gruppi informali di amici o colleghi d’ufficio, oppure delle cooperative di consumo, ma è solo da poco tempo che tale comportamento si è caricato di significati sociali, ambientali, economici, racchiusi nella parola “solidale”.

Il GAS consiste nella creazione di un modello basato sull’aggregazione di produttori e consumatori, con l’istaurazione di un rapporto paritario tra il gruppo di offerta e il gruppo di domanda. Da un lato, i produttori, associandosi, offrono un servizio migliore al consumatore presentando i prodotti, la propria azienda e i problemi produttivi che si affrontano quotidianamente. Dall’altro lato, i consumatori scelgono i produttori per le forniture e insieme a essi programmano

(24)

124 le produzioni e le consegne, nel massimo rispetto possibile della stagionalità e della produzione locale. In genere, il consumatore risparmia rispetto al prezzo del negozio, però ha una libertà di scelta minore, essendo vincolato all’acquisto di un paniere limitato di prodotti. Il produttore sa che venderà tutto il suo prodotto, anche quello con pezzature e forme non ottimali, oppure i tagli animali meno pregiati.

Il punto chiave di un GAS è la logistica: fare incontrare la domanda e l’offerta, gestire le consegne delle merci, il loro confezionamento nelle quantità e qualità richieste, le forme di pagamento, i modi e tempi di consegna, sono tutti aspetti da considerare e che richiedono molta attenzione e professionalità.

In genere, i GAS sono enti no profit, gestiti prevalentemente da volontari che vi dedicano parte del proprio tempo libero: questo permette di abbattere i costi di transazione, però rende vulnerabile il GAS stesso nel momento in cui vengono meno personaggi leader o alcuni volontari.

• Mense biologiche.

Le mense biologiche pubbliche (scuole, mense universitarie, ospedali, caserme, ecc…), potrebbero rappresentare un grande mercato per gli agricoltori biologici. Un importante contributo per l’incremento delle mense biologiche è stato dato dalla Regione Toscana con la Legge Regionale n. 18 del 27 maggio 2002 “Norme per l’introduzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e programmi di educazione alimentare nella Regione Toscana”.

• Ristoranti biologici.

L’attenzione del consumatore verso l’alimentazione biologica, unita alla crescente sensibilità del mondo della ristorazione, ha portato all’apertura di molti ristoranti con alimenti in tutto o in gran parte biologici.

Molti di questo ristoranti presentano contemporaneamente le carte del biologico, del chilometro zero e del prodotto di stagione.

• Negozi di alimenti biologici.

Oggi, i negozi di alimenti biologici si trovano a combattere con due competitori: da un lato la Grande Distribuzione Organizzata (supermercati e discount) che da

(25)

125 tempo è entrata nella distribuzione di prodotti biologici, e dall’altro i GAS che non avendo spese di personale né di locali e arredamenti, riescono a offrire prodotti a prezzi competitivi.

• Grande Distribuzione Organizzata.

Per molti anni, la Gande Distribuzione Organizzata italiana, vale a dire grandi strutture a livello di superfici adibite alla vendita oppure grandi gruppi con strutture diffuse su tutto il territorio nazionale, è stata completamente assente, guardando al prodotto biologico più come un modesto e irrilevante concorrente piuttosto che come una potenzialità. Alla fine degli anni novanta, le catene italiane e straniere operanti in Italia hanno cominciato a muoversi, sia distribuendo prodotti biologici di terzi, sia con il proprio marchio commerciale. • Altri canali (farmacie, erboristerie, botteghe del commercio equo e solidale, catering, commercio elettronico).

(26)

126 3.7 L’ECONOMIA DELL’AZIENDA BIOLOGICA

L’agricoltura biologica, intesa come un nuovo modo di produrre secondo i principi etici e di rispetto ambientale, non prescinde da considerazioni di natura prettamente economica, tanto che la domanda più frequentemente posta agli addetti dagli aspiranti agricoltori gira intorno alla redditività delle coltivazioni biologiche. Ovviamente, non è possibile dare indicazioni con valenza universale, adattabile a tutte le situazioni: l’intenzione è di orientare l’aspirante agricoltore verso un’impostazione metodologica coerente con gli obiettivi e con il contesto produttivo in cui opera, al fine di massimizzare la redditività aziendale.

L’agricoltura biologica non va intesa come la semplice sostituzione di input chimici con altri di natura organica, ma piuttosto come metodologia che sfrutta le sinergie tra gli elementi naturali, climatici, ambientali e socio-economici. La fertilità del terreno e il contenimento di parassiti vegetali/animali sono perseguiti non massimizzando le produzioni, ma cercando un equilibrio naturale tra le coltivazioni e l’ambiente.

Per questi motivi, le aziende biologiche sono maggiormente orientate verso la pluri-attività, con un numero di colture praticate mediamente più elevato rispetto ad aziende convenzionali analoghe per dimensione, orientamento produttivo e disponibilità di capitali. Quindi, considerando la complessità tecnica del metodo, il successo economico delle aziende biologiche si fonda prevalentemente sulle capacità imprenditoriali di interpretare il contesto produttivo e il mercato: è su questo che l’agricoltura biologica basa la propria forza, piuttosto che verso aspetti legati alle rese, ai prezzi e ai contributi pubblici.

Pertanto, è palese che l’approccio produttivo è più complesso rispetto a quello delle aziende convenzionali.

Nell’economia dell’azienda biologica, non si può tralasciare una puntualizzazione sui prezzi dei prodotti. Nelle analisi economiche del settore dell’agricoltura biologica, i prezzi dei prodotti sono da sempre uno degli elementi oggetto di maggiore attenzione da parte degli economisti e degli operatori.

(27)

127 Infatti, le particolari condizioni produttive e la struttura del mercato biologico hanno storicamente portato a una dinamica dei prezzi del tutto particolare, la cui espressione è il cosiddetto Premium Price, che conferisce ai prodotti biologici un prezzo maggiore (15%-30%) rispetto all’omologo prodotto convenzionale.

L’esistenza di un sovrapprezzo è riconducibile a diversi fattori:

- Costo unitario di produzione più elevato, dovuto a: processo di certificazione aziendale, rese ridotte rispetto ai prodotti convenzionali, impiego di mezzi tecnici specifici, ecc…

- Mancanza di economie di scala nella fase della trasformazione e della distribuzione, dovuto a: ridotti volumi trattati, metodi di trasformazione alcune volte artigianali, inefficienze logistiche, ecc…

- Mercato al consumo disomogeneo: accanto ad aree nelle quali la presenza della Grande Distribuzione Organizzata è capillare, ci sono realtà in cui il biologico è un mercato di nicchia.

Di contro, il consumo di prodotti bio è da molti anni in crescita. I fattori che sembrano spingere verso l’aumento della domanda sono:

• Costante percezione di rischi connessi ai consumi alimentari accentuata da allarmi e scandali (es. mucca pazza, pollo alla diossina, ecc…).

• Crescente successo delle specialities (prodotti tipici, specialità locali).

• Maggiore disponibilità di punti vendita e possibilità di scegliere il mix più adeguato di prodotti biologici e convenzionali, in seguito all’ingresso della grande distribuzione nel comparto.

• Relazione tra disponibilità a pagare del consumatore e le tecniche di produzione bio, maggiormente rispettose dell’ambiente e del benessere animale.

Partendo da queste premesse, è sbagliato un approccio generalistico nell’affrontare il tema dei prezzi a livello aziendale. Infatti, se in passato gli imprenditori coltivavano una specie invece che un’altra solo in base alle loro disponibilità di risorse e di un prezzo predefinito o di eventuali contributi specifici, oggi il mercato impone scelte ponderate anche in base ad altri fattori esterni all’azienda.

(28)

128 A fronte di ciò, diventa fondamentale anche la scelta dei canali di commercializzazione: infatti, una filiera corta sposta maggiori percentuali del valore aggiunto verso i produttori rispetto ai soggetti intermediari. In pratica l’imprenditore, in base alle colture praticabili, deve orientarsi verso un sistema di commercializzazione che possa garantire una quotazione migliore per le proprie produzioni.

Tuttavia, occorre precisare che la scelta del canale di commercializzazione va calibrata in base all’azienda: ad esempio, la Grande Distribuzione Organizzata impone regole definite di conferimento (continuità nelle forniture, pezzatura dei prodotti fissa, ecc…) che non tutti i produttori riescono a rispettare, sia che si tratti di prodotti bio venduti con marchio proprio del produttore che come private label (prodotti realizzati o forniti da società terze e venduti con il marchio della catena di distribuzione).

Non è nemmeno da escludere la contemporanea esistenza in azienda di forme di commercializzazione completamente diverse tra loro. Questo ci fa capire che le capacità dell’imprenditore di relazionarsi con il mercato, scegliendo il canale o i canali commerciali più idonei, risultano più importanti della natura biologica del prodotto stesso. Solo un’attenta analisi critica delle caratteristiche strutturali, organizzative e di relazione con l’ambiente può fornire utili spunti per la corretta impostazione dell’attività biologica, fatto che dipende dalle capacità critica e organizzativa dell’imprenditore.

Per produrre e distribuire i prodotti biologici di alta qualità, è necessario personale adeguatamente specializzato. Gli operatori dell'intera catena del settore biologico sono formati e istruiti in modo continuo sugli obiettivi del mondo biologico per migliorare prestazioni e conoscenza.

I requisiti legali stabiliti dalla Regolamentazione Europea offrono una garanzia sulle capacità specifiche degli operatori dell'intera catena del biologico (azienda agricola, trasformazione, vendita).

Senza queste competenze non sarebbero in grado di eseguire le operazioni richieste per aver il diritto di usare l'etichettatura biologica ed i loghi Europei.

(29)

129 La complessa natura delle pratiche utilizzate nella produzione e trasformazione dei prodotti biologici crea di per sé un livello di professionalità.

Anzitutto, le restrizioni nell'uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, come anche degli additivi nei mangimi, significa che agricoltori e allevatori biologici devono sviluppare conoscenze e capacità in grado di massimizzare la salute e la nutrizione delle colture e del bestiame senza poter fare affidamento su tali sostanze. La chiave è la prevenzione: dato che agricoltori e allevatori non possono contare su soluzioni prefissate dei problemi, devono applicare le loro capacità di gestione per prevenire i problemi prima che questi si verifichino. L’agricoltura e l'allevamento biologico, così come la trasformazione dei loro prodotti, offrono nuove opportunità per il settore di ricerca e sviluppo (protezione delle piante, benessere degli animali, risorse rinnovabili) creando, ad esempio, soluzioni alternative ai pesticidi sintetici o nuovi sistemi per valutare il potenziale di differenti rotazioni nel fornire nutrienti specifici.

Grazie all'alto livello di professionalità del settore dell'agricoltura biologica si creano delle opportunità sia per i produttori sia per i gli addetti alla trasformazione per stringere i rapporti con i consumatori mediante la spiegazione di come e dove il cibo è prodotto. Le pratiche che contribuiscono a questo includono:

- Iniziative di turismo rurale ed ecologico. - Visite per scuole e dimostrazioni in azienda.

- Nuove campagne di commercializzazione e promozione.

Opportunità di lavoro possono trovarsi in tutta la catena di approvvigionamento di prodotti biologici e, al crescere della domanda dei consumatori, queste opportunità aumenteranno. Le più ovvie opportunità si trovano nell'azienda agricola, dove l'approccio più manuale verso l'agricoltura, in opposizione all'affidamento a sostanze artificiali, crea un bisogno maggiore di lavoratori di tutti i livelli di esperienza.

(30)

130 3.8 CERTIFICAZIONE E ETICHETTATURA

Quando il consumatore sceglie di comprare biologico, ha bisogno di sapere che sta ottenendo esattamente ciò per cui sta pagando: il logo biologico e il sistema di etichettatura fanno sì che ciò sia possibile.

Entrambi, assicurano che i prodotti sono realizzati seguendo tutti i dettagli della Regolamentazione europea sull'agricoltura biologica.

La produzione e l'immissione sul mercato europeo di prodotti biologici con etichettatura e loghi seguono un rigido processo a cui devono essere completamente conformi.

Tutti i regolamenti sui prodotti biologici esistenti nel mondo stabiliscono che le produzioni e le trasformazioni dei prodotti etichettati come biologici per essere venduti sul mercato devono essere sottoposti a un processo di certificazione. Gli operatori biologici devono sottostare a una rigida regolamentazione se vogliono adottare il metodo di produzione biologica e utilizzare sui loro prodotti il logo e l’etichettatura biologica europea.

L’intero titolo IV del Regolamento CE n. 843 del 2007 e il titolo II del Regolamento CE n. 889 del 2008 sono dedicati all’etichettatura dei prodotti biologici.

Il termine “biologico” e i rispettivi derivati e abbreviazioni “bio” e “eco”, possono essere utilizzati, singolarmente o in abbinamento, esclusivamente nell’etichettatura e nella pubblicità dei prodotti che soddisfano interamente le prescrizioni previste dalla legislazione europea in materia.

Il logo biologico è usato per integrare l'etichettatura e aumentare la visibilità dei cibi e bevande biologiche per i consumatori.

Così, i consumatori che comprano i prodotti che portano il logo europeo possono essere certi che tali prodotti sono stati ottenuti in conformità alla Regolamentazione UE sull’agricoltura biologica, e in particolare che:

- almeno il 95% degli ingredienti sono stati prodotti con metodo biologico, mentre gli ingredienti agricoli non biologici sono esclusivamente quelli definiti nell’allegato IX del Regolamento CE n. 889 del 2008 oppure quelli

(31)

131 temporaneamente autorizzati da uno Stato Membro (ad esempio, in caso di assenza sul mercato di un particolare ingrediente biologico);

- il prodotto è conforme alle regole del piano d’ispezione;

- il prodotto proviene direttamente dal produttore oppure è preparato in una confezione sigillata;

- il prodotto porta il nome del produttore, l'addetto alla lavorazione o il venditore e il nome del codice dell'organismo di ispezione.

Il logo europeo del biologico è stato scelto attraverso un concorso internazionale tra più di 3400 bozzetti di studenti di design, arrivati da tutti e ventisette i paesi membri dell’Unione Europea. I tre loghi finalisti sono stati poi votati sul web e si è aggiudicato la vittoria o studente tedesco Dusan Milenkovic, con la proposta intitolata “Euro-leaf”. (euro –foglia) Il logo rappresenta, infatti, una foglia stilizzata disegnata con le stelline dell’unione europea.

Il logo europeo deve avere queste caratteristiche: altezza almeno 9 mm (può essere ridotta a 6 mm per le confezioni molto piccole), larghezza 13,5 mm, proporzione tra altezza e larghezza deve essere 1:1,5, colore di riferimento verde con possibilità di stampa in bianco e nero se non è possibile farla a colori.

Il legislatore europeo ha individuato la necessità di istituire uno specifico sistema di controllo, a garanzia della corretta applicazione delle disposizioni stesse, lasciando allo stesso tempo la facoltà agli Stati membri di demandare la gestione dello stesso a una o più autorità pubbliche di controllo e/o organismi privati di controllo. Inoltre, nel caso in cui l’attuazione del sistema di controllo sia affidato a organismi privati, il Regolamento comunitario dispone che gli Stati membri designino un’autorità incaricata del riconoscimento e della sorveglianza degli organismi stessi. Ogni anno gli Stati Membri riferiscono alla Commissione UE i risultati della supervisione.

Il legislatore italiano ha scelto di avvalersi di organismi privati, allo scopo autorizzati dalla competente autorità preposta individuata nel Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

(32)

132 Ecco i nomi e il codice identificativo degli enti di certificazione italiani:

- ABCERT S.r.l. (IT BIO 013);

- SUOLO E SALUTE S.r.l. (IT BIO 004); - BIOAGRICERT S.r.l. (IT BIO 007); - BIOS S.r.l. (IT BIO 005);

- BIOZOO S.r.l. (IT BIO 010); - CCPB S.r.l. (IT BIO 009); - CODEX S.r.l. (IT BIO 002);

- ECOGRUPPO ITALIA S.r.l. (IT BIO 008);

- ICEA – Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (IT BIO 006); - IMC - Istituto Mediterraneo di Certificazione (IT BIO 003);

- Q CERTIFICAZIONI S.r.l. (IT BIO 014); - SIDEL S.p.a. (IT BIO 012).

L’organismo di controllo deve soddisfare i seguenti requisiti:

- struttura che salvaguardi l’imparzialità e libertà da conflitti di interesse;

- utilizzazione di un numero sufficiente di personale adeguatamente qualificato, esperto e permanente;

- adeguata dotazione di strutture destinate all’esercizio dell’attività di controllo; - assicurazione sulla comunicazione dei risultati dei controlli effettuati dall’organismo di controllo all’autorità competente e sul coordinamento efficace fra l’autorità competente delegante e l’organismo stesso.

L’autorità competente deve organizzare audit o ispezioni sulla base dei quali, se dovessero risultare irregolarità (di tipo documentale) la sanzione può essere un richiamo scritto oppure una diffida, mentre in caso di infrazioni (mettono a rischio la conformità del prodotto/processo) ci può essere l’eliminazione dell’indicazione di metodo biologico, il ritiro dei prodotti dal mercato, la sospensione della certificazione oppure il ritiro del certificato di conformità. Inoltre, l’autorità competente deve anche verificare che i controlli effettuati dall’organismo di controllo siano oggettivi, indipendenti ed efficaci.

(33)

133 Tutti gli organismi di certificazione privati devono rispettare determinate condizioni:

• devono essere accreditati secondo i requisiti generali dell’UE per gli organismi che gestiscono sistemi di certificazione di prodotti: in Italia tale accreditamento viene rilasciato da ACCREDIA quale organismo unico di accreditamento;

• devono essere autorizzati e vigilati dalle autorità pubbliche competenti degli Stati Membri.

Gli agricoltori biologici, gli addetti alla lavorazione e gli importatori devono sottostare ad una rigida regolamentazione se vogliono adottare il logo ed etichettatura biologica europea o un equivalente nazionale. Per assicurare che essi siano conformi a questa regolamentazione, è stato istituito un sistema di ispezione.

Le ispezioni devono essere effettuate in ogni anello della catena di produzione dell'agricoltura biologica, anche attraverso prelevamento di campioni, permettendo al consumatore di avere la certezza che sta comprando cibo biologico che è stato prodotto secondo le rigide regole europee. È molto importante che ogni agricoltore, addetto alla lavorazione o importatore che opera nella settore dell'agricoltura biologica, sia soggetto a ispezione almeno una volta all'anno per assicurare che sia conforme alla regolamentazione. Questo processo è supervisionato da ogni Stato Membro, il quale è responsabile nell'istituzione di un sistema di ispezione effettuato da autorità competenti ad assicurare la conformità agli standard stabiliti dalla Regolamentazione in materia biologica. Quando su un prodotto viene apposto il logo dell'UE per i prodotti biologici, esso deve essere obbligatoriamente accompagnato dal codice di identificazione dell'organismo o dell'autorità di controllo cui è soggetto l'operatore che ha svolto l'operazione di produzione/preparazione più recente.

Gli Stati membri attribuiscono un codice di identificazione a ciascun organismo e autorità di controllo della filiera biologica a cui hanno concesso l'autorizzazione a operare sul proprio territorio. Tale codice figura sull'etichetta di ogni prodotto biologico. Il codice di identificazione è la prova che il prodotto che acquistate è

(34)

134 stato ispezionato dall'organismo o dall'autorità di controllo interessata, che garantisce che esso è stato prodotto e trasformato secondo la regolamentazione dei prodotti biologici.

Il codice inizia con la sigla identificativa dello Stato Membro, in Italia “IT”, comprende un termine che rinvia al metodo di produzione biologico, in Italia “BIO”, e termina con un numero di riferimento, che in Italia viene stabilito dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentarie e Forestali.

Il codice deve essere posto sotto il logo biologico europeo, se presente in etichetta. Con il D.M n. 18354 del 27/11/2009, in Italia il codice dell’organismo di controllo deve essere preceduto dalla dicitura “organismo di controllo autorizzato MiPAAF.

Quando viene usato il logo comunitario, c’è l’indicazione anche del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto, in una delle seguenti forme:

- “Agricoltura UE”: quando la materia prima agricola è stata coltivata nell’UE. - “Agricoltura non UE”: quando la materia prima agricola è stata coltivata in Paesi terzi.

- “Agricoltura UE/non UE: quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nell’Unione Europea e una parte di essa è stata coltivata in un paese terzo.

L’indicazione “UE” o “non UE” può essere sostituita o integrata dall’indicazione di un paese, nel caso in cui tutte le materie prime agricole di cui il prodotto è composto siano state coltivate in quel paese (ad esempio, la dicitura “Agricoltura UE” può essere sostituita da “Italia”). A tal fine possono essere omessi, in termini di peso, piccoli quantitativi di ingredienti purché la quantità totale di questi sia inferiore al 2% della quantità totale, in termini di peso, di materie prime di origine agricola.

Il luogo di origine deve comparire nello stesso campo visivo del logo e deve essere collocato immediatamente sotto il numero di codice dell’organismo di controllo.

(35)

135 L’indicazione del luogo dove sono state coltivate le materie prime agricole, di cui il prodotto è composto, così come anche il logo comunitario sono facoltativi per i prodotti importati da Paesi terzi.

Prima che gli addetti del settore biologico possano iniziare a coltivare biologicamente o lavorare prodotti biologici devono fare richiesta a un organismo di controllo biologico o autorità e informare della loro attività le autorità responsabili del loro Stato Membro. I loro locali e il metodo di produzione devono essere ispezionati e riconosciuti dall'organismo di controllo o autorità. L'azienda biologica deve essere sottoposta a un periodo di conversione prima che possa vendere i propri prodotti come biologici (varia da 1 a 3 anni: periodo più breve se colture annuali, più lungo se colture pluriennali).

Se l’agricoltore decide di svolgere entrambe le produzioni, convenzionale e biologica, deve tenere separate le due operazioni durante ogni fase della produzione.

Nel caso in cui s’individui un operatore che ha infranto i requisiti della regolamentazione e ispezione, l'autorità o l'organismo preposto al controllo può vietare l'operatore coinvolto dall'immettere sul mercato i prodotti come biologici. Può etichettare un operatore (agricoltore, distributore a marchio, importatore) assoggettato alle misure di controllo previste dai Reg. CE 834/07 e 889/08 e autorizzato da un organismo di controllo riconosciuto.

Indicare il termine biologico in etichetta o nei documenti di trasporto pone il produttore (preparatore, distributore ecc…) come responsabile di fronte alla legge rispetto alla conformità del prodotto.

Riferimenti

Documenti correlati

si consiglia, prima della ripresa vegetativa per non incorrere in fenomeni di fitotossicità, di intervenire con olio bianco addizionato con zolfo che risulta essere efficace anche

BATTERIOSI: in presenza di condizioni favorevoli alla malattia (prolungate bagnature) intervenire con sali di rame* o Bacillus amyloliquefaciens. cinerea): intervenire durante le

Una volta completata la potatura avremo il problema di gestire i tralci o sarmenti. Il viticoltore ha tre possibilità: trinciatura e interramento dei sarmenti in vigna, la raccolta

La presentazione a maggio scorso da parte della Commissione europea, del Green New Deal e delle Strategie Farm to Fork e Biodeversità hanno creato forti aspettative nel

presentato sulle Sottomisure 16.1, 16.2 e 1.1 sul Programma di Sviluppo rurale per il Veneto 2014 - 2020, dove l’obiettivo generale è stato quello di mettere a punto strumenti

- Con Decreto del Ministero della Salute del 17.02.2021 il formulato commerciale Attracap a base della sostanza attiva Metharhizium brunneum ha ottenuto l’autorizzazione

Agrofarmaci autorizzati dal Ministero della Salute; per relativa composizione e numero di registrazione si rinvia al catalogo dei prodotti o al sito internet del produttore. Usare

ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA, CACCIA E PESCA DIREZIONE REGIONALE AGRICOLTURA. PROGRAMMA DI SVILUPPO