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Academic year: 2022

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Responsabile - Lodovico Antonini

RASSEGNA STAMPA

Anno XVIII

A cura di Giuditta Romiti – g.romiti@fabi.it

Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine

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SCENARIO BANCHE

11/09/2018 3.55.00

Gazzetta del Mezzogiorno

24 «Si lavori per ridurre il divario fra Nord e Sud» ... 1

11/09/2018 3.27.00

Italia Oggi 29 Assegno non trasferibile, falsificare è illecito civile Alberici Debora 2

11/09/2018 5.02.00

Mf 4 Così le banche cavalcano il rientro dello spread Dal Maso Elena 3

11/09/2018 5.36.00

Mf 9 Non solo SocGen, Uuicredit ha un piano B - Unicredit ha un piano B sul m&a

Gualtieri Luca 4

11/09/2018 5.36.00

Mf 9 Per Consob nulla di anomalo nella lista Mincione Gualtieri Luca 5

11/09/2018 5.46.00

Mf 15 Deutsche B, il debito costa di più Bertolino Francesco 6

11/09/2018 5.46.00

Mf 15 Shadow banking al 40% in Europa ... 7

11/09/2018 6.04.00

Mf 19 Giovedì le bcc si riuniscono a Firenze. Ma in vista non c'è alcuna controriforma

De Mattia Angelo 8

11/09/2018 6.06.00

Mf 19 Ibl al debutto negli npl Ibl pronta al debutto negli npl Messia Anna 9

11/09/2018 6.09.00

Mf 22 Contrarian - Unicredit-socgen e il ruolo dei tedeschi nella partita ... 10

11/09/2018 6.11.00

Mf 22 In Italia l'educazione finanziaria è carente Così la Feduf si impegna a migliorarla

Beltratti Andrea 11

11/09/2018 4.59.00

Repubblica 21 "Mincione e Volpi, capitali offshore" Piana Luca 12

11/09/2018 5.50.00

Repubblica Genova 1 Banca Carige, la corsa finale cordate in per campo il controllo - Banca Carige l'ultima sfida sul capitale

Minella Massimo 13

11/09/2018 5.07.00

Secolo XIX 11 Carige, Malacalza sfonda quota 27% e su Mincione chiama Consob - Carige, Malacalza oltre quota 27% Chiama in causa anche la Consob

Ferrari Gilda 14

11/09/2018 4.08.00

Sole 24 Ore 11 UniCredit, arrivano le offerte sugli Npl In corsa i grandi fondi esteri e Ifis

Festa Carlo 15

11/09/2018 4.17.00

Sole 24 Ore 11 Popolari, nuova operazione in pool da un miliardo Davi Luca 16

11/09/2018 3.27.00

Sole 24 Ore 22 Depenalizzato il falso sugli assegni non trasferibili - Depenalizzato il falso su assegno non trasferibile

Negri Giovanni 17

11/09/2018 1.34.00

Tempo 13 Spread in calo dopo le rassicurazioni di Tria a Cemobbio ... 18

WEB

10/09/2018 0.09.00

BLUERATING.COM 1 Xausa (Assonova): “Noi in Ocf subito” ... 19

10/09/2018 0.09.00

CUNEOCRONACA.IT 1 CARRU'/ Con il nuovo accordo sindacale la Bam incentiva la solidarietà tra colleghi

... 20

10/09/2018 0.09.00

TARGATOCN.IT 1 Banca Alpi Marittime, FABI, FIRST-CISL e UILCA-UIL firmano un importante accordo per il benessere dei dipendenti

... 21

10/09/2018 0.09.00

TORINOGGI.IT 1 Banca Alpi Marittime, siglato accordo sindacale che prevede un sistema di solidarietà fra colleghi

... 22

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art

«Si lavori per ridurre il divario fra Nord e Sud»

«L'economia meridionale risente degli stessi problemi che ha l'economia nazionale con qualche sofferenza in più, che ci portiamo dietro da decenni. Da due-tre anni a questa parte l'economia nazionale è in ripresa, anche se la crescita economica non è rapida come vorremmo e come sarebbe necessario, ancor meno rapida è nel Meridione d'Italia». Lo ha detto Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d'Italia, a margine dell'incontro dal titolo

«FinTech e InsurTech: tecnologie digitali, banche, assicurazioni» organizzato nella Fiera del Levante di Bari nell'ambito del ciclo di appuntamenti «Incontri con la Banca d'Italia». «Bisogna ancora lavorare molto per far sì che l'Italia tutta riguadagni, - ha detto Rossi - attenui il divario che ha nei confronti dei Paesi avanzati, e bisogna lavorare per fa sì che il Meridione d'Italia attenui il divario che ha nei confronti del resto d'Italia». «II digitale - ha detto Rossi - può cambiare in modo radicale il modo di fare banca» nell'incontro cui hanno partecipato Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, Domenico Favuzzi, ad Exprivia e presidente di Italtel, Maria Bianca Farina, presidente di Ania. «La tecnologia fa passi da gigante, il mondo digitale è esperienza di tutti, tutti i giorni. Anche la finanza è molto toccata da tutto questo, immaginiamo banche e assicurazioni on-line. Ma questo è soltanto il presente, - ha detto Rossi - poi c'è tutto un futuro che si annuncia pieno di opportunità ma anche di rischi, fatto di intelligenza artificiale, di robotica, che può avere applicazioni finanziarie intense e spiazzanti per i soggetti tradizionali». «Che alcuni giganti della tecnologia, per esempio Apple, diventino banche - ha detto ancora Rossi - è una possibilità di cui si legge sui giornali. Anche questa è una opportunità e un rischio, è un problema per chi ha responsabilità di regolazione e controllo, di supervisione. Ovviamente se i giganti della tecnologia diventano banche vere e proprie, si assoggettano alle regole e al controllo dei regolatori di tutto il mondo. Se non lo fanno, bisogna cambiare le regole e inventarsi nuovi modi di controllarli».

SCENARIO BANCHE 1

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art

Assegno non trasferibile, falsificare è illecito civile

Falsificare un assegno bancario non trasferibile non è più reato ma solo un illecito civile. Diverso il caso per i titoli di credito trasferibili ancora punibili penalmente. Lo hanno sancito le Sezioni unite penali della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 40256 del 10/9/2018, hanno risolto un contrasto di giurisprudenza. È stato dunque assolto con la formula, il fatto non è previsto dalla legge come reato un 54 enne di Messina, accusato di aver falsificato la firma sul titolo di credito Condannato in primo e secondo grado l'uomo ha presentato ricorso alla Suprema corte rivendicando la depenalizzazione operata con il dlgs 7 del 2016. La tesi ha vinto di fronte agli Ermellini che, dopo aver valutato e messo a confronto due diversi orientamenti, hanno accolto il gravame enunciando un nuovo principio di diritto: «la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all'art. 485 cod. pen, abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a), del digs 15/1/2016, n. 7 e trasformato in illecito civile». Per il massimo consesso di Piazza Cavour, rimane, invece, la persistente rilevanza penale degli assegni trasmissibili mediante girata, senza che ciò determini alcuna ingiustificata disparità di trattamento; in ragione della rilevata peculiarità della disciplina oggi vigente sulla clausola di trasmissibilità degli assegni, qualificata da particolari limiti quantitativi e dalla soddisfazione di specifiche ragioni dell'emittente, tali da rendere non irragionevole la scelta del legislatore di conservarne la rilevanza penale. In poche parole il Collegio esteso ha aderito a quell'orientamento inaugurato un paio di anni fa dalla quinta sezione penale secondo cui in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell'art. 491 cod. pen., la condotta di falsificazione di un assegno bancario munito di clausola di «non trasferibilità»

non è più sottoposta a sanzione penale, applicandosi l'art. 491 cod. pen. soltanto alle falsità commesse su titoli di credito «trasmissibili per girata», tra i quali non possono includersi gli assegni bancari non trasferibili. Debora Alberici

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art

Così le banche cavalcano il rientro dello spread

Elena Dal Maso E'stato uno dei rally più forti dei Btp dal 2012, ovvero dalla famosa frase «a qualunque costo»

pronunciata del governatore della Bce, Mario Draghi, in quell'anno. Lo spread fra i titoli di stato decennali italiani e quelli tedeschi è sceso di quasi 50 punti base, da 296 a 250, la scorsa settimana. Nonostante cib il Btp «scambia ancora troppo a buon mercato», pub fare molto meglio. Può infatti scendere di 50 punti base entro fine anno e di 100 punti base entro maggio del 2019, quando avranno luogo le elezioni per il parlamento europeo. Lo scrive Erik Nielsen, capo economista di Unicredit nella sede di Londra, nel suo ultimo Sunday Wrap di domenica. E non a caso perché proprio domenica a Cernobbio il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha confermato non solo una manovra finanziaria entro gli accordi con l'Ue, ma ha parlato di un obiettivo di crescita per l'Italia nel 2019 dell'1,6%, ben più sostanzioso dell'1,1% per esempio previsto dal Fondo monetario internazionale per il Paese.

Nielsen ritiene che le notizie di carattere politico in Italia abbiano storicamente avuto il potere di destabilizzare gli investitori esteri e le agenzie di rating per prime con effetti di selloff sui titoli di Stato più forti rispetto ai dati economici di base. E l'economista ritiene che quando il governo presenterà la manovra fiscale entro fine mese o al massimo all'inizio di ottobre, «gli investitori esteri si renderanno conto di aver sovrastimato il rischio e con molta probabilità vedremo tornare gli investimenti in Italia. Chiaro, non vedremo calare subito le spread di 100 punti base, ma ritengo che il differenziale fra Btp e Bund a 10 anni tornerà a quota 200 entro un paio di mesi e è possibilmente vicino a quota 150 punti attorno alle elezioni di maggio dell'Ue», spiega Nielsen. A fine luglio gli analisti di Credit Suisse avevano calcolato che l'aumento di 100 punti base permanenti dello spread a maggio in seguito all'entrata in scena del nuovo governo aveva bruciato in media circa 3 miliardi di utili delle banche italiane.

Nello specifico, scrivevano gli analisti, questo fardello da 3 miliardi stava pesando, in base ai loro calcoli, di più su Unicredit per 1,060 miliardi, su Intesá Sanpaolo per 847 milioni, su Mps per 309 milioni, su Ubi per 360 milioni, su Banco Bpm per 300 milioni, su Bper per 56 milioni di euro, per un totale di 2,932 miliardi. Ora la situazione potrebbe ribaltarsi con l'effetto che entro dicembre gli istituti di credito italiani sono sulla strada per recuperare 1,5 miliardi di euro di utili dall'effetto spread in calo di 50 punti e altri 1,5 miliardi entro maggio 2019, se si ritornerà, come ha previsto Nielsen, vicini a quota 150. Tanto più che nel frattempo Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, si è mosso in controtendenza (confermando poi ad agosto: «cogliamo le opportunità sullo spread quando la reazione del mercato è eccessiva») e ha acquistato 6,3 miliardi di Btp (dato all'ultimo bilancio, al 30 giugno scorso), a quota 53,6 miliardi di euro (un incremento del 13,6%), lo stesso ha fatto il Credem, che ha aumentato l'esposizione nei Btp da 1,38 a 2,77 miliardi, raddoppiandola, così il Creval (+14% a 5,85 miliardi di euro) e Mps. Siena ha incrementato molto la posizione sui titoli di Stato, portandola a 21,6 miliardi (+18%). I calcoli sono stati fatti da Equita sim confrontando i bilanci degli istituti di credito fra il primo e il secondo trimestre del 2018. Non a caso ieri in tarda mattinata il titolo Mps balzava a Piazza Affari del 6,8% a 2,327 euro per azione.

Per contro Intesa Sanpaolo ha abbassato l'esposizione ai titoli del 5% a 28,4 miliardi di euro, lo stesso (-5%) ha fatto Ubi e ora detiene 9,9 miliardi di Btp, mentre Banco-Bpm è sceso de 2% a 18,7 miliardi di euro. Francoforte, dal canto suo, ha richiamato più volte le banche europee a limitare il possesso di titoli di Stato che vanno ad aumentare gli asset ponderati per il rischio.

SCENARIO BANCHE 3

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Non solo SocGen, Uuicredit ha un piano B - Unicredit ha un piano B sul m&a

LUCA GUALTIERI Jean Pierre Mustier non rinuncerà facilmente all'ambizioso progetto di fare di Unicredit una banca paneuropea. Se nel mirino c'è soprattutto la francese Société Générale, l'amministratore delegato avrebbe pronto un piano B nel caso in cui le trattative in corso si arenassero in maniera definitiva. Anche se gli advisor e il team ristrettissimo di banker messo in pista dalla banca stanno lavorando intensamente da mesi, la partita resta aperta. L'incertezza che grava sul rating italiano è infatti un elemento di vulnerabilità che potrebbe ritardare o compromettere del tutto l'esito dei negoziati. In aggiunta, le prime stime che circolano sul mercato danno la misura della complessità e del potenziale costo economico dell'operazione: l'aggregazione potrebbe infatti richiedere fino a 7 miliardi per ripristinare i coefficienti patrimoniali di SocGen. Uno sforzo davvero notevole per gli azionisti di Unicredit, che solo 18 mesi fa hanno sostenuto un aumento di capitale da 13 miliardi di euro per ripulire l'attivo. E comprensibile che tutti questi elementi suggeriscano la massima prudenza ai vertici della banca italiana. Durante il workshop Ambrosetti il presidente dell'istituto di credito italiano Fabrizio Saccomanni non ha voluto commentare le indiscrezioni. Sulla stessa linea si è espresso anche il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire: «Non credete ai rumors, credete solo ai fatti e alle decisioni», ha dichiarato. Ma Mustier potrebbe non farsi trovare spiazzato da un flop delle trattative. Secondo quanto risulta, il banchiere starebbe già studiando delle valide alternative per accasare comunque Unicredit in Europa. I target ideali sembrerebbero la spagnola Bbva e l'olandese Abn Amro che oggi risultano compatibili sia in termini dimensionali che industriali con il gruppo italiano. Molto improbabile invece è un ritorno sul dossier Commerzbank che molti giudicano destinata a una rapida fusione con Deutsche Bank. Di certo una stabilizzazione del rischio sovrano sarà un presupposto indipensabile per arrivare a un'integrazione che, nelle attuali condizioni di mercato, appare ancora in salita. In ogni caso i rumors stanno scaldando il titolo, che anche ieri in borsa ha strappato il 4,7% trainando i rialzi del comparto bancario. Altro tema aperto per Unicredit è quello della presenza in Mediobanca. Entro la fine del mese la banca potrà infatti dare la disdetta dal patto di sindacato in anticipo rispetto alla natura scadenza del 2019. In materia le deleghe di Mustier sono molto ampie e in caso di disdetta la decisione potrebbe arrivare in tempi rapidi per poi essere formalmente comunicata al presidente del sindacato, il commercialista milanese Angelo Case, che ne informerà gli altri pattisti. Al momento in ogni caso i pronostici pendono in favore di una conferma del patto, che senza l'uscita della ex bin oggi primo azionista all'8,42%, manterrebbe l'attuale forma fino al dicembre 2019. Una mossa che confermerebbe la volontà di Mustier di non agitare troppo le acque attorno alla banca. In ogni caso è possibile che l'argomento sia molto presto oggetto di un'informativa in consiglio di amministrazione. Forse già nella seduta di domani, che, convocata da tempo, potrebbe essere il contesto ideale per fare chiarezza sulla principale partecipazione finanziaria della banca.

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art

Per Consob nulla di anomalo nella lista Mincione

LUCA GUALTIERI Per ora Consob non ha ravvisato anomalia nella lista presentata da Raffaele Mincione, Gabriele e Aldo Spinelli e nel patto parasociale che vincola le quote. Pochi giorni dopo il ricorso d'urgenza presentato dalla famiglia Malacalza, ieri il presidente della Commissione Mario Nava è intervenuto sulla materia a margine di un evento alla Bocconi di Milano: «Non credo che Consob abbia ricevuta nulla di ufficiale da Malacalza, ma continuiamo a fare il nostro lavoro interno. Per ora non è emerso nulla sulla lista e sul patto parasociale». Al momento insomma l'autorità che vigila sul mercato non è d'accordo sulle dure contestazioni messe nero su bianco dal principale azionista della cassa genovese. La famiglia Malacalza ha chiesto un provvedimento che inibisca l'ammissione della lista avversaria. In particolare l'iniziativa è fondata sulla mancata autorizzazione da parte della Bce per l'acquisto delle quote: le ragioni di tale azione legale, «si fondano sulla violazione della disciplina bancaria in materia di autorizzazioni agli acquisti di concerto di partecipazioni che comportino la possibilità di esercizio di influenza notevole sulla banca o attribuiscano una quota dei diritti di voto almeno pari al 10%», spiegava la nota diffusa dalla Malacalza Investimenti lo scorso mercoledì 5 settembre.

Accuse che però finora non hanno trovato riscontri presso le autorità di Vigilanza che pure hanno fatto da tempo di Carige un sorvegliato speciale. Se Bce non si è espressa, ieri Nava ha lasciato intendere che Consob non ha nulla da eccepire sulle liste depositate. Vista la delicatezza del momento per?) qualcuno sostiene che le due authority dovrebbero esprimere un parere ufficiale che faccia definitivamente chiarezza sulla materia. Vicerversa il rischio è che un clima di sospetto avveleni il voto di giovedì 20, alimentando nuove polemiche. Sull'assemblea pesa insomma un nuovo elemento di incertezza che va ad aggiungersi agli altri emersi in queste ultime settimane.

A preoccupare è soprattutto la consapevolezza che oggi nessun azionista ha una partecipazione sufficiente per garantirsi una solida maggioranza nel nuovo consiglio di amministrazione. Lo statuto di Carige prevede infatti un sistema di voto proporzionale che rischia di balcanizzare il board e di alimentare nuovi scontri dopo quelli che si sono protratti da giugno a oggi. Una circostanza che, oltre a compromettere il lavoro di turnaround del management, rischia di allontanare l'ipotesi di un'aggregazione su cui più volte ha insistito la Bce. Una battaglia legale sull'esito dell'assemblea sarebbe insomma un'ulteriore fattore di incertezza di cui la cassa genovese non ha certamente bisogno. Ecco perché Bce e Consob farebbero bene a esprimersi presto e con chiarezza, diradando così alcune delle nubi che si stanno accalcando nel cielo sopra Carige.

SCENARIO BANCHE 5

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Deutsche B, il debito costa di più

FRANCESCO BERTOLINO Nei momenti di difficoltà pensa in grande. Josef Ackermann, per un decennio alla guida di Deutsche Bank, ritiene la fusione con Commerzbank una soluzione ormai obbligata alla crisi della prima banca di Germania. L'aggregazione consentirebbe di realizzare sinergie e di abbattere i costi, la vera debolezza dell' istituto oggi guidato da Christian Sewing. II taglio riguarderebbe non solo e non tanto la forza-lavoro, ma soprattutto le spese di finanziamento. Emettere debito per Deutsche Bank sta diventando infatti un esercizio oneroso. Sono lontani i tempi in cui la banca tedesca riusciva ad assicurarsi fondi a un tasso simile a quello dei Bund. Oggi per acquistare obbligazioni dell'istituto di Francoforte gli investitori chiedono tassi superiori a quelli della concorrenza. A fine agosto per piazzare un bond senior ultra-garantito (escluso da eventuale bail-in) Deutsche ha dovuto offrire un rendimento doppio rispetto a quello della più piccola Commerzbank. E probabile che, come affermato da un portavoce, «la solvibilità di Deutsche Bank non sia fedelmente riflessa nei suoi spread di credito», considerati i solidi indici di capitale e l'ampia base di depositi. Tuttavia, è altrettanto probabile che l'aumento dei costi di finanziamento abbia un impatto sui conti dell'istituto, stimato dal Financial Times in 200 milioni di minor fatturato annuo. Non molto a confronto dei 26,5 miliardi di ricavi ottenuti nel 2017. Ma abbastanza per aggiungere pressione al titolo già provato dal declassamento a BBB+ da parte di Fitch, dalla bocciatura agli stress test della divisione americana da parte della Fed e dall'esclusione dall'indice Euro Stoxx 50. Da inizio anno, infatti, Deutsche Bank ha bruciato il 40% di capitalizzazione (-0,5% ieri), a una velocità che inizia a preoccupare gli investitori. Il cds a cinque anni sull'istituto tedesco tratta a 55 pb sopra quello di Bnp Paribas, avendo iniziato l'anno sulla parità con la concorrente francese. Venerdì 7 settembre, poi, è arrivata la notizia (non confermata) che Hna, primo azionista di Deutsche con il 7,6%, cederà gradualmente la sua quota, assecondando i desiderata di Pechino che pretende la concentrazione in patria degli investimenti del conglomerato cinese. L'eventuale abbandono di Hna, secondo alcuni analisti, potrebbe però essere la prima buona notizia di un 2018 finora avaro di soddisfazioni per Deutsche. La quota dei cinesi potrebbe infatti essere rilevata da investitori non speculativi e con un orizzonte di lungo termine, pronti a sostenere il piano di ristrutturazione annunciato dall'ad Sewing a maggio.

Già a luglio Jp Morgan era stata accostata da un report a Deutsche: la banca americana, però, aveva subito smentito qualsiasi interesse ad acquisire una quota nell'istituto tedesco. Un'operazione che in ogni caso, secondo indiscrezioni (anch'esse smentite), non avrebbe incontrato il favore della cancelliera Angela Merkel. Berlino considera centrale il ruolo che le banche nazionali giocano in un'economia basata sull'esportazione come quella tedesca. Due settimane fa, il il ministro delle Finanze Olaf Sholz ha rimarcato che istituti solidi e competitivi a livello globale sono indispensabili per la stessa sovranità della Germania. Indirettamente, il governo sembra quindi escludere la possibilità di aggregazioni transfrontaliere. Meno ostacoli, invece, incontrerebbe la fusione fra i primi due istituti di Germania, Deutsche e Commerzbank. Un'operazione che darebbe vita al terzo istituto europeo dopo Hsbc e Bnp Paribas e, soprattutto, a una banca in grado di competere con i colossi del credito a stelle e strisce.

Del resto, come sottolineato da Ackermann a Bloomberg, nell'investmen banking «gli Usa stanno prendendo il sopravvento: in tempo di America First non è arrivato il momento per gli europei di reagire?».

(9)

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Shadow banking al 40% in Europa

La mole del sistema bancario ombra in Europa si è stabilizzata a quota 42.300 miliardi di euro lo scorso anno nell'intera Unione europea, che equivalgono al 40% del valore di tutto il sistema finanziano. Un ammontare che ha segnato una limatura dello 0,1% rispetto all'anno precedente, secondo la relazione dello European Systemic Risk Board, laddove nell' area euro la crescita è proseguita con un più 1,2% a quota 33.800 miliardi di euro.

L'istituzione di vigilanza macroeconomica rileva comunque come la stabilizzazione generale segua una protratta fase di crescita, più 8,6% per questo macrosegmento tra 2012 e 2015, in cui ha superato quella del resto del sistema finanziario. Di per sé comunque la mole dell'aggregato, che include una molteplicità molto differenziata di operatori, non è a priori un indicatore di rischio. Le vulnerabiltà semmai sono specifiche, a cominciare dall'interconnessione del sistema bancario ombra con altri settori e dalla possibilità che si inneschino contagi, cosi come i rischi di liquidità e di ricorso alla leva finanziaria di alcune controparti. Lo studio riporta come un terzo dell'intero sistema bancario ombra sia rappresentato dai fondi di investimento, mentre le altre entità finanziarie, inclusi i veicoli tramite i quali vengono effettuate le cartolarizzazioni di titoli, rappresentano il rimanente.

SCENARIO BANCHE 7

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art

Giovedì le bcc si riuniscono a Firenze. Ma in vista non c'è alcuna controriforma

ANGELO DE MA'I"11A Giovedì13 a Firenze si terrà un'importante riunione di banche di credito cooperativo che le cronache presentano nei titoli come contrarie alla riforma, ma che, a ben vedere, sembrerebbero interessate, come anche la Federazione regionale, più a chiarimenti sulla stessa che alla revisione della nuova normativa regolatrice, la cui applicazione il governo ha dilazionato di 180 giorni tramite il decreto milleproroghe. All'incontro parteciperebbero anche il viceministro dell'Economia Laura Castelli e il presidente della commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai. Quest'ultimo è stato in passato tra i più critici della rivisitazione, che, secondo alcuni, intaccherebbe lo spirito cooperativo e mutualistico delle banche in questione. Le modifiche apportate in sede di emanazione del Milleproroghe sono variamente giudicate, con particolare riferimento alla partecipazione ai gruppi bancari cooperativi (ai quali le bcc che non abbiano deciso di trasformarsi in spa debbono obbligatoriamente aderire) e alla presenza nei relativi consigli di amministrazione: nel primo caso, la partecipazione passa dal 50%

più uno al 60%, mentre si prevede che nei consigli di amministrazione di ciascun gruppo (dei tre costituiti) la metà più due dei membri deve essere espressione delle bcc aderenti al gruppo stesso. E difficile definire questi emendamenti come «una riforma della riforma», secondo l'espressione a suo tempo adottata, dal momento che le stesse dichiarazioni rese a luglio da esponenti del governo facevano riferimento all'irrobustimento del patrimonio e al rafforzamento della finalità mutualistica agendo anche sui rapporti nel territorio. Misure che si muovono dunque nel contesto della riforma originaria. Altri emendamenti riguardano gli ambiti di autonomia delle singole banche di credito cooperativo. Oggi il Milleproroghe passa, per la conversione, all'esame e al voto della Camera, dopo il voto del Senato. Non sarebbe immaginabile che l' area degli emendamenti originariamente adottati dal governo venga modificata o estesa. Il rischio sarebbe che la rivisitazione (ben strutturata anche perché è partita da una proposta di autoriforma della categoria, a differenza della revisione dell'ordinamento delle popolari) venga rimessa in discussione; il pericolo che le proposte del governo aprissero la strada a modifiche a catena, svilendo un testo abbastanza adeguato aprendolo ai localismi non tanto interessati alla mutualità e alla solidarietà, dovrebbe essere evitato. È fondamentale, comunque, avere presente che lo spirito cooperativo e la vocazione a un localismo correttamente inteso non vengono messi in questione dalla riforma complessiva; ma la costituzione dei gruppi anzidetti diventa una barriera protettrice che consente lo svolgimento dell'attività ispirata alle suddette finalità, raggiungendo un equilibrio tra tutela della stabilità e della sana e prudente gestione da un lato e funzione cooperativistica dall'altro. Diversamente, per l'evoluzione che il settore del credito ha subìto, sarebbero duramente penalizzate sia la finalità mutualistica sia la stabilità. Leggeremo con interesse i risultati dell'incontro fiorentino. E probabile che essi si concentreranno sulla fase applicativa della normativa primaria ed è importante che vengano escluse forme varie di patronage esterno, delle quali il mondo delle bcc non ha proprio bisogno. A questo punto occorre comunque che finalmente le innovazioni decollino, essendo ormai trascorsi ben più di due anni da quando è partito l'iter con l' autoriforma. Un tempo, per esempio, superiore a quello impiegato per il varo del Testo unico bancario del 1993.

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art

Ibl al debutto negli npl Ibl pronta al debutto negli npl

ANNA MESSIA L'autorizzazione di Banca d'Italia all'iscrizione all'albo delle società finanziarie (ex articolo 106 del Tub) della nuova joint venture è appena arrivata e in squadra sta entrando in queste ore un nuovo manager per assumere la responsabilità della direzione crediti. A questo punto, in Ibl Banca, società leader in Italia nella cessione del quinto, tutto è pronto per debuttare nel comparto dei non performing loan con la conclusione di un percorso avviato da mesi: a marzo scorso era stata firmata la joint venture con Europa Factor. Un'operazione finalizzata all'acquisto e alla cessione di portafogli di Npl originati nel settore bancario. Ora la società ha ricevuto il via libera ad operare da Via Nazionale, e per seguire il progetto la banca guidata da Mario Giordano ha appena chiamato in squadra Piertommaso De Giorgi. Un manager che fino a marzo scorso è stato responsabile dell'area recupero crediti del Monte dei Paschi di Siena dove ha seguito tra le altre l'operazione di cessione tramite cartolarizzazione di 24 miliardi di euro di sofferenze e la vendita della piattaforma di recupero crediti in sofferenza.

Prima si era occupato, sempre con ruoli di responsabilità, di crediti problematici in Bper, oltre che nel gruppo Banco Popolare e nella società di consulenza Kpmg. Nel suo nuovo incarico De Giorgi assumerà la responsabilità della direzione crediti ma dovrà anche seguire in prima persona le attività di sviluppo della joint venture Credit Factor Spa, partecipata al 50% da Ibl Banca e al 50% da Europa Factor spa, grazie alla quale il gruppo guidato da Giordano intende appunto allargare il proprio raggio d'azione all'acquisto e alla gestione dei non performing loan accumulati settore bancario. Intanto anche l'attività tradizionale della banca continua a crescere: nel primo semestre dell'anno Ibl Banca ha registrato un utile lordo consolidato di 43,6 milioni (+1,8% su giugno 2017) e un utile netto di 29,5 milioni (+2,2%), mentre gli impieghi alla clientela si sono attestati a 2,7 miliardi, in crescita del 3,3% e la raccolta dalla clientela è salita a 3,7 miliardi (+39,8%) di cui 2 miliardi di depositi (+12,2%). A giugno scorso è stato poi siglato un accordo con Tecnocasa Holding per salire al 70% di Finanziaria Familiare, la società specializzata nella cessione del quinto del gruppo Tecnocasa. Operazione che attende ora il via libera di Banca d'Italia.

SCENARIO BANCHE 9

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Contrarian - Unicredit-socgen e il ruolo dei tedeschi nella partita

Il weekend di Cemobbio ha dato più di un' indicazione utile sullo stato del dossier UniCredit-SocGen. Quando il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maim ha detto che «non c'è nulla al momento», ha confermato: 1) che l'ipotesi di aggregazione è giunta anche sulla sua scrivania; 2) che «al momento» l'amministrazione Macron non lo ritiene sviluppabile, stanti evidentemente i rapporti problematici fra Italia e Francia, anche in vista delle prossime elezioni europee. Ma nel «non detto» di Le Maim non è stato difficile cogliere un terzo spunto: Parigi segnala attenzione e vigilanza sul dossier congelato sulla frontiera transalpina e non sembra disposta ad accettare che il dossier venga nel frattempo «ritirato» dal versante italiano per essere riaperto su altri tavoli in Europa. Sull'aggregazione di UniCredit, l'establishment francese pare dunque vantare una sorta di «prelazione»:

o quanto meno ritiene che il «piano SocGen», per quanto virtuale, sia un oggetto politico-finanziario trattabile assieme ad altri di primo livello (Fincantieri Stx, VivendiTim, Vivendi-Mediaset, Bollore-Mediobanca Generali).

Nessuno dimentica che UniCredit, oltreché nell'Italia del Nord, è massicciamente basata in Germania e Austria Ha dentro di sé Hypovereinsbank, l'ex maggior banca bavarese; e BankAustria, l'ex maggior banca di Vienna, dove ora goverma il cancelliere sovranista Sebastian Kurz. Può una simile realtà essere ceduta tout court, in corsa, nei prossimi mesi, alla Francia di Emmanuel Macron? Ciò che invece registra crescenti attese è un'iniziativa politica di Manfred Weber, lo spitzenkandidat della Csu bavarese per il Ppe alle prossime europee, verso il vicepremier italiano Matteo Salvini: milanese, a capo della Lega, leader nei mercati-chiave di UniCredit in Italia Di più: a dieci anni dal salvataggio di Stato, l'Azienda-Germania vuole chiudere il dossier Commerzbank. I rumor finanziari hanno rilanciato una possibile fusione fra Commerz e l'acciaccata Deutsche Bank: ma l'ipotesi di integrazione fra UniCredit e Commerz non sarebbe un'inedito assoluto. E lo stesso corteggiamento tedesco a Jean Pierre Mustier come possibile ceo di Deutsche ha presumibilmente celato ballon d'essai più strategici. Di certo la bavarese Allianz, la maggiore istituzione finanziaria tedesca, non ha mai rinunciato a detenere in UniCredit una partecipazione sostanziale (diretta e indiretta, attraverso fondi e gestioni) e una riconoscibile rappresentanza nella governance, a presidio della metà austrotedesca del guappo. E' un approccio, quello della Deutschland AG verso UniCredit, che non ha mai escluso come estrema ratio il possibile breakup del guappo e la «restituzione» di tutte le attività a nord ed est delle Alpi. In questo quadro complesso, non è quindi sorprendente che a Cemobbio Fabrizio Saccomanni, presidente di UniCredit, ex ministro del Tesoro ed ex direttore generale della Banca d'Italia, abbia fischiato un inequivocabile break. I destinatari sono parsi soprattutto i francese: quelli d'Oltralpe ma anche il ceo francese di UniCredit. Il richiamo alla scadenza del piano Transform 2019 è parso a più dimensioni. UniCredit non è dunque sul mercato MeA, almeno fino a quando la situazione politico-finanziaria in Europa non sarà chiarita Un'offerta puramente finanziaria da parte francese con il titolo UniCredit a 14 euro è semplicemente improponibile quando le attese incorporate nel maxi aumento di capitale da 13 miliardi di inizio 2017 puntavano abbondantemente oltre i 20. Una fusione «aggregante» con Commerzbank (prevedibilmente con il mantenimento del quartier generale in Piazza Gae Aulenti) potrebbe raccogliere vasti consensi: sui mercati ma anche altrove. A Mustier, naturalmente, resta l'alternativa di giocare a carte scoperte la partita SocGen: rilanciando il titolo UniCredit e consentendo quindi alla banca di negoziare con SocGen alla pari. Almeno.

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In Italia l'educazione finanziaria è carente Così la Feduf si impegna a migliorarla

ANDREA BELTRATTI* In molti Paesi del mondo, i cittadini non comprendono con accuratezza le conseguenze delle proprie scelte dal punto di vista economico. Questo è vero per l'impatto delle scelte sia sul sistema economico nel suo complesso sia sulle proprie finanze personali. E difficile per tutti noi capire che cosa può implicare una nostra decisione di acquisto. Ci lamentiamo del costo della vita e preferiamo acquistare un bene importato a basso costo anche a discapito della qualità, e simultaneamente notiamo con dispiacere che i giovani non hanno lavoro e la disoccupazione è alta. Quanti intuiscono che acquistare un prodotto made in Italy, di maggior prezzo e maggior qualità, può aiutare un'azienda italiana a vendere e quindi a creare occupazione?

Sappiamo benissimo che nel lungo periodo il bilancio pubblico nel nostro e negli altri Paesi sarà in estrema difficoltà a causa di elementi come la demografia, l'invecchiamento della popolazione e l'aumento dei costi medici, ma sappiamo quantificare l'impatto di questi trend sul valore della nostra pensione in un orizzonte futuro molto lontano? E, in ogni caso, siamo davvero abbastanza disciplinati per modificare le nostre scelte di consumo attuali al fine di creare un maggior patrimonio finanziario? Gli esempi potrebbero continuare a lungo. Ma il tema affascinante, posto tra l'altro in un interessante e recente articolo dell'amico e collega professor Roberto Ruozi, è che cosa possiamo fare per superare queste difficoltà. L'educazione finanziaria è giustamente richiamata come elemento centrale per qualsiasi soluzione sostenibile. Purtroppo partiamo in salita, di nuovo, non soltanto in Italia.

Le statistiche ci dicono che gli italiani, come i cittadini di tanti altri Paesi, non conoscono alcune nozioni di base di economia e finanza. Non dobbiamo farci spaventare troppo da queste statistiche, che misurano in maniera molto approssimativa la reale conoscenza di economia e finanza, e forse rivelano più l'ignoranza in termini di matematica finanziaria che di economia. Ma dobbiamo in ogni caso cercare di fare qualcosa per aiutare tutti a fare scelte più consapevoli. La scuola italiana non aiuta. Si parla poco di economia e finanza in tutto il percorso dalle elementari alla scuola superiore. E del resto la giornata di uno studente tipico è cosi fitta e piena di materie (un buon diplomato di liceo dovrebbe avere in teoria conoscenze smisurate, dall'arte alla letteratura alla fisica quantistica solo per citare alcuni campi di studio) che pensare di aggiungere altre ore dedicate all'educazione finanziaria potrebbe rivelarsi addirittura controproducente. Può essere più interessante provare a inserire nei programmi esistenti alcune pillole legate all'economia e alla finanza, sperando che i docenti siano in grado di far percepire alle studentesse e agli studenti la rilevanza di questi concetti per la loro vita pratica e il loro futuro. Si tratta di una delle tante iniziative che la Feduf, la Fondazione per l'Educazione Finanziaria e al Risparmio, soggetto indipendente costituito nel 2014 dall'Associazione Bancaria Italiana, ha cercato di presentare all'attenzione e di mettere in atto. Ma la Feduf ha fatto tante altre cose, perseguendo due obiettivi strategici:

creare materiali didatticamente utili per condividerli con chi la sostiene, e formare i formatori, sia nelle scuole tramite interventi specifici da parte di colleghi che lavorano in banca, sia tramite canali online come il sito www.economiascuola.it. Solamente nel corso dell' ultimo anno scolastico 607 scuole per un totale di 1.838 classi e un bacino totale stimato di 44.227 studenti hanno partecipato alle attività di educazione finanziaria della Fondazione. A questi vanno poi aggiunte le 102 scuole per un totale di 418 classi e 8.727 studenti raggiunti grazie al programma Diderot. Sono stati realizzati, inoltre, 20 incontri di formazione e aggiornamento per gli insegnanti a cui hanno partecipato circa 900 docenti. Continuiamo quindi a lavorare con tutti, parti private e parti pubbliche interessate alla collaborazione e alla condivisione degli sforzi, pur di raggiungere l'obiettivo. Si tratta ovviamente di un progetto di lungo periodo, che perseguiamo con entusiasmo, sia alla luce degli obiettivi di responsabilità sociale che si pone il sistema bancario italiano, sia nell'interesse comune di contribuire a creare un sistema economico più efficiente e più giusto, in cui ciascuno di noi capisca, parafrasando le parole del Professore torinese Giorgio Rota, esperto di risparmio e prematuramente scomparso negli anni 80, di essere solo un piccolo pezzo di un ingranaggio che funziona bene se ciascuno assolve il suo compito.

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"Mincione e Volpi, capitali offshore"

LUCA PIANA La fine è nota: Vittorio Malacalza e la sua famiglia hanno chiesto al tribunale di Genova di impedire che il finanziere Raffaele Mincione e i suoi alleati possano votare nell'assemblea di Banca Carige convocata per giovedì 20 settembre. La trama per arrivare alla richiesta di diffida da parte dall'ex vicepresidente di Carige, però, si svolge attraverso una serie di colpi di scena, destinati a far rumore nella battaglia che si sta giocando sul futuro dell'istituto ligure. È quanto emerge da un documento finora inedito, il testo del ricorso presentato in tribunale il 5 settembre scorso dagli avvocati della Malacalza Investimenti. Il punto attorno a cui ruotano le argomentazioni giuridiche contenute nelle 67 pagine riguarda un atto che Mincione e i suoi alleati, gli imprenditori Gabriele Volpi e Aldo Spinelli, non hanno mai richiesto: l'autorizzazione alla Banca centrale europea (Bce) a salire sopra la soglia del lO per cento del capitale della banca. Il patto firmato il 25 agosto dai tre soci per presentare in assemblea una lista di 12 candidati per il consiglio di amministrazione riguarda le quote che fino a quel momento erano ufficialmente nelle loro mani: il 5,42 per cento della lussemburghese Pop 12 di Mincione, il 9,08 della panamense Lonestar di Volpi e lo 0,68 per cento della Spininvest di Aldo Spinelli, ex presidente del Genoa, per un totale che sfiora il 15,2 per cento. La tesi sostenuta dai legali dello studio Gatti, Pavesi, Bianchi, che assiste i Malcalza, è che la legge disponga «senza margini d'incertezza» che un'azione di concerto fra più soggetti debba essere posta a un «procedimento autorizzativo» da parte della Bce. E che, dunque, i tre pattisti avrebbero superato il 10 per cento del capitale «in concerto» senza autorizzazione. Il voto del 20 settembre per la nomina del nuovo cda, infatti, non esaurirà i suoi effetti quel giorno, come dimostra il fatto che Mincione stesso sia tra i candidati e aspiri al posto di presidente: eppure, osservano i legali nel ricorso, gli acquisti effettuati stando alle norme dovrebbero essere preventivamente autorizzati proprio perché assicureranno ai tre «un'influenza notevole» sulla banca. E non conta il fatto che siano state messe insieme a posteriori le quote di vari soggetti, perché nei criteri di calcolo per stabilire il concerto ricadono anche i titoli acquistati fino a un anno prima. La tesi sostenuta spinge i Malacalza a richiedere l'inammissibilità della lista presentata da Mincione per il cda e l'esclusione dal voto dei tre pattisti. Dal punto di vista giornalistico, c'è un aspetto che colpisce in modo particolare. Mincione ha comprato ormai molti mesi fa, e anche Volpi ha provveduto da tempo ad accrescere la propria partecipazione. Perché allora, non hanno mai pensato di chiedere l'autorizzazione alla Bce? «La ragione è semplice», scrivono gli avvocati: nessuno dei firmatari «ha inteso sottoporsi al rigoroso scrutinio ed alle penetranti verifiche cui è notoriamente subordinato il rilascio dell'autorizzazione» da parte della Bce e della Banca d'Italia «ben potendo prevederne l'esito negativo».

L'attacco è rivolto, tra gli altri aspetti, alle strutture offshore dei pattisti. La Lonestar di Volpi, imprenditore attivo nella logistica del petrolio africano, ha sede a Panama, una domiciliazione incompatibile a detta dei legali, con la necessità di assicurare una vigilanza efficace. Una «criticità» che accomuna l'imprenditore al socio Mincione, la cui struttura di controllo è accusata di «opacità», visto che la lussemburghese Pop 12 fa capo a un trust con sede a Jersey, l'isola nella Manica «inclusa nella black list dei paradisi fiscali». Queste le accuse, dunque. La parola, ora, passa ai giudici. Perché come diceva Vujadin Boskov, allenatore di calcio che a Genova nessuno dimentica,

«rigore è quando arbitro fischia».

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Banca Carige, la corsa finale cordate in per campo il controllo - Banca Carige l'ultima sfida sul capitale

Massimo Minella Come amava dire Piero Chiambretti a un Festival di Sanremo di qualche anno fa, "Comunque vada sarà un successo". Difficile pensare che sarà lo stesso per una delle due cordate in campo per il controllo di Banca Carige. Il verdetto si potrà già scrivere questa sera, anche se con ogni probabilità la certezza sull'esito del confronto si potrà avere soltanto all'assemblea del 20 settembre. Oggi, comunque sia, è l'ultimo giorno utile per acquistare azioni che potranno essere portate al voto dell'assemblea. Quelle che si acquisteranno o venderanno da domani non potranno essere computate di fronte agli azionisti. Sul risultato, si sa, è difficile al momento sbilanciarsi anche se appare scontato che i duellanti abbiano cercato di rafforzarsi il più possibile. Ma mentre la famiglia Malacalza poggia sostanzialmente sulle sue sole forze, Raffaele Mincione ha messo a punto una formazione quanto mai articolata che capitalizza un patto di sindacato e punta ad aggregare altri soci, piccoli e grandi. Ma andiamo con ordine. Malacalza fino all'ultimo respiro. L'azionista di riferimento di banca Carige si ripresenta davanti ai soci all'assemblea del 20 settembre ancora da leader. Anzi, se nella precedente tornata, nel marzo del 2016, la Malacalza Investimenti (holding di partecipazioni della famiglia genovese presieduta da Vittorio Malacalza) era al 17,6%. In sede di aumento di capitale, nei mesi scorsi, è salito al 20,6 e nelle scorse settimane ha portato la propria partecipazione al 24. Può salire ancora, per cercare di mettersi al riparo da scalate ostili, visto che la Bce l'ha già autorizzata a issarsi fino al 28, un passo prima della quota che farebbe poi scattare obbligatoriamente l'offerta pubblica di acquisto. Ma questo non è nei programmi di Malacalza che vuole invece una Carige a capitale allargato, una sorta di public company in cui il ruolo dei piccoli azionisti resta preponderante. Peccato che l'associazione che riunisce una parte dei piccoli (guidata da Silvio De Fecondo), sia passata con la cordata concorrente di Raffaele Mincione, anche se sul voto di questa componente la situazione appare molto fluida (uno storico piccolo azionista della banca, Beppe Damasio, ha già dichiarato il proprio sostegno a Malacalza). La famiglia genovese potrà quindi contare sostanzialmente sulle proprie forze, che potranno valere fino al 28%, e starà poi a vedere quanti altri soggetti saranno dalla loro parte. L'armata di Mincione. Contro la famiglia genovese e i suoi sostenitori, che ufficializzeranno la loro adesione al progetto dei Malacalza in assemblea, ci sarà una vera e propria cordata. Un'armata che sarebbe un azzardo già definire invincibile. Solo l'esito del voto assembleare, infatti, potrà indicare l'aggettivo corretto. Di certo, il finanziere vuole provare a scavalcare i Malacalza con un team allargato che parte da un patto di sindacato fra la sua quota del 5,4%, quella della Lonestar di Gabriele Volpi (9) e la Spininvest della famiglia Spinelli (0,8). Il patto lega quindi il 15,2% di capitale di Banca Carige, ma punta a salire oltre il 20, tenendo conto della volontà di Mincione di arrivare a ridosso del 10 e di Spinelli di salire al 2. Proprio la quota sindacata, però, è già stata oggetto di ricorso da parte dei Malacalza che contestano un'alleanza che va oltre il tetto massimo consentito dalla Bce, oltre il quale è necessaria una sua autorizzazione: il 10%. Il punto su cui il tribunale di Genova si pronuncerà sabato 15, cioè alla vigilia dell'assemblea, è proprio sui numeri. È necessaria l'autorizzazione di Bce anche per un patto di sindacato che va oltre il 10 oppure questo vale per un singolo azionista? Dalla risposta dipende una buona fetta del futuro capitale della banca dei liguri. Se non venisse rilevato nulla di scorretto, tutto verrebbe rinviato al voto dell'assemblea, ma i contententi ci arriverebbero uno con una vittoria e l'altro con una sconfitta. Se invece venissero accolte le tesi di Malacalza allora lo scenario potrebbe virare molto più favorevolmente per la famiglia genovese. Ieri, sulla vicenda, è scesa in campo anche la Consob. Sulle contestazioni alla lista Mincione-Volpi per il cda di Carige, infatti, «leggiamo, monitoriamo. Non credo che Consob abbia ricevuto nulla di ufficiale.

Continuiamo a fare il nostro lavoro interno. Per ora non è emerso nulla» ha spiegato il presidente di Consob, Mario Nava, a margine di un evento a Milano. Gli altri, uniti o divisi alla meta? A determinare l'esito del confronto incideranno, come detto all'inizio, le scelte di tutti quegli azionisti che non partono già schierati da una parte o dall'altra. Intanto ci sono altre due liste in campo, quella del mondo cooperativo e quella dei fondi di Assogestioni, che concentreranno verosimilmente i voti sui propri rappresentanti. Poi c'è la Sga, che è una società che fa capo al ministero del Tesoro, e che ha appena diluito la propria partecipazione, passando dal 5,4 al 5%. Proprio per la

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Malacalza confida sulla fiducia di chi finora non ha mai abbandonato Carige (e i suoi azionisti di riferimento). La battaglia è ancora lunga.

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Carige, Malacalza sfonda quota 27% e su Mincione chiama Consob - Carige, Malacalza oltre quota 27% Chiama in causa anche la Consob

Gilda Ferrari Con un giorno di anticipo rispetto alla cosiddetta record date Malacalza Investimenti sfonda quota 27% e in Carige si posiziona a ridosso di quel 28% autorizzato da Bce. Una sorpresa per chi pensava che la famiglia avesse giocato la carta del ricorso al Tribunale di Genova contro il patto Mincione-Volpi-Spinelli senza essere disposta a investire più del 24% al quale era già salita. Secondo quanto ricostruito dal Secolo XIX, il primo azionista di Carige ha rafforzato la propria posizione vicino al limite autorizzato da Francoforte. La record date, termine entro il quale le azioni comprate possono essere portate al voto dell'assemblea del 20 settembre, scade oggi ed è probabile che arrivino comunicazioni ufficiali. AZIONARIATO In Borsa ieri gli scambi sono stati sostenuti ma non straordinari: sono stati scambiati quasi 395 milioni di titoli, le Carige hanno chiuso a 0,0089 euro in rialzo dell'1,14%. Malacalza sarebbe ormai oltre il 27%, il patto Mincione-Volpi-Spinelli è al 15,19% ufficiale ma intorno al 20% con fondi collegati, Coop Liguria all'1,8% e Assogestioni poco sotto il 3%. LO SCONTRO La battaglia tra la famiglia Malacalza e Raffaele Mincione assume toni sempre più aspri su tutti i fronti. Dopo avere presentato ricorso al tribunale di Genova per violazione della normativa bancaria con richiesta di inibire la presentazione della lista del patto Mincione-Volpi-Spinelli e l'espressione di voto dei tre azionisti - iniziativa che Raffaele Mincione ha definito «infondata e strumentale» annunciando «risposte nelle sedi opportune» e «segnalazione alle autorità competenti» - Malacalza Investimenti rincara la dose segnalando a Consob «la sconcertante intervista»

rilasciata dal finanziere a un quotidiano romano. Nella segnalazione, inviatavenerdì scorso all'Ufficio controlli societari e tutela dei diritti dei soci, la società chiede un «pronto chiarimento pubblico» su dichiarazioni definite

«fuorvianti». Riferendosi al fatto che Mincione anticipi la costituzione in giudizio di Pop 12, Malacalza lo accusa di non fornire alcuna ragione «a sostegno di tale radicale conclusione» e di «ingenerare l'idea che l'azione promossa riguardi un'ipotesi di concerto rilevante ai fini Consob», mentre il ricorso presentato a Genova «ha tutt'altro oggetto e interessa l'applicazione di norme inderogabili del Testo unico bancario e del decreto Cicr>. Malacalza rimarca che l'autorizzazione preventiva «è necessaria tutte le volte in cui un soggetto da solo intenda acquistare una partecipazione che, considerate le azioni già possedute, attribuisca il controllo di una banca o di una quota del 10% o la possibilità di esercitare un'influenza notevole». Secondo la segnalazione alla Consob che Il SecoloXlX ha visionato «tale regime autorizzativo si estende all'ipotesi in cui il candidato acquirente non agisca da solo ma di concerto con una o più persone» e «l'acquisto è considerato di concerto anche quando gli accordi siano stipulati entro l'anno successivo all'acquisizione o alla variazione della partecipazione». Il riferimento è a Gabriele Volpi, salito dal 6% al 9% in occasione dell'aumento di capitale di dicembre 2017 e confluito nel patto di Mincione otto mesi dopo, a fine agosto. A margine di un evento a Milano il presidente della Consob, Maria Nava, rispondendo alle domande dei giornalisti su Carige ieri ha affermato: «Non credo che Consob abbia ricevuto nulla di ufficiale». Fonti Consob spiegano però che «il presidente non ha, ovviamente, visibilità immediata di tutto ciò che arriva ai singoli uffici dell'autorità» e confermano «l'arrivo venerdì scorso» della segnalazione di Malacalza Investimenti. Il 15 SETTEMBRE Sabato il tribunale di Genova esaminerà il ricorso di Malacalza contro Mincione.

È possibile che il giudice si pronunci già in quella occasione, ma secondo fonti qualificate è «più probabile che il giudice ascolti le parti per pronunciarsi i primi giorni della settimana successiva». Si prospetta dunque la possibilità di un verdetto a ridosso dell'assemblea per il rinnovo del cda, destinato peraltro a essere contestato dalla parte che ne uscirà sconfitta. Il clima, insomma, è sempre più teso.

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UniCredit, arrivano le offerte sugli Npl In corsa i grandi fondi esteri e Ifis

Carlo Festa Unicredit cede circa 2 miliardi di euro di non performing loan secured, cioè garantiti in buona parte da immobili, e unsecured. Il percorso dei progetti, denominati dalla banca di piazza Gae Aulenti «Milano» e

«Torino», starebbe procedendo proprio in questi giorni. Il progetto «Milano» prevede la cessione di un miliardo di Npl «secured» e sarebbe arrivato alla fase delle offerte non vincolanti. Tra i gruppi in gara, in una fase che è ancora preliminare, secondo indiscrezioni, ci sarebbero alcuni fondi americani specializzati. Al contrario il progetto

«Torino», che punta a cedere un altro miliardo di sofferenze, ma questa volta «unsecured», sarebbe in fase più avanzata, cioè quella delle offerte vincolanti. Questa sarebbe la transazione che dovrebbe arrivare prima a conclusione. Per questo secondo portafoglio sarebbero in corsa, secondo indiscrezioni, gruppi come il fondo statunitense Cerberus e anche l'italiana Banca Ifis. Unicredit, contattata, non ha rilasciato commenti sulle operazioni in corso. Nel frattempo, proprio l'istituto guidato da Jean Pierre Mustier starebbe proseguendo anche nella definizione del processo Sandokan 2, cioè una riedizione della prima operazione di gestione di npl e incagli varato nell'autunno 2015 e al quale hanno poi preso parte i fondi Pimco, Gwm e Aurora Recovery Capital. A regime il valore di Sandokan 2 dovrebbe toccare circa i 2 miliardi di euro di Npl, anche se saranno suddivisi in numerose tranche. Le tre transazioni (Torino, Milano e Sandokan 2) rientrano all'interno del processo in corso ormai da circa due anni, voluto dall'amministratore delegato Mustier, di riduzione dei rischi e di diminuzione quindi del portafogli problematici in seno alla banca. Proprio l'istituto di piazza Gae Aulenti ha annunciato, in occasione della presentazione dei risultati del secondo trimestre 2018, che il rundown del portafoglio non core sta procedendo secondo i piani, con esposizioni deteriorate lorde in ulteriore calo di 7,5 miliardi a 22,2 miliardi di euro nel secondo trimestre 2018, compresi 0,5 miliardi di cessioni (0,6 miliardi nel primo semestre 2018). Entro la fine di quest'anno, le esposizioni deteriorate lorde complessive sono previste in calo a 19 miliardi di euro con un target di 2 miliardi di euro di cessioni. Il processo messo in cantiere da Unicredit segue il trend di forte attivismo degli istituti italiani nella pulizia dei loro portafogli. BancoBpm ha in via di realizzazione la cessione di un portafoglio di elevati dimensioni (compreso tra 3,5 e 8 miliardi) assieme alla piattaforma di gestione, Mps ha messo in vendita pacchetti di circa un miliardo sia di Npl sia di incagli (Utp, cioè unlikely to pay), mentre Intesa Sanpaolo sta finalizzando la cessione di 250 milioni di Utp.

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Popolari, nuova operazione in pool da un miliardo

Luca Davi Il mondo delle banche popolari sta finalizzando una maxi-cartolarizzazione da 1,7 miliardi effettuata in pool. E nel frattempo punta già a metterne in cantiere un'altra da un miliardo, così da cogliere l'occasione data dall'estensione della Gacs fino a marzo 2019. A quanto risulta al Sole 240re, sarebbe infatti al rush finale l'operazione che vede protagoniste 14 popolari aderenti alla"Luigi Luzzatti Spa", la piattaforma nata sotto l'ombrello di Assopopolari. A far da capofila al progetto è Banca Popolare Bari, soggetto che apporterà quasi il 49% del portafoglio per complessivi 810 milioni lordi. All'istituto pugliese si affiancano Popolare Valconca (che apporta 200 milioni lordi), Banca Popolare Puglia e Basilicata (139 milioni), Popolare del Lazio (121 milioni), Popolare S. Angelo (72 milioni), Popolare di Fondi (55 milioni), Popolare Pugliese (52), Cassa di Ravenna (59), Popolare del Cassinate (38), Credito di Romagna (33 milioni), Popolare del Frusinate (31), Sanfelice 1893 (19), Banca di Piacenza (18) e Popolare di Cortona (14). L'operazione - che vede tra gli advisor Jp Morgan, Kpmg e Pwc, con Cerved special e master servicer -, è oramai in dirittura d'arrivo. L'analisi da parte delle agenzie di rating è in corso, ed entro fine settembre-inizio ottobre sono attesi i rating. Subito dopo si partirà con l'emissione delle note e l'analisi da parte degli investitori, per arrivare entro fine ottobre alla richiesta della Gacs sulla tranche senior della cartolarizzazione. Il portafoglio di "Pop Npl 2018" questo il nome del cantiere - è per il 73,4% garantito da immobili, e per il 26,6% non garantito. Insomma, prende definitivamente forma la prima grande cartolarizzazione fatta in pool dalle banche italiane: istituti di dimensioni minori che riescono così a dismettere una parte dei loro crediti deteriorati, anche sedi piccolo taglio. Muovendosi in cordata, e varando tranche di Npl cartolarizzati dai perimetri rilevanti, le banche medio-piccole riescono ad accedere al mercato degli investitori istituzionali più strutturati, tradizionalmente abituati a size elevate. Sulla scia di questa operazione, le banche ne stanno studiando un'altra simile. Sul tavolo dell'advisor Kpmg a quanto risulta al Sole ci sarebbe un dossier da circa un miliardo di euro di Npl. Il portafoglio di sofferenze, per il 60% circa secured, sarebbe apportato da un gruppo di banche tra cui risultano alcune popolari e casse di risparmio. Il cantiere è appena partito e l'obiettivo è chiudere il tutto entro marzo 2019, così da sfruttare ibenefici offerti dalla garanzia pubblica Gacs. Lo schema delle operazioni consortili trova consensi nella Vigilanza sia nazionale che europea. Lo stesso Visco nei mesi scorsi aveva incoraggiato deal in cordata, perchè possono portare a «economie di scala e di scopo» per «far fronte alle pressioni competitive».

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Depenalizzato il falso sugli assegni non trasferibili - Depenalizzato il falso su assegno non trasferibile

Giovanni Negri Rilevanza penale a misura di trasferibilità. Il falso su un assegno bancario con clausola di non trasferibilità è da considerare depenalizzato e soggetto solo a sanzione amministrativa. Rimane invece reato il falso su assegni che possono essere trasmessi attraverso girata. Lo chiariscono le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza numero 40256 depositata ieri. La pronuncia scioglie il nodo del trattamento punitivo da attribuire alle diverse fattispecie. Per le Sezioni unite, con l'entrata in vigore all'inizio del 2016 dell'ultimo intervento di depenalizzazione (decreto legislativo numero 7 del 2016) la politica giudiziaria ha iniziato una nuova strada all'insegna dell'arretramento del diritto penale che ha come conseguenza la tasformazione di alcuni reati (a tutela della fede pubblica, dell'onore e del patrimonio) in illeciti civili ai quali applicare un regime sanzionatorio che vede aggiungersi misure pecuniarie punitive inflitte dal giudice civile alla sanzione riparatoria del risarcimento del danno. La sentenza nel delineare l'area del penalmente rilevate osserva che l'articolo 491 del Codice penale che punisce, tra l'altro, la trasmissione dei titoli di credito, vede come bene tutelato quello della fede pubblica, con la messa in pericolo della fiducia di un numero indeterminato di persone sull'autenticità del documento; nello stesso tempo la ratio della copertura penale è strettamente collegata con il maggiore pericolo di falsificazione che accompagna il regime di circolazione dei titoli che possono essere trasmessi attraverso girata. «La libera trasferibilità - avvertono le Sezioni unite - in proprietà del titolo mediante semplice trasmissione del possesso dello stesso o apposizione di girata sull'assegno si configura, pertanto, come elemento essenziale del reato ex articolo 491 del Codice penale e, per converso, la clausola che limiti la circolazione del titolo esclude la rilevanza penale del fatto». E non si tratta, nella valutazione della Cassazione, di una distinzione che può essere minata da elementi di irragionevolezza anche alla luce della nuova disciplina antiriciclaggio: gli effetti della clausole di non trasferibilità restano infatti gli stessi e cioè il divieto di circolazione dell'assegno, con la previsione eccezionale della girata per l'incasso a favore di un banchiere, che può essere compresa se solo si tiene conto della volontà di vietare al portatore l'onere di una riscossione diretta. Le Sezioni unite hanno così annullato la condanna inflitta per falsificazione di un assegno non trasferibile di iomila euro; non trasferibilità peraltro prevista dalla disciplina di contrasto al riciclaggio per tutti gli assegni da 10mila euro in poi.

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Spread in calo dopo le rassicurazioni di Tria a Cemobbio

Ai mercati piace la voce della ragione. Le parole del Ministro dell'Economia Giovanni Tria calmano lo spread.

«Non tutto si può fare subito», aveva ribadito due giorni fa al Forum Ambrosetti che la manovra sarà

«equilibrata», con flat tax, riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza che «partiranno insieme ma gradualmente», visto che il governo è consapevole che più delle mancate concessioni dell'Ue sono pericolosi i mercati. «E inutile - spiega il titolare di via XX Settembre - andare a cercare 2-3 miliardi di deficit se ne perdiamo 4 con il rialzo dei tassi di interesse». E lo spread, a quanto pare, è stato a sentire. Anche ieri lo spread tra Btp e Bund tedeschi ha continuato a restringersi durante la giornata e ha chiuso sotto i 235 punti. Il mercato ha promosso l'intervento del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, a Cernobbio e le rassicurazioni sul rispetto del rapporto deficit-pil arrivate da diversi esponenti del governo. Il differenziale tra il titolo italiano (Btp febbraio 2028) e quello tedesco è a 232,6 punti. Nel corso della mattinata il differenziale ha toccato quota 240,8 punti, il livello più basso da un mese. Il rendimento dei titoli italiani è sceso sotto al 2,8% a 2,73%. A 108 punti si colloca invece lo spread tra Bonos spagnoli e Bund, con il tasso delle obbligazioni iberiche all'1,48%. Le parole di Tria sono state un balsamico, però, anche per le piazze azionarie, con Piazza Affari che che termina la giornata con un rialzo del 2,30%. L'andamento positivo dello spread ha favorito soprattutto i titoli bancari, con acquisti marcati sui principali valori del settore: Bpm, Intesa sanpaolo, Unicredit, che chiudono con rialzi attorno o superiori al 5%. Val. Mac.

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Xausa (Assonova): “Noi in Ocf subito”

«È ineludibile un confronto, nelle sedi più appropriate, che porti soluzioni nuove e globali a favore della categoria dei consulenti finanziari, finora rappresentata in modo antiquato, frammentario e parziale». È quanto ha dichiarato in una nota Giuliano Xausa, il presidente di Assonova, l’Associazione dei consulenti finanziari creata dalla Fabi, illustrando i principali obiettivi del suo mandato, iniziato con la nomina dello scorso 26 luglio. «Assonova è in attesa che l’Ocf (l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari) confermi il suo ingresso nella compagine associativa dell’Ente» spiega Xausa secondo cui «è evidente che l’attuale rappresentanza dei professionisti del settore è assolutamente sbilanciata: una associazione di categoria che rappresenta poco più del 15% degli addetti ha il 50% delle quote dello stesso Ocf (il chiaro riferimento è all’Anasf, n.d.r.). Assonova, che ne rappresenta più del 10% oltre ad avere il diritto di far parte dell’Ocf, va a colmare un vuoto rappresentativo inaccettabile, in quanto oltre 14mila addetti lavorano come dipendenti delle banche e non hanno alcuna voce in capitolo, proprio per la politica di emarginazione sin qui svolta». «È anche evidente – aggiunge il presidente di Assonova – che Ocf non è il tavolo dove si discuterà di accordo collettivo per la categoria, così come è noto che Assoreti non ha un mandato in tal senso da parte delle sue associate, ma è altrettanto evidente che una volta che Assonova sarà seduta a quel tavolo si saranno poste le premesse per un dialogo nuovo e a tutto campo, che potrà sfociare – in un momento storico che ci chiede scelte nuove e coraggiose – in nuove consapevolezze da parte delle rappresentanze, e quindi in decisioni con esse coerenti. Infatti, nella prospettiva delle nuove competenze che Ocf ha acquisito nell’ambito della Vigilanza, sinora svolta in esclusiva da Consob, e nell’intento di esercitarle in chiave di prevenzione di condotte non corrette, Assonova intende aprire un dibattito circa la natura della consulenza e l’ambito etico-professionale nel quale può essere esercitata, quali antecedenti importanti per determinare l’orientamento delle condotte professionali». Secondo Xausa, «per tale motivo, dal momento che le scelte effettuate dagli intermediari e dalle banche in seguito alla MiFID 2 sembrano orientarsi verso un efficientamento del settore con una offerta di prodotti/servizi più ampia, innovativa ed articolata che possa intercettare una quota rilevante della ricchezza dei cittadini detenuta in liquidità, generando ricavi tali che possano più che compensare i probabili effetti negativi della MiFID 2 circa la compressione dei margini. Altro obiettivo degli intermediari è raggiungere un modello di vendita consulenziale basato sulla regola tecnica della adeguatezza, che consiste nel “servire al meglio l’interesse del cliente” che tuttavia non ha la priorità in quanto si tiene in considerazione anche l’interesse del consulente e quello dell’intermediario, cercando così un equo bilanciamento con tutti i soggetti coinvolti nel rapporto». Assonova ritiene che tali scelte generino la condizione di pressioni commerciali, praticata da banche e reti, che comporti evidenti rischi di vendite scorrette che, sebbene conformi alle regole tecniche dell’adeguatezza, rappresentano, come recenti report della Commissione Europea hanno evidenziato, un fallimento nel fornire risultati equi ai clienti fornendo informazioni fuorvianti o raccomandando prodotti non utili. Ciò impone una massima allerta da parte delle associazioni di categoria e Assonova intende portare al centro della discussione la prospettiva alternativa di consulenza fiduciaria che si basa sul principio di agire secondo “il miglior interesse del cliente”, regola fiduciaria tipica dei professionisti, che dà assoluta priorità all’interesse del cliente e che obbliga a dimostrare documentante questa condizione mediante

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CARRU'/ Con il nuovo accordo sindacale la Bam incentiva la solidarietà tra colleghi

Banca Alpi Marittime, unitamente alle Organizzazioni Sindacali FABI, FIRST-CISL e UILCA-UIL, rende noto che in data 31 agosto è stato concluso un importante accordo di welfare aziendale dedicato a strumenti e opportunità di Conciliazione vita-lavoro definiti nel “Decreto Interministeriale del 12 settembre 2017 - Decontribuzione misure di conciliazione vita – lavoro”, che riconosce sgravi contributi ai datori di lavoro privati che abbiano previsto, nei contratti collettivi aziendali, misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata dei lavoratori. La gestione dei tempi di vita e di lavoro diventa un fattore importante per il benessere del lavoratore e per la sua efficacia lavorativa. Migliorare le condizioni e le possibilità di flessibilità consente di far fronte a ritmi e condizioni di vita sempre più complesse, rese difficili anche dalla dissipazione delle reti familiari e prossimali. Il datore di lavoro può svolgere un ruolo importante per favorire la gestione del tempo privato dei dipendenti e poter, dall'altro lato, contare su collaboratori motivati e meno gravati dalle problematiche familiari. Non solo figli minori, che ovviamente rappresentano uno dei maggiori scogli nella conciliazione tra la vita privata e il lavoro, soprattutto per le lavoratrici, ma anche cura per i genitori anziani e supporti alle spese famigliari nell'ambito della salute, dell'istruzione e dello sport. Questo l'oggetto dell'Accordo, che prevede un sistema di solidarietà tra dipendenti per la cessione di ore di ferie e di 'banca ore' a favore di colleghi in gravi difficoltà. Prevede inoltre la possibilità di usufruire, in determinate condizioni, dei congedi parentali ad ore, una flessibilità di ingresso e di uscita maggiore di quella attualmente prevista dai contratti di lavoro, percorsi di formazione e recupero delle competenze 'one to one' per le signore in rientro dal periodo di maternità. Con l’accordo viene rivisto, in via nettamente migliorativa, il numero di lavoratori/lavoratrici cui riconoscere il part time, se richiesto, per facilitare la gestione dei minori o per motivi di salute del richiedente. Infine, non da ultimo, Banca Alpi Marittime riconosce ai dipendenti una forma particolare di welfare aziendale: l'iscrizione all'Associazione mutualistica “Vicini Sempre”, già in passato erogata a titolo di liberalità. L'Associazione riconosce voucher per la spesa delle famiglie con figli e per i giovani fino ai 31 anni, rimborsi per spese mediche e diarie ulteriori rispetto a quanto già contrattualmente previsto, la possibilità di usufruire di una centrale di emergenza sanitaria in Italia e all'estero. «Riteniamo questo un passo importante - commenta il Direttore Generale Carlo Ramondetti - e sulla giusta strada per rendere più flessibile e più efficiente il lavoro, in un contesto in cui le rigidità debbano essere ripensate da tutti gli attori».

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