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In cammino con asini e bambini

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Academic year: 2022

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In ca mm in o c on a si ni e b amb in i M on tan ar i

«Perché la vita è avventura.

Vagabonda, raminga e libera.

Come l’asino».

L entezza, pazienza e sensibilità fanno dell’asino una guida speciale, capace di insegnare a chi cammina al suo fi anco modi e tempi più spontanei e più dolci di attraversare e di vivere i luoghi. Massimo Montanari, fondatore dell’asineria didattica

«Asini di Reggio Emilia» ed esperto di educazione ambientale, ci racconta come — e perché — progettare escursioni in natura in cui bambini e ragazzi possano imparare da questi insoliti maestri a riscoprire e a rispettare, in tutta la sua selvaggia bellezza, il mondo di cui siamo ospiti.

Massimo Montanari (Reggio Emilia, 1966), guida ambientale escursionistica, da oltre trent’anni accompagna in natura famiglie e bambini. Dal 1997 organizza viaggi a piedi in compagnia degli asini e iniziative per l’impiego dell’animale in attività di sensibilizzazione ecologica e di promozione della lettura. Collabora con le scuole in progetti di educazione ambientale e di esplorazione «in cam- mino». È autore di libri di fi abe e fi lastrocche per bambini.

Massimo Montanari

In cammino con asini

e bambini

Itinerari per un’educazione nella natura

€ 15,00

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In ca mm in o c on a si ni e b amb in i M on tan ar i

«Perché la vita è avventura.

Vagabonda, raminga e libera.

Come l’asino».

L entezza, pazienza e sensibilità fanno dell’asino una guida speciale, capace di insegnare a chi cammina al suo fi anco modi e tempi più spontanei e più dolci di attraversare e di vivere i luoghi. Massimo Montanari, fondatore dell’asineria didattica

«Asini di Reggio Emilia» ed esperto di educazione ambientale, ci racconta come — e perché — progettare escursioni in natura in cui bambini e ragazzi possano imparare da questi insoliti maestri a riscoprire e a rispettare, in tutta la sua selvaggia bellezza, il mondo di cui siamo ospiti.

Massimo Montanari (Reggio Emilia, 1966), guida ambientale escursionistica, da oltre trent’anni accompagna in natura famiglie e bambini. Dal 1997 organizza viaggi a piedi in compagnia degli asini e iniziative per l’impiego dell’animale in attività di sensibilizzazione ecologica e di promozione della lettura. Collabora con le scuole in progetti di educazione ambientale e di esplorazione «in cam- mino». È autore di libri di fi abe e fi lastrocche per bambini.

Massimo Montanari

In cammino con asini

e bambini

Itinerari per un’educazione nella natura

9 7 8 8 8 5 9 0 2 5 3 7 5

www.erickson.it

€ 15,00

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Indice

Prefazione (Lino Cavedon) 9

Capitolo primo 13

La natura è un’aula a cielo aperto

Capitolo secondo 27

Ascoltare, vedere, annusare, gustare, toccare…

Capitolo terzo 47

Camminando si cresce

Capitolo quarto 63

In cammino con l’asino

Capitolo quinto 79

Si parte!

Capitolo sesto 99

Un passo indietro

Capitolo settimo 115

Momenti di un cammino bambino

Conclusione 127

Camminare oggi

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Prefazione

Lino Cavedon

Non è da tutti decidere di lavorare con gli asini, perché è una scelta controcorrente: serve tanta energia interiore, ma anche un pizzico di esuberanza e di follia. Bisogna scordarsi una vita regolare, cadenzata da ritmi ripetitivi, in cui si trascorrono le serate sul divano a guardare la tv e si dorme nel proprio letto. Scegliere di lavorare con gli asini significa essere itineranti, zingari, innamorati dei ritmi lenti, dei colori e degli odori della natura, dei bambini vocianti, dei percorsi accidentati; significa non portare altre scarpe che quelle da trekking, essere assuefatti al sudore, e dover conservare sempre l’immensa calma e la tenacia necessarie per arrivare ogni sera, insieme a tutti i bambini, alla meta.

«Ho finito per arrendermi alla bellezza di una libertà fattasi ani- male»: così Massimo commenta la sua scelta. La ricerca di un’ariosità interiore è l’esito di una filosofia di vita ispirata dall’asino, i cui tratti etologici evidentemente coincidono con alcuni aspetti della personalità di Massimo. La cornice naturale ha determinato poi un’osmosi tale che tutte le attese hanno finito con l’armonizzarsi in maniera felice e appagante.

Massimo Montanari mi piace perché è uno spirito libero, perché è autentico, perché è bizzarro e fuori dalle righe. «Perché la vita», come lui stesso scrive, «è avventura: vagabonda, raminga e libera. Come l’asino».

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Massimo è guida ambientale escursionistica, educatore spontaneo ed esperto di trekking con l’asino e di educazione ambientale rivolta prevalentemente ai bambini. È un colto asinaro, cofondatore insieme a Eugenia Dallaglio dell’Asineria didattica «Asini di Reggio Emilia» e ideatore del progetto turistico-letterario «La valle degli asinelli», pre- miato dall’Unione Europea, e di «Asino chi legge», biblioteca viandante a dorso d’asino. È un raccontastorie coinvolgente, un animatore appas- sionato e un apprezzato autore di libri per l’infanzia. Con l’aiuto degli asini, infatti, Massimo Montanari accompagna i bambini a osservare le meraviglie del paesaggio, che diventa così uno scenario suggestivo affollato di fate, folletti, streghe, briganti e draghi.

Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Filastrocche albicocche, Schioc- ca, schiocca filastrocca!, L’asino Gastone e la principessa Malcontenta e Filastrocche col pennello, che ha ricevuto un Premio Nazionale di let- teratura per l’infanzia.1 Di recente ha pubblicato StrAnimali, raccolta di filastrocche spiritose su animali strani.2 La filastrocca è la forma di comunicazione che più si addice a Massimo e che più gli consente di entrare in contatto con i suoi lettori: solleticando la loro fantasia può parlare loro della vita in natura, di tematiche ambientali, dell’amicizia, dell’impegno per diventare belle persone.

Camminare a fianco degli asini, fradici di sudore e tormentati dalle vesciche ai piedi, lascia una traccia indelebile nella memoria emozionale di bambini, ragazzi e adulti e li porta a scoprire come mai prima il territorio e chi ci vive. «Chi cammina», scrive Massimo, «è consapevole che le persone che abitano il territorio sono sentinelle, alberi radicati nel suolo del loro vivere quotidiano [...]. Radici virtuose che si allungano nelle crepe della terra, rami che si protendono nello spazio di cielo che le nubi aprono mentre i venti spettinano le foglie».

1 A. Battilani e M. Montanari, Filastrocche albicocche, Modena, Almayer, 2006; M.

Montanari, Schiocca, schiocca filastrocca!, Modena, Almayer, 2007; M. Montanari, Filastrocche col pennello, Modena, Almayer, 2008; M. Montanari, L’asino Gastone e la principessa Malcontenta, Sassuolo, MO, Incontri Editrice, 2010.

2 M. Montanari, StrAnimali. Animali strani in filastrocche spiritose, Sassuolo, MO, Incontri Editrice, 2020.

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11 Massimo è uno degli iniziatori di una scuola da lui chiamata della

«pedagogia attiva», nella quale il maestro d’eccezione è l’asino: animale buffo e innocuo, saggio, curioso, sensibile e intelligente. Camminare con l’asino significa scegliere uno stile di vita rilassato, con cadenze len- te che consentono l’osservazione consapevole e incantata del paesaggio.

Tra i fondatori di questo movimento, Massimo è quello che più di tutti si è permesso di essere «asino». Ed è un grande complimento.

Questi, per me, sono i beni più preziosi che possiamo trasmettere ai bambini: la naturalezza, la spontaneità, l’autenticità, la cooperazione, il senso del noi, le emozioni belle, i silenzi, gli obiettivi raggiunti e non abbandonati.

Da burlone coinvolgente qual è, Massimo Montanari capisce alla perfezione i più piccoli e sa parlare il loro linguaggio: è genuino, li guarda dritti negli occhi, si rivolge a loro in maniera profonda ma giocosa. È così che li coinvolge e li fa sentire protagonisti di storie meravigliose, ed è per questo motivo che numerosissime scuole lo scelgono per guidare bambini e ragazzi sui sentieri dell’Appennino e in varie regioni italiane e straniere.

Il libro che state per leggere è nato perché ho chiesto a Massimo di lasciare una testimonianza scritta della sua immensa esperienza di lavoro con asini e bambini. In queste pagine Massimo racconta tutti gli aspetti importanti del cammino con l’asino: esordisce parlando di natura come aula aperta, scenario pedagogico ed esperienza sensoriale, per poi affrontare i risvolti educativi del cammino, che si rivela un vero e proprio trampolino per lo sviluppo delle competenze per la vita (life skills). Il quarto capitolo illustra le qualità dell’asino come mediatore di esperienze educative, educatore di passi sicuri, amico accogliente ed empatico con cui costruire un cammino che sia inclusivo per tutti.

Nella seconda parte, invece, si parla — con l’ausilio di utili schede tec- niche — della progettazione del viaggio, della composizione dell’équipe di lavoro e della gestione dei gruppi. Nel libro si ritrovano molti temi relativi all’educazione assistita con l’asino, di cui parlano le Linee guida nazionali per gli IAA.

Il linguaggio di Massimo è asprigno come il lambrusco, colorito come le fioriture di primavera e le foglie d’autunno, schietto e ricco

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di spunti coinvolgenti. Il libro è un viaggio — rigorosamente in scar- poni — che conduce a scoprire, in natura e con il contributo saggio dell’asino, tutti gli accorgimenti e i segreti necessari affinché quella del cammino con l’orecchielunghe diventi un’esperienza unica, capace di produrre importanti trasformazioni nei bambini che vi partecipano.

Ringrazio l’amico Massimo per aver accettato l’invito e aver deci- so di regalare a tutti noi il racconto di una vita itinerante con l’asino, compagno di viaggio amato e rispettato, saggiamente valorizzato per quanto sa insegnarci.

Dai c’andom, si dice in emiliano per spronare i bambini al viaggio.

«Benvenuti in questo luogo: che sia per voi cammino e conoscenza, riscoperta dell’asino che è in noi».

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Capitolo primo

La natura è un’aula a cielo aperto

La «settimana» o «campana» è un gioco semplice, fatto di righe e numeri tracciati a gessetto ai margini di strade in spazi liberi che oggi si trovano con difficoltà. È un passatempo dinamico, semplice ma coinvolgente, di noi bambini di generazioni andate, quando il cortile era un luogo di incontri continui, e la piazza una scacchiera in cui tutti noi eravamo pedine e avevamo un ruolo.

Disegnare i quadrati, lanciare il sasso tra le caselle voleva dire impegnarsi in quella sfida perenne ad arrivare primi, spinti da uno spirito competitivo che forgiava caratteri e modi di essere e divenire.

Il cortile era un’aula aperta di esperienze condivise, di momenti carichi di passione, di coesione, in cui ogni individuo si caratterizzava per il suo modo personale di vivere la sfida.

Il gioco attivo era movimento, espressione corporea: un esercizio di definizione del proprio emergere all’interno del gruppo.

Il gioco da cortile aiutava a plasmare il carattere, costruiva l’au- tostima, forniva un contesto in cui ogni individuo poteva inserirsi spontaneamente nei gradi di una scala sociale che regolava l’assetto comunitario del gruppo.

Il gioco era movimento, e come un rito irrinunciabile ci accom- pagnava nel cammino di tutti i giorni, nei pomeriggi di quelle mille

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stagioni in cui fanciullezza e adolescenza fluttuavano nell’onda della vita, spingendoci a navigare verso l’età adulta.

Il cortile era un patio, uno spazio collettivo, un luogo di incontri in cui si svolgevano i rituali quotidiani e le assemblee spontanee in cui si decideva a quali attività dedicarsi; era una sala riunioni in cui si definivano i ruoli e le posizioni.

Ogni giornata trascorsa in quell’aia popolare regalava a noi bam- bini una gran quantità di emozioni. Gioco dopo gioco, mettevamo da parte un bagaglio esperienziale di notevole importanza.

Erano le ore del pomeriggio in cui avevamo finito i compiti.

Il gioco era il cerimoniale che giustamente seguiva il dovere, la quotidiana razione di aggregazione che riuniva i piccoli abitanti di quartieri, periferie, borgate e campagne in momenti di unità e coinvolgimento.

C’erano codici e ruoli non scritti, ma ampiamente condivisi: il leader, che assumeva un ruolo di comando riconosciuto dal gruppo;

le «seconde linee», che provavano a rilanciare e a farsi spazio nel branco; e infine i timidi dal cuor contento, ai quali comunque andava bene tutto.

Ma a quei tempi anche nella sfera ludica era in vigore una separa- zione sessista, che ancora si basava sulle supposte diversità di esigenze:

tra i maschi andavano generalmente per la maggiore i giochi con la palla e le sfide corporee, mentre tra le femmine erano più diffusi i giochi di abilità come l’elastico o il cerchio, prove quotidiane di superamento di confini.

Il denominatore comune dei due tipi di gioco era l’attività fisica:

erano tutti giochi di movimento e di azione. A dominare era il classico

«nascondino», tanto universale che appianava anche le differenze tra i sessi.

La separazione tra maschi e femmine era la concretizzazione di una differenza che allora appariva naturale, in quanto la si riteneva dovuta a interessi biologicamente diversi. Maschi e femmine erano due sottogruppi divisi in due cerchi, che però si univano quando, come spesso accadeva, la passione per il gioco del momento superava i confini e creava un campo sinergico di interesse generale.

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15 Un cortile speciale

Per comprendere questa descrizione nostalgica e narrativa del chiostro, è necessario richiamare alla mente i vecchi luoghi di gioco, gli spazi-cortile che erano il nostro «giardino del gioco».

Il cortile inteso come recinto è un concetto logistico che nelle periferie urbane delle città indica quegli spazi recintati tra palazzi e condomini di piccoli o grandi agglomerati urbani. Nei paesi di campagna e nei piccoli borghi appenninici o alpini il cortile è invece uno spazio che appartiene a tutto il paese, un insieme di spazi pubblico-privati diversi in cui però si può sempre giocare.

C’era però un aspetto che accomunava ogni luogo o area di gioco:

l’ambiente.

Per diverse generazioni, molte delle esperienze di gioco erano legate a un utilizzo ludico degli elementi del paesaggio: le attività po- meridiane erano spesso determinate dall’ambiente in cui si svolgevano.

Si trattava di «adoperare» l’habitat naturale in tutte le sue for- me: fossi d’acqua, torrenti e fiumi offrivano occasioni di esplorazione profonda, e l’acqua diventava materia prima di mille fantasie; il bosco, i luoghi alberati e i biotopi naturalistici, con le loro essenze arboree e le loro nuvole di verde, risplendevano nella fantasia dei bambini come territori ideali, e arrampicate ed esercizi plastici diventavano modi di entrare in rapporto con la foresta.

Il gioco univa il cortile, inteso come spazio circoscritto, alla cornice infinita dell’area che circondava le abitazioni. La natura era sempre e comunque accattivante, il palcoscenico di una teatralità inventiva in cui l’ambiente si trasformava nello scenario di un’esplo- razione creativa.

Oggi i cortili sono parcheggi.

Questo potrebbe essere lo slogan di protesta dei bambini contem- poranei. Il luogo di ritrovo non c’è più, frazionato da un’urbanistica stravolta; le periferie delle città sono caotici ammassi di strade, le automobili hanno sottratto ai bambini spazio e tranquillità. I geni- tori non si fidano più a lasciar andare i figli in luoghi potenzialmente pericolosi, in cui potrebbero fare incontri sgraditi. Si può dire senza

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temere di scadere nel pessimismo che le condizioni sociali, la vivibilità, le aspettative sono cambiate, che lo si voglia o meno. Se siano cambiate in meglio o in peggio saranno i posteri a dirlo; ma di certo c’è che i bambini di oggi non hanno più spazi in cui giocare liberamente.

Anche i piccoli paesi e borghi, che una volta erano tranquilli, ora sono luoghi di confusione: le automobili sono ovunque e i problemi sono gli stessi che si trovano nelle grandi città, per quanto abbiano minore impatto.

Solo negli ultimi anni si inizia a parlare di sostenibilità, di urbani- stica ecologica; solo ora i parchi e il verde urbano cominciano a venir considerati un bene pubblico e ad essere inseriti in un progetto più ampio di miglioramento della vivibilità quotidiana.

Oggi i bambini non giocano in cortile, ma hanno molte più oppor- tunità di svolgere attività dopo la scuola: ad esempio praticano molto sport, e in generale viene data loro la possibilità di imparare discipline che rappresentano esperienze formative necessarie, utili alla crescita e di grande valore educativo.

Nonostante un rapporto dell’OMS ci avverta che più dell’80%

degli adolescenti non fa più di un’ora al giorno di esercizio fisico, il mondo dello sport offre attualmente tante occasioni di aggregazione:

le palestre e le strutture non mancano, e molte discipline singole o di squadra hanno conquistato i propri spazi a discapito degli sport più tradizionali, così che a occupare i pomeriggi dei nostri ragazzi sono le attività sportive più varie. Lo sport, oggi, esige che gli si dedichi una notevole quantità di tempo.

Le palestre, i campi sono luoghi di incontri dove si fa squadra, in cui i ragazzi vivono un contesto di «branco»; manca però un luogo dedicato agli incontri spontanei, liberi e creativi. C’è urgente bisogno di un ambiente diverso dai luoghi chiusi, di un contatto con il gruppo di amici che offra l’occasione di creare spontaneamente gruppi di gioco.

Soprattutto, però, manca ai bambini un contatto con l’ambiente che consenta loro di vivere di nuovo esperienze libere.

La natura ha un potenziale che non è di nessun altro luogo. L’am- biente ci dona spazi sconfinati, privi di filtri, orizzonti sterminati che ci insegnano a stare in un luogo immenso e indefinito.

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17 La natura è energia, e per di più abbonda di materie prime, che sono un serbatoio illimitato a cui attingere per costruire percorsi e at- tività ludiche, giochi dinamici ed esplorativi. Gli spazi naturali offrono stimoli e potenziano la creatività.

Le vecchie generazioni, che magari hanno avuto la fortuna di abitare vicino a luoghi selvatici, sono cresciute costruendo percorsi sperimentali con materiali naturali. Quello che si poteva allestire con le materie prime trovate nei boschi, nei campi, negli stagni e corsi d’acqua e/o in altri ambienti, frequentati a seconda delle con- dizioni del luogo di appartenenza, era un vero e proprio laboratorio.

Il materiale che troviamo su questo scaffale è di prim’ordine: legno, foglie, sassi, bacche e tutto l’insieme dei prodotti di Madre Natura vanno a costituire una vera e propria bottega di utensili, con i quali costruire e assemblare strumenti anche diversi, inventando giochi nuovi.

Alberi amici

Nella progettazione di attività ludiche, le piante rappresentano una risorsa talmente vasta a cui attingere che potremmo definire questi nostri pilastri verdi un’autentica fucina delle idee, un supermercato della creatività.

Si pensi alla costruzione di archi e frecce con rami di salice (Salix).

Il legno degli alberi di questa specie è caratterizzato da una favolosa elasticità, che permette di curvare e inarcare facilmente i rami sottili ma resistenti.

È possibile invece fabbricare delle cerbottane togliendo la parte interna e morbida del legno del sambuco (Sambucus nigra), un legno adattabilissimo e formidabile, con cui si può anche facilmente costruire il famoso strumento musicale della tradizione popolare detto zibiolo (flauto) e il fucilino detto «schiopetto». Il legno di nocciolo, quercia e frassino, dal canto suo, si presta per la sua durezza alla costruzione delle fionde. E questi sono solo alcuni degli esempi più famosi di im- piego del legno…

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Capitolo quinto

Si parte!

In questo capitolo ci si concentra su note tecniche per l’impiego dell’asino in natura e si danno consigli su come formarsi professio- nalmente per realizzare progetti e attività in natura, accompagnando persone, gruppi, scolaresche e famiglie.1

Non vogliamo proporre un’enciclopedia del mestiere, bensì sempli- ci tracce e consigli che sono il frutto di trent’anni di esperienza, di pro- getti e di idee in cui cammino, natura e asini sono diventati un tutt’uno.

Quelli che offriamo possono essere spunti utili ai singoli pro- prietari che vogliono assaporare la bellezza del cammino insieme al loro asino, ma sono soprattutto consigli tecnici per chi vuole fare del proprio percorso formativo nelle attività assistite con l’asino un’attività professionale. Vogliamo mostrare come coordinare con guide, educatori e animatori un progetto concreto, come lavorare in ambiente con l’a- sino e riuscire a vivere economicamente di un’attività seria e lodevole.

Occorre aprire la mente, spalancare materialmente il recinto: quello dei nostri asini e il nostro. I recinti collocati all’interno di un’area ben definita, come gli spazi e i cortili delle strutture, sono luoghi già «decisi», nei quali è sempre tutto tranquillo e controllato e sia gli operatori che gli

1 Ringrazio Francesco Ferretti, guida ambientale escursionistica (AIGAE), per i suoi suggerimenti in materia di cartografia e sulla legislazione relativa alla figura della guida ambientale escursionistica.

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animali si trovano in situazioni pacifiche e prevedibili. Ma quando asini e persone si affacciano al grande giardino del mondo un insieme di fattori ambientali, emotivi e psicologici può far nascere paure, ansie e dubbi.

È la giungla dell’infinito e oltre, della grande Madre Natura che tutto comprende e che non finisce mai: le immensità della terra e del cielo aspettano queste carovane di camminatori per avvolgerli in un abbraccio di suoni, rumori, odori e colori.

Le carte si rimescolano: subentrano fattori esterni, l’ambiente la fa da padrone, gli imprevisti sono frequenti e non ci sono solo sentieri e percorsi già tracciati, ma anche improvvisazioni, eventi che sono figli del caso, della natura, del destino.

Ma tutto è così intenso, così bello. Tutto è possibile.

In questa visione delle attività lavorative si potrebbe idealmente inserire una nuova idea di équipe per gli IAA, che vada a implementare gli Interventi Assistiti con gli Animali. Con un po’ di fantasia, potremmo proporre IAA che siano «Interventi di Animazione con gli Animali»: un acronimo in cui professionalità diverse si uniscono, si amalgamano e danno vita a un’équipe di lavoro all’aria aperta.

Un ruolo importante spetta soprattutto ai coadiutori, che possono proporre di svolgere attività con gli asini anche in ambiente. I coadiutori sono responsabili della gestione degli animali in natura, in camminata e nelle attività didattiche rivolte ai bambini e agli interessati; devono rapportarsi con gli animali, farli conoscere, gestirli e metterli nelle condizioni di interagire in relazioni educative e coinvolgenti. È un lavoro, questo, che nessuna guida naturalistica, operatore ambientale, animatore o educatore potrebbe svolgere, per mancanza di competenze acquisite sul campo e di familiarità con l’animale, ma anche perché richiede specifici percorsi formativi ed esperienziali.

Un ruolo altrettanto importante è quello delle guide ambienta- li, operatori naturalistici che possono proporre, tra gli altri servizi, anche le attività con l’asino in natura. La partecipazione dell’asino e del coadiutore permette di fare esperienze nuove, crea un’équipe più dinamica, traccia nuove strade, nuovi sentieri, nuovi percorsi per un pubblico nuovo, e amplia l’offerta dei luoghi e delle modalità in cui proporre servizi alle persone, ai viaggiatori, ai camminatori.

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Gli educatori e gli animatori troveranno nello spazio sconfinato della natura un’opportunità per costruire percorsi educativi ancora più profondi: i grandi teatri naturali offrono spunti pedagogici assoluti, e l’avventura del viaggio è un percorso di continue esperienze educative.

Coloro che lavorano con i bambini troveranno nell’asino un amico assai utile, capace di stimolare dialoghi e di scavare nelle coscienze.

Incamminiamoci fuori dal recinto, mettiamoci in spalla lo zaino delle idee, indossiamo scarpe che ci faranno volare come nella più bella delle fiabe e andiamo in cerca dei sogni reali che il palcoscenico della natura ci apre davanti: il sipario si alza davanti ai nostri occhi, accom- pagnato dal cuore che batte per le mille emozioni in arrivo.

Organizzare percorsi in natura con l’asino

Valutare il territorio

Chi vuole camminare con l’asino deve comprendere che a fianco di questo animale si viaggia con tempi e con modi particolari. La cam-

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minata dell’asino è più lenta di quella di una persona allenata e che ha qualche esperienza di escursionismo.

Anche se l’asino è abituato a fermarsi di rado, i suoi tempi sono comunque dilatati: il suo cammino spezza e rallenta il ritmo. Perciò bisogna tenere in considerazione anche gli ostacoli, che allungano ancora di più i tempi.

Camminare con l’asino vuol dire maturare in sé una consapevolez- za diversa: le tappe del cammino devono essere pianificate, per evitare sorprese, e bisogna sapere che si potrà arrivare alla meta in ritardo o che si potrebbe anche non arrivarci.

È indubbio che un percorso non è lo stesso a seconda che lo si faccia con l’asino o senza.

Sentieri, carraie, vecchie strade forestali, tratturi, vie di transu- manza, antichi percorsi di devozione e di fede: quante possibilità offre il nostro Paese! Prima della modernizzazione agricola e industriale, l’Italia era il Paese dei mille sentieri. Le stradine di questo piccolo mondo antico erano vere e proprie arterie pulsanti, fondamentali per collegare i paesi e i borghi delle valli appenniniche o alpine.

Una rete straordinaria e capillare, costruita dagli uomini che vivevano la quotidianità di quei luoghi. Strade dell’anima e del cuore, dove il passo incontra ad ogni metro una storia di vita vissuta, di gesta arcaiche, in cui genuinità e semplice socialità diventavano patrimonio di cultura e di identità.

Ma c’erano anche collegamenti segreti, intriganti, come i sentieri dei briganti e dei contrabbandieri; oppure vie storiche e religiose, come le vie del pellegrinaggio, autentiche autostrade di preghiera e medita- zione spirituale; o, ancora, le vie del sale e del commercio.

Gran parte di questa memoria storica sopravvive ancora sul ter- ritorio: grazie all’intervento di associazioni, enti e istituzioni, una rete di antichi sentieri e cammini percorre tutto lo stivale.

Fatta eccezione per alcune zone impervie o di alta quota, il no- stro Paese è facilmente percorribile con un asino. Nonostante questo, quando ci si avventura in ambienti naturali occorre fare attenzione ai pericoli che potrebbero riservare terreni sconnessi o a situazioni di disagio e abbandono del territorio.

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Le Alpi, ad esempio, sono attraversate da sentieri antichissimi, da sempre percorsi da asini e muli, che però a causa dell’abbandono presentano oggi in alcuni punti dei passaggi stretti, affacciati a stra- piombo sulle valli sottostanti. Tratti al limite della praticabilità ci sono anche in Appennino, nei territori che sono stati abbandonati dai loro abitanti, i veri custodi dell’ambiente.

Nonostante l’asino sia un buon camminatore e un osservatore attento, occorre evitare situazioni che potrebbero mettere a repentaglio la nostra incolumità e quella dell’animale.

Nella scelta degli itinerari si devono preferire sentieri larghi e co- modi: l’asino, soprattutto se carico, è più ingombrante di noi, e gli urti contro pareti o alberi su un sentiero stretto potrebbero spaventarlo.

I tempi di camminata

Tenendo in considerazione i tempi medi di un camminatore ine- sperto, o comunque di persone non abituate alle passeggiate e all’attività fisica in ambiente, si può calcolare che la velocità di passeggiata su una superficie piana è di circa 4 km all’ora. Nel caso gli itinerari comprendano rilievi e territori di diverso dislivello, ovviamente, la velocità cambia.

Negli ultimi anni sono stati fatti degli studi sull’argomento. Dalle esperienze confrontate e dai parametri calcolati, emerge che anche in un leggero dislivello — come può essere quello di un pendio che passa da 0 a 100 metri —, il tempo di percorrenza del tragitto cambia, perché il nostro corpo fa fatica nell’affrontare la salita. Lo stesso discorso vale anche per la discesa, in quanto la massa muscolare compie uno sforzo che è notevole, soprattutto per chi non è abituato.

Camminare con un asino costringe a modificare completamente i propri parametri: la nostra esperienza dimostra che si tratta di tutt’al- tro tipo di camminata.

Chi marcia al fianco di un asino riduce di molto la velocità media di percorrenza: seguendo il passo lento dell’animale e in conseguenza delle numerose soste obbligate, difficilmente si superano i 3 km all’ora.

Questo ci costringe a cambiare i nostri programmi. Pianificando l’itinerario giornaliero, infatti, bisogna calcolare le distanze che è pos-

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sibile ricoprire in un dato lasso di tempo tenendo in considerazione anche le necessità dell’animale, che non può per nessun motivo essere ridotto allo stremo. Camminare con un asino significa soprattutto avere rispetto per l’animale e per le sue esigenze.

Un animale addestrato allo scopo può camminare per non più di 6 ore (soste escluse). Trascorse le 6 ore risulta difficile e dannoso per l’asino procedere oltre, anche perché il basto gli provoca comunque un disturbo, per quanto lieve.

In presenza di carichi piuttosto pesanti occorre prevedere un’ul- teriore riduzione del tempo di cammino; bisogna inoltre prestare attenzione alle soste, necessarie affinché l’animale riposi. Ogni 4 ore di cammino va prevista una sosta lunga, durante la quale l’asino viene scaricato del peso.

Un itinerario medio per asini allenati può aggirarsi intorno ai 12-15 km giornalieri, se il percorso non prevede dislivelli oltre i 700 metri complessivi.

Rispettando le più elementari regole di buon senso e l’obbligo di tutelare la salute dell’animale, possiamo programmare di fare con l’asino nel corso di un giorno un’escursione che senza asini e con un po’ di allenamento si farebbe sicuramente con circa il 60% di tempo in meno. Ma l’obiettivo di queste esperienze non è assolutamente coprire la maggior distanza possibile: perciò ci spingiamo a dire che l’asino rallenta il passo, sì, ma accorcia le distanze, perché le distanze che si percorrono saranno più brevi ma anche vissute più nel profondo.

L’asino ci insegna a osservare e ci abitua a un passo talmente dolce e riflessivo che difficilmente l’esplorazione itinerante risulterà faticosa.

Pianificare il percorso

Un buon coadiutore e viaggiatore, nonostante il controllo dell’a- spetto tecnico degli itinerari spetti alla guida, deve documentarsi sul luogo da visitare, ma anche essere preparato specificamente sul percor- so che farà. Sia quando si progetta l’itinerario, sia quando lo si percorre bisogna tenere ben presenti le informazioni reperibili sul territorio.

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In questo ci viene in aiuto la cartografia escursionistica. Sulle carte topografiche, infatti, sono illustrate graficamente molte informazioni preziose e dettagliate.

Le carte per escursionismo si trovano ormai ovunque; sono in dotazione di parchi, zone montane, enti locali di promozione, consorzi, uffici di informazione e assistenza. Spesso si tratta di carte pubblicate da case editrici e da enti istituzionali.

Dal 1861 l’IGM (Istituto Geografico Militare) produce materiale cartografico relativo a tutto il territorio nazionale, suddiviso in fogli (1:100.000), quadranti (1:50.000) e tavolette (1:25.000), mentre gli uffici cartografici regionali producono un sistema cartografico denominato CTR (Carte Tecniche Regionali). Le bellissime e oramai storiche vecchie carte IGM hanno una base cartografica ricavata manualmente, mentre le nuove carte sono riprodotte attraverso il sistema della fotogrammetria aerea e con l’aiuto del GPS (sistema di rilevamento satellitare).

Benché in questi anni l’IGM stia rifacendo tutta la carta d’Italia con l’aiuto di tecniche all’avanguardia, le antiche carte rimangono pietre miliari. I fogli della carta d’Italia aggiornati al 1935 testimoniano dei vecchi sentieri rilevati allora, ed è grazie a queste informazioni che ancora oggi possiamo cercare e trovare sentieri abbandonati — sepolti da frane o coperti dalla vegetazione —, invisibili al rilevamento aereo e quindi non riportati in carta.

Nelle carte escursionistiche, i rilievi e la geomorfologia del terri- torio sono tradotti nelle curve di livello (le isoipse), che rappresentano l’andamento altimetrico del territorio stesso. Cime di monti, avvalla- menti, altopiani e crinali sono disegnati in maniera intuitiva, e con un po’ di pratica le carte sono facilmente leggibili.

Le carte più adatte a farci godere appieno del luogo sono quelle in scala 1:25.000: il territorio reale viene rimpicciolito 25.000 volte, il che significa che un centimetro di carta equivale a 250 metri del territorio reale in cui stiamo camminando. Per calcolare la lunghezza di un itinerario occorre togliere gli ultimi due zeri dal numero della scala riportata (in una carta in scala 1:50.000 1 cm equivale a 500 mt, in una carta in scala 1:10.000 1 cm equivale a 100 mt, in una carta in scala 1:25.000 1 cm equivale a 250 mt).

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Nella carta escursionistica sono riportate tutte le nozioni utili al camminatore:

– con il colore verde in varie tonalità si indica la boscosità di un’area;

– con il marrone le cime delle montagne o le zone rocciose (per la car- tografia alpina sono segnalati in bianco i ghiacciai perenni e i nevai);

– in blu l’idrografia del territorio (corsi, acqua, sorgenti, fontane, laghi);

– in bianco e in grigio, a seconda dell’importanza viaria, le strade;

– in rosso la sentieristica.

La carta topografica ci aiuta a scegliere gli itinerari e a evitare zone che potrebbero ostacolare la camminata. Servendosi delle carte, ad esempio, è molto più facile seguire le strade forestali, strade di collegamento non asfaltate che se percorse con l’asino ci permettono di fare traversate molto suggestive, lontani da qualsiasi tipo di traffico.

La lettura visiva del sentiero è semplice. I sentieri segnati con vernice e indicati da frecce e indicazioni varie sul territorio reale vengono riportati nella cartografia e inseriti nelle informazioni della mappa. Le carte topografiche segnalano con precisione il passaggio dell’itinerario, le direzioni e i luoghi che attraversa.

– Il segno continuo in rosso indica gli itinerari escursionistici principali (ad esempio le altevie, le vie storiche o gli itinerari importanti, quali la Via Francigena o le grandi escursioni alpine).

– Le linee tratteggiate rosse stanno a indicare i percorsi secondari.

– I puntini rossi distanziati comunicano all’escursionista i tratti di sentie- ro difficile (sui quali ovviamente non si può passare con gli animali).

– I tratti segnati a croce indicano le vie attrezzate e i percorsi alpinistici (sentieri praticabili solo da escursionisti esperti con attrezzatura da alpinismo).

Sentieri colorati

L’Italia è da sempre un Paese dai mille sentieri, itinerari e percorsi, segnalati in ogni dove e descritti da guide e carte topografiche; ma è anche il Paese degli ambienti non omogenei.

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Si tratta di situazioni che creano difficoltà di orientamento e in- dividuazione, perché i sentieri sono inizialmente segnati in un modo, ma poi si incrociano con altri percorsi e vengono indicati con segnali che obbediscono a regole diverse.

In questi anni si assiste fortunatamente a un’inversione di tendenza: proprio perché si cammina sempre di più, la sentieristica inizia a darsi una strutturazione coerente. Negli ultimi decenni il CAI (Club Alpino Italiano), i professionisti dell’accompagnamento in ambiente (guide e accompagnatori) e altre realtà e associazioni legate all’ambiente naturale hanno contribuito a diffondere la cultura dell’escursionismo, e spesso si sono impegnati, in convenzione con Regioni ed enti pubblici, a tracciare e a mantenere fruibili i percorsi. I segnavia che indicano i sentieri sono ora caratterizzati da una marcata unitarietà, che mappa il nostro territorio in conformità alle esigenze dei camminatori e seguendo normative ben precise.

In molti territori la segnatura dei sentieri è gestita dalle sezioni locali del CAI. Diverse Regioni hanno un ufficio preposto al catasto dei sentieri, una sorta di ufficio tecnico che si può consultare anche online.

Il colore ufficiale della tracciatura dei sentieri CAI è la segnatura con banda bianca e rossa.

Le condizioni climatiche

Ora abbiamo i dati alla mano, buone conoscenze di cartografia e del territorio, consapevolezza dell’itinerario che vogliamo seguire e idee chiare sul tipo di passeggiata che ci aspetta; ma c’è un ultimo importante aspetto da valutare prima di partire per un viaggio a piedi, soprattutto se ci si incammina con gli asini al seguito.

I moderni mezzi di previsione ci mettono nelle condizioni di decidere con cognizione di causa se è il caso di fare una determinata camminata oppure di rimandarla.

Al giorno d’oggi le condizioni climatiche sono certamente più instabili di quanto fossero un tempo, soprattutto negli ambienti mon- tani e appenninici. Perciò è vero che potremmo trovarci ad assistere a

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