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5.1 Stati limite La sicurezza e le prestazioni dell’opera sono state valutate in relazione agli stati limite che si possono verificare durante la vita nominale

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CAPITOLO 5

METODI DI ANALISI E MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA

 

L’opera e i suoi componenti strutturali devono essere progettati, eseguiti, collaudati e soggetti a manutenzione in modo tale da consentirne la prevista utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza previsto dalle vigenti norme.  

 

5.1 Stati limite  

La sicurezza e le prestazioni dell’opera sono state valutate in relazione agli stati limite che si possono verificare durante la vita nominale. Stato limite è la condizione superata nella quale l’opera non soddisfa più le esigenze per le quali è stata progettata.  

In particolare, secondo il metodo semiprobabilistico agli stati limite (basato sull'impiego di coefficienti parziali di sicurezza), il calcolo statico della struttura è eseguito facendo riferimento a due tipi di stati limite:  

- Stati Limite Ultimi (SLU): rappresenta il limite oltre il quale si ha una condizione di pericolo per la resistenza della struttura (perdita di equilibrio della struttura o di una sua parte; spostamenti o deformazioni eccessive; rottura di sezioni critiche della struttura;

deterioramento in seguito a fatica; ecc);  

- Stati Limite di Esercizio (SLE): rappresenta il limite oltre il quale si ha una condizione non ottimale per l’uso dell’edificio, e che, in condizioni estreme, può impedirne il funzionamento (danneggiamenti locali che possono ridurre la durabilità della struttura, la sua efficienza o il suo aspetto; spostamenti e deformazioni che possono limitare l’uso della costruzione, la sua efficienza e il suo aspetto).  

Il superamento di uno stato limite ultimo ha carattere irreversibile e si definisce collasso.

Il superamento di uno stato limite di esercizio può avere carattere reversibile o

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soggetta anche all’azione sismica. Sotto l’effetto delle azioni sismiche deve essere garantito il rispetto degli stati limite ultimi e di esercizio individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali e quelli non strutturali. Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite ultimi a cui è stato fatto riferimento sono:  

- Stati Limite di salvaguardia della Vita (SLV): “a seguito del terremoto, la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali”.  

Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite di esercizio a cui è stato fatto riferimento sono:  

- Stati Limite di Danno (SLD): “a seguito del terremoto, la costruzione nel suo complesso (includendo elementi strutturali, elementi non strutturali, apparecchiature rilevanti, ecc.) subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidità nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell'interruzione d'uso di parte delle apparecchiature”.  

 

Inoltre, nei confronti dell’azione sismica, si hanno anche gli Stati Limite di prevenzione del Collasso (SLC), facenti parte degli SLU, e gli Stati Limite di Operatività (SLO), facenti parte degli SLE. Per la costruzione in esame il rispetto di tali stati limite si considera conseguito qualora siano rispettate le verifiche relative rispettivamente al solo SLV e al solo SLD.  

 

5.2 Verifiche  

Le opere strutturali devono essere verificate:  

a) per gli stati limite ultimi che possono presentarsi, in conseguenza alle diverse combinazioni  delle azioni;  

b) per gli stati limite di esercizio definiti in relazione alle prestazioni attese.  

La sicurezza strutturale delle costruzioni, secondo i criteri del metodo

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semiprobabilistico agli   stati limite è verificata tramite il confronto tra resistenza e l’effetto delle azioni.  

La verifica della sicurezza nei riguardi degli stati limite ultimi di resistenza si effettua con il “metodo dei coefficienti parziali” espresso dall’equazione:  

Rd≥ Ed   dove:  

Ed è il valore di progetto dell’effetto delle azioni che si ottiene amplificando il valore  caratteristico moltiplicandolo per γF;  

Rd è la resistenza di progetto, valutata in base ai valori di progetto della resistenza dei  materiali ai valori nominali delle grandezze geometriche interessate

riducendo il valore caratteristico dividendolo per γM:  

Rd= Rk/ γM   dove:  

Rk   è il valore caratteristico della resistenza (trazione, compressione, flessione, taglio) della membratura, determinata dai valori caratteristici delle resistenze dei materiali fyk.  

I coefficienti   γF e γM, chiamati coefficienti parziali di sicurezza, tengono in conto di tutte le aleatorietà ed incertezze non riprese dai valori caratteristici (ad esempio incertezze del modello di calcolo e della geometria), e sono calibrati dalle normative in relazione al tipo di rischio ed al tipo di materiale utilizzato.  

La verifica della sicurezza nei riguardi degli stati limite di esercizio si esprime controllando aspetti di funzionalità e stato tensionale.  

La progettazione è stata articolata in fasi successive, esaminando inizialmente la struttura in acciaio e successivamente la sottostante struttura in cemento armato.

Dopo una breve fase iniziale di pre-dimensionamento in cui, mediante l’impiego di schemi statici elementari, è stato valutato sia l’impegno statico dell’intera struttura sotto i principali carichi e sovraccarichi di progetto che il comportamento deformativo dei vari elementi, abbiamo dedotto le caratteristiche geometriche e materiche dei principali elementi strutturali. Tali caratteristiche rappresentano gli “input” per la modellazione strutturale mediante l’ausilio di appositi programmi di calcolo. L’analisi strutturale del presente progetto è stata condotta mediante il Software “SAP2000 v14.0.0” attraverso il quale sono stati ricavati gli effettivi diagrammi delle sollecitazioni, previa analisi dei carichi (considerando sia azioni statiche chedinamiche) condotta in base alle vigenti

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normative.

Queste normative, raccolte per categorie di costruzioni, fanno capo essenzialmente alla legge n.1086 del 5/11/1971: “Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato ,normale e precompresso ed a struttura metallica”.  

La legge 1086, oltre a stabilire i compiti e le responsabilità di chi progetta, dirige la costruzione, collauda ed utilizza le opere cui si riferisce; all’art. 21 (Emanazione di norme tecniche) prescrive che siano emanate dal Ministero per i lavori pubblici (sentito il CNR), ogni due anni, le norme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni.  

I riferimenti normativi essenziali di cui si è fatto uso sono i seguenti:  

· D.M. Infrastrutture 14 gennaio 2008 “Nuove norme tecniche per le costruzioni”;  

· Circolare 2 febbraio 2009 n. 617 “Nuova circolare delle norme tecniche per le costruzioni”;  

· CNR-UNI 10011/97 “Costruzioni in acciaio – Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il   collaudo e la manutenzione”;  

· Eurocodice n.1 “Basi di calcolo ed azioni sulle strutture”;  

· Eurocodice n.2 “Progettazione delle strutture di Calcestruzzo”;  

· Eurocodice n.3 “Progettazione delle strutture di acciaio”;  

· Eurocodice n.8 “Indicazioni progettuali per la resistenza sismica delle strutture”.  

 

5.3 Criteri di progettazione e modellazione    

5.3.1 Modellazione e criteri progettuali della struttura in elevazione  

L’analisi strutturale dell’edificio in esame, come accennato in precedenza, è stata condotta mediante l’ausilio del programma di calcolo “SAP2000 v.14.0.0”. Come previsto dal D.M. 14gennaio 2008, nel caso di opere soggette all’azione sismica, il modello della struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione, come nel caso in esame, alle situazioni nelle quali componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali (presenza di pilastri in falso).

Nella definizione del modello gli elementi non strutturali (tamponature e tramezzi) sono stati rappresentati unicamente in termini di massa. Gli orizzontamenti (solaio in latero-cemento al piano primo e solaio in lamiera grecata con soletta collaborante al

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piano secondo) sono stati considerati infinitamente rigidi nel loro piano in quanto lo spessore della soletta in c.a. (5 cm) è superiore al limite normativo di 4 cm: tale accorgimento è stato considerato inserendo, sul programma, in corrispondenza dei nodi trave-pilastro i diaframmi rigidi.

Si considera una struttura sismo-resistente con comportamento dissipativo, cioè una struttura concepita in maniera tale che una parte dell’energia di input del terremoto sia dissipata mediante cicli di deformazioni inelastiche di predisposti elementi strutturali o parti di elementi strutturali, detti rispettivamente elementi o zone dissipative. Questi sono progettati per resistere alle azioni indotte dal terremoto assicurando deformazioni in campo plastico, mentre le altre parti strutturali sono progettate per resistere alle sollecitazioni trasmesse degli elementi dissipativi presentando un comportamento di tipo elastico. Al fine di un buon comportamento dissipativo d’insieme, le deformazioni plastiche devono essere distribuite nel maggior numero possibile di elementi duttili, in particolare le travi, salvaguardando in tal modo i pilastri e soprattutto i nodi travi pilastro che sono gli elementi più fragili. La progettazione è stata condotta garantendo l’attivazione dei meccanismi deformativi duttili ed evitando meccanismi in elementi meno duttili e meccanismi resistenti fragili.

Il vigente D.M. definisce due classi di duttilità (livelli di capacità dissipativa):  

- Classe di Duttilità Alta (CD”A”): sotto l’azione sismica di progetto la struttura si trasforma in un meccanismo dissipativo ad elevata capacità;  

- Classe di Duttilità Bassa (CD”B”): tutti gli elementi strutturali devono possedere una soglia minima di duttilità.  

Quindi la differenza tra le due classi risiede nelle entità delle plasticizzazioni cui ci si riconduce in fase di progettazione; per entrambe le classi, al fine di garantire un comportamento dissipativo e duttile evitando rotture fragili si fa riferimento alle regole di gerarchia delle resistenze. Secondo tale criterio di gerarchia delle resistenze l’elemento strutturale più duttile deve essere anche il più “debole”, mentre le restanti parti della struttura ad esso collegate devono invece rimanere elastiche. Gli adeguati requisiti di duttilità e di capacità di dissipazione sono conferiti mediante una concezione appropriata dei particolari costruttivi. La struttura in esame è stata progettata in classe di duttilità bassa (CD”B”).

In sede di progettazione, per garantire che le zone dissipative si formino ove previsto, è necessario concepire le parti non dissipative ed i collegamenti delle zone critiche al

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resto della struttura in modo sufficientemente sovra-resistente per consentire lo sviluppo nelle zone critiche della plasticizzazione ciclica. La normativa vigente valuta la sovraresistenza moltiplicando laresistenza nominale di calcolo delle zone dissipative per un opportuno coefficiente di sovraresistenza γRd assunto pari a 1,1 per CD”B”.  

Come noto, in campo sismico, gli edifici devono possedere, per quanto possibile, caratteristiche di semplicità, simmetria, iperstaticità e regolarità. Una costruzione è regolare se rispetta i criteri di regolarità in pianta ed in altezza.  

Regolarità in pianta: la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze; l’edificio è inscrivibile in un rettangolo con rapporto dei lati minore di 4; le eventuali sporgenze e rientranze sono inferiori al 25% della dimensione totale dell’edificio nella corrispondente direzione.  

Regolarità in altezza: tutti i sistemi resistenti verticali (telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza dell’edificio; la massa e la rigidezza restano costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione;

eventuali restringimenti della sezione dell’edificio devono essere graduali; il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo è approssimativamente uguale per tutti gli orizzontamenti. Sulla base di tali requisiti l’edificio in esame si considera regolare in pianta ma non in altezza.

L’analisi delle strutture soggette ad azione sismica può essere lineare o non lineare (cioè si tiene conto o meno delle non linearità di materiale e geometriche). I metodi di analisi sono articolati anche in relazione al fatto che l’equilibrio sia trattato staticamente o dinamicamente. Nel caso in esame abbiamo determinato gli effetti dell’azione sismica sulla costruzione mediante il metodo di analisi lineare dinamica (analisi modale con spettro di risposta) la cui descrizione è rimandata al Paragrafo 5.3.3.

 

5.3.2 Modellazione e criteri progettuali delle fondazioni e del terreno  

Il sistema di fondazione è dotato di elevata rigidezza estensionale nel piano orizzontale e di adeguata rigidezza flessionale. Come prescritto dalle norme è stata adottata un’unica tipologia di fondazione per la struttura in elevazione.  

Nella definizione dell’azione sismica sulla struttura è possibile tenere conto della modifica del moto sismico indotta dall’interazione fondazione-terreno. Nel modello di calcolo la fondazione è stata schematizzata con vincoli visco-elastici. Essendo le

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prescrizioni presenti nel Capitolo 7 (“Progettazione per azioni sismiche”) del D.M.

14/01/2008 aggiuntive e non sostitutive di quelle riportate nel Capitolo 4 (“Costruzioni civili ed industriali”) è necessario condurre le verifiche sia per le sollecitazioni di progetto agli SLE e SLU che per le sollecitazioni di progetto agli SLD e SLV. Dato il diverso comportamento del terreno in presenza o meno dell’azione sismica si è resa necessaria la realizzazione di due diversi file (file di estensione .SDB del programma

“SAP200 v.14.0.0”) con il medesimo modello strutturale ma una diversa rigidezza (K) del terreno. Nella modellazione è stata assegnata una diversa costante elastica delle molle ai frame di fondazione; questo ha reso possibile ricavare in modo attendibile i valori sollecitanti per tutti gli stati limite considerati.  

Per il terreno si sono assunti i seguenti parametri iniziali:  

- K = 1,8 daN/cm³ (costante elastica del terreno);  

- flim= 3 daN/cm³ (tensione limite del terreno).  

Nel primo file (di seguito “modello verifiche statiche”), dal quale si ottengono le sollecitazioni di calcolo, in assenza di azione sismica, per condurre le verifiche sotto carichi statici, previste dal Capitolo 4, la rigidezza attribuita alle molle del modello è stata determinata mediante il procedimento di seguito riportato.

Le travi rovesce di fondazione identiche per forma e dimensione sono state suddivise in tratti di lunghezza pari ad un metro, ed è stata assegnata puntualmente una molla di rigidezza pari a:  

- Trave rovescia : Kmolle puntuale= K · B = 1,8 [daN/cm³] ·120 [cm] ·100 [cm] = 21600 daN/cm o 216 KN/cm

Nei campi in cui è prevista la presenza dei vani scala si è optato per praticità progettuale alla realizzazione di una platea modellata tramite shell a cui è stata assegnato un letto di molle per unità di superficie con rigidezza pari a:

- Platea : Kmolle di superficie= 1,8 daN/cm³ o 0,018 KN/cm³

Nel secondo file (di seguito “modello verifiche sismiche”), dal quale si ottengono le sollecitazioni di calcolo, in presenza di azione sismica, per condurre le verifiche sismiche, previste dal Capitolo 7, la rigidezza attribuita alle molle del modello è stata determinatamediante il procedimento di seguito riportato.  

Il sottosuolo in esame appartiene alla categoria B, ovvero “Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fine molto consistenti con spessori superiori a 30m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà

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meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 (velocità equivalente delle onde di taglio) compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30> 50 nei terreni a grana grossa e Cu,30> 250 kPa nei terreni a grana fine)”. Da relazione geologica si assumono i seguenti valori:  

- velocità delle onde primarie “P”: Vp= 800 m/sec;  

- velocità delle onde secondarie “S”: Vs= 500 m/sec;  

- densità: ρ = 1900 kg/m³.  

Per la stima della costante di sottofondo Kv, in presenza di azioni sismiche, abbiamo ricavato:  

- Coefficiente di Poisson:

𝜈 = 0,5 ∙

!"

!"

!− 2

!"

!"

!− 1 = 0,17948

- Modulo di elasticità tangenziale: G =0,5· ρ · Vs² = 237500 kN/m²    

Trave rovescia tipo A (larghezza trave B = 1,2 m; lunghezza trave L= 60 m):  

 

𝑅 = 𝐵 ∙ 𝐿

𝜋 = 4,787

𝐾!!" =  4   ∙ 𝐺   ∙ 𝑅

1   − 𝜈   = 55424kN cm

𝐾!!"  !"  !"#$%&'('$ =   55424

6000 ∙ 120   = 0,077 kN

cm!      𝐾!!"  !"#$"%&' = 0,077   ∙ 100   ∙ 120

= 924  kN/cm

Trave rovescia tipo B (larghezza trave B = 1,2 m; lunghezza trave L = 15 m):

𝑅 = 𝐵 ∙ 𝐿

𝜋 = 2,394

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𝐾!!" =  4   ∙ 𝐺   ∙ 𝑅

1   − 𝜈   = 27718  kN/cm

𝐾!!"  !"  !"#$%&'('$ =   27718

1500 ∙ 120   = 0,15 kN

cm!      𝐾!!"  !"#$"%&' = 0,15   ∙ 100   ∙ 120

= 1800  kN/cm

Molle Platea per unità di superficie (dimensioni platea, larghezza B = 5 m; lunghezza L

=6 m):

𝑅 = 𝐵 ∙ 𝐿

𝜋 = 3,090

𝐾!!"#$%# =  4   ∙ 𝐺   ∙ 𝑅

1   − 𝜈   = 35776  kN/cm      𝐾!!"  !"#$%&'('$ =   35776

600 ∙ 500   = 0,119 kN cm! Si assegnano quindi i valori delle rigidezze sopra calcolate alle molle applicate alle fondazioni del modello 3D che, sottoposte all’azione di carichi statici e dinamici, simuleranno il comportamento del terreno.  

5.3.3 Analisi lineare dinamica (modale)  

Nell’analisi lineare dinamica l’equilibrio è trattato dinamicamente e l’azione sismica è modellata direttamente attraverso lo spettro di progetto. Tale analisi consiste:  

- nella determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale);  

- nel calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati;  

- nella combinazione di questi effetti.  

L’analisi modale consiste nella soluzione delle equazioni del moto della costruzione, considerata elastica, in condizioni di oscillazioni libere e nell’individuazione di particolari configurazioni deformate che costituiscono i modi naturali di vibrare dell’edificio. Questi modi sono una caratteristica propria della struttura e sono caratterizzati da un periodo proprio di oscillazione T e da uno smorzamento convenzionale ξ.  

La normativa obbliga a considerare tutti i modi con massa partecipante significativa, cioè quelli la cui massa partecipante risulta superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui la massa partecipante totale sia superiore all’85%. La massa partecipante di

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un modo di vibrare esprime la quota parte delle forze sismiche di trascinamento, e quindi dei relativi effetti, che il singolo modo è in grado di descrivere.  

L’utilizzo dello spettro di risposta consente di calcolare gli effetti massimi del terremoto sulla costruzione associati a ciascun modo di vibrare. Poiché, durante il terremoto, gli effetti massimi associati ad un modo di vibrare non si verificano nello stesso istante in cui sono massimi quelli di un altro modo, tali effetti devono essere combinati mediante specifiche regole di combinazione di natura probabilistica.  

Per la combinazione degli effetti si utilizza la combinazione quadratica completa degli

effetti, relativi ai singoli modi di vibrare che sono tra loro indipendenti, come indicato di seguito:

dove:

Ej   è il valore dell’effetto relativo al j-esimo modo di vibrare;

Ρij   è il coefficiente di correlazione tra il modo i-esimo e il modo j-esimo, calcolato mediante la formula:

dove:

ξ   è lo smorzamento viscoso dei modi i e j;  

βij   è il rapporto tra l’inverso dei periodi di ciascuna coppia i-j di modi (βij= Tj/ Ti).  

Nel modello di calcolo realizzato sul programma “SAP2000 v 14.0.0”, data l’impossibilità nel raggiungere un numero di modi di vibrare accettabile in un numero di cicli relativamente contenuto, è stato necessario adottare l’analisi modale ai vettori di Ritz.  

I vettori di Ritz sono particolarmente indicati in analisi di sovrapposizione modale per la determinazione della risposta di una struttura ad un determinato input dinamico. Le ragioni della loro versatilità risiedono nel fatto che, essendo determinati in funzione del carico dinamico da indagare, può esserne impiegato un numero molto inferiore rispetto al corrispondente numero di autovalori. Inoltre il loro impiego è particolarmente adatto nei casi in cui sia necessario l’utilizzo di un numero elevato di autovettori per raggiungere determinate soglie di massapartecipante: in tali casi, in pratica, l’impiego

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dei vettori di Ritz esclude dal calcolo i modi che non partecipano alla risposta della struttura nella data direzione (questo è il motivo per cui abbiamo scelto di utilizzare questo metodo nella struttura del caso di studio).

Nel caso di analisi ai vettori di Ritz il programma procederà nel calcolo dei vettori che meglio approssimano la risposta del sistema ai carichi dinamici specificati.Tali vettori saranno rappresentati da una data frequenza e da una data forma modale molto prossime a quelle dei modi propri della struttura anche se, in generale, non coincidenti con essi.

Attraverso la finestra di definizione dell’analisi (Fig. 3.1) è possibile impostare i seguenti parametri:

  Figura 3.1 - Inserimento dei dati per l'analisi ai vettori di Ritz  

- Numero di modi: consente di specificare il numero minimo e massimo di modi da calcolare;  

- Carichi applicati: in tale menu è necessario specificare quali sono i carichi dinamici agenti (che verranno utilizzati come base per la determinazione dei vettori di Ritz), il numero di cicli iterativi ed il target di partecipazione da raggiungere per il determinato carico.  

I vettori di Ritz sono particolarmente indicati in analisi di sovrapposizione modale per la determinazione della risposta di una struttura ad un determinato input dinamico. Le ragioni della loro versatilità risiedono nel fatto che, essendo determinati in funzione del carico dinamico da indagare, può esserne impiegato un numero molto inferiore rispetto al corrispondente numero di autovalori. Inoltre il loro impiego è particolarmente adatto nei casi in cui sia necessario l’utilizzo di un numero elevato di autovettori per

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raggiungere determinate soglie di massa partecipante: in tali casi, in pratica, l’impiego dei vettori di Ritz esclude dal calcolo i modi che non partecipano alla risposta della struttura nella data direzione.

Nel modello di calcolo quindi, al fine di raggiungere la quota minima dell’85% di massa partecipante si sono considerati un numero di modi di vibrare pari a 109. A seguito dell’analisi abbiamo ottenuto i seguenti valori di massa partecipante riportati nella Tab. 3.1 output del programma sopra citato.

Tabella 3.1 - Tabella fornita da "Sap2000" con i risultati della massa partecipante  

5.4 Vita nominale

Vita nominale  

La vita nominale VNdel progetto oggetto di studio, intesa come il numero di anni nel quale la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve poter essere utilizzata per lo scopo al quale è destinata, è maggiore o uguale a 50 anni in quanto la presente costruzione ricade nel tipo: “opere ordinarie, ponti, opere infrastrutturali e dighe di dimensioni contenute o di importanza normale”.

 

Classi d’uso  

L’edificio ricade in Classe d’uso II, in riferimento alle conseguenze di un’interruzione di operatività o di un eventuale collasso in presenza di azioni sismiche. In Classe II ricadono le “Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente esenza funzioni pubbliche e sociali essenziali…”.

 

Periodo di riferimento per l’azione sismica  

La normativa vigente prevede che le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengano valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR che si ricava moltiplicando la vita nominale VN per il coefficiente d’uso CU. Il valore di tale coefficiente è definito in base alla classe d’uso: per la classe d’uso II CU risulta pari a 1,0.  

VR= VN· CU= 50 · 1,0 = 50 anni

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