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Capitolo 2 – Illegittima conduzione dell’attività istruttoria

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Capitolo 2 – Illegittima conduzione dell’attività istruttoria

2.1- La fase istruttoria: definizione e poteri istruttori

La fase istruttoria c.d. primaria81 è definita come l’attività posta in essere

dall’amministrazione finanziaria finalizzata ad una acquisizione di scienza82, volta ad

acquisire fatti rilevanti ai fini dell’esercizio della funzione impositiva. L’attività istruttoria si pone quindi come fase antecedente all’emissione di un eventuale atto impositivo. L’istruttoria tributaria, comporta necessariamente un intervento del potere dell’amministrazione finanziaria nella sfera privata del cittadino-contribuente per individuare e acquisire dati e notizie rilevanti al fine di accertare violazioni delle norme fiscali da parte dello stesso. Sul piano normativo questa esigenza si traduce nell’attribuzione, all’amministrazione finanziaria, di poteri di intervento e di indagine necessari affinché essa acquisisca prova diretta o soltanto indiziaria della

sussistenza di un inadempimento degli obblighi sostanziali e/o formali83.

Innanzitutto è però necessaria una fase precedente alla fase istruttoria cd.

introduttiva, estremamente importante nell’accertamento tributario. Essa è

rappresentata dalla presentazione della dichiarazione tributaria da parte dello stesso

contribuente84. Successivamente l’amministrazione finanziaria provvederà a

controllare tali dichiarazioni non potendo limitarsi a registrare solo il loro contenuto in quanto l’accertamento e la riscossione dei tributi rappresenta un interesse pubblico primario. L’elevato numero di contribuenti non permette però di effettuare controlli approfonditi su ciascuno. Per questo motivo la fase istruttoria si articola su tre livelli di controllo.

Un primo controllo c.d. liquidazione automatica85 è effettuato con procedure

informatiche.

Esso permette di liquidare le imposte verificando solo l’esattezza numerica dei dati dichiarati. L’amministrazione finanziaria corregge quindi gli errori materiali e di calcolo

81 L’istruttoria giurisdizionale secondaria si riferisce all’attività svolta in ambito processuale

82 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007 pag. 29 83 Falsitta G.,Manuale di diritto tributario, Cedam, Padova, 2012,pag. 481

84 Florean M., Valente A., Controlli, ispezioni e verifiche fiscali, Maggioli Editore, Santarcangelo in

Romagna, 2013 pag. 79

85 Tale controllo è regolato dall’art. 36 bis del D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600. È un controllo limitato sia

nell’oggetto sia negli effetti. Viene effettuato entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo ed in base ai dati ed agli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni medesime o in possesso dell’anagrafe tributaria.

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commessi dal contribuente, riduce le detrazioni d’imposta, le deduzioni dal reddito e controlla che i versamenti effettuati dal contribuente siano tempestivi e corrispondenti

a quanto dichiarato86. Il risultato del controllo, se diverso da quanto dichiarato dal

contribuente, è comunicato allo stesso che è invitato a versare la maggiore somma per

evitare l’iscrizione a ruolo87.

Il secondo controllo è un controllo c.d. controllo formale delle dichiarazioni presentate

dai contribuenti e dai sostituti88. Esso viene effettuato non su tutte le dichiarazioni ma

in base a criteri selettivi89 e riguarda solo alcune voci della dichiarazione. Il

contribuente è invitato a fornire chiarimenti e documenti che giustificano i dati inseriti in quella determinata voce della dichiarazione.

Il terzo controllo è un controllo sostanziale90, viene attuato solo nei confronti delle

dichiarazioni dei contribuenti individuati in base a criteri selettivi predeterminati, che tengono conto anche dei dati raccolti tramite i controlli effettuati con le precedenti modalità o tramite i dati indicati negli studi di settore, o ancora, dei dati raccolti tramite l’Anagrafe Tributaria. Questo controllo è svolto dagli uffici finanziari e dalla

Guardia di Finanzia91. Quest’ultima è di regola dotata dei medesimi poteri investigativi

di cui dispongono i diversi uffici finanziari e del potere, in ogni caso, di effettuare accessi per effettuare verifiche e ricerche. Con tale controllo, i titolari della potestà

impositiva, possono92:

- Invitare il contribuente a comparire di persona per fornire dati o notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, anche in riferimento a rapporti intrattenuti con terzi;

- Invitare il contribuente a esibire o trasmettere atti o documenti rilevanti ai fini dell’accertamento;

- Inviare al contribuente questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico;

86 Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario, Milano,2012, Falsitta G. Manuale di diritto tributario,

Cedam, Padova, 2012, pag. 482

87 Nel caso del pagamento, senza quindi iscrizione a ruolo, la sanzione è ridotta ad un terzo. 88 Controllo disciplinato dall’art. 36 ter del D.p.r. 29 settembre 1973 n.600, effettuato entro il 31

dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione

89 Criteri fissati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze

90 Il controllo sostanziale (o di merito), previsto dagli artt. 37 e ss. D.p.r. 600/73

91 In quanto organo di polizia tributaria può, di propria iniziativa o su richiesta degli uffici finanziari,

effettuare controlli.

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- Richiedere la comunicazione di dati e notizie relative al contribuente a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, enti e società che effettuano pagamenti e riscossioni per conto terzi;

- Richiedere copie di atti depositate presso notai, conservatori di registri immobiliari;

- Richiedere al terzo soggetto di diritto privato obbligato alla tenuta di scritture contabili, dati, notizie e documenti relativi alle vendite, acquisti, forniture e ad ogni altra attività svolta nei confronti di un determinato soggetto.

- Invitare ogni altro soggetto a esibire e trasmettere dati fiscalmente rilevanti circa quel soggetto indagato.

Inoltre i soggetti titolari di potestà impositiva hanno la possibilità di effettuare accessi al domicilio o al luogo dove si svolge l’attività del contribuente e di permanere per

eseguire verifiche e ispezioni nei confronti del soggetto indagato93.

I suddetti soggetti hanno la possibilità anche di richiedere alle banche copia dei conti

intrattenuti con il soggetto indagato94, di inviare appositi questionari alle banche in

riferimento a dati e notizie specifiche. Qualora la banca non trasmetta quanto richiesto o ci sia il fondato sospetto che i dati trasmessi siano inesatti o incompleti, gli uffici finanziari hanno la facoltà di disporre l’accesso presso tali banche per rilevare

direttamente tali dati95.

Durante la fase istruttoria il contribuente è poi tenuto ad esibire i documenti e a fornire i dati richiesti in quanto la mancata collaborazione pregiudica la possibilità che

93 I poteri di accesso, ispezione e verifica permettono di effettuare un controllo sul luogo di realizzazione

dei presupposti d’imposta. Il potere di accesso è sempre strumentale al potere di ispezione e di verifica. L’accesso è subordinato al rilascio di una autorizzazione. L’autorizzazione deve essere rilasciata da parte del Procuratore della Repubblica nel caso di un accesso in un luogo adibito sia ad abitazione, sia a svolgimento dell’attività economica. Nel caso di accesso nel luogo adibito ad abitazione l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è subordinata a due condizioni: la presenza di gravi indizi di violazione e la strumentalità dell’accesso presso l’abitazione al reperimento di libri contabili, documenti necessari per provare le violazioni. Invece l’accesso presso i locali adibiti solo ad attività economica è subordinato solo alla autorizzazione del capo dell’ufficio per i dipendenti dell’Amministrazione finanziaria o del Comandante di zone nel caso della Guardia di Finanza.

94 La L. n. 413/1991 ha ridimensionato notevolmente la rilevanza del segreto bancario relativamente alle

indagini tributarie. Come unica cautela residua è necessaria una autorizzazione della Direzione Regionale delle entrate. Riguardo l’evoluzione delle disciplina delle indagini bancarie si veda: Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa,Milano,2011, pag. 305 e seg.

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il contribuente utilizzi tali dati e documenti a sua difesa, in sede amministrativa e

contenziosa96.

Le verifiche fiscali eseguite dalla Guardia di Finanza sono un’attività di natura

amministrativa. La Guardia di finanza essendo anche organo di polizia giudiziaria deve informare la Procura della Repubblica se nel corso di una verifica emergono notizie di reato e ogni successiva fase del procedimento dovrà svolgersi applicando il codice di

procedura penale97.

Infine è prevista la collaborazione dei Comuni che segnalano ogni elemento utile ad

integrare i dati delle dichiarazioni presentate98 e lo scambio di informazioni con altre

amministrazioni finanziarie sia al fine di applicare le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sia per l’applicazione delle imposte di ciascuno Stato contraente.

2.2 – Principi alla base della fase istruttoria

I poteri istruttori presuppongono un’attività di indagine e di intervento dell’

amministrazione finanziaria e della Guardia di Finanza nella sfera privata del cittadino.

Questa attività, che il contribuente è obbligato a subire99, risulta essere invasiva in

quanto interferisce con i diritti e le garanzie del contribuente ed incide in modo diretto

su libertà fondamentali giuridicamente tutelate100. Tale attività può pertanto produrre

delle conseguenze dannose, prima ancora che sulla sfera economica, sulle posizioni soggettive del contribuente e di terzi soggetti. La possibilità di controllare il

96 L’art. 32, D.P.R. 600/1973 ultimi due commi ai fini delle dirette e il comma 5 del Dpr 633/1972 ai fini

Iva, si riferiscono alla categoria della inutilizzabilità. L’inutilizzabilità della prova si risolve nel dovere di non considerare a favore del contribuente ed ai fini dell’accertamento, sia in sede amministrativa sia in sede contenziosa, notizie e dati non addotti e atti, documenti, libri e registri non esibiti o non

trasmessi (ai fini iva il riferimento è ai libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione). In secondo luogo, il comma 2 l’art. 39, D.P.R. 600/1973 prevede il dovere di adottare il tipo di

accertamento induttivo in conseguenza dell’inottemperanza a taluni degli inviti disposti dagli Uffici. L’art. 11, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 sanziona espressamente le inottemperanze alle legittime richieste fatte dagli Uffici nell’esercizio dei poteri a loro conferiti.

97 Garuti G., Modelli differenziati di accertamento, Utet, Milano, 2011, pag. 888

98 Ai Comuni è attribuita una quota pari al 33% delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a

titolo definitivo a seguito dell’intervento.

99 Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa,Milano,2011, pag. 86

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contribuente, invadendo la sua sfera giuridica attraverso l’esercizio di poteri

autoritativi, trova una giustificazione nell’art. 53101 della Costituzione ossia nel dovere

di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva102. Inoltre

trova giustificazione nell’art. 2103 della Costituzione dove viene enunciato un principio

di natura procedimentale, che impone il riconoscimento di poteri autoritativi idonei a

consentire la verifica del rispetto del dovere104 al concorso alle spese pubbliche105 .

L’art. 53 e l’art. 2 Cost. costituiscono il fondamento normativo generale di tutti i poteri

istruttori esercitati in ambito tributario106. I suddetti principi devono essere però

bilanciati con altri fondamentali valori costituzionali o di rilievo generale, che possono

essere pregiudicati dall’esercizio dei poteri istruttori107; essi devono quindi porsi in un

rapporto di giusto equilibrio rispetto ai diritti inviolabili del cittadino in modo da

raggiungere un livello accettabile in riferimento al sacrificio che il contribuente subisce. Infatti la preminenza del dovere di solidarietà come obiettivo generale perseguito dall’attività istruttoria può portare eventualmente solo ad una limitazione dei valori di libertà ma non deve arrivare a sacrificare in modo assoluto i diritti inviolabili del cittadino108.

Gli interessi primari costituzionalmente tutelati su cui possono incidere i poteri istruttori fanno riferimento al diritto alla libertà personale (art.13), all’inviolabilità del domicilio (art.14), alla segretezza della corrispondenza (art.15) e alla libera esplicazione della persona (art. 23).

Inoltre, poichè l’attività istruttoria è regolata necessariamente dal principio di legalità

riconducibile per l’attività della pubblica amministrazione, agli artt. 97 comma I109 e

101 Art. 53 Cost.: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità

contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”..

102 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012, pag.626 103 Art. 2 Cost.:”

104 La previsione di efficienti poteri di controllo è necessario al fine di controllare gli adempimenti del

contribuente.

105 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag.618 106 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag.619 107 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano,2012 pag.626

108 Buzzacchi C., La solidarietà tributaria: funzione fiscale e principi costituzionali, Giuffrè Editore,

Milano, 2011 pag. 14 e seg.

109 Art. 97 co.I Cost. : “ I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano

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113 comma I110 della Costituzione, vige il principio della tassatività dei poteri istruttori

esercitabili ovvero l’impossibilità di esercitare poteri diversi da quelli previsti per legge. Il principio di legalità è infatti considerato un principio generale del nostro

ordinamento giuridico, inerente i rapporti tra la legge e l’attività della pubblica amministrazione; esso è posto a garanzia dei destinatari dell’azione amministrativa rispetto agli atti amministrativi. L’art. 97 della Costituzione contiene una riserva di legge generale secondo cui la pubblica amministrazione trova nella legge i fini della

propria azione111 e i poteri giuridici che può esercitare. Non può esercitare perciò alcun

potere al di fuori di quelli che la legge le attribuisce. La tipicità degli atti amministrativi è ravvisabile anche indirettamente nell’art.113 della Costituzione. L’art. 113 andando a garantire una tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, non potrebbe altrimenti trovare applicazione, se la legge non prevedesse dei limiti e vincoli sostanziali112 all’attività stessa.

Altro principio generale che permea l’attività amministrativa e quindi anche la materia tributaria è il principio di ragionevolezza. Questo principio impone che, in riferimento al caso concreto, la Pubblica Amministrazione utilizzi un provvedimento proporzionato alle finalità da conseguire, supportato da appropriata motivazione e che tenga conto dell’interesse primario, degli interessi con cui questo può venire in conflitto e di tutte

le circostanze di fatto113.

La soddisfazione dell’interesse pubblico deve avvenire con l’esercizio di poteri che

vanno ad arrecare al privato il minor sacrificio possibile114.

La legge sul procedimento amministrativo, legge n. 241 del 1990 (modificata dalle

leggi nn. 15 e 80 del 2005 e n. 69 del 2009, nonché dal D.L. n. 5 del 2012)115, ha

definito principi di efficacia, economicità, pubblicità, e trasparenza dell’attività

110 Art. 113 Co. 1 Cost. : “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela

giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.”

111 La funzione amministrativa deve essere stabilita dalla legge ma anche i singoli poteri mediante i quali

sia possibile esercitare tale funzione

112 In tal senso: Chieppa R. Giovagnoli R., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè Editore, Milano,2011

Crepaldi G., La potestà regolamentare nell’esperienza regionale, Giuffrè Editore, Milano, 2011

113 D’Agostino P., Salomone R., La tutela dell'ambiente. Profili penali e sanzionatori, Cedam, Padova,

2011, pag. 242

114 Gioè C., Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag.37 115 Caringella F., Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2012, pag. 1252

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degli organi amministrativi, nonché il rispetto dei principi dell’ordinamento

comunitario. Nel duplice intento di garantire il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, e di snellire e accelerare l’iter procedimentale, ha predisposto un innovativo sistema di norme, ed ha avuto un ruolo fondamentale nella nuova disciplina dei rapporti tra Stato-cittadini, non più di tipo solo autoritativo, ma anche collaborativo, con riflessi nel settore tributario.

Lo Statuto dei diritti del contribuente116, che è stato approvato con legge 27 luglio

2000, n. 212, contiene disposizioni generali, già contemplate dalla legge n. 241 del

1990. Per alcune specificità e regolamentazioni di determinati istituti117 lo statuto dei

diritti del contribuente ha arricchito il procedimento tributario di principi

fondamentali, laddove non potevano desumersi o estendersi, per effetto, anche, di specifici limiti, dalla disciplina amministrativa.

L’art. 6 di detto Statuto prevede che l’amministrazione finanziaria informi sempre il contribuente dell’attività svolta e delle possibili conseguenze negative che potrebbero derivare dai risultati ottenuti.

L’art. 7 prevede il contenuto che devono assumere gli atti impositivi stabilendo un principio di chiarezza e l’obbligo della motivazione secondo quanto prescritto dall’art.3 della legge 241/1990.

Altra importante norma è l’art. 10 dello Statuto118.

Secondo tale articolo il rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria deve essere improntato al principio di collaborazione e buona fede. La buona fede, quindi, deve accompagnare il procedimento di accertamento in ogni sua fase. Di qui l’obbligo

116 Legge 212 del 27 luglio 2000, insieme di norme poste appunto a tutela dei contribuenti, nei confronti

del fisco. E’ discussa la sua collocazione nella gerarchia delle fonti.

117 Marongiu G., Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2010

118 Art. 10 dello Statuto: “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al

principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni ne' richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute

in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorche' successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.”

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per il contribuente di non assumere atteggiamenti ostruzionistici o, comunque, diretti a ostacolare o sviare l’attività degli organi di verifica e/o di accertamento; dall’altro, il divieto di quest’ultimi di sfruttare errori, ignoranza o carenze del contribuente per

assoggettare a tassazione ricchezza inesistente119.

Norma fondamentale con riferimento ai poteri istruttori è anche l’art. 12 che definisce i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali. Il legislatore

volendo privilegiare da un lato le verifiche fiscali volte alla ricerca di eventuali

violazioni, pone, dall’altro, dei limiti entro cui tale attività può essere esplicata al fine di non ledere i diritti del contribuente. Viene introdotto quindi il principio di

proporzionalità, affermando che le verifiche presso la sede in cui si svolge l’attività del contribuente devono essere giustificate sulla base di “effettive esigenze di indagine e di controllo sul luogo”.

Salvo casi eccezionali le verifiche si posso svolgere durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività. Inoltre le verifiche devono essere eseguite con modalità tali da

arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stessa120.

Il comma 5 dell’art.12 stabilisce poi che “ la permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente all’ufficio, per specifiche ragioni”.

I funzionari che eseguono l'accesso devono essere preventivamente muniti di una specifica autorizzazione (o foglio di servizio) che ne indica lo scopo dell'intervento. Essa deve essere rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono i funzionari prima di

effettuare l'accesso. In questo modo al contribuente è data la possibilità di avere esatta cognizione della identità dei verificatori e di conoscere l'ambito operativo entro il quale gli stessi possono agire.

119 Capolupo S., Accertamento: la rilevanza delle dichiarazioni di parte, in Fisco, 2004, pag. 5790-5791. 120 Art. 12 Statuto dei diritti del contribuente co.1

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Il comma 7 dell’art.12 prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può

comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Questa innovazione121 consiste nell’introduzione di un vero e proprio contraddittorio

tra contribuente ed Amministrazione finanziaria in ordine alle risultanze istruttorie in una fase endoprocedimentale. L’Ufficio finanziario ha l’obbligo di valutare le

osservazioni e le richieste del contribuente prima di emettere l’avviso di accertamento. Si tratta di una rilevante novità nell’ambito del sistema tributario nel senso che il legislatore ha concepito l’accertamento tributario come uno strumento di

determinazione del quantum d’imposta, non solo suscettibile di conseguire la

determinazione dell’imponibile attraverso il contraddittorio, ma anche di tener conto

delle osservazioni e delle richieste del contribuente122. Il contradditorio prima di tale

novità si poteva avere solo nelle ipotesi in cui tale diritto era stato espressamente

riconosciuto da norme specifiche123.

L’esercizio di poteri istruttori può contrastare anche con altri diritti costituzionalmente garantiti non c.d. fondamentali. Ad es: la libertà di iniziativa economica, il diritto di proprietà e la libertà di circolazione e di soggiorno.

Altre fonti normative poste a disciplina dell’azione investigativa si rinvengono poi in norme di natura regolamentare, aventi natura di regolamenti di organizzazione o

semplici circolari124 delle Agenzie fiscali e del Comando della Guardia di Finanza125.

121 La Corte di cassazione con una recente pronuncia (Cass., 15.3.2011, n. 6088 in Il sole 24 ore.com) ha

effettuato un passo decisivo a favore del riconoscimento del diritto al contraddittorio del contribuente nella fase delle indagini tributarie.

122 S. Capolupo, Statuto del contribuente: alcune considerazioni in tema di verifica fiscale, in Fisco,

2000

123 Art. 38 co.6 dpr 600/1973 Accertamento fondato sul c.d. metodo sintetico di determinazione del

reddito complessivo, art. 32 n. 2 dpr 600/1973 accertamenti fondati sulle risultanze di indagini bancarie, art. 37 bis co. 4 dpr 600/1973 in tema di accertamento antielusivo

124 Con la circolare 29 dicembre n. 1 del 2008, la Guardia di Finanza ha dettato interessanti istruzioni

circa l'attività di verifica. Mediante le indicazioni contenute nel documento si cerca di coniugare, fin dove possibile, le esigenze dell'Amministrazione finanziaria ed i diritti del contribuente, in modo coerente alle scelte rinvenibili nello Statuto dei diritti del contribuente: in un certo qual

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L’analisi dei principi generali dell’attività istruttoria tributaria non può prescindere, infine, da una riflessione sui principi comunitari ed internazionali che regolano la stessa materia. In tal senso ruolo significativo è ricoperto dai diritti fondamentali garantiti

dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU)126.

Nella Convenzione e nei Protocolli aggiuntivi non si fa diretto riferimento alla tutela dei contribuenti. Solo alcune disposizioni possono considerarsi di interesse fiscale, come la garanzia del diritto al giusto processo, ex art. 6, la tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare ex art. 8, ed il divieto di discriminazione, ex art. 14. In definitiva, la CEDU, così come interpretata dalla Corte di Strasburgo, nonostante le poche norme di interesse fiscale, offre parecchi elementi di tutela dei contribuenti, soprattutto quando quel “giusto equilibrio” tra potestà impositiva e diritti

fondamentali si rompe a vantaggio della prima con l’inevitabile violazione dei secondi127.

Il diritto alla difesa endoprocedimentale è oggi un principio generale anche del diritto comunitario in quanto contenuto nella CEDU.

Il principio in esame dovrebbe pertanto essere riferito a tutte le verifiche tributarie128.

Inoltre il sistema comunitario, ha elaborato il principio di buona amministrazione. Principio-diritto che impone particolari regole di condotta, in particolare in sede

modo l'Amministrazione viene indirizzata nelle sue scelte, in modo da minimizzare la compressione dei diritti di libertà dei destinatari.

125 Falsitta G.,Manuale di diritto tributario, Cedam, Padova, 2012,pag. 487

126 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

(CEDU), fu adottata nel 1950 ed entrò in vigore nel 1953. A tutela di questi diritti fu creata una Corte con l’intento di interpretare ed applicare la Convenzione, situata a Strasburgo, composta da quindici giudici nominati da ciascuno dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione. La Convenzione è composta da 66 articoli ed è stata integrata da 14 Protocolli addizionali, alcuni relativi ad aspetti procedurali, altri aggiungono altri diritti al testo principale.

127 In argomento si veda ad es. S. MARCHESE, Diritti fondamentali europei e diritto

tributario dopo il trattato di Lisbona , in Dir. prat. trib.,2012, I, pag. 241 e seg.

128 Si fa riferimento alla sentenza “Sopropè” Corte di Giustizia UE n° 349/07 che porta ad una nuova

visione dei rapporti tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria (in particolare, gli Uffici delle Dogane). La pronuncia muove dall’affermazione del fondamentale principio secondo cui il diritto di difesa, in quanto principio generale del diritto comunitario, deve trovare applicazione ogni volta che l’Amministrazione si proponga di adottare un atto capace di produrre effetti rilevanti nella sfera giuridica del destinatario.

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istruttoria129, ed ha inteso racchiudere in tale espressione tutti i principi generali

dell’attività amministrativa130.

Da quanto fin qui esposto si desume che l’attività istruttoria può essere esercitata entro certi limiti e solo attraverso il rigoroso rispetto di tutte le suddette regole

procedurali richieste dalla legge si può riuscire a coniugare due contrapposte esigenze: quella di tutelare il contribuente e quella di assicurare all'Erario un'efficace azione di contrasto all'evasione.

Qualora l’affievolimento o la compressione di taluno dei diritti per il raggiungimento di obiettivi generali, sia realizzato attraverso un esercizio illegittimo dell’attività

amministrativa, esso tende a riespandersi nella sua pienezza, attraverso una tutela del cittadino.

E’ da sottolineare che lo Statuto di Diritti del Contribuente prevede la figura del

Garante del Contribuente all’art.13131. Esso ha il compito di verificare, attraverso

accessi agli uffici e esame della documentazione, le irregolarità, le scorrettezze e le disfunzioni dell'attività fiscale segnalate dai contribuenti, nonché di vigilare sui diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali. Ha quindi il potere di

richiamare gli Uffici al rispetto della legge132. E’ una figura autonoma rispetto

all’amministrazione ma non ha poteri autoritativi; la sua funzione è solo di

“persuasione morale”. Infatti può soltanto rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici al fine della tutela del contribuente, richiamare gli uffici al rispetto degli obblighi posti in caso di accessi e verifiche, stimolare le procedure di autotutela nei confronti di

atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente133.

129 Pierro M., Il dovere di informazione dell'Amministrazione finanziaria, Giappichelli Editore, Torino,

pag. 167

130 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012, pag. 648

131 E’ istituito presso ogni Direzione regionale Dell’Agenzia delle entrate. Era un organo collegiale

formato da 3 membri scelti e nominati dal Presidente della Commissione tributaria regionale,

all’interno di categorie particolarmente qualificate (magistrati, notai, professori universitari). Nel 2011, i commi 36 e 37 dell'art. 4 della l. 183/2011 hanno trasformato il garante del contribuente da organo collegiale in organo monocratico, con effetto dal 1 gennaio 2012, permanendo la durata quadriennale rinnovabile. L’organo è ora composto da un solo membro, scelto tra le categorie già individuate dalla legge del 2000, istituzionalmente portatrici di alta professionalità.

132 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 671.

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Nonostante le disposizioni normative facciano riferimento esclusivamente ad atti di accertamento o di riscossione, il potere di autotutela può essere attivato anche nei confronti di atti endoprocedimentali di indagine e il ricorso al Garante del contribuente

non risulta essere alternativo ad altre forme di tutela134.

Il Garante del Contribuente viene definito però come un “protettore disarmato”135.

Questo non solo per la riduzione dei componenti da tre ad uno ma anche per il fatto che essendo privo di poteri sanzionatori, il garante è sempre stato visto come un qualcosa che esiste sulla carta, ma che “non fa paura” e che quindi non dà l’idea di poter difendere adeguatamente i contribuenti dagli abusi. Il garante del contribuente dovrebbe avere la possibilità di irrogare sanzioni nei confronti dei funzionari laddove vi siano lesioni dei principi del legittimo affidamento e della buona fede. Proprio per questo, anche prima della modifica ad organo monocratico, il garante non è mai riuscito a mettere concretamente in pratica gli obiettivi per i quali era stato

concepito136.

2.3- Rapporto tra attività istruttoria illegittima e invalidità dell’atto

La violazione di norme che disciplinano l’attività istruttoria vizia gli atti che si fondano su tale attività e porta ad una possibile responsabilità civile per danni

dell’amministrazione finanziaria.

Il primo problema che segue ad una attività istruttoria condotta illegittimamente, corrisponde al fatto: - se le violazioni commesse durante tale fase possano e, in caso positivo, in quali ipotesi, determinare l'invalidità dell'atto di accertamento o

l’irrogazione di sanzioni. Il secondo quesito fa riferimento al fatto che,

indipendentemente dalla impugnazione dell'avviso di accertamento (o prima della sua emissione) il contribuente goda di qualche possibilità difensiva volta, in particolare,

all'inibitoria dell'attività istruttoria illegittima137.

In questo paragrafo verrà analizzato il primo problema.

134 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 671

135 Falsitta G., Manuale di diritto tributario, Cedam, Padova, 2012,pag. 495 136 In Italia Oggi 7, il fisco, Stoppa V., La soluzione? Crederci di più, 20 Luglio 2012

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Al contribuente viene riconosciuta una forma di tutela cosiddetta mediata o indiretta che opera successivamente all’emanazione dell’avviso di accertamento o di irrogazione delle sanzioni138.

Le posizioni che si sono progressivamente affermate in dottrina sono principalmente

tre. La prima posizione è quella dell'annullabilità degli atti viziati139 a causa di una

attività illegittima. Questa posizione fa riferimento alla teoria dell’invalidità derivata140

dell'avviso di accertamento a causa della illegittimità degli atti istruttori. Ciò che viene in riferimento è la nozione di procedimento nel diritto amministrativo, secondo cui l’illegittimità degli atti precedenti si riversa sugli atti successivi e quindi sul

provvedimento finale, determinandone l’illegittimità in via derivata.

In relazione all’applicabilità o meno di tale principio al campo tributario si sono

rilevate delle criticità confermate dai diversi orientamenti giurisprudenziali che si sono

susseguiti nel corso degli anni141. Ci sono state una serie di sentenze della Corte di

Cassazione che ne riconoscono l’applicabilità e sono quindi favorevoli alla posizione del contribuente. Si può far riferimento in tal senso alla sentenza delle Sezioni Unite n.

16412 del 3 luglio 2007, depositata il 25 luglio 2007142, alla sentenza della Cassazione,

138 Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa, Milano,2011 pag. 139 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, pag. 111

140In particolare, si parla di illegittimità derivata nel campo del diritto amministrativo, dove, l’illegittimità

è derivata quando l’atto amministrativo valido, sopporta le conseguenze d’invalidità di un altro atto, precedente o presupposto, al quale sia legato da un nesso di natura procedimentale o da un rapporto di presupposizione.

141 Villani M., In www.tribunafinanziaria.it n.5, 2011

142 Secondo tale sentenza:” La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è

assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa”, ed inoltre ”Nella predetta sequenza, l'omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l'atto consequenziale notificatogli, rimanendo esposto all'eventuale successiva azione dell'amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l'emanazione e la notificazione dell'atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quest'ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria: con la conseguenza che spetta al giudice di merito, la cui valutazione, se congruamente motivata non sarà censurabile in sede di legittimità, interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell'atto consequenziale in base all'una o all'altra opzione” in Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007, in

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sez. Tributaria n. 20253 del 19 ottobre 2005143 e alla sentenza Cassazione, Sez.

tributaria n. 21974 del 16 ottobre 2009144.

Negli ultimi anni però questo orientamento giurisprudenziale pro-contribuente è stato superato da recenti pronunce della Corte di Cassazione. La Quinta Sezione Civile della

Cassazione, con la sentenza numero 4741 depositata il 26 febbraio 2010145,

riguardante l’utilizzabilità di elementi acquisiti a seguito di indagini bancarie effettuate dalla Guardia di Finanza senza autorizzazione da parte dell’A.G., ha asserito che ”(…) l’operato dell’Ufficio, nell’avvalersi delle risultanze bancarie accertate presso terzi, nel rettificare i ricavi aziendali, è pienamente legittimo”. Si sottolineava infatti il fatto che l’autorizzazione non occorreva in quanto si faceva riferimento ad indagini poste in sede amministrativa e non nell’alveo di un procedimento penale. Ancora “l’eventuale

mancanza dell’autorizzazione, se può avere riflessi anche disciplinari a carico del trasgressore, non tocca l’efficacia probatoria dei dati trasmessi, né implica l’invalidità

dell’atto impositivo adottato sulla scorta degli stessi”146.

Tornando alla dottrina che ritiene applicabile la teoria dell’illegittimità derivata al campo tributario, è da considerare la natura procedimentale dell'accertamento tributario. Ugualmente al diritto amministrativo infatti, la teoria suddetta può essere applicata all’accertamento tributario perché esso viene visto come una sequenza di atti coordinati e collegati tra loro al fine di assicurare l’applicazione delle imposte

dovute147. Deve considerarsi annullabile l’atto di accertamento tributario formulato

sulla base di prove acquisite nel corso di indagini illecitamente o illegittimamente esercitate in ossequio al principio generale di legalità. Inoltre tale tesi, per la dottrina,

143 Sentenza in Corr. Trib., 2006, pag. 47 e seg., con nota di Corso P., Sentenza con cui viene negato nel

processo tributario il principio del “male captum bene Retentum”.

144 Sentenza in Corr. Trib, n. 46/2009 pag. 1760 con nota di Marcheselli A.. Tale sentenza ribadisce che le

ispezioni fiscali devono essere espletate solo in caso di presenza di fondati sospetti di evasione fiscale.

145 Cassazione, Quinta Sezione Civile, sentenza n. 4741, depositata il 26 febbraio 2010, in

www.cortedicassazione.it..

146 Cassazione, sez. trib n. 3852 del 16 marzo 2001 in Foro it., 2002, I, 727-739 e n. 22119 del 22 ottobre

2007 in fiscooggi.it

147 In tal senso si fa riferimento alle sentenze n. 15230 del 3 dicembre 2001 e sentenza delle Sezioni

Unite n. 16424 del 21 novembre 2002 in Foro it.: entrambi le sentenze riguardano il caso di una autorizzazione del Procuratore della Repubblica illegittimamente rilasciata per un accesso domiciliare.

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è rafforzata dal disposto normativo dall’art.191 c.p.p148. Questo orientamento

pro-contribuente trova conferma anche nella disciplina predisposta dal legislatore per l’esercizio dei poteri di controllo. Infatti essa sarebbe priva di senso e inutile nel caso in

cui le violazioni dell’attività istruttoria rimanessero impunite149.

Il secondo orientamento dottrinale150 è favorevole al fisco in quanto non considera

applicabile, nel diritto tributario, il principio di illegittimità derivata. L’acquisizione di prove in maniera irregolare o illegittima non determina come conseguenza

l’inutilizzabilità delle stesse, in quanto non esiste nel diritto tributario una norma, come l’art. 191 c.p.p., che sanzioni l’illegittima acquisizione delle prove. Inoltre, viene criticata la teoria in base alla quale l’illegittimità degli atti presupposto della fattispecie procedimentale inficia la validità degli atti successivi e dell’atto finale (l’avviso di accertamento), causando l’illegittimità derivata, perché, tra gli atti di indagine tributaria e l’atto finale non vi sarebbe quella connessione diretta e consequenziale che dovrebbe rappresentare la particolarità di un procedimento di natura

amministrativa151. Questo orientamento, se pur minoritario, è stato confermato da

alcune pronunce di legittimità152.

148 Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate.

L'inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

149 Il Ministero delle Finanze aveva obiettato che l’art.53 del D.p.r. n. 633/1972 che regola gli accessi

domiciliari diretti a ricercare le prove dell'evasione fiscale, non prevede nessuna sanzione di inutilizzabilità delle prove acquisite nel corso dell'ispezione, ancorché illegittimamente autorizzata. La Suprema Corte sempre con la sentenza n. 15230/2001 ha ribattuto che:

"costituisce principio generale immanente al vigente sistema giusprocessualistico quello per il quale il giudice, prima di utilizzare ai fini della decisione una qualsiasi emergenza probatoria, deve verificare la regolarità della relativa acquisizione, restando tenuto a non porre a base della sua pronuncia prove che riscontri indebitamente raccolte". Inoltre le Sezioni Unite con la sentenza n.16424 hanno statuito che “il giudice deputato a svolgere il sindacato della legittimità formale e sostanziale della pretesa impositiva avanzata dall'Amministrazione finanziaria deve verificare la regolarità del procedimento accertativo su cui si fonda tale pretesa, così da controllarne la

rispondenza al paradigma legale. Infatti, "il compito del giudice di vagliare le prove offerte in causa è circoscritto a quelle di cui abbia preventivamente riscontrato la rituale assunzione".

Nell'esercitare tale potere-dovere, il giudice deve considerare che "l'acquisizione di un documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l'autore di tale

violazione, o ne sia comunque direttamente od indirettamente responsabile".

150 Villani M. (a cura di), Il principio di illegittimità derivata nel processo tributario: profili di

interdisciplinarietà e relative criticità, in Tribuna Finanziaria n. 5, febbraio 2011, pag. 25 e seg.

151 Si veda, LA ROSA, Irregolarità delle indagini e validità degli accertamenti tributari, in Il Fisco, n. 1, pp.

5711 ss.; LIPARI, Inutilizzabilità di elementi probatori irritualmente acquisiti, in Il Fisco, 2007, n. 18

152 Cass., 16 marzo 2001, n. 3852 in Foro it., 2002, I, 727-739 secondo cui “La mancata autorizzazione da

parte dell’autorità giudiziaria per la trasmissione di atti, documenti e notizie acquisite nell’ambito di un processo penale, a parte le conseguenze di ordine penale o disciplinare a carico del trasgressore, non rende invalido l’atto di accertamento che si fonda sulla conoscenza di tali elementi probator;

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Ciò che sembra certo però, è il fatto che l’esercizio dei poteri istruttori trova nella legge tributaria sia il fondamento sia i limiti. L’acquisizione di informazioni necessarie ai fini fiscali è vietata oltre i limiti posti dalle norme tributarie e di conseguenza è vietata anche l’utilizzabilità di tali informazioni. Di conseguenza il provvedimento finale non può fondarsi su dati raccolti oltre i limiti prescritti. L’illegittimità dell’atto finale deriva sì da una violazione istruttoria ma essa dipende dal fatto che (e si verifica solo se) il provvedimento non possa reggersi senza gli elementi acquisiti

illegittimamente153. Non tutte le violazioni sono perciò suscettibili di produrre

l’invalidità dell’avviso di accertamento154. Andando a distinguere le norme

sull’istruttoria in: a) norme interne di organizzazione dell’attività degli uffici, b) norme finalizzate a garantire l’accuratezza dell’accertamento, c) norme di garanzia di diritti e interessi privati del contribuente e dei terzi, d) norme di garanzia di interessi pubblici diversi da quelli relativi all’attuazione dei tributi, si può ritenere che la violazione delle norme dei tipi a) e d) non determini l’illegittimità dell’accertamento. L’illegittimità si ha nei casi di violazione di norme dei tipi b) e c) sempre che si tratti di violazioni di

sufficiente gravità155.

In tale senso è possibile ricondurre il terzo orientamento intermedio della dottrina156

che va a considerare la non possibile applicazione, in tutte le ipotesi di irregolarità, del principio di illegittimità derivata. Questa parte della dottrina fa infatti riferimento a vizi

istruttori più lievi ossia a mere irregolarità157.

Cass., Sez. Tributaria, sentenza del 10 aprile 2001, n. 8344, con commento di CAPUTI, in Il fisco, n. 27/2001 p. 9367 secondo cui “ (…)non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile, non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l’ha acquisita, soprattutto in mancanza di una previsione in tal senso.

153 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag. 112 154 In questo senso ritorna in considerazione l’orientamento dottrinale intermedio di Scarlata. 155 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag. 114 156 Così, SCARLATA, Vizi dell’istruttoria e inutilizzabilità delle prove: si rafforza l’illegittimità derivata, in,

Dialoghi tributari n. 1/2004.

157 La dottrina (Scarlata) considera irregolarità che non attengono alla tutela di fondamentali interessi

del contribuente ma al regolare svolgimento dell’azione amministrativa. Ad es. come mere irregolarità ci di riferisce a prove acquisite durante una verifica iniziata in un giorno differente da quello indicato sulle istruzioni del capo dell’Ufficio.

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2.4 – Risarcimento del danno e tutela giurisdizionale del contribuente

La seconda questione legata al tema delle illegittimità istruttorie, riguarda la tutela che il contribuente può invocare a seguito di comportamenti contra legem posti in essere dall’amministrazione finanziaria durante l’attività istruttoria e il giudice competente a cui il contribuente può adire.

Una attività istruttoria condotta senza l’osservanza dei principi fondamentali che

regolano tale attività può risultare lesiva di interessi e diritti del contribuente158. Il

rispetto di tali principi è premessa necessaria per attuare legittimamente la funzione tributaria. Nel caso di accessi senza autorizzazioni, di inviti a comparire non motivati, di mancato esperimento di una fase di contraddittorio obbligatorio prevista dalla legge, di indagini svolte da soggetti non legittimati, di verifiche che si prolungano oltre il limite previsto dal comma 5 dell’art. 12 dello Statuto dei diritti del Contribuente, si può verificare un danno patrimoniale e non patrimoniale al contribuente. Infatti l’attività investigativa potrebbe ostacolare l’attività economica, distogliendo tempo e personale necessario allo svolgimento dell’attività, o potrebbe causare un danno all’immagine professionale del contribuente causando una progressiva diminuzione

della capacità di guadagno159 .

L’esercizio illegittimo dei poteri istruttori da parte dell’amministrazione finanziaria,

denuncia negligenza ed imperizia dell’apparato amministrativo e si traduce in colpa160.

In assenza di una norma ad hoc rivolta alla riparazione degli effetti dannosi prodotti da una attività istruttoria contra legem, deve ritenersi applicabile il rimedio risarcitorio

generale previsto dall’art. 2043 c.c., che disciplina il fatto illecito161. Con la sentenza

500/99 si è affermata la risarcibilità degli interessi legittimi162. Nella fase istruttoria il

contribuente ha un interesse legittimo a che l’amministrazione finanziaria eserciti legalmente e non arbitrariamente il proprio potere d’indagine. Questo interesse deve

158 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 667

159 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 30 160 Boletto G, La giurisdizione in materia di controversie sulla responsabilità civile dell’amministrazione

finanziaria, in La Responsabilità Civile dell'Amministrazione Finanziaria, Questioni teoriche e

politiche, a cura di Rossi P., Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag. 293, Della Valle E., Ficari V., Marini G. (a cura di), il processo tributario, Cedam, Padova, 2008, pag. 102

161 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 42 162 Vedi capitolo 1.

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farsi rientrare nell’interesse c.d. oppositivi163. Il contribuente in tale fase ha infatti un

interesse alla conservazione di una posizione di vantaggio attuale.

Inoltre viene riconosciuto al contribuente anche un interesse partecipativo cioè ad

esercitare tutte le facoltà che gli sono riconosciute dalla legge164 come ad esempio

l’interesse di far inserire nel processo verbale le proprie osservazioni.

La lesione dell’interesse legittimo può portare ad un eventuale risarcimento del danno. Il risarcimento del danno sorge a prescindere dall’emissione di un atto impositivo e non è collegato alla questione tributaria relativa alla legittimità o fondatezza di tale

ultimo atto, la cui emissione, comunque, è eventuale165. La responsabilità è infatti

collegata ad un comportamento, una azione e non a un atto166. Può risultare lesiva di

per sé, essendo suscettibile di incidere in modo diretto e attuale su posizioni

giuridicamente tutelate. Il pregiudizio al contribuente può derivare pertanto anche da una attività istruttoria condotta illegittimamente che si è conclusa con la costata

regolarità della posizione fiscale167.

Perché possa esserci un obbligo dell’amministrazione finanziaria al risarcimento del danno è necessario però che vi sia la compresenza di tutti gli elementi strutturali

affinchè il fatto illecito previsto dall’ art. 2043 venga a compimento168. Gli elementi

costitutivi il fatto illecito vengono individuati in elementi oggettivi ossia: -condotta antigiuridica, - danno ingiusto, -il rapporto di causalità fra fatto e danno; e in elementi

soggettivi: -il dolo o la colpa169.

Facendo riferimento all’attività istruttoria dell’amministrazione finanziaria il primo elemento costitutivo del fatto illecito cioè la condotta antigiuridica può riferirsi sia a una azione sia ad una omissione. Il comportamento lesivo dell’amministrazione si potrebbe concretare, ad esempio, nella omessa adozione delle cautele disposte dal

163 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 49 164 Marongiu G. ( a cura di), i diritti del contribuente nelle fase delle verifiche fiscali, in Lo statuto dei

diritti del contribuente, Giappichelli Editore, Torino, 2004, pag. 146.

165 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 667

166 Gioè C., Brevi considerazioni sugli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano (ex art. 2043 c.c.) con

riferimento alle ipotesi di responsabilità dell’amministrazione finanziaria, in Quotidiano d’informazione giuridica, pag. 1

167 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 42 168 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 70 169 Galgano F., Trattato di diritto civile: Gli atti unilaterali e i titoli di credito, i fatti illeciti e gli altri fatti

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legislatore a garanzia del contribuente (come la mancata informazione circa l’inizio e le ragioni della verifica, o della facoltà di farsi assistere da un difensore), qualora tali omissioni abbiano cagionato un danno. Affinché una condotta omissiva possa essere assunta come fonte di responsabilità per danni, non basta riferirsi al solo principio del neminem laedere sancito dall’art. 2043 c.c., ma occorre la sussistenza di un vero e proprio obbligo giuridico di svolgere un’attività o di compiere un’azione a protezione del diritto altrui170.

Con riferimento al danno ingiusto quale secondo elemento del fatto illecito questo rileva come lesione di un interesse altrui meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. In questo senso il concetto di danno ingiusto circoscrive l’alveo del risarcibile:

saranno pertanto risarcibili solo gli interessi meritevoli di tutela171. Detti interessi non

sono stati specificati dal legislatore pertanto l’individuazione in concreto degli interessi tutelati dall’art. 2043 è rimessa al giudice, il quale decide caso per caso, andando a comparare la condotta tenuta dall’amministrazione finanziaria per la realizzazione di un interesse collettivo e il danno causato al contribuente. Non può ravvisarsi però una responsabilità dell’amministrazione finanziaria nel caso in cui il danno causato al contribuente sia di lievissima entità poiché l’azione dell’amministrazione finanziaria è giustificata in tali casi dal perseguimento di un interesse generale di ordine

superiore172.

Come terzo elemento oggettivo si fa riferimento al nesso di causalità. Non esiste una definizione esplicita di nesso di causalità nel codice civile. Gli unici riferimento si

rinvengono nell’art. 1223173 c.c. e 2043 del c.c. Tale elemento consente di ricondurre in

primis il danno alla responsabilità dell’agente. Si parla in tale senso di causalità in fatto. Successivamente di determinare l’ammontare del danno cagionato. Si parla di

causalità giuridica. Inoltre perché una condotta possa dirsi causa di un evento (e quindi possa ritenersi responsabile l’amministrazione finanziaria) è necessario che essa sia

170 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 72 171 Cutolo M., Diritto privato. Per esami universitari e pubblici concorsi, Giuffrè Editore, Milano, 2006

pag. 378

172 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 79 173 Art. 1223 c.c.:” Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così

la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno , in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.

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condizione sine qua non; in assenza di tale condotta l’evento, il danno non si sarebbe verificato174.

Ultimo elemento costitutivo del fatto illecito è un elemento soggettivo. Si fa

riferimento al dolo o alla colpa. Il dolo può essere definito come elemento psicologico in base al quale il soggetto agente pone in essere una condotta causativa di un danno. Il fatto dannoso viene invece considerato colposo se è realizzato omettendo le

precauzioni necessarie per non ledere l’altrui diritto. Nel fatto illecito previsto dall’art. 2043 c.c. è previsto il dolo o la colpa quindi il danno deve essere stato causato da un comportamento intenzionale oppure dalla negligenza. La differenza tra dolo o colpa non è tanto significativa in tema di responsabilità aquiliana, in quanto i due elementi

psichici vengono equiparati175. Con riferimento alla pubblica amministrazione o meglio

all’amministrazione finanziaria si pongono dei problemi. Infatti la colpevolezza rileva come elemento psicologico riferibile solo ad una persona fisica. La sentenza delle Sezioni Unite n. 500/99 ha rilevato però che l’elemento psicologico assume rilievo fondamentale anche nel giudizio volto ad accertare la responsabilità della pubblica

amministrazione come apparato176.

Spetta al contribuente dimostrare l’elemento psicologico cioè il carattere colposo dell’azione amministrativa in quanto in tema di responsabilità civile della Pubblica amministrazione l’ingiustizia del danno non può considerarsi in re ipsa nella sola

illegittimità dell’esercizio della funzione amministrativa177. Tale illecito segue quindi le

regole generali dell’art. 2043 c.c. secondo il quale è il danneggiato che deve provare l’elemento oggettivo e soggettivo della fattispecie illecita. In mancanza dello stato di

174 In tal senso Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova,

2007,pag. 78, Cassano G., La responsabilità civile. Con ampio formulario e giurisprudenza sul nuovo danno non patrimoniale, Giuffrè Editore, Milano, 2012, pag. 14.

175 Viola L. (a cura di), La responsabilità civile e il danno, Halley Editrice, Matelica, 2007, pag. 120 e seg 176 Sent. 500/99 in Foro it, 1999 punto 11 della motivazione. “Iil giudice ordinario dovrà svolgere una più

penetrante indagine, non limitata al solo accertamento dell'illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato.”

177 Mazzon R., Responsabilità e risarcimento del danno da circolazione stradale, Maggioli Editore,

Santarcangelo in Romagna, 2014, pag. 48, in tale senso anche Boletto G., Responsabilità per danni dell’amministrazione finanziaria, in Riv. Dir. Trib, 2003 pag. 105

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colpevolezza, non verificandosi il completamento della fattispecie astrattamente

delineata dall’art. 2043 c.c. non potrà riconoscersi alcun risarcimento del danno178.

Conseguentemente ad un comportamento dell’Amministrazione finanziaria che presenta i caratteri della illegittimità, il contribuente può invocare una tutela immediata e/o una tutela successiva.

La tutela immediata si esplica durante l’esercizio del potere ed è volta ad inibire il

comportamento contrario alla legge dell’amministrazione finanziaria179.

L’impugnazione dell’atto impositivo successivo non necessariamente è sufficiente a tutelare il contribuente. Nelle specifiche ipotesi di, mancata emissione di un atto impositivo a seguito di illegittima attività istruttoria o lesione di diritti di un soggetto

diverso dal contribuente, infatti la tutela successiva non è considerata sufficiente180.

Questo tipo di tutela immediata e tempestiva è stato ricercato fuori dalla giurisdizione

speciale tributaria. La Cassazione181 riteneva che la tutela giurisdizionale di tali

situazioni fosse differita all’impugnazione dell’atto di accertamento o della

riscossione182. Nei suddetti casi infatti la competenza non può essere riferita alla

commissione tributaria in quanto la contestazione di un atto endoprocedimentale va contro l’elencazione tassativa di cui all’art. 19 d.lgs. 546/1992. L’art. 19 del suddetto decreto individua i limiti interni della giurisdizione tributaria ossia elenca gli atti

impugnabili che possono essere oggetto di esame del giudice tributario183. Questo

perché per avviare un processo dinanzi alla commissione tributaria serve

l’impugnazione184 di un atto. Inoltre nei suddetti casi la controversia non riguarda l’an

178 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag. 73 179 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 667, l’autore fa un esempio di tutela

immediata: tutela contro l’accesso non autorizzato che stia pregiudicando l’attività economica del contribuente

180 In tal senso Boffaro S., La giurisprudenza sui rapporti fisco-contribuente, Giappichelli Editore,

Torino,2015, pag.121 e seg.

181 Sent. Cass. Sez. trib. 3 dicembre 2001, n. 15230 in Rass. Trib, 2002, pag. 641

182 Fantozzi A., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali: la

prospettiva tributaria in Riv. Trib. 2004, pag. 26 e seg.

183 Batistoni Ferrara F., Bellè B., diritto tributario processuale, Cedam, 5°edizione, 2014, Trento, pag.

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e il quantum del tributo185. Anche il Consiglio di Stato186 ha sostenuto l’impossibilità

per il contribuente di impugnare gli atti istruttori di fronte al giudice tributario. La mancanza di una tutela del contribuente è però del tutto inconciliabile con le

prescrizioni dell’art. 113 Cost. co. I e II 187 secondo cui “contro gli atti della pubblica

amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti”. Inoltre oggi l’art. 7 dello Statuto dei diritti dei contribuenti al comma IV prevede che la natura tributaria dell’atto non ne impedisce l’impugnabilità dinanzi ad un giudice diverso da quello tributario, ricorrendone i

presupposti188.

Per individuare l’autorità giudiziaria (diversa da quella tributaria) alla quale rivolgere la domanda di tutela immediata è necessario distinguere l’ipotesi in cui l’atto viene compiuto in carenza di potere dal caso in cui l’atto è illegittimo. Nel primo caso la lesione riguarderà un diritto soggettivo puro e conseguentemente tale diritto sarà tutelabile di fronte al giudice ordinario. In tale ipotesi deve ritenersi esperibile il

rimedio cautelare atipico previsto dall’art. 700 c.p.c. 189 al fine di determinare la

cessazione immediata del comportamento illegittimo190.

Nel secondo caso, invece poiché il potere esiste ma viene esercitato illegittimamente, l’atto lesivo determinerà comunque la degradazione del diritto soggettivo a interesse

legittimo, derivandone perciò la giurisdizione del giudice amministrativo191.

185 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 668 186 Cons. Stato 5 dicembre 2008 n. 6045 in fiscalitax, 2009, pag. 625

187 In tal senso Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa, Milano,2011 pag.61 188 Fantozzi A., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali: la

prospettiva tributaria in Riv. Trib. 2004, pag. 33. L’art.7 dello Statuto dei diritti del contribuente non riconosce quindi una tutela piena delle commissioni tributarie in relazione al complesso delle situazioni soggettive nascenti dalla attuazione del tributo. In questo specifico caso la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo.

189 Fantozzi A., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali: la

prospettiva tributaria in Riv. Trib. 2004, pag. 27

190 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 669

191 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007, pag. 63.

In tal senso anche Fantozzi A., Fantozzi A., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali: la prospettiva tributaria in Riv. Trib. 2004, pag. 27

(23)

L’oggetto dell’azione inibitoria consisterà nella sospensione dell’attività lesiva se questa non è ancora conclusa e nella restituzione del materiale eventualmente acquisito dall’organo di controllo, con diffida dall’utilizzo dello stesso ai fini

dell’istruttoria in corso192.

L’altro tipo di tutela, come detto, è una tutela differita. Essa può essere invocata al termine dell’esercizio del potere ed è volta a reintegrare le lesioni subite dall’attività illegittima193.

Nel caso in cui l’atto venga compiuto in carenza di potere, la giurisdizione designata per richiedere il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. al fine di ottenere, in presenza di tutti i presupposti stabili dalla legge, una reintegrazione del danno subito, è quella del giudice ordinario.

Nel caso in cui l’atto amministrativo è illegittimo la competenza è del giudice amministrativo anche in ordine al risarcimento dei danni patrimoniali

consequenziali194. In riferimento a questo ultimo punto nella sentenza 500/1999 la

competenza del giudice amministrativo per una tutela risarcitoria si ravvisava solo nei

casi di giurisdizione esclusiva. Con l’introduzione dell’art.7 della legge 205/2000195

viene superata questa impostazione e si concentra nella mani del giudice

amministrativo la competenza a decidere sul risarcimento dal danno derivante da atto illegittimo, non più solo nei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ma anche nei casi di giurisdizione generale di legittimità. Il processo amministrativo così come è stato modificato dalle legge di riforma del 2000, non è più connotato quindi da un petitum obbligatorio di annullamento ma può ospitare anche un petitum

risarcitorio196. Anche dinanzi al giudice amministrativo sarà possibile richiedere

provvedimenti cautelari (immediata cessazione del comportamento lesivo)197, a norma

192 Stufano S., La tutela del contribuente nelle indagini tributarie, Ipsoa,Milano,2011 pag.63 193 Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 667

194 Gioè C, Profili di responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria, Cedam, Padova, 2007,pag. 64,

Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Milano, 2012 pag. 669

195 Il V co. dell’art. 7 l. 205/2000 modificando l’art. 7 della legge 1034 del 06.12.1971 sancisce che: ”sono

abrogate le disposizioni che prevedono la devoluzione al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi”.

196 Fanti V., Tutela demolitoria e risarcitoria dell'interesse legittimo innanzi al giudice ordinario e al

giudice amministrativo, Giuffrè Editore, Milano, 2006, pag. 164

(24)

dell’art. 21 della legge n. 1034/1971198. Inoltre a conferma di ciò, come suddetto, si

può far riferimento all’art. 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente in quanto con esso si ammette la possibilità di adire al giudice amministrativo nonostante la natura tributaria dell’atto.

Inoltre, il privato può far valere una tutela risarcitoria oltre il termine di decadenza previsto per l’impugnazione dell’atto amministrativo, di fronte al giudice ordinario nel termine di prescrizione quinquennale. Tale azione risulta infatti essere svincolata da quella di annullamento nei casi di intervenuta definitività dell’atto. L’art.7 legge 205/2000 ha sottratto alla competenza del giudice ordinario, la cognizione delle domande risarcitorie ma solo con riferimento alle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi per evidenti ragioni di connessione e di economia processuale. Pertanto l’azione risarcitoria in questo caso risulta essere svincolata da quella di annullamento nei casi di intervenuta definitività dell’atto199 .

198 Art.21. legge 1034/1971 co. 7:” Se il ricorrente, allegando danni gravi e irreparabili derivanti

dall'esecuzione dell'atto, ne chiede la sospensione, sull'istanza il tribunale amministrativo regionale pronuncia con ordinanza motivata emessa in camera di consiglio.”

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