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SOCIOLOGIA DELL AMMINISTRAZIONE

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(1)

ANNA MARIA MATRICARDI DANIELA FARINELLI FEDERICA DI SILVESTRO LUIGI CAPOFERRI FELICIANO DI FALCO

SOCIOLOGIA

DELL’AMMINISTRAZIONE

Facoltà di Scienze delle Amministrazioni Anno accademico 2019/2020

Questo lavoro è stato svolto nell’ambito del corso di Sociologia dell’Amministrazione della

facoltà di Scienze delle Amministrazioni dell’anno accademico 2019/2020 ed è stato utilizzato come strumento di autovalutazione

contestualmente alla didattica a distanza attivata dall’Università degli studi di Teramo al

fine di contenere gli effetti negativi

dell'emergenza Coronavirus.

(2)

Formulazione

LA FORMULAZIONE DELLE POLITICHE

Anna Maria Matricardi

(3)

CHARLES JONES

A

NALISI DELLE CARATTERISTICHE DELLE POLITICHE

“Le politiche

pubbliche hanno la caratteristica

principale di

proporre dei mezzi per poter soddisfare le esigenze

dell’intera società”

(4)

Vengono eliminate le opzioni di policy;

Spetterà ai policy makers operare una scelta tra una o alcune opzioni

C.Jones individua anche le caratteristiche generali della formulazione delle politiche:

1. Non è limitata ad un solo insieme di attori;

2. Può procedere senza una esatta definizione del problema;

3. Non è necessario il coordinamento tra formulazione ed istituzioni;

4. La formulazione e riformulazione possono protrarsi nel tempo;

5. Esistono diverse possibilità di appello per coloro che risultano sconfitti nei processi;

6. Il processo non ha mai effetti neutrali.

(5)

POLICY SUBSYSTEMS

Concetto basato sul fatto che negli USA i gruppi di interesse, le commissioni e le agenzie stabiliscono

alleanze per sostenersi reciprocamente.

Queste relazioni sono colpevoli di aver innescato l’ADVOCACY COALITION negli ambiti di interesse quali:

• Agricoltura

• Trasporti

• Istruzione

TRIANGOLI DI FERRO

(6)

RHODES

le interazioni tra i vari dipartimenti costituivano POLICY NETWORKS

Il discorso sulle POLICY NETWORK è poi stato ripreso da Wilks e Wright, essi non solo condividevano il punto di vista di Rhodes ma integrano lo studio sulle reti sostenendo che variano secondo 5 dimensioni chiave

1. Interessi dei membri dei networks 2. La membership

3. Il livello di interdipendenza

4. La misura in cui un network è isolato dagli altri 5. Variabilità della distribuzione delle risorse

(7)

Wilks e Wright

Triangolo di ferro Scala “alto/basso”

Ad un estremo si troveranno i network altamente integrati caratterizzati da:

Stabilità della membership, relazioni tra membri, interdipendenza all’interno

della rete, isolamento da altri networks.

All’estremo opposto invece ci saranno i network debolmente integrati,

configurati come strutture ampie e libere, legate a molteplici reti e attori in

maniera solamente accennata.

Network Network

altamente integrati

(8)

I MODELLI DECISIONALI

Daniela Farinelli

(9)

COME VENGONO PRESE LE DECISIONI PUBBLICHE

DECISIONE = scelta tra alternative

I modelli decisionali servono a descrivere come vengono prese le decisioni e a prescrivere come dovrebbero essere prese.

Decision maker: vincolato dalla presenza di regole, ha DISCREZIONALITÀ nella scelta del corso d’azione da seguire, influenzato

a livello macro

a livello micro

(10)

COME VENGONO PRESE LE DECISIONI PUBBLICHE

RAZIONALITÀ SINOTTICA

RAZIONALITÀ INCREMENTALE

RAZIONALITÀ LIMITATA

BIDONE DELLA SPAZZATURA elevato basso

elevata

bassa

ACCORDO SUI FINI

CONOSCENZA MEZZI E

CONSEGUENZE

(11)

Il modello razionale sinottico

HOMO OECONOMICUS

Sceglie l’alternativa che massimizza i benefici e minimizza i costi.

• Individuazione obiettivi e scala di priorità

• Individuazione di TUTTE le alternative e relativi costi e benefici

Modello tipico dell’economia.

Le procedure decisionali porteranno alla scelta dei mezzi più efficienti per raggiungere gli obiettivi di policy.

TUTTAVIA, è una rappresentazione modellistica e semplificata della realtà.

(12)

Il modello a razionalità limitata

ADMINISTRATIVE MAN

Dati i limiti della razionalità ottimale, si semplifica la

realtà: non vengono esplorate tutte le alternative ma solo quelle più promettenti, e viene scelta la prima che risulta

«sufficientemente buona» rispetto alle altre, in base al

criterio della SODDISFAZIONE.

(13)

Il modello incrementale

Cambiamenti incrementali rispetto allo status quo

Lindblom continua sulla strada di Simon, ma tenendo in considerazione la frammentazione decisionale data dalla compresenza di più attori.

Considerando contestualmente la complessità tecnica e la

complessità politica, la scelta è quella che garantisce l’ACCORDO tra gli interessi coinvolti, e viene effettuata tramite processi di negoziazione e compromessi

• Conservatorismo

• Decisionismo miope

• Anti-democraticità Critiche:

(14)

Processo decisionale imprevedibile: anarchia organizzata.

Criterio di scelta è la CASUALITÀ: soluzione che emergerà nel momento propizio, simultaneamente al problema.

Il modello «bidone della spazzatura»

A = ATTORI P = PROBLEMI S = SOLUZIONI

O = OCCASIONI DI SCELTA

A A

(15)

Il modello «bidone della spazzatura»

• Esagerazione rispetto a realtà

• Troppo descrittivo

• Non generalizzabile Critiche:

MODELLO NEO – ISTITUZIONALE: complementare ai quattro modelli di razionalità decisionale

MODELLO DEL MIXED SCANNING DI ETZIONI: compromesso tra modello

razionale e modello incrementale.

(16)

Caratteristiche principali dei modelli decisionali

Modelli Decisore Attività di ricerca

Modalità di ricerca

Criterio decisionale Razionalità

sinottica

Unitario Analisi completa alternative

Calcolo Ottimizzazione

Razionalità limitata

Unitario Analisi

sequenziale

Confronto

rispetto al livello delle

aspettative

Soddisfazione

Metodo

incrementale

Decisori partigiani

Comparazioni limitate

successive

Mutuo

aggiustamento partigiano

Accordo

Bidone della spazzatura

Variabili, casuali Nessuna in particolare

Incontro fra problemi e soluzioni

Caso

(17)

ATTUAZIONE DELLE POLITICHE

CONCRETIZZAZIONE PROGRAMMA

FINANZIAMENTO

ORGANIZZAZIONE DELLE RISORSE MATERIALI E PERSONALI RILEVANTI

ESECUZIONE IN SENSO STRETTO

IMPLEMENTAZIONE

atti esecutivi piani

interpretazione giurisdizionale della legge

(18)

ATTUAZIONE DELLE POLITICHE

• PROCESSO LINEARE: schema delle conseguenze previste se...allora

• PROCESSO EVOLUTIVO: ruolo dei meccanismi di apprendimento

IMPLEMENTAZIONE = EVOLUZIONE

FATTIBILITÀ:

CONTINUUM

POLICY – AZIONE:

Concetto legato alla soddisfazione di tutti i vincoli presenti in una determinata situazione.

Non è definibile a priori, ma contestualmente al processo di implementazione.

(19)

INTERNI

Natura dei problemi

Influenza del contesto

Inerenti al processo di attuazione

ESTERNI

• Difficoltà tecnica variabile

• Diversità dei problemi

• Dimensione gruppo destinatari

• Grado di modifica comportamento

• Sociale

• Economico

• Tecnologico

• Politico

• Imperativo normativo – legale

• Imperativo organizzativo

• Imperativo consensuale

(20)

MODELLO TOP - DOWN

Definizione programmi

Comportamento organizzativo

Risultati

1. Definizione obiettivi 2. Mobilitazione risorse 3. Comunicazione inter-

organizzative e capacità di controllo 4. Caratteristiche

dell’agenzia di attuazione

5. Fattori esogeni 6. Disposizione degli

implementatori

La performance è una variabile dipendente che dipende da:

(21)

MODELLO BOTTOM - UP

L’attuazione delle politiche viene ricostruita dal basso, partendo dall’impatto per risalire al processo di policy.

STREET LEVEL BUROCRACY, cioè dei funzionari a livello più basso ma che

costituiscono la burocrazia operativa, a diretto contatto con il pubblico

Concentrandosi sull’outcome (impatto) dell’attuazione delle politiche, questo approccio mette in evidenza i limiti della visione opposta che, concentrandosi sul ruolo dei vertici burocratici, non

considerava che spesso essi hanno un ruolo marginale nell’attuazione, rispetto a funzionari di livello più basso.

(22)

LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE

Federica Di Silvestro

(23)

LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE

«La valutazione consiste nell'esame oggettivo, sistematico ed empirico degli effetti di una politica sui destinatari della stessa, in relazione agli scopi che ci si era prefissi.»

Questa è la definizione di valutazione fornita da David Nachmias, la quale esprime un orientamento razionalista.

La natura razionale presenta però dei limiti dovuti a due fattori:

• gli intenti della politica spesso non sono esplicitati in partenza;

• soggettività della valutazione dipendente dall’angolazione dalla quale si osserva:

o punto di vista politico/ideologico o punto di vista dei destinatari

(24)

LA VALUTAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE

Il governo dopo aver effettuato le altre fasi, procede alla valutazione del funzionamento della politica, contestualmente agli altri membri del sottosistema di policy che, oltre a valutare il funzionamento, valutano gli effetti delle azioni amministrative.

La valutazione coinvolge diversi soggetti e i risultati di questa operazione possono portare ad una revisione completa della politica.

(25)

TIPI DI VALUTAZIONE

Sono stati individuati tre tipi di valutazione delle politiche:

1. Valutazione amministrativa;

2. Valutazione giudiziaria;

3. Valutazione politica.

(26)

VALUTAZIONE AMMINISTRATIVA

La valutazione amministrativa viene svolta all'interno del governo, a volte dalle agenzie deputate, o da organi burocratici, legislativi e giudiziari

Si limita spesso alla verifica della congruità tra un’erogazione efficiente dei servizi e il rispetto degli obiettivi prefissati.

Si riferiscono a:

• valutazione dello sforzo;

• valutazione della performance;

• valutazione dell’adeguatezza della performance;

• valutazione dell’efficienza;

• valutazione del processo.

(27)

VALUTAZIONE GIUDIZIARIA

La valutazione giudiziaria studia gli aspetti legali:

• delle modalità di attuazione dei programmi di governo;

• dei possibili conflitti sia tra le azioni di governo e le disposizioni previste dalla costituzione sia tra gli standard fissati per la condotta dell’amministrazione e i diritti dell’individuo.

VALUTAZIONE POLITICA

La valutazione politica non ha come scopo quello di migliorare i risultati di una politica pubblica bensì quello di appoggiarli o contrastarli. Essa la possiamo ritrovare durante le elezioni o negli strumenti tipici di democrazia diretta.

Si avvale di strumenti aggregativi e formula giudizi estesi con relativa valutazione aggregata.

(28)

LA CLASSIFICAZIONE BASATA SULLE ESIGENZE COGNITIVE

Analizzando un’altra prospettiva e ponendo l’attenzione ai bisogni cognitivi, la valutazione può assumere cinque forme diverse:

1. Policy and program design: la valutazione come strumento per allocare risorse agli usi più meritevoli;

2. Management control: la valutazione come strumento di controllo della performance nell'ambito delle organizzazioni;

3. Accountability: la valutazione come veicolo per rendere conto delle realizzazioni effettuate in un certo ambito di azione pubblica;

4. Implementation: la valutazione come strumento di analisi critica dei processi di attuazione di una politica;

5. Learning: la valutazione come stima degli effetti prodotti da una politica.

(29)

POLICY AND PROGRAM DESIGN

La valutazione è considerata ex ante e consiste in un giudizio comparativo su N.

soggetti al fine di individuare i migliori o più meritevoli.

Le procedure consistono in tre passaggi essenziali:

a) determinazione dei criteri;

b) esame dei N. soggetti;

c) aggregazione dei giudizi secondo tecniche diverse.

(30)

MANAGEMENT CONTROL

Questa tipologia di valutazione ha il fine di controllare il funzionamento di un’organizzazione o singola unità organizzativa. Si procede con l’analisi della performance che ha per oggetto i costi, la qualità delle prestazioni, i volumi di attività.

Le fasi di questo tipo di analisi sono cinque:

- individuazione delle dimensioni da sottoporre a controllo

- definizione degli indicatori che rappresentano le dimensioni o parti di esse - individuazione degli standard appropriati per ciascun indicatore

- raccolta dei dati

- interpretazione delle deviazioni dei dati osservati dagli standards.

(31)

ACCOUNTABILITY

Poiché le organizzazioni pubbliche per espletare la loro azione utilizzano risorse pubbliche, di cui devono rendere conto, la valutazione si identifica come strumento di misurazione e comunicazione delle realizzazioni effettuate e dei risultati ottenuti.

I destinatari di questa valutazione possono essere gli stakeholders, organi o organizzazioni sovraordinate o tutti i cittadini.

In questa circostanza si evidenzia l’ambiguità del termine

“obiettivo”, che può essere ricondotto a due significati:

• obiettivo come perseguimento del target stabilito o quantificato a priori;

• obiettivo come modifica di una situazione ritenuta non desiderabile mediante l’intervento pubblico.

(32)

IMPLEMENTATION

L'oggetto della valutazione è in questo caso la cosiddetta black box, ovvero la fase del processo di una policy in cui le idee e i programmi vengono trasformati in azioni e pratiche amministrative.

LEARNING

Rappresenta uno strumento che aiuta a capire se un intervento pubblico produce gli effetti desiderati. Consiste in una valutazione ex post ma è anche una valutazione prospettica, poiché aiuta i decisori a ridisegnare il disegno delle politiche sulla base delle stime prodotte. Non bisogna confonderla con l’accountability perchè rispondono ad esigenze cognitive differenti e utilizzano propri metodi e strumenti di raccolta dati, analisi e

(33)

L’APPRENDIMENTO

La valutazione può portare all’apprendimento che consiste in un processo in cui gli attori rilevano in maniera attiva la natura dei problemi del processo di policy e le loro soluzioni.

L’apprendimento può essere di natura:

• Endogena: serve ai governi per migliorare il perseguimento degli obiettivi. Questo tipo di apprendimento avviene nei policy networks piccoli e per il sociologo Rose può essere definito come lesson-drawing cioè nasce all’interno del processo di policy e riguarda la scelta dei mezzi e delle tecniche per raggiungere gli obiettivi.

• Esogena: dipende dall’ambiente in cui ci si trova e opera per ottimizzare la scelta delle politiche e le performance. Questo tipo di apprendimento si ritrova nella grandi comunità di policy e nasce fuori dal processo di policy poiché si riferisce alla capacità dei policy maker di cambiare la società.

(34)

STILI DECISIONALI E PARADIGMI

Luigi Capoferri

(35)

Le politiche pubbliche messe in atto dai governi devono essere costantemente in grado di interpretare i bisogni dei cittadini e intercettarne i rischi: questo implica decisioni e cambiamenti.

I modelli di policy change più accreditati per rispondere a questa esigenza sono:

• Modello normale

• Modello paradigmatico

1. MODELLI DI POLICY CHANGE

Come avviene il cambiamento?

(36)

MODELLO NORMALE

Secondo lo schema di questo modello la maggior parte delle politiche elaborate dai governi sono in un certo senso una continuazione di politiche e pratiche passate, quindi è fondato sul fatto che un certo gruppo di attori abbia continuità temporale nel gestire le PP pur con i rischi di monopolio.

Un modo migliore di concettualizzare l’approccio del governo alla risoluzione dei problemi è vederlo in termini delle variabili che influenzano le politiche pubbliche in ogni fase del ciclo di policy.

Le due variabili che più significativamente influiscono sullo stile decisionale sono:

• struttura del sottosistema di policy interessato, che comprende l’insieme di idee e di attori che si trovano al suo interno, le loro relazioni reciproche e la misura in cui godono del supporto pubblico;

• l’autonomia dello stato, che comprende la sua capacità amministrativa e la

natura dei vincoli, in termini di risorse, cui è soggetto.

(37)

«Noi siamo come marinai che in mare aperto devono ricostruire la loro nave, ma senza poterla ristrutturare ripartendo dall’inizio. Dove viene tolta una trave deve esserne posta immediatamente un’altra e per questa operazione il resto della nave viene usato come sostegno. In questo modo utilizzando vecchie travi e legname alla deriva, la nave può essere completamente ricostruita, ma solo in maniera graduale»

OTTO NEURATH

Circolo di Vienna

(38)

1. Lindblom nel suo modello ritiene che il policy change derivi dall’analisi delle differenze marginali tra le opzioni di policy esistenti e quelle proposte, i policy makers arrivano a una decisione solo dopo molte negoziazioni ed è improbabile che vengano rovesciati gli accordi preesistenti.

2. Baumgartner e Jones sostengono che i sottosistemi costituiscono dei monopoli di policy in cui l’interpretazione e l’approccio generale alla materia sono più o meno definiti, solo quando il monopolio viene spezzato in seguito all’emergere di nuovi membri o sottosistemi, è probabile che si verifichi un cambiamento di policy serio.

Entrambe le interpretazioni fanno intendere che, in circostanze normali, i problemi di policy sono affrontati all’interno di un contesto definito dagli approcci già esistenti alla materia in questione (policy style).

MODELLO NORMALE

Le interpretazioni dei sociologi

(39)

3. Richardson, Gustafsson e Jordan definiscono un primo modello decisionale:

queste semplici classificazioni non fanno comunque giustizia alla complessità della materia che intendono descrivere. Nessun governo è completamente reattivo o attivo, e neppure fondato soltanto sul consenso o sull’imposizione.

Si deve arrivare all’esatta combinazione di elementi che concorrono a formare lo stile decisionale di un paese o di un settore con un’analisi empirica descrivendola con dettaglio.

La risultante caratterizzazione non sarà ne elegante ne sintetica ma rappresenterà con precisione lo stile decisionale.

MODELLO NORMALE

(40)

Questo tipo di policy change è meno frequente e implica un forte cambiamento dello stesso stile decisionale.

Questa forma di cambiamento deriva con tutta probabilità da un processo di apprendimento sociale che altera i sottosistemi di policy relativamente persistenti.

Un paradigma è una visione epistemologica comune e condivisa dai membri di una comunità fondata sulla conoscenza la dove tale conoscenza costituisce un fattore significativo che li tiene insieme e ne influenza il comportamento.

MODELLO PARADIGMATICO

Cos’è un paradigma?

(41)

Thomas Kuhn: le idee condivise da comunità fondate sulla scienza cambiano in modo particolare perché il progresso scientifico è per sua natura rivoluzionario e non evolutivo.

«guidati da un nuovo paradigma, gli scienziati adottano nuovi strumenti e guardano a luoghi nuovi. Ancora più importante, durante le rivoluzioni gli scienziati vedono cose nuove e diverse quando guardano con strumenti già conosciuti i luoghi che hanno visto prima […] potremmo dire che dopo una rivoluzione gli scienziati rispondono ad un mondo differente».

Questo è stato anche denominato modello di punctuated equilibrium, in cui il cambiamento viene rappresentato come alternanza tra periodi di stabilità con adattamenti incrementali e brevi periodi di stravolgimenti rivoluzionari.

MODELLO PARADIGMATICO

THOMAS KUHN

(42)

L’avvicendamento dei paradigmi si verifica perché insorgono anomalie tra il paradigma e la realtà che esso vorrebbe descrivere. Il cambiamento è affrettato da individui innovativi interni al sottosistema (imprenditori di policy) che reagiscono al cambiamento delle circostanze e sono mossi dalle proprie ambizioni di carriera. Il processo di cambiamento del paradigma è inizialmente abbastanza instabile perché emergono e concorrono tra loro idee conflittuali.

Il processo è completo almeno fino allo stravolgimento seguente, quando un nuovo gruppo di idee vince sull’altro ed è accettato dalla maggior parte, o almeno da quella più potente, dei membri del sottosistema di policy. Si afferma l’egemonia del nuovo paradigma e la sua legittimazione è riconosciuta fino a diventare normalità, tanto che alternative che non vi si adattano sembrino inusuali.

MODELLO PARADIGMATICO

(43)

POLITICHE SOCIALI PARTE 1

Luigi Capoferri

(44)

Marshall definisce la cittadinanza come quell’insieme di diritti e di doveri che si collega alla piena appartenenza alla società e la scompone in tre elementi: il civile, il politico e il sociale. Il civile consta dei diritti fondamentali all’esercizio della libertà individuale, il politico è il diritto a partecipare all’esercizio del potere politico, nei modi e nelle forme consentite.

Il sociale comprende tutta la gamma che va da un minimo di benessere e di sicurezza economica fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita di persone civili.

.

LA CITTADINANZA SOCIALE

Marshall e la cittadinanza sociale

(45)

Nelle democrazie contemporanee arriviamo alla formulazione della nozione di cittadinanza sociale: i diritti sociali si configurano come diritti-spettanze.

Essi danno titolo a ottenere risorse (per es. l’accesso a un servizio) che sorreggono le condizioni di vita.

La cittadinanza sociale contribuisce così alla concreta realizzazione dei grandi ideali normativi della tradizione occidentale moderna: libertà, uguaglianza, solidarietà, sicurezza.

CITTADINANZA SOCIALE

Diritti sociali come diritti-spettanze

(46)

Diritti sociali: affermatisi nel corso del ventesimo secolo, sono interpretati come prodotto di pressioni da parte delle classi popolari per una riduzione delle diseguaglianze di classe, pressioni che hanno potuto svilupparsi ed ottenere influenza anche grazie alla presenza degli altri tipi di diritti.

Al tempo stesso, la possibilità di una vita dignitosa, garantita dai diritti sociali, rappresenta una condizione per l’esercizio degli altri diritti, promuovendo la libertà “positiva”, con la possibilità di una cittadinanza “attiva”, nel senso di piena partecipazione alla vita della comunità.

CITTADINANZA SOCIALE

Diritti sociali secondo Marshall

(47)

POLITICHE SOCIALI

Il ruolo dello Stato

Le politiche sociali sono corsi di azione per organizzare produzione e distribuzione di risorse ed opportunità attraverso gli schemi previdenziali, i servizi sanitari, ecc. Sanità e assistenza sono due comparti importantissimi non solo per i servizi erogati ai cittadini, ma anche per il numero di dipendenti pubblici coinvolti nel processo di erogazione.

Lo Stato può incidere sulla distribuzione di risorse e opportunità e sulle condizioni di vita dei cittadini attraverso: le erogazioni dirette, ma anche indirette, disciplinando l’operato di soggetti non pubblici (pensiamo al diritto di famiglia o a quello al lavoro).

Soprattutto in Europa l’apparato statale svolge un ruolo di primo piano come fornitore diretto di servizi e prestazioni, spendendo più di 1/4 del PIL.

(48)

POLITICHE SOCIALI

Il ruolo dello Stato

Nel corso del tempo lo Stato ha assunto un ruolo sempre più rilevante nel garantire la tutela dei principali rischi e bisogni:

• bisogno connota una carenza e al tempo stesso un bene mancante: un bisogno sanitario nasce ad esempio a causa di qualche deficit di salute (la carenza), che crea l’esigenza di qualche forma di assistenza medica

• rischio invece è l’esposizione a determinate eventualità che possono accadere (es. la malattia) e che generano dunque dei bisogni.

A entrambi si può far fronte ricorrendo a risorse e opportunità connesse alla sfera del mercato (il mercato del lavoro), alla sfera della famiglia (le reti parentali e amicali) e quella delle associazioni intermedie, cioè non solo le comunità informali (vicinato o quartiere), ma anche gruppi organizzati come le associazioni di categoria e soprattutto i soggetti del terzo settore, ossia le associazioni di volontariato che operano senza fini di lucro (ONP).

(49)

POLITICHE SOCIALI PARTE 2

Feliciano Di Falco

(50)

Il sistema di protezione sociale, rivolto ai cittadini, si compone dell’insieme di politiche e di interventi per la tutela dell’individuo da rischi e bisogni che possono manifestarsi nel corso della sua vita. Il rischio, qualora palesato, produce effetti negativi e genera bisogni. Rischi e bisogni sociali costituiscono delle «sfide»

per le condizioni di vita degli individui e

mutano nel tempo in relazione alle

trasformazioni della società.

(51)

.

Sviluppo demografico, forme di organizzazione

economica, dinamiche politiche e tradizioni

ideologiche e culturali incidono sulle condizioni di

vita e il benessere degli individui. Tali aspetti a loro

volta dipendono dal posto che gli individui

occupano all’interno delle reti familiari, lavorative e

associative, dalle modalità di organizzazione e

funzionamento di queste reti e dai loro reciproci

rapporti .

(52)

DIAMANTE DEL WELFARE

Il sistema di relazioni formali e informali fra le quattro punte del diamante, elaborato da M.

Ferrera, costituito da Stato, famiglia, mercato del lavoro e mondo associativo è a sua volta denominato welfare mix.

Lo Stato gioca un ruolo predominate e sovra-

ordinato all’interno del diamante.

(53)

Stato, mercato, privato sociale e cittadini collaborano per produrre in modo sinergico il benessere di individui e famiglie.

Di fronte alle trasformazioni in atto che vedono una

maggiore varietà di soggetti coinvolti, includendo

anche privati quali imprese e assicurazioni,

sindacati, associazioni di categorie, si assiste a un

progressivo avvicinamento delle quattro aree, che

tendono sempre più a collaborare

sovrapponendosi.

(54)

Spesa per la protezione sociale in percentuale sul PIL nei paesi membri

UE, 2018 Fonte EUROSTAT

(55)

La "protezione sociale" e la "salute" sono le uniche due funzioni le cui

(56)

Le politiche, seppur condividendo uno stesso scopo, non sono solitamente progettate in maniera unitaria poiché rispondono a differenti obiettivi specifici. Le più importanti sono:

• le politiche pensionistiche forniscono prestazioni previdenziali a

coloro che hanno cessato l’attività lavorativa per ragioni di età

anagrafica o contributiva (pensioni di vecchiaia e di anzianità), per

sopravvenuta incapacità lavorativa (pensioni di invalidità), ai

familiari di persone decedute che hanno fatto parte della forza

lavoro (pensioni ai superstiti);

(57)

• le politiche sanitarie che concorrono alla promozione, al recupero e al mantenimento della salute, coprendo il rischio di malattia;

• le politiche del lavoro quale insieme di interventi pubblici di contrasto al rischio di disoccupazione attraverso:

1. interventi di promozione dell’incontro tra domanda e offerta;

2. misure di mantenimento o garanzia del reddito;

3. provvedimenti volti a garantire l’occupazione di specifiche categorie di lavoratori;

4. politiche per la formazione e riqualificazione

professionale.

(58)

• le politiche di assistenza sociale costituite da un insieme di interventi volti a rimuovere situazioni di bisogni, attraverso servizi sociali e prestazioni monetarie finanziate tramite la fiscalità generale.

Il ventaglio dei bisogni vanno dalla povertà economica, alla perdita di autosufficienza personale, dalla difficoltà di accesso all’abitazione, ai carichi familiari con la presenza di soggetti fragili all’interno del nucleo familiare (minori, portatori di handicap, ecc.)

.

(59)

Lo Stato sociale è un sistema che si propone di fornire servizi e garantire diritti considerati essenziali e che provvede al benessere dei suoi cittadini al fine di poter garantire loro uno standard di vita adeguato.

Lo Stato cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche tra i cittadini, aiutando in particolar modo i ceti meno benestanti.

Nelle scienze sociali il termine modernizzazione indica il processo storico

di cambiamento che ha rimpiazzato le società statali tradizionali con le

moderne; un’insieme di cambiamenti, trasformazioni in campo politico,

(60)

Nel passato era diffusa la famiglia patriarcale costituita da un’unità allargata di nonni, parenti, genitori, figli in cui il lavoro veniva svolto prevalentemente nei campi o nella bottega artigianale.

Fra la metà del 1700 e l’inizio del 1800, la modernizzazione porta al passaggio dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare, un’unità molto ristretta con pochi figli. Il processo di modernizzazione ha visto lo sviluppo dell’urbanesimo, vale a dire il concentrarsi della popolazione nelle città, che diventano il centro delle attività produttive industriali, delle attività culturali e intellettuali, con la creazione di un sistema scolastico che permette la diffusione dell’alfabetizzazione di massa.

L’aumento di complessità delle società ha favorito uno sviluppo dei processi di

burocratizzazione diffusa non più limitata agli ambiti istituzionali ma estesa ad altri

contesti sociali.

(61)

Il Welfare State nasce con lo sviluppo del processo di modernizzazione

che ha interessato le società europee a partire dal XIX secolo.

(62)

Nel corso dei decenni lo Stato ha assunto un ruolo sempre più rilevante nel garantire la tutela dei principali rischi e bisogni, definendo le norme e le regole in merito alla distribuzione delle risorse e opportunità fra i cittadini secondo tre modalità:

• assistenza: le forme assistenziali sono da ritenersi individuali e sono rivolte agli appartenenti ad una classe sociale svantaggiata (minori, orfani, poveri ecc.);

• assicurazione : nacque in Germania nel 1883, introdotta dal cancelliere Otto Von Bismarck per favorire la riduzione della mortalità e degli infortuni nei luoghi di lavoro e per istituire una prima forma di previdenza sociale;

• sicurezza sociale: nel 1942, nel Regno Unito, con il Rapporto Beveridge, stilato

dall'economista William Beveridge, vengono introdotti e definiti i concetti di sanità

pubblica e pensione sociale per i cittadini.

(63)

I diritti derivano dalla cittadinanza: vi sono quindi dei servizi che vengono offerti a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza. Tale modello promuove l’uguaglianza di status passando così dal concetto di assicurazione sociale a quello di sicurezza sociale, fornendo un Welfare che si propone di garantire a tutta la popolazione standard di vita qualitativamente più elevati, prevedendo specifici diritti sociali nonché specifici doveri di contribuzione.

Lo sviluppo delle politiche sociali ha comportato un’estensione dei compiti

dello Stato, oltre l’ambito originario (garanzia della sicurezza e della

libertà) per includere le tutele e i servizi ai cittadini. Inoltre ha implicato

una trasformazione radicale sia dello Stato stesso che del funzionamento

(64)

La distribuzione dei benefici di welfare ha portato alla creazione di un nuovo tipo di potere, composto da un lato di “elites distributrici” (partiti, governi) come strumento di acquisizione del consenso, e dall’altro lato da

“burocrazie di servizio” (apparati dell’Amministrazione Pubblica) e

“clientele sociali” (beneficiari e utenti finali).

Con la trasformazione dello Stato vi è un cambiamento anche delle sue funzioni verso l’erogazione garantita di servizi sociali e trasferimenti in denaro secondo criteri e procedure standardizzate non limitate all’assistenza d’emergenza.

A partire dagli anni 80-90 i sistemi di Welfare sono entrati in crisi per

ragioni economiche, politiche, sociali e culturali, tanto da parlare, da

(65)

I sistemi di welfare sono oggi attraversati da una profonda crisi, che

origina, da un lato, da risorse sempre più scarse, e dall’altro dall’emergere

di nuovi rischi e nuovi bisogni sociali.

(66)

GRAZIE

ANNA MARIA MATRICARDI DANIELA FARINELLI FEDERICA DI SILVESTRO LUIGI CAPOFERRI FELICIANO DI FALCO

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