Le dinamiche emozionali nelle relazioni
Febbraio 2018
Prof. Giovanni Belluardo, Docente di Psicologia Clinica Università di Catania; Direttore Istituto di Psicologia e Psicoterapia EGLE
Dr. Mauro Belluardo, Phd student in Neuroscienze - Università di Parma; psicologo, psicoterapeuta, coordinatore ricerca e formazione Istituto EGLE
Dr.ssa Chiara Giurdanella, Psicologa, psicoterapeuta, équipe scolastica Istituto EGLE
EGLE
Istituto di Psicologia e Psicoterapia
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Indice:
1. Introduzione sulle emozioni
2. Emozioni, pensiero ed apprendimento 3. EmoAzioni: il corpo e le emozioni
4. La musica dello squalo
5. Le emozioni di base e le loro funzioni 6. La rabbia
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Profili per disturbo
* I punteggi ai test sono espressi con valori standardizzati Istituto Egle - www.eglepsi.com
Emozioni e apprendimenti
“L’insegnante non è un libro …”
COGNIZIONE APPRENDIMENTO EMOZIONE
Pensiero Emozioni
• Le emozioni prendono forma anche grazie ai pensieri
• L’essenza del pensiero, le emozioni: il pensiero può
essere più o meno efficace grazie alle emozioni
I pensieri, ad esempio, possono:
• Scatenare una specifica reazione emotiva, in base alla valutazione dell’evento
• Organizzare l’esperienza e il senso dell’emozione vissuta
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Le emozioni possono modulare il pensiero in quanto:
• Segnalano il raggiungimento o il fallimento di un obiettivo
• Essere di per sé un obiettivo da raggiungere
• Attivare un obiettivo, uno scopo (tendenza all’azione)
• Facilitare o ostacolare i processi di pensiero e di apprendimento
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Armonizzare
pensieri ed emozioni
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Neuroscienze affettive
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(Ekman et al., 1987)
(Darwin, 1872)
(Van Hooff et al., 1967; 1972) (Ferrari et al., 2009)
EmoAzioni
Il tempio delle emozioni: il corpo
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Le emozioni di base
Sorpresa
Disgusto Paura
Tristezza
Gioia
Rabbia
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Caratteristiche delle emozioni di base
• Sono universali (si esprimono e si riconoscono nello stesso modo in culture diverse)
• Ognuna ha una funzione precisa
• Sono molto rapide (durano qualche secondo)
• Non si scelgono, accadono e basta
• Non sempre se ne è consapevoli
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L’emozione è un processo multicomponenziale
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Funzioni delle emozioni
Tutte le emozioni (anche quelle che possono implicare disagio o sensazioni sgradevoli) hanno una funzione fondamentale, di sopravvivenza.
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?
Tristezza è uguale ad "accettare i vincoli, i limiti”
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Gioia è uguale a "vivere e cercare e celebrare il piacere"
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Paura è uguale a “proteggersi”
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Disgusto è uguale a "rifiutare le cose”
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Rabbia è uguale a "cambiare le cose"
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Sorpresa è uguale a "prepararsi, disporsi alla reazione e all'azione più adeguata“
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Le emozioni possono diventare disfunzionali:
Quando un’emozione, che nasce naturalmente, viene repressa e non dà quindi luogo a un pensiero, un’azione e un vissuto coerenti, accade che l’emozione bloccata si accumula e cresce nascosta, oppure l’energia
bloccata si sposta su un’altra emozione.
L’emozione repressa può trovare uno sfogo fisico attraverso il corpo - somatizzazioni - (es. emicrania, mal di stomaco), esplodere in modo eccessivo e in situazioni sconvenienti à perde la sua utilità funzionale.
Oppure, le emozioni possono essere “sregolate”, ossia troppo o troppo poco intense o comunque poco armonizzate con i pensieri e con i
comportamenti Esempio:
Di fronte a un’incomprensione con un collega ci si sente abbattuti e amareggiati e ce lo si tiene per sé. La rabbia funzionale, che avrebbe portato a reagire e cercare il confronto o comunque una soluzione, è stata sostituita dalla tristezza disfunzionale.
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• I bambini spesso utilizzano il corpo come “il luogo ed il mezzo”
privilegiato per esprimere il proprio disagio. Questo accade anche per una “immaturità” nella capacità di riconoscere e comunicare verbalmente le emozioni e i vissuti
• Può essere una forma di richiesta di attenzione degli adulti, può esprimere una forte situazione di ansia (es. fobia scolastica) o una reazione a uno stress importante
• Non bisogna minimizzare la sintomatologia, disconfermando il bambino e la famiglia col dire “non è niente”. Occorre, invece, prendere i sintomi sul serio, comprenderli con empatia
• E’ utile aiutare il bambino a maturare competenze emotive e comunicative (es. conoscere i nomi delle emozioni, saperle
riconoscere su di sé e negli altri), e creare relazioni empatiche e di fiducia con l’adulto
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• L’io nasce e cresce nel laboratorio della relazione fra il bambino e il caregiver:
ü
il bambino vede se stesso nel viso di sua madre ü l’alunno vede se stesso nel viso dell’insegnante
Ognuno vede se stesso nel viso delle persone che sono in grado di farsi attraversare dalle sue emozioni e dare loro forma.
Per insegnare le emozioni dovremo saper vivere le emozioni
La nostra giornata e la giornata degli alunni è scandita dalle cose da fare, dalle cose da insegnare, dalle cose da apprendere: spesso, sempre più spesso, si trasforma in un film di azione girato negli esterni, fuori di noi, in un incalzare di eventi che lascia poco spazio al sentimento, alle emozioni che l’accompagnano.
Le emozioni abortiscono o rimangono incistate quando non c’è tempo per contattarle, per dare loro senso e forma
• Insegnare le emozioni, senza insegnare la calma, può generare mostri: insegniamo la paura e ad aver paura della paura, insegniamo il disgusto e il disgusto dell’emozione di disgusto, insegniamo la rabbia e la rabbia per la nostra rabbia.
• Insegnare la calma può regalare il contatto con la propria “casa”, con la propria anima, con se stessi
Al di là delle nuvole
LA CALMA E LA FORMA DELL’ACQUA
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La calma e l’attesa
Respirazione diaframmatica
– Respirare lentamente con il naso, gonfiando l’addome per circa 2-3 secondi,
– Fare una piccola pausa di circa 1 secondo, – Espiare più lentamente con la bocca per
circa il doppio dell’inspirazione,
– Effettuare ancora una piccola pausa e ricominciare,
– Fino a quando la sequenza diventa a u t o m a t i z z a t a e r e n d e i l r e s p i r o sufficientemente morbido e fluente.
Attraverso un esercizio regolare saranno necessarie solo 5-7 respiri di questo tipo per ottenere una risposa generalizzata di rilassamento (in quanto il corpo entra in uno stato incompatibile con l’ansia o la paura)
Aiutare i bambini pieni di rabbia
Rabbia funzionale e rabbia disfunzionale
• La rabbia funzionale è sempre accompagnato da una soluzione divergente o da una proposta alternativa.
• La rabbia disfunzionale è violenza fisica o verbale finalizzata solo a demolire;
• E’ ipercriticismo verso sé o verso gli altri.
• Quando si è arrabbiati si sente l’esigenza di attivarsi;
si trova insostenibile stare fermi e non fare nulla.
• Le azioni della rabbia sono tese a cambiare,
trasformare, aggirare le difficoltà.
Le «Tre F» della paura:
Fight (lotta), Flight (fuga),
Freeze (immobilizzazione)
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Circuiti della rabbia
Il cervello umano è
costituito da due parti:
• la corteccia - “cervello superiore” - e la sub- corteccia – “il cervello inferiore”
Circuiti della rabbia
• Il cervello inferiore è lo stesso degli altri mammiferi ed è proprio qui che si trova il circuito della rabbia.
• Una delle strutture anatomiche più importanti è
l’amigdala: Se percepiamo intorno a noi qualcosa che possa costituire una minaccia, l’amigdala si attiva;
scatta l’allarme nel cervello e nel corpo.
• Il corpo si predispone ad attaccare (rabbia) o fuggire (paura) e i trasmettitori chimici e gli ormoni dello
stress vengono rilasciati.
La chimica del cervello negli stati di rabbia
Le due sostanze chimiche che più contribuiscono a contrastare l’aggressività nel cervello sono l’ossitocina e gli oppiacei.
Essi si attivano nel cervello di un bambino grazie ad una miriade di interazioni amorevoli con gli adulti: l’essere consolato, le carezze, i gesti d’amore, i sorrisi, i giochi più coinvolgenti e le voci dolci e gentili.
Aiutare i bambini ad elaborare le loro emozioni più intense è fondamentale per lo sviluppo del loro sistema di moderazione dello stress nel cervello.
Un bambino può essere prigioniero della propria rabbia perché sente un forte impulso rabbioso, ma riesce soltanto a
“scaricarlo”, ovvero non ha ancora del tutto strutturato la
capacità del cervello superiore e le sostanze chimiche
necessarie a riflettere, calmarsi e dare senso all’emozione.
Dalla vergogna alla rabbia
Far provare vergogna ad un bambino è uno strumento educativo molto diffuso. La vergona può essere suscitata attraverso le parole, ad
esempio attraverso un rimprovero sprezzante, o una punizione fisica che umilia, ma possono bastare anche gli occhi.
Il meccanismo psicologico della vergogna funziona così:
<<Quando fai o dici qualcosa che mi fa vergognare, vorrei distruggerti o farti male, perché la vergogna che mi hai fatto provare mi ha fatto male e mi ha distrutto>>.
E’ un meccanismo molto primitivo , si viene sopraffatti da un desiderio incontenibile di sfogare la propria rabbia.
Il problema è che la vergogna-rabbia viene facilmente scaricata in modo generalizzato e indiscriminato su chiunque, e non soltanto da chi l’ha suscitata.
L’importanza dei confini
Quando i genitori non impongono ai loro figli dei confini fermi e gentili, i bambini tendono a cercarli presso altri adulti.
Ma se continuano a non suscitare una reazione in grado di contenerli, la questione si esaspera e il confine viene spinto sempre un po’ più in là – disegnando sui muri, picchiando gli altri bambini, prendendo senza permesso caramelle dagli
scaffali del supermercato– nella speranza che qualcuno, prima o poi, si dimostri abbastanza forte da contenere e calmare questa furia, da rassicurarli sul fatto che non sono onnipotenti, né
posseduti da qualche potere demoniaco.
Chiedere ad un bambino di calmarsi è più dannoso che utile
Dire <<Smettila!>>, o <<Calmati!>> è tanto assurdo quanto se il bambino rispondesse: <<Va bene, mi rivolgerò alle mie
ghiandole che regolano il rilascio di adrenalina e ridurrò il livello
sia di questa sia del cortisolo>>
Le 4 fondamentali azioni regolatrici adulto- bambino per un bambino pieno di rabbia
1. Sintonizzarsi con l’intensità delle emozioni del bambino
Mostrare che si percepisce la qualità e la forza di quello che prova e rispondere con energia
2. Convalidare la sua esperienza, il modo in cui lui sperimenta un certo evento
Trovare le parole che dimostrino al bambino che avete capito in quale modo sta vivendo un evento, anche se è molto diverso dal vostro (fornirgli una connessione tra emozione e parole, perché lui non è in grado di farlo)
3. Contenere il bambino e le sue emozioni
Riuscire a essere sufficientemente calmi e forti da riuscire a stare con un bambino arrabbiato, contenere con le parole, ma anche fisicamente
4. Calmare il bambino
Offrire un contatto fisico calmo e sicuro
Il bambino ha bisogno di parlare
della sua terribile e “sregolata” intensità emotiva
Per il bambino arrabbiato, le espressioni artistiche sono un ottimo modo di esprimere le emozioni. Attraverso i suoni (strumenti a percussione), la sabbia, la pittura, ecc. può iniziare a parlare della terribile intensità che sente nel suo corpo e nella sua mente. Grazie alle metafore, il bambino descriverà
probabilmente ogni genere di incendio, vulcano o terremoto. Può costituire un enorme sollievo riuscire a esprimere l’intensità che sta cercando di gestire da solo, senza riuscirci. Sarà forse la prima volta in cui si sente ascoltato,
ascoltato in un modo che permetta a lui e all’altra persona di sapere quanto difficile sia stato tenersi dentro tutte quelle emozioni per così tanto tempo.
Immedesimarsi nel bambino
Dialogo senza immedesimarsi:
L’insegnante parla con Charlie che ha preso a calci la compagna che gli aveva preso il videogioco:
Insegnante: allora perché l’hai fatto?
Charlie: (alza le spalle)
Insegnante : non essere insolente, avanti rispondimi!
Charlie: non lo so perché
Insegnante : (molto arrabbiato) Allora adesso rimani qua seduto finché non ti viene in mente
Dialogo provando a immaginare e parlare come il bambino:
L’insegnante parla con Charlie che ha preso a calci la compagna che gli aveva tolto il videogioco:
Insegnante: allora perché l’hai fatto?
Charlie: (alza le spalle)
Insegnante: Charlie, ti va bene se per un po’ faccio finta di essere te?
Provo a indovinare i tuoi pensieri e sentimenti. Facciamo che tu giri il pollice verso l’altro se dico una cosa giusta e verso il basso se dico una cosa sbagliata. Va bene? Iniziamo: vedi Chiara il mio videogioco è molto speciale e importante per me. E quindi quando qualcuno me lo porta via mi sento disperato, non capisco più niente. Non potevo proprio lasciare che tu me lo prendessi. Vorrei che tu sapesse che non ti ho dato i calci perché sono cattivo, ero solo disperato
Niente grida….
• Rivolgersi gridando a un bambino arrabbiato non farà altro che stimolare il circuito della rabbia (cervello inferiore). Sarà opportuno
parlare con calma, dando voce alla rabbia, ma
senza alzare il tono.
LA CALMA E LA FORMA DELL’ACQUA
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