• Non ci sono risultati.

Capitolo 1 Indagine conoscitiva

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1 Indagine conoscitiva"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

Pagina 4

Capitolo 1

Indagine conoscitiva

1.1 Cenni storici

Il termine Pelago indica il bacino dell’alto Scoltenna, un tempo probabilmente occupato da un lago formato da una frana che ostruì il corso del torrente Scolten-na. Già in tempi antichi il territorio era abitato da coloni e da pastori che vivevano in comunità sparse. Un documento contestato narra di una chiesa plebana esi-stente fin dal 753, mentre la prima menzione sicura è dell’anno 1038 e parla di una plebs Pelagi, Pieve del pelago. Evidenti sono anche le influenze longobarde e bizantine. La località era già importante: qui giungeva infatti dalla valle dello Scol-tenna e da Riolunato una strada che saliva da Modena e che si dipartiva in tre conducendo a Lucca e Pistoia attraverso gli Appennini, favorendo i contatti con la Toscana. Erano strade cosparse di ospizi per i viandanti, i pellegrini, i malati. In un nodo stradale di primaria importanza quale era sorse quindi Pieve del Pelago, un vecchio borgo di casupole di artigiani e pastori raccolte intorno alla chiesa dedica-ta a Sandedica-ta Maria, che rappresendedica-tava un centro di diffusione della cultura oltre che della fede cristiana. La comunità della valle del pelago comprendeva ben undici piccole comunità rurali, ognuna raccolta intorno ad un fortilizio ed ad una chiesa e la cui vita era regolamentata da statuti. Un’altra data certa della storia di Pievepe-lago è il 1197 quando, dopo l’esperienza vissuta durante l’invasione delle truppe tedesche del Barbarossa che aveva costretto i vari comuni ad allearsi tra loro, gli uomini della Pieve del Pelago e di molti altri luoghi del Frignano giurarono fedeltà al comune di Modena. Questo Trecento fu nel Pelago un secolo di guerre, guerric-ciole e scaramucce. Anima della ribellione agli Estensi furono i Montegarullo, di parte guelfa, che fecero del castello di Roccapelago, in posizione strategica, il

(2)

Pagina 5

centro della loro azione. Nel 1393 i Lucchesi assediarono però il castello, dove impiegarono per la prima volta le bombarde insieme ai trabucchi; dopo cinque me-si di assedio la rocca fu espugnata. Tre anni dopo però Obizzo da Montegarullo riprese Roccapelago, mentre la guerra investiva tutti i fortilizi della zona del Pelago fino a Serpiano e Barigazzo. Nel 1406 il marchese Nicolò d’Este mandò da Ferra-ra un forte esercito per domare la ribellione Roccapelago fu nuovamente occupa-ta. La ribellione dei Montegarullo fu stroncata, il Pelago passò a far parte della provincia di Sestola ed i liberi comuni sparirono. Nel secolo XV iniziarono le conte-se fra i pastori pievaroli e borghigiani per il posconte-sesso e l’uso dei pascoli dei monti Rondinaio e Giovo che si sarebbero protratte per tutto il secolo successivo. Nel 1583 i Lucchesi invasero la Garfagnana ed entrarono in guerra con gli Estensi. Il Pelago diventò terra di frontiera e numerosi soldati vi furono concentrati. La guerra portò la miseria, la miseria l’emigrazione. Furono anni di carestia, in cui il raccolto delle castagne fu scarso e nell’inverno 1590-1591 molti frignanesi emigrarono in Toscana. Alla carestia del 1586 risale il Mulino “di Domma”, tutt’oggi funzionante, situato di fronte alla chiesa parrocchiale di Pievepelago. La guerra contro Lucca continuava in un susseguirsi di saccheggi ed incendi da una parte all’altra, fino all’autunno quando cessò e tutto torno alla normalità. Nel 1630 la peste arrivò nel Frignano. Il Pelago ne restò immune ma i passi furono comunque chiusi, così come la transumanza: numerose pecore vennero

uccise e per molte famiglie fu la rovina. L’anno successivo purtroppo il contagio toccò anche il Pelago dove si registrarono diversi morti. Suc-cessivamente giunse l’ordine del Governatore di Sestola di inviare centosessanta fanti e trecento-cinque cavalli da soma; più tardi arrivarono impo-sizioni di tasse per far fronte alle spese della guerra di Castro, suscitando lagnanze a non fini-re. Nel 1657 la paura si rinnovò: c’era in atto una delle tante guerre tra Francia e Spagna, i soldati francesi sbarcarono a Livorno, attraversarono la Garfagnana e salirono a San Pellegrino,

sac-cheggiando le case che incontravano sul cammino. Era un periodo in cui le guer-re si susseguivano le une alle altguer-re, fino ad arrivaguer-re al Trattato di Aquisgrana del

(3)

Pagina 6

1748 che sancì la pace, durata quasi mezzo secolo. In questo periodo nel Frigna-no si costruiroFrigna-no o si riadattaroFrigna-no diverse strade. Il principe Ercole d’Este aveva sposato l’erede del ducato di Massa, unificandolo così a quello di Modena che a-vrebbe avuto a questo punto un porto sul mar Tirreno. Prima premura del duca Francesco III fu costruire una strada che unisse le due città: nel 1793 incaricò l’abate Domenico Vandelli della sua costruzione che terminò nel 1752. Si mante-neva sempre in alto, sul crinale e questo l’espomante-neva alle nevicate, alle intemperie, alle terribili bufere invernali, in pratica era intransitabile per diversi mesi all’anno. Francesco III preferì abbandonarla e nel 1766 incaricò il maggiore Pietro Giardini di costruire la nuova strada che da lui prese il nome e che saliva a Barigazzo, scendeva a Pievepelago e attraversava il crinale appenninico all’Abetone. L’opera terminò nel 1777. Per Pievepelago inizia un nuovo periodo di storia. Il paese ve-niva a trovarsi su una importante strada di transito; infatti numerosi furono i perso-naggi illustri che vi passarono, dall’imperatore Giuseppe II, a Napoleone Bonapar-te, fino a papa Pio VII. Purtroppo vi passarono anche intere divisioni di soldati

francesi che saccheggiarono case ed osterie. La coscrizione obbligato-ria imposta da Napoleone aveva provocato un vivo malcontento nei giovani; in queste condizioni nac-que il brigantaggio. I briganti erano i disertori e i renitenti alla leva, ma si facevano chiamare patrioti. Erano organizzati in bande armate, ave-vano i loro capi, viveave-vano in casolari sperduti nei boschi; anche loro però si davano al saccheggio di generi alimentari e denari e fare imboscate ai soldati. Se ne contarono duecento a Pievepelago. Dopo la sconfitta di Napoleo-ne trionfò la restaurazioNapoleo-ne e a Modena tornò il duca. Rimase invece la miseria, soprattutto tra il 1815 e il 1817 quando una terribile carestia colpì i raccolti di fru-mento e granoturco. La denutrizione favorì lo sviluppo del tifo che imperversò lun-gamente. Dal 1836 al 1855 ci furono anche decine di casi di colera. Erano gli anni delle guerre di indipendenza nazionale e Pievepelago fu attraversata di continuo

(4)

Pagina 7

da studenti toscani e milizie napoleoniche. Nel 1859 fu portata a termine la strada che da Pievepelago, per il passo delle Radici, conduce a Castelnuovo Garfagna-na, e fu l’ultima opera del governo estense. In primavera, per ostacolare l’avanzata dei francesi sbarcati a Livorno, il duca Francesco V ordinò la demolizio-ne dei ponti della Pozzaccia e del Tavernaro. Dopo la battaglia di Magenta, egli insieme al suo esercito abbandonò Modena, lasciando che i francesi arrivassero fino a Pievepelago da dove poi sarebbero ripartiti per i campi di battaglia della Lombardia. Negli anni che seguirono l’unificazione dell’Italia, nel pelago come al-trove, il primo entusiasmo lasciò il posto ad un evidente malcontento: le tasse vennero ritenute eccessive, la circoscrizione obbligatoria un provvedimento impo-polare e nel 1864 fu sciolto il consiglio municipale con decreto regio. Erano anni di miseria in cui molti disoccupati furono costretti ad emigrare in Toscana, in Sarde-gna, fino in Siberia, Abissinia, Australia e successivamente Stati Uniti. Negli anni a cavallo dei due secoli si ebbe un risveglio delle attività culturali, con la fondazio-ne di un gabifondazio-netto di lettura, una società filodrammatica, una società filarmonica e la nuova scuola elementare. Il terremoto del 7 settembre 1920 provocò gravi le-sioni a molte case. Durante la seconda guerra mondiale il paese, importante nodo stradale, si trovò sulla Linea Gotica e fu presidiato dai soldati tedeschi. L’uccisione di uno di loro nel giugno del 1944 fu la causa di una immediata rappresaglia: in-cendiarono case, arrestarono decine di civili, alcuni dei quali vennero deportati in Germania mentre quattro presunti partigiani vennero condannati a morte con im-piccagione; oggi un cippo ricorda l’episodio. Il 31 luglio iniziò l’attacco dei soldati tedeschi alla Repubblica di Montefiorino ma l’indomani Pievepelago fu subito bombardata da aerei anglo-americani. Nell’autunno del ’44 il fronte non era lonta-no e dall’Abetone giungevalonta-no soldati in ritirata. Il 1 gennaio 1945 le batterie della contraerea tedesca furono smontate e trasferite altrove. Ormai il paese era deser-to, infatti la maggior parte dei civili era sfollata nei casolari vicini e i bombardamen-ti degli Alleabombardamen-ti sempre più frequenbombardamen-ti. Il 20 aprile i tedeschi si ribombardamen-tirarono ed il giorno successivo pieve pelago fu occupata dai partigiani, seguiti dopo poche ore dai primi contingenti americani.

Gli anni del dopoguerra furono all’insegna della miseria e della disoccupazione. In seguito però le condizioni economiche migliorarono sensibilmente e il paese fu tra i primi dell’Appennino ad inserirsi nel settore turistico, realizzando notevoli at-trezzature sportive e complessi ricettivi.

(5)

Pagina 8

1.2 Il territorio di Pievepelago

Pievepelago (Piêvpèlegh, in modenese) è un comune di 2.276 abitanti della provincia di Modena. Fa parte della Comunità Montana del Frignano, che ha il proprio capoluogo a Pavullo nel Frignano. E’ posto sulle rive del torrente Scolten-na, al centro della valle del Pelago nell'angolo dell'Appennino Modenese che con-fina con la Toscana, nei pressi del Monte Giovo (1991 m) e del Monte Rondinaio (1964 m). Tra i monti circostanti si trovano alcuni laghi, tra cui il Lago Santo, all'al-tezza di 1501 m s.l.m., di origine glaciale, il lago Baccio, il lago Turchino, il lago Piatto e il lago Nero. Il territorio si presenta ricco di boschi di castagni, faggi e coni-fere, percorsi da numerosi sentieri.

Pievepelago è molto conosciuta per il Centro Federale estivo di Tennis della Federazione Italiana Tennis (FIT, facente parte del C.O.N.I.), fondato nel 1957. Hanno giocato su questi campi i giovani Panatta, Barazzutti, Bertolucci e molti al-tri. A Pievepelago ci sono altri importanti impianti sportivi, una piscina, palestre, ed è possibile praticare numerose discipline quali calcio, tennis, pesca sportiva e altre ancora. Dista circa 70 km da Modena alla quale è collegata dalla SS12, ed è si-tuata a pochi chilometri da rinomate località sciistiche come: Sestola, Monte Ci-mone, Monte Abetone. D’inverno si possono effettuare i tradizionali sport alpini in-vernali: sci alpino, sci nordico, e off beat (fuori pista). Sono presenti in zona attività commerciali, terziarie e pubbliche.

(6)

Pagina 9

1.3 La tipologia alberghiera

Un albergo, o hotel, è uno stabilimento di natura commerciale che fornisce un alloggio previo pagamento, utilizzato solitamente per soggiorni di breve durata e specialmente dai turisti. Ai fini urbanistici e normativi, il requisito che caratterizza le strutture ricettive rispetto alle altre strutture di residenza e alloggio è costituito dal-la “gestione unitaria”, che deve trovare riscontro edilizio neldal-la presenza di servizi e attrezzature collettive. Molto spesso, gli alberghi forniscono infatti agli ospiti risto-ranti, piscine, nonché servizi di vario genere per bambini. Alcuni alberghi presen-tano al loro interno anche una sala per le conferenze, al fine di incoraggiare gruppi di persone ad organizzare convegni e incontri nel proprio stabile. Gli alberghi si differenziano dai Motel in quanto la maggior parte dei motel presentano entrate e-sterne alle camere, mentre gli alberghi tendono ad avere ingressi interni, per au-mentare la sicurezza dei clienti e creare un ambiente più confortevole. Vari sono i servizi e le infrastrutture offerte da questa tipologia recettiva, tra cui i principali so-no:

• La hall consente agli ospiti di accedere direttamente alle principali aree dell'albergo. Tra l'esterno e la hall c'è uno spazio intermedio che funziona da atrio d'ingresso e protegge la hall dalle escursioni termiche esterne. Per favorire l'ingresso le due porte dell'atrio devono essere automatiche e si devono aprire compiendo spostamenti laterali. Una soluzione alternati-va all'atrio è l'uso della porta girevole.

• La Reception è il banco posizionato in un punto ben visibile della zona hall dove avvengono i contatti tra il personale dell'albergo e i clienti. Que-sto bancone è un vero e proprio settore che si occupa dell'accoglienza e delle procedure d'ingresso, di soggiorno e d'uscita dei clienti dell'albergo. Questa area è collegata, attraverso un'apertura, con l'ufficio principale ac-cessibile solo al personale e viene usato come sede dell'amministrazione alberghiera e di direzione delle imprese turistiche. Il personale è tenuto obbligatoriarmente a entrare nella struttura alberghiera attraverso un in-gresso riservato e transitare lungo un'area dotata di spogliatoi, bagni e stoccaggio.

(7)

Pagina 10

• Aree comuni interne: Le aree comuni interne sono pianificate per lo svi-luppo delle attività ricreative (soggiorno, lettura, TV, relax, intrattenimenti, giochi, sport, ecc.), socioculturali (convegni, seminari, proiezioni, ecc.), la-vorative (riunioni, mostre, esposizioni, fiere, ecc.).

• Zona bar : La zona bar include un banco per la distribuzione dei prodotti, le sedie (o poltrone) e i tavolini per il soggiorno dei clienti.

• Sala ristorante: è collegata direttamente con la hall e si posiziona vicino alle aree congressuali, di soggiorno o bar. Spesso, se l’albergo è situato in una zona urbana, la sala ristorante non c’è, mentre per luoghi lontani dai centri urbani potrebbe risultare vitale per la vendita delle camere. • Grande cucina: è dedita alla produzione degli alimenti ed è formata da

quattro aree operative: conservazione, preparazione, cottura e lavaggio. L’entrata delle materie prime deve assolutamente avvenire attraverso un ingresso apposito. Tra l’area operativa e la sala ristorante ci deve essere un’area intermedia di solito usata per custodire tovaglie e dotazioni della sala ristorante. Questo spazio serve per proteggere la sala ristorante dai rumori e dagli eventuali incendi della grande cucina.

• Aree comuni esterne: possono includere piscina, campi da gioco, zone per attività ginniche e ricreative, spazi per spettacoli, ristoranti bar e aree di soggiorno.

• Le zone a parcheggio vengono pianificate sia all’interno (di solito piani in-terrati) che all’esterno. Un parcheggio autonomo migliora la qualità del servizio, in caso contrario, l’albergo dovrà fornire una navetta specializza-ta per il trasporto dei clienti con un’area di sosspecializza-ta autonoma.

• Le aree tecniche e di servizio includono le centrali degli impianti, la lavan-deria (che spesso non c'è perché vengono usate imprese esterne, di mo-do da avere costi di lavaggio solo quanmo-do vengono vendute le camere), le zone di stoccaggio, il guardaroba centrale e le zone per il personale (am-ministrazione, zone di soccorso, spogliatoi, ecc.).

(8)

Pagina 11

• Piani camere: sono programmati per stare ai piani superiori. Vengono col-legati con scale, ascensori ed uscite d’emergenza. Le scale e gli ascenso-ri devono essere distinte da quelle destinate al pubblico.

Gli alberghi italiani sono classificati tradizionalmente in categorie vanno dall’ una stella fino a quella delle cinque stelle che rappresentano il lusso. Questa di-stinzione in categorie avviene sulla base di leggi regionali e formulari compilati da funzionari delle amministrazioni provinciali in cui operano i singoli alberghi.

(9)

Pagina 12

1.4 Descrizione dello stato di fatto

Il fabbricato oggetto d’esame appartiene a zona omogenea D (sottozona D.5), destinata ad attrezzature ricettive, ed è stato edificato nel 1962 dal C.O.N.I. per essere adibito a “Casa dello sportivo”. Viene prevalentemente usato a tal fine nel periodo estivo dai giovani dei campo-scuola per l’insegnamento del tennis.

L’immobile è composto da cinque piani fuori terra, uno seminterrato, corte di pertinenza: al piano seminterrato sono ubicati i servizi, quali cucina, lavanderia, stireria, ambulatorio, locale caldaia ed una sala da pranzo; al piano terra sono ubi-cati la hall, il soggiorno, il salotto, la sala riunioni, la direzione; nei restanti piani si trovano le camere. L’immobile ha accesso carrabile e pedonale da Via Matilde di Canossa, è inoltre presente un accesso inutilizzato da via Roma.

L’edificio, nonostante abbia più di quarant’anni, non è mai stato sottoposto a ra-dicali ristrutturazioni, mantenendosi comunque in uno stato sufficiente per l’attività stagionale a cui è destinato.

E’ stato attestata l’inesistenza di provvedimenti che ne dichiarino l’interesse sto-rico-architettonico ai sensi del Dlgs. n 42/2004 o normativa previgente.

(10)

Pagina 13

Dalle ricerche effettuate si è visto che la struttura principale è costituita da pila-stri in cemento armato, con pareti semplici in mattoni forati intonacati, mentre i so-lai sono del tipo SAP. Al piano terra un rivestimento in pietra circonda buona parte della struttura.

Come si evince dalla foto soprastante, l’edificio si presenta tutto sommato in buone condizioni. Parte del fronte principale è coperto da alberi ad alto fusto, i quali nascondono anche la scala

antincendio in ferro adiacente al corpo più basso (si veda la foto accanto). Nella zona retrostan-te c’è una piccola area di manovra e alcune baracche per gli utensili.

Inoltre la posizione domi-nante del fabbricato permette una completa visuale sulla vallata e sul paese di Pievepelago. Nelle vicinanze si trovano abitazioni ed una scuola media.

La facciata principale

(11)

Pagina 14

La foto, scattata da Via Matilde di Canossa, mostra il lato Est dell’edificio.

Riferimenti

Documenti correlati