2.
LA TRASPARENZA, L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
SOMMARIO: 2.1 Introduzione - 2.2 La trasparenza nella Legge n. 241 del 1990. Le origini dell’accesso quali-ficato - 2.3 La trasparenza come accessibilità totale nel D.Lgs. n. 150 del 2009. Un passaggio dovuto prima del generale riordino del d.lgs n°33/2013 - 2.4 La trasparenza oggi. La rivoluzione ordinata del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 - 2.5 Conclusioni
2.1 Introduzione
“Il termine trasparenza domina ormai da qualche anno il discorso
pubbli-co, l’afferma con forza il mondo della politica e delle istituzioni e la invoca con pari convinzione l’opinione pubblica”15.
Dal generale processo di riforme, che hanno interessato l’amministra-zione pubblica a partire dagli anni ‘90, emerge progressivamente nel mondo del diritto quello che potremmo definire un valore dell’ordinamento che a poco a poco ha acquistato contorni sempre più netti e pervasivi della tradi-zionale sfera di “riservatezza” delle pubbliche amministrazioni, nell’ottica di un dialogo tra amministrazione e amministrato che favorisca la trasfor-mazione del suddito in cittadino16 Da allora la trasparenza assumerà sempre più le sembianze di un valore immanente all’ordinamento, un valore di tipo finalistico, perché espressione di democrazia politica e amministrativa; ma anche un valore strumentale e quindi formale, attraverso il quale assicurare la conoscenza dei processi decisionali, delle organizzazioni, dei procedimen-ti, delle prestazioni e dei servizi al pubblico. Ecco quindi che la trasparenza stessa non è solo rispetto di regole procedimentali, ma anche comprensibilità dell’azione amministrativa da parte del comune cittadino. Come è ovvio non
15 Seminario di formazione presso il Garante per la protezione dei dati personali del15 ottobre 2014. Trasparenza
e protezione dei dati personali. Introduzione Prof.ssa Licia Califano, Componente del Garante per la protezione dei dati personali.
tutti i soggetti coinvolti in un procedimento hanno lo stesso grado d’incidenza sull’esercizio del potere, poiché influisce il diverso livello di istruzione, la ca-pacità economica, le specifiche conoscenze tecniche né tutti i destinatari dei provvedimenti hanno la stessa capacità di comprensione della motivazione di un provvedimento amministrativo. È chiaro infatti che, un’azione ammini-strativa comprensibile giustifichi un comportamento conseguente da parte del cittadino, mentre un’amministrazione segreta o comunque “equivoca” inge-neri erronei convincimenti circa i comportamenti dovuti17.
La trasparenza acquisisce così il significato di semplificazione linguisti-ca, al fine di una maggiore comprensione del contenuto del provvedimento e, quindi, del potere esercitato. È ovvio che tutti i processi di semplifica-zione linguistica non prescindono dalla complessità delle scelte compiute da un’amministrazione divenuta sempre più tecnicamente evoluta e complessa, cosicché la comprensione di un atto richiede sempre più competenze spe-cialistiche. Alla necessaria complessità si può accompagnare, però, una più adeguata spiegazione dei termini tecnici o una forma che spieghi in termini comprensibili il contenuto dell’atto.
Un’indicazione normativa in tal senso proviene dall’esperienza sviluppa-ta nell’ambito del bilancio sociale. La direttiva del Ministero della funzione pubblica 17 febbraio 2006 sulla rendicontazione sociale delle amministrazio-ni pubbliche prevede che “il bilancio sociale serve a rendere conto ai cittadiamministrazio-ni in modo trasparente e chiaro di cosa fa l’amministrazione per loro. Rispetto al bilancio tradizionale, che riporta dati economico-finanziari difficilmente comprensibili dal cittadino, il bilancio sociale deve dunque rendere trasparen-ti e comprensibili le priorità e gli obiettrasparen-tivi dell’amministrazione, gli interventrasparen-ti realizzati e programmati, e i risultati raggiunti.
17 R. Lombardi, Procedimento amministrativo e vizi degli atti dell’amministrazione finanziaria, Foro amm., TAR
Gli elementi che caratterizzano il bilancio sociale sono la volontarietà, la resa del conto degli impegni, dei risultati e degli effetti sociali prodotti, l’in-dividuazione e la costruzione di un dialogo con i portatori d’interesse”.
2.2 La trasparenza nella Legge n. 241 del 1990. Le origini dell’accesso qualificato
Volendo schematizzare il percorso normativo seguito dalla disciplina della trasparenza amministrativa, è consentito tener conto di tre tappe evolutive:
quella inaugurata con l’approvazione della Legge n. 241 del 1990; a)
quella che ha inizio con l’affermazione, a opera del D.Lgs. n. 150 del b)
2009, del principio di accessibilità totale;
quella, infine, che prende avvio con il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, c)
recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubbli-cità, trasparenza e diffusione” e adottata in attuazione della delega contenuta nella Legge 6 novembre 2012, n. 190 (Legge c.d. Anti cor-ruzione).
Partendo dal testo originario della Legge n. 241 del 1990, la trasparenza non compare tra i principi enumerati all’articolo 1 della disciplina generale del procedimento. La dottrina non mancò tuttavia di rimarcare come essa costituisse un valore immanente all’ordinamento, in vista del quale “orga-nizzare” istituti e principi giuridici prossimi (buon andamento, imparzialità, legalità ed. sostanziale), che quel valore tendessero a realizzare.
Tuttavia, nel dibattito scaturito dalla Legge n. 241, la trasparenza, pur riguardando il duplice profilo dell’attività e dell’organizzazione di quella “casa di vetro” che doveva essere l’amministrazione per i cittadini, era la risultante di istituti riferibili al procedimento (responsabile del procedimento, motivazione, istituti di partecipazione e di garanzia) e trovava la sua massima
espressione nel diritto di accesso. Le prescrizioni della Commissione Nigro, presieduta dal prof. Mario Nigro, che nel 1985 ebbe modo di proporre un disegno di legge di riforma del diritto amministrativo sostanziale e del proce-dimento amministrativo, mantengono un profilo molto conservatore rispetto alle previsioni del progetto di legge originale.
Meno conservatore e più innovativo è il nuovo articolo 22 della Leg-ge 241/1990 che attribuisce un diritto di accesso a “chiunque”18, senza limi-tazioni soggettive, salvo che il richiedente debba dimostrare un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento”; da tale diritto di accesso deriva la possi-bilità per il richiedente di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.
2.2.1 Il diritto di accesso, ancora troppo distante dall’obiettivo trasparenza
Il riconoscimento di tale diritto di accesso, pur con i limiti oggettivi di cui abbiamo appena fatto cenno, venne previsto dal legislatore come vero e proprio strumento generale per “assicurare la trasparenza dell’attività ammi-nistrativa” (art. 22), ovvero come efficace strumento per “guardare dentro” l’amministrazione e superare definitivamente le barriere poste dal segreto d’ufficio19. Tuttavia, a causa di una serie di interpretazioni restrittive della giurisprudenza e ad alcuni interventi legislativi successivi, l’attuazione del di-ritto di accesso non ha rispettato le numerose aspettative che in molti serbava-no su tale strumento di trasparenza ma, si è limitato a diventare userbava-no strumento di tutela degli interessi individuali e privati.
18 Il virgolettato viene ripreso da G. Arena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, 2008, p. 31, per
sottolineare come in realtà il diritto di accesso rimane fortemente limitato, benché la legge per espressa previsione afferma che di tale diritto sono titolare tutti i cittadini, ma a sua volta, limitandolo attraverso il riconoscimento di un interesse concreto diretto e attuale che deve essere dimostrato per poter fruire di questo diritto.
Il diritto di accesso positivizzato e come interpretato dalla giurisprudenza è il parametro per comprendere quanto diversa sia la logica della trasparenza all’epoca della Legge n. 241 rispetto a oggi, quale risulta dalla stessa Leg-ge n. 241, nelle leggi successive e, finalmente, nel D.Lgs. n. 150 del 2009 (art. 11). L’accesso come lo abbiamo conosciuto e vissuto, è accesso “quali-ficato” e (in tal senso ebbe ad esprimersi anche l’Adunanza plenaria) alla tu-tela di una posizione sostanziale individuale (persona fisica o ente): esso, per espressa previsione normativa, non può concretarsi in una forma di controllo diffuso dell’attività amministrativa. Si tratti o meno di accesso endo procedi-mentale, è un accesso qualificato dalla pertinenza a un procedimento, cioè a un’attività amministrativa di interesse del singolo.
Già numerose leggi successive alla Legge n. 241 contemplano obblighi di trasparenza e di pubblicità che si pongono a latere dell’azione ammini-strativa. Ma è con il D.Lgs. n. 150, all’articolo 11, che la trasparenza subisce una mutazione genetica ed è configurata come “accessibilità totale” una serie di dati tendenzialmente omni comprensivi dell’azione e dell’organizzazione delle amministrazioni (allocazione delle risorse, assetti organizzativi, anda-menti gestionali e risultati delle attività), in funzione di servizio agli uten-ti e di trasparenza per la colletuten-tività. Questa posizione qualificata e diffusa alle informazioni pubbliche, in capo a ciascun cittadino, è dichiaratamente volta, diversamente da quanto previsto per l’accesso, “a favorire forme dif-fuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità” (art. 11. comma 1).
La giuridicizzazione di un tale ambito di trasparenza si traduce nella pub-blicità di una serie di informazioni che conferma la distanza, sul piano del diritto positivo, tra accesso e trasparenza, in quanto il primo, come posizione qualificata da un criterio di collegamento specifico tra richiedente l’accesso e il dato che si vuole conoscere, non ha evidentemente spazio per operare
laddove quel dato sia pubblico perché accessibile all’intera collettività. In tale ottica, la trasparenza, pur sempre riferibile al duplice versante organizza-tivo e “atorganizza-tivo”dell’amministrazione e quindi al procedimento amministraorganizza-tivo, acquista una sua ragion d’essere anche, e forse soprattutto, al di fuori dello schema e del momento procedimentale in senso stretto.
L’evoluzione “annunciata” del modello di trasparenza è orientata verso la tematica dell’open data quale mezzo per realizzare l’open government, è la partecipazione attiva e collaborativa dei cittadini alle scelte amministrative, sul presupposto di un’amministrazione “aperta” che renda fruibili alla collet-tività le informazioni di cui è in possesso.
Alcune disposizioni già contenute nel codice dell’amministrazione digi-tale, D.Lgs. n. 82 del 2005, articoli 2, 12 e 50, hanno così trovato sviluppo nell’articolo 11 del D.Lgs. n. 150 del 2009 e, soprattutto, nel comma 1-bis arti-colo 50 del codice dell’amministrazione digitale (introdotto dal D.Lgs. n. 235 del 2010, noto come “terzo correttivo al cad”).
2.3 La trasparenza come accessibilità totale nel D.Lgs. n. 150 del 2009. Un passaggio dovuto prima del generale riordino del D.Lgs n°33/2013
La “trasparenza totale” persegue finalità nettamente diverse dall’accesso e si connota per un diverso modo di essere delle pubbliche amministrazioni che non può non spiegare effetti sugli assetti organizzativi specifici e sulle singole vicende dell’azione amministrativa. L’accessibilità totale è vista, in primo luo-go, in funzione di servizio agli utenti e, ancora, sul versante della collettività, in funzione di controllo sociale diffuso sull’operato delle amministrazioni.
A ben vedere, la trasparenza è posta in stretta correlazione con gli ambiti maggiormente significativi dell’attuale processo di riforma delle amministra-zioni e, in un certo senso, può dirsi che la trasparenza costituisce il collante
tra versante interno (organizzazione) e versante esterno (servizi al cittadino) della riforma.
Sul piano macro, la trasparenza, come disciplinata dal legislatore del 2009, può dirsi finalizzata:
all’efficienza, e quindi abbiamo le disposizioni sulla trasparenza del-a)
la performance;
alla prevenzione della corruzione e in generale di fenomeni di ma-b)
ladministration, cui si riporta in particolare la metodologia c.d. della mappatura dei rischi nei procedimenti e negli assetti organizzativi; al miglioramento dei servizi pubblici, cui sono serventi sia la disci-c)
plina della performance organizzativa sia l’adozione di standard qua-litativi e quantitativi nella logica del “miglioramento continuo” delle prestazioni;
alla responsabilizzazione delle pubbliche amministrazioni, che ispira d)
i sistemi di misurazione e valutazione.
Se la trasparenza, nel contesto specifico della riforma complessiva delle amministrazioni delineata dal D.Lgs. n. 150, ha queste finalità, ne discendono subito alcuni corollari che potremmo definire di sistema.
Se è vero che, in presenza di una idonea base normativa, occorre tendenzial-mente pubblicare tutto, è importante evitare quelle che sono state definite forme di opacità per confusione, in cui la massa di dati resi pubblici, in particolare sugli assetti organizzativi, rende impossibile l’identificazione dei dati rilevanti cioè dei dati che veramente interessano i cittadini come tali e come utenti dei servizi. L’identificazione dei dati rilevanti avviene essenzialmente attraverso i momenti di ascolto con i cittadini e le loro rappresentanze: questi momenti esprimono una “domanda di trasparenza” che va al di là della stessa “offerta di trasparenza” imposta dalla legge, perché seleziona tra i dati potenzialmen-te pubblici quelli di reale inpotenzialmen-teresse e impone alle amministrazioni
realmen-te aperrealmen-te di concentrarsi su quelle informazioni che riguardano direttamenrealmen-te l’erogazione dei servizi anche al fine di assumere, nel momento della defi-nizione degli obiettivi soprattutto di out come. Scelte coerenti con i bisogni della collettività.
2.3.1 Trasparenza e performance
Tra le numerose disposizioni sulla trasparenza, vale la pena, in questa sede, sottolinearne la rilevanza assunta dall’articolo 11, esplicitamente inti-tolato alla trasparenza della performance che ne dà un’esplicita definizione come “accessibilità totale”, riferendola alle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali ed all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituziona-li, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità. Questo tipo di trasparenza assume la natura di livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, se-condo comma, lettera m), della Costituzione.
Lo stesso Decreto legislativo obbliga tutte le amministrazioni pubbliche ad adottare un programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da aggior-nare annualmente, che indichi le iniziative previste per garantire un adegua-to livello di trasparenza, la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità, introducendo così, per la prima volta, oltre al principio di trasparenza, anche quello di integrità. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la massima trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance e sono obbli-gate a pubblicare sul proprio sito istituzionale “in apposita sezione di facile accesso e consultazione” una serie di elementi:
a) il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità ed il relativo stato di attuazione;
b) l’ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stan-ziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti;
c) l’analisi dei dati relativi al grado di differenziazione nell’utilizzo del-la premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti;
d) i nominativi ed i curricula dei componenti degli Organismi indipen-denti di valutazione e del Responsabile delle funzioni di misurazione della performance;
e) i curricula dei dirigenti e dei titolari di posizioni organizzative, redatti in conformità al vigente modello europeo;
f) le retribuzioni dei dirigenti, con specifica evidenza sulle componenti variabili della retribuzione e delle componenti legate alla valutazione di risultato;
g) i curricula e le retribuzioni di coloro che rivestono incarichi di indi-rizzo politico amministrativo;
h) gli incarichi, retribuiti e non retribuiti, conferiti ai dipendenti pubbli-ci e a soggetti privati.
Il comma 9 dell’articolo 11 stabilisce, infine, che, in caso di mancata ado-zione e realizzaado-zione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità o di mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione è fatto divieto di ero-gazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti. La pubblicazione sui siti internet di dati attinenti l’attività e l’organiz-zazione è anche, ma non solo, strumento per consentire l’accessibilità totale (art. 11), che rimane il fine peculiare della trasparenza.
2.4 La trasparenza oggi. La rivoluzione ordinata del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33
Come sopra osservato, tra le finalità da soddisfare attraverso il pieno dispiegarsi del principio di trasparenza viene in rilievo quella del contrasto
di tipo preventivo alla corruzione e, in generale, ai fenomeni di maladmini-stration. La trasparenza, invero, intesa quale possibilità per tutti i cittadini di avere accesso diretto all’intero patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni, costituisce un mezzo fondamentale di prevenzione della corruzione, imponendo una rendicontazione dell’azione pubblica nei con-fronti degli stakeholders, agevolando sistemi di accountability e limitando il rischio che si annidino situazioni di illiceità in settori delicati dell’agire amministrativo.
In quest’ottica, il D.Lgs. n. 33 del 2013, “Riordino della disciplina ri-guardante gli obblighi di pubblicità’, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, testo normativo diventato punto di riferimento per qualsiasi amministrazione pubblica per quanto concerne un livello minimo di trasparenza e apertura verso i cittadini e dal Governo nell’esercizio della delega contenuta nella Legge n. 190 del 2012 (Legge anti corruzione), introduce significative novità. In primo luogo, oltre a “riordina-re” e sistematizzare gli obblighi di pubblicazione on-line che già gravano sul-le amministrazioni, riunendo in un corpus normativo unitario, sistematico e semplificato, le numerose previsioni normative disseminate nell’ordinamen-to, introduce aggiuntivi e rilevanti obblighi di informazione.
Si segnalano quelli aventi ad oggetto: i dati concernenti i redditi e la condizione patrimoniale dei titolari degli organi di indirizzo politico (art. 14); i rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali, “con evidenza delle risorse trasferite a ciascun gruppo, con indicazione del titolo di trasferimento e dell’impiego delle risorse utilizzate”, e corredati dagli atti e dalle relazioni degli organi di controllo (art. 28); gli atti di conferimento di incarichi dirigen-ziali e di consulenza, con la previsione che la pubblicazione è condizione di efficacia dell’atto di conferimento e condizione, quindi, perché si possa prov-vedere alla liquidazione del previsto trattamento economico.
Ancora, nella sezione relativa agli obblighi di pubblicazione in settori speciali, sono ampliati gli obblighi di pubblicità on-line in materia di opere pubbliche (art. 38) e contratti pubblici (art. 37), attività di pianificazione e governo del territorio (art. 39), Servizio Sanitario Nazionale (art. 41), inter-venti straordinari e di emergenza che comportano deroghe alla legislazione vigente (art. 42)20.
Si tratta di informazioni che attengono, complessivamente, all’assetto delle pubbliche amministrazioni, ma anche alla dinamica delle relazioni tra cittadino e amministrazione, sia negli spazi concernenti la c.d. democrazia amministrativa, sia nei rapporti amministrativi coinvolti dall’esercizio del po-tere e dall’erogazione dei servizi.
2.4.1 L’ambito soggettivo di applicazione: chi è obbligato alla pubblicazione
Il legislatore ha previsto che le amministrazioni si allineino agli obblighi previsti nel D.Lgs 33/2013 entro sei mesi dall’entrata in vigore del Decreto, ovvero entro il 20 settembre 2013. Aldilà delle risorse e delle attenzioni che il legislatore non sembra aver riconosciuto per l’implementazione degli obbli-ghi imposti, per comprendere effettivamente in che modo e con quale intensi-tà tale normativa troverà applicazione è necessario comprendere e ragionare quali sono le amministrazioni pubbliche, o altri soggetti, su cui ricadono gli obblighi di pubblicazione: in altri termini è necessario comprendere l’ambito di applicazione soggettiva. Una prima generale definizione è rintracciabile nell’articolo 2 del Decreto 33 in cui viene stabilito che tutti gli obblighi previ-sti in materia di trasparenza amministrativa, ivi disciplinati, sono “concernen-ti l’organizzazione e l’at“concernen-tività delle pubbliche amministrazioni e le modalità per la sua realizzazione”. Pertanto, in via generale tutta la pubblica
ammini-20 r. GaroFoli, Il contrasto alla corruzione. La L. 6 novembre 2012, il decreto trasparenza e le politiche ancora
strazione, qualsiasi forma questa potrebbe assumere, ha l’obbligo di attuare gli obblighi previsti dal D.Lgs 33/2013. Tuttavia, il legislatore non chiarisce concretamente a quali soggetti questa normativa si riferisca, lasciando dubbi sull’interpretazione del termine “pubblica amministrazione”, il quale verrà chiarito solo più avanti.
L’articolo 11, comma 1, del D.Lgs 33/2013 per definire l’ambito di ap-plicazione soggettiva dei vari obblighi di pubblicazione utilizza la tecnica del rinvio, ed in particolare all’articolo 1 del D.Lgs 165/2001, il Testo Unico del Pubblico impiego. Tale disposizione dà la definizione di amministrazioni pubbliche all’interno del quale vi rientrano le amministrazioni dello stato, anche quelle ad ordinamento autonomo; i vari enti territoriali quali Regioni, Province, Comuni e Comunità montane; accanto a queste troviamo una serie di amministrazioni particolari, che mantengono un certo livello di autonomia rispetto allo stato, come gli istituti scolastici ed educativi, comprese le Istitu-zioni Universitarie, le Camere di Commercio, gli enti pubblici non economi-ci21, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e infine le Agenzie disciplinate dal D.Lgs 300/199922. Come è noto, tale definizione ha come scopo principale quello di definire lo spazio all’in-terno del quale applicare le norme sul rapporto di lavoro con la pubbliche amministrazione, ma questa, proprio per la sua malleabilità interpretativa, si è prestata a dare concretezza al concetto di pubblica amministrazione, e, di
21 Tra questi, solo a titolo esemplificativo, ricordiamo Automobile Club Italia (ACI), Croce Rossa Italiana (CRI),
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Ente nazionale Energia e Ambiente (ENEA), Istituto nazionale statistica (ISTAT). Tale categoria di enti ha una valore assolutamente residuale e circoscritto. Per una rassegna si veda S. CaSSeSe, Istituzioni di diritto amministrativo, pag. 106.
22 Le agenzie istituite con il D.Lgs 300/1999 sono in tutto 11 di cui, sei sono inquadrate in un modello base
(agen-zia per le normative e i controlli tecnici, agen(agen-zia per la proprietà industriale, agen(agen-zia per la protezione dell’ambiente, agenzia per i trasporti terrestri, agenzia per la formazione l’istruzione professionale, Agenzie industrie difesa) men-tre le almen-tre cinque mantengono una maggiore autonomia (Agenzia di protezione civile, Agenzia delle entrate, Agen-zia del territorio, AgenAgen-zia per il demanio, AgenAgen-zia per le dogane). Per una disciplina della materia delle Agenzie si rinvia a D. SoraCe, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2010, pag. 236.
conseguenza è stata utilizzata per stabilire a quali organismi applicare la le-gislazione sul procedimento amministrativo, Legge 241/199023. Pertanto, da tale definizione è possibile affermare che l’applicazione di tale normativa ha una portata generalizzata e si applica, salvo diversa e specifica disposizione a tutti i soggetti che rientrano della definizione di “amministrazione pubblica”. Un problema particolare viene posto nel caso di società partecipate, in quota maggioritaria o totalitaria, dalle pubbliche amministrazioni che rientrano nella definizione dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs 165/2001. L’articolo 11, com-ma 2, affronta questo tecom-ma stabilendo che per le società a partecipazione pub-blica o per le società controllate da una pubpub-blica amministrazione, si applica-no le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33 della Legge 190/2012, la Legge delega per lo stesso D.Lgs 33/2013, ma “limitatamente alla attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea”. Pertanto, rientrano nell’attuazione della normativa degli obblighi di pubblica-zione anche i soggetti privati che, a vario titolo svolgono funzioni pubbliche, ovvero anche i privati gestori di pubblici servizi limitatamente alle informa-zioni rilevanti allo svolgimento della funzione pubblica ad essi affidata. Infine una terza categoria di organismi obbligati, con alcuni limiti, alla pubblicazio-ne di informazioni e documenti amministrativi, sono indicati pubblicazio-nel comma terzo dell’articolo 11: le varie autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regola-zione provvedono all’attuaregola-zione di quanto previsto dalla normativa in materia di pubblicità “secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti”. Tale norma risponde all’esigenza, non solo di confermare l’importante ruolo delle varie agenzie ma anche garantire un sufficiente spazio di autonomia per definire le modalità attraverso le quali adempiere, viste le importanti funzioni che
23 S. CaSSeSe, Istituzioni di diritto amministrativo, 2012, pag. 5. Tuttavia, l’autorevole dottrina ha avuto modo di
affermare che, per sua stessa natura e mutabilità nel tempo, le amministrazioni pubbliche si conformino “ad una nozione unitaria” che possa sfociare in una definizione.
queste svolgono. In ogni caso, anche le agenzie sono vincolate dall’obbligo di pubblicazione, qualora le informazioni sono rilevanti per lo svolgimen-to della loro attività: un esempio potrebbe essere fornisvolgimen-to dall’applicazione dell’articolo 16, laddove viene stabilito un obbligo di pubblicazione relativo alla consistenza della dotazione organica e il costo complessivo del personale effettivamente in servizio.
2.4.2 L’accesso civico.
Il Decreto, oltre ad approntare un articolato apparato sanzionatorio per l’ipotesi di inadempimento delle amministrazioni rispetto agli obblighi di pubblicità loro imposti, introduce un meccanismo rimediale di assoluta novi-tà, riconoscendo in capo a chiunque un vero e proprio diritto di accesso civico a quelle informazioni e a quei dati (siano o meno contenuti in atti giuridici in senso stretto) per i quali risulti non adempiuto l’obbligo di pubblicità: un diritto di accesso, quindi, svincolato dai requisiti di legittimazione dell’ac-cesso previsto dalla Legge n. 241 del 1990, azionabile senza formalità, senza necessità di motivare l’istanza, senza dover dimostrare l’utilità dell’atto che si intende conoscere rispetto alle esigenze difensive del richiedente, ma fondato sul solo presupposto dell’inadempimento in cui l’amministrazione è incorsa rispetto agli obblighi di pubblicità.
Pure non trattandosi di un sistema normativo riconducibile al Fredom of information act statunitense (FOIA), si è al cospetto di un sistema fortemen-te innovativo, in grado di “costringere” le amministrazione ad assicurare la pubblicità che la legge prescrive. In altre parole, è vero che, nel nostro siste-ma, non c’è il diritto di chiunque ad accedere a qualsivoglia informazione in possesso dell’amministrazione, è altresì vero che, nel sistema delineato (e a differenza che nel FOIA), l’obbligo di pubblicità preesiste e prescinde da una richiesta di parte. Tanto che i meccanismi sanzionatori, sul piano delle
responsabilità, non sono collegati a una richiesta. Come è stato osservato, nella disciplina introdotta dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, gli obblighi di pubblicazione integrano una “situazione che fronteggia (...) un diritto sog-gettivo a conoscere, che spetta a “chiunque”, ossia ai cittadini in quanto tali (senza necessità di dimostrare l’interesse differenziato che giustifichi tale pretesa) (art. 3). Agli obblighi di pubblicazione corrisponde dunque non un need to know (una conoscenza utile al soddisfacimento di un interesse, di un bisogno particolare), ma un vero right to know. Un diritto conseguentemente assistito da un meccanismo di implementazione (in caso di inadempimen-to dell’obbligo di pubblicazione) attivabile da chiunque, quasi nella forma dell’azione popolare”24. Quanto all’estensione applicativa, l’accesso civico è riconosciuto con riguardo a tutti i documenti, le informazioni e i dati che in base alla “normativa vigente” (art. 5, comma 3) – e quindi anche al di là delle previsioni del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, – devono essere pubblicati. Si pensi, per fare un esempio, a tutti i documenti che debbano essere oggetto di pubblicazioni all’albo pretorio. Per avere accesso a queste informazio-ni non sarà più necessario dimostrare l’interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al docu-mento, come richiesto dal regime generale del diritto di accesso di cui alla Legge 241/1990, dal momento che l’acceso civico si qualifica proprio perché non soggetto a motivazione e legittimazione soggettiva differenziata. Certo, non si tratta del FOIA statunitense (che si applica a tutte le informazioni detenute dalle amministrazioni, non solo a quelle oggetto di pubblicazio-ne), ma è un passo avanti in quella direzione, e pone comunque rimedio al grave paradosso per cui, fino ad oggi, per avere accesso ad un documento già oggetto di pubblicazione (e, pertanto, in virtù di tale operazione,
effetti-24 B.Ponti, Il codice della trasparenza amministrativa: non solo riordino, ma ridefinizione complessiva del regime
vamente conoscibile da chiunque) fosse necessario dimostrare un interesse differenziato”25.
2.4.3 Open data e qualità dei dati
Un terzo punto che vale la pena di sottolineare è la scelta di applicare il regime degli Open Data a tutte le informazioni oggetto di pubblicazione ob-bligatoria (art. 7). Una scelta che ha diverse conseguenze, non trascurabili. In-tanto, consolida un nucleo “duro”, non comprimibile, di informazioni diffuse e rese disponibili in formato aperto, contribuendo così in modo significativo alla diffusione di questo approccio culturale (prima ancora che tecnologico o giuridico), anche semplicemente perché costringe tutte le amministrazioni a fare i conti con questo “paradigma” (nella necessità di dare applicazione alla previsione normativa). Inoltre, proietta la stessa trasparenza amministrativa verso un nuovo paradigma, nel quale quest’ultima non è sempre, e solo, “pro-dotta” dalle amministrazioni (e direttamente fruita dai cittadini), ma sempre di più va configurandosi come frutto della elaborazione delle informazioni e dei dati resi disponibili dalle PA, posta in essere da soggetti terzi (associazioni non profit, istituzioni di ricerca, media, gli stessi partiti e movimenti politici, ecc.), che si pongono come mediatori della trasparenza tra istituzioni e citta-dini. In questo senso, l’esempio di Open Parlamento, e del report “Camere Aperte” è illuminante”26
Infine, va rimarcata l’importanza che, nel delineato sistema, assume il tema della qualità dei dati, in termini di integrità, costante aggiornamento, completezza, semplicità di consultazione, comprensibilità, che mira a respon-sabilizzare le amministrazioni nella gestione dei dati. La qualità dei dati, la
25 P. BeneDetto, Il codice della trasparenza amministrativa: non solo riordino, ma ridefinizione complessiva del
regime della trasparenza amministrativa on-line, in www.neldiritto.it
26 P. BeneDetto, Il codice della trasparenza amministrativa: non solo riordino, ma ridefinizione complessiva del
loro “esattezza” in termini oggettivi, costituisce elemento essenziale in un regime “aperto” delle informazioni amministrative, in quanto il controllo dif-fuso cui mira l’accessibilità totale non può che fondarsi s dati certi e attuali. E tale preoccupazione è stata più volte rimarcata dalla CIVIT27 e, soprattutto, dal Garante per la protezione dei dati personali.
2.5 Conclusioni
Il D.Lgs. 33/2013 rappresenta una importante evoluzione dell’ordina-mento italiano verso una migliore azione della pubblica amministrazione e verso una maggiore accountability dei decisori pubblici. Come abbiamo cer-cato di ricostruire, il D.Lgs. 33/2013, che qui è stato commentato, rientra in una più ampia strategia legislativa che prende le mosse dalla Legge 190/2012, la quale ha rappresentato il primo passo verso la predisposizione di un nuovo sistema volto alla prevenzione della corruzione: accanto al D.Lgs. 33/2013, di riordino della normativa relativa alla trasparenza e agli strumenti di pub-blicità amministrativa, sono stati approvati il D.Lgs. 39/2013, in materia di incompatibilità, e il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, il D.P.R. 62/2013, tutti sotto l’egida della Legge 190/2012, la c.d. Legge anti corruzione. Tali interventi normativi hanno completamente ridisegnato la po-litica anti corruzione spostando l’attenzione dalla repressione successiva dei fenomeni di corruzione all’anticipazione e prevenzione, tentando di eliminare quelle condizioni che permettono lo sviluppo di questi fenomeni. Conseguen-temente consente alle amministrazioni di conoscere il tasso di trasparenza
27 La CIVIT ha l’importante compito di coordinare l’attività in materia di pubblicazione, svolgendo un
moni-toraggio e controllo continuo sull’esatto adempimento degli obblighi previsti. Inoltre la CIVIT dovrà svolgere un controllo sovraordinato sia nei confronti del Responsabile della Trasparenza, sia nei confronti degli Organismi in-terni di valutazione (OIV). Infine, qualora vengano riconosciute, sia a seguito di specifiche indagini sia a seguito di specifiche richieste di chiarimento, la CIVIT può segnalare i casi di inadempimento, da cui, se reiterati e continuati, deriveranno conseguenze di natura disciplinare a carico del responsabile della trasparenza.
cui sono tenute e ai cittadini di pretendere il rispetto di quegli obblighi, stru-mentali all’esercizio del controllo diffuso sull’operato delle amministrazioni. Il livello di partecipazione dei cittadini e la consapevolezza dei diritti che il sistema attribuisce loro costituiscono condizioni essenziali per tradurre nella vita politica e amministrativa il valore della trasparenza, di cui il testo intende farsi portatore.
Così configurata, la trasparenza potrebbe ambire a ben altre finalità, quale quella di realizzare un controllo diffuso di legittimità dell’azione amministrativa.
Alla cessazione dei controlli esterni non ha fatto seguito un reale sistema di controlli sull’attività, tali da garantire la legittimità ed il buon andamento dell’azione amministrativa, anche perché i controlli interni hanno mostrato una sostanziale debolezza, soprattutto quanto all’indipendenza dei controllo-ri: al cittadino leso da un provvedimento rimane la tutela giurisdizionale, che, tuttavia, trova un ostacolo di fatto nei costi relativi all’accesso alla giustizia.
La trasparenza, consentendo un controllo diffuso, potrebbe, perciò, assurge-re anche a possibile rimedio al declino dei controlli di legittimità con un effetto sistemico sull’ordinamento che si rivela, come auspicato, un modo per rafforzare la democrazia, nell’ottica di una necessaria democrazia partecipativa28.
Non si trascuri a tal fine il fatto che un’amministrazione sottoposta a con-trollo diffuso e, perciò, indotta o costretta a comportamenti legittimi e volti al buon andamento diventa un’amministrazione utile allo sviluppo sociale ed eco-nomico, con la conseguenza di limitare i tentativi ricorrenti di privatizzare e/o sopprimere enti amministrativi perché inefficienti: insomma, una buona ammi-nistrazione giova ai cittadini, ma alla stessa ammiammi-nistrazione, non più percepita come un peso allo sviluppo, ma come uno strumento di progresso civile.
28 S. CaSSeSe, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato, in Riv. trim. dir.
Pubbl., 2007, pag.13 e ss.