Capitolo 4
INTERAZIONE SOCIALE
di Harvey Molotch
Capitolo 4 – Interazione sociale
I GRANDI TEMI
1.
Come sviluppiamo un senso del sé?
2.
Come diamo senso ai nostri mondi?
3.
Quali sfide affrontiamo nello spostarci da un contesto sociale a un altro?
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• Il concetto del sé (self) si riferisce al senso dell’identità e della posizione sociale, così come generato e riformulato attraverso l’interazione.
• Il sé è così importante che, se si ha difficoltà a svilupparlo, anche il corpo fisico ne risente (ad es.: bambini in orfanotrofio, carcerati in isolamento).
• L’espressione “sé riflesso” (looking-glass self, letteralmente “sé allo specchio”) è stata coniata dal sociologo americano Charles
Horton Cooley nel 1902, per mettere in evidenza quanto i nostri giudizi dipendano dal modo in cui gli altri ci vedono.
• Ci vediamo come gli altri ci vedono.
• Le interazioni fanno andare avanti il nostro mondo.
Capitolo 4 – Interazione sociale
• Autostima - processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite l'auto-approvazione del proprio valore personale fondato su auto-percezioni.
• Stima di sé – si connota come un’esperienza molto più soggettiva e autoreferenziale, legata molto più a ciò che ognuno sente e pensa a proposito se stessi, piuttosto che a quello che gli altri pensano di lui.
Autostima vs Stima di sè
L’approvazione degli altri è fonte di motivazione.
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Ci conosciamo davvero, e addirittura siamo consapevoli che esistiamo, solo attraverso gli occhi delle altre persone.
Le azioni che compiamo, le espressioni che usiamo, i gesti che mostriamo denotano le valutazioni di coloro che ci circondano.
Capitolo 4 – Interazione sociale
Capitolo 4 – Interazione sociale
• A livello individuale, i sociologi, seguendo le orme di George Herbert Mead, usano il termine “altro significativo” per denotare individui che ci sono abbastanza vicini da poter avere una forte capacità di motivare il nostro comportamento (conformità, uniformità, obbedienza, ecc.).
• I sociologi chiamano i gruppi che influenzano il nostro comportamento gruppi di riferimento.
• Talvolta, in un gruppo, ci sono individui particolari, che possono servire da modelli di ruolo. Essi hanno un’influenza sproporzionata:
imitiamo come si vestono, si muovono e conducono la propria vita.
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Imitazione
• Detto nel linguaggio della sociologia, abbiamo la capacità di
“assumere il ruolo dell’altro”: ciò ci offre gli strumenti per conformarci alle aspettative degli altri, dal momento che possiamo immaginare come questi ultimi accoglieranno ciò che facciamo o diciamo.
• L'imitazione è un'attività di produzione o un comportamento non originale, basati su un modello preesistente che si ritiene valido e che si cerca di eguagliare intenzionalmente o casualmente.
• Criterio di attuazione, oppure atteggiamento o comportamento chiaramente condizionato da un esempio o da un modello.
Capitolo 4 – Interazione sociale
• I sociologi usano l’espressione “altro generalizzato” per definire il controllo sociale* esercitato attraverso implicite intese comuni su ciò che è appropriato.
• Tramite la socializzazione – il processo attraverso il quale giungiamo a comprendere le aspettative e le norme del nostro gruppo, così come i vari ruoli che assumiamo nel corso della vita e con cui interagiamo – capiamo come dobbiamo comportarci nella società in generale o in particolari ambienti sociali.
• In un certo senso, la vita è un palcoscenico (Goffman 1959), in cui siamo sempre interpreti del nostro sé sotto il riflettore degli altri. Abbiamo bisogno di ricevere approvazione non solo come una sorta di bonus per condurre una vita più gradevole; ne abbiamo bisogno per essere.
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Capitolo 4 – Interazione sociale
• Harold Garfinkel (1917-2011), inventore dell’ (“lo studio dei metodi usati dalla gente comune”).
• Gli esseri umani hanno specifici metodi per interagire con gli altri, e le persone di tutto il mondo, indipendentemente dalla cultura o dal momento storico, usano gli stessi metodi:
- considerano il contesto in modo continuo e intensivo
es.: “Come va?” non richiede risposta completa
- adeguano il loro flusso verbale al flusso altrui, prestando attenzione alla precisione conversazionale
es.: alternanza dei turni interazionali;
importanza e significato dei silenzi (“beh..” “uhm..”);
sovrapposizione, interruzione, riparazione: “ops..” (Goffman)
- controllano in modo sociale le emozioni
es.: quando è appropriato ridere o piangere; ballare ai funerali (Randall Collins, “catene di rituali di interazione”)
Figura 4.1 – Applaudire insieme. Attraverso un fonometro e un registratore, il sociologo Max Atkinson ha misurato il volume e il tempo di uno scoppio
di applausi. Ha rilevato che l’applauso parte molto rapidamente (raggiungendo il culmine dell’intensità dopo circa un secondo) e rimane stabile per 5,5 secondi prima di affievolirsi e spegnersi in poco tempo. Ciò suggerisce che le persone si sforzano di coordinare il proprio applauso con quello degli altri, stando attente a iniziare a battere le mani al momento “giusto” e a interrompersi quando sembra che anche gli altri lo facciano. Fonte: Atkinson (1984)
74 Capitolo 3 • Interazione sociale
Il sociologo inglese Max Atkinson (1984) ha studia- to una variante di tutto questo in modo molto preciso.
Lo studioso ha registrato i discorsi tenuti dai politici britannici alle assemblee di partito, ponendo molta attenzione, attimo dopo attimo, a ciò che facevano gli oratori e a come rispondeva il loro pubblico. Usando un fonometro, egli ha misu-
rato il volume dell’applauso del pubblico e la lunghezza di ogni episodio di applauso, includendo anche le interru- zioni dei battiti di mani du- rante il discorso. Lo studioso ha scoperto che l’applauso scoppia improvvisamente, cresce per un secondo, poi si stabilizza (Figura 3.1). Tutti
noi conosciamo l’imbarazzo che si prova nell’applaudi- re da soli non sapendo, per esempio, che una sinfonia è composta da una serie di movimenti e che si dovrebbe aspettare la fine dell’ultimo per applaudire. Chi assiste spesso ai concerti sinfonici si impratichisce ed evita lo stigma. In altre situazioni, tuttavia, per esempio duran- te un discorso politico, sapere quando “farsi sentire”
può essere più ambiguo.
Atkinson ha notato che l’oratore talentuoso fornisce ai membri del pubblico indizi che comunicano loro quando applaudire: momenti in cui essi possono presumere che gli altri applaudiranno con loro. Atkinson, per esempio, ha osservato che gli oratori efficaci si servono dei trico- lon, serie ternarie come “del popolo, dal popolo, per il popolo”. Disposte con la giusta intonazione, porteranno i membri del pubblico a rispondere in modo appropriato e ad applaudire insieme, nello stesso momento. Talvolta diciamo che le persone capaci di suscitare una tale rispo- sta sono carismatiche. Pensiamo che, nel loro profondo, abbiano un qualche tratto caratteriale che induce gli altri a rispondere con obbedienza o entusiasmo – come se aves-
sero qualcosa di magico o una sorta di dono spirituale che non si trova nei comuni esseri umani.
In realtà, sostiene Atkinson, la capacità di influen- zare la folla deriva dal sapere ciò di cui essa ha bisogno per agire insieme. È un’abilità sociale. Un discorso di successo implica da parte dell’oratore il desiderio di trasmettere ai propri desti- natari la padronanza del si- stema di interazione tra gli individui. Per estensione, le persone sono apprezza- te quando riescono a fare qualcosa di simile nella vita di tutti i giorni: esse sono ef- ficaci con coloro tra i quali vivono e rispetto ai quali mettono in atto la propria interpretazione – in una festa o semplicemente incon- trandosi nell’androne di un palazzo. Tutti noi, con li- velli di successo diversi, “influenziamo la folla”, e la folla desidera davvero essere influenzata.
2.4 L’autopresentazione nell’età digitale
Siamo impegnati nell’uso delle stesse tecniche quan- do la comunicazione si sposta su altri media, inclusa la stampa e, ora, la comunicazione elettronica. I nuo- vi social media, come Twitter e Facebook, certamente hanno modificato alcuni dettagli dei modelli di intera- zione, ma ne mantengono invariate molte caratteristi- che. Quando ci attardiamo sui nostri profili Facebook, sistemandone e risistemandone i dettagli, stiamo certa- mente manipolando la nostra presentazione del sé in modi che Goffman riconoscerebbe immediatamente.
Modifichiamo le nostre pagine sulla base delle rispo- ste o delle mancate risposte altrui. Ancora una volta, in questa variante elettronica, possiamo osservare quanto le persone desiderino l’approvazione degli altri e usino i social media per raggiungerla.
Quale impatto hanno le nuove tecnologie della comunicazione
e i social media sui nostri metodi di autopresentazione?
1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 6.0 7.0 8.0 9.0 10.0
30 20 10
Tempo (in secondi)
Intensità (in decibels)
Figura 3.1 – Applaudire insieme.
Attraverso un fonometro e un registratore, il sociologo Max Atkinson ha misurato il volume e il tempo di uno scoppio di applausi. Ha rilevato che l’applauso parte molto rapidamente (raggiungendo il culmine dell’intensità dopo circa un secondo) e rimane stabile per 5,5 secondi prima di affievolirsi e spegnersi in poco tempo. Ciò suggerisce che le persone si sforzano di coordinare il proprio applauso con quello degli altri, stando attente a iniziare a battere le mani al momento
“giusto” e a interrompersi quando sembra che anche gli altri lo facciano.
Fonte: Atkinson (1984)
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Capitolo 4 – Interazione sociale
• L’autopresentazione nell’età digitale
- Cerchiamo di usare gli stessi metodi di gestione delle interazioni anche quando la comunicazione si sposta sui social media.
Ad es.: anche su Facebook sistemiamo i dettagli della nostra
presentazione del sé, e modifichiamo le nostre pagine sulla base delle risposte o delle mancate risposte altrui.
- Sappiamo anche che gran parte dello scambio di messaggi (Twitter, Facebook, Whatsapp) è progettato per dare origine
a “compresenza” – per stabilire un appuntamento, o un incontro di lavoro.
Capitolo 4 – Interazione sociale
•
L’interazione in pubblico
- Stiamo attenti ad avere contatti con persone di cui non abbiamo avuto esperienza in passato e le cui intenzioni non ci sono note.
- Per strada diamo solo veloci occhiate ai volti, “abbassiamo
reciprocamente le luci” (Goffman) e pratichiamo la “disattenzione civile” (Simmel) – ignorandoci reciprocamente, pur notando
la presenza dell’altro – che, specialmente in luoghi densamente popolati, è ciò che rende possibile la vita sociale.
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Non sempre è scortese ignorare qualcuno.
Se vedete un amico, potrebbe essere scortese non salutarlo;
ma potrebbe essere scortese anche iniziare a parlare a sconosciuti incontrati per caso. Praticando quello che i sociologi chiamano “disattenzione civile”, possiamo educatamente ignorare gli altri negli spazi pubblici.
Capitolo 4 – Interazione sociale
•
Quali sfide affrontiamo cambiando contesto sociale?
- Cambiamenti di status e ruolo
Status: categoria sociale distinta che è generata da altri ed associata ad insieme di ruoli e aspettative di comportamento (set di ruoli)
da rispettare.
- Teoria dell’etichettamento
L’esistenza dei devianti è dovuta all’esistenza di una persona o gruppo che può essere oggetto dell’etichetta “deviante” e di un individuo
o istituzione che può incollare questa etichetta e far sì che rimanga attaccata nel tempo.
- Regole
Dobbiamo rispondere ad organizzazione e che hanno proprie regole, esplicite (legislative o istituzionali) o informali (norme e aspettative circa i comportamenti individuali).
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L’esperimento sul conformismo di Asch. Solomon Asch ha mostrato a soggetti appartenenti a diversi gruppi di ricerca due cartoncini come quelli raffigurati qui a lato, chiedendo di trovare quale segmento del cartoncino 2 fosse della stessa lunghezza del segmento presente sul cartoncino 1. Tra i soggetti di ricerca, erano segretamente inclusi i collaboratori di ricerca di Asch, i quali, talvolta, affermavano unanimi che a combaciare erano segmenti di diversa lunghezza. Asch ha rilevato che i soggetti inconsapevoli concordavano con i collaboratori di ricerca in circa un terzo dei casi, e approssimativamente il 75% di loro si conformava almeno una volta alla risposta errata dei collaboratori di ricerca. Fonte: Asch (1995)
Cambiamenti e dilemmi 85
Che cosa è necessario, si chiede uno sperimentatore, perché le persone diano una risposta palesemente erra- ta a una domanda esplicita e fattuale? Non molto, da quanto è emerso. In uno studio classico di metà Nove- cento, lo scienziato sociale Solomon Asch ha mostrato a diversi individui (127 uomini) un segmento, disegnato su un cartoncino, chiedendo loro di indicare quale, fra tre segmenti disegnati su un altro cartoncino, fosse più simile in lunghezza (Figura 3.2). La risposta era molto semplice, dato che uno dei segmenti era della lunghez- za esatta. Tuttavia, insieme al soggetto sotto esperimen- to, erano presenti altri individui, variabili in numero da cinque a sette, che collaboravano con chi conduceva la ricerca. Dopo alcune prove di riscaldamento, in cui tutti fornivano la risposta corretta, i partecipanti infor- mati davano costantemente
risposte errate. Scattava a questo punto un processo di conformismo, e i soggetti inconsapevoli finirono nel 37% dei casi per concorda- re sulla risposta palesemente sbagliata. Tre quarti di loro si conformarono almeno una volta, il 5% si conformò sempre, mentre circa il 25%
non lo fece mai (Asch 1955).
In conclusione: le persone sono tra loro diverse ma il contesto sociale genera effetti e modifica ciò che accade in molti, molti casi.
In diverse varianti di questo esperimento, condotte da altri ricercatori sulle orme di Asch, sono state mutate le specifiche condizioni per osservare che cosa provocas- se un aumento o una diminuzione del conformismo. Un risultato di notevole rilievo di questi esperimenti è che si è scoperto che basta la presenza di un solo alleato per influenzare fortemente il risultato. Se l’esperimento per- metteva a una sola persona di concordare con il soggetto
della maggioranza perdeva molto del suo impatto. Ciò suggerisce quanto sia importante per gli individui avere almeno un’altra persona che li sostenga. È molto più fa- cile “andare contro tutti” se si ha un compagno, sia esso in amore, nel crimine o nella ricerca della verità.
Questi generi di esperimenti hanno ricevuto diver- se critiche. Nella vita reale le cose potrebbero andare diversamente, dicono gli scettici. Inoltre, non sappia- mo se chi partecipava all’esperimento credesse dav- vero che il gruppo avesse ragione oppure si limitasse a riferire risposte errate allo sperimentatore. Tuttavia, anche affermare qualcosa che non si crede, rientra nel conformismo e ha precisi effetti: se nessuno dice che il re è nudo, per quest’ultimo è più semplice continuare a regnare. I risultati sperimentali, potremmo sostenere, destano particolare impres- sione dato che i soggetti di ricerca non avevano altro motivo di mentire che la pressione al conformismo.
Nella vita reale cerchiamo di piacere senz’altro agli al- tri; non desideriamo oppor- ci ad altri significativi, che potrebbero licenziarci, boc- ciarci all’esame o mandarci in prigione. Che le persone si conformino quando non c’è alcuna posta in gioco spiega i motivi per cui lo fanno quando esistono forti ragioni per giungere a compromessi con la verità.
Una lezione ancora più severa impartita dal labora- torio della scienza sociale è la seguente: in determinate condizioni, le persone – parliamo di persone comuni – faranno del male ai propri simili e, forse, potranno arrivare anche a ucciderli. Ispirato da preoccupazioni circa importanti situazioni della vita reale, lo psicolo- go sociale Stanley Milgram ha cercato di scoprire quali siano le condizioni potenzialmente in grado di porta-
1 2 3
Che cosa porta
le persone a conformarsi, e che effetto produce
il conformismo sul nostro modo di vivere insieme?
Figura 3.2 – L’esperimento sul conformismo di Asch.
Solomon Asch ha mostrato a soggetti appartenenti a diversi gruppi di ricerca due cartoncini come quelli raffigurati qui a lato, chiedendo di trovare quale segmento del cartoncino 2 fosse della stessa lunghezza del segmento presente sul cartoncino 1. Tra i soggetti di ricerca, erano segretamente inclusi i collaboratori di ricerca di Asch, i quali, talvolta, affermavano unanimi che a combaciare erano segmenti di diversa
lunghezza. Asch ha rilevato che i soggetti inconsapevoli concordavano con i collaboratori di ricerca in circa un terzo dei casi, e approssimativamente il 75% di loro si conformava almeno una volta alla risposta errata
dei collaboratori di ricerca.
Fonte: Asch (1995)
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Capitolo 4 – Interazione sociale PAROLE CHIAVE
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Approfondimento sul Controllo sociale
il controllo sociale
• è l'insieme delle attività dirette a controllare e conformare (vs. uniformità, obbedienza) il comportamento degli individui in una società, facendo rispettare le norme e le aspettative del gruppo.
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il controllo sociale
1. Prevenzione
2.
Sorveglianza
3. Commisurazione
(scelta del “tipo” di sanzione)
•
ISOLAMENTO: ha lo scopo di tenere il deviante lontano dagli altri e non prevede alcun tentativo di riabilitazione.
•
ALLONTANAMENTO: limita i contatti del deviante ma non lo segrega completamente dalla società e gli consente di ritornare dopo un congruo tempo, se vuole accettare le norme.
•
RIABILITAZIONE: processo attraverso il quale molti devianti vengono aiutati a riassumere i loro ruoli nella società.
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La prevenzione
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• Primaria – agire sui fattori di rischio
• Secondaria – intervenire sul fenomeno manifesto (riduzione, eliminazione)
• Terziaria – processi di ri-educazione, re- inserimento, ri-abilitazione
• Quaternaria – si applica per evitare pratiche
non strettamente necessarie
controllo sociale
• Tra i controlli vi sono quelli esterni: le varie forme di
sorveglianza esercitate per scoraggiare o impedire, con la minaccia o l'uso di sanzioni, i comportamenti devianti.
• Quelli interni sono:
• diretti (sentimenti di colpa e di vergogna che prova chi viola una norma).
• indiretti che si manifestano nel desiderio di non perdere la stima e l'affetto delle persone più care.
interno / esterno
• Il controllo informale (o interno) corrisponde al processo di socializzazione. Questa è distinta in:
• Primaria. Viene condotta dalla famiglia, comporta una prima elementare assimilazione delle norme sociali.
• Secondaria. Viene condotta dagli altri gruppi di
appartenenza quali ad es. il gruppo dei pari o le istituzioni scolastiche.
• Il controllo formale (o esterno) è il controllo attuato dalle istituzioni, dalle norme penali e dalle sanzioni, ossia da agenti esterni che sorvegliano la condotta dell'individuo.
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Travis Hirschi
• Un individuo compie un reato quanto più il legame con la società è debole. Invece diventa improbabile che un uomo compia un reato quando manifesta:
• attaccamento ai genitori o agli insegnanti (elemento affettivo);
• impegno nel perseguimento di obiettivi convenzionali (elemento materiale);
• coinvolgimento nelle attività convenzionali (elemento temporale);
• credenze religiose molto forti (elemento morale).
attaccamento
L attaccamento ai genitori o agli insegnanti.
quanto più un individuo è legato a queste
persone, tanto più difficile è che compia delle azioni che essi disapprovano
-
Interni:
Ø
indiretti (legame a figure autorevoli di riferimento)
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impegno
L impegno nel perseguimento degli obiettivi convenzionali (successo scolastico,
l affermazione professionale, la reputazione sociale).
quanto maggiore è l energia che un individuo ha investito nel raggiungimento di questi
obiettivi, tanto più difficile è che egli rischi di perdere, violando le norme, tutto quanto ha accumulato
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coinvolgimento
Il coinvolgimento nelle attività convenzionali quanto maggiore è il tempo che una persona dedica allo studio, al lavoro, allo svago, tanto minore è quello che gli resta per compiere i reati
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credenze
la violazione delle norme non è provocata da credenze che la richiedano o la rendano
necessaria, ma dalla mancanza di credenze che la vietano
-
Interni:
Ø
diretti (imbarazzo, vergogna che prova chi trasgredisce)
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conclusione
•
Noi siamo il controllo sociale (scuole,
università, genitori, politica, società civile,
religione, volontariato, sistema occupazionale e delle professioni, famiglie, gruppo dei pari,
comitive di amici, formatori, insegnati, docenti, giustizia, ecc.).
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¡ A volte riteniamo di limitare il nostro impegno e coinvolgimento, nello sviluppo del sistema sociale di appartenenza, al (singolo e isolato) ruolo di volta in volta ricoperto, convinti di non essere in grado di modificare l’andamento macroscopico del nostro
sistema sociale.
Prof. Sergio Severino - Università degli Studi di Enna - Kore
conclusione
•
Ergo, nessuno svolge un’azione ampia, forte e diffusa, piuttosto ci limitiamo alla semplice e personale responsabilità (quando va bene).
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