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Academic year: 2022

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19-09-23 RASSEGNA STAMPA

19-09-23 CEREALI, AVVIO IN RIALZO ALLA BORSA DI CHICAGO CON LA RIPARTENZA DEI NEGOZIATI USA-CINA

Agrisole

19-09-22 SICUREZZA ALIMENTARE EUROPEA, SOLO IL 9% DELLE NOTIFICHE HA RIGUARDATO I MANGIMI

Mangimi&alimenti

19-09-23 DAZI, MURI E BARRIERE LA SFIDA È QUI L’Economia del Corriere della Sera

19-09-23 GUTERRES AVVERTE I GRANDI SULL’AMBIENTE “BASTA CENTRALI A CARBONE ENTRO IL 2020”

La Stampa

19-09-23 DAZI, ANCHE LA BCE ALL’ATTACCO DEGLI STATI UNITI “TRUMP STA DISTRUGGENDO IL LIBERO SCAMBIO”

La Stampa

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19-09-23

Cereali, avvio in rialzo alla Borsa di Chicago con la ripartenza dei negoziati Usa-Cina

Radiocor

Il rinnovato ottimismo degli operatori sostiene gli scambi nella prima seduta della settimana. In aumento i future su mais e soia, stabile il frumento

Apertura in rialzo per i principali cereali quotati al Cbot, grazie al rinnovato ottimismo sui negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina, nonostante la cancellazione, da parte di una delegazione cinese, della visita alle aziende agricole di Montana e Nebraska, la scorsa settimana. I funzionari di Pechino sono stati negli Stati Uniti per portare avanti le trattative tra i due Paesi, rinunciando però al viaggio nei due Stati. Il timore di un brutto segnale per i negoziati è stato allontanato dal ministero del Commercio cinese, che ha parlato di colloqui «produttivi» e «costruttivi», lasciando aperta la porta per i negoziati di alto livello programmati a ottobre.

Il contratto del mais con scadenza a dicembre guadagna 2 centesimi e mezzo, lo 0,67%, a quota 3,73 dollari e un quarto a bushel. Il contratto del frumento con scadenza a dicembre è stabile a 4,84 dollari e un quarto a bushel.

I future dei semi di soia con scadenza a novembre guadagnano 11 centesimi e mezzo, l'1,30%, a 8,94 dollari e un quarto

a bushel. Il contratto della farina di soia con scadenza a dicembre guadagna 3,30 dollari, l'1,12%, a quota 298,30 dollari

a tonnellata. Il contratto dell'olio di soia con scadenza a dicembre guadagna 1 punto, lo 0,03%, a quota 29,41 centesimi

al pound.

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19-09-22

Sicurezza alimentare europea, solo il 9% delle notifiche ha riguardato i mangimi

Come negli anni precedenti solo una quota residuale del numero delle notifiche relative alla sicurezza alimentare europea ha riguardato i mangimi. Il valore è del 9% sebbene in leggero aumento rispetto al 2017. La maggior parte delle segnalazioni riguarda i microrganismi patogeni. Il dato arriva dalla Commissione europea che ha pubblicato l’ultima relazione sul Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi.

Nel 2018 sono giunte dagli Stati membri alla Commissione 3699 notifiche di rischi per l’alimentazione umana o animale. Di queste 1118 sono state classificate come ‘allarmanti’ perché rappresentavano un grave rischio per la salute tali da richiedere un rapido intervento degli operatori di settore o delle autorità. Di queste, confermando la tendenza degli anni scorsi, le notificazioni per i mangimi sono state solo il 9%, con un aumento rispetto al 2017 di 74 notifiche e del 3% in valore relativo. Le notificazioni sono arrivate sia da Paesi membri che da Paesi non membri e una parte considerevole riguarda la presenza di microrganismi patogeni. In particolare le 144 notificazioni sono della presenza di Salmonella in diversi tipi di ingredienti per mangimi ma anche, in 22 casi, per cibo per animali domestici. Per i cani, relativamente ai materiali masticabili, questo è un serio rischio – si legge nel report – non tanto per l’animale quanto per un bambino che potrebbe esserne contaminato.

Le 60 notifiche sulle micotossine, tranne in tre casi, hanno riguardato le aflatossine. Per i contaminanti microbici la maggior parte delle notificazioni erano sulla non conformità ai criteri di igiene per gli ingredienti dei mangimi. Infine per le questioni sulla composizione dei mangimi, la maggior parte delle segnalazioni faceva riferimento all’eccessivo contenuto di semi di ambrosia (10 casi). Si tratta di un serio rischio per le persone allergiche al suo polline che potrebbero essere esposte a questa sostanza. In tre casi è stato notificato un contenuto troppo elevato di zinco.

Alimenti

In generale le principali fonte di notificazione sono i controlli ufficiali sul mercato interno. Le notifiche possono arrivare a seguito di tre eventi: segnalazione da parte del consumatore, notifica propria dell’azienda o intossicazione alimentare. Una parte notevole delle notificazioni da Paesi membri riguarda la contaminazione da micorganismi patogeni nel cibo di origine animale, con un aumento del 19% sul 2017, con la salmonella quello più frequente. In aumento del 31% le notificazioni sugli allergeni (149), soprattutto latte, glutine e frutta secca; su del 36% le notificazioni di corpi estranei (136), in particolare plastica, metallo e vetro. Le aflatossine nella frutta a guscio e il mercurio nel pesce spada sono stati i fattori di rischio segnalati più spesso con i controlli eseguiti sugli alimenti alle frontiere e sul mercato dell'Ue. In testa le aflatossine da arachidi provenienti dall’Argentina, e quelle nelle nocciole, in pistacchi e fichi secchi dalla Turchia.

Sempre nel 2018 un numero significativo di notifiche ha riguardato un focolaio di tossinfezione di Listeria monocytogenes derivante da mais surgelato. Il sistema di allarme rapido è riuscito efficacemente a rintracciare i prodotti colpiti e rimuoverli dal mercato. Le segnalazioni relative ai materiali a contatto con gli alimenti sono state il 4% del totale.

Il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi è uno dei pilastri della legislazione europea in materia di sicurezza

alimentare. È utilizzato per condividere prontamente informazioni tra Stati membri e autorità sovranazionali come la

Commissione europea e l’Efsa, l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare, ma anche con Paesi terzi come Svizzera,

Irlanda, Norveglia e Liechtenstein. Nel 2019 ricorre il 40° anniversario dalla sua introduzione: “La tracciabilità degli

alimenti e, se necessario, la rapida rimozione delle merci dal mercato costituiscono il nostro impegno nei confronti dei

consumatori”, ricorda Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare.

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“L’intensificarsi dell’attività del sistema, emerso dalla relazione di quest'anno, conferma il rafforzamento della

cooperazione tra gli operatori del settore alimentare e le autorità degli Stati membri: senz’altro un segnale positivo per i consumatori”, conclude il rappresentante della Commissione.

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Data 23/09/2019

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Foglio 1

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CORRIERE DELLA SERA LUNEDÌ 23.09.2019

DAZI, MURI E BARRIERE LA SFIDA È QUI

L

a guerra dei dazi tra Usa e Cina?

Per le aziende italiane della ce- ramica, da sempre orientate al commercio internazionale, nella di- sfida commerciale avviata da Trump qualcosa da guadagnare, in realtà c’è.

Oggi le piastrelle importate dalla Ci- na sono gravate di tre dazi: il primo storico, compreso tra l’8,5% ed il 10%

come retaggio del commercio inter- nazionale dei tempi pre-globalizza- zione; il secondo, del 25%, imposto qualche mese fa e deciso dall’ammi- nistrazione Trump come misura ne- goziale nella trattativa commerciale.

L’ultimo, provvisorio e in vigore solo da pochi giorni, è il più gravoso di tut- ti: il 103,77% su tutte le piastrelle cine- si sbarcate nei porti statunitensi: si tratta di una misura di riequilibrio re- lativa a pratiche antidumping e di aiu- ti di Stato.

«È una misura destinata ad avere profonde ripercussioni sui flussi commerciali di ceramica tra i due pa- esi — spiega Alfonso Panzani, titolare dell’azienda Settecento Valtresinaro, ex presidente di Confindustria Cera- mica e attuale vicepresidente di Cera- me-Unie, la federazione che racchiu- de le associazioni dei singoli stati eu- ropei —. A trarne vantaggio saranno i produttori locali statunitensi, molti dei quali sono riconducibili ad azien- deceramicheitaliane,edidiversipae- si fornitori esteri, tra i quali l’Italia che occupa una posizione predominante nel commercio internazionale verso questo Paese. Si apre, senza dubbio, una fase nuova per le vendite di cera- mica sul mercato statunitense».

Difficile prevedere quale sarà la ridu- zione nelle vendite di ceramica cinese negli Usa, anche se l’esperienza euro- pea, risalente ad inizio decennio, può fornire diverse indicazioni. «A livello europeo come Cerame-Unie abbiamo condotto una battaglia contro il dum-

ping causato dalle ceramiche cinesi, che, non solo sono prodotte in condi- zioni lavorative e ambientali precarie, ma vengono sussidiate dallo Stato. E questo ci ha danneggiato seriamen- te».

Per anni i metri quadri di piastrelle made in China hanno raggiunto l’Unione Europea in grandi e crescenti quantità, fino ad arrivare ad oltre il 6%

del mercato. Poi, quando nel settem- bre 2011 sono state approvati in via de- finitiva i dazi antidumping, rinnovati nel novembre 2017, la situazione è drasticamente cambiata. Applicando il 30% di tariffe per quelle industrie ci- nesi che hanno collaborato all’indagi- ne antidumping ed il 69% per coloro che hanno rifiutato ogni tipo di colla- borazione, le importazioni sono dra- sticamente crollate: dal 2010, ultimo anno senza le vecchie regole, al 2018 le importazioni sono crollate dell’83,7%.

Storicamente le imprese italiane ten- dono a rivolgersi principalmente al- l’esteroeguardanoconpreoccupazio-

ne le tensioni sul commercio interna- zionale, aggiunge Panzani: «L’85%

della nostra produzione viene espor- tata, per questo noi siamo da sempre favorevoli a trattati di libero scambio con paesi che si comportano in modo corretto». L’auspicio è che anche il trattato Ceta tra Canada e Unione Eu- ropea venga ratificato al più presto.

Regole e intoppi

In altri Paesi del mondo, invece, le ce- ramiche prodotte nel distretto incon- trano una serie di barriere, tariffarie e non di ogni tipo. Australia e Nuova Zelanda, ma anche i Paesi dell’Ameri- ca Latina, asiatici e del Medio Oriente, tra cui l’ Arabia Saudita, pongono dei limiti, dazi o richiedono certificazioni extra di prodotto che servono per tu- telare le industrie locali. Anche negli Usa viene richiesto un trattamento sa- nitario alle ceramiche prima di entra- re nel paese: una fumigatura per risul- tare — pallet e scatole di ceramica — completamente sterilizzate per elimi- nare ogni possibile forma di animale presente. «Anche questo rappresenta un costo extra per le aziende», prose- gue Panzani.

Il settore ha inaugurato alla metà de- gli anni Settanta il commercio inter- nazionale di questo prodotto, anche grazie alla nascita di Cersaie, il cui obiettivo fondamentale era proprio mettere in relazione il mondo della produzione con il sistema della distri- buzione e del commercio. Il percorso di presenza sui mercati esteri è inizia- to dapprima in Francia e Germania e poi Stati Uniti, per arrivare oggi a tutti e cinque i continenti. «Noi vorremmo che ogni barriera di tipo protezioni- stico decada e che ogni Paese possa giocare la propria partita in modo corretto, lasciando libero il consuma- tore di scegliere il prodotto che prefe- risce», prosegue Panzani.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Matteo Muzio

Vince il gres

La produzione annuale. Dati in metri quadrati e percentuale sul totale produzione

Dove esportiamo

La suddivisione delle vendite per area geografica. Dati in milioni di euro Gres porcellanato Altro Monocottura

26.069.147

Biocottura 20.067.210

363.822.788

5.175.078

415.519.736

Produzione totale metri quadrati

Totale mondo

5.546,8

Fonte:IndaginedirettaConfindustriaCeramicaS.A.

4,83% 6,37%

87,55

%

1,25%

Asia

549,7

Africa

100,8

Australia, Oceania

87,1

Paesi Ue

2.726,5

Paesi extra Ue

293,8

Americhe

788,9

Milano

Il Campus Humanitas University a Pieve Emanuele, progettato da Filippo Taidelli dello studio FTA

Johannesburg Il Sandton City Shopping Centre:

costruito nei primi anni Settanta, ha la pavimentazione realizzata con gres porcellanato italiano

Modena Il Centro Socio Sanitario di San Felice sul Panaro, progettato dallo studio Mario Cucinella Architects, con superfici di cotto d’Este

Alfonso Panzani, alla guida della federazione delle confindustrie europee: non c’è solo la sfida tra Usa e Cina. Il rallentamento del mercato sconta numerosi ostacoli al libero commercio. Ecco quali

Tanti investimenti per ridurre i consumi, ma costi più alti del 30%

«C’è da tagliare anche lo spread sull’energia»

I

l segreto è l’efficienza. Per contrastare il peso delle bollette sui costi di produzio- ne, che può arrivare fino al 30%, l’industria delle piastrelle preme l’acceleratore sugli investimenti, che l’anno scorso hanno sfiorato il 10% del fatturato complessivo.

Un record assoluto, che testimonia di uno sforzo continuo verso le tecnologie 4.0 e il risparmio energetico. «Ormai molti stabi- limenti del settore sono affiancati da im- pianti di co-generazione e da sistemi che recuperano il calore di scarto prodotto dai forni per generare nuova energia», spiega Franco Manfredini di Confindustria Cera- mica. Gli investimenti hanno portato ad una ottimizzazione dell’intero ciclo di pro- duzione, con consumi unitari minimi per le diverse tipologie di prodotto realizzate, i cui valori di impatto ambientale sono si- gnificativamente inferiori ai limiti imposti dalla legge.

L’efficienza sta anche nell’economia cir- colare: ormai c’è un recupero praticamen- te totale degli scarti di produzione. Le pol- veri, le piastrelle scartate, sia crude che cotte, e le acque reflue vengono completa- mente riutilizzate, riducendo il consumo di materie prime. E dopo l’esperienza del gruppo System molti si sono cimentati per ridurre gli spessori delle piastrelle, rica- vando lastre ipersottili, leggere e resisten- ti, spesso di grande formato. In questo mo- do si riesce a limare il consumo d’argilla, che viene importata principalmente dal- l’Ucraina e dalla Turchia e quindi compor- ta un notevole impatto ambientale, oltre che un costo salato, per il trasporto. Questi prodotti sono molto più leggeri rispetto a quelli tradizionali: per coprire la stessa su- perficie si consuma un quarto del materia- le e si riempie un container al posto di tre, quindi c’è un impatto ambientale più con-

tenuto anche per l’export. Grazie alla loro leggerezza, le lastre di gres porcellanato si prestano molto per gli esterni con ambi- zionidiversedalrivestimentotradizionale, come le facciate ventilate, dove le piastrelle tradizionali fanno fatica ad arrivare. E i grandi formati consentono agli architetti di ottenere la certificazione Leed del Green Building Council sugli edifici così rivestiti.

Negli ultimi vent’anni la ceramica ha fatto del suo meglio per aumentare la competi- tività: grazie all’innovazione tecnologica e impiantistica, i consumi del settore si sono dimezzati, pur avendo raddoppiato la pro- duzione. «Per sfornare la stessa quantità di piastrelle, oggi consumiamo meno della metà dell’energia rispetto a vent’anni fa, dimezzando anche le emissioni di CO2, con una notevole riduzione dell’impatto ambientale delle nostre produzioni», pre- cisa Manfredini. Ma non basta. Questo

sforzo di efficienza non è sufficiente a col- mare il gap con i concorrenti europei, che pagano l’energia anche il 20% in meno del- le industrie italiane. «In Germania e in Francia gli impianti produttivi sono esen- tati dagli oneri di sistema. Noi stiamo an- cora aspettando l’applicazione di una nor- ma analoga sulle bollette del gas», esorta.

Il problema, per il mondo della ceramica italiana, è che l’85% della produzione va al- l’estero,percuièmoltoimportantegiocare ad armi pari. La speranza di Manfredini è che Paolo Gentiloni, nuovo commissario europeo all’Economia, si attivi per rivedere la direttiva e rendere più omogeneo il cari- co fiscale tra le imprese europee. «Altri- menti non c’è gara con i nostri concorrenti spagnoli»,rileva.NeglialtriPaesi,secondo Manfredini, «si guardano bene dal colpire le produzioni nazionali con troppe tasse».

Cosa che non succede ad esempio nel di- stretto «clone» di Sassuolo in Tennessee, dove gli imprenditori della ceramica han- no cominciato ad apire stabilimenti dal 2008, l’anno della grande crisi. E non han- no mai smesso.

Elena Comelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Richieste Franco Manfredini

(Confindustria Ceramica): troppe tasse e troppi oneri sulla bolletta energetica. Esportiamo l’85% delle produzioni, vogliamo combattere

ad armi pari con i nostri concorrenti

Imprese

LA FIERA A BOLOGNA

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Data 23/09/2019

Pagina 10

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PAOLO BARONI

L

ROMA a «tassa sul clima», o meglio i danni prodot- ti negli anni da feno- meni climatici e mete- reologici, per l’Italia è davvero pesante. Solo nel settore agri- colo, stima la Coldiretti, negli ultimi 10 anni sono stati con- teggiati danni per 14 miliardi di euro tra perdite della produ- zione nazionale e danni a strutture e infrastrutture nelle campagne. Poi ci sono quelli arrecati alle altre attività pro-

duttive sempre a causa di allu- vioni e disastri vari e, purtrop- po, ci sono i tanti morti. Secon- do le stime di Legambiente dal 2005 al 2016 nel nostro Paese si sono infatti contate quasi 24 mila vittime a cause di ondate di calore e di ben 157 delle alluvioni. Non sor- prende quindi vedere l’Italia nella top 10 dei paesi del mon- do che hanno subito più danni dal 1998 ad oggi a causa di ca- tastrofi naturali. Fenomeni che stando allo studio dell'or- ganizzazione dell’Onu per la riduzione del rischio dei disa- stri (Unisdr) negli ultimi 20 anni hanno visto le perdite au-

mentare del 151% arrivando ad un totale di 2.908 miliardi di dollari, per il 91% legati a di- sastri prodotti da fenomeni cli- matici. I costi più alti li hanno pagati Usa (944,8 miliardi), Cina (492) e Giappone (376,3). L’Italia, con 56,6 mi- liardi, si piazza invece al setti- mo posto di questa drammati- ca graduatoria dietro alla Ger- mania (57,9) e davanti alla Francia (43,3).

Dallo studio di Coldiretti emerge che se le emissioni in- quinanti non verranno ridot- te entro la fine secolo la produ- zione di grano diminuirà del 20%, la soia del 40% ed il

mais del 50% con conseguen- ze evidenti anche in Italia.

L’eccezione è la norma

«L’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai diventata la norma con una tendenza al- la tropicalizzazione che si ma- nifesta con una più elevata fre- quenza di manifestazioni vio- lente, sfasamenti stagionali e sbalzi termici che compromet-

tono le coltivazioni», lamenta Coldiretti. Che mette in guar- dia anche dal rischio di estin- zione del patrimonio di prodot- ti tipici (297 tra Dop e Igp, che fanno dell’Italia il leader mon- diale) e dal pericolo che col troppo caldo si possano diffon- dere anche da noi di parassiti

«alieni» mai visti prima che si accaniscono sulle produzioni nazionali, dalla xylella al pun-

teruolo rosso, alla cimice mar- morata asiatica che devasta le coltivazioni di pere.

L’Italia fa abbastanza per ri- durre le emissioni di gas serra?

Ci difendiamo sull’impiego di energie rinnovabili e sulla ridu- zione dei consumi di energia, ma l’obiettivo europeo di ta- gliare le emissioni del 20% ri- spetto al 1990 resta sempre lontano. E gli ultimi dati dell’I- spra ci dicono che nemmeno la recessione ci viene più in aiuto, visto che tra aprile e giugno di quest’anno col Pil sceso dello 0,1% la produzione nazionale di CO2 è cresciuta dello 0,8%.

Per Legambiente «non esisto- no più alibi o scuse per rimane- re fermi», ed «è urgente che il Paese approvi un piano nazio- nale, come hanno fatto gli altri paesi europei, in modo da coor- dinare le politiche di riduzione del rischio sul territorio ed av- viare interventi rapidi a partire dai grandi centri urbani attra- verso nuove strategie e adegua- te risorse economiche». —

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Legambiente: in dieci anni 24 mila morti a causa delle ondate di calore Con la “tropicalizzazione” si possono diffondere parassiti pericolosi

Gli effetti del clima impazzito costano all’Italia 14 miliardi

Una centrale a carbone in Germania. L’obiettivo è la riduzione delle emissioni di CO2 del 45% entro il 2050

Il tempo per negoziare si è esaurito Gli accordi di Parigi non sono più sufficienti

L’alluvione di Livorno dell’ottobre 2017 PAOLO MASTROLILLI

INVIATO A NEW YORK Niente più centrali elettriche a carbone dopo il 2020; stop ai sussidi per l’energia fossile, da trasferire invece sulle fonti rin- novabili; piani concreti per ri- durre le emissioni dei gas ser- ra del 45% in un decennio, e ar- rivare a zero emissioni nel 2050. Sono i principali obietti- vi che il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres spe- ra di centrare, o quanto meno avvicinare, con il Climate Ac- tion Summit di oggi.

Il suo inviato speciale Luis Alfonso de Alba, che ha prepa- rato il vertice, ha spiegato così l’emergenza a La Stampa: «Gli obiettivi sono molto ambizio- si, perché lo richiede l’emer- genza in corso. Non abbiamo

più tempo per negoziare, il ver- tice deve rappresentare l’ini- zio di un nuovo processo per implementare gli impegni pre- si. Ma quelli di Parigi non ba- stano più, perché nel frattem- po la situazione è peggiorata.

Quindi se vogliamo davvero contenere il riscaldamento glo- bale sotto 1,5 gradi, gli Stati dovranno raddoppiare o an- che triplicare le loro iniziative concrete».

La situazione è drammatica.

Secondo i dati dell’Onu, le emis- sioni globali stanno raggiun- gendo livelli record, e non dan- no segno di rallentare. Gli ulti- mi 4 anni sono stati i più caldi di sempre, e le temperature inver- nali dell’Artico sono aumentate di 3 gradi dal 1990. I livelli del mare salgono ovunque, e persi-

no la Grande Barriera corallina australiana sta morendo. Guter- res ha avvertito che non è più una questione ambientale, ma una vera minaccia per i sistemi di vita, l’alimentazione, la salu- te e quindi la sopravvivenza di molti Paesi. Una crisi che a cau- sa della scarsità delle risorse, e i danni già causati dai cambia- menti climatici, sta anche pro- vocando tensioni politiche che alimentano guerre, migrazioni e terrorismo.

Nonostante l’emergenza, l’Onu ritiene ancora che agen- do subito, nell’arco dei prossi- mi 12 anni potremmo contene- re l’aumento delle temperatu- re sotto i 2 gradi centigradi, an- che a 1,5 gradi sopra i livelli dell’epoca pre industriale. Per riuscirci, de Alba ha elencato

così gli obiettivi da ottenere al Summit: «Non costruire più centrali elettriche a carbone dopo il 2020, ma nello stesso tempo i Paesi che lo estraggo- no dovrebbero anche smette- re di esportarlo. Cancellare tut- ti i sussidi statali per l’energia fossile, altrimenti si continue- rà ad alimentarla, ed investire invece i soldi nelle fonti rinno- vabili che possono rimpiazzar- la. I governi devono presentar- si con piani concreti per au- mentare i contributi nazionali alla lotta contro il riscaldamen- to globale da subito, entro il prossimo anno. E questi piani dovranno essere in linea con l’impegno a ridurre le emissio- ni dei gas serra del 45% in un decennio, e arrivare a zero emissioni nel 2050».

I lavori saranno suddivisi in 9 coalizioni di Paesi, che pre- senteranno progetti per altret- tanti «portafogli di azione».

Anche le aziende private do- vranno contribuire, come han- no fatto le circa 90 multinazio- nali del gruppo «We Mean Bu- siness», da Nestlé a Nokia, che ieri hanno annunciato l’impe- gno ad arrivare a zero emissio- ni entro il 2050, o almeno ap- plicare alla lettera i parametri dell’accordo di Parigi.

La marcia globale di venerdì originata dalla giovane attivi- sta svedese Greta Thunberg ha dato nuovo slancio al vertice, ma restano forti resistenze. A partire dagli Usa, usciti dall’ac- cordo di Parigi, che neanche ri- conoscono l’esistenza dei cam- biamenti climatici. Oggi infatti

il presidente Trump partecipe- rà all’evento concorrente che ha organizzato contro le perse- cuzioni religiose, ma ignorerà il Climate Action Summit. La Ci- na ha aderito a Parigi e si è impe- gnata a rendere verde la sua nuova «Via della Seta», ma in- tanto continua ad usare centra- li a carbone. L’Italia, candidato con la Gran Bretagna ad ospita- re la COP26 del 2020, fa parte della coalizione per la Transi- zione energetica. Il premier Conte presenterà un piano per migliorare la digitalizzazione delle infrastrutture, limitando gli sprechi di elettricità. De Al- ba ha elogiato Roma, ma ha av- vertito che per evitare la cata- strofe dovremo fare di più. Co- me tutti. —

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LUIS ALFONSO DE ALBA INVIATO SPECIALE DEL SEGRETARIO GUTERRES

IL VERTICE SUL CLIMA

DOSSIER

Guterres avverte i Grandi sull’ambiente

“Basta centrali a carbone entro il 2020”

Il segretario dell’Onu: “Non è più una questione climatica, ma di sopravvivenza”. Trump diserta il summit Per contenere il riscaldamento globale gli Stati dovranno

raddoppiare gli sforzi

10LASTAMPA LUNEDÌ 23 SETTEMBRE 2019

PRIMO PIANO

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Data 23/09/2019

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Foglio 1

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Il governo inglese ha organizzato un’operazione rimpatrio. Spesa prevista: 600 milioni di sterline

L’agenzia viaggi Thomas Cook in crisi

Seicentomila turisti rischiano l’abbandono

vasle, consigliere della Banca centrale europea: grandi incertezze e rischi dall’economia mondiale

Dazi, anche la Bce all’attacco degli Stati Uniti

“Trump sta distruggendo il libero scambio”

La Casa Bianca: non faremo un accordo commerciale con Pechino prima delle elezioni Usa del 2020

ALFONSO BIANCHI LONDRA

P

otrebbe andare in am- ministrazione control- lata già oggi il gruppo Thomas Cook, dopo che ieri è stato tentato un ulti- mo, disperato, tentativo di tro- vare un accodo tra creditori e azionisti per evitare la banca- rotta. Alla fine della riunione il presidente Peter Fankhau- ser è andato via senza rilascia- re dichiarazioni. L’azienda fondata a Leicester nel 1841 è

diventata nei suoi 178 anni di storia il più grande ed antico gruppo di viaggi del mondo, con un fatturato annuo di 9 miliardi di sterline, 19 milio- ni di clienti e 22 mila dipen- denti che operano in 16 Pae- si, di cui 9 mila nel Regno Uni- to. Oggi rischia il fallimento dopo che i suoi affari sono sta- ti messi a dura prova dalla for- te concorrenza nel settore ma anche dalla riduzione delle prenotazioni legate all’incer- tezza della Brexit.

Tre settimane fa sembrava essere riuscita ad uscire dalle cattive acque grazie a un un

pacchetto di salvataggio da 900 milioni di sterline, per la metà fornito dal suo principa- le azionista, il cinese Fosun Tourism Group, anche pro- prietario di Club Med, e il re- sto da un mix di banche e hed- ge funds, che gli avrebbe per- messo di iniziare a ripagare 1, 7 miliardi di debiti. Le cose pe- rò non sono andate come pre- visto e alcuni creditori, come la Rbs e la Lloyds, hanno prete- so ulteriori finanziamenti per 200 milioni di sterline per ac- cettare di evitare la bancarot- ta. La compagnia ha chiesto l’intervento del governo che

non è intenzionato a rischiare i soldi pubblici ma ha assicura- to che per ogni eventualità è pronto un piano per impedire ai turisti in giro per il mondo di restare bloccati in casi di fal- limento dell’azienda. La com- pagnia che gestisce 199 hotel, resort, crociere e ha circa 100 aerei in questo momento ha 600 mila clienti in vacanza, di cui 150 mila britannici e gli al- tri principalmente da Germa- nia e Scandinavia. Alcuni di lo- ro in un albergo in Tunisia han- no denunciato di essere stati bloccati dalle guardie che gli chiedevano di pagare il conto personalmente, in quanto la struttura temeva che non sa- rebbe stata pagata dalla com- pagnia in fallimento. Per ripor- tarli a casa il governo ha già or- ganizzato quella che è stata de- nominata «Operation Matte- rhorn», che potrebbe essere l’operazione di rimpatrio più ampia dai tempi della Secon- da guerra mondiale e che se-

condo le stime potrebbe costa- re 600 milioni di sterline e ve- drebbe coinvolte Virgin Atlan- tic, British Airways, easyJet, TUI e Jet2. Il Labour ha critica- to il governo affermando che di fronte a questo scenario sa- rebbe stato meglio accettare di concedere un’iniezione di li- quidità di 200 milioni per sal- vare l’azienda e i posti di lavo- ro. «Non interveniamo siste- maticamente con i soldi dei contribuenti quando le impre- se vanno in crisi a meno che non ci sia un valido interesse nazionale strategico», ha ri- sposto però il ministro degli Esteri, Dominic Raab, parlan- do alla Bbc. A corto di liquidità il gruppo ha chiesto anche alle società di carte di credito di li- berare 50 milioni di sterline in contanti, trattenuti come ga- ranzia per le prenotazioni di Thomas Cook a causa dei timo- ri di un passaggio in ammini- strazione controllata. –

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Agenzia di viaggio nata nel 1841AFP IL CASO

FRANCESCO SPINI MILANO

Dito puntato su Donald Trump. Dalla Bce sale la pre- occupazione per le condizioni dell’economia mondiale, e quindi europea. Lo sloveno Boštjan Vasle, componente del consiglio direttivo della banca centrale, nel futuro ve- de «grandi incertezze e rischi di fronte a noi». E a tale propo- sito oltre a una Brexit fuori controllo e al rallentamento cinese, accusa la politica eco- nomica degli Stati Uniti che, afferma, sta distruggendo il si- stema del libero commercio internazionale.

Le sue parole seguono il nuovo colpo di freno impres- so dal presidente Usa ai collo- qui con la Cina. Secondo il pre- sidente americano non c’è al- cuna fretta di trovare un accor- do commerciale con Pechino.

Per lo meno «non è necessa- rio» chiuderlo «prima delle elezioni», ha detto riferendosi all’appuntamento dell’anno prossimo, quando proverà a conquistare un secondo man- dato alla Casa Bianca. «Credo che le persone sappiano che stiamo che stiamo facendo un grande lavoro», ha aggiunto Trump. Il quale ha sottolinea- to di non volere un accordo parziale con la Cina, «ma com- pleto». E per questo servirà tempo. I mercati, dunque, re- steranno nel limbo dell’incer- tezza ancora a lungo.

Nel frattempo le condizio- ni dell’economia mondiale vanno deteriorandosi. Per questo Vasle parla della pro- babile necessità, da parte del-

la Bce, di mettere in campo ul- teriori azioni «nei prossimi mesi, trimestri e anni». An- che se, nel contempo, fa nota- re che «le azioni della Bce hanno funzionato. Hanno agevolato le condizioni sui mercati finanziari, aumenta- to la domanda e la crescita dei prezzi. Così per ora man- teniamo l’attuale strategia».

L’America però resta nel mi- rino, per la guerra commercia- le che ha iniziato e che per il momento non intende cessa- re. Anche al di là delle parole di Trump, i segnali che arriva- no non sono tranquillizzanti.

Il Financial Times, per esem-

pio, ha riportato che mentre a Washington proseguono gli incontri con gli emissari di Pe- chino, una delegazione cine- se che lo scorso fine settimana avrebbe dovuto incontrare in Montana e in Nebraska le loca- li comunità di agricoltori ha dato forfait. Il motivo non è stato spiegato ma l’episodio ha contribuito ad alimentare l’incertezza. «La Cina ha ini- ziato a comparare prodotti agricoli americani – ha rassi- curato Trump – ma non è quel- lo che cerco, io cerco il grande accordo».

Di prospettive per l’econo- mia globale «sempre più fra- gili ed incerte» aveva parlato

in settimana anche l’Ocse che ha rivisto al ribasso le stime per il Pil mondiale al 2,9%

nel 2019 (da +3,2%) e al 3%

(da +3,4%) per il 2020, ridi- mensionando le previsioni per quasi tutti i Paesi del G20. A livello globale si trat- ta dei tassi di crescita annuali

«più bassi dalla crisi finanzia- ria e con persistenti rischi di peggioramento».

I segnali di questo possibile deterioramento arrivano an- che da paesi che fino a qual- che tempo fa promettevano di essere nuovi motori per l’eco- nomia globale. L’economia dell’India, per esempio, si sta indebolendo. I segnali si mol- tiplicano. Il più sorprendente emerge da una recente inchie- sta del New York Times, che ha evidenziato come in parti- colare siano crollate del 50%

le vendite dell’intimo per uo- mo. Sono le prime spese a es- sere tagliate quando le cose vanno male: le mutande, del resto, non si vedono. Ed è una spia che segue molte altre ben più evidenti, come il crollo del 32%, registrato ad agosto, del mercato dell’automobile, mentre aumentano i licenzia- menti da parte delle grandi aziende. Il governo, che per lungo tempo ha negato, sta cercando di correre ai ripari, varando incentivi fiscali per le imprese, specialmente quel- le. Nel frattempo il primo mi- nistro, Narendra Modi, è vola- to a Houston, in Texas, dove ha incontrato Trump, l’uomo che tiene sotto scacco i destini mondiali dell’economia. —

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in italia ha partecipazioni in tim e cnhi

Paul Singer vuole raccogliere 5 miliardi Così il fondo Elliott si prepara a nuove sfide

E F ECONOMIA & FINANZA

Anche le scarpe da ginnastica finiscono nella lista dei prodotti a rischio dazi

Prima che arrivi la grande ge- lata, Paul Singer mette fieno in cascina. Il suo Elliott, tra i fondi attivisti più noti di Wall Street, avrebbe inten- zione di raccogliere denaro dagli investitori per prepa- rarsi (al meglio) a una fase

difficile di mercato. L’idea, secondo indiscrezioni, sa- rebbe quella di raccogliere 5 miliardi di euro, una cifra che l’ultima volta che Elliott si presentò sul mercato, due anni fa, fu raggranellata in un solo giorno. Tale somma

sarà a disposizione per co- gliere nuove opportunità di investimento che si dovesse- ro presentare. Elliott, in Ita- lia, è divenuto famoso per il suo investimento in Tim do- ve ha scalzato dalla guida i francesi di Vivendi. Di recen- te è entrato in CnhI con poco meno del 3%. E ha puntato sull’americana AT&T ben 3,2 miliardi di dollari con l’i- dea di incidere sulla strate- gia del gigante delle tlc.

L’India rallenta e il premier Modi va in Texas per vedere

il presidente Usa

Vivendi, niente recesso su Mediaset

Bolloré resta in Mfe

MILANO

Vivendi resta nella partita Mediaset: fonti vicine a Pa- rigi confermano che il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré (foto) non ha esercitato il diritto di recesso sui titoli del Biscione dopo il via libera dell’assemblea al- la nascita di Media for Europe (Mfe). Non servirà dun- que l’intervento del fondo Peninsula. I termini per esercitare il recesso in Italia sono scaduti sabato, per Mediaset España restano ancora due settimane. —

AP LUNEDÌ 23 SETTEMBRE 2019 LA STAMPA25

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