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Capitolo III Il sistema normativo e sanzionatorio nel settore agroalimentare

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Il sistema normativo e sanzionatorio nel

settore agroalimentare

Sommario: 1. Il sistema sanzionatorio tra codice penale e leggi complementari. – 1.1. Primo livello di tutela: Il Codice Rocco in materia di “delitti in particolare” di cui ai Titoli VI, VII, VIII. – 1.1.1. Le disposizioni sanzionatorie di cui al Titolo VI c.p. – 1.1.2. Le disposizioni sanzionatorie di cui al Titolo VII c.p. – 1.1.3. Le disposizioni sanzionatorie di cui al Titolo VIII c.p. – 1.2. Secondo livello di tutela: Legge 283/1962. – 1.2.1. L’art. 5, 6 e 12 della Legge n. 283/1962. – 1.3. Terzo livello di tutela: Leggi complementari di carattere specialistico in ambito agroalimentare. – 2. La disciplina penale in materia di O.G.M. - 2.1. D.lgs. 206/2001. – 2.2. D.lgs. 224/2003. – 2.3. D.lgs. 70/2005. – 2.4. D.L. 91/2014 (convertito in legge 11 agosto 2014 n. 116). – 3. I reati alimentari tra diritto europeo e ordinamento penale interno. – 3.1. Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (CE) del 178/2002 applicate con il D.lgs. 190/2006. – 3.1.1. Le sanzioni introdotte per il mancato rispetto degli obblighi di rintracciabilità ex art. 18 Reg. 178/02 CE. – 3.1.2. Le sanzioni introdotte per il mancato rispetto degli obblighi di attivazione delle procedure di ritiro, prodotto, comunicazione del rischio all’Autorità sanitaria e collaborazione con questa con la riduzione del rischio (art. 19 e 20). – 3.1.3. Le sanzioni per la mancata comunicazione del rischio alimentare ai consumatori in caso di ritiro prodotto. – 3.1.4. Le sanzioni accessorie in caso di recidiva.

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1. Il sistema sanzionatorio tra codice penale e leggi

complementari.

Il sistema sanzionatorio italiano in ambito agroalimentare si articola su tre livelli

di tutela1. In primo piano si pongono le disposizioni previste dal codice penale a difesa della salute pubblica, della fede pubblica e dell’economia pubblica, industria e commercio; nel secondo livello di tutela troviamo una legge di carattere generale - la legge 283/1962 – avente ad oggetto la disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari e di bevande. Il terzo livello è rappresentato dalle molteplici leggi complementari di carattere specialistico.

Prima di esaminare le sanzioni nel settore alimentare, si riportano di seguito alcuni principi di carattere generale:

- la norma penale è generalmente costituita da due elementi: il precetto, quale comando o divieto di compiere una determinata azione e la sanzione, intesa come conseguenza giuridica che deriva dall’inosservanza del precetto.

- I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni. Nella pratica, dunque, quando si parla di reati si intende richiamare o un delitto, o una contravvenzione. I delitti e le contravvenzioni si distinguono a seconda della specie di pena prevista dal codice penale (art. 39 c.p.): i delitti sono quei reati per cui è prevista la pena dell'ergastolo, della reclusione, della multa, mentre le contravvenzioni sono quei reati per cui è prevista la pena dell'arresto e/o dell'ammenda (art. 17 c.p.). I delitti sono in massima parte previsti e puniti dal libro secondo del codice penale, possono essere dolosi o colposi, e sono puniti più gravemente rispetto alle contravvenzioni. Le contravvenzioni, invece, sono disciplinate sia dal libro terzo del codice penale, sia da numerose disposizioni di leggi speciali2. Una classificazione che trova riscontro unicamente nella diversa gravità del reato, non essendovi una differenza pratica tra ammenda e multa (si tratta in entrambi i casi del pagamento di una somma di denaro allo Stato) e tra arresto e reclusione (trattandosi comunque di privazione della libertà personale). - il nostro sistema sanzionatorio prevede sanzioni di natura penale e di

natura amministrativa.

- per l’applicazione di una sanzione, anche amministrativa, vige il principio di legalità (art.1 legge 689/1981) in base al quale solo con una legge è possibile fissare sanzioni.

1

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 273 ss. 2

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Le condotte indicate negli articoli del codice penale e negli altri livelli di tutela, che analizzeremo nel corso di questo capitolo, come vedremo, possono essere realizzate con dolo o con colpa3, a seconda che sussista o meno la coscienza e la volontà di realizzare l’evento.

Le norme essenziali di riferimento di questo elemento della colpevolezza4 sono rappresentate negli artt. 42 e 43 c.p.:

Articolo 42 c.p. - Nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico dell'agente, come conseguenza della sua azione od omissione.

Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Articolo 43 c.p. - Il delitto:

è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;

è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente;

è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

3

G.DE FRANCESCO, Diritto penale. I fondamenti, Torino, G.Giappichelli Editore, 2011, p. 392 ss

4

M.PASCULLI, < www.uniba.it>, Bari.

La colpevolezza è una condizione essenziale di efficienza del sistema penale, perché non ha senso prevedere una pena per chi non sia colpevole o perché non ha commesso il fatto, o perché non ha commesso il fatto, o perché lo abbia commesso senza dolo, né colpa, o perché non sia imputabile, è possibile quindi affermare che la colpevolezza è una condizione di garanzia del cittadino nei confronti del sistema penale, perché non è giusto punire chi non sia colpevole.

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1.1. Primo livello di tutela: il Codice Rocco in materia di “delitti

in particolare” di cui ai Titoli VI, VII, VIII.

Il codice Rocco5 (che a tutti gli effetti ha sostituito il codice Zanardelli del 1889), approvato nel 1930, e attualmente in vigore, tra gli interessi sociali penalmente rilevanti, ai fini del nostro lavoro, pone i delitti contro l’incolumità pubblica, la fede pubblica e l’economia pubblica, l’industria e il commercio.

Il primo livello di tutela6, rimasto pressoché invariato a seguito della riforma del 19997, risulta composto da 2 diversi gruppi di fattispecie codicistiche di natura delittuosa, collocate rispettivamente:

nel titolo VI del Libro II (Dei delitti contro l’incolumità pubblica) ripartito in III capi:

- Dei delitti di comune pericolo mediante violenza (artt. da 423 a 437 c.p.), - Dei delitti di comune pericolo mediante frode (artt. da 438 a 448 c.p.), - Dei delitti colposi di comune pericolo (artt. da 449 a 452 c.p.).

e nel titolo VIII del Libro II (Dei delitti contro l’Economia pubblica, l’industria e il commercio) ripartito in III Capi:

- Dei delitti contro l’economia pubblica (artt. da 499 a 512 c.p.)

- Dei delitti contro l’industria e il commercio (artt. da 513 a 517 quinquies c.p.)

- Disposizione comune ai Capi precedenti (art. 518 c.p)

Nel primo gruppo rientrano, in particolare, i reati di cui agli articoli 439 (Avvelenamento di acque e sostanze alimentari), 440 (Adulterazione o Contraffazione di sostanze alimentari), 441 (Adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute), 442 (Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate), 444 (Commercio di sostanze alimentari nocive) e 452

5 R.D. 19 ottobre 1930 n. 1398, Approvazione del testo definitivo del Codice penale, in G.U. 251

del 26.10.1930.

6

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 274 ss 7 D.Lgs. 30 dicembre 1999 n. 507, Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema

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(Delitti colposi contro la salute pubblica) c.p., posti essenzialmente a tutela della salute dei consumatori8.

Nel secondo gruppo rientrano i reati di cui agli articoli 499 (Distruzione di materie prime o di produzione agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione), 501 (rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul pubblico mercato e nelle borse di commercio) e più segnatamente gli artt. 514 (Frodi contro le industrie nazionali), 515 (Frode nell’esercizio del commercio), 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine), 517 (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci), 517 bis (Circostanza aggravante), 517 quater (Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari), c.p., posti essenzialmente a tutela dell’interesse economico dei produttori, dei commercianti ed acquirenti di prodotti alimentari, nonché della stessa economia nazionale nel suo complesso. Le fattispecie del secondo gruppo, anche se non in via esclusiva come quelle del primo gruppo, toccano in maniera significativa la materia alimentare, almeno allorquando abbiano per oggetto alimenti.

Dopo aver menzionato questi 2 gruppi di norme, non possiamo non citare, due articoli del titolo VII (Dei delitti contro la fede pubblica) , che dal c.p. viene

ripartito in quattro Capi:

- Della falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori bollo (artt. da 453 a 466 c.p.),

- Della falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione

o riconoscimento (artt. da 467 a 475 c.p.),

- Della falsità in atti (artt. da 476 a 493 bis c.p.), - Della falsità personale (artt. da 494 a 498 c.p.)

e che interessano ugualmente la materia alimentare: gli artt. 473 “Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni” e 474 ”Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”.

8 S.A

ZZALI, (1971), p. 28., in A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, p. 276. La tutela della salute dei consumatori può qualificarsi come anticipazione della protezione di beni individuali (integrità fisica o vita), non ancora danneggiati, ma semplicemente messi in pericolo dai comportamenti incriminati.

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Gli articoli del codice penale interessanti la nostra trattazione, che verranno esaminati in una logica comparativa, rappresentano lo strumento di maggiore tutela in ordine alle potenzialità lesive dei prodotti; ciò anche a seguito della inadeguatezza delle forme di responsabilità civile e alle difficoltà di affermazione dei modelli di tutela amministrativa.

Quindi, come vedremo, una tutela penale che si base essenzialmente nel reprimere offese causate in danno alla salute di persone determinate e nel contrastare offese di rango collettivo.

Una tutela penale che, nel corso degli anni, è stata oggetto di diversi interventi modificativi di depenalizzazione.

Oltre alla legge 689/19819 (modifiche al sistema penale), e agli interventi di cui alla Decreto Legislativo 507/1999 ("Depenalizzazione dei reati minori e riforma

9

Ministero della salute, Piano Nazionale integrato, <http://www.salute.gov.it> (2016).La nascita dell’illecito amministrativo si può collocare con l’entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale”. La legge introduce un sistema compiuto di illecito e sanzione amministrativa. Il sistema ricalca quello penale in quanto la norma ha effettuato la prima opera di depenalizzazione, ovvero la trasformazione di reati in illeciti amministrativi. L’illecito amministrativo è modellato sulla struttura del reato. La constatazione degli illeciti amministrativi è affidata agli organi amministrativi che svolgono attività di polizia amministrativa.

La sanzione è effettiva, proporzionale e dissuasiva.

Effettiva, in quanto è previsto il pagamento di una somma di denaro che può essere riscosso in maniera coattiva. Inoltre l’effettività viene garantita anche dalla circostanza che l’art.11 della legge prevede che nell’applicazione della sanzione, tra il minimo ed il massimo edittale, occorre valutare, tra gli altri elementi, le condizioni economiche del soggetto. Il medesimo articolo 11 garantisce anche la proporzionalità della sanzione, in quanto nell’irrogazione della medesima si deve tener conto: della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, della personalità e delle condizioni economiche. La dissuasività della sanzione è assicurata dall’entità della stessa e dalla possibilità di applicare oltre alla misura del pagamento, sanzioni accessorie quali la confisca (art. 24 legge 689/1981) e, per quanto concerne la vigilanza sulle norme in materia di igiene degli alimenti, la chiusura dello stabilimento. Inoltre la medesima legge prevede l’istituto della “reiterazione“ (commissione di una successiva violazione della stessa indole) in presenza della quale si decade da alcuni benefici. Per le sanzioni amministrative pecuniarie, vige un procedimento applicativo di natura essenzialmente amministrativa incentrato su una “ordinanza-ingiunzione” dell’autorità competente, con l’intervento del giudice ordinario solo a seguito di ricorso di “opposizione” dell’interessato. Il procedimento amministrativo sanzionatorio inizia con un’attività di accertamento, ad opera dei diversi organi di controllo che operano nel comparto, e la rituale contestazione di un illecito ad un soggetto ritenuto responsabile, segue una fase istruttoria con possibilità per lo stesso soggetto di discolparsi attraverso scritti, documenti e l’audizione personale. A termine di tale fase l’Autorità, se ritiene fondato l’accertamento determina la somma dovuta a titolo di sanzione e ne ingiunge il pagamento, altrimenti emette un’ordinanza motivata di archiviazione degli atti. L’Autorità competente otre a decidere sull’esistenza dell’illecito e sull’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria si pronuncia sui provvedimenti cautelari di sequestro che hanno la

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del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205"), non si può non tener conto degli interventi normativi-modificativi, introdotti dal recente Decreto Legislativo 28/2015 ad alcuni articoli del c.p. in materia agroalimentare.

Con il Decreto Legislativo 16 marzo 2015 n. 2810, sono state introdotte le condizioni in base alle quali sarà evitato il processo penale in caso di imputazioni per reati puniti con una pena base contenuta nel massimo entro cinque anni.11 Per l’applicazione del decreto è necessario che il fatto-reato sia caratterizzato dall’esiguità del danno o del pericolo e che il comportamento del colpevole non

sia abituale cioè nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale o

per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità.

Il giudice, nel valutare il fatto, avvalendosi del proprio potere discrezionale12,

oltre ai rigorosi limiti normativi, dovrà tenere conto delle istanze della persona offesa e dello stesso indagato o imputato, le cui contrapposte ragioni dovranno emergere nella dialettica procedimentale, tanto in fase di contraddittorio sull’eventuale richiesta di archiviazione quanto nella fase dibattimentale. Sono state inoltre introdotte modifiche al D.P.R. n. 313/200213, ai fini dell’iscrizione, in un apposito casellario giudiziario14 (Titolo II Casellario Giudiziale del Testo unico sul casellario giudiziale D.P.R. 14/11/2002 n.313 art. 3 “Provvedimenti iscrivibili”) dei provvedimenti in materia di particolare tenuità del fatto.

funzione di vincolare un bene e impedirne la circolazione al fine dell’applicazione della sanzione accessoria della confisca.

10 <www.gazzettaufficiale.it>,(2015) 11

R.AMOROSO,La nuova disciplina della particolare tenuità del fatto: primi quesiti applicativi,

2015, <http://www.altalex.com> (15/04/2015)

12

A.CASAPULLA, Pena e potere discrezionale del giudice: obbligo motivazionale ex art. 132 c.p.,

<http://www.altalex.com>(2013). Il riconoscimento del potere discrezionale al giudice penale è una scelta legislativa che riposa innanzitutto sulla difficoltà, o meglio, sull’impossibilità per il legislatore di descrivere tutte possibili manifestazioni del caso e (alla luce del grado di disvalore del fatto) decidersi per la risposta penale che al concreto episodio criminoso si ritiene debba seguire.

13

D.P.R. 14 novembre 2002 n. 313,Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, in GU 36 del 13.02.2003

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Il Decreto non trova applicazione, pur nella tenuità del fatto, quando l’autore abbia agito: per motivi abietti o futili, con crudeltà (anche in danno di animali), adoperando sevizie, profittando delle condizioni di minorata difesa della vittima (anche in riferimento all’età della stessa), in caso di morte o le lesioni gravissime anche se come conseguenza non voluta.15

Di seguito l’elenco dei reati, oggetto del nostro lavoro, rientranti nell’applicazione del Decreto Legislativo 28/2015:

- Adulterazione o contraffazione di cose in danno della pubblica salute art. 441 c.p.

- Commercio di sostanze alimentari nocive art. 444 c.p. - Frodi contro le industrie nazionali art. 514 c.p.

- Frode nell’esercizio del commercio art. 515 c.p.

- Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine art. 516 c.p. - Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine

dei prodotti agroalimentari art. 517 quater - Truffa art. 640 c.p.

1.1.1. Le disposizioni sanzionatorie di cui al Titolo VI c.p.

Le disposizioni del Titolo VI dimostrano l’importanza che il legislatore ha voluto riservare all’incolumità pubblica, ponendola tra gli interessi penalmente rilevanti e definendola come:

“la sicurezza di tutti i cittadini in genere senza determinazione e limitazione di

persone (collettività dei cittadini, società, pubblico) contro i danni fisici personali (alla vita, alla salute) e patrimoniali derivanti dallo scatenamento, ad opera dell’uomo, delle forze naturali, dall’alterato funzionamento dei mezzi di trasporto e di comunicazione, dalla alterazione di sostanze alimentari e medicinali destinate al pubblico, ecc.”.16

15

P.DI NICOLA,Breve introduzione al nuovo istituto della non punibilità del fatto per particolare tenuità,<http://www.questionegiustizia.it>, (2015).

16

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Le norme relative alla salute dei consumatori contemplate nel Titolo VI, non solo, non sono state oggetto di alcuna abrogazione o modificazione da parte di leggi speciali, ma conservano una propria autonoma e rilevante sfera di applicazione. Se si presta infatti, attenzione ad aspetti particolarmente inquietanti di aggressione alla salute pubblica17, si può notare come la disciplina codicistica in vigore abbia più volte dimostrato inaspettate capacità di adattamento alle emergenze svolgendo altresì un efficace ruolo nella difesa della salute dei consumatori.

In materia alimentare la salute non è comunque, l’unico bene personale coinvolto, in quanto se ne possono riscontrare anche altri, finalizzati a tutelare il consumatore, che deve essere garantito anche sulla genuinità18, integrità, purezza di un certo prodotto, a prescindere dagli effetti negativi per la salute, che possono essere anche assenti.

Di seguito gli articoli del Titolo VI, oggetto del nostro lavoro.

17 Trib. Cuneo 6 maggio 1988, Codice di diritto penale delle imprese e delle società con note di A.

Di Amato, p.946.

L’uso di sostanze anabolizzanti da parte di un allevatore costituisce adulterazione e corrompimento delle carni bovine a norma dell’art. 440 c.p.; tale attività, infatti, realizza un pericolo effettivo e concreto per la salute pubblica soprattutto allorché dette sostanze sono utilizzate senza alcun criterio di carattere tecnico- scientifico accettabile e cioè senza un dosaggio o frequenza prefissati da intenditori e quindi senza quelle cautele di carattere sanitario che potrebbero rendere le sostanze in oggetto meno o per nulla pericolose.

18

C. SANTORIELLO, Reati alimentari e responsabilità della persona giuridica, <www.giurisprudenza.unipg.it> p.184

Con la nozione formale di genuinità si definisce la corrispondenza della sostanza ai parametri che sono formalizzati in apposita disciplina. Sono quindi non genuini sia i prodotti che abbiano subito un’alterazione nella loro essenza e nella composizione mediante la commistione di sostanze estranee o la sottrazione di principi nutritivi rispetto a quelli prescritti, sia quelli che contengono sostanze diverse da quelle che la legge indica per la loro composizione o che contengano sostanze in sé genuine in una percentuale superiore o inferiore rispetto a quella consentita dalla normativa di settore.

E’ stata ritenuta perciò la non genuinità del pane che presenti un contenuto d’acqua superiore al massimo consentito o del formaggio che abbia una sostanza grassa inferiore a quella stabilita dalla legge, il latte che presenti una sostanza grassa in misura inferiore al 3%.

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Articolo 439 c.p. “Delitto di avvelenamento di acque o di sostanze alimentari” – Libro II, Capo II – “Chiunque avvelena acque19 o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo20

, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l’ergastolo; e, nel caso di morte di più persone si applica la pena di morte (attualmente sostituita con l’ergastolo in virtù della soppressione della stessa D. lgs. lgt. 224/4421)”.

Nel caso dell’articolo 439 c.p.22, si tratta dell’ipotesi più grave di reato contro la salute pubblica in tema di alimenti e bevande; l’estrema severità delle sanzioni è

19 B

ROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Il reato in esame si considera configurabile anche nel caso in cui delle sostanze nocive siano state versate sul terreno in modo tale da contaminare pozzi contenenti acque che, dopo la necessaria clorazione, sarebbero divenute potabili, nonchè nei casi di avvelenamento di acque non destinate direttamente all'alimentazione.

20 B

ROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

L'avvelenamento delle sostanze alimentari deve essere compiuto prima che le stesse siano state somministrate alle singole persone che le devono consumare, solo così può dirsi tutelata la salute pubblica, diversamente si avrebbe una lesione individuale.

21

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Tale ipotesi aggravata prevista è da ritenersi priva di valenza pratica in conseguenza della abolizione della pena di morte (v, art. 17).

22

Cass., 8 marzo 1984 n. 169989. Non è necessario per configurare il reato, che il veleno introdotto sia potenzialmente letale, essendo sufficiente l’attitudine a nuocere alla salute.

Cass., 8 marzo 1984 n. 6651. Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 439 c.p. l'avvelenamento delle acque destinate all'alimentazione non deve avere necessariamente potenzialità letale, essendo sufficiente che abbia la potenzialità di nuocere alla salute. Le acque considerate dall'art. 439 c.p. sono quelle destinate all'alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza. Pertanto è configurabile la fattispecie criminosa prevista dall'indicata norma anche se l'avvelenamento delle acque sia stato operato in acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all'uso alimentare. (Fattispecie in cui, trattandosi di sversamento nel terreno di sostanze inquinanti di origine industriale penetranti in falde acquifere, con conseguente avvelenamento dell'acqua di vari pozzi della zona, è stata respinta la tesi difensiva secondo cui per acqua destinata all'alimentazione deve intendersi solo l'acqua «potabile» a norma dell'art. 249 T.U. leggi sanitarie).

Cass., 29 ottobre 2014, n. 45001. Per la configurabilità del reato di avvelenamento (sia esso ipotizzato quale delitto doloso, o quale fatto colposo) di acque o sostanze destinate all’alimentazione, pur potendosi ritenere giustificato l’orientamento secondo il quale il reato è di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un “avvelenamento” vi sia comunque stato. E il termine “avvelenamento”, non può riferirsi che “a condotte che per la qualità e la quantità dell’inquinante siano pericolose per la salute pubblica (vale a dire potenzialmente idonee a produrre effetti tossico-nocivi per la salute)”. Detta pericolosità deve dunque potersi ritenere scientificamente accertata, nel senso che deve essere riferita a “dose di sostanza contaminante alla quale le indagini scientifiche hanno associato effetti avversi per la salute”. Ne discende che non può ritenersi corretto, neppure ai limitati fini dell’apprezzamento del fumus del reato contestato, allorché si ipotizza che questo consisterebbe nell’avvelenamento di acque o di sostanze alimentari ai sensi dell’articolo 439 c.p., il riferimento a schemi presuntivi che si attestano su indicazioni di carattere meramente precauzionale, ovvero, in particolare, ai cosiddetti CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), limiti di concentrazione della contaminazione che costituiscono ai sensi del

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giustificata dalla particolare gravità del fatto contemplato nella norma medesima, la cui competenza è affidata alla Corte d’assise. La dottrina e la giurisprudenza hanno sottolineato che le acque protette da questa disposizione sono quelle destinate in via diretta al consumo, e quelle che (come le acque di superficie o estratte dai pozzi), essendo impiegate per la coltivazione di prodotti agricoli o per l’allevamento di bestiame, risultano indirettamente destinate alla pubblica alimentazione.

Questo articolo presenta una diversità fondamentale, rispetto alle fattispecie che di seguito verranno esaminate: gli articoli 440, 441, 442 e 444 contengono infatti un esplicito riferimento all’elemento del pericolo, contrariamente all’articolo 439 c.p.23 Sulla base di questa considerazione si è ritenuto che l’accertamento dell’esistenza di tale pericolo, sia requisito implicito anche della fattispecie dell’art. 439, poiché il pericolo è intrinseco al concetto stesso dell’avvelenamento

(espressione che il legislatore usa per definire la modifica di una sostanza

decreto legislativo sull’inquinamento la prudenziale indicazione di una soglia di valori al di sotto della quale non si richiede, neppure in presenza di assunzione quotidiana e sul lungo periodo, alcun accertamento ulteriore di rischio e il cui superamento neppure basta ad integrare la fattispecie specifica di cui al D.lgs. 156 del 2006, art. 257, posto che per la punibilità delle condotte ivi previste – che pure implicano un “inquinamento” che costituisce evidentemente un minus rispetto all’ipotesi di “avvelenamento” – si richiede il superamento delle “concentrazioni soglie di rischio” (CSR), ovverosia di valori ben superiori ai parametri di CSC.

Cass., sez. IV., 8 marzo 1984. Le acque considerate dall’art. 439 sono quelle destinate all’alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza. pertanto e configurabile la fattispecie criminosa prevista dall’indicata norma anche se l’avvelenamento delle acque sia stato operato in acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all’uso alimentare (fattispecie in cui, trattandosi di versamento nel terreno di sostanze inquinanti di origine industriale penetranti in falde acquifere, con conseguente avvelenamento dell’acqua di vari pozzi della zona, è stata respinta la tesi difensiva indirizzata nel senso opposto).

Trib. Venezia, 22 ottobre 2001, (Riflessioni in tema di causalità). La quale decideva con riguardo alla scoperta degli effetti tossici e cancerogeni del cloruro di vinile monomero, sostanza utilizzata per la realizzazione del Pvc nello stabilimento petrolchimico di Porto Marghera (VE) - , Nella fattispecie di cui all’art. 439, le acque di falda sono oggetto di protezioni quale risorsa naturale in sé, nel loro stato originario, quale valore alimentare futuro, ancorché non estratte dal suolo ed in quanto potenzialmente raggiungibili con moderne tecnologie per lo sfruttamento ad uso umano. La destinazione all’alimentazione non implica la potabilità delle acque di falda ma rende necessaria le verifica della loro suscettibilità ad essere attinte per il ripristino della disponibilità di acque dolci (nel caso di specie, il Tribunale ha escluso, in fatto, la sussistenza di tale attitudine per le acque delle falde superficiali esistenti nell’area di insediamento del plesso industriale).

P. CENDON, Il risarcimento del danno non patrimoniale, La Feltrinelli, 1987, p. 2801. L’alimentazione cui fa riferimento la norma (art. 439 c.p.) è esclusivamente quella umana. La condotta di avvelenamento rilevante ai sensi e per gli effetti della presente norma incriminatrice (439 c.p.), si realizza mediante l’immissione di sostanze tossiche (non necessariamente letali), nell’acqua o negli alimenti solidi.

23

G. RICCIARDI, I delitti contro la salute pubblica nel codice penale, <dspace-unipr.cineca.it>

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alimentare, tale da renderla in grado di causare effetti letali per l’organismo, quale la morte, ovvero di compromettere in forma grave ed irreversibile la funzionalità di singoli organi o dell’intero organismo umano) , in relazione al

quale si deve anzi fornire la prova della sua particolare intensità.

Pertanto, possiamo dire di essere di fronte ad un delitto di pericolo comune. In quanto esso presuppone che il pericolo derivi dall’avvelenamento di sostanze destinate al consumo alimentare di una pluralità indeterminata di persone. In questo senso è condivisibile la decisione con la quale si è ritenuto che non possa essere inclusa nella fattispecie in esame l’ipotesi in cui “un gestore di un bar

somministri per errore ad un cliente, che aveva richiesto un bicchiere di acqua minerale, del liquido per lavastoviglie, tossico e nocivo, contenuto in una bottiglia recante all’esterno un’etichetta di acqua minerale”24

. Trattandosi di

somministrazione di una sostanza pur sempre nociva per la salute umana, ma non destinata all’alimentazione e facendo difetto la condotta di avvelenamento, un caso del genere non può assumere rilevanza nell’ ambito delle fattispecie poste a tutela dell’incolumità fisica o della vita della persona (lesioni colpose o omicidio colposo).

Ma non è possibile neanche assimilare un delitto quale l’avvelenamento (articolo 439 c.p.) alle contravvenzioni che puniscono l’immissione di sostanze inquinanti in un fiume, in violazione dei limiti tabellari fissati dalla autorità. Infatti, questi limiti sono fissati in base alla presunzione che al di sotto degli stessi non sussista alcun pericolo di inquinamento, in quanto la situazione pericolosa sorgerebbe solo con il superamento delle soglie prefissate.25

Il delitto in questione, può inoltre essere definito, come un reato di evento a forma

libera, in quanto suscettibile di essere realizzato sia in forma commissiva, sia in

forma omissiva (come ad esempio nel caso dell’omessa adozione – da parte del titolare della posizione giuridica di garanzia – di cautele doverose atte ad evitare

24

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 314. 25

G. RICCIARDI, I delitti contro la salute pubblica nel codice penale, <dspace-unipr.cineca.it>

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sversamenti di prodotti tossici, che abbiano poi cagionato l’avvelenamento di pozzi di acqua potabile).

C’è da aggiungere, inoltre, che nel caso previsto dall’articolo 439 c.p., il giudice non deve provare il pericolo per la salute pubblica, ma è pur sempre vero che deve fornire la prova che le acque siano state avvelenate mediante l’introduzione di sostanze tossiche che possono danneggiare i consumatori, anche in assenza di una potenzialità di carattere letale. Posto che non si richiede né che le cose avvelenate siano effettivamente consumate, né che qualcuno abbia riportato un danno alla salute. Si deve conseguentemente giungere alla conclusione che la pericolosità posta alla base del reato di avvelenamento, non è una pericolosità presunta ossia astratta, bensì una pericolosità concreta la quale comunque deve essere accertata, come già detto, dal giudice in riferimento ad ogni singolo caso.

La destinazione all’alimentazione è un requisito che si riferisce, non solo alle

“acque avvelenate”, ma anche alle acque che non siano “potabili” a norma delle

leggi sanitarie, purché siano destinate a scopi alimentari dagli abitanti di una determinata località. Oltre alle acque, l’articolo 439 c.p. fa riferimento alle “altre

sostanze destinate all’alimentazione”, intendendo con questa definizione quelle

generalmente usate come cibo o bevanda (esulano perciò da tale nozione quelle prive di funzione nutrizionale, come per esempio il tabacco o il dentifricio). Nel nostro caso, il dolo è costituito dalla volontà di provocare l’avvelenamento con la consapevolezza della destinazione al consumo umano delle acque e delle altre sostanze. Il fatto è punibile invece a titolo di colpa a norma dell’art. 452 c.p., come vedremo in seguito.

Il delitto oggetto dell’art. 439 c.p. è configurabile nei soli casi in cui la condotta sia tenuta nelle fasi antecedenti al consumo individuale quali ad esempio la fabbricazione, la distribuzione all’ingrosso o al minuto, fino a quando persista il dato dell’indeterminabilità delle persone che in concreto assumeranno le predette sostanze. Il tutto con il presupposto di prevenire e di reprimere le sole condotte idonee a porre in pericolo un numero indeterminato di persone in modo da

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lasciare nell’ambito di altre fattispecie (omicidio volontario ecc.) le condotte che si indirizzino contro persone determinate.

Se ne deduce pertanto, che se la condotta viene posta in essere dopo che le acque o sostanze siano state attinte o distribuite per il consumo viene meno il requisito essenziale della pericolosità comune26, incarnato dalla diffondibilità del danno alle persone e dall’indeterminatezza dei consumatori finali. L’immissione di veleno nelle cose nell’atto della vendita ad una persona determinata (pericolo individuale) rappresenta, pertanto il limite negativo esterno della tipicità, giacché l’avvelenamento successivo all’attingimento o alla distribuzione per il consumo si dirige necessariamente verso un numero circoscritto di persone determinate e dà al fatto la fisionomia di delitto contro la persona. Conseguentemente, si è ritenuto che l’avvelenamento di acque private possa rilevare ai sensi della disposizione in esame, soltanto quando i relativi utenti rimangono indeterminati. 27

Articolo 440 c.p. “Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari” – Libro II, Capo II - “Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate

all’alimentazione28

, prima che siano attinte o distribuite per il consumo29, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

La stessa pena si applica a chi contraffa, in modo pericoloso per la salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.

La pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali30”.

La condotta dell’articolo31

in esame si riconduce ad un comportamento umano, che mette in pericolo la salute individuale e/o collettiva in modo volontario o

26

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 318. 27 A.G

ARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 336 ss 28 B

ROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Tale fattispecie viene considerata come un'ipotesi di frode, tuttavia è rimarcata la possibile configurazione del reato in esame anche nelle ipotesi nelle quali la condotta non sia realizzata con atti occulti o fraudolenti o espressamente vietati dalla legge.

29

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

La condotta deve essere compiuta prima che le sostanze alimentari siano state somministrate alle singole persone che le devono consumare, solo così può dirsi tutelata la salute pubblica, diversamente si avrebbe una lesione individuale.

30

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Si tratta di una circostanza aggravante, tuttavia alcuni autori propendono per considerarla un'ipotesi incriminatrice autonoma.

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involontario, che può essere realizzato da chiunque, ma soprattutto dalle imprese (quindi da soggetti “interessati” del mercato e della catena alimentare di produzione) con specifico fine di lucro. Le azioni che portano al corrompimento o all’adulterazione vengono poste in essere sempre in un momento anteriore alla messa in commercio dei prodotti. Ribadendone il concetto, si parla di adulterazione quando il comportamento umano incide su sostanze o alimenti già esistenti (es. aggiunta di alcool metilico nel vino al fine di aumentarne il grado

alcolico) Si parla invece di contraffazione quando il comportamento porta alla

creazione di una cosa non autentica (es. olio di semi, con aggiunta di clorofilla o

betacarotene, venduto per olio di oliva extra vergine).

In sintesi, se la contraffazione consiste nell’elaborazione di una sostanza con elementi diversi da quelli che caratterizzano la sua composizione naturale, l’adulterazione si verifica quando nella sostanza vengono immessi elementi che naturalmente non né fanno parte oppure nell’eliminazione di sostanze naturalmente presenti in tale prodotto. Pertanto si ha contraffazione quando in una cosa nella cui composizione entrano materie diverse, si inseriscono non le sostanze genuine che, secondo la comune esperienza dovrebbero esservi inserite, bensì altre diverse, aventi le apparenze delle prime, in modo da dare alla cosa composta l’apparenza di cosa prodotta con sostanze genuine secondo il normale processo di fabbricazione.

31 Cass., pen. sez. VI, 5 novembre 1990. Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze

alimentari, previsto dall’art. 440 c.p. è a forma libera, e quindi, può realizzarsi anche mediante attività non occulte o fraudolente ne espressamente vietate dalla legge.

Cass. pen. sez. I, 28 maggio 2007 n.21021. L’elemento oggettivo (materiale) del reato, previsto e punito dall’art.440 c.p., consiste in una condotta fraudolenta che è in grado di ingannare i consociati. In sintesi, si osserva che il reato di adulterazione di sostanze alimentari esige una condotta diretta a determinare modifiche alla composizione chimica o delle caratteristiche delle sostanze alimentari, con esclusione di processi modificativi di carattere biologico o putrefattivo.

Cass. pen. sez. I, 9 dicembre 2009 n. 604. Integra il reato di contraffazione di sostanze alimentari la somministrazione di sostanze nocive (nella specie, estrogeni, cortisonici, sostanze ad effetti steroidei e ormoni) a bovini ancora vivi, che pur non potendo considerarsi, sotto il profilo fisiologico, come sostanze destinate all'alimentazione, tali devono considerarsi sotto quello funzionale, essendo essi di norma destinati, dopo la macellazione, all'alimentazione umana. Cass. pen. sez. I, 29 gennaio 1997 n. 2953. Il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari — previsto dall'art. 440 c.p. — è di mero pericolo, di guisa che, perfezionandosi con la semplice adulterazione o contraffazione di una sostanza destinata alla alimentazione, da cui derivi un pericolo per la salute pubblica, per la sua sussistenza non è necessario che in concreto si verifichi un evento dannoso.

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In effetti, adulterazione e contraffazione devono essere considerate condotte alternative, accomunate dal fatto di negare e contraddire la genuinità del prodotto. Entrambe sono condotte di falsificazione, che non comportano necessariamente la pericolosità32 dell’alimento, potendosi dare l’ipotesi di contraffazione e adulterazione innocue per la salute.

L’eventuale pericolosità dell’alimento, può essere accertata attraverso l’individuazione concreta di requisiti della sostanza adulterata tali da renderla potenzialmente capace di pregiudicare le funzioni organiche della cosa destinata al consumo.

Le condotte elencate nell’articolo 440 c.p. possono essere realizzate con dolo o con colpa, a seconda che sussista o meno la coscienza e la volontà, di realizzare l’evento finalizzato a mettere in pericolo la salute pubblica.

In dottrina, si è però diffusa la tesi, secondo la quale contraffazione e adulterazione possono essere soltanto dolose, escludendo in tali casi la punibilità a titolo colposo; salvo il caso in cui l’agente dimostri di aver agito erroneamente, ma in buona fede e per consuetudine. L’illecito in esame assume dunque natura colposa, quando uno dei due elementi costitutivi della pericolosità (dannosità del prodotto o sua destinazione al commercio) sia rimasto estraneo alla coscienza o volontà dell’agente.33

Un esame a parte merita la terza condotta citata nell’art. 440 c.p.: il corrompimento di acque o sostanze destinate all’alimentazione (es. smaltimento di

rifiuti tossici in acque utilizzate per le coltivazioni agricole di prodotti destinati al consumo umano - utilizzo di anabolizzanti per l’allevamento di carni bovine).

Tale espressione sta ad indicare forme di deterioramento e inquinamento di acque o sostanze destinate all’alimentazione, comprendendo “ogni specie di attività diretta a guastare o viziare la composizione naturale di una sostanza”34

.

32

S.AZZALI,(1971),p. 27 ss.,in A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, p. 275. Nell’art. 440 c.p., la pericolosità delle sostanze alimentari adulterate andrebbe accertata dal giudice astraendo dalle caratteristiche degli eventuali consumatori, secondo la prospettiva del c.d. reato di pericolo astratto-concreto.

33

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 382. 34

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Si tratta di una condotta, in origine riferita alle sole acque; ma in quanto l’acqua è destinata all’alimentazione oggi tale nozione di corrompimento è riferibile sia alle acque e sia alle sostanze alimentari, questo è quanto possiamo dedurre leggendo il primo comma del citato articolo (440 c.p.).

Le modalità esecutive, che determinano il corrompimento o gli altri tipi di trattamenti eseguiti sugli alimenti sono ininfluenti, perché ciò a cui si da peso è il risultato della condotta e l’influenza che questa può avere sul prodotto, rendendolo più o meno pericoloso per la salute pubblica.

Non deve essere trascurata, la lieve differenza che intercorre tra la condotta in esame e l’adulterazione.

Le opinioni sottolineano la parziale identità e omogeneità delle due nozioni, infatti secondo alcuni autori, l’adulterazione sarebbe una specie di corrompimento, secondo altri, il corrompimento dovrebbe essere considerato una specie di adulterazione; altri ancora intendono le due condotte come due specie del genus sofisticazione.

Oltre a tali diffuse opinioni, dobbiamo però ribadire quella che è la differenza concettuale tra le due qualificazioni: mentre il corrompimento denota il mero deterioramento o inquinamento, fine a sé stesso, ossia la commistione con elementi estranei, incidente sulla purezza o sulla salubrità, l’adulterazione implica invece la modificazione della composizione naturale o della struttura dell’alimento, mediante la sostituzione di componenti, la variazione della loro percentuale o la loro sottrazione qualificate dalla tendenza oggettiva all’apparenza di genuinità.35

Quindi a differenza dell’adulterazione e della contraffazione, il corrompimento non assume di per sé un carattere originariamente fraudolento, bensì può acquisirlo nella misura in cui essendo operato in modo tale da occultare agli occhi del pubblico il vizio della sostanza, finisca con il rendere pericolosa quest’ultima per la salute pubblica, visto che come abbiamo già detto tale condotta assume rilevanza in riferimento sia alla contaminazione delle falde acquifere da parte di attività industriali, sia a fenomeni di inquinamento aventi ad oggetto raccolti e coltivazioni.

35

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Ciò che accomuna le tre tipologie di condotta, sopra esaminate, è “l’attitudine a rendere pericolose le sostanze alla salute pubblica”.

Pertanto gli articoli 439 e 440 del c.p. devono essere distinti in base alla gravità delle conseguenze: mentre nel caso dell’avvelenamento, come già detto, il bene oggetto di tutela è la vita di una pluralità indeterminata di consociati, nell’ipotesi di cui all’art. 440 c.p. ad essere messa a repentaglio è invece, la salute pubblica in senso stretto (l’avvelenamento non deve avere necessariamente potenzialità letale).

Dal campo di applicazione dell’art. 439 c.p. devono essere escluse le condotte di avvelenamento dalle quali non derivi la probabilità della causazione della morte ma, semmai del verificarsi di malattie, suscettibili di rientrare nella fattispecie successiva (art.440 c.p.), il cui trattamento sanzionatorio coincide con quello previsto per le ipotesi di lesione personali gravi e gravissime, inferiore a quello previsto dall’art. 439 c.p.36

Di seguito si riportano alcuni tra i più recenti casi che hanno avuto risonanza sui media, legati alle condotte di cui all’ art. 440 del c.p. (la cui competenza è affidata al tribunale collegiale), che dimostrano la frequenza delle condotte fraudolente e la conseguente necessità di misure sempre più adeguate al loro contrasto:

1. Nel 2014 “il C.F.S. (Corpo Forestale dello Stato) scopre una associazione per delinquere che commercializzava mozzarella DOP contraffatta nel casertano, rischiosa per la salute umana. Un episodio grave che colpisce duramente l’immagine di un prodotto che sviluppa un fatturato di oltre 435 milioni di euro dei quali 71 milioni realizzati grazie alle esportazioni in tutto il mondo. Un’operazione a difesa dei tanti consumatori che in Italia e all’estero apprezzano la mozzarella di bufala campana ma anche dei 1500 allevamenti impegnati ogni giorno nel garantire gli standard di sicurezza previsti dal disciplinare di produzione”37.

36

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 322 ss. 37 C

OLDIRETTI, Mozzarella: Coldiretti, da adulterazione danni a 1500 allevatori, 2014, in riv. Il giornale delle imprese agroalimentari.<http://www.coldiretti.it>

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2. La magistratura scopre una “colossale truffa sull’olio extravergine di oliva, in seguito ad un’inchiesta avviata nei primi mesi del 2013 dal pm di Siena e condotta dalla guardia di finanza senese e dall’ispettorato repressione frodi del Ministero delle politiche agricole. Nel corso delle indagini sono state sequestrate 300 tonnellate di olio. Sono state eseguite numerose perquisizioni in Toscana, Umbria, Lazio, Campania e Puglia in note aziende e stabilimenti che operano a livello nazionale e internazionale. Secondo quanto è stato accertato, enormi quantitativi di olio extravergine di oliva di scarsa qualità sono stati comprati all’estero e ricollocati sul mercato italiano. Nel corso del 2013 la guardia di finanza e gli ispettori del Ministero hanno eseguito numerosi controlli nei principali porti italiani e hanno scoperto che sono stati importati in Italia oli c.d. “deodorati” cioè sottoposti a trattamenti industriali di raffinazione in grado di eliminare odori e sapori sgradevoli da una materia prima di scarso pregio e qualità.38 La truffa danneggia sia i consumatori che i produttori onesti”39

.

Articolo 441 c.p. “Adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute” Libro II, Capo II -“Chiunque adultera o contraffa, in modo

pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio40, diverse da quelle indicate nell’articolo precedente41

, è punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore a euro 30942”.

38 A.G

ARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 381.

39 F.S

ELVATICI, Olio extravergine contraffatto, sequestrate 300 tonnellate, 10 aprile 2014, in La repubblica.

40

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

La fattispecie si differenzia da quanto previsto all'art. 440, in materia di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, in quanto ha per oggetto cose destinate al commercio, ovvero oggetto di scambio o circolazione dietro corrispettivo.

41

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Si viene quindi a determinare per esclusione l'oggetto della tutela, che di conseguenza si riferisce a tutte le cose non previste dagli articoli precedenti da cui possa derivare un pericolo concreto per la salute pubblica, come ad esempio i presidi medico-chirurgici che non sono classificabili come medicinali.

42

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Secondo alcuni autori, dal momento che le acque non destinate direttamente all'alimentazione non integrano la tutela predisposta dagli artt. 439 e 440, la loro adulterazione o contraffazione viene qui criminalizzata.

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L'art. 441 c.p.43, la cui applicazione è affidata al Tribunale monocratico, persegue l'adulterazione o la contraffazione, in modo pericoloso alla salute pubblica, di cose destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'art. 440. La fattispecie prevista dalla norma in oggetto, completa la tutela della salute pubblica in ordine alle condotte di adulterazione o di contraffazione. Il legislatore usa un sostantivo44 ("cose") dal significato generico, per estendere la portata applicativa dell'incriminazione a tutti gli oggetti materiali diversi dalle acque, dalle sostanze alimentari e dai medicinali (trattati negli articoli precedenti) che l'adulterazione o la contraffazione rendono pericolosi per la salute pubblica.45 Pertanto cadono sotto i rigori della norma in questione, ad esempio, i recipienti46 e gli utensili per preparare alimenti, gli involucri di qualunque specie, i cosmetici, i dentifrici, ecc. Presupposto del reato è la destinazione al commercio della cosa. La punibilità del comportamento si ha solo se l'adulterazione o la contraffazione sono state realizzate in modo pericoloso per la salute pubblica. Il giudice deve accertare la qualità pericolosa della cosa, la cui esistenza fa presumere il pericolo per la

43 Cass., Sez. I, 6 aprile 1951. Per la sussistenza del delitto di cui all’articolo 441, occorre che la

sofisticazione delle cose, consistente nella loro adulterazione o contraffazione, sia avvenuta in modo pericoloso alla salute pubblica.

Cass., Sez. I, 22 ottobre 1958. Per la sussistenza del reato di cui all’art. 441 basta la possibilità della destinazione di fatto al commercio delle cose adulterate o contraffatte. Ne consegue che risponde di questo delitto chi pone in commercio sostanze contraffatte nell’intento di spacciarle come stupefacenti ed è ininfluente, ad escludere il reato in parola, il rilievo che il commercio della sostanza spacciata come stupefacente sia possibile soltanto in fatto ma non sia giuridicamente lecito in relazione al divieto legale di commerciare in stupefacenti.

P.CENDON, Il risarcimento del danno non patrimoniale, La Feltrinelli, 1987, p. 2801. Il concetto di alimento non si estende alle cose che esulano dalla tipica funzione nutrizionale come ad esempio dentifricio, tabacco da masticare, chewing-gum. Questi prodotti rientrano, invece nella previsione dell’art. 441 che sanziona l’adulterazione o contraffazione di altre cose (evidentemente diverse dagli alimenti) in danno alla salute pubblica.

44 G. L

ATTANZI, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Volume 9, Giuffrè Editore, p. 566. Cadono sotto i rigori della norma, pertanto, adulterazione e contraffazione di cose come i recipienti e gli utensili destinati alla cottura di cibi, i sigari, le sigarette, i francobolli e le marche da bollo, gli inchiostri, le matite, persino gli indumenti personali.

45 <www.tecnicidellaprevenzione.com> 46

D.M. 11 novembre 2013 n. 140. Regolamento recante aggiornamento al decreto del Ministro

della sanità 21 marzo 1973 recante: "Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale" limitatamente agli acciai inossidabili, in GU n.294 del 16.12.2013.

Ai fini del presente decreto con il termine: “oggetti” si intendono laminati, pellicole, contenitori, recipienti, utensili, fogli, vernici, impianti, apparecchiature, strumenti di produzione di immagazzinaggio, di trasporto o di condizionamento ed altri manufatti vari allo stato di oggetti finiti pronti per l’impiego. “Alimenti” si intendono tutte le sostanze commestibili, solide o liquide, di origine animale, vegetale o minerale, che possono essere ingerite dall’uomo allo stato naturale, o lavorate, o trasformate o miscelate, compresi i preparati da masticare, come il “chewing-gum” ed analoghi.

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pubblica incolumità . Pericolo che ricorre quando la sostanza alimentare adulterata ha in sé l'attitudine a cagionare una malattia o quando può costituire una causa di perturbamento o di alterazione delle funzioni psico-fisiche, il cui normale ed armonico svolgimento rappresenta il substrato della salute. La minore entità della pena edittale prevista dall'art. 441 rispetto a quelle contemplate dalle disposizioni precedenti è da giustificare con la più attenuata probabilità di rischio per la salute pubblica che presentano le "cose" rispetto alle sostanze alimentari e medicinali destinate, per loro natura, ad essere ingerite o, comunque, a venire a diretto contatto col corpo umano.

Da notare che l’articolo 441 c.p. è stato di recente oggetto di intervento legislativo: D.lgs. 28/2015 del 16 marzo 2015. Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67.

Articolo 442 c.p. “Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate” – Libro II, Capo II - “Chiunque, senza essere incorso nei reati preveduti dai tre

articoli precedenti, detiene per il commercio47, pone in commercio48, ovvero distribuisce per il consumo49 acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte50, in modo pericoloso alla salute pubblica, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli (448, 452, 516)”.

47

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Detenere per il commercio significa avere la disponibilità degli alimenti o delle altre sostanze pericolose, che quindi possono essere prontamente commercializzate.

48

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

S'intende l'offrire in vendita o in permuta al pubblico la sostanza pericolosa, anche per il tramite di intermediari.

49

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Rispetto al porre in commercio, la distribuzione si pone come condotta residuale, intendendosi per tale la consegna delle cose pericolose al pubblico, al di fuori però di operazioni commerciali in senso stretto.

50

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Per sostanze contraffatte s'intendono quelle sostanze che deliberatamente e fraudolentemente presentino false dichiarazioni a proposito delle loro origine o identità.

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L'art. 442 c.p.51, la cui competenza è affidata alla Corte d’Assise, persegue la detenzione per il commercio, il porre in commercio, la distribuzione per il consumo di acque, sostanze o cose da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte. Presupposto del reato è, perciò, il fatto di non aver partecipato alla sofisticazione dei prodotti, in quanto se cosi non fosse, l'agente sarebbe punibile, a secondo dei casi, a norma degli articoli precedenti. La possibilità di concorso di reati, nel caso ipotizzato, è esclusa infatti dalla inequivoca formula di riserva con cui si apre l'art. 442 (“… senza essere in corso …”). Si richiede, altresì, che la sofisticazione sia avvenuta in modo pericoloso per la salute pubblica, quale presupposto del reato dal momento che il modo pericoloso alla salute pubblica si riferisce alle cose avvelenate o sofisticate da altri. In senso conforme si è espressa la giurisprudenza secondo cui: "anche per l'art. 442, del quale è oggetto il fatto di detenere per il commercio, o mettere in commercio, ovvero distribuire per il consumo sostanze alimentari o medicinali che sono stati da altri avvelenati, corrotti, adulterati o contraffatti, è necessario che le cose delle quali si fa commercio, a causa della corruzione, della adulterazione o della contraffazione, siano, rese concretamente “pericolose per la salute pubblica”, nonché la volontà di detenere, porre in vendita o distribuire sostanze alimentari o medicinali

51 Cass. sez. III, 17 maggio 1966 – 15 luglio 1966, n. 1503. La pericolosità per la salute pubblica

richiamata nell'art. 442 c.p. non può ravvisarsi nella considerazione che un medicinale contraffatto, se non arreca alcun danno alla salute, non la favorisce, non reintegrando l'organismo malato, perché il pericolo di cui parla la legge è quello che consegue all'azione della cosa adulterata o contraffatta, e ciò in relazione a tutte le cose considerate nella norma (sostanze alimentari e medicinali). L'elemento materiale del reato previsto dall'art. 442 c.p. consiste nel detenere per il commercio, o nel mettere in commercio ovvero nel distribuire per il consumo, acqua, sostanze o altre cose, che da altri, e senza il concorso del soggetto, siano state adulterate o contraffatte in modo pericoloso per la pubblica salute. Per l'art. 442 c.p., del quale è oggetto il fatto di detenere per il commercio, o di mettere in commercio, ovvero di distribuire per il consumo, sostanze alimentari o medicinali che sono stati da altri avvelenati, corrotti, adulterati o contraffatti, è necessario che le cose delle quali si fa commercio, a causa della corruzione, della adulterazione o della contraffazione, siansi rese concretamente pericolose per la pubblica salute; è del pari necessaria la volontà di detenere, porre in vendita o distribuire sostanze alimentari o medicinali avvelenate, adulterate o contraffatte, sapendo che le stesse sono pericolose per la pubblica salute: mancando questa consapevolezza, non è configurabile il delitto ex art. 442.

D.CARCANO, Manuale di diritto penale. Parte speciale, p. 497. Pressoché unanime la dottrina nel ritenere il delitto in esame (442 c.p.) reato di pericolo concreto. Di diverso avviso altra dottrina (Jannitti, Piromallo) che, invece ritiene che si tratterebbe di reato di pericolo presunto. Sul punto deve rilevarsi la particolare posizione di parte della dottrina (Battaglini-Bruno) secondo cui il pericolo deve essere accertato in concreto solo con riguardo alle ipotesi di corrompimento, adulterazione e contraffazione, e non invece con riguardo all’avvelenamento, per il quale opera una presunzione di pericolosità ex lege.

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avvelenati, adulterati o contraffatti, sapendo che le stesse sono pericolose per la pubblica salute: mancando questa consapevolezza il delitto configurato nell'art. 442 non esiste". Il delitto in esame, tuttavia, è punibile anche a titolo colposo (per effetto del combinato disposto degli artt. 442 e 452) se realizza le condotte di cui all'art. 442 senza sapere che le cose sono avvelenate, corrotte, ecc. avendo omesso di effettuare i controlli dovuti. Naturalmente egli risponderà a titolo di colpa, solo se esiste un dovere di controllo, dettato dalle regole di normale diligenza e prudenza, considerate in relazione al tipo di attività svolta ed alle condizioni in cui è esercitata (ne è un esempio, il sigillo che generalmente viene applicato sulla chiusura è l'indice significativo, col quale il produttore assicura o garantisce all'acquirente che non vi è stata manomissione del prodotto). Quindi se non ricorrono tali condizioni, è da escludersi che sussista il dovere di controllo da parte del commerciante.

Per ritornare alla punibilità prevista dall’art. 442 c.p., è utile valutare che cosa il

legislatore intenda con la locuzione “… pone in commercio …”. Il porre in commercio, essendo condotta penalmente vietata, deve essere accertata

positivamente. Tale condotta, prescinde dall'esercizio di un commercio, e comprende tutte le forme di consegna di generi alimentari ad una pluralità di persone, anche se a titolo gratuito o in adempimento di un obbligo, sempre però con il presupposto della destinazione dei prodotti al pubblico.

In conclusione, possiamo affermare che l’art. 442 c.p. rappresenta il completamento della tutela indicata nell’art. 441 c.p.; la sua applicabilità, come già detto, è subordinata dal fatto che il soggetto attivo non sia concorso nel reato di cui all’art. 441 c.p., e che le cose messe in commercio siano state rese pericolose per la salute pubblica, a seguito di condotte di adulterazione o contraffazione poste in essere da terzi.

Se dai “fatti” indicati dall’art. 442 c.p. deriva la morte o la lesione personale in danno di uno o più individui troverà applicazione un’ipotesi di concorso formale con i delitti di cui agli articoli 575 c.p. (omicidio) o 582 c.p. (lesione personale), se il predetto evento di danno è previsto e voluto dall’agente (realizzazione

(24)

89

dolosa). Il concorso si porrà con i delitti di cui agli articoli 589 (omicidio colposo)

o 590 c.p. (lesioni personali colpose), se invece il risultato non è voluto ed è stato cagionato colposamente. Qualora la morte o la lesione personale di uno o più individui sia invece la conseguenza della realizzazione colposa del delitto in esame (442 e 452 c.p.), si realizza un’ipotesi di concorso formale di reati colposi.52

Articolo 444 c.p. “Commercio di sostanze alimentari nocive”- Libro II, Capo II

- “Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo53 sostanze destinate all’alimentazione, non contraffatte né adulterate54, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 51.

La pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è nota alla persona che le acquista o le riceve55”.

La norma56, la cui competenza è del Tribunale monocratico, ha ad oggetto la commercializzazione di sostanze destinate all’alimentazione, compreso acque

52

A.GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, Milano, Giuffrè Editore, 2013, p. 678. 53 B

ROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Rispetto al porre in commercio, la distribuzione si pone come condotta residuale, intendendosi per tale la consegna delle sostanze alimentari nocive al pubblico, al di fuori però di operazioni commerciali in senso stretto.

54

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Si tratta di tutte quelle sostanze destinate all'alimentazione, di conseguenza vi rientra anche l'acqua, caratterizzate dalla genuinità. Ciò significa che non sono state modificate nella loro essenza o create con un composizione diversa, ma semplicemente per ragioni di conservazione si sono guastate, decomposte o rovinate. Non vi rientrano però i medicinali, ai quali si applicano gli artt. 441 e 443.

55

BROCARDI, <http://www.brocardi.it>.

Si ritiene necessaria per l'applicazione di tale circostanza attenuante speciale della mera consapevolezza della pericolosità in capo al soggetto che le acquista o riceve, non richiedendosi dunque la natura non fraudolenta della condotta.

56 D.C

ARCANO, Manuale di diritto penale. Parte speciale, p.510. L’articolo 444, comma 2°, c.p. prevede quale circostanza attenuante la conoscenza della qualità nociva delle sostanze da parte di chi le compra o riceve. Tale conoscenza non esclude la punibilità della gente, ma costituisce semplice circostanza attenuante speciale.

In relazione ai rapporti con il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.), si ammette il concorso con l’art. 444 c.p., trovandosi le due norme in rapporto di cosiddetta specialità reciproca: rispetto al commercio di sostanze alimentari nocive, infatti l’art. 516 c.p. richiede in più che gli alimenti siano non genuini, mentre per l’articolo 444 c.p., a differenza dell’articolo 516 c.p., è necessario che gli stessi siano pericolosi per la salute pubblica. Cass., 28 novembre 1967, in Cass. pen., 1968. In caso di messa in vendita di alimenti in stato di putrefazione, è esclusa l’applicabilità sia dell’articolo 516 che dell’art. 5 lett. b) L. 30 aprile n.

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