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, cercando di definire una procedura per la stima delle incertezze e del livello di confidenza nelle misure sperimentali, indispensabile per la validazione dei modelli di fluidodinamica computazionale.

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Conclusioni

154 CONCLUSIONI

Il presente Lavoro di Tesi ha riguardato lo studio di fiamme industriali in condizione di ossicombustione e degli strumenti di misura in fiamma, allo scopo di ottenere maggiori informazioni su questa tecnica innovativa di combustione. Il sistema analizzato, ubicato nella sede Enel Ricerca a Livorno, è la fornace sperimentale Fo.Sper. Si tratta di un sistema semi industriale equipaggiato con il bruciatore TEA-C, alimentato a polverino di carbone o a gas naturale.

Lo studio ha riguardato sia le prove di combustione in aria, che rappresentano il caso di riferimento, sia le prove di combustione con ossigeno puro. In particolare si sono analizzate le fiamme ricavate dall’ossicombustione di gas naturale e carbone per una potenzialità di 2.5 MW

th

, cercando di definire una procedura per la stima delle incertezze e del livello di confidenza nelle misure sperimentali, indispensabile per la validazione dei modelli di fluidodinamica computazionale.

Viene sottolineato come le misure in fiamma, realizzate durante le campagne sperimentali, rappresentano una preziosa serie di informazioni per la caratterizzazione del processo di ossicombustione e per il raggiungimento della migliore configurazione del bruciatore TEA-C, in particolare nel valutare il rapporto di ricircolo ottimale tale da mantenere in oxy-combustion le stesse caratteristiche delle operazioni in aria, con lo stesso scambio termico sia convettivo che radiativo. Queste informazioni possono essere utilizzate per una migliore comprensione nei cambiamenti fisici e chimici dei processi coinvolti, fornendo un valido punto di partenza per la creazione di modelli matematici, al fine di sviluppare simulazioni termo- fluidodinamiche delle fiamme realizzate in ossicombustione.

Il setting ottimale del bruciatore su cui sono state realizzare le misure in fiamma si è individuato facendo variare il numero di swirl ed il rapporto di ricircolo del combustore, allo scopo di minimizzare le emissioni di NOx nei fumi e contemporaneamente massimizzare il volume di CO 2 nei prodotti della combustione.

Per le misure in fiamma di temperatura è stata utilizzata la sonda water cooled suction

pyrometer, in cui i gas da analizzare, grazie ad uno eiettore ad aria, vengono aspirati ad alta

velocità tra lo shield esterno in ceramica e la guaina protettiva in alumina, cosicché la

temperatura di equilibrio della termocoppia risulta il più simile possibile a quella dei gas

analizzati, senza nessun ausilio di un’eventuale correzione del dato misurato. Per le misure in

fiamma delle specie chimiche nel caso di combustione di polverino di carbone, a causa della

presenza di particolato e polveri fini nei prodotti della combustione, viene ancora utilizzata la

sonda water cooled suction pyrometer però in totale assenza di shield e termocoppia, tale da

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Conclusioni

155 permettere un’aspirazione più fluida ed una maggiore rapidità nelle misure. Nel caso di combustione di gas naturale, essendo quest’ultimo un combustibile più “pulito” rispetto al carbone, viene invece utilizzato il pyrometer con la presenza dello shield esterno e della termocoppia. Per le misure del flusso termico è stato adoperato il LAND Total heat flux meter, il quale attraverso una stima del gradiente termico che attraversa una spina (steel plug) montata sulla sonda permettere di valutare il flusso termico totale (convettivo e radiativo) incidente sulle pareti della fornace.

Inoltre, come accennato, il lavoro seguente ha delineato una procedura per la determinazione

dell’errore totale dei dati sperimentali stimando tutte le possibili fonti d’incertezza e

considerando ogni singolo contributo addizionale, al fine di fornire margini d’errore ed

individuare le incoerenze tra i dati sperimentali e risultati numerici. Nelle misure di

temperatura con il suction pyrometer è stato valutato l’errore “intrinseco” generato da questa

tecnica di misura con un approccio conservativo, sommando ogni singolo contributo

d’incertezza (inefficienza scambio termico, velocità, irraggiamento,….). Inoltre, la banda

dell’errore sperimentale è stata ampliata con una stima dell’errore statistico generato dalle

casuali fluttuazioni presenti nell’ambiente turbolento di misura. Per la validazione dei modelli

computazionali, infatti, la media dei dati sperimentali non rappresenta un’informazione

sufficiente. La fluttuazione della misura, quindi, dovrebbe essere associata al valore medio

misurato, introducendo una procedura per la valutazione degli intervalli di confidenza. Il

calcolo dell’intervallo di confidenza (CI) e l’introduzione dell’errore statistico è stata

effettuata sulle misure di temperature e concentrazione realizzate sulla portina n°2, 4 e 6 in

configurazione ossigeno-gas naturale, con un rapporto di ricircolo pari a R=0.61. I dati

sperimentali sono stati acquisiti secondo per secondo, con un tempo di campionamento pari a

60 secondi ed è stato scelto un livello di confidenza pari al 98%. L’analisi svolta ha

evidenziato come le stime degli intervalli di confidenza sono limitate a poche percentuali per

quasi tutte le misure in fiamma, ad eccezione dell’ossigeno. Quest’ultimo è caratterizzata da

un più elevato CI, che può risultare dell’ordine del 5÷10 % rispetto al valore misurato, quando

la concentrazione di O

2

è quasi zero. Per le misure di temperatura, l’intervallo di confidenza

risulta mediamente inferiore rispetto all’errore “intrinseco”, tranne che per alcuni punti nelle

portine n°2 e 4. Qui le oscillazione turbolente generate dalla fiamma creano fluttuazioni sulle

misure di temperatura dello stesso ordine dell’errore “intrinseco”, confermando l’importanza

di considerare entrambi le fonti d’incertezza per la stima dell’errore finale. Una valutazione

dell’intervallo di confidenza totale, ricavato sommando l’errore statistico con l’errore

intrinseco sperimentale, è stato realizzato per le misure di temperatura precedentemente

descritte, il quale risulta compreso tra 1÷4% rispetto al valore medio calcolato.

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Conclusioni

156 In tutti i casi investigati, sia l’incertezza sperimentale, che quella statistica, influenzano significantemente il livello di confidenza totale nei dati sperimentali. Ciò ha confermato l’importanza nel considerare tutte le possibili fonti d’errore nelle misure sperimentali allo scopo di fornire dati utili per la validazione dei modelli computazionali.

Inoltre, il procedimento di convalida per le misure delle concentrazioni gassose al variare delle condizioni operative descritta dettagliatamente nel capitolo 2.4.1.1, ha messo in evidenza che, oltre alla precisione degli analizzatori utilizzati durante le misure in fiamma (normalmente inferiore ad 1 ppm), l’errore totale è condizionato anche dalla tecnica di campionamento. I profili ricavati con le diverse tecniche mostrano come l’uso del suction pyrometer rende sì possibile la misura di due quantità fisiche (temperatura e concentrazione) nel solito punto di misura, ma il mancato quenching dei gas sulla punta esterna della sonda permette il continuo delle reazioni di combustione in questa zona. Di conseguenza i gas non sono un campione rappresentativo della composizione chimica del punto di misura. Uno studio approfondito sui risultati sperimentali e sugli errori introdotti con differenze tecniche di campionamento è attualmente in corso presso IFRF.

L’analisi d’intrusività della sonda suction pyrometer attraverso modellazione CFD di 14 diverse posizioni di misura del pirometro (nelle posizioni radiali di Tabella 4.2) di un profilo gassoso estrapolato dalla simulazione (Sorrentino, 2009) di una fiamma generata dalla combustione tradizionale di polverino di carbone alimentato nella fornace IFRF n°1 (potenza 2.5 MW

th

) con il bruciatore AASB (Aerodynamically Air Staged Burner) dell’IFRF, ha messo in luce che oltre ai già noti errori descritti nel paragrafo 3.3, nella sonda sia presente anche un errore di misura causato dalla tecnica d’aspirazione. Infatti, i moti di miscelamento del fluido che si vengono a creare prima della sezione di aspirazione, tendono a livellare le differenze di temperatura del gas, con conseguente difficoltà nel cogliere eventuali massimi e minimi in presenza di elevati gradienti termici. Tale analisi dovrebbe essere completata da uno studio più esaustivo, prevedendo profili di velocità in ingresso diversi da quelli simulati (profilo costante, profilo di velocità avverso al gradiente di temperatura….).

L’analisi dei risultati delle campagne sperimentali in ossicombustione confermano un’elevata

concentrazione di CO 2 nei gas di scarico, pari a 5 volte superiore rispetto al caso base aria-

carbone e 6/7 più elevata rispetto al caso base aria- gas naturale. Da evidenziare l’elevata

temperatura raggiunta dai fumi nel caso ossigeno-gas naturale che crea difficoltà nel misurare

direttamente e con precisione le zone di picco, causata dalla fusione e dalla rottura della

termocoppia S utilizzata per le misure in fiamma. Dalle misure realizzate sulla portina n°14,

nella quale gli andamenti risultano piatti ed il valore medio di temperatura può essere

considerato lo stesso dei gas di scarico, è stato possibile notare come i gas combusti generati

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Conclusioni

157 dall’ossicombustione hanno una temperatura di circa 1000 °C, simile ai rispettivi casi base aria, la quale risulta inferiore alla temperatura massima ammissibile all’ingresso della sezione convettiva (1100÷1200 °C).

Infine viene sottolineata la presenza non trascurabile di rientrate d’aria all’interno della fornace all’aumentare del rapporto di ricircolo ed in configurazione ossicombustione. Il fenomeno descritto è principalmente causato dalle cadute di pressioni presenti al ventilatore di ricircolo ed allo scambiatore Ljungström. Tale difficoltà, riscontrata nell’adattare un impianto tradizionale ad uno oxy-combustion, è la causa primaria di una minore concentrazione di anidride carbonica nei fumi, e nella combustione ossigeno-carbone, il principale imputato dell’aumento di NOx nei gas di scarico.

Concludendo è possibile affermare che l’ossicombustione risulta realizzabile, anche per

piccole dimensioni d’impianto, proponendosi come una delle più importanti tecniche

innovative per la cattura ed il sequestro dell’anidride carbonica. Da sottolineare, però, la

realizzazione di ulteriori sviluppi al fine di ottenere una corrente di CO 2 nei gas di scarico pari

al 90÷95% in volume, soglia ottimale che garantirebbe a questa tecnica di auto sostenersi

anche dal punto di vista economico.

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