• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2 INNOVARE: UNA SCELTA FONDAMENTALE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 2 INNOVARE: UNA SCELTA FONDAMENTALE"

Copied!
23
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 2

INNOVARE: UNA SCELTA FONDAMENTALE

L’ambiente nel quale le imprese si trovano attualmente ad operare è profondamente cambiato rispetto ad un passato anche recente a causa delle profonde trasformazioni intervenute negli ultimi decenni di natura tecnologica, economica, politica, sociale e culturale.

L’incessante incremento della complessità ambientale accresce l’intensità del confronto competitivo che è, a sua volta, all’origine delle maggiori esigenze di cambiamento e innovazione che le imprese registrano a livello operativo, organizzativo e strategico. Adattarsi ad un ambiente in continuo cambiamento è importante ma non sufficiente: è necessario promuovere e favorire il cambiamento trasformandolo in opportunità di crescita e di sviluppo per l’impresa.

L’innovazione è un fattore critico di successo per mantenere e rinnovare nel tempo le condizioni di vantaggio competitivo necessarie per la creazione durevole di valore economico. Ma per le imprese che operano in settori altamente competitivi, dove per effetto del rapido progresso tecnico e del cambiamento dei gusti e dei comportamenti dei consumatori il vantaggio competitivo è solo temporaneo, non è facile sopravvivere ed è ancora più difficile mantenere tassi di crescita dei flussi operativi per un lunghissimo periodo1.

Nei settori più dinamici dell’economia il sistema aziendale non può essere adeguato nel continum, semplicemente attraverso un flusso incrementale di investimenti, ma deve essere, a certi intervalli di tempo, in larga parte ri-progettato, radicalmente modificato e ricostituito, perché possa generare di nuovo flussi operativi positivi, adeguati al capitale investito.

È necessario, cioè, realizzare dopo un certo periodo di tempo cambiamenti radicali della struttura aziendale, che introducono forti discontinuità rispetto al sistema precedente e richiedono, in genere, rilevanti investimenti concentrati nel tempo.

1 I flussi operativi che possono essere attuali e prospettici sono necessari per determinare il valore

dell’impresa. I primi dipendono dalla struttura aziendale e dal posizionamento competitivo in atto; i flussi prospettici dipendono, invece, dalle tendenze evolutive ambientali e dalla nuova configurazione del sistema aziendale, cioè dalla strategia attuata dall’imprenditore.

(2)

La rifondazione della struttura aziendale non è un atto di normale gestione, ma è il risultato di una definita strategia di sviluppo, che comporta l’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto, con investimenti rilevanti in un contesto di elevata incertezza dei risultati.

Negli ultimi decenni il fenomeno dell’innovazione è stato oggetto nella letteratura di diversi interventi di rivisitazione critica per quanto concerne gli approcci, le fonti, l’oggetto, le risorse e lo stesso processo che conduce all’innovazione.

Tradizionalmente, per quanto riguarda l’approccio all’innovazione strategica, questa ha trovato spazio nelle imprese come reazione alle pressioni competitive provenienti dall’ambiente: la globalizzazione dei mercati, la rivoluzione tecnologica digitale, la progressiva apertura dei mercati e degli ambienti, hanno infatti posto le imprese di fronte all’alternativa di “far finta di nulla” e rischiare in questo modo di scomparire, ovvero di intraprendere la strada rischiosa e faticosa del cambiamento attraverso scelte volte a innovare in modo continuo il proprio modello di business.

Quanto alle fonti dell’innovazione si riteneva che derivassero dallo sviluppo scientifico e tecnologico (teoria del technology push) o dalle preferenze derivanti dagli utenti acquirenti di beni e servizi (teoria del demand pull).

La prima teoria attribuisce, in modo pressoché esclusivo, un ruolo centrale alla tecnologia e alle sue modalità di gestione all’interno dell’impresa, così che poi il problema da affrontare si riduce allo studio delle implicazioni da questa derivanti sulle altre funzioni aziendali e sull’organizzazione dell’impresa in generale.

La seconda teoria, invece, parte dal presupposto di individuare e valutare le preferenze provenienti dalla domanda verso alcuni beni e servizi, così che le imprese possano adottare le decisioni volte a produrre nuovi prodotti o a migliorare quelli esistenti, generando così processi innovativi.

Ciascuna di queste due impostazioni presenta, se considerata singolarmente, dei limiti. Per quanto concerne la teoria secondo la quale l’innovazione sarebbe trainata dalla domanda di mercato, è evidente che ciò da luogo ad una sottovalutazione del ruolo della tecnologia, relegata a mera variabile strumentale. Il limite della teoria che invece presume l’innovazione spinta dalla ricerca e dallo sviluppo della scienza e della tecnica, risiede nella sottovalutazione del ruolo del mercato.

(3)

La nascita dei processi che portano all’innovazione pone in evidenza una stretta interrelazione tra mercato e tecnologia nel determinare la nascita e le traiettorie delle innovazioni.

Per quanto riguarda l’oggetto dell’innovazione, inizialmente si consideravano ambiti di intervento i prodotti (siano essi totalmente nuovi o semplicemente migliorati qualitativamente), i processi di produzione, i mercati di sbocco, le fonti di approvvigionamento di materie prime e semilavorati, la struttura e l’organizzazione aziendale2.

In realtà l’attenzione degli economisti si è incentrata sui primi due tipi di innovazione definendo le innovazioni di prodotto come quelle incorporate nei beni o servizi realizzati da un’impresa; possono essere di intensità diversa, manifestandosi come nuovi tipi o modelli di un prodotto base o come prodotti radicalmente nuovi. Mentre le innovazioni di processo sono dei cambiamenti nelle modalità in cui un’impresa svolge le sue attività, relativi per esempio alle tecniche di produzione o al marketing dei propri beni o servizi; sono spesso orientate al miglioramento dell’efficacia o dell’efficienza dei sistemi di produzione e possono consistere, per esempio, nella riduzione dei difetti di fabbrica o nell’aumento della produzione in una determinata unità di tempo3.

In relazione alle risorse per l’innovazione ci si riferisce a delle risorse specifiche, diverse da quelle necessarie per supportare le più tradizionali esperienze di adeguamento delle imprese ai cambiamenti ambientali. Le risorse intangibili alle quali si fa riferimento riguardano la ricerca e sviluppo, la formazione del personale, il capitale relazionale, il marketing, la finanza, ecc.

Queste risorse che esprimono la “conoscenza collettiva dell’impresa” possono essere indirizzate alla definizione delle scelte strategiche, al fine di migliorare, attraverso l’integrazione delle competenze esistenti, le caratteristiche quanti-qualitative delle relazioni dell’impresa con i clienti, fornitori, finanziatori, distributori commerciali e altri soggetti ambientali. Ma esse possono anche essere utilizzate per la progettazione, la sperimentazione e la realizzazione di soluzioni innovative, di natura operativa,

2 Scumpeter J. “Teoria dello sviluppo economico” ,Sansoni. 1977 (versione originale “Theory of

Economic Development”, 1911)

(4)

organizzativa e strategica, attraverso lo sviluppo delle competenze necessarie per la ricerca di nuove opportunità di azione per le imprese.

È in questa seconda prospettiva che il ruolo delle risorse basate sul sapere è non solo fondamentale ma critico, in quanto solo le capacità cognitive, professionali e relazionali delle persone presenti nell’impresa possono generare e sviluppare soluzioni strategiche innovative.

Per quanto riguarda il processo che conduce all’innovazione, si considerano un insieme di fasi, organizzate sequenzialmente, rappresentate principalmente dalle seguenti:

• dalla ricerca di base, che si concretizza nell’impegno scientifico volto alla strutturazione di conoscenze che aprono nuove potenzialità all’azione dell’impresa in termini sia di miglioramento che di innovazione dei processi e dei prodotti esistenti;

• dalla ricerca applicata, che ha ad oggetto l’utilizzazione delle conoscenze ottenute nella fase precedente per la ideazione e progettazione di nuovi metodi, di nuovi strumenti e di nuovi prodotti;

• dallo sviluppo che, dopo aver ideato una soluzione progettuale, implementa, attraverso la validazione delle varie dimensioni tecnologiche, economiche e competitive, realizza concretamente il prodotto vero e proprio;

• dall’industrializzazione e dalla commercializzazione, volte alla gestione dell’insieme delle attività e processi necessari per la produzione nelle scale desiderate e il collocamento nel mercato dei nuovi prodotti.

La distinzione tra le varie fasi del processo di innovazione è il risultato di una semplificazione concettuale che considera separabili le fasi della ricerca da quelle dello sviluppo, le capacità tecniche produttive dalle esigenze attuali e potenziali del mercato. Le più recenti evoluzioni degli studi propongono un approccio alternativo al processo di innovazione basato non solo sull’interazione di tutte le fasi che dall’ideazione conducono alla vendita nel mercato del prodotto, ma anche sull’attivo coinvolgimento dei vari soggetti che partecipano al processo innovativo.

Si tratta di un modello di gestione dell’innovazione non semplicemente reattivo ma creativo che consente all’impresa di costruire continuamente il proprio vantaggio competitivo.

Date queste premesse, è intuitivo comprendere come il valore dell’impresa dipende dal vantaggio competitivo in atto e dalla capacità di mantenerlo nel tempo. Nei mercati

(5)

caratterizzati da elevato progresso tecnico e/o rapidi cambiamenti dei modelli di consumo il valore dell’impresa può essere mantenuto e accresciuto solo attraverso l’introduzione di idonee innovazioni di processo e di prodotto.

2.1 Le innovazioni di processo e di prodotto

In alcuni importanti settori industriali le principali tendenze evolutive del mercato e dell’ambiente alle quali l’impresa è esposta sono date dalle innovazioni tecniche relative ai processi di produzione, mentre i tipi di prodotto restano sostanzialmente invariati. Ciò accade, per esempio, nei settori della produzione industriale: acciaio, carta, prodotti petroliferi, macchinari industriali.

In altri settori l’innovazione di processo si accompagna anche all’innovazione dei prodotti, come nei settori dei computer, delle attrezzature radio e video, degli elettrodomestici.

Gli effetti dell’innovazione tecnologica sull’economia dell’impresa sono rilevanti; essi si manifestano principalmente nella riduzione della quantità di lavoro per unità di prodotto, cioè nell’aumento della produttività del lavoro, nella riduzione della quantità di energia, di materie prime, materiali e servizi, per unità di prodotto, nei processi produttivi.

Ma col passare del tempo altre imprese rinnoveranno i loro impianti o entreranno sul mercato con impianti via via più efficienti, determinando la progressiva contrazione del flusso reddituale netto della nostra impresa.

L’impresa con l’impianto più recente otterrà un più alto margine lordo per unità di prodotto, ma tale margine si ridurrà mano a mano che diventeranno disponibili nuove tecniche e nuovi impianti dato che, in condizioni di concorrenza, il prezzo di vendita del prodotto seguirà la tendenza dei costi delle tecniche migliori.

Giungerà il momento nel quale anche la nuova struttura impiantistica non offrirà più vantaggi di sorta e dovrà essere modificata o sostituita. Precisamente, il cambiamento della struttura tecnica non può essere protratto oltre la data alla quale il flusso reddituale da positivo diventa negativo, cioè oltre l’epoca alla quale il prezzo del prodotto, decrescendo, diventerà inferiore ai costi operativi unitari.

(6)

L’impresa potrà avere convenienza ad anticipare il cambiamento della struttura impiantistica solo se la nuova configurazione è in grado di generare flussi di redditi lordi tali da compensare anche le perdite di un anticipato troncamento dell’investimento preesistente.

In riferimento alle innovazioni di prodotto, le condizioni di convenienza economica dipendono dalla dinamica delle vendite del nuovo prodotto, dalla vita economica dello stesso e dalle politiche di prezzo.

In molti settori le tendenze evolutive più rilevanti dell’ambiente sono rappresentate dalle innovazioni di prodotto, indotte dal progresso tecnico e dal cambiamento dei gusti dei consumatori. In alcuni casi esse accompagnano anche significative innovazioni dei processi produttivi, come nei settori a tecnologia avanzata (information technology, software, farmaceutico, microprocessori). In altri casi le innovazioni di processo sono, invece, meno significative o quasi trascurabili; si pensi ai settori dell’abbigliamento, delle calzature, dei prodotti in pelle e cuoio.

Le innovazioni di prodotto possono essere d’intensità diversa, manifestandosi come nuovi tipi o modelli di un prodotto base (nuovi modelli di automobile o aggiornamenti di prodotti software) o come prodotti radicalmente nuovi (nuovi principi attivi nel settore farmaceutico, nuovi aerei, nuovi prodotti elettronici).

In entrambi i casi i nuovi prodotti rappresentano la linfa vitale delle imprese e sono pertanto indispensabili per la sopravvivenza delle stesse nel lungo termine; ma lanciare nuovi prodotti è un’attività rischiosa con una percentuale media di fallimento del 40% tra i prodotti di consumo e industriali4.

Secondo alcune ricerche di mercato occorrono circa 3000 idee prima di giungere a un prodotto nuovo e di successo. Per questi motivi, il processo di innovazione viene spesso raffigurato come un imbuto, nel quale entrano molte idee di potenziali nuovi prodotti, ma di queste solo pochissime riescono a superare tutte le fasi del processo di sviluppo e a raggiungere l’altra estremità.

(7)

Ne deriva che la convinzione che l’innovazione sia un processo spontaneo e non strutturato, non governato da regole e sciolto da vincoli della pianificazione è sbagliata. L’impresa che non vuole perdere crescenti quote di mercato a vantaggio dei rivali innovatori ed esporsi ad un inarrestabile deterioramento del valore dovrà pianificare il cambiamento delle produzioni. Già al momento del lancio di un nuovo tipo o prodotto dovranno essere tracciate nuove vie di ricerca per preparare un’altra generazione di prodotti da introdurre sul mercato, quando quelli ora lanciati mostreranno i primi cedimenti nelle loro posizioni.

Per avere successo nel lungo periodo non sarà sufficiente proteggere il vantaggio competitivo acquisito, ma occorrerà ricostituirlo periodicamente attraverso l’innovazione sistematica dei prodotti.

Questo vale per le imprese che operano nei settori ad alto contenuto tecnologico, ossia per le imprese come Apple che ha rivoluzionato il mercato della musica con l’introduzione dell’I-Pod o la Nokia che destina circa 4 miliardi di euro in ricerca su un fatturato di 34 e lancia ogni anno nuovi prodotti e modelli. Ma questa strategia è adottata anche dalle imprese che operano nel settore del largo consumo come l’Oreal che introduce sistematicamente ogni anno decine di nuovi prodotti e modelli.

Affinché la strategia di innovazione crei valore, occorrerà che l’investimento nel nuovo prodotto generi flussi reddituali adeguati alla ricostituzione del capitale investito e alla sua remunerazione nel periodo di tempo di vita utile del prodotto stesso.

In proposito, la letteratura economico-tecnica ha da tempo evidenziato che le vendite dei nuovi prodotti presentano un andamento nel tempo caratterizzato da quatto fasi distinte: introduzione, sviluppo, maturità, declino.

300 idee sottoposte a valutazione 125 piccoli progetti sperimental i 2 prodotti lanciati nel mercato 3000 nuove

idee allo stato

embrionale 1 nuovo

prodotto di successo 4 progetti di

(8)

La fase di lancio o introduzione è in genere caratterizzata da un limitato volume delle vendite, soprattutto a causa delle resistenze opposte dai consumatori all’accettazione del nuovo prodotto, oltre alla difficoltà di organizzare la distribuzione fisica dello stesso in breve tempo.

Se il prodotto incontra le preferenze dei consumatori, si ha un periodo di rapida crescita del volume delle vendite, fase di sviluppo, dovuta all’attivazione di più ampi gruppi di consumatori (imitatori), per effetto degli stimoli sociali che questi ricevono dagli acquirenti pionieri con i quali sono in contatto socio-economico. A loro volta questi nuovi consumatori stimolano altri compratori, dando origine ad una reazione a catena che determina la rapida espansione delle vendite5. Raggiunta una certa diffusione, le

vendite del prodotto crescono sempre più lentamente fino a raggiungere un tetto di saturazione (fase di maturità). Le vendite tendono, infine, a stabilizzarsi su questo livello fino a che l’introduzione di nuovi prodotti più efficienti e meglio rispondenti alle esigenze dei consumatori, lanciati sul mercato in concorrenza con quelli maturi, provoca la riduzione progressiva delle stesse (fase di declino).

Se il prodotto è oggetto di imitazione da parte dei concorrenti o di nuove imprese, la fase di maturità ed il connesso declino a zero saranno accelerati e si abbasserà il tetto relativo a condizioni stazionarie.

Se il nuovo prodotto è “atteso”, in quanto diretto a soddisfare sentite e diffuse esigenze individuali e sociali non efficacemente risolte con l’uso dei prodotti esistenti, la durata della fase di lancio sarà breve e sarà anticipata la fase di espansione. La durata delle fasi di maturità e di declino delle vendite dipendono, invece, dalla pressione competitiva esistente nel settore, cioè dal tasso di rinnovo dei prodotti che lo caratterizza, oltre che dagli ostacoli che rallentano la diffusione delle ulteriori novità.

Nelle condizioni analizzate, l’impresa potrà mantenere la sua posizione di leader solo se sarà capace di realizzare obiettivi di sviluppo non inferiori a quelli perseguiti e raggiunti dalle imprese rivali. Un rallentamento dell’attività di ricerca ed una progressiva diminuzione del flusso delle innovazioni favorirà l’azione offensiva dei rivali effettivi e

5 L’espansione delle vendite di un nuovo prodotto può assumere valori molto alti. Per esempio i lettori

DVD la cui domanda è passata da pochi milioni di unità nel 1997 a circa 7 milioni nel 1999 e ad oltre 20 milioni nel 2001.

(9)

di quelli potenziali, determinando il cedimento della quota di mercato e la sua acquisizione da parte dei rivali più dinamici.

D’altra parte, alla leader non converrà neppure accelerare oltre misura il rinnovo dei propri prodotti, determinandone un precoce invecchiamento e quindi impedendo un adeguato recupero dell’investimento ed il pieno sfruttamento delle opportunità di reddito.

In ogni caso l’impresa dovrà essere in grado di sostenere almeno un livello di R&S sufficiente a mantenere il passo col cambiamento tecnologico e permetterle di introdurre i nuovi modelli quando essa è forzata dalla concorrenza. Questo minimo livello “difensivo” di R&S indica un valore assoluto di spesa considerato come soglia, diverso da settore a settore, sotto il quale sarà normalmente impossibile sviluppare nuovi prodotti nei tempi richiesti dal mercato. Si pensi al rapido ciclo di vita dei prodotti nel settore dei personal computer, del software dove il progresso tecnico induce cambiamenti dei prodotti ogni due, tre anni.

2.2 La politica dei prezzi

Nelle situazioni considerate assume un’importanza centrale la politica dei prezzi: essa può, infatti, favorire o ritardare i processi di sviluppo e di declino delle vendite.

Le politiche di prezzo adottabili sono comprese tra due estremi: la politica di scrematura del mercato e la politica di penetrazione. La prima consiste nell’adozione di prezzi inizialmente molto elevati e soggetti a graduale riduzione; la seconda è caratterizzata da bassi prezzi iniziali o comunque da prezzi rapidamente decrescenti fino a raggiungere il volume delle vendite obiettivo. La convenienza dell’una o dell’altra alternativa dipende essenzialmente dall’elasticità della domanda del nuovo prodotto rispetto al prezzo. È preferibile la politica di penetrazione quando la velocità di espansione delle vendite può essere sensibilmente aumentata tramite riduzioni del prezzo, mentre è conveniente adottare una politica di scrematura del mercato allorché l’espansione delle vendite è maggiormente legata all’organizzazione del mercato e agli altri aspetti del processo di diffusione del nuovo prodotto.

L’opportunità della politica di scrematura si impone con evidenza tanto maggiore quanto più il nuovo prodotto realizzato è destinato ad inaugurare una lunga catena di

(10)

tipi della stessa specie e destinati a vari mercati. È allora pressoché impossibile per l’impresa innovatrice mantenere una posizione di monopolio, evitando in maniera totale qualsiasi imitazione anche da parte di rivali potenziali. Quindi il problema fondamentale dell’impresa innovativa e leader che ha lanciato il prodotto, non potendo consistere nell’esclusione totale dei rivali, sta tutto nell’adozione di una strategia che valga a mantenere gli ingressi sotto controllo, così che resti preservata la sua posizione di leader anche e soprattutto rispetto alla formazione dei prezzi.

La politica di penetrazione, invece, è conveniente quando il nuovo prodotto non consente di ottenere un premio significativo sui prodotti concorrenti, oppure quando la domanda presenta, nella fase di introduzione e di sviluppo, un’elevata elasticità rispetto al prezzo e la dimensione degli impianti, che la tecnologia rende necessario installare, è fin dall’inizio così ampia da imporre la rapida attivazione di tutto il mercato potenziale.

2.3 Ricerca & Sviluppo

Nei settori dove le tendenze evolutive si esprimono prevalentemente nel cambiamento dei modelli e tipi di prodotto, l’impresa che vorrà mantenere o accrescere le posizioni di vantaggio competitivo dovrà programmare l’innovazione sistematica dei modelli e tipi di prodotto, attraverso l’organizzazione di specifiche attività di R&S, il cambiamento delle strutture produttive specifiche e il lancio sul mercato degli stessi.

Le attività di R&S sono, in particolare, attività attraverso le quali si studia e si sperimenta la realizzabilità tecnica di nuovi prodotti e processi produttivi e si traducono in una forma standardizzata e organizzata che ne consente la realizzazione industriale a basso costo e qualità costante. Queste attività, ordinate in sequenza, identificano il ciclo di sviluppo dell’innovazione, il quale risulta diverso da progetto a progetto.

L’elemento comune caratterizzante le attività di R&S è l’incertezza relativa sia all’output (caratteristiche), sia ai tempi di realizzazione dello stesso, sia alle quantità di risorse (input) necessarie. L’incertezza può riguardare sia le caratteristiche tecniche del progetto (incertezza tecnica o interna) sia il valore commerciale del nuovo prodotto, in rapporto al grado di accettazione da parte del mercato (incertezza commerciale o esterna).

(11)

Il processo innovativo può, pertanto, essere considerato come un complesso di attività, alcune dirette a risolvere problemi e ad eliminare l’incertezza relativa al progetto, altre di engineering routine, cioè dirette alla predisposizione dei progetti, alla realizzazione dei prototipi e alla preparazione delle attrezzature. (vedi Tabella 1).

Stadi del processo innovativo

Attività dirette alla risoluzione delle

incertezze

Attività di engineering routine

STADIO 1.

Definizione dei requisiti del progetto e delle specifiche di base

Output: specifiche di base del progetto

Studi, esperienze, consulenze di esperti, coordinamento con staff di marketing

Redazione dei progetti; verifica di conformità agli standard e di compatibilità con altri prodotti, ecc.

STADIO 2.

Progettazione del prototipo o dell’impianto pilota; costruzione; collegamenti e test vari Output: prototipo o impianto pilota Analisi, costruzione di modelli, soluzione di problemi tecnologici, test su materiali e modelli o su prototipi Realizzazione di disegni ed elaborati tecnici relativi ai prototipi e agli impianti pilota e ai loro componenti

STADIO 3.

Messa a punto delle attrezzature; valutazione dei mercati; pianificazione della produzione

Output: nuovo prodotto

Studi per la valutazione del mercato; analisi delle alternative

d’impianto; test di mercato sui prodotti, ecc.

Preparazione dei disegni dettagliati per le attrezzature necessarie per

l’organizzazione della produzione; scelta dei componenti del prodotto da reperire all’esterno, ecc.

STADIO 4. Costruzione ed

installazione dei mezzi di produzione; avviamento della produzione

Addestramento del personale; messa a punto degli impianti e delle procedure di produzione; definizione delle specifiche per i semilavorati e per gli acquisti in genere

(12)

Mentre nella fase iniziale il progetto presenta un’elevata variabilità dei risultati, a causa dell’alta incertezza tecnica e commerciale, via via che esso procede nello sviluppo, fino all’arrivo della messa in produzione, presenta una variabilità dei risultati che tende a ridursi progressivamente.

Per quanto riguarda il tempo richiesto per completare il ciclo innovativo, esso è naturalmente diverso da prodotto a prodotto, in relazione alle fasi che compongono il ciclo stesso. In genere, esso risulta particolarmente elevato per lo stadio di realizzazione dei prototipi e degli impianti pilota e per lo stadio di messa a punto della produzione e la costruzione delle capacità produttive.

La complessità delle attività di R&S, i tempi di svolgimento e l’incertezza del risultato dipendono dalla tecnologia relativa al nuovo prodotto e dall’intensità dell’innovazione ricercata.

Le innovazioni dei modelli e dei tipi di prodotto presentano, in genere, bassi livelli di incertezza sia nei risultati attesi, sia nei tempi di realizzazione e richiedono limitati investimenti di capitale. Si tratta di innovazioni incrementali, considerate dalle imprese come necessarie per tenere il passo con i concorrenti, per “aggiornare” l’offerta alle esigenze e ai cambiamenti del mercato o per ridurre i costi di produzione. Si concretizzano in nuovi tipi e modelli che realizzano miglioramenti più o meno significativi dei prodotti esistenti, in nuovi prodotti ottenuti attraverso una stessa tecnologia di base con destinazioni affini e appartenenti ad una stessa famiglia o specie di prodotti. Queste innovazioni sono il frutto sia dell’attività operativa, di produzione e di marketing, sia dell’attività programmata di R&S.

Le innovazioni radicali dei prodotti e dei processi sono invece quei cambiamenti che comportano discontinuità con il patrimonio tecnologico e con i mercati già noti, tali da provocare effetti sostitutivi, anche dirompenti, rispetto ai prodotti e alle tecnologie esistenti. Esse presentano un più alto grado d’incertezza sia nei risultati tecnici e nei possibili esiti di mercato, sia nei tempi di realizzazione e richiedono elevati investimenti sia nella attività di R&S che nelle nuove strutture produttive. Esse si concretizzano in nuovi prodotti o specialità precedentemente non conosciute, che soddisfano bisogni latenti o risolvono in modo radicale esigenze prima insoddisfatte.

Per svolgere le attività di R&S in modo sistematico occorrono strutture più o meno complesse, sufficientemente autonome, ma opportunamente collegate alle attività

(13)

operative di impresa. Esse rappresentano, nell’insieme, il sistema di sviluppo dell’innovazione e sistema di sviluppo tecnologico come vero e proprio sotto-sistema aziendale, specializzato per la produzione sistematica d’innovazioni attraverso l’utilizzo di risorse dedicate allo scopo.

Progettare il sistema di sviluppo dell’innovazione significa definire le caratteristiche rilevanti del sistema:

 Dimensione;

 Grado di flessibilità;

 Grado di integrazione verticale.

Per quanto riguarda la dimensione, essa è rappresentata dall’entità delle risorse impiegate: numero di addetti alle attività di R&S e capitale investito.

Per quanto riguarda la flessibilità del sistema, essa è espressa dalla varietà e dalla rapidità dei progetti innovativi che il sistema dovrà sviluppare; ciò influenza le caratteristiche qualitative del personale e il grado di specializzazione delle macchine e delle strumentazioni di R&S. Si tratta di una caratteristica spesso fondamentale per la sopravvivenza ed il successo dell’impresa, poiché i cambiamenti tecnologici possono essere improvvisi ed inattesi e l’impresa deve essere in grado di rispondere tempestivamente ai cambiamenti delle preferenze dei consumatori e delle politiche di mercato dei concorrenti.

Infine per quanto riguarda il grado di integrazione del ciclo innovativo, esso indica il livello di partecipazione dell’impresa alla produzione di innovazioni, attraverso strutture di R&S direttamente gestite. Esso può essere misurato dal rapporto fra il costo dei servizi di R&S acquistati dall’esterno e il totale dei costi delle attività di R&S sostenuti dall’impresa, nel periodo considerato. Quanto maggiore risulterà tale rapporto, tanto minore sarà il grado di integrazione.

In relazione al grado di integrazione delle varie fasi del ciclo innovativo, il sistema d’innovazione nell’impresa può assumere differenti configurazioni.

Una tipologia è quella in cui il sistema di sviluppo dell’innovazione si articola in un complesso di attività organizzate internamente all’impresa, secondo uno schema lineare, con una sequenza ordinata di operazioni, dove l’output di ciascuna fase costituisce l’input di quella successiva, fino alla realizzazione dell’innovazione. L’intero ciclo è

(14)

svolto prevalentemente all’interno dell’impresa, dove viene effettuata sia la ricerca applicata, sia lo sviluppo, con l’intervento di specialisti di diverse aree disciplinari. Un modello organizzativo differente è quello che prevede la messa in parallelo di alcune fasi dello sviluppo del prodotto; mentre alcune fasi, in genere quelle iniziali di pre-studio e fattibilità, vengono svolte in sequenza, le altre vengono realizzate in parziale sovrapposizione. Questa sovrapposizione comporta il vantaggio di una riduzione dei lead time complessivi di sviluppo, ma aumenta l’incertezza dei risultati, rendendo più forte l’interdipendenza fra le diverse fasi6.

Un’impresa ha convenienza a perseguire una politica di ricerca e sviluppo interna (in house), quando ritiene di avere già accumulato nel suo patrimonio le risorse, le capacità e le competenze che le occorrono, in modo da non esporsi a forme di dipendenza e non rendere vulnerabile l’azienda.

I vantaggi che derivano alle imprese dallo svolgimento diretto delle attività di R&S sono:

- Migliore comprensione della ricerca e dei processi innovativi; oltre ad innescare propri progetti di innovazione tecnologica e poter contare su un serbatoio di ricercatori, la ricerca in house è indispensabile per poter capire la ricerca svolta da altri, sia che si tratti di altre imprese che di università o di centri di ricerca.

- Sfruttamento delle ricadute; l’attività di R&S interna, oltre a fornire risultati visibili sotto forma di nuovi prodotti o procedimenti produttivi, è importante ai fini dello sfruttamento di ricadute in precedenza non facilmente individuabili, di natura tacita. - Protezione da comportamenti opportunistici; un progetto di ricerca spesso

costituisce il punto di partenza di ricerche successive, pertanto ogni impresa che aderisce ad un accordo è vulnerabile al comportamento opportunistico di un’altra impresa.

- Difficoltà di trasferimento; le difficoltà pratiche di trasferire competenze tecnologiche e manageriali dall’esterno all’interno delle imprese, giocano a favore del rafforzamento del ruolo di attività di R&S in house.

- Imperfezione dei mercati delle risorse di conoscenza; sebbene in determinati casi possano esistere dei mercati efficienti per lo scambio di tecnologie, quanto maggiore è

(15)

la natura tacita della conoscenza, tanto meno è probabile che le risorse di tecnologia possano essere acquisite attraverso l’uso del mercato.

2.4 Collaborazione tra imprese

In alcuni casi è conveniente per l’impresa scorporare l’attività di R&S e farne oggetto dell’attività distinta e specialistica di una nuova impresa, controllata. Si tratta di una particolare forma di organizzazione delle attività di R&S che consiste nel favorire la creazione di nuove imprese specializzate (spin-off), con l’inserimento di figure professionali ad alto livello di qualificazione, a cui viene delegata l’attività di R&S di nuovi progetti che presentano minore rilevanza strategica e poca affinità con il core business dell’azienda, ma che sono comunque di interesse di quest’ultima.

Il trasferimento all’esterno di tale fase o processo produttivo può permettere di aumentare il livello di produzione e di spostare in avanti la frontiera di efficienza.

Esistono poi dei casi in cui le risorse e le competenze rilevanti per la generazione e lo sfruttamento commerciale di nuove idee di prodotto o di nuove soluzioni nei processi produttivi sono presenti solo in parte all’interno dell’impresa. In questi casi la collaborazione con altre imprese può essere uno straordinario strumento per estendere la gamma di conoscenze alle quali l’impresa può accedere per ottenere miglior accesso ai mercati.

Inoltre, grazie alle collaborazioni, l’impresa può condividere almeno una parte dei costi delle attività di R&S. Ciò è di particolare importanza nei settori dove il cambiamento delle tecnologie è molto rapido e richiede sia consistenti risorse finanziarie, sia elevate capacità tecniche che una sola impresa non sempre possiede o non ha convenienza a mettere in campo.

La collaborazione con altre imprese per lo svolgimento di attività di R&S può assumere la forma di accordi temporanei e limitati a particolari progetti o di vere e proprie alleanze, cioè di accordi estesi e di lungo termine.

È possibile classificare gli accordi e le alleanze nei tipi seguenti7:

7 Sobrero M. e Boccardelli P. “Innovazione tecnologica e vantaggio competitivo: analisi e gestione

strategica degli investimenti in R&S”, in F.F. Fontana, M. Caroli, Economia e gestione delle imprese, McGraw-Hill, Milano. 2003

(16)

 Accordi di R&S: le imprese combinano le risorse in progetti di R&S;

 Accordi di trasferimento tecnologico bilaterale o unilaterale: ad esempio scambio o cessione di licenze (licensing);

 Accordi cliente/fornitore: si tratta di collaborazioni regolate da contratto per lo sviluppo di un nuovo prodotto o di un processo di produzione;

 Investimento di capitale di rischio: si tratta di acquisto o scambio di partecipazioni azionarie di minoranza;

 Costituzione di joint venture: le imprese protagoniste dell’alleanza optano per combinare le proprie risorse in un’impresa autonoma.

Il licensing è molto adatto nei settori high-tech. È un tipo di collaborazione con basso grado di integrazione delle risorse. Stipulando un contratto di licensing, l’impresa ottiene da un’altra organizzazione il diritto di sfruttamento di tecnologie ready-to-use, in cambio del pagamento di una royalty. In sostanza l’acquirente (licenziatario o licensee) acquista da un’altra impresa (licenziante o licensor) i diritti su una proprietà intellettuale a fronte di un pagamento di una somma di denaro, in proporzione ai profitti conseguiti attraverso l’uso della proprietà intellettuale o in proporzione alle vendite. Per il licenziante è un mezzo per estendere l’uso della proprietà intellettuale senza investire capitali nella commercializzazione del nuovo prodotto, mantenendo al tempo stesso il controllo sul prodotto; corre però il rischio che il licenziatario acquisisca conoscenze tali da trasformarsi in concorrente quando il contratto giungerà a scadenza.

Per il licenziatario l’acquisto di una licenza presenta diversi vantaggi:

- Permette di entrare in un nuovo business, correndo rischi modesti, e limitando gli investimenti necessari

- Consente di entrare in un nuovo mercato più rapidamente, con modesti costi di gestione e sottraendo al management minor tempo e minori energie.

Per quanto riguarda le joint venture, si tratta di un particolare tipo di alleanza strategica nella quale due o più imprese, interessate alla realizzazione di uno stesso progetto, forniscono capitale e le risorse utili alla realizzazione del progetto stesso ad una nuova organizzazione indipendente, controllandone la gestione. Vi è un coinvolgimento congiunto dei partner nel controllo giuridico e formale dell’iniziativa di collaborazione,

(17)

attraverso la creazione di una società terza, distinta dai partner, nella quale gli stesse detengono una quota del capitale. Questo nuovo soggetto giuridico ha come obiettivo specifico l’oggetto stesso della collaborazione, che può quindi essere la realizzazione di un progetto, lo sviluppo di un particolare prodotto o ancora la commercializzazione di una tecnologia in un’area geografica definita.

Spesso le joint venture vedono coinvolte due entità, una di piccole dimensioni, ma con risorse tecnologiche particolarmente innovative e una di più grandi dimensioni, con una forte posizione di mercato e le competenze e le risorse necessarie per impostare un piano commerciale per il lancio della nuova tecnologia.

La joint venture offre diversi vantaggi di ordine economico e organizzativo:

• Integra le risorse e le capacità distintive dei partner

• Consente ad un’impresa di inserirsi rapidamente in un nuovo business, mediante l’accordo con un’impresa che già vi opera

• Rispetto allo sviluppo per linee interne, permette di entrare in nuovi business in minor tempo.

Gestire una joint venture è tecnicamente difficile. Le occasioni di conflitto tra i partner sono numerose e, nella fase iniziale, emergono frequentemente disparità di vedute circa il piano di investimenti e le tecniche di valutazione dei risultati.

Di particolare rilievo sono, in alcuni settori, le acquisizioni educative. Con questa espressione si indica un insieme di operazioni che si sono sviluppate negli ultimi anni come modalità di accesso privilegiato da parte di imprese di medie o grandi dimensioni al patrimonio di idee e tecnologie di imprese di piccola dimensione o di recente costituzione. L’obiettivo è la costruzione di un legame strategico attraverso l’acquisizione di una quota di minoranza, con eventuale opzione per aumentare la stessa in momenti successivi. In genere, la ricerca di piccole realtà dinamiche e innovative è motivata dalle difficoltà incontrate da organizzazioni di maggiori dimensioni, costrette ad agire in una prospettiva di consolidamento del business e di gestione delle attività attraverso procedure rigide, che agiscono da freno all’introduzione di idee nuove. Soprattutto nel caso di cambiamenti radicali nello scenario competitivo è spesso difficile procedere a un turnaround delle proprie risorse interne in tempi rapidi. Le ragioni possono essere varie: i limiti oggettivi nella dotazione delle risorse, la necessità

(18)

di portare avanti progetti già avviati, la valutazione di opportunità riguardo alla composizione del portafoglio complessivo di investimenti in nuovi progetti. Le acquisizioni educative sono un’alternativa strategica perseguibile in tempi rapidi, con un investimento contenuto e un ampio ventaglio di potenzialità, a patto di considerare le differenze organizzative e culturali tra gli attori coinvolti.

Oltre a queste tipologie di collaborazione analizzate, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento delle imprese che hanno fatto ricorso all’outsourcing in quanto garantisce alle imprese vantaggi in termini di rapidità di applicazione delle innovazioni, condivisione degli investimenti e quindi frazionamento dei rischi, elasticità dei costi e disponibilità di risorse finanziarie da destinare allo sviluppo del core business.

L’outsourcing può essere definito come quella “particolare modalità di esternalizzazione che ha per oggetto l’enucleazione di intere aree di attività, strategiche e non, e che si fonda sulla costituzione di partnership tra l’azienda che esterna lizza e un’azienda già presente sul mercato in qualità di specialista”.8

L’outsourcing si differenzia dalle altre forme di esternalizzazione in quanto presuppone una relazione committente-fornitore molto più vincolante rispetto ad altri tipi di accordi tra imprese che, a differenza di un normale contratto di fornitura, prevede un coinvolgimento strategico del fornitore nei piani di sviluppo del cliente9.

Le motivazioni alla base dell’outsourcing sono sia di ordine economico che di ordine strategico. Inizialmente, negli anni ’60, le scelte di esternalizzazione sono state assunte esclusivamente sulla base di convenienze economiche: l’impresa ricorreva a fornitori esterni di nicchia solo quando valutava che una determinata attività/funzione poteva essere acquisita all’esterno ad un prezzo inferiore del costo di produzione interno. In tale fase (durata fino agli anni ’90), l’applicazione di strategie di outsourcing ha riguardato soprattutto attività marginali e funzioni aziendali ritenute secondarie, strategicamente non critiche, perché lontane dal core business e non legate strettamente alla gestione del prodotto (tipicamente amministrative, quali servizi di contabilità, elaborazione dati, sviluppo dei sistemi informativi).

8 Arcari A. “L’outsourcing: una possibile modalità di organizzazione delle attività di servizi” in

Economia & Management n.4. 1996; Ricciardi A. “L’outsourcing strategico. Modalità operative, tecniche

di controllo ed effetti sugli equilibri di gestione” Franco Angeli, Milano. 2000

(19)

Successivamente, le attività esternalizzate si sono progressivamente estese ad altri settori (logistica, marketing, servizi amministrativi, gestione del patrimonio immobiliare, finanza, gestione risorse umane) e le motivazioni che hanno spinto le aziende a decentrare anche attività non commodity sono state di ordine strategico.

La decisione se realizzare o meno una strategia di outsourcing deve essere supportata preventivamente dall’analisi dei potenziali vantaggi e dei possibili rischi, senza trascurare lo studio delle implicazioni gestionali ed organizzative che la scelta comporta. Occorre considerare, in primo luogo, gli obiettivi che sono alla base di questa scelta. Per evitare di ottenere risultati insoddisfacenti, è necessario che le ragioni strategiche prevalgano su obiettivi di breve termine10.

In linea generale, i vantaggi conseguibili nell’ambito di una strategia di outsourcing risultano essere di tipo:

 Tecnologico: il vantaggio dell’outsourcee attiene allo sfruttamento degli investimenti, delle innovazioni e delle specializzazioni dei partner, impossibili da riprodurre internamente; per le PMI che generalmente non dispongono di funzioni di R&S e quindi, non possono garantire in modo sistematizzato iniziative d’innovazione di processo e/o prodotto, l’outsourcing favorisce processi di crescita della competenza interna, tramite l’accesso selettivo e controllato a nuove informazioni che non provengono dal mercato ma sono codificate dal rapporto di alleanza e quindi rese più facilmente assimilabili.

 Organizzativo: per focalizzare le risorse sul core business e per diminuire l’eccessiva rigidità della struttura. L’affidamento di interi processi a fornitori specializzati permette, da un lato, di liberare risorse tecniche, umane e finanziarie da impiegare in attività che possono contribuire a consolidare e sviluppare il vantaggio competitivo dell’impresa attraverso il potenziamento delle sue core competence; dall’altro lato, di incrementare il rendimento delle risorse interne, a seguito della

10 Ogni volta che le motivazioni operative prevalgono su quelle strategiche, le probabilità di ottenere

insuccessi aumentano sensibilmente poiché non vengono valutati con ponderazione i costi, i rischi e le implicazioni organizzative che l’operazione comporta. Ad esempio, utilizzare l’outsourcing mediante il trasferimento di attività per risolvere temporanee crisi finanziarie (e non per realizzare nuovi investimenti), se da un lato permette di conseguire risultati di breve termine (la situazione di liquidità migliora), dall’altro non garantisce nel medio-lungo periodo il raggiungimento di soddisfacenti risultati economici.

(20)

concentrazione degli investimenti nelle aree in cui l’azienda detiene competenze distintive e contemporaneamente di recuperare efficienza nei processi meno critici per la gestione, sullo sviluppo dei quali l’azienda non può o non intende investire le proprie risorse;

 Finanziario, per il recupero di risorse finanziarie liberate grazie alla dismissione di investimenti: la cessione all’esterno di determinate attività, libera risorse per impieghi alternativi, determina la riduzione del fabbisogno finanziario e corrispondentemente favorisce il ridimensionamento degli oneri relativi all’acquisizione delle fonti di finanziamento11. Inoltre, rende l’impresa più flessibile rispetto ai mutamenti del

mercato, riducendo in tal modo il rischio di creare elevate barriere all’uscita in caso di crisi o cessazione dell’attività stessa.

 Economico, per beneficiare sia della riduzione dei costi operativi grazie alle economie di scala conseguibili dall’outsourcer sia della trasformazione della struttura dei costi. Le economie di scala, che permettono la diminuzione dei costi medi unitari in corrispondenza di aumenti della capacità produttiva, sono ottenute dall’outsourcer in quanto aggregando ordinativi di più clienti non solo beneficia di un maggiore potere contrattuale nei confronti dei fornitori ma può impiegare una capacità produttiva maggiore rispetto a quella necessaria all’azienda cliente se producesse l’attività internamente. Inoltre, la cessione di attività e la possibilità di stipulare con i fornitori contratti che prevedono compensi basati sul volume delle prestazioni premette all’outsourcee di beneficiare di una trasformazione della propria struttura dei costi. In particolare, con la cessione dell’attività a partner specializzati si riducono i corrispondenti costi fissi relativi al personale, agli ammortamenti, alle spese amministrative e commerciali, per cui la struttura dei costi si presenta più flessibile, con riflessi positivi sul rischio operativo della combinazione produttiva e sul valore dell’impresa. Grazie all’aumento del valore dell’impresa per effetto della riduzione del rischio operativo, l’azienda riuscirà ad attrarre capitali dal mercato a condizioni più vantaggiose, che a loro volta saranno investiti nelle attività legate al core business per rafforzare ulteriormente il suo vantaggio competitivo.

11 Ricciardi A. “La disciplina dei conferimenti e delle forme di finanziamento nelle società di capitali” in

(21)

Il ricorso all’outsourcing come scelta strategica deve tuttavia tenere conto anche dei rischi sottesi all’operazione.

I rischi legati a iniziative di esternalizzazione sono di ordine economico, strategico e operativo.

I rischi di ordine economico sono legati alla difficile quantificazione dei costi, soprattutto quelli di transazione connessi alla ricerca e selezione dei partner, al coordinamento dei diversi contributi al processo produttivo, al controllo delle prestazioni per fronteggiare i rischi tipici di una scelta di outsourcing: qualità delle prestazioni al di sotto dei livelli programmati, violazione di segreti industriali, crescita imprevista della domanda, instabilità economico-finanziaria del fornitore, riluttanza del fornitore ad investire in nuove tecnologie.

Una delle cause principali della difficile quantificazione dei costi dipende dalle asimmetrie informative che si generano tra fornitore e cliente, soprattutto quando i fornitori sono gli unici ad avere accesso alle informazioni e ai dati del mercato e sono restii a comunicarli all’acquirente. Per ridurre questo rischio sarebbe opportuno stipulare contratti di durata media più breve ed inoltre predisporre un’apposita struttura composta dai manager di entrambe le aziende contraenti, con il compito non solo di monitorare i risultati conseguiti e valutarli in base agli obiettivi prefissati ma anche di prevenire e risolvere eventuali cause di conflittualità tra le due organizzazioni.

I rischi di ordine strategico riguardano la perdita del controllo e del coordinamento dell’attività ceduta all’esterno. Dal punto di vista produttivo, la cessione all’esterno di attività può comportare la perdita di sinergie tra processi aziendali: quante più risorse di impresa sono impiegate direttamente e congiuntamente per la produzione di uno stesso componente o di uno stesso servizio, tanto più aumenta non solo l’efficienza ma anche la possibilità di interazione tra individui con competenze diversificate. Con l’outsourcing questo processo di interazione può essere ridimensionato se non addirittura annullato. Il decentramento di una specifica area di attività, infatti, comporta inevitabilmente una perdita di know-how difficilmente recuperabile soprattutto quando quel processo è interessato da intense innovazioni tecnologiche. Le conseguenze potenziali della perdita di controllo delle attività esternalizzate sono molteplici: riduzione dei livelli dei efficienza delle aree di gestione collegate all’attività ceduta all’esterno; aumento della competitività delle aziende concorrenti che hanno sviluppato

(22)

all’interno quella determinata attività. L’evidenza empirica mostra che le aziende che hanno deciso di affidare ad un’impresa esterna la progettazione e la gestione di un processo/un’attività mantengono il controllo sulle attività delegate, tipicamente attraverso una struttura dedicata per le comunicazioni e l’affidamento ad un team interno della gestione dei rapporti con l’outsourcer.

I rischi di ordine operativo riguardano fondamentalmente le relazioni con i partner, nei confronti dei quali si può originare una dipendenza eccessiva o subire comportamenti opportunistici e gli ostacoli da parte dei dipendenti.

Un’eccessiva dipendenza dall’outsourcer può rilevarsi estremamente rischiosa, soprattutto quando si ricorre ad un unico fornitore, per cui l’esito dell’operazione dipende prevalentemente dalla qualità delle competenze, della gestione, della tecnologia e della capacità di servizio di quest’ultimo, senza trascurare il fatto che le capacità del fornitore possono diminuire nel corso della durata del contratto e quelle dei concorrenti viceversa aumentare. Questa eccessiva dipendenza può determinare, tra l’altro, uno squilibrio della forza contrattuale a vantaggio del fornitore e indurre quest’ultimo a irrigidirsi nei confronti di richieste di deroghe di erogazione del servizio da parte del cliente. In tale ambito i rischi impliciti all’esternalizzazione sono:

- Rischi connessi ad aumenti improvvisi della domanda non soddisfatta dal fornitore (costi di flessibilità ossia di non adeguamento dell’outsourcer alle mutate condizioni del mercato e della domanda);

- Rischi legati alla riluttanza del fornitore ad investire in nuove tecnologie (che implica il rischio di perdita di competitività sul lungo termine);

- Rischio di conflitti tra cliente e fornitore in mancanza di una specifica forma di controllo del primo sul secondo. I conflitti, in questo caso, possono essere risolti se vengono predefinite norme di validità generale, controlli trasparenti dei risultati e se vengono predisposti canali di comunicazione chiari per facilitare l’effettivo flusso di informazioni;

- Rischi derivanti dalla bassa motivazione di un fornitore nello svolgere una certa attività (costi di coinvolgimento dell’outsourcer);

- Rischio che nel medio periodo il fornitore possa divenire un concorrente diretto.

(23)

Infine, uno dei problemi più critici dell’outsourcing è rappresentato dalle resistenze che l’operazione incontra a quasi tutti i livelli della struttura gerarchica aziendale oltre che dalle rappresentanze sindacali. Mentre a livello di top management si riscontra una consapevolezza abbastanza diffusa dei vantaggi dell’outsourcing, i responsabili di funzione percepiscono l’operazione come un atto di sfiducia da parte dell’alta direzione e come un rischio di perdita di potere all’interno dell’azienda e reagiscono molto spesso ostacolando il corretto svolgimento del rapporto con l’outsourcer.

In sintesi, da un punto di vista strategico le condizioni che rendono conveniente la collaborazione con altre imprese sono:

Presenza di economie di scala nelle attività di R&S; in molti settori la struttura dei costi legati alle attività di R&S evidenzia un aumento progressivo delle risorse necessarie per portare al successo commerciale una nuova idea.

Presenza di economie di “scope”: mentre i benefici derivanti da economie di scala si ottengono grazie alla focalizzazione sui volumi, le economie di scope si hanno quando è possibile incrementare i propri margini attraverso uno sfruttamento più differenziato delle proprie risorse. In tal caso i vantaggi della collaborazione derivano dalla possibilità di impostare strategie multi-prodotto e multi-mercato, grazie ad investimenti dedicati in una competenza tecnologica distintiva.

Ripartizione dei rischi: si riscontrano vantaggi dalla collaborazione anche in termini di riduzione dei rischi per la singola impresa; essi si realizzano attraverso la distribuzione del capitale investito in più progetti di innovazione;

Allargamento della base di risorse e competenze interne: le collaborazioni e le alleanze costituiscono in molti casi una modalità strategica per l’accesso a risorse immateriali quali know-how e competenze tecniche di cui l’impresa non dispone. La collaborazioni, infatti, consentono l’apertura di una “finestra tecnologica” all’impresa per l’accesso a mercati e business diversi da quelli attualmente presidiati.

La scelta del make or buy, cioè se condurre un’attività interna all’impresa oppure acquisirla all’esterno, in parte o nella totalità, ha effetti rilevanti sul sistema di sviluppo dell’innovazione. Da ciò l’importanza di una corretta progettazione e gestione del sistema di “produzione” delle innovazioni.

Riferimenti

Documenti correlati

In tutta generalit` a nella categoria degli spazi topologici puntati il gruppo fondamentale ` e definito operativamente come gruppo quoziente rispetto alla relazione di equivalenza

Eventualmente, però, si ottiene di nuovo l’integrale di partenza, e lo si può quindi trattare come l’incognita di un’equazione per trovare

Numero di postazioni fornite dagli Atenei 15.652. Numero di responsabili d’aula

Uno spazio che è collegato per segmenti ad un suo punto può essere retratto a quel punto, questo vale anche per sottoinsiemi di uno spazio; possiamo retrarre la componente stellata

I servizi di informazione real time sulla localizzazione degli autobus di linea Tper e dei treni sulla rete regionale FER, nati e funzionanti da anni come avvisi telefonici

interferenze e frequenze radiotelevisive materiale ed apparecchi telefonici telecomunicazioni in genere. traduttori e interpreti lingua –traduttori interpreti

Con una semplice configurazione, i dati dei tag confluiranno nella GCP offrendo agli utenti un facile accesso a tutti gli strumenti di salvataggio (Cloud Datastore, Cloud SQL,

In aziende rappresentative del comparto ortofrutticolo, per garantire il trasferimento e l’addestramento dei tecnici delle OP e di conseguenza degli operatori, verranno applicate