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INTRODUZIONE
I fenomeni di sincronizzazione che coinvolgono gruppi limitati di neuroni o ampie aree della corteccia cerebrale, rappresentano al giorno d’oggi uno dei principali argomenti di interesse delle neuroscienze. Diversi studi compiuti da Damasio (1990), Varela (1995), Friston (1997), hanno dimostrato come le più semplici attività mentali, osservare un video o ascoltare una voce, richiedano un’attività integrata di diverse regioni corticali. Negli ultimi anni, tecniche d’imaging come la tomografia ad emissione di positroni (PET) o la risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno permesso di compiere notevoli progressi nella valutazione di tali integrazioni funzionali. Tuttavia, l’analisi dei segnali elettroencefalografici (EEG) rappresenta ancora oggi uno degli approcci più importanti nello studio dei processi cognitivi, permettendo di osservare le dinamiche cerebrali con elevata risoluzione temporale.
Il crescente interesse per questo tipo di segnali ha fornito lo stimolo per la ricerca e l’applicazione di nuovi strumenti di analisi: la stima di funzioni come la coerenza o la sincronia rappresenta uno dei metodi più adatti per cercare di valutare in che modo le varie aree cerebrali interagiscano tra loro durante l’esecuzione di un semplice task cognitivo.
I primi di studi coerenza su segnali EEG registrati tramite microelettrodi risalgono ai primi anni novanta con Singer e Gray (1994); nel 1996 Andrew e Pfurtscheller utilizzarono la coerenza per dimostrare la connettività funzionale presente in alcune aree della corteccia motoria e somatosensoriale durante l’esecuzione di un semplice compito (movimento dell’indice destro).
Successivamente Le VanQuyen (1997) e Nunez (1997) effettuarono un’analisi più dettagliata di queste tecniche, mettendo in evidenza come i fenomeni di diffusione del potenziale elettrico attraverso gli strati di cellule nervose possano creare errori nella stima della coerenza.
Inizialmente, per portare a termine queste sperimentazioni, è stata sempre applicata la definizione classica di coerenza, stimata attraverso l’utilizzo dei coefficienti di Fourier; nel 1999, Tass e Lachaux introdussero il concetto di sincronia tra tracciati EEG e svilupparono due metodi alternativi definiti Hilbert coherence e wavelet coherence, che presentano il vantaggio considerevole di riuscire a separare l’andamento della fase istantanea rispetto all’inviluppo del segnale: come vedremo, i concetti di coerenza e sincronia assumono quindi delle sfumature diverse.
- 7 - Nel 2000 J.P. Lachaux ha perfezionato la wavelet coherence in modo che potesse essere applicata a dati ottenuti da un singolo trial sperimentale (Single-trial Phase Locking Statistics), evitando operazioni di media e permettendo così di confrontare i risultati ottenuti su ciascun trial acquisito.
Questo lavoro di tesi ha lo scopo di raccogliere e confrontare i diversi metodi che si hanno oggi a disposizione per eseguire questo tipo di studi, cercando di fornire un contributo per la migliore comprensione delle caratteristiche di ciascuna tecnica. Dopo aver descritto dettagliatamente i modelli matematici della coerenza classica, della wavelet coherence e della Hilbert coherence, verranno introdotte delle prove su dati simulati per valutarne le prestazioni e aiutare l’interpretazione dei risultati ottenuti dall’applicazione su dati reali.
È bene precisare che questa tesi si colloca all’interno di un progetto molto ampio, che si propone di studiare le variazioni dell’integrità funzionale nella corteccia cerebrale durante l’elaborazione di stimoli dal differente contenuto emotivo. L’obiettivo è quello di riuscire a comprendere se e in che modo il grado di sincronizzazione tra diversi canali elettroencefalografici possa classificare lo stato cognitivo-emotivo dei soggetti analizzati. Per fare questo sono stati utilizzati tracciati EEG reali, registrati da soggetti sani, ai quali sono stati presentati dei video dal diverso contenuto. In questo lavoro verranno mostrati alcuni risultati preliminari.