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La povertà nell’Unione Europea: un confronto tra analisi tradizionale e multidimensionale

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Academic year: 2021

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un confronto tra analisi tradizionale e multidimensionale

Giulio Tarditi*

Università degli Studi di Siena

In questo articolo viene discusso un approccio multidimen- sionale sfocato sviluppato da una nozione di povertà completa- mente relativa, e vengono riportati risultati ottenuti dalla analisi su dati ECHP. In questo contesto l’analisi monetaria classica può essere integrata in modo coerente da variabili supplementari che fungono da proxy ad altre dimensioni di povertà come il possesso di beni durevoli, le condizioni abitative e la situazione finanziaria.

Questo set informativo omnicomprensivo consente di misurare ciò che è comunemente inteso con il termine “povertà” sotto vari pro- fili, evidenziando diverse sfumature all’interno del concetto stesso.

Tuttavia, una chiara identificazione dei legami tra queste diverse sfumature necessita ulteriori approfondimenti. [Codici JEL: C42, D31, D63, I32, O15, O52]

1. - Introduzione

L’analisi della povertà in relazione alla diseguaglianza ed alla teoria delle capacità di Sen è recentemente stata al centro della letteratura economica (Atkinson, 1996). Contrariamente alla mi- surazione di entità fisiche, la misurazione di stati d’animo sog- gettivi come la povertà, anche se connessi ad entità misurabili,

* <giuliotarditi@yahoo.it> L’Autore ringrazia il relatore Prof. Gianni Betti ed il correlatore Prof. Achille Lemmi, per l’aiuto e l’incoraggiamento ricevuto nel- la stesura della tesi. Ringrazia inoltre i referee della Rivista di Politica Econo- mica per i suggerimenti riguardanti l’articolo. L’Autore si assume la completa responsabilità per le opinioni espresse o eventuali errori contenuti nel presen- te lavoro.

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pone delle difficoltà sia da un punto di vista pragmatico che da un punto di vista teorico. L’analisi tradizionale della povertà è fon- data sull’ipotesi che la privazione monetaria sia una variabile proxy sufficiente per tutte le altre dimensioni di povertà e che una linea di povertà arbitraria possa separare i poveri dai non-poveri.

L’approccio innovativo all’analisi della povertà basato sulle capa- cità (Sen, 1985) ha introdotto l’aspetto multidimensionale del fe- nomeno ed ha posto l’analisi della povertà relativa nei paesi del primo mondo al centro dell’attenzione attraverso la logica secon- do cui una misura relativa definita in termini di beni corrispon- de ad una misura assoluta in termini di capacità, che diviene il soggetto dell’analisi. La divisione dicotomica della popolazione in poveri e non-poveri è stata adottata per molto tempo, ma viene criticata come irrealistica (Cerioli e Zani, 1990) in quanto il con- tinuo di condizioni di vita esistente tra questi due estremi signi- fica che, per un qualsiasi livello predefinito, la soglia di povertà risulterà necessariamente arbitraria (Mack e Lansley, 1985).

In questo lavoro viene utilizzata la teoria degli insiemi sfoca- ti (Zadeh, 1965) e viene fornita una misura di quanto risulti re- strittiva l’ipotesi di insiemi dicotomici, presentando misure sfoca- te a livello individuale seguendo una metodologia complementare (Betti e Verma, 1998)1 a quella degli insiemi Totalmente Sfocati e Relativi (TFR, Cheli e Lemmi, 1995). Recentemente tali metodo- logie sono state unificate nel metodo Sfocato Integrato e Relativo (Betti et al., 2006; Betti e Verma, 2008). Il dataset European Com- munity Household Panel (ECHP) ci consente di far uso di un’ab- bondante massa di informazioni utili per definire le dimensioni non monetarie da considerare nell’analisi attraverso l’uso di va- riabili pertinenti alla situazione finanziaria, alle condizioni abita- tive ed al possesso di beni durevoli.

Nella prima parte è discussa l’analisi tradizionale della po- vertà (ovvero la povertà vista esclusivamente come fenomeno mo-

1 Con questo metodo viene esteso l’aspetto relativo della privazione prenden- do in considerazione la posizione relativa delle unità pesate rispetto al proprio reddito, e viene approfondita l’analisi delle variabili sfocate attraverso il confron- to sezionale e longitudinale con l’introduzione di misure di povertà Manifesta, La- tente, Continua ed Anytime.

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netario) e sono introdotti i principali limiti di tale metodo. Nella seconda parte viene illustrata l’alternativa multidimensionale sfo- cata, secondo due approcci distinti e concentrando l’attenzione sulla funzione di appartenenza e sulla specificazione dei pesi. Nel- la terza parte vengono mostrati i primi risultati attraverso una semplice classificazione dei dati in modo da presentare una vi- sione complessiva sinottica del dataset sul quale viene condotta l’analisi. Prima della conclusione vengono confrontati i diversi ri- sultati ottenuti con la metodologia tradizionale e multidimensio- nale sfocata e viene proposta una misura come metro di riferi- mento per quantificare la natura insufficiente della variabile mo- netaria.

2. - L’approccio tradizionale

L’approccio tradizionale è centrato sull’identificazione, il con- fronto e la misurazione di uno specifico sottoinsieme della popo- lazione definito insieme dei poveri. Sono necessarie tre decisioni strategiche: il criterio di identificazione, di scala di equivalenza e la formulazione dell’indice.

2.1 Identificazione

Nell’analisi tradizionale dicotomica su un’unica variabile, la re- gola di identificazione deve essere stabilita in modo da definire un limite numerico sulla dimensione monetaria di riferimento. Que- sto valore viene chiamato linea di povertà e divide il campione in due sottoinsiemi disgiunti: i poveri ed i non-poveri. Le conclusio- ni che possiamo trarre da tale suddivisione sono affidabili quanto la tacita ipotesi che i sottogruppi siano omogenei al loro interno, in quanto i risultati possono essere estesi a condizione che si pos- sano applicare uniformemente agli individui in questione.

I “bisogni primari” costituiscono probabilmente il criterio identificativo più intuitivo ed il primo ad essere stato usato nel- l’analisi della povertà. Un’unità statistica è considerata povera se

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manca di risorse sufficienti per assicurarsi il consumo di un pa- niere di beni prestabilito. Rowntree (1901) propose una linea di povertà “primaria” ancora più estrema che rifletteva il minimo in- dispensabile al mantenimento della salute fisica. Tuttavia, la pri- vazione che identifica la povertà si riferisce a un insieme molto più esteso della salute fisica, ragione per cui la composizione “cor- retta” del paniere è necessariamente arbitraria e di conseguenza difficilmente difendibile.

Il criterio del food ratio, che definiva una famiglia povera se la proporzione di spesa in generi alimentari eccedeva un valore prefissato, fu proposto come una possibile alternativa. Engel (1895) osservò che questa proporzione era inversamente propor- zionale al benessere del nucleo famigliare. In questo modo, la composizione del nucleo familiare risultava già inclusa nell’anali- si, ma il livello di povertà risultava comunque arbitrario.

Da una misura assoluta come quella del paniere di beni, la linea di povertà si è evoluta in una misura relativa, che tiene con- to del rapporto tra gli individui appartenenti ad uno stesso grup- po di riferimento; ad essa oggigiorno fanno riferimento la mag- gior parte dei contributi che studiano le misure di povertà del pri- mo mondo. A tale scopo sono utilizzate misure come percentua- li predeterminate del reddito mediano, o specifici percentili della distribuzione del reddito del gruppo di riferimento.

Vanno inoltre ricordate le proposte di misure soggettive — at- traverso domande aperte (Kapteyn e Van Praag, 1976) oppure ri- sposte multiple (Deleeck, 1977) — fondate sull’idea che ciascun individuo è il miglior giudice del proprio grado di povertà. Que- sta affermazione è stata controbattuta e un buon compromesso si trova nell’osservare come le differenze tra povertà percepita e po- vertà effettiva possono contribuire ad approfondire ciò che viene colloquialmente chiamato povertà.

2.2 Confronto

Il confronto tra le diverse tipologie di nuclei famigliari è cru- ciale all’approccio tradizionale, anche se spesso non viene discus-

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so esplicitamente. I bisogni devono essere riferiti alle diverse ti- pologie familiari e la composizione del nucleo famigliare viene ri- tenuta una via ammissibile per pesare i diversi bisogni (Deaton e Muellbauer, 1980, 1986; Atkinson e Bourguignon, 1987; Ebert, 1996). La variabile monetaria, sia essa il reddito o il consumo, de- ve essere raccolta a livello di nucleo famigliare sotto l’ipotesi che le risorse siano poi distribuite equamente all’interno della fami- glia dove si realizzano le economie di scala. L’ipotesi meno re- strittiva che possa essere formulata è che tutti i componenti go- dano dello stesso tenore di vita e vadano quindi pesati in base ai propri bisogni. Una soluzione definitiva non esiste, principalmen- te perché il criterio ottimale varia al variare degli obiettivi della ricerca, della sottostante variabilità e del dominio di confronto.

Seguendo un ragionamento normativo come quello dei biso- gni primari e trattando specificamente i bisogni alimentari sono state calcolate alcune misure tecniche. Dato un prefissato tenore di vita, i bambini avranno meno bisogni degli adulti, le donne me- no degli uomini, i vecchi meno dei giovani. Tuttavia, oltre l’aspetto nutrizionale diviene problematico definire il criterio di che cosa vada compreso e come vada valutato, e si corre il rischio di otte- nere risultati ingiustamente discriminatori.

Seguendo un ragionamento positivo, sono state proposte mi- sure empiriche, inferendo statisticamente i pesi dal campione stes- so che in tal modo sono value-free. Tuttavia questo approccio po- ne altre difficoltà in quanto i risultati ottenuti possono essere so- cialmente inaccettabili e/o non correttamente interpretati. Un esempio estremo è fornito da una realtà ipotetica in cui le fami- glie numerose presentano una forte correlazione con i redditi bas- si da cui si potrebbe erroneamente dedurre che la dimensione fa- miliare sia inversamente proporzionale ai bisogni della famiglia.

Comunque si decida di procedere nel confrontare le diverse tipologie familiari, la precisione nell’identificazione dei pesi è so- lo parte del problema in questione. Spesso sarà necessario con- frontare i risultati con quelli di altri campioni e quanto più la sca- la specificata rispecchia con precisione il campione tanto meno sarà possibile confrontare i dati ottenuti con campioni di diversa natura. I risultati ottenuti attraverso una scala fatta su misura non

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saranno comparabili con altre analisi che utilizzano altre scale di equivalenza senza provocare una distorsione significativa. Per que- sta ragione bisogna essere consapevoli del trade-off tra l’efficienza nella stima ed il dominio di utilizzo dei risultati. Essendo questa analisi centrata sul confronto tra diverse popolazioni, è stata scel- ta una scala relativamente semplice in linea con altre analisi su- gli stessi dati.

2.3 Misurazione

Una volta definita la linea di povertà e calcolato il vettore dei redditi equivalenti individuali, bisogna formulare un indice che ci permetta di misurare il fenomeno così da considerare gli aspet- ti di maggiore interesse. Le proprietà desiderabili per un indice di povertà sono elencate dai seguenti assiomi, proposti da Sen (1976):

L’assioma di monotonicità: una riduzione nel reddito di un in- dividuo sotto la linea di povertà deve aumentare la misura di po- vertà;

L’assioma di trasferimento: un trasferimento di reddito da un individuo sotto la linea di povertà ad uno meno povero deve au- mentare la misura di povertà;

L’assioma dell’equità relativa: un aumento nel reddito di un in- dividuo sotto la linea di povertà deve avere maggiore impatto ri- spetto ad un uguale aumento per un individuo meno povero;

Meno utilizzata è la versione restrittiva dell’assioma prece- dente:

L’assioma dei pesi ordinali: la differenza tra il reddito e la li- nea di povertà per i poveri deve essere pesato rispetto all’ordina- mento, quindi crescente nel grado di povertà.

L’analisi tradizionale della povertà utilizza tre indici ciascuno dei quali fornisce un’interpretazione distinta della distribuzione del reddito. L’incidenza, l’intensità e la diseguaglianza della po- vertà si identificano rispettivamente come Head Count Ratio (HCR), Poverty Gap Ratio (PGR) e coefficiente di Gini (GIN) (Gi- ni, 1921).

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Il HCR è dato dal numero di poveri su tutta la popolazione.

Questa misura è intuitiva e fornisce stime di povertà corrette sot- to l’ipotesi implicita che le due partizioni siano insiemi omogenei.

Questo indice è molto utilizzato anche se viola tutti gli assiomi precedentemente elencati.

Il PGR misura il rapporto tra il poverty gap, definito come dif- ferenza tra la linea di povertà ed il reddito medio della sottopopo- lazione povera, e la linea di povertà. Il PGR misura l’intensità del- la povertà e non viola l’assioma di monotonicità. Questa misura po- ne il problema di come trattare l’utilità marginale della variabile mo- netaria, che in questo indice è costante. L’utilità marginale è invece crescente nel livello di povertà, in quanto viene generalmente ac- cettato che un povero individuo riceva maggiore soddisfazione di un individuo meno povero dato un pari aumento marginale di reddito.

La diseguaglianza è misurata dall’indice GIN, una misura de- rivata dalla curva di Lorenz (Lorenz, 1905). Il GIN si ottiene dal- la differenza tra la curva di Lorenz stimata e la curva di Lorenz nel caso di completa uguaglianza di reddito, divisa per l’integra- le di quest’ultima. Restringendo il campo di analisi alla sottopo- polazione dei poveri otteniamo l’indice che rispecchia l’utilità mar- ginale crescente per qualsiasi trasformazione monotona della di- stribuzione.

Amartya Sen ha proposto una nuova specificazione, funzione dei precedenti tre indici, così sottolineandone la loro simultanea importanza. Questa misura è nota come indice di Sen (SEN):

(1) SEN = HCR (PGR+(1–PGR) GIN)

La proposta di questo indicatore nacque dalla critica di Sen (Sen, 1976) al HCR come indice predominante nell’analisi della povertà, fondata sulla violazione degli assiomi di monotonicità e trasferimento da lui proposti. Come fu successivamente fatto no- tare (Shorrocks, 1995), sotto particolari circostanze anche l’indi- ce di Sen viola l’assioma di trasferimento2 a meno che non si ri- stringa l’analisi ad una versione debole dell’assioma in cui il nu-

2 In seguito indicata come la condizione Pigou-Dalton.

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mero di poveri rimane fisso. Questo perché il SEN nella sua for- mulazione originale stabiliva un trade-off tra incidenza ed inten- sità di povertà e conseguentemente un trasferimento tra un ricco ed un povero potrebbe causare un effetto incidenza che contro- bilancia l’effetto intensità aumentando il livello di povertà ripor- tato. Sen rispose (Sen, 1983) che i tecnicismi dell’assioma di tra- sferimento come inizialmente proposto erano moderatamente im- portanti in quanto, anche se si adotta una misura di povertà re- lativa, bisogna comunque mantenere una connessione indiretta al livello di discontinuità (breaking point) proposto da Townsend (1962), ovvero la soglia alla quale una ulteriore diminuzione del reddito implica una diminuzione del benessere più che propor- zionale. Questo livello di discontinuità è ciò che si prova a speci- ficare con l’introduzione di una certa linea di povertà. Sen (1983) conclude nel suo articolo con le seguenti parole:

“È importante sapere se i poveri, relativamente parlando, siano in qualche senso più profondo assolutamente spogli.

Fa differenza.”

(traduzione propria)

Questo commento finale non solo evidenzia l’importanza di trattare correttamente la povertà, ma richiama l’importanza della povertà relativa e del metodo centrato sulle capacità, in quanto una misura relativa in termini di beni corrisponde una misura as- soluta in capacità.

2.4 Difficoltà

Difficoltà nell’analisi della povertà tradizionale sorgono sia du- rante il processo di identificazione che di aggregazione. Il primo passo per identificare il sottoinsieme di poveri consiste nel speci- ficare un limite (linea di povertà). La linea di povertà deriva da una concezione di povertà in termini assoluti e nasce da un pa- niere di beni che soddisfa un predeterminato insieme di “bisogni primari”. Tuttavia, come è già stato notato, la povertà ha anche

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una natura relativa che dipende dal contesto di riferimento. Que- sto significa che fissando una soglia predeterminata o fissando una statistica relativa alla sottostante distribuzione, la povertà che intendiamo definire è necessariamente vincolata ad una scelta ar- bitraria della soglia.

A ciò va aggiunto il rischio indotto dalla approssimazione in- trodotta dalla parità di potere d’acquisto (PPP) basata essa stessa su un paniere di beni che corre il rischio di non equiparare cor- rettamente uguali opportunità in diversi paesi.

L’utilizzo di scale di equivalenza è diffuso e consente di pe- sare redditi familiari rispetto alla loro composizione, in quanto nuclei familiari più grandi hanno un tenore di vita inferiore dato un livello di reddito prefissato. Tuttavia, quanto più preciso è lo strumento, tanto maggiore saranno i costi in termini di possibi- lità di paragonare diversi tenori di vita che richiederebbero di- verse scale.

La variabile monetaria presenta varie opzioni in quanto non è chiaro se il reddito si presti meglio del consumo per misurare il tenore di vita. Se siamo interessati ad un’analisi riguardante il reddito, generalmente inteso come reddito disponibile, è probabi- le che le risposte rilevate siano distorte. Nuclei familiari relativa- mente ricchi tendono a sottostimare i loro redditi, mentre nuclei particolarmente poveri potrebbero essere indotti a fornire stime più alte data la natura intima della domanda. D’altra parte, il red- dito è un valore generalmente conosciuto dall’intervistato, quindi è semplice da stimare ed intuitivo da interpretare.

Un’analisi centrata sul consumo ha come vantaggio una mag- giore variabilità, e la sua persistenza ne fa dunque una variabile più vicina a ciò che viene comunemente inteso come tenore di vi- ta, ma depura il reddito dalla componente di investimento e può essere soggetta a maggiore errore di stima nella dichiarazione.

Data la difficoltà nel fare inferenza su variabili monetarie, l’u- tilizzo di altre variabili è opportuno non solo per condurre un’a- nalisi multidimensionale, ma anche per stimare la validità di ri- sposte che potrebbero a prima vista apparire improbabili o in- compatibili. Possiamo quindi dedurre che l’esclusivo uso della va- riabile monetaria sia insufficiente per un’analisi completa.

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2.5 Critiche

Il HCR come indice di riferimento è spesso stato criticato per la sua grossolanità. Questo indice, tutt’oggi ampiamente utilizza- to dato il suo carattere intuitivo, viola l’assioma di monotonicità (non tenendo in considerazione la profondità della povertà) e l’as- sioma di trasferimento (non distinguendo diverse situazioni in cui vi è stato un trasferimento di risorse tra individui distinti). Come già rammentato, la critica di Sen al HCR ha generato una intera area di interesse nello studio dell’importanza degli assiomi e quin- di della discussa condizione “Pigou-Dalton”. Possibilmente la più valida alternativa fu una sintesi di vari contributi che prese il no- me di indice Sen-Shorrocks-Thon (SST) che tuttavia è stato uti- lizzato raramente in pratica, ed è quindi rimasto un curiosum.

L’approccio tradizionale è centrato sulla definizione di una so- glia, che separa due sottogruppi chiaramente distinguibili. Questa partizione è efficace fin tanto che i due sottogruppi sono netta- mente separabili, ma dal momento in cui gli individui appena so- pra la linea di povertà difficilmente si distinguono in modo si- gnificativo da quelli appena sotto tale linea, la separazione rima- ne un’astrazione artificiale3.

L’approccio sfocato vuole investigare l’informazione persa dal- l’affrontare la povertà attraverso un approccio dicotomico e pro- pone ulteriori riflessioni su quello che viene generalmente consi- derato un problema di “robustezza” delle stime.

L’approccio multidimensionale indaga le distorsioni indotte dalla semplificazione in seguito all’utilizzo della variabile mone- taria come proxy sufficiente per le altre dimensioni del tenore di vita che possiamo rilevare. Tuttavia questa tacita ipotesi sotto- stante l’analisi tradizionale deve essere verificata, in quanto la sua invalidità potrebbe far sorgere distorsioni tali da non far traspa- rire la realtà nelle conclusioni finali. Le difficoltà legate al rileva- mento della variabile monetaria sostengono i dubbi sulla sua esclusiva efficacia.

3 «La povertà non è certamente un attributo che caratterizza un individuo in termini di presenza o assenza, ma è piuttosto un predicato vago che si manifesta con diversità di grado e di sfumature» (CHELIB. - LEMMIA., 1995).

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Un’analisi supplementare integrativa riguardante la condizio- ne economica, le condizioni abitative ed il possesso di beni dure- voli deve quindi essere congiuntamente valutata così da determi- nare una misura della propria ridondanza oppure del proprio va- lore aggiunto.

3. - L’approccio Sfocato Multidimensionale

3.1 L’aspetto sfocato: Totalmente Sfocato e Relativo (TFR)

La teoria degli insiemi sfocati, promossa da Zadeh (1965) e successivamente sviluppata da Dubois e Prade (1980), fornisce uno strumento matematico utile a superare le critiche all’aspetto di- cotomico dell’approccio tradizionale. Dato un insieme di elemen- ti x ∈ X qualsiasi insieme sfocato A di x viene definito come:

A = {x, fA(x)}

Dove fA è la funzione di appartenenza (f.a.) del sottoinsieme sfocato A ed il suo valore determina il grado di appartenenza di x ad A come segue:

fA (x) = 0 x non appartiene ad A

0 < fA (x) < 1 x appartiene parzialmente ad A fA (x) = 1 x appartiene completamente ad A

Nell’analisi della povertà X rappresenta il campione di n indi- vidui, ed A il sottoinsieme sfocato di poveri all’interno del campio- ne. Una volta scelto un insieme di indicatori che rappresentano ap- pieno la condizione di povertà degli individui all’interno della po- polazione di riferimento, per calcolare il grado di appartenenza a li- vello individuale, definiamo la f.a. come segue (Cerioli e Zani, 1990):

f x

g x w

w

i n

i

ij j

j k

j j

( ) k

( )

, ,...

=

= ∀ =

1 1 2

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In questo esempio, k4 variabili sono state scelte come indica- tori di k diverse dimensioni di povertà, rispettivamente indicate con X1, X2,…, Xk. Un sistema di pesi generico è rappresentato da w1, w2,…, wk e g(xij) è la misura di privazione dell’i-esima unità rispetto al j-esimo indicatore. La funzione f(xi) è la media ponde- rata dei vari g(xij) e rappresenta la povertà multidimensionale po- vertà calcolata per ciascun individuo su tutti gli indicatori. Se- guendo il metodo Totalmente Sfocato e Relativo (TFR) proposto da Cheli e Lemmi (1995), ciascun componente della f.a. riferito a ciascuna dimensione è definito come:

Dove H(xij) è la funzione di ripartizione della variabile Xj. Possiamo distinguere il caso di variabili categoriali da quelle continue.

Specificare la f.a. per variabili categoriali può essere proble- matico quando in una dimensione vi sono elevate frequenze in standard di vita elevati. In questo caso il grado minimo di povertà sarà stimato da un valore relativamente alto e la formulazione pre- cedente darà conseguentemente valori alti in un intervallo relati- vamente breve. Il problema può essere risolto aggiustando il pa- rametro in modo da standardizzare la variabilità nei livelli di pri- vazione all’interno dell’intervallo [0,1]:

Dove λ indicizza le possibili risposte nella dimensione Xj e xj(λ) è un generico grado di povertà compreso tra [xj(1), xj(max)].

g x

x x

g x H x

ij

ij j

j

( ) j

( ) ( )

( )

( )

= ( )

=

+

0 1

1

quando

λ λ −−

− =



H x

H x j x x

j

ij j

( )

( )

( ) ( )

( ) λ

λ 1

1 1 quando



g x H x

ij

( ) ( )ij

= se la povertà è funzione cresceente di se la povertà è funzione

( )

X H x

j

1− ij decrescente di Xj





4 Se k è il numero totale di variabili la f.a. definisce una variabile di povertà completa (ad esempio Sfocato Supplementare (FS), Sfocato Monetario (FM)) men- tre se k indica un sottoinsieme di variabili, la variabile è detta di povertà par- ziale.

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Il valore minimo di povertà sarà zero ed il massimo uno. Que- sta formulazione standardizza la f.a. nell’intervallo unitario, il che tuttavia è ridondante nel caso di variabili dicotomiche. Specifi- cando g(xij) in termini di distribuzione Xj a ciascuna unità stati- stica è assegnato un punteggio in base al livello di privazione che dipende esclusivamente dal numero di unità statistiche con valo- ri superiori su tale misura di privazione. Questa procedura dà a questo metodo il suo ordinamento categoriale che è di natura to- talmente relativa, e si basa sulla corretta specificazione delle dif- ferenti dimensioni prese in considerazione nell’analisi del tenore di vita.

Nel caso di variabili continue, come ad esempio la variabile monetaria, la formulazione precedente non è funzionale, quindi utilizziamo la funzione di ripartizione H(.). Per chiarire, in que- sto esempio adotteremo la notazione alternativa di yi per identi- ficare il reddito equivalente dell’i-esima unità statistica, che è il caso di variabile continua più comune. La f.a. è definita come:

(2) g (y1) = 1 – H (y1)

La funzione H(.) può essere sia esogena all’analisi sia empi- ricamente calcolata. Come nel caso categoriale assegniamo ad ogni individuo un grado di povertà all’interno dell’intervallo [0,1] che dipende completamente dalla frazione di individui che hanno red- diti superiori all’unità di riferimento. È importante notare come questo metodo non fa uso di alcuna linea di povertà in quanto ad alti e bassi valori corrispondono rispettivamente individui più po- veri e meno poveri.

Indici globali sono usati per dare una misurazione sintetica di una variabile di povertà completa calcolando il valore medio attraverso gli individui. Definiamo l’indice di povertà monetaria globale:

(3)

I calcoli dell’indice sul campione intero non sono tuttavia

Y H yi n

i n

=  − 

 



= 1 1

( )

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informativi in quanto H(yi) è per costruzione interna all’interval- lo [0,1] con valore atteso di 0,5.

E[1–H(y1)] = 1 – E[H(y1)] = 0,5

Questo risultato è stato spesso criticato, e viene considerato il limite al metodo TFR, in quanto quando calcoliamo l’indice di povertà globale su diversi campioni completi otteniamo sempre lo stesso valore, indipendentemente dalla distribuzione sottostante.

Tuttavia nonostante non sia una misura cardinale sull’intero cam- pione, può essere informativo nel comparare diverse sottopopola- zioni. Si può sostenere che la cardinalità nella misurazione tradi- zionale di poveri è essa stessa artificiale, in quanto è fondata su una separazione arbitraria dei poveri dai non poveri, e quindi la misura cardinale varia al variare della linea di povertà. Questa pseudo-cardinalità può essere adattata alla misurazione TFR at- traverso la seguente modifica:

(4) g(y1) = (1 – H(y1))α

Un aumento nel valore di alfa polarizza i valori assegnati agli individui più ricchi e più poveri, aumentando quindi il valore di appartenenza assegnato ai più poveri come illustrato nel grafico 1.

Variando il valore di alfa possiamo fissare l’indice di povertà glo- bale al valore del HCR attraverso un processo iterativo. Questo conferisce all’analisi la pseudo-cardinalità e consente un confron- to diretto.

Il metodo di aggregazione tra misure intrinsecamente diver- se, che diventano necessariamente possibili sostituti, è chiara- mente uno dei punti più delicati dell’analisi multidimensionale e rappresenta una delle debolezze di questo metodo. In particolare le metodologie che seguono l’approccio TFR necessitano l’indice HCR per stabilire una media comune come punto di riferimento sia per la variabile monetaria che per quella supplementare. Que- sta particolarità risulta da una scelta consapevole del ricercatore che la accetta in quanto in cambio vi è una chiara giustificazio- ne nei confronti tra diversi sottogruppi del campione, ed è possi-

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bile quindi valutare il contributo alla privazione di categorie la- vorative, o di zone, particolarmente a rischio. Un’alternativa in cui un altro tipo di legame viene specificato, e quindi è evitato il cal- colo dicotomico della proporzione di poveri, si trova in Betti e Verma (2008).

Parallelamente l’indice globale di povertà supplementare, co- struito utilizzando le variabili non monetarie, può essere scritto come:

(5)

Dove f(xi) è riferito alla f.a. supplementare. Nell’approccio TFR, l’indice P rappresenta una generalizzazione del HCR e può essere interpretato come la proporzione di poveri che derivano dalla cardinalità relativa del sottoinsieme sfocato e la cardinalità n della popolazione (Dubois e Prade, 1980). Tuttavia bisogna te- nere conto che l’approccio sfocato non ragiona in termini di po- veri e non poveri in quanto l’indice P si riferisce al valore medio di povertà calcolato attraverso la f.a.

P f xi n

i n

=

 



= ( ) 1

GRAF. 1 VARIAZIONE NEL LIVELLO ALFA

y

g(y) = 1

> 1 α α

(16)

3.2 L’aspetto sfocato: una metodologia complementare

La metodologia complementare utilizzata in questo lavoro vuole estendere la classificazione convenzionale poveri/non-pove- ri come presentato in Betti e Verma (1998)5. Come nella metodo- logia TFR, bisogna sostituire la classificazione dicotomica con un grado di appartenenza all’insieme sfocato dei poveri. Questo gra- do è confinato all’intervallo [0,1] ed è proporzionale al grado di povertà. I vantaggi di tale classificazione possono essere sintetiz- zati nei seguenti punti:

i) La metodologia consente di incorporare altri aspetti relati- vi agli indici GIN e SEN.

ii) Una valutazione della posizione relativa di diversi sotto- gruppi all’interno della popolazione può essere ottenuta in modo intuitivo.

iii) Nel considerare la privazione in termini non-monetari, co- me ad esempio il possesso di beni durevoli, una persona può ave- re alcuni e non altri, e questo è incompatibile con la misura di- cotomica.

iv) L’approccio si rivela molto utile nel determinare livelli di povertà di entrata ed uscita di unità statistiche all’interno di un contesto longitudinale.

Per determinare un indice di povertà dobbiamo collegare l’in- clinazione alla povertà relativa all’i-esimo individuo con la pro- porzione di reddito che l’individuo possiede all’interno della di- stribuzione di reddito equivalente. Definiamo quindi la f.a. come:

(6)

Questa espressione rappresenta la proporzione di valori cu- mulati di redditi equivalenti rispetto all’individuo che si trova al-

Vi yj yk i

k n j i

n

= 

 

 ∀ =

=

= +

1 2

1 2, ,...,nn−1 Vn =0

5 La tesi di laurea da cui è tratto questo articolo, scritta a pochi mesi dalla pubblicazione dei dati completi, contribuisce con una analisi empirica alla valu- tazione della condizione di povertà nella Unione Europea. Prendendo spunto dal- le metodologie proposte in CHELIB. - LEMMIA. (1995) e BETTIG. - VERMAV. (1998), l’autore specifica il necessario per una analisi complessiva, mette a confronto i ri- sultati e presenta le proprie conclusioni.

(17)

l’i-esima posizione nella distribuzione ordinata di redditi. Come la f.a. precedentemente introdotta, anche questa assegna valori nel- l’intervallo [0,1] proporzionali al grado di povertà. Definiamo un nuovo indice di povertà Monetaria Sfocata (FM):

(7) Ii = Vαi

Il valore medio viene eguagliato al valore del HCR attraverso un processo iterativo analogamente a come viene fatto nel meto- do TFR. Le variabili supplementari tuttavia sono dicotomiche o discrete e mentre per le prime si può assegnare direttamente il valore di 0 o 1 alle due uniche possibilità di scelta, per vari gra- di di privazione bisogna specificare la relazione tra i valori. Per M pari al numero di possibili risposte, ed m pari all’ordine del grado rilevato crescente nel livello di povertà, possiamo adottare gradi equidistanti:

(8)

Possiamo quindi notare che oltre alle similitudini dettate da- gli obiettivi comuni alla metodologia TFR, Betti e Verma (1998) propone sostanziali modifiche. Il presente articolo d’altra parte vuole contribuire a questo ramo di ricerca non solo chiarendo ed applicando questi aspetti, ma anche confrontando e valutando in un contesto organico i risultati ottenuti rispetto alle misure tra- dizionali. Rispetto al sopracitato articolo, che ha a disposizione solo i primi due anni d’indagine, in questo lavoro l’analisi viene compiuta sul dataset completo, è quindi stato possibile l’inseri- mento di Austria, Finlandia e Svezia non presenti durante i pri- mi anni. La disponibilità di dati panel è particolarmente impor- tante per quanto riguarda le misure longitudinali introdotte a fi- ne capitolo, ma più generalmente per tutti i risultati empirici, sia tradizionali che sfocati. L’evoluzione completa dei risultati confe- risce un maggiore grado di robustezza e può essere informativa su rapporti tra efficienza ed equità, come nel caso irlandese. Tut- tavia un’analisi complessiva pone nuove domande ed introduce nuove difficoltà, come ad esempio l’accumularsi di distorsioni re-

D M m

j m( )= M

−1

(18)

lative all’attrition e la valutazione di povertà temporanea rispetto a povertà persistente, sia monetaria che supplementare.

3.3 L’aspetto multidimensionale

Una volta che una f.a. per una determinata dimensione è sta- ta definita, dobbiamo specificare come aggregare i diversi indici corrispondenti alle diverse dimensioni in modo da calcolare la va- riabile di povertà supplementare (FS) che tenga conto di tutte le dimensioni non-monetarie simultaneamente.

(9)

I pesi possono essere definiti in diversi modi, ma devono es- sere sempre funzioni decrescenti del livello di privazione, in quan- to la privazione risulta più debilitante quando si ha rispetto a di- mensioni più diffuse. In questa analisi viene adottata la formula- zione data dal logaritmo dell’inverso della proporzione sfocata me- dia relativa alla variabile Xj (Cerioli e Zani, 1990):

(10)

La proporzione sfocata di unità statistiche povere rispetto a Xj è data dal valore medio rispetto all’intera popolazione e rap- presenta l’appartenenza media della popolazione al sottoinsieme dei poveri, rispetto alla dimensione in questione. La funzione in- versa assicura che all’aumentare del livello medio di privazione il peso assegnato a tale dimensione sia inversamente proporzionale.

La trasformata logaritmica invece evita che venga dato troppo pe- so a componenti rare, come succederebbe nel caso in cui la di- mensione sotto analisi sia particolarmente diffusa.

wj n g xij

i

= 





log / ( )

f x

g x w

w

D i

i

ij j

j k

j j

k i

( )

( )

=

= = ∀ = , ,.

1 1 2 ...n

(19)

La scelta delle misure che specificano correttamente il teno- re di vita della sottostante popolazione è quindi di cruciale im- portanza non solo per la f.a. ma anche per i relativi pesi. Seppu- re le misure FM e FS presentano alcuni tratti in comune, è come se fossero due distinti indici su un sottoinsieme di variabili e so- no tra di loro indipendenti. Per ottenere una misura comparabi- le possiamo eguagliare i valori medi delle due misure tramite un fattore moltiplicativo costante.

(11)

Il valore medio della nuova misura di povertà supplemen- tare Di' (FS) è per costruzione uguale al valore medio della mi- sura di povertà monetaria Ii (FM). Questo giustifica il confron- to tra combinazioni di queste variabili che ci fornisce una mi- sura di sovrapposizione delle due rispettive condizioni di po- vertà.

3.4 Il confronto tra misure sfocate

Una volta ottenute misure sfocate di povertà rispetto a di- mensioni — come possono essere le misure di povertà rispetto al- la variabile del reddito Fuzzy Monetary (FM) e rispetto a varia- bili non-monetarie Fuzzy Supplementary (FS) — possiamo otte- nere valutazioni seguendo la teoria degli insiemi sfocati, ottenen- do a livello individuale misure come:

i) Povertà Manifesta (MP): il valore minimo tra FM e FS per individuo

ii) Povertà Latente (LP): il valore massimo tra FM ed FS per individuo

Oltre a confronti dato un istante temporale, possiamo valu- tare le proprietà longitudinali di ciascuna delle precedenti misu- re sfocate, valutandone l’evoluzione della variabilità ed altre pro- prietà statistiche. Studiando il massimo ed il minimo a livello in- dividuale otteniamo le seguenti misure:

D I

D D D D n I I

i i i

i n

i i

'=

 

 = ∑ =

=

con e

1==

1

n n

(20)

i) Povertà Continua (CP): il valore minimo nel tempo della misura di povertà

ii) Povertà Anytime (AP): il valore massimo nel tempo della misura di povertà

Queste nuove misure ci propongono un nuovo punto di vista sul dataset disponibile e sono informative sia a livello aggregato che per sottogruppi. In particolare possiamo valutare la sovrap- posizione delle informazioni raccolte per quanto riguarda le mi- surazioni cross-section, e le dinamiche temporali come trend o ete- roschedasticità dalle misurazioni longitudinali.

4. - Risultati empirici

4.1 European Community Household Panel (ECHP)

Questa analisi fa uso del dataset ECHP6 che ha raccolto dati relativi all’Unione Europea (UE-15) tra il 1994 ed il 2001. I dati raccolti provengono da interviste mediante l’uso di questionari provenienti tutti da un unico modello, e solo successivamente adattato per meglio rilevare le diverse realtà presenti nei diversi stati partecipanti. Anche se ci sono dei problemi di compatibilità, l’ECHP è sicuramente una delle fonti più autorevoli e auto-suffi- centi per il confronto transnazionale delle condizioni di vita rea- lizzate fino ad oggi. L’ECHP ha avuto molto successo, perché for- nisce micro-dati multipurpose a livello individuale e di nucleo fa- miliare. È un database panel in quanto ciascun intervistato è se- guito nel tempo e risponde al questionario una volta l’anno (La- zarsfeld, 1940). Questo ha vari vantaggi tra cui la possibilità di condurre analisi longitudinali per identificare le dinamiche inter- ne alla popolazione, identificazione che non sarebbe possibile tra- mite semplici rilevazioni cross-section. Inoltre consente di avere maggiore controllo sull’eterogeneità degli individui, e ottenere una maggiore efficienza nelle stime.

6 Coordinato da EUROSTAT (Statistical Office of the European Community).

(21)

4.2 La tigre celtica

Molte osservazioni possono essere ottenute da rilevazioni mul- tipurpose. L’Irlanda presenta dati di particolare interesse in quan- to nel periodo sotto analisi ha compiuto un intero ciclo di espan- sione economica, è per questo stata successivamente rinominata la tigre celtica7. Come viene documentato dai dati ECHP l’Irlan- da ha subito una trasformazione che l’ha portata ad essere da uno dei paesi più poveri ad uno dei paesi più ricchi dell’UE, e questo ci dà l’opportunità di analizzare l’intero processo e discutere i le- gami tra efficienza ed equità. Differenti motivazioni sono state at- tribuite a questa improvvisa crescita. La tassazione sulle imprese relativamente favorevole viene spesso suggerita come ragione sca- tenante8ed i sostanziali finanziamenti forniti dall’Unione Europea sembrerebbero essere stati spesi sapientemente. Tuttavia un in- cremento nel reddito mediano provocato dalla crescita economi- ca corrisponde ad un proporzionale aumento nella linea di po- vertà, il che significa che se la crescita lascia indietro le unità più povere causerà un peggioramento nelle misurazioni dell’inciden- za, intensità e diseguaglianza della povertà.

4.3 Risultati tradizionali

L’analisi tradizionale è centrata sulla variabile monetaria e, se- guendo un approccio relativo, possiamo fissare la linea di povertà al 60% del reddito mediano9. Questa soglia di povertà è chiama- ta “a rischio di povertà” ed è comunemente ritenuta la più indi- cata per il dataset ECHP. Il reddito disponibile PPP è stato reso equivalente attraverso l’uso della scala OECD modificata10.

7 Termine coniato in un rapporto Morgan Stanley (1994) da Kevin Gardiner per analogia alle “East Asian Tigers”.

8 «The Luck of the Irish», The Economist, 14 ottobre, 2004.

9 Il valore mediano è preferibile alla media in quanto è meno sensibile alla pronunciata asimmetria nella distribuzione.

10 La scala OECD (modificata) assegna un peso unitario (1) al primo membro di un nucleo familiare, 0,5 (0,7) a ciascun ulteriore membro adulto e 0,3 (0,5) a ciascun bambino. Una ulteriore alternativa è la scala MCCLEMENTS L.D. (1977).

(22)

Il grafico 2 mostra i redditi equivalenti mediani rilevati at- traverso gli anni 1994-2001 per i paesi la cui rilevazione è dispo- nibile. Dato che i redditi sono espressi in termini di prezzi cor- renti il confronto andrebbe fatto rispetto ai paesi anziché rispet- to agli anni. Questo perché i valori sono in termini di prezzi no- minali e, seppure i coefficienti PPP sono in grado di controbilan- ciare l’inflazione nei diversi paesi, l’inflazione media attraverso gli anni è pur sempre presente, come è intuibile dal trend positivo di circa 3% del reddito mediano equivalente. Volendo rappresentare le rispettive linee di povertà è sufficiente scalare l’asse delle ordi- nate del 60% nel grafico 2. Grecia, Spagna e Portogallo mostra- no valori circa un terzo di quelli del Lussemburgo. Nel grafico 3 viene riportata la distribuzione del reddito dell’UE divisa per pae- se membro per il primo anno di rilevazione. Sull’asse delle ascis- se è riportato il reddito pro capite equivalente annuo in classi equi- distanti tra € 0 e € 50.000 e sugli assi delle ordinate vi è il nu- mero di unità pesate che corrispondono a tale classe. La colora- zione distingue solo i cinque stati più poveri per semplificarne l’interpretazione.

GRAF. 2 REDDITO MEDIANO EQUIVALENTE A PREZZI CORRENTI

W1 W2 W3 W4 W5 W6 W7 W8 25.000

20.000

15.000

10.000

5.000

0 DK NL BE FR IE IT GR ES PT AT FI SE DE LU UK

(23)

Il HCR (in grafico 4), ovvero la proporzione della popolazio- ne che si trova a rischio di povertà nell’UE, varia tra il 10% ed il 20%. Troviamo valori relativamente bassi in Finlandia, Svezia, Da- nimarca, Olanda e Lussemburgo, intermedi in Germania, Austria, Belgio e Francia, e alti in Regno Unito, Irlanda, Italia, Grecia, Spa- gna e Portogallo. La correlazione con i redditi mediani è palese, in quanto a redditi mediani alti corrispondono alti valori di HCR.

Questo è congruente con l’intuizione precedente in cui paesi più poveri hanno anche distribuzioni più asimmetriche come visto nel grafico 3. La divisione tra nord e sud è riflessa da questo indice, tuttavia Regno Unito ed Irlanda mostrano livelli più alti di quan- to ci si aspetterebbe, possibilmente a causa del modello di welfa- re anglosassone. Se confrontiamo i diversi anni il HCR sembra di- minuire, tranne che per l’Irlanda e la Finlandia.

Il PGR (in grafico 5), ovvero la proporzione della linea di po- vertà che in media sarebbe appena sufficiente a pareggiare i red- diti dei poveri con la linea di povertà stessa, segnala variazioni più marcate del HCR. Di particolare interesse è il confronto tra Irlan- da e Portogallo. L’Irlanda inizia con valori minimi e per la fine del periodo rilevato sembra aver superato il Portogallo che partiva se- GRAF. 3 DISTRIBUZIONI DEL REDDITO A CONFRONTO (1994)

0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000

FR UK DE BE DK NL IT IE ES PT GR

(24)

condo solo alla Grecia. L’evidenza riportata è notevole, e nonostante vi possa essere una distorsione a causa dell’attrition, questo non è visibile confrontando le variazioni medie del campione originale ri- spetto al sottocampione bilanciato (vedi appendice). Possiamo at- GRAF. 4 HEAD COUNT RATIO (HCR)

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25

DK NL BE FR IE IT GR ES PT AT FI SE DE LU UK W1 W2 W3 W4 W5 W6 W7 W8

GRAF. 5 POVERTY GAP RATIO (PGR)

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45

DK NL BE FR IE IT GR ES PT AT FI SE DE LU UK

W1 W2 W3 W4 W5 W6 W7 W8

(25)

tribuire parte di questo risultato alla natura relativa dell’analisi, in quanto la linea di povertà in Irlanda cresce più velocemente che in Portogallo. Si noti come vi sia una forte diminuzione in questa mi- sura durante il secondo ed il terzo anno di rilevazione, probabil- mente a causa della uscita improvvisa dal campione di unità mol- to povere. Il calo del 10% del PGR in Germania riflette la misura del HCR ed entrambi si stabilizzano successivamente. Contraria- mente, nel Regno Unito vi è maggiore differenza tra le due misu- re, in particolare durante il primo e l’ultimo anno.

L’indice GIN presentato nel grafico 6 fa riferimento unica- mente al sottoinsieme povero. Limitando l’analisi al sottoinsieme di poveri concentriamo l’attenzione sulle variazioni di reddito del- le unità più povere al quale l’indice è così più sensibile. Restrin- gendo il campo d’indagine, le variazioni nella distribuzione dei non-poveri, che potrebbero nascondere gli spostamenti relativi al sottogruppo d’interesse, non vengono prese in considerazione. L’Ir- landa mostra valori molto bassi in questo indice per tutta la du- rata della rilevazione, il che significa che i poveri cadono princi- palmente in un intervallo di reddito piuttosto ristretto che suc- cessivamente si allontana dalla linea di povertà come evidenziato dal PGR, ma rimangono sostanzialmente compatti. Questo raffor- za l’ipotesi che l’aumento della povertà sia dato dal progressivo aumento della linea di povertà causato dalla crescita economica.

Al contrario, la Germania mostra una marcata correlazione tra tutti e tre gli indici, il che suggerisce un improvviso cambiamen- to durante il secondo ed il terzo anno a causa di una uscita del- le unità più povere dal campione. Questa interpretazione è moti- vata dal fatto che, se la povertà fosse diminuita uniformemente dal sottoinsieme di poveri, l’indice GIN sarebbe rimasto costante.

L’indice SEN nel grafico 7 non fornisce ulteriori informazio- ni, ma propone una formulazione sintetica dei tre precedenti in- dici, dando quindi un giudizio complessivo al fenomeno. Porto- gallo, Italia, Grecia e Spagna presentano valori molto alti, come era prevedibile e l’Irlanda sembra raggiungere un livello di povertà caratteristico del sud Europa. Questo rimane preoccupante anche tenendo conto della crescita economica. Analisi simili potrebbero essere condotte a livello regionale, tuttavia la grossolanità di que-

(26)

sti indici è evidente, in quanto i risultati possono essere ambigui e difficilmente interpretabili. Un’analisi più approfondita richie- derebbe necessariamente l’utilizzo dell’intera distribuzione del red- dito per tracciarne o quantomeno verificarne le dinamiche.

GRAF. 6 INDICE DI GINI PER I POVERI (GIN)

W1 W2 W3 W4 W5 W6 W7 W8

0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45

DK NL BE FR IE IT GR ES PT AT FI SE DE LU UK

GRAF. 7 INDICE DI SEN (SEN)

0,14 0,12 0,1 0,08 0,06 0,04

0,02 0

DK NL BE FR IE IT GR ES PT AT FI SE DE LU UK

W1 W2 W3 W4 W5 W6 W7 W8

(27)

4.4 Risultati Sfocati Multidimensionali

L’analisi Sfocata Multidimensionale11 solleva nuove domande e chiarisce le ambiguità relative all’approccio tradizionale, sup- portando o contraddicendo i precedenti risultati.

La metodologia implementata ha come vantaggio il fatto di se- guire l’approccio relativo come nell’analisi monetaria, e di creare una misura di povertà supplementare a livello disaggregato. Que- sto gioca un ruolo importante e rende possibile al ricercatore com- parare diversi sottogruppi della popolazione. La scelta intrinseca- mente soggettiva delle variabili da includere è determinata dai da- ti disponibili delle tre suddivisioni — Situazione finanziaria (gra- fico 8), Condizioni abitative (grafico 9), Possesso di beni durevoli (grafico 10) — in quanto l’obiettivo primario è la presentazione della metodologia e non la messa in discussione delle variabili.

Molte variabili forniscono importanti riflessioni sulle condizioni di vita nei diversi paesi e pongono domande la cui risposta può va- riare in base al contesto finanziario, ma anche culturale, geogra- fico e climatico. Un riscaldamento insufficiente in Danimarca im- plica delle condizioni di vita miserevoli, ma in Spagna livelli di pri- vazione comparabili sono presenti in numerosi nuclei familiari, il che suggerisce un’importanza relativa differente.

Le prime quattordici variabili (grafico 8) identificano aspetti legati alla situazione finanziaria del nucleo famigliare intervista- to. Le variabili Making ends meet, Save e Year comparison12, sono gli indici che presentano i valori più elevati. Questo può essere in parte determinato dalla vaghezza delle domande e soggettività nel- le risposte, ragione per cui possono essere condivise da più pro- fili di povertà. Tuttavia se ordiniamo i paesi rispetto al reddito mediano notiamo come la relazione sia inversa. L’inabilità di pa- gare l’affitto, il mutuo, le bollette, ed altri prestiti presentano va- lori molto bassi, in quanto sono spese che possono essere previ-

11 Per ulteriori chiarimenti sulle variabili consultare EUROSTAT DOC. PAN 166/01 - ECHP UDB Description of variables.

12 Ovvero le variabili categoriali che indicano rispettivamente la capacità di ar- rivare alla fine del mese, risparmiare una quota del salario ed il confronto con la situazione finanziaria dell’anno precedente.

(28)

GRAF. 8 SITUAZIONE FINANZIARIA (1994)

UK NL DK BE FI FR AT IT IE ES PT GR

1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 Debiti (HF001)Fine mese (HF002)Riscaldamento (HF003)Vacanze (HF004)Mobilia (HF005)Vestiti (HF006)Carne (HF007) 1

0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0ConfrontoRateOspitiAffittoRisparmiMutuoBollette (HF015)(HF011)(HF012)(HF009)(HF013)(HF008)(HF010)

(29)

ste mesi in anticipo e causano disagi notevoli se non pagate. L’ap- proccio relativo si rivela conforme a ciò che viene comunemente inteso come povertà e quindi dà maggior peso ai fattori che cau- sano maggiori disagi. Domande che sondano l’insufficienza del ri- scaldamento sembrano essere collegate alle condizioni climatiche, in quanto valori alti appaiono in Portogallo, Spagna e Grecia; si potrebbe proseguire la ricerca e verificare a livello regionale quan- to sia confutabile questa intuizione. L’approccio relativo ci con- sente di pesare in modo consistente un riscaldamento inadegua- to che si trovi in Grecia o Finlandia. Le vacanze annuali, il rin- novo della mobilia, vestiti nuovi e la possibilità di avere ospiti a cena presentano un ordinamento simile, ed il livello di povertà ri- specchia la natura della spesa. Mentre le prime due sono spese cospicue, rare e fisse, le ultime due sono spese moderate, frequenti e flessibili.

Le seguenti diciassette variabili (grafico 9) stimano valori re- lativi alla condizione abitativa. Una cucina separata ed uno spa- zio all’aperto collegato all’abitazione sono caratteristiche che ri- guardano lo stile architettonico predominante, e sono più diffici- li da collegare direttamente a ciò che è comunemente inteso per povertà. Le domande relative alla presenza di un impianto di ri- scaldamento presentano analogie alla variabile in cui si rileva la capacità di sostenere il costo di un riscaldamento adeguato, pre- cedentemente discussa nella condizione finanziaria. La mancanza di bagni, WC, acqua calda, illuminazione sufficiente, riparo ido- neo oppure la presenza di umidità e di marciume negli infissi so- no situazioni molto rare e generalmente presentano valori bassi (sotto il 10%)13 tranne che per il Portogallo che si distingue per le imbarazzanti condizioni abitative. La mancanza di acqua cal- da sufficiente sembra presentare un problema sostanziale in Gre- cia. Spazi insufficienti, inquinamento atmosferico ed acustico non presentano interpretazioni evidenti. Questo può essere perché so- no indipendenti dal reddito, sono troppo complessi per essere se- parabili a livello nazionale, riguardano realtà difficili da analiz-

13 Questo implica che il 10% degli individui dichiara di vivere in tale condi- zione solo nel caso in cui la variabile è dicotomica.

(30)

GRAF. 9 CONDIZIONI ABITATIVE (1994) 1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0

Cucina (HA008) Bagno (HA009) WC (HA010)Acqua calda (HA011)Riscaldamento (HA012)Area Esterna (HA013) Spazio (HA014) Rumore (HA015)

Luminosità (HA016)Riscaldamento B (HA017)Tetto (HA018) Umidità (HA019) Marciume (HA020) Inquinamento (HA021) Crimine (HA022) Proprietà (HA023)

Mutuo (HA024a)

(31)

zare e comparare o più probabilmente un insieme di tutte queste motivazioni. La variabile relativa alla presenza di un mutuo da ri- pagare può essere interpretata in vari modi. Il fatto che una per- sona abbia un debito da ripagare può essere considerato una mi- sura di povertà o di ricchezza in quanto presuppone spesso una qualche forma di collaterale. Oppure si potrebbe argomentare che non concerne la povertà, in quanto indica una scelta di consumi intertemporale facilitata da efficienti mercati finanziari che ga- rantiscono un’allocazione efficiente delle risorse attraverso diver- si istanti e diverse persone. Notiamo comunque che presenta va- lori bassi per paesi con redditi bassi, anche se questo potrebbe ri- flettere unicamente l’aspetto culturale del “vivere a debito”, più diffuso nei paesi nordici dove i mercati finanziari sono più effi- cienti.

Le ultime otto variabili (grafico 10) riguardano il possesso di beni durevoli e sono di natura dicotomica. Il contesto dei beni du- revoli ci consente di rivedere in concreto l’importanza dell’ap- proccio relativo che caratterizza questa analisi. Possedere un be- ne è senz’altro simbolo di ricchezza, in quanto soddisfa dei biso- gni, può essere spesso rivenduto e quindi potrebbe essere valuta- to con un valore assoluto come il costo medio dell’oggetto. Il va- lore intrinseco tuttavia è dipendente dal contesto, come può illu- strare l’esempio dell’automobile che segue.

In una struttura sociale come quella italiana, dove investi- menti strutturali hanno promosso questo mezzo di trasporto co- me simbolo di indipendenza e mobilità, il possesso della macchi- na ha un valore molto diverso da quello che può avere nel Regno Unito dove il trasporto pubblico è una reale alternativa, oppure in Olanda, dove le distanze da percorrere sono ridotte. Questo si- gnifica che non possedere un’automobile significa diverse cose in diversi paesi, e considerare il costo non è necessariamente il mo- do migliore per stabilirne il valore. Differenze culturali sono visi- bili nell’importanza relativa di possedere un VCR, un micro-onde, una lavastoviglie oppure un computer (bene per cui la diffusione proporzionale al reddito può essere interpretata sia come causa che come effetto), ma anche la loro importanza come bene posi- zionale o status-symbol, un’informazione che necessariamente de-

(32)

GRAF. 10 POSSESSO DI BENI DUREVOLI (1994) 1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 Automobile (HB001)Televisione (HB002)VCR (HB003)

Microonde (HB004) Lavastoviglie (HB005) Telefono (HB006) Seconda casa (HB007) Computer (HB008)

(33)

ve essere trattata con un approccio relativo. I valori legati a non possedere una seconda casa confermano ciò che è stato detto ri- guardo beni costosi e di lusso, andando ad evidenziare parte del- la discrepanza tra reddito e patrimonio. I prezzi e costi delle ca- se saranno correlati positivamente con questa variabile come ac- cade del Regno Unito.

4.5 Sfocato Monetario e Sfocato Supplementare

La metodologia Sfocata Multidimensionale pone nuove im- portanti domande alle quali fornisce risposte che sono di massi- mo interesse quando valutate insieme all’analisi tradizionale e informazioni idiosincratiche riguardanti i rispettivi casi particola- ri. In questo capitolo si prova a fornire un’idea dei risultati otte- nuti a livello UE-15, ed illustrare le potenzialità per successive analisi di sottogruppi. Per capire l’importanza del metodo sfoca- to multidimensionale bisogna avere chiaro come la f.a. (grafico 1) si rapporti alla rappresentazione della distribuzione della misura sfocata (grafico 11). Per essere coerente con la misura del HCR la misura FM ha una f.a. molto polarizzata che quindi distingue in un intervallo di reddito relativamente breve tra individui con un alto grado di privazione ed individui con un grado relativa- mente basso. La rappresentazione sotto riportata invece esiste in uno spazio diverso e dipende sia dalla distribuzione del campio- ne che dalla f.a. come evidenzia l’aumento FM nell’intervallo [0,9, 1]. Nella misura FS ciò non accade a causa della sua natura mul- tidimensionale. Va sottolineato che la rappresentazione è parzial- mente incompleta in quanto riporta solo una porzione del cam- pione che ha valori di privazione FM compresi tra [0, 0,1]. Que- sta scelta tuttavia rende più agevole il confronto tra la misura FM ed FS per il sottogruppo dei poveri secondo la metodologia tra- dizionale (OP).

La misura FM fornisce risultati simili all’analisi dicotomica, e nella misura FS possiamo verificare la posizione relativa di que- sto gruppo rispetto ad altre privazioni. Vediamo subito che spes- so ad alti valori di FS non corrisponde il gruppo degli OP, e la

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