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CAPITOLO 1

Introduzione e scopo di questo lavoro di Tesi

1. 1

Catalizzatori supportati per reazioni di coupling: cenni sugli

scopi e i metodi di preparazione

La catalisi omogenea con l’impiego di metalli di transizione, in particolar modo Pd e Ni, è stata ed è tutt’ora di enorme interesse nell’ambito di svariati tipi di cross-coupling C-C e C-eteroatomo che inizialmente sono stati sviluppati proprio con questo tipo di catalisi, quali quelli di Heck, Stille, Suzuki-Miyaura, Sonogashira, Negishi, Kumada e Buchwald-Hartwig; grazie a coupling omogenei di questo tipo è stato possibile sia accedere convenientemente a molte classi di composti che condurre reazioni in maniera più efficiente, ottenendo spesso alti turn over number (TON), alte selettività, maggiori velocità e buone rese. Infatti, i catalizzatori si presentano come sistemi che si disciolgono nella miscela di reazione avendo così tutti i siti catalitici accessibili per i reagenti presenti in soluzione. Le caratteristiche di ciascun catalizzatore possono essere modificate con l’introduzione di legandi mono-, di- o polidentati, come fosfine, arsine, ammine, carbeni (NHC) e altri, sulla sfera di coordinazione del metallo; grazie ad essi e in particolar modo grazie a quei legandi con accentuate proprietà σ-donatrici (ad esempio gli NHC) o a quelli stericamente ingombrati è stato possibile ad esempio, attivare legami considerati resistenti, come quelli cloro-carbonio dei cloro areni, incrementare i tempi di vita dei sistemi catalitici, ridurre la decomposizione dei sistemi catalitici stessi e operare a temperature inferiori. Questi vantaggi però sono spesso accompagnati da possibili problemi di tossicità, di costo, di reperibilità e/o dalla necessaria ricerca delle condizioni più idonee e opportune per particolari legandi instabili negli ambienti di reazione. Motivo per il quale più recentemente sono stati sviluppati anche sistemi omogenei “ligandless”, ovvero privi di legandi1a

.1

Comunque sia è da notare che l’impiego di sistemi omogenei come catalizzatori può comportare vari problemi tra i quali è da sottolineare in primo luogo la difficoltà di recupero del metallo dalla miscela di reazione: le conseguenti significative contaminazioni del prodotto stesso possono spesso rendere tali sistemi non applicabili a livello industriale, soprattutto per quanto riguarda l’industria farmaceutica. In secondo luogo il riciclo del catalizzatore, vantaggioso sia da un punto di vista economico che ambientale, è difficile, se non impossibile, da realizzare

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con sistemi omogenei. È inoltre da considerare che i catalizzatori omogenei più convenzionali spesso richiedono un carico eccessivo sia di metallo (dall’1 al 5%) che di legante, mentre i sistemi più moderni ed efficienti presentano di norma i già citati problemi di costo, disponibilità, tossicità e/o difficoltà d’impiego.1,2,3

È proprio per cercare di superare tali limiti e in particolare quelli derivanti dal non recupero del metallo, che i catalizzatori eterogenei possono rappresentare una scelta vantaggiosa, dal momento che il metallo immobilizzato su di un supporto in linea di principio può essere rimosso mediante semplici operazioni quali filtrazioni o centrifugazioni, ottenendo prodotti in cui è virtualmente assente.4 I metalli, primo tra tutti il Pd, per quanto riguarda i cross-coupling, possono essere ancorati su supporti solidi1(a,b),5,6 quali carbone attivato,6 zeoliti e setacci molecolari,6,7,9,10 ossidi metallici (principalmente Silicio o Allumino, ma anche MgO, ZnO, TiO2, ZrO2),6,11,12 argille,13,14 sali di metalli alcalino terrosi (CaCO3, BaSO4, BaCO3, SrCO3), vetro poroso,15 polimeri organici,6 o polimeri fissati su vetro poroso.16 Recentemente sono stati studiati anche sistemi catalitici riciclabili costituiti da un complesso molecolare legato a un ligando a sua volta ancorato su un supporto.1b Sistemi come questi di fatto possono permettere di ovviare a buona parte dei già citati inconvenienti mostrati dai sistemi omogenei. Infatti possono semplificare gli isolamenti, effettuabili mediante semplici estrazioni, e rendere possibile il recupero del catalizzatore tramite agevoli filtrazioni o centrifugazioni,17 fornendo direttamente prodotti contenenti quantità minime, spesso trascurabili, del metallo usato come catalizzatore, nonché il catalizzatore stesso recuperato, il quale nel caso in cui non abbia perso attività, può di nuovo essere impiegato.

Normalmente i catalizzatori supportati richiedono condizioni di reazione più drastiche rispetto ai sistemi omogenei, ad esempio maggiori temperature, ma ciò non rappresenta un grande problema in quanto molto spesso tali catalizzatori sono caratterizzati da elevate stabilità termiche e non temono né l’ossigeno né l’acqua, il che consente anche manipolazioni più agevoli. Questa particolare stabilità dei sistemi supportati offre inoltre la possibilità di poter condurre reazioni in atmosfera aerobica,18 addirittura sono riportati alcuni casi in cui mostrano un’attività persino maggiore rispetto a quella di analoghi sistemi omogenei, probabilmente proprio a causa della loro maggiore stabilità.19 In conclusione, sotto molti aspetti, i catalizzatori supportati sono ormai ritenuti più convenienti oltre che più “green” di corrispondenti sistemi omogenei.20

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È infine da sottolineare che l’impiego di sistemi supportati in reazioni di coupling catalizzate da metalli di transizione, ha avuto inizio relativamente tardi, ma negli ultimi 10-15 anni ha subito un forte incremento e ad oggi ne sono note varie applicazioni industriali.21,22

Le tecniche utilizzate per preparare catalizzatori eterogenei sono molte e possono influenzare il delicato bilanciamento tra elevata attività, alta selettività, e tempo di vita del sistema catalitico ottenuto. Infatti, la scelta del modo di fissaggio di un metallo ad un certo supporto, oltre a dipendere dalla natura del metallo e del supporto, può portare a risultati diversi per quanto riguarda le caratteristiche, e quindi proprietà di un catalizzatore.11 Più in dettaglio, questi sistemi possono essere preparati a partire da sali del metallo di transizione oppure da nanoparticolati del metallo zero-valente.

Nel primo caso le tecniche utilizzate, fra le quali si trovano quelle più convenzionali, prevedono il fissaggio del sale metallico alla matrice mediante procedure di deposizione-riduzione e deposizione-precipitazione (principalmente con ossidi e carbone come supporti), oppure attraverso processi più complessi quali impregnamento, intrappolamento (Sol-gel process) e scambio ionico (con supporti silicici ed alluminici, tipo zeoliti). La riduzione del metallo può essere effettuata durante la precipitazione del catalizzatore, ma nella maggior parte dei casi il metallo viene lasciato tal quale, visto che la riduzione può avvenire “in situ” durante il cross-coupling.18 Comunque tutte queste tecniche possono comportare problemi di facile lisciviazione del metallo dal supporto stesso, lisciviazione che dipende anche dal tipo di legame d’immobilizzazione che si viene a formare tra il metallo e un dato supporto.23 Inoltre i sistemi così ottenuti in genere portano alla formazione di cristalliti metallici di dimensioni superiori ai 10 nm e ad una loro distribuzione sul supporto che rende disponibile solo una minima percentuale (10-60%) del metallo presente, il che ha un grande impatto sull’attività del sistema catalitico.24

Per ovviare a questi problemi e disporre di specie catalitiche più efficienti e selettive, attualmente sia la ricerca sia lo sviluppo di processi industriali si stanno sempre più interessando all’impiego di nanoparticolati metallici solvatati sia direttamente come catalizzatori sia come precursori per la preparazione di sistemi metallici supportati; infatti, poiché il comportamento di un sistema metallico è strettamente correlato alle dimensioni delle sue singole particelle, i sistemi

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nanostrutturati possono presentare proprietà elettroniche e catalitiche diverse e insolite rispetto allo stesso metallo atomico, molecolare o allo stato massivo.25 L’impiego di nanosolvatati metallici nella deposizione di particelle di metalli di transizione su supporti organici ed inorganici con le più svariate caratteristiche consente l’ottenimento di sistemi supportati contenenti particelle metalliche di dimensioni altamente omogenee ed estremamente piccole (< 10 nm), ampiamente distribuite e già in forma cataliticamente attiva, il che non avviene invece con la deposizione di sali metallici, che poi richiedono comunque una riduzione per dare il sistema attivo.26 Queste differenze nelle dimensioni e nella distribuzione delle particelle si possono tradurre in un diverso comportamento catalitico: infatti di solito l’attività catalitica decresce con l’aumentare del diametro medio delle particelle,27 come recentemente è stato osservato anche in processi di idrogenazione28 e di idrosililazione29, nonché in alchenilazioni di Heck30. Per quanto riguarda queste ultime è da rilevare che nanoparticolati di palladio supportati su polimeri quali polivinilpiridina30c,d o polidimetilfosfazene30e, contenenti particelle aventi un diametro di circa 2 nm, hanno mostrato un’attività catalitica più elevata di quella fornita da sistemi catalitici omogenei ed eterogenei disponibili in commercio, risultando peraltro completamente recuperabili senza perdite di Palladio.30

Nanoparticolati di metalli di transizione, da impiegare direttamente come catalizzatori oppure come precursori di sistemi metallici supportati, su solidi possono essere preparati mediante: a) opportuni metodi di riduzione chimica di sali metallici, b) procedure di vaporizzazione di metalli sotto vuoto, c) decomposizioni controllate di complessi organometallici, d) riduzioni elettrochimiche di sali dei metalli;31 i primi tre metodi risultano essere quelli più utilizzati e di maggiore interesse.

La riduzione chimica di sali di norma è effettuata in presenza di stabilizzanti quali sali di ammonio, tioli e polimeri funzionalizzati. Ciò permette di evitare l’aggregazione del metallo a “bulk metal” e costituisce un metodo particolarmente versatile per la preparazione di sospensioni colloidali di metalli di transizione; gli agenti riducenti più comunemente impiegati sono alcoli,32 idrogeno33 e idruri quali il sodioboroidruro [NaBH4] o i triorganoboro idruri di tetralchilammonio [NR4(BR’3H)]34

. I sistemi così ottenuti contengono particelle metalliche di dimensioni molto piccole (3≤ dm ≤10 nm) e possono essere utilizzati nella catalisi direttamente, sotto forma di sospensioni colloidali, oppure dopo deposizione su matrici solide (Schema 1a); però la loro attività catalitica è in genere fortemente

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PdCl2 H2PtCl6 Pd(OAc)2 Rh2(OAc)4

PtCl2 RuCl3

Soluzione di complessi metallici Complesso metallico/supporto

supporto stabilizzante riducente o Ultrasuoni Catalizzatore nanosupportato Sospensione Colloidale (Catalizzatore Omogeneo) (a) (b) supporto

condizionata dal tipo di stabilizzante utilizzato.35 I vantaggi di quest’ approccio consistono nella facilità di esecuzione e nel costo relativamente basso del processo. D’altra parte gli inconvenienti che comportano sono la difficoltà di ottenere una riduzione completa degli ioni metallici allo stato zero-valente e la sinterizzazione, che ha luogo durante il trattamento alle alte temperature. E’ inoltre da rilevare che l’impiego dell’idrogeno33

come riducente è limitato ai metalli nobili, più facilmente riducibili.

Le decomposizioni controllate di complessi organometallici sono effettuate termicamente o mediante ultrasuoni. Più in particolare, opportuni composti organometallici disciolti in un solvente o portati allo stato di vapore vengono adsorbiti su di un supporto; una volta adsorbiti, la termolisi controllata conduce alla perdita dei leganti ed alla crescita delle particelle metalliche (Schema 1b).31b Spesso queste procedure necessitano di temperature molto elevate, che danno luogo a processi di sinterizzazione. Per evitare questo problema sono impiegati solitamente composti organometallici che richiedono, per la loro decomposizione, temperature molto più basse.

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Per quanto riguarda la vaporizzazione di metalli, è da rilevare che può essere effettuata con tecniche di vario tipo.31 Una delle più semplicemente realizzabili, anche con quantità significative di metalli, è la cosiddetta Metal Vapour Synthesis (MVS), che verrà descritta nel paragrafo 1.3. Analogamente a quanto avviene anche con particelle metalliche di dimensioni maggiori, la stabilità dei nanoparticolati sui supporti dipende dalla natura del supporto e dalla possibilità di interazioni supporto-metallo. Con alcuni tipi di supporti (tipicamente il carbone) si osserva solo un semplice “foderamento” del supporto stesso da parte del metallo nanoparticellare, senza significative interazioni tra i due partners e quindi con una bassa forza di coesione metallo-supporto. I catalizzatori così costituiti, per lo più ottenuti usando sali metallici, tendono con più probabilità a subire fenomeni di lisciviazione. Invece altri tipi di matrici, caratterizzati dalla presenza di opportuni gruppi e/o strutture, permettono l’instaurarsi di forti o comunque migliori interazioni metallo-supporto. Ad esempio ciò può avvenire con polimeri organici o con zeoliti. Questi possono presentare porosità o addirittura microcavità, all’interno delle quali le nanoparticelle metalliche possono rimanere saldamente bloccate; purtroppo in questi casi si può avere, nel corso delle reazioni catalizzate, una riduzione dell’attività a causa del possibile e progressivo intasamento delle cavità da parte di sali o altro, con conseguente difficoltà per i substrati ad entrare in contatto con il metallo.

Quando i supporti possiedono gruppi funzionali capaci di dar luogo a significative interazioni con il metallo particellare, allora si possono ottenere sistemi particolarmente stabili alla lisciviazione. E’ questo il caso di polimeri funzionalizzati come quelli schematizzati in Figura 1.30d,36

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Figura 1: polimeri contenenti gruppi ammino, ciano, carbossile o piridinico.

Fra questi supporti, uno dei più interessanti è il polimero organico commerciale comunemente chiamato polivinilpiridina (PVPy, polimero d, figura 1),29c,d in realtà costituito da un copolimero 4-vinilpiridina (98%) / 1,4-divinilbenzene (2%). Infatti è commerciale, di basso costo ed è descritto ed utilizzato come un ottimo “scavenger”#

di specie di Pd in soluzione, essendo in grado di coordinare saldamente il Pd attraverso l’atomo di azoto del residuo piridinico.30b#

# sistemi con queste proprietà sono stati sviluppati per permettere la decontaminazione di prodotti di vario

interesse dai metalli (catalizzatori) contaminanti, residuo di reazioni effettuate con catalisi omogenea, mediante semplici filtrazioni, allo scopo di rendere tali reazioni più compatibili alle necessità

dell’industria, soprattutto farmaceutica.

a b c

d

e

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1.2 Catalizzatori bimetallici supportati

Recentemente un significativo numero di studi è stato rivolto anche a catalizzatori supportati bimetallici. L’addizione ad un dato metallo di un secondo metallo crea importanti cambiamenti nelle proprietà catalitiche del metallo stesso: in molti casi si ha aumento della stabilità, dell’attività e/o della selettività rispetto a catalizzatori monometallici, con effetti molto spesso influenzati dal rapporto tra metalli, dalla procedura di preparazione, dal tipo di supporto eventualmente utilizzato, dalla natura della struttura. Questa può essere di tipo “core-shell”, ovvero uno dei due metalli è segregato all’interno dell’altro, oppure può essere costituita da una lega nella quale i metalli si dispongono in modo casuale. Queste variazioni della capacità catalitica indotte dalla “miscelazione” di due metalli sono generalmente dovute a due ordini di motivi: effetti di insieme, dovuti alla particolare orientazione geometrica che un metallo deve assumere rispetto al secondo per garantire il processo catalitico, o effetti leganti, dovuti alle modificazioni elettroniche che avvengono a seguito dell’aggiunta di un secondo metallo e la formazione di legami etero nucleari metallo-metallo.37,38 L’identificazione e la separazione di questi effetti per catalizzatori bimetallici supportati sono spesso rese molto difficoltose dalla scarsa conoscenza della reale composizione delle particelle bimetalliche. Diversi tipi di analisi di nanoparticelle bimetalliche sembrano per lo più rimarcare tutte la presenza di particelle costituite da vere e proprie leghe dei due metalli in forma di nano cluster, in cui uno dei due metalli risulta essere segregato all’interno dell’altro (ocre), dove la preferenza per la inclusione dell’uno o dell’altro dipende principalmente dal rapporto iniziale tra i due metalli.39 Da sottolineare anche l’importanza del tipo di supporto e della possibile interazione che questo può avere con le particelle metalliche.

Comunque sia, i tipi di accoppiamenti bimetallici che hanno ottenuto maggior interesse da un punto di vista applicativo hanno compreso varie combinazioni tra Ni, Pd, o Pt e Cu, Ag, o Au. Dal momento che le reazioni catalitiche avvengono sulla superficie delle nanoparticelle, una significativa proporzione di atomi sono effettivamente coinvolte nel processo catalitico, ma una gran parte risulta non utilizzata. Ciò risulta particolarmente importante per i catalizzatori metallici più costosi quali quelli di Pd e Pt.40 Pertanto la sintesi di nanocatalizzatori AcoreBshell

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dove A sia un metallo relativamente non costoso (come Co, Ni, Cu), anche se generalmente dotato di una minore attività catalitica, e B un metallo più costoso ma caratterizzato da una maggiore attività catalitica (tipicamente Pd e Pt), rappresenta in primo luogo un modo notevolmente interessante per tagliare i costi. Inoltre è da sottolineare che in alcuni casi la formazione di core-shell o di vere e proprie miscele particellari può dar luogo a un effetto sinergico positivo per l’attività catalitica sia da parte di uno che di entrambe le componenti metalliche. In letteratura è riportato un limitato numero di studi in cui vengono evidenziate le differenze di attività fra sistemi monometallici e bimetallici per quanto riguarda alcuni importanti tipi di reazioni di cross-coupling catalizzate da metalli di transizione. Ad esempio, una specie NicorePdshell40, preparabile mediante formazione elettrochimica di nanoparticelle di Ni seguita da riduzione chimica di Pd sulla superficie del Ni41, è risultata dotata di una migliore attività catalitica in reazioni tipo Sonogashira rispetto a semplici specie di Pd. Lo stesso sistema bimetallico è risultato anche altamente efficiente in cross-coupling secondo Hyama fra feniltrimetossisilano e alogenuri arilici rispetto al monometallico; i dati riportati nella figura 2 ben evidenziano la maggiore efficienza di questo sistema rispetto a quella dei due metalli isolati o di un’associazione non core-shell.41

,

Figura 2 Comparazione della diversa attività catalitica per 6 diversi sistemi catalitici

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Ma la maggior parte di studi su sistemi eterogenei bimetallici riguarda reazioni diverse dai cross-coupling. I dati sulle potenzialità di questi sistemi sono comunque di notevole interesse. Così, una coppia Ni-Pt si è mostrata più efficiente nella elettrocatalisi per la riduzione di ossigeno a bassa temperatura rispetto al solo Pt42, ancora, la coppia Pdshell-Ptcore ha destato grande interesse come catalizzatore per reazioni di idrogenazione di idrocarburi aromatici43. Risultati drasticamente migliori a quelli attendibili con corrispondenti specie monometalliche sono stati riportati anche per reazioni di isomerizzazione44 e idrogenazione45 di alcheni e alchini catalizzate da coppie Pdcore-Aushell e Aucore-Pdshell. È interessante notare che una simile coppia, sotto forma di clusters micro incapsulati, è stata applicata con successo anche a cross-coupling tipo Sonogashira, risultando molto facilmente recuperabile dall’ambiente di reazione.46 D’altra parte coppie Pd-Cu sono state applicate, con ottimi risultati in termini di selettività, a reazioni catalitiche di isomerizzazione, aromatizzazione, ossidazioni e idrogenazione.47,48 Anche coppie bimetalliche quali Pt-Au, Co-Pt, Ru-Pd, Ru-Pt e Rh-Pt sono state utilizzate con successo, in particolar modo in reazioni d’idrogenazioni e di ossidazioni catalizzate.49Comunque sia, ad oggi, l’applicazione di sistemi nanoparticellari bimetallici a reazioni di cross-coupling risulta notevolmente limitata rispetto al loro impiego in reazioni di idrogenazione, ossidazione, isomerizzazione, ecc. Questo fatto non può non stupire, considerando invece che i nanoparticolati ottenuti dalla “fusione” di due metalli rappresentano in tutti i sensi dei nuovi materiali potenzialmente dotati di nuove ed entusiasmanti proprietà e caratteristiche in grado di portare a coupling catalizzati più efficienti sia in termini di tempi di reazione che di rese, a più facili recuperi del sistema catalitico, ad abbattimento dei costi e quindi, in ultima analisi, ad una catalisi più “ambientalmente sostenibile” e quindi in linea con i principi guida della “green chemistry”1(d,e)

.

1.3

Preparazione di catalizzatori mediante Metal Vapour

Synthesis e loro impieghi

La Metal Vapour Synthesis (MVS)50 è un’efficiente tecnica che permette l’ottenimento di nanoaggregati metallici; si basa sulla vaporizzazione del metallo sotto alto vuoto in presenza di leganti organici e risulta particolarmente efficace nella

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preparazione di sistemi catalitici altamente attivi e selettivi.51,52 Il vantaggio dell’impiego di vapori di metalli, generalmente costituiti da specie monoatomiche, rispetto a quello di metalli allo stato massivo è legato a fattori sia cinetici che termodinamici. Infatti gli atomi generati per vaporizzazione sotto vuoto non presentano barriere cinetiche alla coordinazione a leganti organici e sono molto più attivi dei comuni metalli che per reagire, anche se finemente suddivisi, devono superare l’energia di coesione del reticolo nel solido.50g

Il metodo consiste nella co-condensazione dei vapori di un metallo (generati per riscaldamento mediante effetto joule o per impatto elettronico) con quelli di uno o più solventi organici debolmente coordinanti (toluene, tetraidrofurano, n-pentano, ecc.). La co-condensazione avviene sulle pareti fredde (-196 °C) di idonei reattori (oggi anche commerciali) posti sotto alto vuoto (10-4-10-6 mbar). La temperatura del sistema viene poi portata intorno ai -40 °C, affinché la matrice solida formatasi sulle pareti fonde; si forma così una soluzione stabile, almeno a quella temperatura, contenente nanoparticelle metalliche con stato d’ossidazione zero (solvatato metallico) e solubili nell’eccesso di legante organico. In genere fino a – 40 °C i solvatati sono costituiti da cluster contenenti non più di dieci atomi di metallo, e le interazioni tra il solvente organico e il cluster metallico sono talmente deboli che quest’ultimo può essere considerato “ligand free”.53

Questi solvatati metallici possono essere utilizzati come precursori catalitici in fase omogenea o come materiali di partenza per la preparazione di catalizzatori eterogenei sia sotto forma di polveri ultrafini che di materiali supportati (Schema 2), fornendo comunque specie con particelle di piccole dimensioni (3≤ dm ≤ 5 nm) e che non richiedono ulteriori processi di attivazione prima dell’impiego.

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Schema 2

Più in dettaglio, il semplice riscaldamento delle soluzioni dalla temperatura di isolamento (-40/-50° C) a quella ambiente favorisce un’aggregazione controllata che permette di ottenere polveri ultrafini costituite da particelle metalliche di circa 3 ÷ 4 nm di diametro (Schema 2). Alternativamente questa instabilità a temperatura ambiente dei solvatati metallici ottenuti “via” MVS può essere opportunamente utilizzata per ottenere più interessanti sistemi catalitici supportati. Infatti, se il riscaldamento fino a temperatura ambiente di tali solvatati viene effettuato in presenza di idonei supporti, si ottiene la deposizione degli aggregati metallici sulla superficie dei supporti stessi (Schema 2 e 3).54

Schema 3 Δ, 25°C M(V)+ Solvente (V) M/Solvente 1)-196°C 2) -40°C

Supporto = Carbone, ossidi inorganici, polimeri... , 25°C

Mn polveri ultrafini

, 25°C supporto

[Solvated metal atoms]

Catalisi Omogenea [A]

Mn'/Supporto

Catalisi Eterogenea [B]

Solvente = areni, nitrili, olefine, eteri... M = Fe, Co, Rh, Pd, Pt, Ni, Cu, Ag, Au...

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Questa procedura consente di ottenere particelle metalliche supportate altamente omogenee sia nelle dimensioni, con valori del diametro medio compreso tra 1 e 3 nm, che nella distribuzione sulla matrice, a differenza di quello che si può ottenere con altri metodi di preparazione (Figura 3); questa differenza può rendere questi catalizzatori molto più attivi di quanto lo siano altri sistemi supportati, nanoparticellari o meno.42

Figura 3: distribuzione e dimensioni delle particelle in un sistema di Pd

supportato; a) ottenuto mediante procedure classiche di riduzione-deposizione; b) ottenuto mediante MVS.

Nanoparticolati così ottenuti possono essere depositati su supporti di ogni natura (ad esempio, carbone, polimeri organici, ossidi solidi, membrane inorganiche micro- o me soporose a base di allumina o silice, ecc)55 e in funzione del supporto si possono ottenere sistemi con proprietà di stabilità e riciclabilità variabili. È da sottolineare che questi sistemi catalitici innovativi sono intensivamente studiati e applicati da uno spin-off del nostro Dipartimento, l’Advanced catalysts, che progetta, produce e commercializza sia polveri metalliche ultrafini che nanoparticolati metallici supportati, utilizzabili come catalizzatori per reazioni organiche ma anche per altri scopi: il presente lavoro di Tesi è stato appunto effettuato in collaborazione con questo spin-off.

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Per quanto riguarda i possibili impieghi nella sintesi organica, ad oggi le potenzialità come catalizzatori dei sistemi nanoparticellari ottenuti “via” MVS sono state indagate soprattutto in reazioni di idrogenazione (di areni e di alcheni) e di idrosililazione: in questo contesto specie di Pt, Pd, Au, Rh o Ru, preparate per questa via e supportate su C o γ-Al2O3 hanno fornito risultati eccellenti e spesso molto competitivi (in termini di efficienza, selettività e basso carico di metallo) rispetto a quelli ottenibili con analoghe specie preparate in modo convenzionale.56

Molto più limitati, ma decisamente promettenti, sono gli studi sull’impiego di catalizzatori supportati ottenuti “via” MVS in reazioni di cross-coupling. È inoltre da rilevare che questi studi sono stati effettuati principalmente con nanoparticolati di Pd supportati su PVPy, la matrice già descritta come particolarmente interessante nel paragrafo 1.1. D’altra parte analisi XPS sulla struttura del sistema supportato Pd/PVPy ottenuto “via” MVS hanno permesso di osservare un’interazione tra l’atomo d’azoto basico del residuo piridinico del polimero e il metallo, il che fornisce al sistema un’alta stabilità.30d,57

I risultati ottenuti nelle reazioni di Heck sono decisamente intermedi. Infatti questo catalizzatore non solo, come mostrato nello

schema 4, ha permesso di realizzare efficienti alchenilazioni su una significativa

gamma di substrati, pur usando bassi carichi di Pd, ma ha anche dato luogo a bassissimi leaching (<1%) ed è risultato riciclabile almeno 5 volte senza significative perdite di attività.57

Schema 4

È stato altresì rilevato che l’interazione Pd-azoto non appare modificata neanche dopo il coupling. Inoltre questo sistema si è mostrato anche più attivo, in reazioni di Heck, di altri catalizzatori omogenei ed eterogenei disponibili in commercio.57 D’altra parte simili risultati in reazioni dello stesso tipo sono stati

X R + CO2R' Pd/PVPy(0,1moli% di Pd) Base, NMP 100-175°C (55-90%) R CO2R' R = H, NO2, COMe, OMe

R' = Me, nBu, CH2CH(Et)(nBu)

X = I, Br

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ottenuti anche supportando un nano particolato di Pd, sempre preparato “via” MVS, su polidimetilfosfazene (DPMP), 30e,f un supporto non commerciale.

Più recentemente, in studi condotti presso il nostro laboratorio, lo stesso Pd/PVPy è risultato un ottimo catalizzatore anche per cross-coupling secondo Suzuki-Miyaura fra acidi arilboronici e iodo- o bromo areni.58 Nello schema 5 sono riportate le pratiche e semplici condizioni in cui questo catalizzatore ha permesso di realizzare efficienti cross-coupling con un’ampia gamma di substrati, anche stericamente impediti.58

Schema 5

È peraltro da sottolineare che le reazioni di Suzuki così catalizzate hanno richiesto bassi carichi di Pd (0,15 moli %), di norma hanno fornito rese da buone ad eccellenti e sono risultate addirittura accelerate in presenza di aria. Inoltre, anche in questo caso il Pd/PVPy ha dato luogo a bassa lisciviazione del Pd (intorno all’1%), è stato riciclato cinque volte senza perdite significative di attività catalitica ed è risultato più efficiente, in termini di resa e di minore lisciviazione, di altri catalizzatori commerciali a base di Pd (Pd/C, Pd/γ-Al2O3, PdEnCatTM

.40,58

È infine da citare che, il Pd/PVPy ha fornito inizialmente risultati promettenti anche in prove preliminari effettuate nel nostro laboratorio riguardanti le possibilità di impiegarlo per promuovere reazioni tipo Sonogashira copper-free.58a,c Tali prove sono state effettuate usando come substrati modello il fenilacetilene e lo iodobenzene, i migliori risultati, come rese in difenilacetilene e bassa lisciviazione del metallo, sono stati ottenuti usando H2O come solvente e pirroli dina come base, senza altri additivi,58a,c. Purtroppo, come sarà meglio descritto nel paragrafo 2.1.2 questo catalizzatore è risultato non idoneo a promuovere efficienti reazioni tipo

X R + B OH OH R' Pd/PVPy (0,15 moli % di Pd) K3PO4 (1.5-3 equiv.) DMA/H2O (4:1, 2ml/mmol) 125°C, air, 1-72h R' R

R = H, 4-Me, 4-NO2, 4-MeO, 4-Cl, 4-EtOOC, 4-MeOC, 4-F, 4-NH2, 2-MeO, 2-Me

R' = H, 2-MeO, 4-MeO, 4-OH X = I, Br

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Sonogashira su substrati diversi da quelli modello sopra citati, anche dopo vari tentativi di ottimizzazione delle condizioni.

In conclusione, questo approccio alla preparazione di catalizzatori supportati, oltre a risultare più “green” di altri (minor consumo di reagenti e solventi), può comportare vantaggi quali una maggiore versatilità e minori limiti nella scelta dei supporti, dimensioni delle particelle minori e più omogenee, migliore distribuzione del metallo sul supporto e più facile accessibilità al metallo; comunque sia, a causa delle loro diverse caratteristiche, i sistemi preparati “via” possono rappresentare una valida alternativa o un utile complemento a quelli ottenuti per altra via.50,59

D’altra parte, risultati come quelli sopra citati confermano le elevate potenzialità di questi sistemi, anche in reazioni di cross-coupling.

1.4 Scopo e obiettivi di questo lavoro di tesi

Ricapitolando quanto è riportato nei paragrafi precedenti, la possibilità di impiegare, in reazioni catalizzate di formazione di legami C-C e C-eteroatomo, sistemi catalitici eterogenei, a basso rilascio di metallo e possibilmente riciclabili è attualmente ritenuta di grande rilievo scientifico ed estremamente attraente, talvolta determinante, da un punto di vista industriale; in questo contesto è oggi ritenuto di grande interesse, e intensamente studiato e applicato, l’uso di catalizzatori costituiti da nanoparticolati metallici supportati, mentre stanno trovando le loro prime, ma notevolmente promettenti, applicazioni anche sistemi bimetallici, nonché sistemi nano particellari monometallici supportati ottenuti attraverso la particolare tecnica denominata Metal Vapour Synthesis.

D’altra parte nel nostro gruppo di ricerca ha preso avvio molto recentemente una serie di studi sull’impiego di catalizzatori eterogenei in reazioni di formazione di legami C-C e C-eteroatomo, volta ad individuare per tali tipi di reazioni condizioni sempre più “green” e industrialmente accettabili. Finora questi studi hanno compreso sia l’estensione a reazioni tipo Sonogashira copper-free di ben noti catalizzatori commerciali come i Pd-EnCat,50 sia (in collaborazione con il già citato spin-off universitario “Advanced Catalysts”, cfr. par.1.3) gli impieghi citati nel paragrafo

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precedente del sistema Pd/PVPy, ottenuto “via” MVS, come catalizzatore per reazioni tipo Suzuki-Miyaura e Sonogashira.

Ed è proprio considerato sia gli insoddisfacenti risultati ottenuti con questo Pd/PVPy in reazioni tipo Sonogashira (delineati nel paragrafo precedente e meglio descritti nel par. 2.1.2) sia le intriganti proprietà catalitiche mostrate da sistemi bimetallici che è nata l’idea di sviluppare un progetto volto a verificare le potenzialità dell’impiego di nano particolati bimetallici Pd-Cu, supportati e preparati “via” MVS, in reazioni di coupling coinvolgenti alchini liberi quali quelli tipo Sonogashira, Glaser e Cadiot-Chodkiewicz. Infatti, nelle condizioni più tipiche, tali reazioni o sono co-catalizzate da specie di Pd e di Cu (Sonogashira, cfr. par. 2.1.1) o possono essere promosse tanto da specie di Pd che di Cu (Cadiot-Chodkiewicz, Glaser; per quest’ultime cfr. par. 3.1). D’altra parte, a nostro avviso, l’accoppiamento dell’elevata attività catalitica dei nanoparticolati ottenuti attraverso MVS con le peculiari caratteristiche descritte per sistemi bimetallici (cfr. par. 1.3), poteva conferire a sistemi Pd-Cu così preparati proprietà ed efficienze tanto interessanti quanto tutte da scoprire.

È da rilevare che lo scopo principale di questo progetto non è solo quello di verificare se opportune reazioni modello coinvolgenti alchini liberi possano essere condotte convenientemente con nanoparticolati di Pd-Cu ottenuti mediante MVS e depositati su opportune matrici, quanto quello di evidenziare se e come l’impiego di tali catalizzatori in reazioni di questo tipo possa risultare competitivo (in termini di efficienza, di generalità, praticità d’uso e “greenes”, nonché di riciclabilità, bassi carichi e leaching del metallo) rispetto a quello di altri tipi di catalizzatori supportati commerciali o comunque noti e facilmente disponibili. In altre parole, l’obiettivo del progetto è quello di identificare i possibili ruoli, le eventuali peculiarità, gli scopi e i campi di applicazione di catalizzatori a base di Pd e Cu co-vaporizzati nel contesto delle reazioni coupling C-C e C-eteroatomo, con particolare attenzione per quelli tipo Sonogashira, Glaser e Cadiot-Chodkiewicz.

Questo lavoro di Tesi si inserisce appunto nel progetto sopra delineato, e rappresenta la prima fase della sua attuazione. Pertanto suo principale obiettivo è stato quello di verificare se l’impiego di un nanoparticolato ottenuto mediante co-vaporizzazione di Pd(0) e Cu(0), e opportunamente supportato, come catalizzatore per reazioni tipo Sonogashira e Glaser i) potesse risultare più vantaggioso di quello di corrispondenti specie monometalliche e ii) potesse permettere di condurre tali

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reazioni in modo abbastanza efficiente, pratico e conveniente da risultare alternativo, se non competitivo, rispetto a quello di altre specie catalitiche comunemente utilizzate per tali reazioni.

In ultima analisi, lo scopo era quello di esplorare la fattibilità e l’utilità del progetto stesso, nonché di gettare le basi per il suo successivo sviluppo.

Più in dettaglio, al fine di realizzare gli obiettivi sopra indicati, il piano di questo lavoro di Tesi prevedeva

a) la preparazione di un primo esempio di nano particolato metallico Pd-Cu ottenuto per co-vaporizzazione dei due metalli mediante MVS, e la sua deposizione su matrici di natura decisamente diversa (carbone, γ-Al2O3, PVPy);

b) il confronto, in varie condizioni di reazione, del comportamento in reazioni tipo Sonogashira e Glaser dei tre sistemi così ottenuti con quello di simili sistemi monometallici di Pd e di Cu, al fine di accertare l’eventuale superiorità di quelli bimetallici nonché di permettere una prima scelta del supporto e delle condizioni di base più opportuni;

c) usando il sistema bimetallico con il supporto risultato in qualche modo più conveniente, l’ottimizzazione delle condizioni di reazione per ambedue i tipi di coupling, al fine di individuare quelle il più possibile efficienti, pratiche e “green”;

d) nelle condizioni ottimizzate, la valutazione della lisciviazione dei due metalli dal catalizzatore scelto e quindi uno studio sulla sua riciclabilità; e) il confronto fra i risultati ottenuti con il catalizzatore scelto e quelli

ottenibili con sistemi supportati commerciali usualmente impiegati nelle reazioni in oggetto, oppure con i dati di letteratura su tali reazioni;

f) infine, la delimitazione degli scopi, dei limiti e dell’utilità del sistema bimetallico preso in esame grazie alla realizzazione di un’ampia e significativa casistica, sia per quanto riguarda le reazioni tipo Sonogashira che quelle tipo Glaser.

I risultati conseguiti nello svolgimento di questo programma sono riportati nel cap. 2 per quanto riguarda le reazioni tipo Sonogashira e nel cap.3 per quelle tipo Glaser.

Figura

Figura 1: polimeri contenenti gruppi ammino, ciano, carbossile o piridinico.
Figura 2 Comparazione  della diversa attività catalitica per 6 diversi sistemi catalitici
Figura  3:  distribuzione  e  dimensioni  delle  particelle  in  un  sistema  di  Pd

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