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Capitolo IV IL PRINCIPIO IFRS 13 “fair value measurement”

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Capitolo IV

IL PRINCIPIO IFRS 13 “fair value measurement”

1. IFRS 13: considerazioni di ordine generale

Nel maggio 2011 lo IASB ha emanato il principio internazionale IFRS 13 intitolato “fair value measurement”, le cui disposizioni sono state applicate ai bilanci a partire dal gennaio 2013. L'architettura del principio è molto simile a quella prevista dall’analogo standard nordamericano SFAS 157, fair value measurement, che il FASB ha emanato nel 2006. Lo SFAS 157 e IFRS 13 rappresentano il risultato di una convergenza a cui sono giunti lo standard setter nordamaricano e quello sovranazionale, coerentemente al protocollo di convergenza siglato nel 2002.1

La predisposizione di questo documento è il risultato di un complesso progetto che si prefiggeva di raccogliere in un unico principio tutte le norme trasversali applicabili al bilancio IFRS in materia di valutazioni al fair value.

Lo standard quindi non stabilisce nuovi campi applicativi del fair value ma chiarisce meglio come misurare tale valore nelle diverse circostanze, tenuto conto che fino all’emanazione del principio il fair value era contenuto in molti standard e oggetto di indicazioni diverse2. In sostanza è uno standard di secondo livello, che aiuta a determinare un parametro fondamentale, il fair value, impiegato nelle valutazioni da molti altri principi.

L’IFRS 13 definisce il concetto di fair value e ne fornisce un quadro concettuale

1 IASB e FASB decisero di avviare i lavori congiunti con l’obiettivo di soddisfare quattro principali

obiettivi:

- stabilire un singolo set di principi per la misurazione di tutti i fair value richiesti o consentiti dai principi IFRS allo scopo di ridurre la complessità e migliorarne l’omogenea applicazione, permettendo così un miglioramento della qualità e comparabilità dei bilanci;

- chiarire la definizione di fair value e la relativa guida applicativa;

- migliorare la qualità dell’informativa in merito alle misurazioni al fair value che permetta agli utilizzatori del bilancio di comprendere le tecniche di valutazione utilizzate ed i relativi inputs; - aumentare la convergenza tra IFRS e US GAAP.

2 IFRS 13 nasce per assecondare una duplice esigenza:

- una definizione più puntuale di fair value, vi era infatti la mancanza di un lessico comune tra i tanti principi che facevano riferimento a tale criterio valutativo.

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64 applicativo unitario. Esso stabilisce quali siano le informazioni da fornire in bilancio, note comprese, in relazione all’applicazione del fair value e ai metodi utilizzati dagli amministratori per misurarlo, soprattutto per quanto concerne le fattispecie in cui non esiste un valore di mercato osservabile per l’oggetto di valutazione.

Proprio al fine di una corretta misurazione del fair value, specie nei casi in cui non sia disponibile il valore di mercato, in base all’IFRS 13 gli amministratori devono rispettare la cosidetta “gerarchia del fair value”, che stabilisce quali siano le primarie fonti di riferimento per la determinazione del suo valore, tipicamente i prezzi di mercato per beni identici a quelli da valutare o le passività a cui l’impresa ha accesso alla data di valutazione. In mancanza, la gerarchia del fair value stabilisce che si debbano utilizzare valori di mercato per elementi analoghi a quelli da valutare, oppure, se non si disponga neppure di questi, il principio suggerisce di utilizzare valori non osservabili direttamente in relazione all’attività o alla passività da valutare, ma ricavabili da input provenienti dal mercato attraverso tecniche di valutazione comunemente accettate. Per ciascun livello della gerarchia del fair value, il nuovo principio chiarisce quali sono le informazioni da fornire in bilancio, note incluse, al fine di permettere agli utilizzatori del bilancio di valutare le misurazioni effettuate dagli amministratori in termini di affidabilità e di effettiva correlazione con i valori reperibili sul mercato.

L’IFRS 13 approfondisce in particolare i seguenti aspetti:

- il fair value in sede di riconoscimento iniziale dell’attività/passività; - le tecniche di valutazione;

- gli input delle tecniche di valutazione; - la gerarchia del fair value;

-la disclosure.

Il principio dispone che le regole di misurazione del fair value contenute nell’IFRS 13 si applicano a tutti i casi in cui gli IFRS prevedono o consentono una valutazione al fair value ad eccezione:

- operazioni con pagamento basato su azioni rientranti nell’applicazione dell’IFRS 2 “Pagamenti basati su azioni”;

- operazioni di leasing rientranti nell’applicazione dello IAS 17;

- valutazioni che presentano alcune similarità con il fair value ma non lo sono, quali il valore netto di realizzo delle rimanenze previsto dallo IAS 2 “Rimanenze” o il valore d’uso previsto dallo IAS 36 “Riduzioni di valore delle attività”.

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65 non si applicano a:

- attività dei piani previsti per i benefici ai dipendenti IAS 19 e investimenti per piani previdenziali IAS 26;

- fair value al netto dei costi determinato nell’impairment test IAS 36.

Il principio prevede poi specifiche disposizioni tecniche per alcune categorie di elementi di bilancio:

- attività non finanziarie;

- le passività e titoli rappresentativi del capitale emessi dall’azienda; - portafogli di attività e passività finanziarie gestiti unitariamente.

2. La nozione di fair value accolta nell’IFRS 13

La nozione di fair value si ricollega all’esigenza di disporre di una configurazione di valore oggettiva, generale e neutrale. Queste tre caratteristiche si riassumono nel valore che il mercato esprime quando vengono messe in relazione la domanda e l’offerta aggregate. I valori di mercato sono quindi:

- oggettivi in quanto leggibili in maniera identica da chiunque;

- generali in quanto la domanda e l’offerta che si incontrano nel mercato sommano le posizioni di una pluralità indistinte di soggetti;

- neutrali in quanto espressi dal mercato che opera prescindendo da influenze individuali.

La nozione di fair value viene quindi a sovrapporsi a quella di valore di mercato, al punto che spesso vengono considerate come sinonimi.

In particolare, il fair value viene definito dall’IFRS 13 come il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una ordinaria transazione posta in essere tra i partecipanti al mercato alla data dell’operazione.

Il principio base su cui si fonda la definizione di fair value è quello di ricercare l’exit price nella prospettiva del partecipante che detiene l’attività ovvero nella prospettiva del partecipante che è obbligato a pagare la passività alla data di misurazione. Il fair value quindi è determinato sulla base dei valori di mercato, e non è un valore specifico dell’impresa che effettua la valutazione.

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66 occorre che siano ben precisate le caratteristiche che assumono rilievo nella fissazione del prezzo per i partecipanti al mercato. Ad esempio possono essere determinanti le condizioni e la localizzazione dell’attività o le restrizioni nell’utilizzo o nella vendita dell’attività. Le nozioni di attività e passività, ai fini della valutazione a fair value, sono di volta in volta stabilite dai singoli standards che prevedono l’applicazione di tale riferimento valutativo; esse tengono conto dell’oggetto per il quale interesse ed è possibile ottenere un riscontro nelle concrete transazioni di mercato. Talvolta si prende in considerazione un elemento patrimoniale singolo (stand alone asset or liability), altre volte ci si riferisce a un insieme di elementi patrimoniali come una cash generating unit o un vero e proprio business.

Quanto alla caratteristiche della transazione che ha ad oggetto il trasferimento dell’attività o della passività e del mercato in cui essa avviene, si sottolinea che deve trattarsi di una transazione ordinaria che avviene sul mercato principale, o in mancanza di questo, sul mercato più conveniente.

La potenziale transazione, il cui prezzo misura il fair value, deve ritenersi eseguibile nel mercato principale, ossia quello caratterizzato dal più grande volume di scambi per l’elemento considerato. Laddove non sia possibile individuare il mercato principale, si deve considerare il mercato più vantaggioso, cioè il mercato che massimizza l’importo che si sarebbe ricevuto per vendere l’attività o che minimizza l’importo che si sarebbe versato per regolare la passività. Lo IASB precisa che l’individuazione del mercato principiale o più vantaggioso non deve essere esasperata, si assume infatti che in mancanza di evidenze contrarie, il mercato principale sia quello nel quale normalmente l’azienda effettuerebbe le sue transazioni. Il prezzo che misura il fair value quindi è quello del mercato principale, anche se i prezzi spuntati in altri mercati sono più vantaggiosi.

Diverse aziende possono avere mercati principali diversi per cui la definizione di mercato principale riflette la posizione della singola azienda.

Il mercato principale è quindi relativo all’entità che ipotizza la cessione di una propria attività o passività patrimoniale, rendendo pertanto da questo punto di vista la determinazione del valore riferito specificatamente all’entità e quindi in contraddizione con le intenzioni iniziali che avrebbe voluto una determinazione del fair value prescindendo da ogni aspetto di soggettività.

Nel tentativo di conservare comunque un carattere tendenzialmente neutrale alla nozione di fair value, si prescrive che il prezzo di mercato impiegato a base della sua

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67 determinazione non deve ricomprendere i costi di transazione e includere quelli di trasporto dal mercato di riferimento. Questo perché i costi di transazione non sono strettamente connessi alle caratteristiche delle parti contraenti e pertanto non devono essere considerati per la determinazione del fair value, i costi di trasporto invece in quanto riconducibili alla natura del bene e alla sua specifica localizzazione, devono impattare sul valore da assegnare alla posta.

L’IFRS 13 stabilisce che se alla data di misurazione non vi sono prezzi osservabili, si deve ipotizzare che la transazione abbia luogo a tale data. Il prezzo può essere osservato direttamente o determinato tramite tecniche valutative. Le tecniche di valutazione per stimare il fair value sono utilizzate quando i prezzi scambiati in mercati attivi3 non siano o non siano ritenuti comunque espressivi del fair value dovranno essere scelte in base alle specifiche circostanze e in presenza di dati sufficienti, cercando, per quanto possibile di massimizzare gli input osservabili rispetto a quelli non osservabili.

Nel determinare il fair value è poi necessario considerare le assunzioni che i partecipanti al mercato a cui l’impresa ha accesso avrebbero utilizzato nel prezzare la medesima attività o passività oggetto di valutazione, agendo nel loro interesse economico. I partecipanti al mercato sono identificati dal principio quali generici acquirenti e venditori che agiscono nel mercato principale o in quello più vantaggioso e che siano indipendenti tra di loro, informati, in grado di porre in essere transazioni e intenzionati a farlo, senza essere a ciò costretti.

3. Il fair value delle attività non finanziarie

Una volta definito il concetto di fair value, l’IFRS 13 disciplina le varie situazioni nelle quali può concretizzarsi la misurazione, in funzione del tipo di elemento scambiato. In particolare il principio detta specifiche disposizioni in riferimento a:

- attività non finanziarie;

- le passività e titoli rappresentativi del capitale emessi dall’azienda; - portafogli di attività e passività finanziarie gestiti unitariamente.

L’IFRS 13 dispone che un’attività non finanziaria deve essere misurata secondo il

3 Un mercato è attivo quando esprime valori attendibili in base ad ampi volumi di operazioni trattate, cioè il mercato è tale se è in grado di esprimere il valore di una attività come prezzo previsto in un accordo vincolante tra parti consapevoli e disponibili in una transazione libera.

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68 metodo dell’highest and best use, cioè tenendo in considerazione il suo miglior utilizzo nella prospettiva degli operatori del mercato. La misurazione del fair value di un’attività non finanziaria quindi considera la capacità di un operatore di mercato di generare benefici economici impiegando l’attività nel suo massimo e migliore utilizzo o vendendola a un altro operatore di mercato che la impiegherebbe nel suo massimo e migliore utilizzo. Il concetto di massimo e di miglior utilizzo quindi viene quantificato come il maggior valore ottenibile sotto forma di benefici futuri, e il miglior uso è quello che massimizza il valore di tali benefici. In altre parole, la misurazione del fair value ipotizza che i partecipanti al mercato siano in grado di ricavare la massima utilità del bene sfruttandolo al meglio delle sue possibilità.

In base all’IFRS 13 l’highest and best use deve prendere in considerazione l’utilizzo dell’attività che sia:

- fisicamente possibile: si considerano le caratteristiche fisiche dell’attività che gli operatori di mercato prenderebbero in considerazione ai fini della determinazione del prezzo dell’attività; per esempio la localizzazione o la dimensione di un immobile;

- non vincolata legalmente: si valutano anche le eventuali restrizioni all’uso dell’attività che vengono prese in considerazione dagli operatori di mercato; ad esempio le normative riguardanti i piani urbanistici e territoriali applicabili ad un immobile;

- finanziariamente fattibile: deve essere considerato se l’utilizzo dell’attività fisicamente possibile e legalmente consentito generi redditi o flussi finanziari adeguati a produrre il rendimento che gli operatori di mercato si aspetterebbero da un investimento in quell’attività utilizzata in quel modo specifico.

In ogni caso lo IASB non ritiene necessaria una verifica completa di tutte le possibili forme alternative di impiego, ma consente al management di considerare che l’utilizzo corrente dell’attività sia quello corrispondente all’highest and best use, a meno che non vi siano fondati motivi che facciano ritenere l’attuale destinazione non corrispondente a quella ottimale. Questo perché nella maggior parte dei casi concreti, basterebbe la semplice considerazione dei costi addizionali di riconversione dell’attività patrimoniale a scoraggiare l’impresa dal ricercare destinazioni alternative.

Il principio poi delinea due tipici presupposti di valutazione, o possibili utilizzi alternativi, attorno ai quali circoscrivere la scelta del fair value; si tratta di ricercare la massimizzazione del valore attraverso l’uso dell’asset come elemento di una

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69 coordinazione produttiva (utilizzo in combinazione), oppure come risorsa destinata isolatamente allo scambio con una controparte interessata a rivenderlo o consumarlo (utilizzo autonomo).

Tenendo presente che nella visione dello IASB, anche nel caso dell’utilizzo in combinazione oggetto della misurazione è un valore ricavabile dalla vendita dell’asset, si potrebbe definire la prima ipotesi come vendita dall’elemento attivo come fattore produttivo, perché tale è l’uso che farebbe il potenziale acquirente, la seconda ipotesi come vendita dello stesso elemento come merce. Vi è quindi una duplice logica valutativa applicata alle attività non finanziarie correntemente utilizzate dall’impresa in combinazione con altre.

Lo IASB considera utile un’integrazione dei due approcci, nel senso che la misurazione del valore derivante dall’utilizzo in combinazione potrebbe scaturire da un parziale adattamento dei prezzi disponibili sul mercato per i singoli asset. Questo perchè i prezzi concretamente osservabili non rifletteranno quasi mai le specifiche condizioni di funzionamento del bene nella coordinazione, ma potranno costituire la base su cui intervenire con opportuni aggiustamenti, che tengano conto, dei costi addizionali di installazione necessari ad inserire efficacemente il bene nella combinazione produttiva. Entrambi i valori, in combination o stand alone ricollegabili all’utilizzo in combinazione o all’utilizzo autonomo, dovrebbero scaturire dai dati oggettivamente osservabili sul mercato. Questo vuol dire che per ogni asset il mercato dovrebbe esprimere almeno due prezzi tendenzialmente diversi, ma entrambi fondati su un tessuto di negoziazioni significative e frequenti. Tale duplice condizione, di solito viene a mancare nei mercati concreti, per cui molto spesso risulterà disponibile soltanto il fair value della stand alone basis, mentre il fair value dell’utilizzo in combinazione potrebbe essere comunque derivato da tecniche valutative alternative come quelle ancorate alla capitalizzazione dei flussi futuri (income approach).

Il concetto di massima utilità è definito in relazione ai partecipanti al mercato e non all’azienda che potrebbe ad esempio impiegare il bene in altre condizioni e non al massimo della sua utilità. Si ipotizza comunque che l’attuale impiego del bene compiuto dall’azienda sia espressivo dell’highest and best use, finchè non si dimostra che altri sarebbero in grado di utilizzarlo meglio. Per cui se una certa attività può essere usata al meglio solo se combinata con altre attività o passività, la misurazione del prezzo deve assumere che tale bene possa essere combinato con altri elementi necessari a sviluppare le migliori potenzialità.

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70 4. Il fair value delle passività e dei titoli rappresentativi del capitale emessi dall’azienda

In concetto di fair value applicato a questi strumenti si fonda sul presupposto che detti strumenti non siano estinti ma trasferiti. Per le passività, la determinazione di fair value si fonda sull’ipotesi di accollo, contro corrispettivo, da parte di un terzo, in un libero scambio sul mercato, dell’obbligazione che fa carico all’entità. In questo senso il fair value di una passività deve intendersi come quanto l’azienda deve pagare non per estinguere la propria obbligazione, ma quanto deve pagare per trasferire ad altri l’adempimento imposto dall’obbligazione. La valutazione al fair value quindi assume che la passività sia esistente alla data di valutazione e che i partecipanti al mercato a cui la stessa sarebbe trasferita sono tenuti a regolare tale obbligazione.

Per gli strumenti rappresentativi del capitale dell’entità, il riferimento è al corrispettivo che sarebbe ricevuto in ipotesi di loro emissione onerosa. Quindi analogamente alla passività, il fair value applicato ad uno strumento di capitale emesso dall’azienda, deve intendersi nel senso di quanto pagherebbe un partecipante al mercato per acquisire diritti e responsabilità connessi allo strumento, senza che questo implichi un’estinzione dello strumento medesimo. La valutazione al fair value assume quindi che le azioni proprie siano circolanti alla data di valutazione e destinate ad essere tali anche in futuro e che i partecipanti al mercato a cui tali azioni sarebbero trasferite acquisirebbero con le azioni i diritti e le responsabilità associate allo strumento.

A questo punto il principio distingue tra passività ad azioni proprie possedute da terzi come attività e passività e azioni proprio non possedute da terzi come attività. Lo IASB quindi distingue gli elementi che articolano la propria evidenza valutativa su dati reperibili dal mercato e elementi che non hanno possibilità di trovare una fonte informativa esterna.

Le passività e le azioni proprie possedute da terzi come attività devono essere valutate tenendo in considerazione in senso gerarchicamente decrescente i seguenti valori:

- prezzi quotati quindi i prezzi osservabili direttamente sul mercato, questo è il caso di titoli obbligazionari o azionari emessi dall’entità e quotati in un mercato regolamentato.

- se non disponibili, i prezzi quotati in un mercato attivo per elementi identici posseduti da terzi come attività;

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71 mercato non attivo per un elemento identico posseduto da terzi come attività;

- se non esistono riferimenti di cui sopra, si ricorre all’uso di una tecnica di valutazione orientata all’approccio al reddito o al mercato.

Quindi nell’ipotesi in cui non sia tecnicamente possibile attingere informazioni sul “mercato dei trasferimenti dei debiti” o su quello “delle emissioni di strumenti rappresentativi di capitale”, se esiste un mercato per i corrispondenti assets detenuti dalla controparte (il creditore o il socio) è possibile fare riferimento ai prezzi che si formano sul mercato per lo scambio di tali attività.

Il fair value è stimabile anche quando non ci sono prezzi osservabili ma tali strumenti sono detenuti da altri soggetti come titoli. In questo caso, il fair value è il prezzo di scambiato in mercati attivi per tali titoli o se il prezzo non è osservabile, ricorrendo all’uso di prezzi osservabili anche se non scambiati in mercati attivi. Se non vi fossero neppure prezzi osservabili, si può ricorrere all’uso di tecniche di valutazione, basata sull’income approach (valore attuale dei flussi di cassa derivanti dal titolo) o sul market approach (prezzi scambiati per strumenti simili). Il prezzo di strumenti simili deve essere modificato per considerare elementi specifici dell’azienda che possano condizionare il prezzo ipotetico per i propri strumenti. In ogni caso si deve massimizzare l’uso di input osservabili e minimizzare l’uso di quelli non osservabili da terzi soggetti.

Se invece non vi fossero né prezzi di mercato osservabili, né terzi soggetti che detengono titoli similari, l’azienda deve stimare il fair value usando tecniche valutative, mettendosi nella prospettiva del partecipante di mercato che possiede il titolo. Tali tecniche utilizzano dati quali aspettative di futuri deflussi di cassa connessi all’estinzione della passività. Il fair value di una passività deve riflettere il rischio di inadempimento che dipende sia dal rischio di credito proprio dell’azienda, sia da altri fattori specifici quali ad esempio la possibilità di estinguere con mezzi diversi dal denaro.

Tale rischio di inadempimento si assume che rimanga inalterato anche se la passività viene trasferita a un terzo soggetto. Una restrizione relativa al trasferimento di una propria passività o di un proprio strumento di capitale non deve essere considerata come modifica agli altri input usati per determinare il fair value in quanto già deve essere incorporata, più o meno esplicitamente negli altri input. Si tratta infatti di un carattere connesso all’elemento che inciderà nella scelta di simili elementi da usare come paragoni per stimare il prezzo.

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72 Infine l’IFRS 13 stabilisce che il fair value di passività con una domanda futura, come i depositi bancari, è l’ammontare da pagare alla richiesta da parte del creditore, eventualmente scontato per considerare il tempo presumibilmente intercorrente fino a tale richiesta.

5. Il fair value dei portafogli di attività e passività finanziarie gestiti unitariamente

Un entità che possiede un gruppo di attività e passività finanziarie è esposta ai rischi di mercato e al rischio di credito di ciascuna delle controparti. Se l’entità gestisce quel gruppo di attività e passività finanziarie unitariamente, sulla base delle sua esposizione netta ai rischi di mercato o al rischio di credito della controparte, le è consentito fare un eccezione per valutare il fair value.

Tale eccezione consente all’entità di valutare il fair value dell’intero gruppo di attività e passività sulla base al prezzo che si percepirebbe dalla vendita di una posizione netta a lungo (ossia un’attività) per una particolare esposizione al rischio, o dal trasferimento di una posizione netta a breve (ossia una passività) per una particolare esposizione al rischio in una ordinaria transazione tra i partecipanti al mercato alla data di misurazione. Di conseguenza, l’entità deve valutare il fair value del gruppo di attività e passività finanziarie in modo coerente con le modalità con cui gli operatori di mercato determinerebbero il prezzo dell’esposizione netta al rischio alla data di valutazione. Qualora il gruppo sia caratterizzato dal rapporto con la stessa controparte, nella stima del fair value si deve tener conto di eventuali accordi che mitigano il rischio di default della controparte medesima e di come tale possibilità di accordo sia ritenuta possibile dai partecipanti al mercato.

L’eccezione è ammessa qualora:

a) la suddetta gestione unitaria sia documentata nelle strategie di investimento o di risk management aziendale;

b) sia richiesto o prescelto di valutare in bilancio tale gruppo al fair value;

c) si forniscano informazioni al top management di quel gruppo di attività o di passività.

Inoltre l’IFRS 13 prevede che il tipo di rischio e la relativa scadenza che caratterizza il gruppo sia lo stesso. Questa opzione è concessa anche se in bilancio le attività e le passività si debbano presentare separatamente. In tal caso le variazioni del fair value a

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73 livello di portafoglio dovranno essere imputate con criterio razionale e costante ai singoli elementi di portafoglio. La scelta di tale opzione ricade entro la disciplina dello IAS 8 come cambio di criterio di valutazione.

6. L’uso di tecniche valutative

L’IFRS 13 legittima l’impiego di tecniche estimative per le ipotesi di determinazioni di fair value che non possano fare affidamento sul diretto riscontro con mercati di riferimento. La giustificazione risiede nel fatto che molte di tali tecniche sono di fatto diffuse e ritenute in grado di orientare i prezzi per le transazioni che avvengono in tali circostanze, e quindi in grado di identificare valori che segnano le soglie di accettabilità di prezzo per i partecipanti al mercato.

Laddove è possibile impiegare metodologie estimative sia per la disponibilità delle informazioni necessarie, sia per l’idoneità della tecnica al caso specifico, al fine di conferire il massimo grado di oggettività del risultato valutativo, occorre massimizzare l’impiego di input osservabili, a discapito di quelli non osservabili.

Quindi le tecniche di valutazione per stimare il fair value, quando i prezzi scambiati in mercati attivi non siano o non siano ritenuti comunque espressivi del fair value, dovranno essere scelte in base alle specifiche circostanze e in presenza di dati sufficienti, cercando, per quanto possibile di massimizzare gli input osservabili rispetto a quelli non osservabili.

Sono ritenuti accettabili approcci estimativi basati:

- sul mercato - market approach4 basato sullo studio di prezzi di elementi derivanti da

4 Il market approach è coerente con due diversi approcci alla valutazione:

- il prezzo pagato per transazioni identiche o simili a quella oggetto di valutazione.

Il prezzo pagato per transazioni identiche a quella oggetto di valutazione richiede un attenta analisi di alcuni fattori che, intercorsi tra il momento della transazione osservata e quello della stima del valutatore, possono indurre a ritenere che il prezzo pagato non rappresenti più il fair value delle attività o delle passività oggetto di stima. Il prezzo pagato per transazioni simili, ma non identiche, po' rappresentare un diverso punto di partenza per la stima del fair value.

- il metodo dei multipli riferito a prezzi di mercato (trading multiples) o ad acquisti e vendite in transazioni simili (transaction multiples).

La misurazione del fair value può avvenire anche attraverso l’osservazione di entità simili per le quali è disponibile un prezzo di scambio. Le fonti da cui trarre informazioni sono i prezzi dei mercati di borsa (secondo l’approccio trading multiples) e i prezzi derivanti da transazioni relative ad acquisti e vendite (secondo l’approccio del transaction multiples). I passi che il valutatore deve seguire secondo il metodo dei multipli sono:

scelta del gruppo di imprese simili da confrontare. I criteri di scelta riguardano generalmente la capacità di creare cash flow, la possibilità di crescita e dei profili di rischio

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74 operazioni di mercato che coinvolgono attività, passività e aziende simili all’oggetto di valutazione. Il fondamento logico dell’approccio di mercato consiste nello studiare profili di similarità tra transazioni osservabili avvenute sul mercato e quella ipotetica avente ad oggetto lo specifico elemento patrimoniale da valutare al fair value. Ciò consente di identificare le determinanti di valore e la relazione quantitativa con i prezzi, da applicare poi al caso specifico.

- sul costo - cost approach che utilizza i costi di rimpiazzo o sostituzione. Il cost approach quantifica il fair value di un asset sulla base dei costi che occorrerebbe sostenere per procurarsi asset simili a quello oggetto di valutazione. Il fondamento logico di tale parametro risiede nella considerazione che il generico acquirente sarebbe disposto a pagare quell’asset non più di quanto gli costerebbe acquistarne un altro.

- sull’attualizzazione dei flussi attesi - income approach si fonda sull’assunto che un’attività vale in funzione dei flussi finanziari o reddituali riconducibili alla sua presenza, del grado di incertezza che caratterizza tali previsioni e della collocazione temporale dei medesimi. La determinazione dell’income approach presuppone l’applicazione di un procedimento di calcolo di valori attuali.5

Tali tecniche possono essere utilizzate singolarmente o assieme a seconda dei casi. Se usate assieme, si deve valutare la ragionevolezza degli intervalli di valori indicati dalle

associati alla creazione dei flussi di cassa. E’ possibile anche utilizzare criteri di comparazione legati alla tipologia di attività svolta, ai mercati serviti, alle dimensioni, alla collocazione geografica, nella convinzione che tali similarità conducano alla produzione di flussi analoghi di cash flow con gli stessi profili di rischio;

selezione del driver della performance per la valutazione. Dalla scelta del driver deriverà il multiplo impiegato nella valutazione;

calcolare il fair value dell’investimento applicando il multiplo di valutazione al driver di performance. Il alcuni casi si dovrà procedere alla normalizzazione della performance in modo da escludere le transazioni straordinarie o non ricorrenti e l’impatto di attività e acquisizioni discontinue;

effettuare le correzioni necessarie per assicurare la comparabilità tra l’investimento oggetto di valutazione e il gruppo di imprese simili.

5 Lo IASB nell’application guide analizza la metodologia di attualizzazione dei flussi di cassa attesi secondo la prospettiva dell’income approach, considerandola una tecnica particolarmente impiegata nella prassi operativa. In particolare identifica due diverse tecniche di attualizzazione:

il discount rate adjustment tecnique: attualizza i probabili flussi di cassa correlati all’attività inserendo una rettifica alla conversione di un importo futuro di moneta in valore attuale e considerando il premio per il rischio che i partecipanti al mercato si prendono in carico trasformando in liquidità il diritto ad ottenere l’importo predeterminato nel futuro.

l’expected present value tecnique: determina il valore attualizzato atteso attraverso la media ponderata dei flussi di cassa ritenuti probabili. Lo IASB definisce i diversi profili di rischio connessi alla probabilità di generare flussi di cassa futuri con particolare riferimento:

- al rischio non sistematico legato a specifici elementi;

- al rischio sistematico, collegato ad un elemento inserito in un portafoglio di beni. In questo caso l’attualizzazione prevede di determinare un rischio di “sistema” a cui aggiungere un tasso di interesse di attualizzazione per un investimento senza rischio.

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75 tecniche. Il fair value sarà il punto entro tale intervallo che sia più rappresentativo delle circostanze.

Se il prezzo di acquisto è considerato come il fair value alla contabilizzazione iniziale ed è usata una tecnica valutativa per la stima successiva del fair value che impiega input non osservabili, detta tecnica dovrà essere calibrata in modo che alla contabilizzazione iniziale il risultato della stima equivalga al prezzo di acquisto. La tecnica scelta deve essere controllata per accertarsi che rifletta input osservabili e deve essere usata in modo costante nel tempo, salvo i cambiamenti necessari per renderla più rappresentativa del fair value quando per esempio sopraggiungono nuove informazioni, cambi delle condizioni di mercato, miglioramenti della tecnica estimativa. Il cambio delle tecnica usata implica un cambio della stima contabile ai sensi dello IAS 8 e dunque con effetti prospettici e non retroattivi.

7. La gerarchia del fair value

Per quanto il l’IFRS 13 tenti di dettare regole molto dettagliate in tema di fair value, questo è sempre il risultato di una stima e come tale caratterizzato da una oggettività limitata. Lo standard prevede che il livello di oggettività raggiunto sia comunicato al lettore del bilancio, affinché possa trarne le opportune conclusioni in ordine delle scelte economiche che porrà in essere sulla base della lettura dei bilanci.

Nel principio si fa dipendere il livello di oggettività e quindi di attendibilità del risultato della stima dalla qualità degli input di cui essa si avvale.

In particolare lo si lega al grado di osservabilità degli input stessi, ritenendo tale aspetto rilevante rispetto al grado di affidabilità raggiunto. Vengono categorizzati tre livelli6 qualitativi degli input e delle conseguenti determinazioni di fair value. Nelle note occorrerà poi illustrare quale è il livello raggiunto e soprattutto perché. Normalmente si impiegano più input per pervenire a una stima di fair value ed essi possono rientrare in livelli gerarchici di oggettività di risultato diversi. In tal caso se l’input usato assume peso decisivo nella stima finale, sarà il livello dell’input a determinare l’inserimento del fair value che ne scaturisce in una o nell’altra categoria gerarchica.

6 L’IFRS 13 definisce una gerarchia del fair value organizzata su tre livelli. Il criterio è quello del grado di osservabilità degli input impiegati per la stima, che determinano diversi livelli di attendibilità del fair value.

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76 Il principio specifica che il livello di fair value attribuito a un attività o passività patrimoniale dipende solo dalla qualità degli input impiegati e non dal tipo di tecnica estimativa impiegata.

Gli input del livello 1 sono le quotazioni accessibili su mercati attivi per elementi patrimoniali identici a quello da valutare al fair value alla data di misurazione.

Questo input è in assoluto la migliore evidenza del fair value. Esso deriva dall’individuazione del principale o più vantaggioso mercato e dalla possibilità che l’azienda possa compiere una transazione a quel prezzo. La valutazione quindi deriva dalla possibilità di osservare transazioni e prezzi formatisi nel mercato a seguito dello scambio di attività o all’estinzione di passività simili a quelle oggetto di valutazione. Questa valutazione rappresenta in definitiva il valore più affidabile nelle valutazioni al fair value.

Tali prezzi non richiedono rettifiche. Si possono rendere necessarie rettifiche solo in alcuni casi:

- l’azienda possieda un ampio numero di attività e passività similari e i prezzi per i singoli componenti non siano prontamente disponibili per ciascun elemento. In tal caso si possono usare metodi alternativi per determinare il prezzo;

- il prezzo non rifletta il fair value, come nel caso di transazioni significative che avvengono in un mercato chiuso e rendono quindi il prezzo finora disponibile non aggiornato, implicando una possibile ricerca di informazioni aggiuntive. In tale circostanza l’azienda deve scegliere una propria politica di identificazione di tali situazioni;

- quando si determina il fair value di una passività o di uno strumento di capitale emesso dall’azienda si usa il prezzo di mercato per lo stesso elemento scambiato come attività;

- quando si tiene conto di specificità degli elementi da valutare tali da renderli diversi da quelli scambiati normalmente sul mercato.

Gli input del livello 2 sono tutti input osservabili direttamente o indirettamente, ma diversi dalle quotazioni su mercati attivi che si configurano come il livello 1.

Vi rientrano tipicamente:

a) le quotazioni su mercati attivi per elementi patrimoniali simili a quelli da valutare; b) le quotazioni su mercati non attivi7 per elementi patrimoniali identici o simili.

(15)

77 Gli input considerati in questo livello riflettono le assunzioni dei partecipanti al mercato e sono dotati di un minore livello di affidabilità rispetto al livello precedente.

Gli input del livello 3 sono tutti quegli input informativi che non sono basati su dati osservabili, tipicamente consistono in dati interni all’azienda non conoscibili da terzi. Tali input devono essere usati quando non vi sono altri input utili alla stima. Questo accade in caso di mercati inattivi o poco attivi. In ogni caso devono riflettere sempre l’assunzione base del fair value, ossia exit price alla data di misurazione al quale sarebbero scambiati i beni in ordinarie transazioni tra i partecipanti al mercato. Il fair value così determinato deve quindi riflettere le assunzioni che i partecipanti al mercato effettuerebbero per determinare detto valore.

Input del genere possono consistere in aggiustamenti per componenti di rischio dovute a significative riduzioni degli scambi di mercato.

Tali input possono essere di fonte interna, ma si deve ricorrere ad altri fonti informative se i partecipanti al mercato dimostrano di usare altre fonti.

In ogni caso è compito dell’azienda ricercare la migliore informazione disponibile.

Quando un mercato non è attivo i prezzi ad esso relativi spesso non rappresentano il fair value. Il giudizio di un mercato inattivo è una valutazione complessa, che implica l’esame della significatività e della rilevanza dei vari elementi quali il basso numero di recenti transazioni, quotazioni dei prezzi che non riflettono l’informazione più aggiornata, alta volatilità nel tempo e tra operatori dei prezzi, ampio intervallo tra miglior prezzo di acquisto e di vendita o sensibile incremento del medesimo, scarsa informazione disponibile, mancanza di nuove emissioni, situazioni di vendite forzate.

Lo standard richiede di valutare i diversi elementi prima di giudicare non attivo il mercato. Se comunque tale giudizio è raggiunto, la stima del fair value discende da rettifiche operate ai prezzi disponibili odall’utilizzo di tecniche valutative.

E’ possibile anche usare prezzi forniti da terzi soggetti (price provider) purchè riflettano le informazioni correnti riguardo a transazioni ordinarie o siano basati su tecniche che tengano conto delle aspettative dei partecipanti al mercato.

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78 8 . Informazione integrativa

L’IFRS 13 stabilisce l’obbligo di fornire informazioni integrative che devono supportare gli utilizzatori dei bilanci nella valutazione dei seguenti aspetti:

- si devono descrivere le tecniche di valutazione e gli input utilizzati per le valutazioni in tutti i casi in cui le attività e le passività, in momenti successivi alla rilevazione iniziale, sono state valutate al fair value;

- nel caso di misurazioni a fair value che impiegano input non osservabili, si deve indicare l’impatto di tali valutazioni nel conto economico o nella sezione degli altri componenti del reddito complessivo.

Nel produrre queste informazioni l’impresa dovrà considerare:

- il livello di dettaglio informativo adeguato alla soddisfazione delle esigenze conoscitive;

- il grado di attenzione da porre sulle singole fattispecie informative; - il grado di sinteticità o analiticità informativa da impiegare;

- se gli utilizzatori dei prospetti di bilancio necessitano di ulteriori informazioni per la valutazione dei dati quantitativi loro trasmessi.

Successivamente lo IASB elenca un set minimo di informazioni che l’impresa è chiamata a divulgare per riuscire a soddisfare le esigenze conoscitive degli utilizzatori di bilancio viste sopra:

- vanno quindi descritte le tecniche valutative, le procedure amministrative seguite per le valutazioni dei livelli 2 e 3 e le motivazioni degli eventuali cambiamenti nella tecnica valutativa;

- per le valutazioni del livello 3, si devono indicare le quantità degli input non osservabili usati nelle valutazioni;

- sempre per le valutazioni del livello 3 si devono indicare le variazioni tra saldo iniziale e finale distinguendo gli utili e le perdite inseriti nel conto economico e negli altri componenti di reddito complessivo, gli acquisti, le vendite, le emissioni e i rimborsi, i trasferimenti da e verso altro livello (1, 2) con le relative motivazioni; inoltre per tale categoria si deve indicare l’importo complessivo degli utili e perdite non realizzati incorporati nei valori patrimoniali;

- per il livello 3 si devono presentare le sensitività a variazioni degli input non osservabili, anche con commento discorsivo, oltre all’impatto potenziale di cambi nella scelta degli input non osservabili;

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79 - per le attività non finanziarie si deve quindi indicare se l’uso corrente non riflette il miglior uso possibile e per quale motivo quest’ultimo non è stato impiegato.

L’IFRS 13 prescrive inoltre che nelle note le attività e le passività siano classificate con maggior dettaglio di quanto presentato nello stato patrimoniale e suddivise in gruppi omogenei quanto a natura, caratteristiche e rischi e livello del fair value nel quale sono collocate. Il numero delle classi sarà presumibilmente maggiore per gli elementi del livello 3, tenuto conto della maggiore discrezionalità delle valutazioni.

Si deve quindi prescrivere la politica aziendale prevista per stabilire i passaggi tra i diversi livelli del fair value (tempi, responsabilità, dati coinvolti).

Infine nelle note si deve menzionare l’uso dell’eccezione riferita alla valutazione al fair value di portafoglio di attività e/o passività finanziarie gestite unitariamente.

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