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DOPO LE ELEZIONI GENERALI

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NOTIZIE 197 Jiistorìques della stessa data, due scritti di B. de Puchesse intorno a Caterina de' Medici, e di A. Spont intorno alla Francia in Ita- lia nel secolo 15° j nella Revue des deux Mondes deh 15, uno di A.

Moireau sulla navigazione e le costruzioni marittime in Francia, nella Revue intemationale de V enseigìiement, uno di S. Rocheblave sull' insegnamento letterario e 1' educazione dell' artista ; nella Nou-

velie Revue, sempre del 15, articoli di G. Doublet su Candia marti- re, e di A. Vavasseur sulla borghesia e il popolo ; nella Westmin- Mer Revieiv dell' Aprile, articoli di B. D. Melville sulP avvenire del- l'arbitrato internazionale e di A. C. sul delitto nella letteratura contemporanea ; nella Fortnightty Review, due articoli sulla que- stione dell'Africa meridionale e due su quella di Candia ; nelF Eco*

nomic Revieiv, uno studio di E. F. B. Bell sui limiti morali del- l' ingerenza dello Stato ; nella Deutsche Rundschau^ uno del nostro collaboratore F. X. Kraus su alcune recenti illustrazioni di Dan- te ; nei Jahrbiicher filr Nationalokonomie, sempre di Aprile, un

•articolo di F. Beloc sulla storia della popolazione nell'antichità.

DOPO LE ELEZIONI GENERALI

Nessuna forse, delle altre diciannove elezioni generali, sono state piene di così alti e gravi insegnamenti per il nostro paese, né mai si impose più grande Y urgenza di trarne pro- fitto* La ventesima Legislatura che ne è uscita, è tra quelle che presentano le maggiori incertezze e che pur deve durare

più a lungo, di guisa che gli astronomi della politica parla- mentare possono sbizarrirsi a piacer loro in previsioni.

Delle elezioni del 1895 e nelle quali il Governo presie- duto dal Crispi aveva segnate, come Siila, le sue liste di pro- scrizione ne era uscita la maggioranza che ci condusse ad Abba- Oarima. Cosi avvenne che il Parlamento uscito dalle elezioni del

1895 parve presto esautorato e sin dalla formazione del nuovo ministro Di Rudinì fu chi volse la mente alle elezioni gene- rali. La Camera era stata profondamente scossa dei disastri ehe ci avevano colpito in Africa, da discussioni irritanti, da personalità odiose, si che il tempo breve da cui era stata eletta pareva lunghissimo. Nel paese durava troppo profondo il do-

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lore dei patiti disastri e grande era V avversione contro co- loro che ne erano stati gli autori ed i complici. Né ad essi soltanto arrestavasi, e fu chi paventò allora^ né del tutto a torto, che ne potessero patir danno le istituzioni ed aumenta- re il numero di coloro che venivano alla Camera per minarle ed abbatterle. D* altronde, poiché non mancava la zavorra, consueta, e questa si era subito gittata dalla parte del nuova Gabinetto, le elezioni non si imponevano come una necessità/

ma parevano piuttosto dettate dair interesse di questo o quel gruppo parlamentare. Il marchese di Rudinì, per combattere*

i predecessori, si era unito agli on. Giplitti, Zanardelli e Ca- vallotti, ma aveva condotto al potere la parte più moderata, della nuovissima maggioranza. Se con gli on. Gianturco, Guic- ciardini, Brin, Sineo aveva, cercato di dare qualche garanzia, agli alleati, d'altra parte, con gli on. Visconti-Venosta, Luz- zatti, Prinetti, Costa, dava anche serii affidamenti alla parte

più modesta e quasi conservatrice della Camera. Così trovò- modo di vivere, anzi di iniziare alcune delle invocate riforme, e un appello al paese che era sembrato necessario poco dopa Abba Carima, venne di nuovo prorogato.

Ma durante le vacanze parlamentari non mancarono qua e là segni di impazienza da parte degli alleati. L'on. Presiden- te del Consiglio non ebbe mai occasione di vedere alcuno dei triumviri ; ma tra lui e gli alleati corsero messaggieri, incaricati di tenerli tranquilli, di prometter loro che le elezioni generali sì farebbero al più presto, appena fosse possibile, certo prima ch&

venissero definitivamente approvate le liste elettorali del 1897.

E quelli si acquetarono e non solo parvero soddisfatti delle di- chiarazioni deir on. Presidente del Consiglio, ma gli furono larghi di consigli e di pareri nella compilazione di importanti provvedimenti e di leggi che avrebbero dovuto esser presen- tate al Parlamento alla ripresa dei lavori parlamentari.

Senonchè, quando quello venne riconvocato, si compresa subito la difficoltà di vivere colla Camera creata dall' on. Cri- spi. Ma se ne comprese anche un' altra maggiore, quella di fare le elezioni generali in modo da accontentare gli alleati, e specialmente T on. Cavallotti, che mirava naturalmente ad accrescere i propri aderenti. Questa paura determinò anzi molti a contrastare apertamente all' idea delle elezioni. Anche in seno al Gabinetto i pareri non erano concordi. Avversissimi alle elezioni si dichiaravano specialmente gli on. Visconti-Ve-

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nosta, Luzzatti e Costa, cioè la parte più conservatrice del Gabinetto, coloro i quali avevano maggior cagione di temerne i risultati. E fiero contrasto trovavano anche nel paese, sia per la paura che molti ne avevano, sia per la spesa che altri prevedevano di dover sostenere per conservare il proprio seg- gio, sia per naturale ripugnanza e qualsiasi novità. Il quieta non movere pareva anzi dovesse per qualche tempo prevalere su tutte le altre tendenze. Ma non era possibile se non altro, mantenere in vita cinquanta o sessanta deputati, i quali, eletti malamente, non rappresentavano più il paese.

Il programma delle elezioni doveva esser formulato dal- l'on. Presidente del Consiglio in conformità alle aspirazioni del paese ed avere per massimo intento di liberarlo dai rap- presentanti che gli erano stati malamente imposti. Ma costoro avevano saputo così bene circuire i prefetti ed imporsi nelle loro provincie, che le impressioni più sconsolanti furono in- vece inviate al governo centrale. E un vero peccato che non si possano pubblicare i rapporti dei prefetti, quando il Presi- dente del Consiglio chiese loro se si dovessero fare o pur no le elezioni generali. Già la maggior parte furono contrari per le più sconclusionate ragioni, e non pochi prefetti presagiro- no che i Crispini erano ancora abbastanza forti per uscirne più che bene. Potrei fare molti nomi, ma per non tacerli af- fatto, dirò solo, per esempio, che il Prefetto di Venezia repu- tava pericoloso combattere il Galli a Chioggia, e quello di Livorno dava per potente e sicuro di sé il Costella che tutti ritenevano invece spacciato solo a conoscere superficialmente le cose di Livorno.

Su questo punto, se non altro, il Governo doveva avere una idea chiara e precisa e ad essa inspirare la propria con- dotta. Per abbattere coloro che più avevano contribuito a so- stenere Fon. Crispi non erano necessarie indebite ingerenze, né pressioni, ne arte alcuna di Governo : bastava comprendere che la pubblica opinione era loro contraria e lasciarli cadere. Il Go- verno non doveva né poteva sostenere contro di essi radicali o socialisti, doveva lasciar passare davvero la volontà del paese.

Senonchè altra e maggiore era la difficoltà che V on. Di Rudinì doveva vincere rispetto ai suoi alleati. Imperocché lo accordo è relativamente facile sino a che si tratta delle idee, ma torna assai malagevole quando entrano in scena le persone.

Quali istruzioni furono date ai prefetti e come si eseguirono?

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Non occorre grande fatica in verità, a penetrare gli arcana imperii : V on. Di Budini mirò dovunque ad avere candidati suoi propri : ed in questo divisamente lo secondarono nel Ve- neto 1' on. Luzzatti, in Lombardia V on. Prinetti, un po' meno in Piemonte 1' on. Sineo, meno ancora in Toscana l'on. Guic- ciardini, e nelle provincie meridionali, come poterono meglio, gli on. Branca, Gianturco e Serena. 1/ ordine era di rispet- tare gli amici più in vista degli alleati, aiutare anzi — a ca- gion d' esempio, — il Tecchio a Venezia, il Badini-Gonfalo- in Piemonte, il Giampietro in Atessa, ma cercare in pari tempo che degli altri uomini minori venisse alla Camera il minor numero possibile, ed aumentasse invece la parte conservatrice.

E di questa dovevamo esser salvi naturalmente anche tutti coloro che già erano stati con Crispi, ma poscia erano passati più o meno prontamente e fedelmente con Budini.

I Prefetti, come s' erano ingannati, così traviarono il Go- verno, per il quale l'esito delle elezioni fu una inaspettata sor- presa. Lungi dall' uscirne rafforzato nella composizione sua, lungi dallo emanciparsi, come aveva voluto e tentato, della tutela dei triumviri, dovette subirla invece più severa, al punto da accettar l7 on. Zanardelli a Presidente della Camera, come chi dicesse a successore designato del Gabinetto, a sca- denza più o meno lontana. 0 chi V avrebbe detto ai mode- rati del Veneto e della Lombardia, che non ebbero per tanti anni, contro il deputato di Iseo, contumelie bastanti, che pro- prio essi lo dovevano portare sugli scudi ?

Ma lasciando ciò che è oramai storia, giova invece con- siderare, che la Camera nuova è tale da suscitare non lievi preoccupazioni politiche e sociali, da esigere sin d'ora una serie di avvedimenti e di precauzioni, che consumeranno l'attività di più d' un Ministero.

Lasciamo stare la cabala delle cifre e non numeriamo quanti amici suoi proprii abbia il Ministero Di Rudinì, e quanti ne conti ciascuno degli alleati, quanti siano decisamente avversi alle istituzioni e quanti invece decisi ad entrare nell'orbita di essa alla prima occasione propizia, sia pure quella di vedere il loro capo indossare 1' uniforme ricamata in oro di ministro. Ciò

t che importa constatare è questo, che mai fu una camera dove l'equilibrio delle parti fosse più instabile, più grande la difficoltà di reggere un Ministero. La zavorra, che passa indifferentemen-

te dall' uno all' altro, le coscienze bianche, come le chiamava

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il compianto C. Corbetta, i caratteri... mobili coi quali si possono stampare tutte sorta di maggioranza, sono forse in questa vente- sima Legislatura minori che in altre, ma questo appunto con- tribuisce alla sua instabilità. Oggi è al potere V on. Di Budini, ma nulla lo rassicura della dimane. Anzi, con la certezza con cui un astronomo prevede un eclisse si può presagire che avre- mo tra non molti mesi un Ministero Zanardelli, di breve du- rata ancor esso per ragioni intrinseche air uomo e più agli amici suoi, che sono tra i più difficili amici che un Gabinetto possa avere. Basta ricordare la malauguratamente fallita ge- stazione di un altro Gabinetto Zanardelli, che fu la cagion vera per cui venne poi richiamato al potere V on. Crispi. Quasi un mese durarono allora le trattative, e tutte andarono a male, per le pretese eccessive di quegli amici, per la ristret- tezza delle vedute di molti tra loro, per la insufficiente ener- gia del capo nel comprendere una situazione politica e nel piegare a quella anche le più giuste esigenze. Non gli av- verrà altrettanto in una occasione forse prossima, perchè l'espe- rienza giova a qualche cosa e quando egli sarà chiamato da Sua Maestà a comporre il Gabinetto, vi andrà forse colla lista dei Ministri in tasca. Ma non riuscirà a formare una ammini- strazione durevole, perchè non potrà aver fiducia a lungo la parte estrema della Camera, e invece si raccoglierà e si raf- forzerà contro di lui tutta la parte più temperata. Cosi si può così presagire che non tarderà a tenergli dietro un mi- nistro Sonnino, il quale potrà avere forse più lunga vita, ma non riuscirà neanche lui a sciogliere la Camera. Ed in co- testo alternarsi di uomini, in questo quasi fatale palleggiarsi di portafogli si dimenticherà, pur troppo, l'obbiettivo essen- ziale, la necessità principale che si impone a questa Legisla- tura, quella di provvedere alle sorti delle classi meno abbienti, di scemare il malcontento.

E qui vengo alla seconda e più importante delle consi- derazioni determinate dal risultato delle nuove elezioni, quel- la che si attiene alle condizioni sociali che esse hanno rive- lato nel paese. Dissi che le elezioni generali si dovettero affrettare anche per ciò che nelle liste elettorali politiche del 1897 sono inscritti tanti e tanti nuovi socialisti, da destare le più gravi preoccupazioni. Ed aggiungo che la ventesima Le- gislatura sarà una delle più lunghe, perchè la Corona non ac- corderà di leggieri la facoltà di scioglierla a chicchessia, col

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pericolo di veder crescere di numero e farsi davvero minacciosi:

i nemici delle istituzioni e dell' ordine sociale. Ma come fare a combatterli e quale, di fronte a tali risultati, è più special- mente il dovere della parte conservatrice ?

Due fenomeni spiccano nelle ultime elezioni e sono tali da destare la più seria preoccupazione : T aumento delle asten- sioni, specie in talune regioni, e 1' aumento dei voti dati al socialismo. Sono due fenomeni fino ad un certo punto colle- gati tra loro, e vanno studiati colla maggiore imparzialità.

Delle astensioni si è parlato troppe volte con tanta auto- rità in questa Rassegna, che non è necessario farne tema di nuove considerazioni di principio. Constatiamo soltanto anche questa volta, ma in modo più aperto, il curioso fenomeno per cui T astensione dei cattolici non obbedisce dovunque agli stessi criteri. Vi sono regioni dove essa è diffusissima, e r e - gioni dove i cattolici non si astengono affatto. Le astensioni dominano più specialmente in Lombardia e nel Veneto, un po' meno nel Lazio, cominciano a penetrare nel Piemonte, ma altrove quasi non esistono. Mettiamo pure che in certi collegi si faccia votare anche chi non vota : sta però sempre il fatto- che in una buona parte d'Italia i cattolici" credono minor peccato impedire l'ingresso in Parlamento a cattivi deputati che metter la loro scheda dentro all' urna.

Più singolari ancora sono le differenze esistenti nella stessa regione, talvolta nel medesimo collegio elettorale. Mentre nella, provincia di Foggia votarono 81 elettori su cento, e più di tre quarti in quello di Salerno, Benevento, Siracusa, Lecce, Gros- seto, Avellino, Eeggio di Calabria, dove certo i buoni catto- lici non sono in numero minore che nelle altre parti d'Italia, invece nella provincia di Bergamo neppure un quarto degli inscritti votò e furono men della metà in quella di Belluno*

(38,06 per cento), Vicenza (39), Venezia (40,88), Sondrio (41),.

Piacenza (45,57), Verona (46,83), Udine (47,43), Macerata (47,76), Como (48,36). Vi furono Collegi nei quali a primo scrutinio votarono men d'un quarto degli inscritti, Valdagno, Genova, Trescorre, Balneario, Spilimbergo, elusone (19 °/0!), Caprino bergamasco (15,28 °/0 !), Zogno (10,53 °/0 ! ! !). Nelle, elezioni del 26 maggio 1895 la media dei votanti era stata di oltre 59 per cento, e non si erano avute tali dispersioni.

Ma si notarono fatti anche più singolari. In un collegio- di Lombardia, per esempio, avvenne il fatto singolarissimo*.

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DOPO LE ELEZIONI GENERALI 2oa che mentre in un Comune neanche si è potuto formare il seggio provvisorio perchè sindaco, assessori, consiglieri erano tutti astensionisti, in un vicino comune si leggevano sui giuri striscie di carta « in questo paese anche i cattolici devono vo- tare! » Ci s* intende, non solo i due comuni erano cattolici del pari, ma dipendevano dal medesimo vescovo ! Che vi sia una verità di qua dei Pirenei, la quale non è più tale al di là, lo si comprende ; ma che in due Comuni vicini le coscien- ze cattoliche debbano obbedire a così opposti convincimenti, è cosa che mal si comprende e che non può avere alcuna onesta spiegazione.

Ma fuor di dubbio anche coteste astensioni dei cattolici, ai quali si unisce il gran numero degli indifferenti e di co- loro che non hanno più fede nelle istituzioni parlamentari,, aumentarono nelle recenti elezioni e si mostrarono anche più gravi che nelle passate. Quali ne debbono esser le conseguenze, lo abbiamo troppe volte preveduto, per ripetere quello che i nostri lettori già sanno. Sono tutti elementi sani, elementi con- servatori dell' ordine sociale, che si tirano così in disparte, a profitto degli elementi sovversivi. Per non commettere un pec- cato — poiché tale lo credono le coscienze più timorate e gli intelletti più ottusi, si cade nell' altro, rafforzando indiretta- mente gli elementi turbolenti, che, insieme alla famiglia com- battono anche la religione e minano così i fondamenti stessi della civile società. Come mai di fronte a tale pericolo, le coscienze cattoliche non sentono il dovere di mandare invece un grido d' allarme, di agitarsi e di opporre un'azione pode- rosa contro il dilagare degli elementi sovversivi?

Non è il successo di 17 socialisti entrati ora alla Camera, e neppure il fatto che essi prevalsero in alcune delle maggiori città e delle più intelligenti che basti ad impensierirci. Assai più ci preoccupa il numero dei voti raccolti, le regioni nelle quali furono raccolti, i metodi di lotta. Si noti anzitutto che non pochi dei candidati socialisti sono stati portati in più col- legi, come bandiera, e vi raccolsero migliaia di voti : Agni- ni in due collegi, Badaloni in tre, Barbato, non riuscito in alcuno, in quindici, Bissolati in tre, Bonardi in due, Cabrini in cinque, Catanzaro in due, Chiesa in quattro, Costa Andrea in quattordici, Croce in due, Danielli in due, De Andreis in tre, Ferri in diciassette, Lazzari, Cabianca, Lerda, Nofri, Oddi, Panebianco, Pescetti, Rondani, Sartori, Vigna, Zerboglio ed

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altri in due, Turati in sette, e furono in tutti circa 150 col- legi nei quali i socialisti si affermarono e più di 100 quelli dove ebbero più di 50 voti.

La storia delle agitazioni socialiste in queste ultime ele- zioni è veramente drammatica ed ha un alto significato. Noi non siamo così preoccupati dai pregiudizii contro il sociali- smo per non riconoscere anzitutto che esso ha portato una nota di idealità, in mezzo al conflitto violento degli interessi borghesi. Fra candidati che non potevano far appello ai prin- cipii, perchè combattevano per tutt'altro, di fronte ad avvocati ai quali giovava riuscire eletti, forse esclusivamente per poter viaggiare da uno all'altro tribunale ed accrescere le specifiche dei propri clienti, di fronte a nobili, a signori che tenevano a guadagnare il premio allo steeple-chase elettorale, come alle corse, di fronte a professori felici di avere un pretesto per non fare le loro lezioni, insomma, di fronte a gente tutta che spen- deva e spandeva a piene manii denari suoi o degli altri, era un fatto pieno di significato il vedere uomini mossi nient' altro che dalla fede in un* idea e sia pure erronea, correre il paese, agitarlo, suscitarvi una così viva commozione. Le donne erano anche più ardenti e fanatiche degli uomini, correvano di,co- mizio in comizio, si affollavano davanti alla sala delle elezioni, trascinavano o spingevano al voto i padri, i mariti, i fratelli, i figliuoli. In alcuni collegi l'eccitamento fu davvero straor- dinario, e non mancarono bandiere rosse ed altri emblemi di rivoluzione sociale con troppa longanimità tollerati dalle au- torità. Ed altre cose tollerarono queste autorità e tollerò il Governo centrale, in modo davvero poco spiegabile. Imperoc- ché se è lecito la manifestazione di tutte le opinioni, se tutte sono ugualmente rispettabili sino a che non violano le leggi dello Stato, non si comprende come professori e non solo di Università, ma di scuole secondarie, e persino maestri elemen- tari, possano correre il paese, tenervi discorsi sovversivi, agi- tarvi le masse. Costoro sono pagati dallo Stato, coi denari dei contribuenti, ed è per lo meno assurdo che essi possano sot- trarsi ai propri doveri per far propaganda contro lo Stato, con- tro le basi dell'ordine sociale. Un severo provvedimento non dovrebbe esser difficile per un Governo che comprende i suoi doveri. Invece il solo che viene preso talvolta è quello del tra- sloco per i professori delle scuole secondarie, i quali, a questa maniera, possono far propaganda delle loro idee in tutto lo Stato.

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DOPO LE ELEZIONI GENERALI 205 Questa grande diffusione delle dottrine socialistiche ha permesso non solo la riuscita di diciassette deputati socialisti, che formeranno alla Camera un gruppo compatto, ma UIJ nu- mero veramente incredibile di candidature che raccolsero un assai rispettabile numero di voti, specialmente in alcune re- gioni. Non si tratta solo, di. centinaja, ma di migliaja di voti, ed occorsero le più grandi energie del Governo e dei candi- dati loro opposti perchè i socialisti non prevalessero almeno in venti altri collegi. Ed in molti più prevarranno nelle fu- ture elezioni se a tempo non sarà provveduto, imperocché po- che conquiste saranno loro sufficenti per avere in quelli la prevalenza.

Non conviene però esagerare il pericolo, ed anzitutto giova tener conto dei voti che si unirono a quelli dei socialisti e ne aumentarono in apparenza le forze, ma tali assolutamente non sono. Ed anche nei socialisti medesimi conviene distinguere i partigiani, da coloro che sono loro preda, a cagione del mal- contento e della miseria. Tale distinzione è essenziale, perchè da essa, a parer nostro, deriva la chiara coscienza dell'ufficio che incombe alla ventesima Legislatura. Essa ha doveri ur- genti e gravi, che si connettono alla vita stessa dello Stato, alla salvezza delle istituzioni, al buon ordine sociale e se non saprà o non vorrà compierli, se non riuscirà a trarsi fuori dalla lotte infeconde, potrà essere, se non l'ultima, certo la più rovinosa e fatale per il parlamentarismo.

Il compito che si presenta ora ai legislatori del nostro paese è essenzialmente sociale. Noi siamo stati dolorosamente sorpresi del vedervi nel discorso della corona appena un accenno, e ancora relativo a leggi che già erano state pre- sentate innanzi al Parlamento* e maggiore ancora è la sor- presa di vedere che siffatta intelligenza dei supremi bisogni dell'ora presente manca anche nella risposta delle due Camere.

E pure nulla ci sembra più evidente ed urgente di questo compito. .

Leggevamo a7 di passati alcune considerazioni di gior- nali inglesi intorno allo sviluppo economico dell'Italia e certo non mancano indizii rassicuranti e confortanti. Ma forse più della prosperità economica aumentano il malcontento ed i bi- sogni, e ne traggono così alimento i partiti sovversivi contro i quali bisogna ad ogni costo accrescere le falangi dell' ordine sociale nella città e nella campagna. Non è difficile impresa,

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e già se ne trova la sicura coscienza anclie in taluno dei di- scorsi che sono stati pronunciati nelle ultime elezioni;

I provvedimenti che sin d' ora si impongono e dovreb- bero esser condotti a riva dalla presente legislatura sono di varia natura, né tutti possono esser tradotti in precisi disegni di legge. Ma a tutti converrebbe rivolgere la più assidua at- tenzione, chiamare a cooperarvi tutti gli uomini di buona vo- lontà.

Mettiamo in prima linea la necessità di ristaurare e raf- forzare il sentimento religioso, e segnaliamo come di buon augurio una interpellanza già presentata alla Camera a favore

del riposo festivo. Il dissidio aperto tra la Chiesa e lo Stato

•deve cessare dovunque è possibile ; come si accettò l'esenzione dalla leva militare per coloro che si dedicano al servizio delle missioni, così si potranno consentire altre agevolezze, le quali restituiscano anzitutto Iddio nella scuola, di dove è stato cac- ciato, e impediscano che vi si professi pubblicamente l'ateismo.

Se grandi Repubbliche, come gli Stati Uniti d'America, av- vertono la gran1 forza che uno Stato può trarre dal rispetto del sentimento religioso, non ci pare possibile che esso possa ve- nire trascurato in Italia. Di fronte al diffondersi dei partiti estremi che lo combattono, tutti gli uomini di buona volontà ed amanti del loro paese devono unirsi per difendere insieme

•con esso il sentimento della famiglia, e chiedere leggi tute- lari più efficaci e complete.

A questo fine gioveranno in secondo luogo radicali prov- vedimenti economici, come quello dell' homestead, già accolto nelle legislazioni dei più liberi Stati. Alla* stessa maniera che oggi il codice sottrae ai creditori gli strumenti del la- voro, le vesti, e le cose di maggior necessità, noi vorremmo veder sottratte la casa che il debitore abita, il campicello che coltiva. Imperocché ogni nato di donna ha anzitutto il diritto di vivere, ed ogni famiglia dovrebbe avere assicurato ciò che le è strettamente necessario. I creditori potrebbero guarentirsi altrimenti; ciò che si riconosce necessario per gli impiegati dello Stato, sarebbe ammesso anche per i con- tadini e gli operai. Non è qui il luogo per descrivere minu- tamente i grandi vantaggi derivati da questa istituzione do- vunque essa fu accolta ; lo faremo successivamente, in uno studio distinto, perchè ci pare che pochi altri argomenti ab- biano maggiore importanza. Ma sin d ' o r a possiamo affer-

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mare che nn provvedimento che nulla costerebbe allo Stato, accrescerebbe invece il numero di coloro che sono interessati a difendere le sue istituzioni. . - . Né meno urgente ci sembra dichiarare esenti d a i r impo- sta le piccole proprietà urbane e rurali. Il principio accolto nella legge di ricchezza mobile deve valere anche quanto al- l ' imposta fondiaria, anzi vi può più facilmente e completa- mente prevalere. U imposta si comprende quando è il ricam- bio di un servizio sociale ; al disotto di certi limiti non può

"colpire il contribuente che in forma indiretta. A questa ma- niera si .agevolerà il frazionamento della proprietà, si conso- lideranno innumerevoli famiglie rurali, e si rafforzeranno le

"basi deir ordine sociale, arrestando i progressi del socialismo l à dove appunto si fa più minaccioso e pericoloso.

I nostri legislatori devono studiare molti altri provvedi- menti, molte altre riforme, di cui l'Inghilterra, T America, YAustralia ci danno l'esempio, per migliorare l'agricoltura, sviluppare 1' industria, accrescere i commerci, migliorare le condizioni degli operai e degli agricoltori. Non bastano più i palliativi usati, non sono più sufficienti le mezze misure:

occorrono rimedi complessi, energici, che non abbiano riguardo ne pel codice civile, né per certi principii economici che sem- brano fuor di questione. Bisogna curare i mali sociali con un grande intelletto d' amore, per evitare conseguenze ben più tristi di quelle che derivarono in un altro tragico prin- cipio di secolo all' Europa dall' invasione dei Barbari. La nuova invasione sarebbe molto peggiore, perchè i nemici ver- rebbero su dalle stesse viscere nostre, alimentati dai nostri errori, cresciuti per la nostra incoerenza, terribili solo per no-

stra colpa. REGULUS.

Rassegna Bibliografica

Oongrés Universel des Béligions en 1900 — Abbé VICTOR CHARBON-

NEL, Edit, Colin. Paris, 1897.

Chi ha letto il lavoro pubblicato nella Rassegna, del 16 Gen- naio e 1 Febbraio sul Congresso delle Religioni, ha già un' idea precisa di questo volume recentissimo dell' abate Charbonnel. Ivi si rifa' la storia dell7 idea toccando dapprima l'avvenimento di Chicago, per venire tosto alla proposta gettata in mezzo all' arena

•delle discussioni dalla*Revue de Paris] e si espone per minuto la

Riferimenti

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