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Gruppo 1. Il monachesimo, dunque, consiste nella scelta di abbandonare la vita comune nel mondo per dedicarsi completamente alla vita religiosa.

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Gruppo 1

A partire dalla fine del III secolo d.C., alcuni cristiani del Medio Oriente e dell’Egitto decisero di allontanarsi dalle città e dai luoghi abitati. Essi pensavano che solo lontano dalla società si potessero seguire fino in fondo gli insegnamenti di Gesù: furono per questo chiamati monaci (dal greco «mónos», cioè «solo, unico»).

Il monachesimo, dunque, consiste nella scelta di abbandonare la vita comune nel mondo per dedicarsi completamente alla vita religiosa.

Il monaco Giovanni Cassiano, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., scrisse le parole seguenti:

«Alle origini tutta la Chiesa viveva come vivono ora i monaci. Ma dopo la morte degli Apostoli la forza della fede si riduceva man mano che aumentava il numero di quelli che si convertivano. Ma quelli fedeli al ricordo dell’antica perfezione si allontanarono dalle città e cominciarono a ritirarsi in luoghi disabitati e deserti.»

Domanda:

Quale è la differenza tra gli eremiti e i monaci?

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Gruppo 2

Il monachesimo si diffuse in Europa a partire dal IV secolo d.C.; seguendo in particolare il modo di vita comunitario.

Bisogna però aspettare il VI secolo d.C., nel quale San Benedetto da Norcia definì le regole del monachesimo occidentale.

Benedetto nacque verso il 480 a Norcia, in Umbria, da una nobile e ricca famiglia. Dopo essere stato un monaco eremita, intorno al 529 fondò un monastero a Montecassino, nell’attuale regione del Lazio (dove c’è Roma). Qui scrisse la celebre «Regola» che presto venne adottata in molti altri monasteri.

A capo del monastero vi è l’abate (dall’ebraico «abbà», cioè «padre»): per questo motivo i monasteri benedettini sono detti anche abbazie. L’abate viene eletto dai monaci e resta in carica per tutta la vita.

San Benedetto raccomandava ai monaci di obbedire sempre agli ordini dell’abate, che doveva però affidare ad ognuno degli incarichi adeguati alle proprie capacità.

Domanda:

Perché la figura dell’abate è così importante per San Benedetto?

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Gruppo 3

San Benedetto temeva che i suoi monaci stessero in ozio perché attraverso di esso il demonio si impadronisce delle anime. Egli aveva l’abitudine di dire:

«L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci in determinate ore devono dedicarsi al lavoro manuale e in altre ore, anch’esse stabilite, alla lettura di opere sacre.»

La giornata del monaco benedettino fu così divisa tra lavoro, preghiera e riposo. Egli si alzava intorno alle tre di notte per la preghiera del «mattutino». Poi poteva leggere o studiare fino alle «laudi», le preghiere recitate verso le sei del mattino. Seguiva un periodo di lavoro fino circa alle nove del mattino, dove i monaci si riunivano nuovamente per pregare. Si lavorava poi sino alle dodici, quando si recitavano i salmi. Dopo un periodo di riposo, alle quindici si dicevano in chiesa le preghiere. Si ritornava a lavorare fino alle diciotto, quando si recitavano i «vespri». Tra le diciannove e le venti si dicevano le ultime preghiere, prima del riposo.

La preghiera occupava in media quattro ore al giorno, la lettura dalle due alle quattro ore, il lavoro dalle cinque ore (in inverno) alle otto (in estate).

Domanda:

Come definireste la giornata dei monaci benedettini?

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Gruppo 4

L’importanza data da San Benedetto al lavoro era rivoluzionaria. Nel mondo antico, infatti, il lavoro manuale era considerato una condanna che solo i più poveri e gli schiavi dovevano svolgere.

Il lavoro dei monaci doveva permettere l’autosufficienza dell’abbazia. I monaci quindi coltivavano i campi, allevavano il bestiame, svolgevano attività artigianali.

Considerando le difficoltà che attraversava l’Europa all’inizio del Medioevo, questi monasteri erano dei centri economici all’avanguardia.

I monaci seminavano nelle zone incolte, prosciugavano terreni paludosi e diffondevano tra i contadini delle zone circostanti nuovi strumenti, nuovi metodi di lavoro e nuove culture.

Molte persone facoltose lasciavano beni e terre ai monaci benedettini, perché desideravano che essi pregassero per le loro anime. Per questo motivo ben presto questi monasteri diventarono proprietari di vasti possedimenti.

Domanda:

Perché furono proprio dei religiosi ad essere all’avanguardia economica?

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Gruppo 5

Nel monastero al lavoro manuale era affiancato quello intellettuale. San Benedetto, infatti, voleva che i suoi monaci sapessero leggere e scrivere (cosa allora rara) per poter studiare e meditare la parola di Dio.

Per farlo era però necessario avere dei libri. Non era ancora stata inventata la stampa e i libri potevano essere riprodotti solo copiandoli a mano. Coloro che si dedicavano a questa attività erano detti «amanuensi».

Ecco perché uno dei luoghi più importanti dell’abbazia era lo «scriptorium» (in latino, «luogo dove si scrive»). Esso era di solito un vasto ambiente esposto a sud e con molte vetrate per godere di tutta la luce possibile. Ciò nonostante, il lavoro di copiatura era lungo e faticoso: per una Bibbia intera ci voleva un anno di lavoro di più persone! Per questo qualche volta sui margini dei fogli troviamo annotazioni come queste: «Se Dio vuole, fra poco diventa buio» o «Come il navigante desidera il porto, così l’amanuense sospira per l’ultima riga».

Gli amanuensi non copiavano solo i testi sacri, ma anche opere di grandi autori latini e greci. Così, grazie alla paziente opera di questi monaci, sono arrivati fino ai giorni nostri tanti capolavori dell’antichità greca e romana che altrimenti sarebbero andati perduti.

Domanda:

Perché possiamo dire che i monasteri furono veri centri di cultura?

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