SERMONI
CRITICI
S
0 T R L ^
LETTERATURA MODERNA
DI GIULIO TRENTO
COTi 7{0TE DELLO STESSO
IL GENIO
SERMONE SECONDO.
IN TREVISO
1788
,a spese Dell» autore.
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Jl
SV„4 ECC E
LLETIZI IL % «
/•GIROLAMO ASCANIO
M O L 1 N
PATRIZIO VENETO, E SENATORE AMPLISSIMO.
Nbl dedicare a V. Eccellenza quefio no- viffimo Saggio dell’opera mia, prego che mi
ila
lecito segregarmi dalla confiderazione del-
lasua dignità, e di quelle morali, e politi- che virtù, che
1’adornano
je di accennare soltanto
ilfiniflimo gufto
,e
ilperfetto giu- dizio suo negli fìudj dell’Eloquenza, e della Poefia
.Imperciocché
lapoca o niuna per- suasone che V. E. ebbe sempre dello scrive-
re
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re di alcuni moderni, e P amore
:della puri- tà e della grazia degli antichi, e dei loro seguaci, mi dieder animo a presentarle que- llo Sermone, col quale intendo frenare
1*ec- cetto della scuola declamatoria
,che alcuni novatori hanno preso ad oneflare col nome
di Genio
.Così e
illibro dello, e
lascelta di quello, a cui doveflì dedicarlo, viene da una lktfa cagione e principio. E certo V. E.
non solamente parlando corregge quella
li-cenza
,ma sà ancora scrivendo
farlinorma ed esempio agli
altridel vero
lìile.Chi leg- ge
leOpere sue in
ispiritograndi
,nò per espreffion meno rare
,vedrà quanto licu- ro e onorevole
fia i!ralfegnarle ciò che com- batte
ildir caricato e tronfio, per sodene- re P ingenuo e sublime
•Degni V. £. di accettare quella mia umile offerta con
ladella benignità
,con
laquale ha riguarda-*
te
,e riguarda
lecose da me scritte e dam-i paté
,e di coprire
latenuità mia con P am-
piezza del nome suo, e della sua validiflìma protezione. E sono con profondo rispetto
D
1 r.ECCE
LLETIZI
Untilifs. Devoti/s.Ofjcquiosifs. Servitore
GIULIO TRENTO.
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)(
IH
)CIL GENIO
SERMONE
p Genio
, oGenio
, onuovo 'Nume, cb' empj Vani cervelli
, e
fuor ne mandi un vampo 7 W, che
t*ammira e plaude
ilpopol folto
O
seal novello Sofocle r ingegno Contorci
,
e vibri gP infocati detti
Che
s'inceppano ad arte
$(a)
0,/<•Degli antichi
scrittorV Opere adonti Maggioreggiando,
ea quei di Laura
eBice Scrittor novelli opponi
3
(b)
0se famoso,
E irrequieto
ti sollevied ergi
Oual lppogrijfo, e a nuove genti
, ea nuove ~ r avelie intendi, e remeando a volo
Pieces novelli a noi sciorini e verfì Britan — Francesco — Italico — Allemande
,
Lbe non infiammi quefio petto,
epungi
E alma lenta e ritrosa
,
ond*
iomi scagli Trecipìtoso qual torrente
,
ch’urta
Le montagne di Cromia
, 0
qual saetta
Piombi scoppj diflrugga
ilmagro jìuolo
A
De^liDigitizedbyGoogle
)( IV )(
Degli Idolatri del buon guflo ? allora Petto di marmo
iochiamerò due sode
,E tenaci mammelle
: a*sonnacchiofi
Dirò
figlidel sonno: a notte ingombra
D
yaffannofi penfier notte di morte
$Al guerrier
figliodella spada
$allora
Con gote enfiate, ed ondeggianti in spuma
Forti concetti spremerò
ricoltiDi Francia
,edi Brettagna
, ea me sembrando Di Virgilio maggior
,maggior
d'Omero Al%er omm’t qual globo che
fi
gonfia
Ter pece accesa
, e
sopra f aer lieve Tratto ascende
, etrascorre
oltre lasfera Terrefire,
epar che
pofiin grembo al Sole Spettacol novo
,che ballar fè
ilcore Alla regia famiglia impallidita
,
E
ivolanti
corfieriha
poftiin Cielo
.Ma a qual fonte
ePItalia attinger
pojfol? onda Febea
,che di mortai fa Piume}
Tificu%xp è 7 Tetrarca,
ed
’armonia Tj
ccreator soverchio
\ il
Casa
rottoEd aspro
oltrenatura
} eitroppo suda Sulla
fiess'opra, e 7 già fatto difiorna Affai sovente y onde tarpate ba
ly
ale
Al Genio
,sol di Toefia maeftro
•di
-DigitizedbyGoogle
)C
v
)(“><)I
Gli
altrifiacchi
eslombati a sane menti Tortan
solorumor di voci
emetri
. (c)
Come defirier che impaciente shocca
Da carceri e da sbarre
,
e prende
ilcorso Trecipitoso inver
lameta
,foco
Dalle nari sbruffando infra
legrida
,E
i lietiplaufi
, eV batter palma a palma
,
Tal
fiaV Toeta
•Teregrin concetto
,Che rado mai Latin
,nè Greco attìnse
,Ogni ancor lieve Voemetto informi
•Di gigantesche immagini robufte Quindi
ilricopra
9e con pregnante voce Torcia r esprima
, econ suonante metro
•Fugga
inomi
noflrali •tificume
Ter
luifian To Varo Arno Adige Tebro Verso Tamigi Senna Oder e T^eno
•Italia già credea tener
ilcampo
Nella T ragedia
:or ba Voltaire
ilgrido
•‘Nuovo Trometeo
ei tolse ilforo a Giove
,
Onde lampeggia urta frac affa incende
•Furia di
Filosoficiconcetti
A mm
affatied avvolti entro a un volume Di quattro carte
$sfolgoranti idee In meccp al pianto
$ed un lanciar
fi
ratto Nell* alta paffione
,c nel cimento
;Gii
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r
)(
VI
)(Già nel prirn
’atto risuonar
sìforte
,Come nel teryo
;e balenar d* acciaro Fumante ancor dalla
trafittamadre
,E dalla sposa
,
per dispregio ed onta
De
’ingegni
, <? *//x£/
/oraajfembra
,pedanti fur colpe
, /«/virtudi
•<&/
tìGr x*erge
lospirto Abbattuto
9 eravvolto entro la foga
Di varianti
affettiavviluppati
'.)In poco spazio a dar spavento
emorte
. 'Quefle Tragedie son
,ver cui dispregio Il Grecbeggiante pedantesco jìuolo D'Italici scrittori men che Commedie
Quei del Giovane (d) Uliffe
,e d' A
/lianate
ìModi
e verfia me sembrano
•e et Orefte Quel già sublime e lagrimoso verso
,
Se Voltaire
fideclami a me par boccia
yChe fanciul per
traflulloin aer spinga
•Che mi ricanti tu quel di Jtagira Saggio,
e imagri precetti idolatrati
Sì lungamente
?Genio animatore Tutto rinnova
, ea fiftemar intende Ciò cb' era gretto inviluppato
escemo
•Tbomas ha 7
titold
’eloquente
: eimove Con ne rbo di concetti
,e non con ciance
A
tri -DigitizedbyGoogle
)( VII )(
A trionfar de' Tuli), e de' Demo
fletti,Che magri appetto
luitornano
, evi%%)
•TZon un %ergo di frafi
evoci e numeri Ingombra r oro de
'suoi senfi
:ei torno
Dt periodo non cura
>e non
tipone Guai sentenza nel
finvoce rotonda
,Cb' empia
l'orecchie sol del suo rimbombo Grave concetto
,da suonanti voci
E
concifiperiodi avvalorato
Fa V suo principio
:onde ciascun adatti L' orecchie umile
, ose beato creda
>Che non V intende
.A
luiFilosofia Soffia sentente luminose
egravi
,E
lescanella
etempera l'ingegno Brillante a foggia oltramontana
enova
•Uè
tipiglia da lungi
,ma
filancia
T
oftonel
fitto,e Agglomerando nuovi Concetti e forme a soverchiare intende L'
altosoggetto
:di figure un nembo.
-,Dietro a
luimove
, ed? un feroce ardire
L
*invefte
si,che ognor
s'adira
ofreme
30 e
flatico
fi
tace
, oforte esclama
,Che a chi non sa sembra spirato ed ebro
O bove
IloFetonte affrena un poco
1 fumanti
deftrierit echeto ascolta
)( Vili )(
Quel che
.tSaggi dettavo.
*E* V J en%a cui nulla può chi a parlar move
.Verce%ton vìva
,intenfion profonda
• .D’
eiafico vigor
figlia,cbe
toftoGli
obiettia
leipresenti afferra
,fanne Verace impronta
, /lontani aggiunge Velocemente
, ^ //'collega e Siringe Con soave rapporto
,*
/»/son ale
.//
ragion noi tempri
,E lunga arte
ilpolisca
? £/'/or/^ suona
-G/rf
*//per se. Cbe giova,
seal Novembre Non giunge quel cbe tu d' Ottobre
fili?
Di nailon consenso
,cbe prescrive Metodi
eforme
, eV patrimonio fonda Della lingua natia
,cbe invidia
tojloNon cuflodito
j e lasposata norma
Da quei cbe scrisser nelP età più colte
,Cbe
ilgiudizio de' Saggi riconforta
,
E V più tardo avvenir guarda
esuggella
>E V sapor cbe nelP anima
fisente
Del vero
,onde ciascun tiene P impronta
,Siano a
'tuoi
senfi,ed al tuo dir maeftri
•D' idropico tumor sembra colui
, (
C
)Cbe sol per novità grandeggiai
equegli
Cbe
firifa della suonante voce
,
“ flati*
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)( IX )(
o<jr
u V lauto ben grande senza musar uo/a
.
(fj
Armonia chiedo
,
#
0# rimbombo
jor
7// liuti9 e
dì viole
,
Grato concerto
l* wf
rr«<7/ //fraftuono
Di bombe di mortai di rauco corno ?
A
*Greci ingegno
, <?'Gwi ornato
jlileConcede Apollo
;
eppur semplicitadc
"Ritrovi in Lisia tal
,cbe
tipar neve
,“ Cbe senza vento in un bel
collefiocchi
•*Non di voci rimbombo armonioso Demoflene fè grande
5nè di
trifiaFilosofìa sparna^amento
; cimove Foderoso
,ed incalva con tai
detti,
Cbe tragge e vince ogni
civii talento
•Spreca
i'nuovi concetti
,arte e pre
(ligioDi baffe menti', e libero discorre
,Armonizzando
i senfiquanto è giufto
,Con rauca gola
,e con enfiata bocca Freme a Salejo
,(g) e risuonar da lungi
S
*udian
levolte del Vretorio
:intenta
Stava
laturba dei Roman braccati
, jEpendea da suoi labbri
* eimore
j tofloQuel fiume
risuonante finì seco
•Forti concetti
,modi e gravi Spreme Lucano al suon d* epica tromba
•O
qualDigitizedbyGoogle
)(
X
)(O qual genio! avran detto
iT^omanaflri Imbaft arditi
.Vè come robufto,
E come risoluto entra e
fispazia
Per P ampio tema!
eigiganteggia e ferve
A ogni pajfo
, etrionfa
$è
lasua voce Pari alla forza del Romano impero.
Ma poto verde in sulla cima
flette3E Virgilio che allor piativa
ilplauso
Di pochi saggi
fqual Fenice poscia Risorse
, ebafterà quanto
laluce
•Come r Ape Matina a ftento sugge
(h
)Il nettare vital Fiacco operoso
.Studia rifa diflorna orna ed avviva
.Ma quanto umil
fifa
,tanto grandeggia Sopra color
,che di Titani
inguisa Moli a moli giungendo
, emonti a monti Agli orecchi fan for<ga ed alla mente.-
0 G:-
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X XI
)(ANNOTAZIONI.
#0
GeniooGenio '.:
-* • 4 • .
I O
nonintendo già di enunzlare con quella voci quell’acri-monia,
e rapiditàdella mente, che anima aigrandiprogetti, che spazia sovranamente sugli altrui ritrovati, che calca con francopiede gliabufi, chesàrinvenir cose nuove,ole già in- ventaterilevaed eftendealontanirapporti•'quella che haformati i Colbcrt,iNevvtoni,iRuflau,i Paoli,iTiziani,ed iMi-
chelangeli, i Danti,ì Boccaccj,gli Ariofti.E’ quella, ficcome credo, l’idea del Genioin generale,laquale non determinata dasoggetti atuttoquellofi riferisce, che può l'umano intellet- to comprendere, oppure immaginandoritrarre ( a)ma
precisa- mente quella facoltà, per cui 1*uomo
parlando varcaficuramente dall’unoall’altroconfinedel verifimilecon forzaed energia non usata,chefà una imprdlloneprofonda,eda nonperderlidiìpg*gieri»quella chea guisa dilucepenetra icuori,egliscalda, e rapisce, e trasporta con voga di sentimentiedaffetti? che ag- randiscei soggettisenza turbarnela propria natura.I Latinila chiamaronoIngenium^Vis qualiuna propriacnaturaivirtù;ino- ltril’hannocosìtradotta,Ingegno,iFrancefi piuttoftoftorpiando, chetraducendo Genieilaqual voce infiemecon molti coftumi ven- nedi làtrasportata nellenoftre contrade, ed èfattapolirà
.
A
Na«.(s)
Non
’efacilcofa, anzipermio avvisofcimponìbiledefinire ilGenioingenerale,cosich'uomportaformarsenechiara ecompiuta i*dea. Imperciocché sendoquellocortituito,ecomporto dadiverfielemen- tie radici eterogenee,ficcome dipendenti da tìfiche dispofizioni prodi- giosamentediverse,ecombinate,nonsoffred’eflerper analifiridotto aduntermine semplice,epreciso. Infinita innoltre èlavarietà de’ sog- getti,e rapporti a’quali fieftende,e quefti cosìdi ragione,come di sentimento,ediognicosachea quellosecondi;e infinite sono altresì lemaniere conlequalifiordina,ed isviluppa aprodurreeffettipropor- zionati alla suanatura. Cosi fipuòeglipiuttorto saggiare,che com- prendere,orilevareconPespreflìone.IlSmklimt,ch’éilGeniorappot*
tatoall’eloquenza, o almenoun ramodierto,nonpermised’tffere de- finitoda quello, cheneltrattarne fùsisublimeeglirtefio;perciònonpo- tendoafferrarnelapienaidea,lovennea parte aparteadditando.
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)(
XII
)(Nasce quello Genio del dire da certa naturai tempra,la qualerapiscepiuttorto,che avvicinare le forme degli oggetti e- flerni oreali,o immaginati. Ond’èchea’vicini fi lancia con intensione profonda; i lontani subitamente arriva; i dispara- ti collega, e aduna con nuovi,
ma
soavi rapporti. Filosofia Io nutreed avvalora,csenza farmortradisècitrasfondele tracce del vero filogizzato.Educazione il conforta,e apiù alto segno lospinge. Nell*ampio,
enell’altezzadellereali,edelle verifi- mili cose discorre sovranamente. La grandezzade’soggetti è suo proprioalimento,mi
ne*piccioliancora fignoreggia. Giuocafe- licemente Pideesemplici, vertendole digrazia natia, e lecom-
muni con maravigliosaarte,econ nobileartuzia rinova. L’ idee artratte rapidamente al senso affoggetta,incarnandole. Benché sovrano èimperante ,bartiacreargentilezza,ma
ladelicatezzaso- verchiacomecosadi sè minorerifiuta.Lecircortanzenonoppor- tunecosi ne’penfieri, come nel favellare modifica nobilmente, e vinceperfinole refirtenze, chedillaqualitàde'soggetti fipartono ad attraversarlo nel corso. Direrti cheP azione sua fidispieghi in ragione direttadellesueforze, ed inversa delle refirtenze.A-
nalizzaove occorralecose con ragionamento e deduzione pro- fonda,sìcheall'ultima condufione il principio risponda d’affai lontano;o all’incontro con perpetuocorroboramentoed energia di parbri dirtende ed amplifica il suo soggettoin aperta edSpie- gata grandezza.Le
parole non accatta,ma
versa,sì proprie a*concetti,cheSembranonatecon ella.Si dilettad’un’amabile va- rietà,e lascia Io ftilemcnotono,c risuonanteal biffoorgoglio dei declamatori. Prezza
P
armonia;ma
non compassa,edisegni ad untuonoarmonioso levoci,e icomporti di quelle, tenendo la regolaconla pennainmano. A’ pender! soventeil metro con- forma, e spezialmente poetandoimpronta nell’espreffione,enel numeroquelsentimento ch’enuncia. Nellecosecheammetton di- segno, v largofiftendono,come
nelleorazioni,e ne’poemi,entra con intcrcffe, procede con ardore,riesceconnovità, e
commo-
zione.Io nonsono sì prevenuto controquellimillantatoridelGenio, che non creda cheall’Oratore, eal Poeta fia neceffariaquella co- tal
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'iÌ9
X XIII
)(tal forza,e agitazione dimente,che ho divisata ne’ suoi prin- cipi>edeffetti.
Ma
non credo,eperciòm’
accapiglio con quelli saccenti,chela rotonditàdellevoci,o l’asprezza, o lagravità uniforme, o la furia deiconcetti l’linosopral’altroammalati
senzadivisamente,e Senzaun discretoriguardoalla qualità del Soggetto,alcarattere degliudienti» nèl’mgroflamento dellefigu- re che chiamanti dell’affetto, nèil numero rimbombante,e vi- brato, qualunque fia quella cosa che voglia esprimerti,fianola prova, e per usareleloro vocinuove all'Italia,losviluppodi quelloGeniosìdecantatodagli Scrittori. Quello Genio eh’è
vo»
cenuova soflituita alle qualità antiche,fi gonfia di
nomi
flra- nieri, che fanno ecoerimbombo* D’ondeavviene che Dante (1 reputiun vecchiorimbambito,il.Petrarcauninnamoratuzzoscem- piato,il Boccaccioun guidonesporco stucchevole,esenzasale.Tiene che i Greci Maellrifiano vizzi,iLatini copiatori mes- chini,gl'italiani pedanti miseri, esguajati.
Vago
di novità firilevasopra l’umilesuolod’Italia, e a guisa d’Ipogriflo tras- corre in Francia, in
B
etagna,in Ifcozia; ove accogliendo di moltinomi
, ediverfi,grandeggia nella vanità,e risuonanza di quelli»e purché fidiaguflo acoloro,chefimilboria trafporta.Corfiailcappuccio,epiùnonfirichiede.
Provai diquelloèchelacaricatura,e 1’eccello dellascuola declamatoria,laqualeal dir delGravinaè latombadell'eloquen- za,rendequafiin propria formal’indole,e1‘esprelfionedi quelli uominidel Genio. Così sìslanciano elU oltre iconfini del ve- ro,edellanatura;cosìlaloro affettata grandezzainognisogget- to,che lorfi presenti,noneflendosoftenuta da forza disottoftart- tecdhcetto riescevizza,egonfia come tumore d’Idropico; così letantefiguresono da ellaraccolte,eammanitea caricodell’
O-
razione,nonavantaggio.Rendemaraviglia ilvedere concettiav- viluppati1’un sopra1* altrosenzadiscrezione,o riserbo; equi- vocismodati» vocicrudele pregnanti,quantopiene di suono,
altrettanto vuote di spirito,e la grazia e1’armonia, sìgran soflegni dell’eloquenza,obbliate, e dipolle qual cosavieta.Col- padinoflra intemperante vaghezza, che va cercando neglialtri quello eh’èsuo, cioèlagiudatemperatura, lasoavearmonia,le gra-
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grazie, ed imotti, che tutti per favorede!climi tranoi scatu- riscono, e comeda fontenellealtrenazioni
meno
felicifi ris- pandonoiond’ ebbe ascrivereunIlluftreAutoreFrancese, chela Poefìa,laScultura,laPittura,ela Mufica'sonoinFrancia fore- fliere,enaturali in Italia.(b)Imperciocchélatemperatura del clima informando,escuotendo,epiùomeno
secondoil suo po- tereirritandolafificae senfibil partedinoi,ci conformaemo-
difica la pronunzia,e i modi di favellare, iquali ne sonouna viva espreflione edimpronta.
Fù
quello vantaggio di clima , e quello principale elemento dell’eloquenza riconosciuto daOra-
zio, parlando deiGreci;Craysingenium
,Graysded.itorerotundo
Musaloqui ;
lì dalPoliziano,quandoscriflechela
Commedia,
laqualeap- presoiGreciera ascesaal piùaltogradodi perfezione, divenne zoppa e mancante predoiRomani
,perla loronaturai gravità ecompollezza.ClaudicatbicLatium, vixq. ipsam attingìmusumbram Cecropialaudis,gravitaiRomanarepugnat
Scilicet <
E
dal Gravina saggiamente oHervata e dedotta per quelli crii diProperzio.xAtnon squammosolabuntur ventre ceraiay Italaportentisnec furit unda novìs.
'bjyinhic Romulidaresonantprò maire catena, 7{ecfremii ^Ausoni a
s
,Tbabefugate,dapes.
"Keccuiquamabsentesarseruntincaputignes,
Exitiumnatomatre parantesuo. • TentheanonsavaveniranturinarboreEaccha,
"Htcsolvit Danas subdita cervaratei, Cornilanecvalute curvareinpolliceJuno;
^tut factem turpidedecorarebove:
xArboTeasquecruces Scinis,&"nonhospita Graiis -
Saxa,
&
curvatasinsua fatatrabes. .Ora
! *) Balzae.
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)(
XV
)(t+ai
, Ora ilCielo d'Italia perlamaggiorparte scuote sìmodera- tamente lefibre, emetteinsìregolarvoga gli umorie gli spi- riti de*tuoi abitanti, chenaturalmente fi versano neglioggetti con urti, escoileproporzionate,e conunatalgraduazione, che servemaravigliosamente all'armonia,e alla dolcezza; nè accade chelo slanciodiellatrapalli iconfinidelverifimile,o nei con- cetti,o nelleformedidire:ed ogniesprelGone fi contempra con l’indole,e grado dellapalfione, dalla quale èmofia e avvalo- rata. Ofiervo che loAile ingenuo cominciò in
Roma
aman-
care, e celle ilcampo
alla improprietà e gonfiezza declama-, toria dappoi chevennero, efiorironoincfla gl’ingegni Oltra- montani. Allora lebombediLucano,ediStazio,e leFalangi dei concetti diSeneca scartarono ilguAo
originale e verace» e non quegliche piò ordinatamente,ma
quegliche più fortemente parlava,eraunDio
.Ma
quelloGenio, o stdirvogliali quellanaturacosìdispo- fla per virtùdel clima,eh’è ilprimoelemento dell’eloquenza, e della buona Poefia, cioèdella flefia eloquenza ingentilita, fu travisato e guaito per troppo Audio di novità. Imperciocchéri- flabilitafi nell*Italia la veracitàdello AileOratorio,e Poetico, mercè spezialmente deiLazzarini, dei Manfredi, dei Zanotti,e de’Salvini)tornati in riputazione inoAriantichi esemplari, pi- gliando il luogo dei giuochi Marineschi lascuoladi Dante, e delPetrarca)e prevalendo all’ardire dei concetti, e delleespres- fionila semplicità,elagrazia,risorsenuovamentelagloria del noAro idioma)esembravach’eflendo l’eloquenzaanimatacscor- tadai lumidellescienze,lequaliripullulavandel pari, dovelle,
come a'miglior tempi della Grecia accoppiarfila proprietà,la grandezza,la grazia del discorso conla veracità, eonla forza deisentimenti,e dellepaflìoni»edi lorocosìcombinare formarli unedilìzioAabile,e ficuro.
“Ma
perchènonèdatoallemondane
“
cosefermarli,ma
semprepiùsalendo giungerefinoal colmo,e“
poscia degradando corromperfi»così avvenne tranoi dell’elo- quenza,e delia Poefia,checominciandoafarnoja lecose noflra- li, e imperando la novità degli autoriOltramontani, vennea smontareilpregiodelle vocinatie,e sottentraronoa forzalefo- reAierDigitizedbyGoogle
)(
XVI
)(reftiere,o ledi quelletradotte fi fecernoftrel li Ingenuità de*
noftri ritratti ci parve grolla rispetto all*affinateminiere della Cortee dei Sofà di Parigi»la voga deiconcettisoffocò,espen- se ia lineerà e netta espressone; il tuono declamatorio,dicui ( per teftimonio diDionifio Longino,edi Tacito) la
Monar-
chia fù sempre alimento,col grandeggiareaspropofito,efar de- gliuominigiganti,ci fecomparirePigmei.TralTero in prima a quella luceipiùsemplici»
ma
iciur- matori letterarj per vaghezzadi fingolaritàfiallarmaronconella, esforzandoa guisadi tirannileben dispollementi, fraloro in- teseedunitein armonioso concenso,formarondell’eloquenzauna falsiidea, o perIomeno
ne turbaronoigradi. Allora lo Scom- pagnamento ,ela difTolutezzadie bando all’armonia,e alle op-i portune giunture, chesono il nerbodel dire»il pirlarerottoe conciso prevalseallarotondità»la risuonanza dellevoci copcrfe 1*ingenua chiarezza.
Un
improviso enfaticotrasporto, unoscialo e sparnazamento di figure patetiche inopportune» una monoto- nia, che mal fi ricompra coi sentimentielevati turgidierifal- tantioltreal gradodell’ interelfe edellapaflìone, viziaron1’orec- chie dei vegnentidicitori. Così la grandezzaficangiò in gon- fiezza,ladignità in burbanza,eI*impresoneveraceeforte inab- baglio palfaggero. Riconosciutala differenza delvero Geniodal falso,facciamocia ricercare qual fia laradice,e qualità dique- llofalso Genio, che informailpiùde*modernicomponimenti,e vicampeggia sìlargamente. Iole determinonella turgidezzate nelsoverchioraffinamento.Laturgidezza rispettoallatemperatae naturai forma di di- re,quella cioèche segue diferetamente i motidell’animo,cfi
combacia colsoggettocui tratta,èunefirenio» al quale dall’al- tro lato rispondeil leccato,edilraffinato. Quella fi scaglia, e precipitaconampullofità,econfuriadi concettiftidiati per così dire l'unodopo l’altro»aconnetter parolee frafidi gran suono, non già secondoI* affezioncheci sprona,
ma
ftandosempresul medefimo tuono,e trafporto;ilcheci defrauda l’effettodell’e- loquenza, c d’ogni imitazione; perciocché quelli che afcoltano npn
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)(
XVII X
nonson atti araffrontarelecose udite con quelleforme,che fu- ronoimpreffe dal collume.
L
*affettatopoi,e illeccatofi perde dietroalle arguzie,e a cotali freddezze,che nasconodaltroppovezzeggiar noimedsfimi,
edal voler adornare,e quafiaffinar lanaturaid’onde lasempli- cità, principal elemento dell*eloquenza, rimanecopertaemas- cherata.
Fù laturgidizza mai sempre aborrita dai mieflri deldire, ecome uno scoglioinfame contraffegnata daOrazionella Poetica.
Cicerone ,e DionifioLongino nell’aureolibrodelSublime ifau- tori di effa rifanno e scorgono acutamente
.Or
chi direbbe che quello aggrandirò isoggetti fuori del vero, quellogonfiarli a spropofito, ead ognipaliolanciarficomeforsennati, quelloscop- pioerimbombo di voci che introna,e tanto soperchio difigu- re, edimodi
fervidieconcitati,avelie atenereilcampo
nell*eloquenza; enon quegli chepiliopportunamente dice,epiùeffi- cacementeritragge,
ma
quegli che menapiùfallo, e burbanza, e aguisa dibarbariche vanno allazuffa,mettendolevoci alris- lìme fi rifà della piccolezza delcuore,avelie atenerliilRè
de*parlatori?Fiaccoedilombato il Petrarca;al Casa non fi accor- da altro pregio, chedell*accompagnate parole, delta vaghezza dellegiunture,edelnumeroadatto»a tutti gli altri scrittoridel Secolo XVr. nuli*altro che una vuota armoniaficoncede;tutti sonoall»indietroda quello sfogo, daquell’impeto, daquella vi- brazione, la quale hanno polla per saggio,e modello d»ogni parlarcie purché quella lampeggi neiloro scritti,non fi curari
digrazia,nè di misura alcuna. **
.* -»-
Di pari col turgidd viene daimaellri deldire colpita la schifiltà, eraffinamento soverchio, il qualeriesce nel freddo»
eficcome quel primoeccello oltreallecause sopracennate procede da unorgoglioso disprezzodellecosenoftrali,e daldefideriodi primeggiare,cosìquellodifettoseconda lolludiosoverchio, ela servile ricerca diquellecose, che fanno ilpregio delloflile.
Di
quellovizio sono imbevuti parrecchi autori del SecoloXV;
i qualinon potendoraggiungeregliesemplari sovrani,-Dante Boc- caccio, Petrarca, ed alcunaltrodi quellaschiera,fludiarono<f.: ador-
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X XVIII
)(adórnaTfidi miniere,edi fogge.
Ma
dopol'aureoSecoloXVI.veramenteAttico ritornòla ftudiata finezza,e ammanieramencoi
comefi vedenelTallo,epiù schiettamente neglialtriche venne- ro apprefio lui.
E
perchè ivizimegliotrà loro ficonfanno, di quelloche alcunofi accordicon la virtù,ambedue quellivezzi,e travisa- menti scappano fuoriadun tempo Hello,el’unoall’altro scam- bievolmente soccorrea danno c scempio dell’eloquenza,edella buonaPoefia.Rimane
oraavederesequegli autori,iquali dagli eruditide’noftrigiorni sono proporti adesempio enormadeldi- retengano di grandezza,edi ricchezza soverchio,osepelGenio imperante,checalca lavieta pedanteria,enulla addotta,nè ap- provasenonè nuovo,e originale,a guisa dei primi luminari confortino,epadronegginol’artediscrivere,cdi ritrarre.Ilprimoche viene propoftoad esemplareeMaeftro delGenioj èil Signor de Voltaire,e fingolarmente lesue Tragedie,o per- chè sonopiònote che1*altre sueOpere, operchè rilevano me- glioepiù vivamenteildi luicarattere.Se tu daiTetta a quelli partigianidelGenio,egliècosada fardisperareogniscrittore*e qualunque fi arrischia a tradurlo innortra lingua, eprende al- cun pocodiquello spirito,o sèbeato allora!chegliparefliere
Oratoree Poeta,eandarsene in Cielo.
Ascolto ridendoleloro voci, che rimbomban del pari*
ma
nonmi
artordano sì, ch’io nonsperi di farsentireoveil vero s’intenda, che launiformità ed uguaglianza di rtile usata nel- le Tragediedi quello Autore,e il perpetuo slancio, col quale pretende ritrarrepiù vivamente iconcetti, e arrivare ilsublime, non secondaallanatura, nè giovaalla percezione* poichésopraf- facendoconurti e scortetroppo veementi l’uditorenon preparato, neavviene ch'egli rimanga piuttorto istupidito che preso.Che
tira,e non empiequalunque figonfianelprimoingrelTo della fa- vola con ampullofità di sentimenti, edi suoni impertinenti ad una semplice narrazione.Ila quantofivoglia affettuosa, com'èla Trotafì,o ad un avviamentod’impresa,quale vuolerter1’Epitafi.Che
senon quando monta sul rischiodella palfione,edell’ultima avventura, nondee ragionevolmenteilPoeta Tragico stragonfia- rc,DigitizedbyGoogle
IfOi'
)(XlX)f
re,ilched’ordinarionel terzo attosuccede.
Che
quellonon go- verno,ma
flraziodell’eloquenzaècosìpropriodel Sig.de Voltai- re,come
sonogliaffetti intempeflivi, e caricati oltreal vero;che mentre calcacon l’anima gli esemplari dei Greci,e lafeli- ce imitazionedegl*Italiani»mentrecerca di erigerli in capo e originainorma, scade digran lunga dallelor favole per econo-
mia,
eper graduazione; mentre fludiadisoverchiarli per ardi- tezza, fta loroindietro perdelicatezza,c per semplicità nelma-
neggio degli affetti) equantotrascorreinnanzi colGenio,cotanto perde del gufto.Che
la morale,ela politicanon sonocome san- guediffusenelcorpo dellesue favole,come
in Sofocle,ma
sìbe- ne intruseedavviluppate, sovente con intemperanza,e spello^an- cora a spropofito) che i suoi principinon sono tranquilli, gli avviamenti non preparati, ilriscaldosoverchio,epiù sorpren- dente,chedolorosa l'uscita)chedalla Zairain fuorilesueTra-
gediepotranno forseballareallospavento, fingolarmente perch’e- gli chiama in soccorso, e suffragio iprelfigi, e laReligione* e lavilla de* fattiatrocilodevolmente schivata dai Greci)ma
non vagliono a spremer dagli occhiuna lacrima. Finalmente chea
furiade’barbari,espezialmentede*Munsulmani prescrive ic sue paffioni,quandoil
campo
diquelleesìampio,
quanto èlana*tura; che lontanodalla franchezza, e direi quali versabilità del Racinenelmaneggiareglieffetti piùteneri,e dallarobuflagran- dezza,e maelìàde’Cornelj,ragguaglialesueTragediecon quelle di Seneca, intemperanti, e vibrate oltre ai confini del vero, che poca gloria hanno aggiunta al Lazio; che furonoil primo scadimento della
Romana
eloquenza, talché la traduzione di effeci renderebbe in pròpria formail Sig.de Voltaire.Ma
la fama di quelloscrittore ha occupate lementi dital maniera,chefi vorrebbe usciredel
mondo
conDanteperfarvalerelospre- giudizio per boccad’uneccellentePoeta secondoisuoi tempi,lascia dirgli flotti
Che
tjueldiLemosì credonch’avanzi:A
vocepiù cheal verdrizzan livolti,E
cosìferman sua opinione.Primaeh*arteo ragion per lors»ascolti
.
C
' CosìDigitizedbyGoogle
)(
XX
)(Così fermolti aotichidi Guittone,
Di
grido ingrido purluidando pregio,Finche l’ha vinto il vercon più persone!
Il tempo farà permolti ciòche vale ora per pòchila Filo»
sofia» efi ricanteràaundiprerto
<At noflriproavi Tlautìnosetnumero s
,et laudaveresales,nimium patienterutrumque,
T^edicatifluitemirati,
. Tomaihailtitold*eloquentei
%
Aveagià laFrancia riportala primalodedell*eloquenza in Malherbe, in Fenelon, ed in Bortuet;poteva nuovamente darne buon saggio nelle ArringhedelSig.diChalon,
ma
non sòcome trapelò amaggiorpregio,e tuttiquefti illuftri nomi trapafla di gran lungailSig.Tomas
.Quefti agitato,esospinto da un ge- nio risoluto edardente, calcandoogni leggedel dire,intesead afferrareilsublimeconforza di concetti non misurati,ma
verfa-»ti, e con pari ampullofitàdiesprellioni.Sembra ne*suoiElogi,
che un’Accademiadi Filosofi gliammaniscaiconcetti,eeh’ egli corraalla prova con Plinio, econ Seneca al pregio della forza nell*enunziarli.lidiluiftilecunaPoefia(temperatainProsa, che intendeasopraffarl’uditore coglientramentigravie concili, con la novitàde’sentimenti,econ la vogadel direfervidoeconcita- to.
Chiama
a suo uopoe confortogliordigni dellefigure,così• di suono,comedisentenza pertuttoilcorso dellesueArringhe,
ancorchéfianotutte delgenereEsornativo, per conseguenza non torbideegareggianti,nèaffezionatedal rifehiod'ungiudizio
Ca-
pitale»è così pienoe poderoso percuotegliorecchi di quelli» a quali Svilisce la semplicità de’Greci, e dei Latini scrittori,e vieppiùquellade* nortri,e fifanno a mirarlo, cadditarlo agli altriqual nuova cosa.
Eppure vorebbono alcuni, chenonfi vantano d*efferdi al- cuna Accademia,nètengonoluogo rilevatonella Repub.delle let- tere,eh*egliforte piùtemperato, emodeftone’suoi principi» *•
quali, chidrittocftima,sono direttiacattivar 1*uditore con 1 infi-
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)(
XXI
)(<40?
infirminone,nonasorprenderlo}comeinsegnala natura medefi-
nu,
la qualealdirediCiceronelevioribusprincipit:omnia prxte -X
viti poiché l’animodichi ascolta nonèapparecchiatoa sen- tire ditutta forzailSoggetto che a luifi presenta;ma
vuoitia pocoa poco disporre,affinchè1’apprenda vivamente di talma-
niera che, neriesca difficile loscadimento.Vorrebbonoche laFiloso- fianon ponede cosìa moflra lepropriemerci ,e nonregna desull*Eloquenza,
ma
a Lei secondata, spargendoliintuttal’Orazione con taleartifizio e macllria,chenon dimodri di voler fareil pedantea chiI*ode, perchè pochivolentieri il patiscano,e se nesdegnanoi saggi.E
piacerebbeloranco, primadi dargli ti- tolod Eloquente, eh’èquanto dir d’Oratore, che apprelToLui gli affettimovetaro daragione >anzichè da entufiasmo,vale adire che non foderoimpertinential soggetto in generale, nèai senti- menti spezialidel discorso,enon iscoppiadcroall’improviso co-me
bombarde acolpirl’uditorenon preparato;e fimilmente cheil corredodelleFigure patetiche,eirafforzamenti,
«
la voga,e le fiamme del dire venidero incampo
non perfarmolLa, ma
percombatterei finalmente vorrebbono che le sue-Oraziocirotar più accoste a quelle diDemodene
,diLifia;diCicerone, V' quellochealrisuonante fiume de'Plinj,e degli altri Panegerifti d’età più bade,allanormade’quali sembra che liafiritratto il Sig.Tomas.
<•• fitorno '
Diperiodononcura,enontipone
% Qualsentenzanel finvocerotonda,
Ch* empial*orecchiesoldelsuorimbombo.
Quellacertamentecuna perdita,cheabbiamfatta per trop- po dudiare e tradurre leproseFranteli.
Di
qual importanzafìaqueda perdita per1* Italia,non fi puòdire abbaftanza. Imper- ciocché l’armonia è cerneanimaeluce delloftile. Cicerone non ceda di farneelogio,e causa,eper poco nonderide Tucidide, al quale mancava quello belpregio.Inodri Scrittorihannofat- toprova di valere perella>ficchèilrinunziareaquedo vantag- gio
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X XXII
)(U-o*'
gio per seguire uno Allescompagnato» econciso»maflìmamente nelle coseOratorie, edi pompa, è una nuova infingardaggine»
eun folledispregiode’proprj beni.
La
Prosa Franceseèpriva di armonia»che bafti a formare undolce solletico, edunagrataillufione all*uditore? e loconfes- sailSig.d*Halembert nellesueRìflrJJìonisopral*Elocuzione Oratoria.
Vogliono cheilBalzac abbiaprimad*ogn'altro introdotto nella Prosa uncertolegame,cd accordodivoci; arte,diceilSig. de Voltaire,infino allora ignota,eppurnecetfaria.
Ma
perquanto i Francefifi fiudinoaggiunger quefiobel pregio alla loro eloquen- za,saranno ognor ributtatidall’indoledellalingua, e(ingoiar- mentedallamonotona,e sempre gravata definenzadellelorvoci.Al contrario la noAra linguaè atta poco menodella Latina ad efierecontemprata armoniosamente in molte guise e diverse, a diverfi Ailiproporzionate.
$ *
è */Geniocote >
Senzacuinullapuòchia parlarmovei • • ••
Tercczionviva>intenfionprofonda<c.
Ionon ricerco, come I»Elvezio
, quelloche suoniil
nome
Genioprefioilpopolo.Se queAavoce di Genioci vale Ingegno,Ingeniumj comeavvisaegli ancora? cflendoqueAa una facoltà eh*
è in noi, comunque fia combinata coglioggettielìcmi, nonfi
dovrà riconoscerealtronde,comeda fonte,eprincipio. Tutti gii uomini hanno ingegno,valeadireuna certaattività per inten- dere,c secondo quella operare.Dipende queAa dal percepire,e dall’ affezionarli che fil’animaaquefii,oa quegli oggetti) in forza di cheella reagisce, osarci direin proporzione.Quantoè più grande quefla attività,più acquiAa gradod’ingegno?es*ella èsublime,eAngolare,coAituisceamio credere ilGenio?
nome
antonomaAico, comeildire ..* colei,chesolaa
me
parDonna.E
come fi dice,quegli èveramenteunUomo,un Oratoreec.QueAa
attivitàfisviluppa non solosecondolediversetempre degli spiriti,in varie forme»ma
ancora secondo l*infinitamente varioDigitizedbyGoogle
vario contattoj combaciamento, ecombinazion succelfiva della noflra macchinaleftruttura conlecoseal difuori. Ond*è chei Genj sarannoprodigiosamente diverfi;e tale riuscirà un Genio,
Comico
,comeilMolier»tal altroEroico,comeOmero
, eVir- gilio» qualeOratorio,come
Demoftene,e il noftro Boccaccioec.La
qualdiverfità nonèaltro,che unacotalanalogiadellospirito,più quella della macchinai formacon una,odun' altra claffe di soggetti fuoridinoi, che disponemodificaeaggiufta percosidire diversamentele produzioni della facoltàpensanteedattiva,edin atto le pone. Quegli che da un principiogenerale, o da una propofizione ,che taleraflembri scorrees’avanzacon un perpetuo accrescimento,e corroborazioned’idee,edifentimentiJ*unoso- pral’altro ammaliati, e già poderoso fiscaglia eprecipita a fi-- ne disopraffarl’uditoreancor preparato, avrà il Genio.Sinteti- co,edOratorio.Quell* altro, chesegueaduno ad uno gli og- getti,edalparagonedi quellinuoveideededucendo, fiftende in aperta grandezza,sìcheperlungaseriedideduzionipervenga ad unaverità universale, chedi lontanoalprimodato risponda, a- vrà il
Genio
Analitico,eFilosofico;einsomma
tutìaquellau- niverfitàd’ingegni sublimi e fingolari, che Genjfi chiamano, proveranno diversamente,efispiegheranno con forze analoghe al- lapropria lor tempra,edalla infinitamente varia ^ouiwinazione loroagli oggetticheal di fuorifiaffacciano.\Guardandoquellaattivitàqual primario elemento,
o
radice * delGenio,nonhà dubbioche l’invenzione,oafloluta,(sedare, e dir fi può)orelativa,sarà il principile sviluppo di efTo,e quellachefaràmegliosaggiare, e guftaredel Genio. C«rroque- stosottrarli all’eflcrnocontagio percosì diredipensamert,eoi
forme,e sospingerlioltre gli usati confini, tiene un non sò che di divino.Ma
non sarà però quello ilsolo carattere cofìitutivo delGenio, come ilSignorde laMotte,eilSignor Elvezio de- terminarono.La
profonda analifi di soggettipolitici, emorali;l’energia deisentimenti,edelleesprelfioniinun’arringa,o con- trailo,chefiada loro;unaliberaequaliimperante franchezza,
cheanima ognidiscorso,edafferrail sublime,non sono prove del
Genio?
Eppure nonsono caratterizzate dall'invenzione.- *•
C
3i-Ma
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)(
XX
IV
)(>YlO
Ma
1*illuftre Filosofo d*>Elvezia, ché ripose la prova delGenio
nell’invenzione,Veggendoche quella sublime fingolarità,chequalificail
Genio,
ancheper altre viefi diffonder riluce, inventò quafiper arzigogolo, un altroGenio, ch’egli intitola Geniodiespreffione.Maraviglia perverità cheun'Filosofomo«
stri sìpocaertenfionedimente.Imperciocché
nemmeno
ogni pro- va, ocome
dicono,ogni (viluppodel Genio, che precisamente invenzione nonfia ,è peròcontenuto,e prescrittonelTesprelIìone.
.
Chi
dirà un Geniodiesprclfionequellodel Caftelvetro,che fu sìLoico,e critico sìfino,che non gli cadetra mani cosa tantoperfettao
dipensamento,odi espreflìonc,laqualecon subita earguta ‘prontezza nonfiacagionata di moltierrori? Egli fran- cheggiatodaun intellettoperspicaeiflimo scorresovranamentesull*Operede’Scrittori,chedal Geniofi chiamano,e confilosofico ingegnonotomiaza iloro penfieri, pesail valore dell’esprcflionii, calcola imetodi, e conmirabile ficurezzava a discoprirei tra- viammol> lesuperfluità,leomilfioni, calcando percojìdirecon 1*
anima leioceesuperba1’Opereoriginali.IlGravina- dà
mano
all*immensacaterva d’autoridelJus Civile
Romano,
e imbevuto- di quellasapienza quàe làsparsa traed'entro alleleggi iltroppo, ed *1vano,equellaconfusaeindigena mole ravviva, collettore indeferto,rigido ortervatore,discretogiudice de* Scrittori,edin- terprete saggio}ficchètuttol'ampiotesoroammalato
da’Cujacii, e daglia Irri maggioriJurisconsulti, comeinunasplendida galle- ria compendiato disportocillurtratofi ritrova.Or
nonè quello un Genio profondo,chesovraneggiandoci dice.-Tvfaf»quascienti*hactfi,qua
modum
non babet hllum?E
dileisìspartita intricata esoverchia netraeun ordinatoed intero corpo in poche carte?.Dunquenè l'invenzionecosìpropriamentedetta,nè/'csprrjjionenon Sonocaratteri eflenzialidel Genio,
ma
1'unael'altra sono pure modificazioni,orisultamene di elio, che tante faccieprende,e per tanti modifi disviluppa, quante erter poffonO le combinate sovraneformedipensamentidi csprellìoni di azionicon le infi- nitamentevarieragiondeglioggetti,chefimaritanper cosìdire con laspeziale eforte attivitàdi quello,odiquell'individuo.Nè
però di quegli elementi,che fannoilGenio,
o che va-, gliono
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)(
XXV
)(/
•
gliono adeccitarlo,efarlovaleredi tutta sua forzaragiona egli baftantemente,e eoa intendanediluidegna. Vuole che.ilcaso fia quello,che scuoteiLGenio,elo manifella.
Non
nego chei*occadone ela fortunasoventecomefocilenon vagliano
ad
eccita*rele imprigionate favilledel Genio,e farle sfolgorare,e ris- pondere.
Ma
sarà ella però l’avventurail proprio,elemento delGenio,
elicagioneeffettrice?Sarà dunqueunGenio quelGene- rala, a cuipermolte vittorierisela fortuna,nonquello che ary maro d’invincibilcoraggio,e di prudenza, con buoni provedi- - menti combatte,od
ftà,odritirale non perdeil fruttodella vittoria perlentezza, enon precipita per soverchia brama,e fa valere collantemente iprincipi»ele forme di guereggiare,efi adattaallecircoflanze,emisura ogni suo palio? Oltre di cheia Fortunanonè collante^e ilGenioa guisa dellavirtùnon per unatto,nè due,ma
per molte azionimoltiplica ce-fidispiega, e risplende,esfavilla, empiendo ilmondo
co’raggi suoi.Nè
per quellomondo
s’intende la moltitudine,ma
piuttollo i saggi,
fuori de’ quali1’
uomo
di Geniofi.«degnarebbe di Ilare asen-tenza. . .*
Nè
peròilsoloappetitodella giuriapromuove e determinail
Genio,
come il predettoFilosofo insegna.Imperciocchéc la forzadel clima,e 1*amoresovente più forte d*ognicosi, c la llima della virtù per leiftelTa,;j$ilzelo di Religione,odi pa*tria, ed uncerto spiritoattivo,cheanima unanazione,e c’in- volgeetrascinacoglialtri afarci valereper quel che fiamo, ed una certa grandezzaepotenza,chesublimainollripenfieri, ec’in- spiraun certo decoro,chefi trasfondein-natura,sonoaltrettan- tisproni, chescuotonoil Genio*sìch’eglivenga caratterizzato edesprelfo damolti,effettifingolaria magnifici,eda una certa sublimitàin tuttoquellochefi dice>ofiadopra.Beataperò chi per caso,o percombinazione, oper propriascelta
contempu
la sua attivitàrelativa,e
acui’lrispondente oggettofirendeper co- sìdiredatutti ilati.Sarà quello unGenio
sublime,cui.* .*• * * ' *
c-.*.• i.-..
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dotninostvtbit ai Deot%< . ' - ««<*>
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j(
XXVI
)(I
(a) Ciascuno facilmente s’avvisaefler quertòilSignorAlfieri, autordiTragedie. IldiluiItile inceppato, contortoe troppo marziale, e 1’espreflioni,che trapalano ilgrado di forza,evò dire ancor di gonfiezza tragica,sono mal volentieri ascoltateda sane orecchie.
A
difingannar tutti quelli, che l'anno porto per saggio dellaTragedia Italiana,el'hanno paragonato almiglior Tragico Greco,è defiderabilechedopo/’Ofjerv azionistampate in Treviso in8vo. perGiulio Trento1786. sopra l'Orcrte di quello autore, esca finalmente allalucequanto sopraquella Tragedia,e sopra il caratteredellealtre hadettatoil Signor AbbateFaflado- nialiai noto allaRepubblica Letteraria. La spiegazione ditai fenomeni,e’Idifinganno universalenon èforsemen
utile della soluzionde’problemi Algebraici,se la buonamoraleimporta al- lecomunanzecivili;selaPoefiaTeatraleè il più fortesvilup- podi^éllai €se la ragione puot’eflerformata,o gualla secondo laqua'itàde' soggettiTragici,eilmodo
,colqualesono ritratti.
k (b) Vogliono irigidi pensatoridelGenio,edelGuftochefi»
fiatòun’ avviso mal fondato,eunoslancioaspropofito quello dei tré moderniPoeti,i quali rinunziandoai noftri Sovraniesem- pla/i,fi,sene.crettiin esempio delbelloftile. Quella congiura prcaoua da soverchioriscaldamento,eda umoredi fingolarirà fù gr. iosiménte scòrtadal celebre Sig.Abbate Gennari di Padova cotiunSermone aureo’,chefi dovrebbe riftampare di tempoin tempo,come difesa eschermocontroi novatorideldire.
Un
effluviodelfalso Genio giàdivisato fi èquello dinon curargì’Italianila propria lingua;eche ellendoelfi. al disopra dell*altrenazioni pergenio,e perantica podeftà delle lettere, ftiano tutti in tradurre e imitare gli autori Oltramontani.Niuna cosaa
mio
credereèpiù meschinae piùvile di quello orgogliojche perun vano brillamento ci rende schiavidell’al- trui genio»ch’cflcndol’Italica lingua sovrana efòrte quant'altremai<1la metteacombattere sottoleinsegne degli altri;che se-
.condando l’indoledell’altruieloquenza,espezialmentedellaFran- cese,agglomera a fùriaconcetti, ch’eglino sono coftretti ad ac- cogliere per supplirealdifettodell’ esprcifione» che addotta uno scompagnamento c dilTolutczza, che toglie labella armonia; e cl;e
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)(
XXVII X
4<:
chesecondo il celebre Longino in luogo di farci eloquenti ci rendemagnificiadulatori. (b)
A
' ' *
E
Virgilioeh' allorpiativailplauso Di pochisaggi&c.E*bello citare a querto propostociò che Dante fc direa Stazio nel Purgatorio Canto XXI.
E
percfTer vivuto dilàquando Vide Virgilio,afTenrireiun sole Più ch’io non hoalmio
uscir dibando.(c)
Non
v’è cosa sì ricantata, quanto chegli Scrittori Italianidel secolodecimo serto,spezialmente Lirici, fìanoprivi diquello spiritoforzaevaghezza originale,ch'ò provadelGe-
nio.Ma
primadi sottoscrivere a quefta sentenza, io confiderò,
che prefToiGreci,nè predo iLatininonfuroScrittori di fingo»
lare eccellenza se non pochi; ed invitoquelliseveri giudici z legger quello chede*Scrittoridiquell’aureo secoloscarteil
Gra-
vina nella Ragione Toetica; poscia lebuoneRaccoltechefisonfat- te delle loro poefie da uomini di granfama» esoncerto che’
;, Il
9 «—-
» I
U>)
Non
à solamentelaforzidelclima fonte e nutrice della vera eloquenza.Ilfìilema politico v’ influisce ancorertosìfattamente,chese nonne'leRepubbliche,espezialmentenelleDemocratichenoncampeggia etrionfacomeinsuo regno.Lalibertà,la elevazione delpopolo,le gare,gliumoridiparte,sono il continuo fuoco, che spingeaparlare diquellafranchezzae forza,checoftituisceillommo
Oratore.L'Italia divisain molti governi,niun Democratico,sembra chenonabbiada quellocanto maggior vantaggiodellaFrancia. Tuttavoltanonèi’Italia universalmentesìabituataaltuono imperante,e aovrano. Senzadiscen- derealleparticolarità balli per far ragione dell’influenza degliOrdini del loStato sopra l'eloquenza,riflettere ch'ellaviene crescendo,eperfe- zionandoliamisura chele nazionifi vengonoallontanandodal Difpo*tismo. Nel Divanoniuna eloquenza;ellaè tuttavinta e soffocata dal timore;nella Monarchiafirileva alcunpoco;
ma
è rattenutaemonca dalrispetto; nella Arirtocraziafifàliberae civile;ma
nellaDemocraziafisollevaefispande con tutta lapolladeglianimi, eCedein cimaal governoquafiReina
.
DigitizeffbyjLÌOOglc
X xxvin
)cla veraluce di quegliantichi varrà a dileguareil fumo de*
mo-
derni novatori.
(d) Vliffe tl Giovane Tragediadi
Domenico
Lazzirini daMorro
Maceratese*^ilVariate Tragedia di GiovanniGrararolonel Teatro Italiano(lampare inVerona in 8vo. V. 5. Orelle diGio-
vanni RucccllaidelqualenelPoemettodelle Api così scrifle egli fteflo~--.:-
fc
Ma
tempo èch’ioritorni al trilloOrefteCon
piùsublimelagrimoso verso.Come
convieni!a’tragici coturni.(e
) DionifioLongino nell’aureolibrodel Sublime.(
f)
VersodiPoetaGreco riportato dal suddetto Autore.Trad.del PrepofloGori
.
(g ) Satcjì'i Baffotcelebre Oratorea*tempi diTacito. Vedi
il DialogoDellecausedellacorrottaeloquenza, attribuitoal mede-
fir.ioAuto-e.
(h)Così il celebre LiricoLatinodi sè fteflo parlando Egoapi*marinte
. More modoque Gratacarpentis thyma per laborem Tlurimumycircanemus,uvidique Tiburis ripasoperosaparvus
Carminafingo.
Horat. lib. IV. Od. i.
IL FINE.
Si vende legato L.
I.io.
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