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Come dimostrare lavoro subordinato

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Come dimostrare lavoro subordinato

written by Redazione | 20/05/2019

Può essere interesse del lavoratore, assunto con contratto diverso dal contratto di lavoro subordinato, dimostrare che in realtà il rapporto intercorrente con l’impresa ha i caratteri di un rapporto di lavoro subordinato.

Perché un collaboratore potrebbe avere interesse a chiedere ad un giudice di accertare che il suo rapporto di collaborazione con l’azienda è, in verità, un rapporto di lavoro subordinato? Le ragioni sono molteplici e derivano da una motivazione di fondo: le norme che tutelano i lavoratori e prevedono tutta una serie di diritti in loro favore non si riferiscono a tutti i lavoratori, in senso ampio, ma ai soli lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Proprio per ottenere queste tutele, il collaboratore potrebbe avere interesse a chiedere dunque l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorrente con la società.

In questi casi tuttavia, il collaboratore deve porsi una domanda: come dimostrare lavoro subordinato? Infatti sarà suo onere fornire al giudice la prova della subordinazione ed è dunque opportuno che il collaboratore, prima di avviare un

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contenzioso, si chieda se ha a disposizione le prove necessarie a dimostrare la reale natura subordinata del rapporto. Ma andiamo per ordine.

Che cos’è il lavoro subordinato?

Nel diritto del lavoro italiano, il mondo dei rapporti di lavoro è saldamente diviso in due categorie. Da una parte c’è il rapporto di lavoro subordinato e dall’altra ci sono tutti gli altri rapporti di lavoro e/o collaborazione, tra i quali ricordiamo:

la parasubordinazione e, in particolare, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa;

il lavoro autonomo e, in particolare, il contratto di prestazione d’opera, il contratto di prestazione d’opera professionale, le prestazioni occasionali.

La distinzione è molto importante per una ragione fondamentale: la gran parte delle tutele che vengono offerte dal nostro ordinamento ai lavoratori si applicano solo ed esclusivamente ai lavoratori subordinati. Per questo stabilire se un rapporto di lavoro è subordinato o autonomo è fondamentale in quanto da questa qualificazione discendono tutta una serie di conseguenze giuridiche.

Che cos’è, quindi, il lavoro subordinato? L’elemento caratteristico del lavoratore subordinato è, come dice il nome stesso, la subordinazione rispetto al datore di lavoro e, dunque, l’assenza di autonomia.

Il lavoratore subordinato, infatti, si obbliga, a fronte del pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore [1].

La definizione fornita dalla legge mette in luce subito alcuni elementi tipici del lavoro subordinato:

la collaborazione nell’impresa: il rapporto di lavoro subordinato è, generalmente, un rapporto duraturo e stabile tramite il quale il lavoratore diventa un vero e proprio collaboratore dell’impresa;

la prestazione di lavoro manuale o intellettuale: l’oggetto del lavoro subordinato non è, a differenza del lavoro autonomo, il raggiungimento di un risultato, la realizzazione di un’opera o la prestazione di un servizio, bensì la messa a disposizione, da parte del dipendente, delle proprie

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energie di lavoro, a seconda dei casi, manuale o intellettuale;

la dipendenza dal datore di lavoro e l’assoggettamento alle direttive del datore di lavoro: il lavoratore subordinato è sottoposto alle direttive del datore di lavoro e non può decidere in autonomia come lavorare.

Possiamo dire che l’assoggettamento alle direttive del datore di lavoro costituisce l’elemento fondamentale che caratterizza il lavoro subordinato e lo distingue dalle altre tipologie di lavoro. La prestazione di lavoro del dipendente deve essere svolta, quindi, attenendosi a direttive e ordini impartiti dalla società, senza margini apprezzabili di autonomia.

Inoltre, all’assoggettamento alle direttive dell’impresa, si accompagna un altro elemento tipico e, cioè, lo stabile inserimento del lavoratore subordinato nell’organizzazione aziendale.

È stabilmente inserito chi svolge una funzione fondamentale per la società, che corrisponde ad una funzione irrinunciabile dell’azienda. Inoltre, contribuiscono a rafforzare il concetto di stabile organizzazione in azienda la lunga durata del rapporto e il collegamento con altri dipendenti.

Subordinazione: gli indici accessori

L’elemento caratteristico del lavoro subordinato è, come abbiamo detto, l’assoggettamento del dipendente subordinato alle direttive imprenditoriali. A questo elemento dirimente possono accompagnarsi altri indici accessori, elaborati dalla giurisprudenza, che, uniti al primo, rafforzano la natura subordinata del rapporto. In particolare, si considerano indici accessori della subordinazione:

il rispetto da parte del lavoratore di un orario di lavoro fisso e predeterminato nel contratto di lavoro;

l’utilizzo di strumenti di lavoro messi a disposizione del lavoratore subordinato direttamente dall’impresa;

lo svolgimento della prestazione lavorativa all’interno dei locali dell’impresa;

l’utilizzo di loghi e segni distintivi aziendali (ad esempio, biglietto da visita della società, carta intestata aziendale, giubbini e abbigliamento della società, auto aziendale con logo della società, etc.);

la corresponsione del compenso in quote fisse mensili non legate ai

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risultati;

l’assenza di rischio aziendale a carico del dipendente;

lo svolgimento di attività per le quali, di solito, vengono assunti dipendenti.

La riqualificazione del rapporto

Come abbiamo visto il mondo del lavoro si divide nelle due categorie del lavoro subordinato e del lavoro autonomo. Quando un’azienda assume un lavoratore non può decidere liberamente, a suo piacimento, se stipulare un contratto di lavoro subordinato o autonomo. Infatti, nel nostro ordinamento, vige il principio di indisponibilità del tipo contrattuale [2].

Secondo questo principio, il contratto di lavoro deve essere scelto in base alle caratteristiche del rapporto di lavoro che si intende instaurare. Se il lavoratore viene assunto per svolgere una prestazione che ha i caratteri della subordinazione, che abbiamo esaminato, le parti devono stipulare un contratto di lavoro subordinato e non possono fare diversamente.

La sostanza, infatti, prevale sempre sulla forma. Da ciò deriva che se le parti, all’inizio del rapporto di lavoro, stipulano un contratto di lavoro autonomo ma, nella sostanza, il rapporto si svolge come lavoro subordinato, il dipendente può chiedere al giudice la riqualificazione del rapporto in un rapporto di lavoro subordinato.

Come abbiamo detto in premessa, infatti, la gran parte delle tutele che caratterizzano il diritto del lavoro si applicano solo ai lavoratori subordinati ed è dunque evidente che il lavoratore, assunto come autonomo in modo fittizio, ha interesse a godere delle tutele del lavoro subordinato, tra le quali ricordiamo:

l’obbligo di versare al dipendente una giusta retribuzione [3]

parametrata ai minimi stipendiali previsti dal Ccnl di settore;

il diritto ad essere adibito alle mansioni previste nel contratto di lavoro, con stretti limiti per la modifica delle mansioni da parte del datore di lavoro;

il diritto a non essere trasferiti dalla sede di lavoro, se non a fronte di comprovate ragioni tecniche, produttive ed organizzative aziendali;

il diritto a ricevere, in caso di licenziamento, un congruo preavviso

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previsto dalla contrattazione collettiva di settore o la relativa indennità sostitutiva;

il diritto a non essere licenziati in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo;

l’obbligo dell’azienda di pagare i contributi previdenziali ed assistenziali agli enti competenti.

Essere lavoratori subordinati o autonomi, dunque, non è questione nominalistica e di etichetta contrattuale ma è una questione di sostanza.

Azione di riqualificazione: come dimostrare la subordinazione

A questo punto entriamo nel vivo dell’azione di riqualificazione del rapporto, ossia quell’azione esercitata dal lavoratore autonomo di fronte al giudice del lavoro con la quale il collaboratore chiede al giudice di accertare che il rapporto svolto o ancora in esecuzione non è realmente quel rapporto di lavoro autonomo descritto nel contratto ma è a tutti gli effetti un rapporto di lavoro subordinato.

Prima di avviare questa azione il collaboratore deve essere consapevole di alcuni aspetti importanti. Innanzitutto, l’azione volta a dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro è retta dalla normale ripartizione dell’onere della prova. Ciò significa che vale la regola generale: chi vuole far valere un diritto in giudizio deve fornire le prove. In questo caso è il collaboratore autonomo che chiede di accertare che il rapporto ha natura subordinata e spetta dunque a lui portare le prove.

Quali sono le prove? Per rispondere a questa domanda occorre ricordare che l’indice principale della subordinazione del rapporto è l’assoggettamento del dipendente a ordini e prescrizioni datoriali.

Il lavoratore potrà dunque fornire prove, sia testimoniali che documentali, che dimostrano:

ordini impartiti dal datore di lavoro;

ordini di servizio;

prescrizioni fornite dall’azienda su come lavorare;

procedimenti disciplinari subiti dal lavoratore;

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provvedimenti disciplinari subiti dal lavoratore.

Per quanto riguarda i cosiddetti indici accessori della subordinazione, il dipendente potrà dunque fornire prove, sia testimoniali che documentali, che dimostrano:

la natura fissa e mensile del compenso (ad esempio portando le ricevute degli accrediti);

l’orario di lavoro fisso (ad esempio depositando le badgeature);

l’uso di strumenti aziendali (ad esempio depositando mail inviate dal proprio account mail aziendale);

lo svolgimento della mansione nei locali aziendali (ad esempio depositando le badgeature o portando testimoni a confermare questa circostanza);

i provvedimenti disciplinari (depositando copia dei provvedimenti stessi);

l’uso di loghi e tratti distintivi aziendali (ad esempio depositando biglietti da visita, mail con carta intestata aziendale, foto, etc.).

Solo se il giudice riterrà che le prove fornite dimostrano la natura subordinata del rapporto, il ricorso presentato dal dipendente verrà accolto con le conseguenze giuridiche connesse alla natura subordinata del rapporto.

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