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2) Commercialisti: E incompatibile il giudice tributario che presta consulenza

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Novità fiscali del 5 agosto 2009: legge anticrisi: la manovra fiscale per le imprese; base imponibile IRAP, commercialisti: incompatibile il giudice tributario che presta consulenza; nelle SRL il sindaco decade se il capitale scende sotto il limite; in arrivo rapidi pagamenti delle Amministrazioni dello Stato a favore di imprese private

Pubblicato il 5 agosto 2009

legge anticrisi: la manovra fiscale per le imprese; base imponibile IRAP, commercialisti:

incompatibile il giudice tributario che presta consulenza; nelle SRL il sindaco decade se il capitale scende sotto il limite; in arrivo rapidi pagamenti delle Amministrazioni dello Stato a favore di imprese private

Indice:

1) Legge anticrisi: La manovra fiscale per le imprese

2) Commercialisti: E’ incompatibile il giudice tributario che presta consulenza 3) Modifiche alla determinazione della base imponibile IRAP: ulteriori chiarimenti forniti dalle Entrate

4) Accise: telematizzazione delle procedure relative alla circolazione dei prodotti in sospensione d’imposta

5) Linee guida in tema di fascicolo sanitario elettronico e di dossier sanitario 6) Sisma Abruzzo: Riparazione e ricostruzione delle abitazioni principali inagibili 7) Nelle S.r.l. il sindaco decade se il capitale scende sotto il limite

8) Pagamenti delle Amministrazioni dello Stato in favore di imprese private rapidi 9) Antiriciclaggio: ordini in campo

1) Legge anticrisi: La manovra fiscale per le imprese

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| 2 del decreto- legge anticrisi.

Su tale versante, l’Assonime, con un proprio documento del 04.08.2009, ha commentato le seguenti principali misure fiscali di interesse per le imprese:

In particolare, segnala tale associazione che il Senato ha approvato definitivamente il 1 agosto 2009 il disegno di legge di conversione del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 (AS 1724).

La legge è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Queste di seguito sono le disposizioni di natura fiscale di maggiore interesse contenute nel provvedimento, tenuto conto delle modifiche introdotte dal mini decreto “Modificazioni al decreto legge 1°luglio 20009, n. 78” (in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), segnalate dall’Assonime.

Soppressione di agevolazioni fiscali per le cooperative edilizie (art. 4-ter)

Al fine di reperire un maggior gettito da destinare

all’ammodernamento delle strutture aeroportuali, che l’ENAV S.p.A.

dovrà operare, sono state soppresse le norme di agevolazione tributaria per gli atti di assegnazione di alloggi ai soci da parte di società cooperative edilizie.

In particolare, è stata abrogata la norma che, per gli atti di assegnazione di alloggi, non di lusso ed adibiti ad abitazione principale, da parte delle società cooperative ai propri soci, individuava la base imponibile IVA nel 70% del costo degli alloggi medesimi.

La base imponibile era poi ulteriormente ridotta al 50% del costo per questo tipo di atti di assegnazione se gli alloggi erano stati costruiti su aree in diritto di superficie.

Tali agevolazioni erano state successivamente estese anche agli atti di assegnazione in godimento di alloggi da parte delle medesime cooperative: l’art. 4-ter del provvedimento abroga anche queste agevolazioni.

Misure a sostegno

delle imprese (art. 5) Il provvedimento (art. 5, commi 1–3-bis) esclude dalla base imponibile del reddito d’impresa, quindi ai soli fini dell’IRES e dell’IRPEF e non dell’IRAP, un ammontare pari al 50% del valore degli investimenti nei beni strumentali nuovi (di cui alla divisione 28 della tabella ATECO) che, “in base ai dati statistici, sostengono più di altri l’export di prodotti italiani all’estero”.

Si tratta, in sostanza, di forni, macchine ed utensili ad uso industriale, pompe, ecc..

L’esenzione riguarda gli investimenti “fatti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010” e può essere fruita “esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti”.

Non se ne può tenere conto, dunque, in sede di versamento degli acconti d’imposta.

È prevista la revoca dell’agevolazione:

– nell’ipotesi di cessione a terzi o destinazione a finalità estranee all’attività del bene strumentale prima del secondo periodo d’imposta successivo all’acquisto;

– nell’ipotesi di cessione dei beni oggetto dell’agevolazione a favore di soggetti con stabile organizzazione in Paesi non aderenti allo Spazio economico europeo.

Misure volte a favorire la capitalizzazione delle società di persone e di capitali

Nell’ipotesi di aumento di capitale effettuato da persone fisiche nel limite di 500.000 euro, è stata esclusa (art. 5, comma 3-ter) da imposizione fiscale una somma pari al 3% del valore del conferimento.

L’agevolazione riguarda gli aumenti di capitale effettuati, mediante conferimenti di cui agli artt. 2342 e 2464 c.c., entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.

L’esclusione da imposizione interessa il periodo d’imposta in corso alla data di perfezionamento dell’aumento di capitale e, sempre nella misura del 3% del valore del conferimento, i quattro periodi d’imposta successivi.

Su tale novella, nel Il Sole 24 Ore del 04.08.2009 è stato osservato come non sia necessario il conferimento in denaro per avere diritto al bonus fiscale del 3%.

Lo sgravio potrà essere ottenuto anche tramite conferimenti in natura come ad esempio, beni materiali, brevetti, marchi e know-how.

Sarà necessaria, tuttavia, una perizia giurata di un esperto designato dal tribunale se si tratta di una SpA o di un esperto o revisore iscritto nell’apposito albo se il capitale è conferito ad una Srl.

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Misure volte a sostenere le piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria

Il provvedimento (art. 5, comma 3-quater) autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a stipulare, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, un’apposita convenzione con l’Associazione bancaria italiana per favorire l’adesione degli istituti di credito a pratiche finalizzate alla attenuazione degli oneri finanziari sulle piccole e medie imprese, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti.

Previsione di nuovi coefficienti di ammortamento dei beni strumentali (art.

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La norma prevede la revisione dei coefficienti di ammortamento dei beni strumentali (di cui al D.M. 31 dicembre 1988); ciò per tener conto della mutata incidenza sui processi produttivi dei beni a più avanzata tecnologia, nonché di quelli che consentono un maggior risparmio energetico.

L’aumento dei predetti coefficienti di ammortamento sarà compensato

“con diversi coefficienti per i beni industrialmente meno strategici”.

Pertanto, la revisione di tali coefficienti opererà ad ”invarianza di gettito”.

Incremento della svalutazione fiscale dei crediti in sofferenza (art. 7)

Nel quadro degli interventi per fronteggiare gli effetti della crisi economica sul sistema creditizio si inserisce la misura prevista nell’art.

7, in materia di svalutazione fiscale dei crediti in sofferenza.

In particolare, per attenuare l’impatto di tali crediti sui bilanci degli enti creditizi e finanziari, l’art. 7 dispone che per i nuovi crediti erogati da tali enti a decorrere dal 1° luglio 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) la quota deducibile delle svalutazioni e degli accantonamenti rischi su crediti aumenta dallo 0,30% allo 0,50% del valore dei crediti risultanti in bilancio.

In particolare, l’agevolazione riguarda l’ammontare dei nuovi crediti (successivi al 1° luglio 2009) “che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d’imposta precedenti”.

Lo stesso articolo riduce per tale ammontare di crediti il periodo nel quale possono essere dedotte le svalutazioni dei nuovi crediti eccedenti tale limite, disponendo che la deduzione è ammessa in quote costanti nei 9 esercizi successivi, invece che nei 18 esercizi successivi.

Trattandosi di una norma di maggior favore rispetto a quella che si applica per i crediti già erogati, sono previsti controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate al fine di evitare fenomeni di sostituzione o novazione dei finanziamenti in essere; in caso di violazioni le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 saranno applicate nella misura massima prevista.

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Compensazione dei

crediti fiscali (art. 10) Al fine di contrastare gli abusi, riscontrati dall’Amministrazione finanziaria, nell’utilizzo da parte dei contribuenti della possibilità di recuperare i crediti IVA mediante la compensazione con debiti relativi ad altri tributi e contributi, l’art. 10 ha stabilito che per i crediti IVA superiori a un determinato ammontare la loro compensazione può essere effettuata solo dopo che l’Amministrazione finanziaria ne è stata informata ed è quindi in grado di effettuare un controllo preventivo sulla sua legittimità.

In particolare, la compensazione dei crediti IVA, annuali o trimestrali, se di ammontare superiore a 10.000 euro, può essere effettuata solo a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale IVA oppure dell’istanza di rimborso trimestrale, atti nei quali tali crediti sono indicati.

Per evitare frodi, è stata poi prevista l’ulteriore condizione che alla dichiarazione annuale dalla quale emerge il credito IVA da compensare deve essere apposto il visto di conformità di cui all’art. 35 del D.Lgs. n.

241/1997, da parte di uno qualsiasi dei soggetti che per legge possono rilasciare tale visto.

Quest’ultimo non è però necessario se il credito da compensare non supera 15.000 euro.

Le modalità tecniche per effettuare tali compensazioni, utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, saranno stabilite con uno specifico provvedimento del Direttore di tale Agenzia.

Secondo l’Assonime, l’ammontare estremamente ridotto della soglia al di sopra della quale scatta il nuovo obbligo di comunicazione, da un lato, ed il notevole onere finanziario che dovranno sopportare le imprese che intenderanno acquisire il visto di conformità sulle proprie dichiarazioni annuali, dall’altro, potrebbero risultare di ostacolo alla futura utilizzazione dell’istituto della compensazione.

Per consentire, comunque, ai contribuenti interessati di poter anticipare la compensazione dei crediti IVA annuali fin dai primi mesi dell’anno, è stata prevista la possibilità di presentare la dichiarazione IVA separatamente da quella unificata fin dal 1° febbraio di ogni anno:

ciò permetterà, in concreto, la compensazione dei crediti annuali fin dal 16 marzo di ogni anno.

La presentazione della dichiarazione annuale nel mese di febbraio esonererà, peraltro, i contribuenti dall’invio della comunicazione dati IVA, che di norma deve essere fatta in tale mese.

L’art. 10, venendo incontro alle richieste già da molto tempo avanzate dal mondo imprenditoriale, prevede che l’importo massimo compensabile per ciascun anno solare, attualmente fissato dalla legge in 516.456,90 euro, possa essere elevato, compatibilmente con le esigenze di bilancio, a decorrere dal 1° gennaio 2010, fino a 700 mila euro, con appositi decreti ministeriali.

Le nuove disposizioni sulla compensazione dei crediti IVA sembrava dovessero applicarsi, al pari delle altre norme del decreto-legge, fin dal 1° luglio scorso: ciò, però, sarebbe risultato in contrasto con i principi generali posti dallo Statuto del contribuente sull’efficacia delle norme tributarie modificative di quelle previgenti.

L’Agenzia delle Entrate, con un comunicato stampa del 2 luglio 2009, ha precisato che le nuove norme avranno effetto solo a decorrere dal 1° gennaio 2010.

L’art. 10 è intervenuto anche sulla disciplina del rimborso dei crediti IVA annuali, demandando a specifici provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate la fissazione di nuove modalità e termini per chiedere il rimborso di tali crediti; le disposizioni rimarranno, comunque, in vigore fino alla data di emanazione dei provvedimenti direttoriali.

Contrasto ai paradisi

fiscali (art. 12) Per attuare le intese raggiunte tra gli Stati aderenti all’OCSE in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi con regimi fiscali privilegiati, l’art. 12 ha introdotto una presunzione legale relativa in base alla quale, ai soli fini fiscali, le attività di natura finanziaria detenute in questi Paesi si considerano “costituite, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione”.

La norma mira a contrastare quei “comportamenti che tramite l’illecita esportazione di capitali verso paradisi fiscali ostacolano l’azione di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria di forme particolarmente insidiose di evasione fiscale”.

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Estensione dell’ambito applicativo della disciplina CFC (Controlled foreign companies – art. 13)

L’art. 13 ha modificato il regime fiscale delle Controlled Foreign Companies già contenuto nell’art. 167 del TUIR, ampliandone l’ambito di applicazione al fine di prevenire “indebiti arbitraggi fiscali”.

L’art. 167 del TUIR già prevedeva la tassazione per trasparenza, in capo al controllante italiano, dei redditi delle società controllate estere localizzate in Stati extraUE inclusi nella cd. black list.

Questa disciplina di tassazione per trasparenza poteva essere disapplicata dimostrando alternativamente, tramite interpello preventivo, che:

a) la società controllata svolgeva un’attività economica effettiva nello Stato estero di insediamento;

b) che dalle partecipazioni nella controllata non era stato conseguito l’effetto di localizzare i redditi nello Stato a fiscalità privilegiata.

L’art. 13 del provvedimento ha introdotto su questo regime le seguenti innovazioni:

– richiede, ai fini della disapplicazione della disciplina CFC, “l’effettivo radicamento economico del soggetto estero nel territorio di insediamento, mediante attività che abbiano sbocco nel mercato di riferimento”.

Si impone, dunque, come condizione di esonero che il mercato target della società controllata sia quello dello Stato o territorio in cui essa è localizzata. Con ciò si intende evitare che la disapplicazione della disciplina riguardi casi in cui, per esempio, la società controllata estera produca i beni in loco per poi rivenderli in altro Paese.

Tale condizione, con specifico riferimento alle attività bancarie, finanziarie e assicurative si ritiene integrata “quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento”;

– esclude in ogni caso la disapplicazione della disciplina CFC nell’ipotesi in cui il reddito d’impresa del soggetto estero sia costituito per oltre il 50% da c.d. passive income (proventi da attività finanziarie) o da proventi derivanti da attività infragruppo; in particolare sono considerati c.d. passive income i proventi derivanti dalla “gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica”;

– estende – e questa è la novità di maggior rilievo – l’ambito di applicazione della disciplina CFC a tutte le società controllate, a prescindere dalla loro localizzazione, qualora:

Siano assoggettate a una tassazione effettiva inferiore a più del 50% di quella applicabile in Italia e “abbiano conseguito prevalentemente passive income o proventi da attività infragruppo”.

Quest’ultima innovazione fa ricadere nell’ambito applicativo della disciplina anche i proventi c.d. passive income (da detenzione di attività finanziarie, concessione in uso di diritti immateriali, ecc.) o che derivano da attività infragruppo conseguiti da società controllate ovunque localizzate, anche in Europa, laddove il livello di tassazione in loco risulti inferiore al 50% di quello italiano.

Il controllante italiano, tuttavia, può richiedere la disapplicazione di tale regola dimostrando, mediante la procedura di interpello, che la società controllata “non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale”.

In assenza di una espressa previsione di decorrenza non è chiaro se le modifiche alla disciplina CFC producano effetto sin dal momento della pubblicazione del decreto legge (1° luglio 2009) o, in conformità delle previsioni dello Statuto del contribuente, a partire dall’esercizio successivo a quello in corso all’atto della pubblicazione del decreto.

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Scudo fiscale (art. 13-

bis) Viene consentito (art. 13-bis) il rimpatrio e, per i Paesi UE e per quelli aderenti al SEE che garantiscono uno scambio effettivo di informazioni fiscali in via amministrativa, anche la semplice regolarizzazione dei capitali illegalmente detenuti all’estero al 31 dicembre 2008, dietro pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 5%.

Il provvedimento di riemersione, riguarda i capitali detenuti all’estero in violazione delle disposizioni sul monitoraggio fiscale (D.L. n.

167/1990) e non indicati nella dichiarazione dei redditi (quadro RW).

I soggetti interessati dal provvedimento sono le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate (ai sensi dell’art. 5 del TUIR); deve trattarsi di soggetti residenti in Italia all’atto di presentazione della dichiarazione riservata.

Lo scudo ha ad oggetto le attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato italiano “almeno al 31 dicembre 2008”.

La base imponibile su cui applicare l’imposizione sostitutiva è determinata non dal valore capitale dell’attività oggetto di rimpatrio (come nelle precedenti versioni dello scudo fiscale), ma dal suo

“rendimento lordo presunto”, forfettariamente fissato nella misura del 2% annuo per i cinque anni precedenti al rimpatrio o alla regolarizzazione e, dunque, suscettibili di accertamento.

Da tale rendimento lordo presunto non possono mai essere scomputate le perdite eventualmente subite.

Sull’importo complessivo dei rendimenti lordi annui deve essere applicata l’aliquota del 50%, comprensiva, oltre che dell’imposta straordinaria dovuta per il rimpatrio, anche delle sanzioni e degli interessi.

L’imposta così determinata dovrà essere integralmente versata, poiché, per espressa previsione normativa, non potrà costituire oggetto di compensazione con eventuali crediti fiscali vantati dal contribuente né da essa potranno scomputarsi le eventuali ritenute subite.

E’ stata esclusa, per evitare lesioni del principio di non discriminazione, la possibilità di sottoscrivere, con i capitali oggetto di rimpatrio, speciali titoli di Stato o buoni postali della Cassa Depositi e Prestiti per finanziare la ricostruzione delle aree terremotate in Abruzzo.

Il contribuente che aderisce allo scudo fiscale beneficia dell’estinzione delle sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali e di quelle previste dalla legislazione sul monitoraggio fiscale relativamente alle disponibilità dichiarate. L’adesione allo scudo esclude la punibilità dei reati di dichiarazione infedele ed omessa.

Sono esclusi dalla sanatoria tutti gli altri reati:

– falso in bilancio, bancarotta semplice o fraudolenta e ricettazione;

– dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni non esistenti, mediante altri artifici;

– emissione fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;

– occultamento o distruzione di documenti contabili;

– sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Lo scudo fiscale non offre copertura e, dunque, non potrà essere utilizzato a favore del contribuente, per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Anche all’interno del Il Sole 24 Ore del 04.08.2009 è stato evidenziato che dalla modifica apportata dal decreto correttivo alla manovra d’estate sullo scudo fiscale emerge che lo stesso potrà costituire elemento a sfavore del contribuente nel caso di procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto anticrisi.

Nei confronti del soggetto che dichiara e dei soggetti obbligati in solido che aderiscono allo scudo fiscale viene preclusa ogni attività di accertamento tributario e contributivo per i periodi di imposta ancora accertabili, anche con riferimento all’accertamento sintetico.

Per espressa previsione normativa, il rimpatrio o la regolarizzazione

“non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria, in via autonoma o addizionale”.

Gli effetti previsti dalla disciplina dello scudo si perfezionano solo con il pagamento dell’imposta sostitutiva, ma non ci sono particolari vincoli nel reinvestimento delle somme rimpatriate (nella precedente versione dello scudo, il momento di perfezionamento era quello di

presentazione della dichiarazione riservata e c’erano vincoli di reinvestimento).

L’emersione dei capitali detenuti all’estero in violazione della disciplina sul monitoraggio fiscale è consentita nel periodo compreso tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010: in questo arco temporale, gli intermediari finanziari potranno ricevere le somme rimpatriate o regolarizzate.

Intermediario e contribuente compileranno una dichiarazione riservata (che dunque non sarà comunicata all’Amministrazione finanziaria) nella quale saranno riportati gli importi per i quali si utilizza lo scudo.

Gli intermediari sono tenuti però ad osservare gli obblighi di identificazione, registrazione, segnalazione e verifica previsti dalla disciplina c.d. antiriciclaggio.

La presentazione della dichiarazione riservata evita, ai soggetti che aderiscono al rimpatrio o alla regolarizzazione, l’obbligo di compilare, con riferimento alle attività rimpatriate o regolarizzate, il quadro RW della dichiarazione dei redditi. Ciò può avvenire per una o due annualità di imposta, in dipendenza del fatto che il contribuente aderisca rispettivamente nel corso del 2009 o del 2010.

Per chi non aderisce allo scudo, sono fortemente inasprite le sanzioni previste per l’omessa dichiarazione di attività detenute all’estero in violazione delle disposizioni sul monitoraggio: è stata reintrodotta, infatti, la sanzione accessoria della confisca di beni di corrispondente valore ed, inoltre, ripetiamo, l’art. 12 del decreto legge in commento introduce una presunzione legale relativa in base alla quale le attività di natura finanziaria detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati si considerano “costituite, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione”.

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Potenziamento della

riscossione (art. 15) Il provvedimento ha introdotto (art. 15) alcune disposizioni per combattere l’evasione fiscale e contributiva, nonché per potenziare la riscossione dei tributi.

Al fine di facilitare i controlli sui soggetti che godono di prestazioni previdenziali e assistenziali, il primo comma dell’art. 15 stabilisce che l’Amministrazione finanziaria e ogni altra Amministrazione pubblica comunichi all’INPS e agli altri enti di previdenza ed assistenza obbligatoria, in via telematica, a partire dal 1° gennaio 2010, le informazioni utili a consentire la verifica delle situazioni reddituali dei pensionati, nonché dei loro coniugi e familiari, incidenti sulla misura o sul diritto ad usufruire di tali prestazioni.

Per potenziare lo scambio di informazioni fra l’Amministrazione finanziaria e l’INPS il comma 8-terdecies prevede che le violazioni contributive rilevate dall’Amministrazione in sede di controllo siano comunicate all’INPS e, viceversa, le violazioni tributarie, comprese quelle in materia di ritenute, riscontrate dall’INPS siano comunicate all’Amministrazione finanziaria.

Per risolvere l’annosa questione del soggetto tenuto ad effettuare le ritenute sui redditi oggetto di pignoramento, nonché della misura di tale prelievo, con il secondo comma dell’art. 15 è stato introdotto l’obbligo a carico dei terzi ”esecutati”, nel caso in cui siano sostituti d’imposta, di operare all’atto del pagamento delle somme ai creditori la ritenuta d’acconto nella misura del 20%.

Le modalità con cui dovrà essere assolto il nuovo obbligo saranno stabilite da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Al fine di assicurare una più efficace azione di recupero delle somme iscritte a ruolo, con il terzo comma dell’art. 15 è stato aumentato da cinque a nove mesi il periodo di tempo entro il quale gli agenti della riscossione possono notificare ai contribuenti le cartelle di pagamento.

La norma si applicherà ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 31 ottobre 2009.

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