Capitolo 1
Generalità
1.1
Essenza dei sistemi tensostrutturali
“Linee e superfici sono sempre legate a leggi matematiche e fisiche che ne fissano le proprietà. Non si deve mai dimenticare che l’estetica, con la sua innegabile componente soggettiva, è intimamente legata alle proprietà geometriche analitiche, meccaniche e resistenti delle superfici e delle linee che delimitano la massa della costruzione. Ogni linea matematicamente definita possiede una verità intrinseca, esprime una legge, rappresenta un’idea, reca con sé il privilegio di una virtù: negare queste cose significa rinchiudersi nel cieco ed egoista rifugio della pigrizia e dell’ignoranza”1.
Per struttura si intende qualunque dispositivo meccanico atto a trasmettere al terreno, senza collassare e quindi resistendo, una qualsiasi distribuzione spaziale di forze.
In base al principio secondo cui una struttura è in grado di resistere e quindi al contempo trasmettere forze, le tipologie strutturali possono essere suddivise in due gruppi ben distinti.
Il primo gruppo è costituito dalle strutture resistenti per “massa”, le quali svolgono le loro funzioni grazie alle caratteristiche inerziali delle sezioni e dei materiali impiegati.
Il secondo gruppo è costituito dalle strutture resistenti per “forma”, ovvero in virtù delle loro caratteristiche geometriche. Appartengono a questo gruppo gli archi, le cupole, le volte, le funi e le tensostrutture. Le forze vengono direzionate dalla struttura verso il terreno lungo un percorso definito dalla forma stessa della struttura. In strutture del genere sforzi flettenti sono idealmente assenti, poiché essi si mantengono sempre paralleli alla curva direttrice, in modo tale da non generare flessione negli elementi portanti.
La distribuzione dei carichi indica sempre una forma “ideale” di struttura che permette di incanalare tali carichi verso il terreno nel modo più vantaggioso. Si definisce appunto come forma ottimale di una struttura quella forma “capace di assolvere il servizio strutturale con
semplici sollecitazioni di trazione e di compressione”2. Le tensostrutture appartengono alle strutture resistenti per forma poiché lavorano esclusivamente a trazione.
materiali ed ai modesti valori del rapporto resistenza-peso di quest’ultimi. L’impiego di pietre e mattoni in laterizio, resistenti quasi esclusivamente a sforzi di compressione semplice, doveva essere forzatamente associato a schemi costruttivi che avessero come fondamento l’effetto stabilizzante della gravità. Cupole, volte ed archi, venivano eseguiti con enormi spessori in modo tale che la curva delle pressioni originata dal peso proprio della struttura fosse poco influenzata dall’effetto provocato dai carichi accidentali, garantendo cosi la stabilità con il centramento di tale curva all’interno del terzo medio della sezione strutturale. Tutto ciò va ad individuare una tradizione costruttiva cosiddetta “pesante” dove il rapporto tra “peso proprio
strutturale” e “peso portato” è molto maggiore dell’unità.
Fig. 1.2: Partenone (Atene)
una notevole riduzione dei pesi strutturali, anche se, per schemi convenzionali, l’alternanza degli sforzi di compressione e trazione comporta la necessità di sovra-dimensionare, in termini di peso proprio strutturale, le membrature compresse, per cercare di contrastare i fenomeni di instabilità elastica.
Fig. 1.4: capannone in struttura metallica tradizionale
Successivamente, due fattori fondamentali portano ad una completa “maturazione di
campo” scientifica e tecnologica al tempo stesso.
Il prima fattore è stato indubbiamente la conclamata evidenza della “situazione di
privilegio”3 nella quale viene a trovarsi la sollecitazione di trazione rispetto a tutte le altre, in quanto, capace di sfruttare completamente la sezione resistente del materiale senza che essa sia esposta a pericoli di instabilità elastica che “inquinano la sollecitazione di compressione”4.
Il secondo fattore è stato la percezione delle grosse possibilità offerte dalle funi e dai cavi metallici, di vario tipo e di diversa formazione, che la tecnologia era in grado di fornire in
3
Schock H. J., Atlante delle tensostrutture, Utet, Torino, 2001, p.10 4
gamme sempre più ampie e con resistenze unitarie sempre più allettanti; ciò, infatti, ha portato a considerare la fune ad alta resistenza come elemento fondamentale della strutturale portante.
I due fattori portano alla nascita di una categoria particolare di strutture spaziali, le cosiddette tensostrutture. Con tale termine si indicano quelle strutture nelle quali domina la più semplice e trasparente delle sollecitazioni, ossia quella di trazione, strutture caratterizzate da un’opportuna organizzazione di membrature che lavorano in massima parte con sollecitazioni di trazione. Diciamo in massima parte poiché un impegno di sollecitazione alla compressione nasce, quasi sempre, per esigenze di equilibrio di complesso soprattutto in corrispondenza di determinati vincoli di appoggio o di collegamento al terreno. Più in particolare, appoggi, ancoraggi ed elementi di bordo, saranno soggetti a regimi di sollecitazione più complessi, che vanno dalla compressione semplice alla pressoflessione e, in taluni casi e per determinati stati di carico, anche alla torsione. Nonostante ciò, a parte elementi di contorno, è la sollecitazione di trazione quella che svolge il ruolo preponderante nel determinare le resistenze degli elementi costituenti le tensostrutture. Ad esse è dovuto il raggiungimento dell’obiettivo di minimizzare i pesi propri delle strutture di copertura. Il peso proprio strutturale diventa assai minore rispetto a quello delle strutture in calcestruzzo armato e delle strutture metalliche convenzionali.
Con le tensostrutture è possibile definire una nuova tradizione costruttiva: le strutture
“leggere” dove il rapporto tra peso proprio strutturale e peso portato diventa una quantità
molto minore dell’unità.
Le strutture leggere in generale, e le tensostrutture in particolare, sono diretta conseguenza dello sviluppo scientifico e tecnologico. Le realizzazioni più rappresentative, ad oggi, hanno richiesto materiali ad alta resistenza e studi teorici molto raffinati, anche se, l’intuizione della validità degli schemi tensostrutturali risale ai primordi stessi della civiltà. Esempi ci sono forniti dagli Egiziani, che ebbero già un’idea di base dello strallo e che ne utilizzarono lo schema per l’alberatura delle loro barche a vela. Chiarissimo esempio risalente a tempi primordiali è la passerella di liane, che è la dimostrazione più significativa di quanto sia remota l’intuizione della validità della fune come elemento portante, a cui si rimandano strettamente i moderni ponti sospesi. Anche per quanto riguarda la copertura di grandi spazi, popolazioni primitive avevano adottato, già a suo tempo, questo tipo di strutture basato sull’impiego di funi sospese poste in tensione. Le coperture mobili delle arene romane, i tendoni da circo, le tende beduine, rappresentavano comunque tutta una gamma di forme e di soluzioni riconducibili ai principi fondamentali delle tensostrutture.
Fig. 1.5: tradizionale tenda indiana
In conclusione, è possibile affermare come le tensostrutture rappresentino uno dei sistemi costruttivi più interessanti ed attuali, le cui potenzialità non sono ancora state completamente indagate e sviluppate dai progettisti. Si tratta quindi di un campo ancora aperto alla sperimentazione ed alla ricerca, da cui potranno scaturire soluzioni tecniche capaci di dar vita a forme strutturali spaziali nuove ed inconsuete. Tali strutture si sono dimostrate validissime per capannoni industriali, auto e aviorimesse, depositi, fabbriche, edifici sportivi etc.. Nuovi studi ed esperienze hanno dimostrato l’ottimo comportamento di tali coperture per sale di riunione, auditorium, teatri, sia sotto il profilo dell’acustica che della ventilazione.
Fig. 1.6: scorcio dello stadio di Monaco
Fig. 1.
I progressi tecnologici oggi raggiunti d materiale dall’azione del fuoco e d sicurezza agli edifici realizzati
obiezioni che in passato sono state avanzate
ricerca di una sempre maggior leggerezza è il filo conduttore della storia dell’architettura nei secoli, è anche vero che, con la graduale realizzazione di questo obiettivo, vanno diminuendo le preoccupazioni inerenti al peso proprio strutturale
maggiore importanza i metodi di analisi nei confronti
pensa che nei tipi di costruzioni leggere a membrana autoportante o sospesa oggi realizzabili, la depressione dovuta al vento può eguagliare
conto di quale nuova prospettiva
effetti aerodinamici eguagli per importanza quello sulla resistenza dei materiali
5
Manini Pasquali D., Tensostrutture
1.8: Petrus and Paulus church Maassluis (Olanda)
I progressi tecnologici oggi raggiunti dagli acciai ad alta resistenza e materiale dall’azione del fuoco e dagli agenti corrosivi, offrono garanzie sicurezza agli edifici realizzati e/o coperti con sistemi di cavi, facendo cos
in passato sono state avanzate nei confronti di tali costruzioni
i una sempre maggior leggerezza è il filo conduttore della storia dell’architettura nei con la graduale realizzazione di questo obiettivo, vanno diminuendo le preoccupazioni inerenti al peso proprio strutturale, mentre, vanno ac
metodi di analisi nei confronti dei sovraccarichi statici e dinamici.
pensa che nei tipi di costruzioni leggere a membrana autoportante o sospesa oggi realizzabili, la depressione dovuta al vento può eguagliare il peso proprio della struttura,
conto di quale nuova prospettiva si apra a progettisti e costruttori, allorché lo studio degli effetti aerodinamici eguagli per importanza quello sulla resistenza dei materiali
Tensostrutture, UISAA, Milano, p.7
landa)
e dalla protezione del gli agenti corrosivi, offrono garanzie di una maggior o coperti con sistemi di cavi, facendo così cadere numerose nei confronti di tali costruzioni. Se è vero che la i una sempre maggior leggerezza è il filo conduttore della storia dell’architettura nei con la graduale realizzazione di questo obiettivo, vanno diminuendo le vanno acquistando sempre dei sovraccarichi statici e dinamici. “Se si
pensa che nei tipi di costruzioni leggere a membrana autoportante o sospesa oggi realizzabili, il peso proprio della struttura, ci rendiamo ben a progettisti e costruttori, allorché lo studio degli effetti aerodinamici eguagli per importanza quello sulla resistenza dei materiali”5.
1.3 Sistemi tensostrutturali
E’ possibile suddividere tali strutture in due classi: strutture in fune a funzionamento discreto, e strutture membranali o continue.
1.3.1 Tensostrutture in fune
Tensostrutture a funi singole
In questo caso la superficie portante è costituita da un insieme di funi, sospese alle estremità, fra loro affiancate . L’incapacità della fune di reagire con sforzi diversi dalla semplice trazione condiziona non solo la forma della copertura, che assume l’aspetto di un guscio capovolto, ma anche la scelta degli strumenti idonei ad impedire il sollevamento per effetto di forze ascensionali dovute al vento. Se andiamo infatti a disporre su di esse un opportuno rivestimento, si ottiene una copertura che dalle funi trae la forma oltre che il sostegno.
Traendo lo spunto da questo principio elementare si è sviluppata una tecnica costruttiva che ha profondamente modificato gli usuali schemi statici ed architettonici. Gli elementi strutturali di base, le funi sospese ad ossature perimetrali, si sono dimostrate oltre che di eccezionale praticità ed efficacia, anche egregiamente adattabili alla copertura di ambienti di forma più svariata: a pianta quadrata, rettangolare, circolare, ellittica etc.. Tale libertà è favorita dai diversi modi in cui è possibile associare tra loro le funi. Gli schemi fondamentali, dai quali possono poi ottenersi le più svariate soluzioni architettoniche, sono sostanzialmente due:
Fig. 1.10: disposizione radiale
Con la prima, adatta principalmente per la copertura di ambienti su pianta quadrata, le funi caricate dal rivestimento, per effetto della spontanea configurazione che assumono, generano una superficie cilindrica. La disposizione radiale si presta invece meglio a coprire ambienti di forma circolare o simile ed in tal caso la copertura assume la forma di un guscio capovolto.
Coperture di questo tipo hanno il merito di aver aperto la strada a nuove tecniche costruttive ed a nuove concezioni architettoniche, ma, al tempo stesso, hanno introdotto una serie di problemi insoliti legati all’estrema leggerezza ed alla labilità interna del sistema portante.
Premesso il fatto che una fune semplicemente sospesa, una volta caricata, si discosta in maniera rilevante dalla sua configurazione iniziale, è facile intuire le rilevanti deformabilità a cui queste strutture sono interessate. Tali deformabilità, non solo, sono dannose per il materiale di rivestimento che vi si deve adeguare, ma anche perché, a sollecitazioni di intensità e direzione variabile quali quelle provocate dal vento, si accompagnano pericolose oscillazioni. A depressioni agenti sulla parte inferiore della copertura esercitate dal vento, strutture del genere non possono che offrire esclusivamente l’inerzia del proprio peso, vista l’incapacità delle funi di assorbire sforzi di compressione. Tale necessità di un adeguato controventamento che assicuri una sufficiente rigidezza alla struttura si presenta anche in direzione ortogonale ai piani di giacitura delle funi stesse. Oltre ad un eccessivo zavorramento, sgradevole da un punto di vista architettonico, con cui in parte è possibile opporsi a questi problemi, si può applicare alle funi la tecnica della pretrazione. Nonostante questo rappresenti un progresso rispetto allo zavorramento, ciò ha dei limiti soprattutto nei confronti di azioni esterne che tendano a modificare l’assetto normale delle funi sul quale è in effetti impostata la forma della superficie di copertura, in particolare, non vi è possibilità di reazione elastica a spinte dirette verso l’alto, salvo che paradossalmente, non si inverta il segno della curvatura. Seppur in maniera minore, ma sempre rilevante, tali problemi valgono anche per semplici funi sospese disposte in modo radiale, anche se, con l’adozione dell’anello interno è possibile dar luogo a coperture più rigide
che meglio si comportano nei confronti di sovraccarichi dissimmetrici; resta tuttavia il problema della scarsa capacità di controbilanciare gli effetti di eventuali depressioni sulla copertura.
Tensostrutture con travate di funi a curvatura contrapposta
Il modo più economico, e quindi più usato, per ridurre la notevole deformabilità propria dell’elemento fune, è quello di introdurre una rigidezza artificiale attraverso un’adeguata pretensione iniziale. Tale artifizio viene realizzato aggiungendo alle funi “portanti” con curvatura rivolta verso l’alto, altre funi dette “stabilizzanti”, a curvatura rivolta verso il basso. Dal mutuo contrasto di questi due ordini di funi nasce la pretensione richiesta. Trattando per ora sistemi piani, le due funi sono poste nel solito piano verticale che coincide con il piano dei carichi. L’irrigidimento di tale sistema, ottenuto per mutuo contrasto tra le funi a curvatura contrapposta, è realizzato tramite elementi verticali paralleli tra loro o con collegamenti diagonali.
Fig. 1.11: sistema piano di stabilizzazione
Tale azione di irrigidimento equivale ad un vero e proprio carico aggiuntivo, quasi uno zavorramento della fune superiore. Una volta che agisce il sovraccarico verticale, il suddetto carico aggiuntivo decresce, per l’allentamento che la deformazione del sistema induce nella fune stabilizzante, con la conseguenza che l’incremento di sforzo nella fune portante risulta minore di quello che sarebbe stato necessario per equilibrare il sovraccarico effettivamente aggiunto. Dove invece tale sistema, risulta ancora più valido ed efficace, è nei confronti di una completa inversione dei carichi, quale si può avere per effetto di una depressione sulla superficie esterna. In questo caso, gli stessi diagonali chiamano in causa la fune stabilizzante, la cui concavità verso il basso le consente di reagire a forze dirette verso l’alto. Con una struttura del genere si realizza un singolare e molto razionale esempio di travatura reticolare le cui aste lavorano tutte a trazione; si riesce cosi a superare luci notevolissime con sezioni resistenti
Fig. 1.12: disposizione parallela, sistema aperto
Fig. 1.13: disposizione parallela, sistema misto
Fig. 1.15: disposizione radiale, sistema chiuso
Il sistema di stabilizzazione rappresentato in figura 1.12 prende il nome di sistema aperto e rappresenta lo schema maggiormente utilizzato.
Fig. 1.16: sistema aperto
La fune superiore è portante e quella inferiore stabilizzante, i collegamenti tra le due funi sono tutti soggetti a trazione. Come spiegato precedentemente un carico esterno rivolto verso il basso provoca una diminuzione della trazione nella fune stabilizzante con un conseguente aumento di trazione nella fune portante. Necessità fondamentale diventa quella di calcolare opportunamente la pretensione iniziale del sistema in modo tale che rimanga una certa quantità
Fig. 1.17: sistema misto
In questo caso le due funi portante e stabilizzante si intersecano. Gli elementi di collegamento sono compressi nel fuso centrale e tesi quelli esterni. Questa tipologia necessita però di un irrigidimento trasversale per impedire lo svergolamento della trave di funi.
Ultimo sistema prende il nome di sistema chiuso.
Ora la fune portante è quella di intradosso, mentre quella stabilizzante è disposta superiormente. I collegamenti verticali sono in questo caso dei puntoni i quali tengono in tensione i due cavi e trasferiscono alla fune portante i carichi agenti sulla copertura. Una volta che il carico inverte il segno, anche le due funi invertono la loro funzione. Come per il sistema misto, anche questo sistema, non essendo stabile fuori dal suo piano necessita di elementi controventanti trasversali.
Tensostrutture con reti di funi
Gli schemi più semplici di tensostrutture a rete possono immaginarsi derivati dalle travate di funi a curvatura contrapposta, nelle quali, funi portanti e stabilizzanti siano disposte non più sullo stesso piano, ma in piani verticali distinti, il più delle volte intersecantisi ad angolo retto.
Fig. 1.19: sistema di stabilizzazione spaziale
In tale sistema, tutti i cavi appartenenti alle due famiglie partecipano al medesimo meccanismo resistente contro le deformazioni provocate da carichi applicati. La stabilità della copertura è subordinata alla condizione che, in ogni suo punto, i cavi passanti per esso siano a curvature opposte e si scambino una mutua azione per effetto della pretensione. L’applicazione di un carico esterno rivolto verso il basso comporta un incremento di tensione nella fune
Fig. 1.20: funzionamento
Caratteristica fondamentale che accomuna tale tipologia di tensostrutture è il fatto di avere in ogni punto curvature discordi. La forma base più frequentemente adottata nella progettazione della superficie di copertura è quella del paraboloide iperbolico o Hypar.
Tale superficie, anticlastica, ovvero con curvatura gaussiana negativa in quanto formata da due curve con curvatura discorde, è definibile analiticamente da un’equazione la cui forma ridotta è: ݖ = ௫
మ
ଶమ−
௬మ
ଶమ. Tale espressione soddisfa le condizioni necessarie per l’equilibrio in regime di membrana. Nella pratica costruttiva si utilizza una porzione discreta di tale superficie infinita, la quale, viene limitata al contorno per necessità progettuali architettonico-strutturali.
Fig. 1.22: porzione di paraboloide iperbolico
Fig. 1.23: porzione di paraboloide iperbolico
Fig. 1.25: porzione di paraboloide iperbolico
La regione di frontiera che viene così a delimitarsi, dovrà essere dotata di strutture di ancoraggio di bordo sulle quali verranno a concentrarsi gli sforzi dovuti alle funi e, pertanto, la loro geometria dovrà essere studiata con cura, considerando il tipo di sollecitazione prevalente alla quale dovranno resistere. Nella maggior parte dei casi, comunque, si fa ricorso a strutture di bordo ad andamento curvilineo, che seguono il più possibile la funicolare dei tiri trasmessi dalle funi in modo tale da essere prevalentemente soggetti a regimi di compressione semplice evitando al minimo effetti flessionali fuori dal loro piano.
Il vantaggio tecnico, estetico, e pratico che ne deriva rispetto alle travate piane di funi è evidente, poiché si va ad estendere al campo tridimensionale quella funzione di mutuo controventamento che prima si realizzava solamente nel piano della travata. Una pretensione dei due ordini di funi consente di mettere in tensione omogeneamente l’intera copertura che risulta perciò irrigidita in tutte le direzioni riducendo al minimo problemi di deformabilità elastica e vibrazioni.
Reti di forma libera
La rete di funi descritta precedentemente deve considerarsi come un particolarissimo modello strutturale che fa riferimento ad una superficie, il paraboloide iperbolico, definibile analiticamente. E’ opportuno rilevare, però, che vi sono anche reti la cui forma è completamente libera ed analiticamente non definibile, la cui resa architettonica dal punto di vista estetico è molto interessante. Questo tipo di coperture viene detto a tenda poiché lo schema ricalca in parte lo schema utilizzato nel passato. In questo caso le curve descritte dalle funi presentano cambiamenti di segno della curvatura oppure non giacciono più in un unico piano. Ora, il supporto perimetrale continuo, è in tutto o in parte sostituito da puntelli, eventualmente disposti anche all’interno della copertura, e da funi di bordo. Quest’ultime sono forse l’elemento maggiormente qualificante delle reti, per la loro capacità di rendere dinamica la superficie e di permettere compenetrazioni di spazi, con possibilità compositiva illimitata.
1.3.2 Tensostrutture a membrana
Si parla di funzionamento membranale continuo del sistema strutturale di copertura supponendo che la rete di funi possa essere talmente serrata da poterla confrontare alla trama di un tessuto. E’ possibile quindi creare delle tip
ed il materiale di copertura siano costituiti da una sola entità, sforzi nel tessuto siano compatibil
Per quanto riguarda la geometria strutturale, strutture a rete.
Per quanto riguarda i materiali impiegati per la realizzazione di questo tipo tensostrutture, si utilizzano tessuti spalmati
I più importanti tipi di tessuto
poliestere, tessuto in fibra di composti vinilici, tessuto in fibra di vetro
poliammidici (Nylon). I tipi di spalmatura più usati sono i seguenti: spalmatura in PVC (polivinilcloruro), spalmatura in
Fig. 1.26: Olympiapark (Monaco)
a membrana
Si parla di funzionamento membranale continuo del sistema strutturale di copertura supponendo che la rete di funi possa essere talmente serrata da poterla confrontare alla trama di un tessuto. E’ possibile quindi creare delle tipologie costruttive nelle quali la struttura portante ed il materiale di copertura siano costituiti da una sola entità, appurando
compatibili con la sua resistenza.
Per quanto riguarda la geometria strutturale, valgono le medesime cose trattate nelle
quanto riguarda i materiali impiegati per la realizzazione di questo tipo si utilizzano tessuti spalmati con rivestimenti protettivi.
I più importanti tipi di tessuto strutturale solitamente impiegati sono: tessuto in fibra di poliestere, tessuto in fibra di composti vinilici, tessuto in fibra di vetro e
. I tipi di spalmatura più usati sono i seguenti: spalmatura in PVC spalmatura in PTFE (politetrafluoroetilene), spalmatura
Si parla di funzionamento membranale continuo del sistema strutturale di copertura supponendo che la rete di funi possa essere talmente serrata da poterla confrontare alla trama di ologie costruttive nelle quali la struttura portante appurando ovviamente che gli
valgono le medesime cose trattate nelle
quanto riguarda i materiali impiegati per la realizzazione di questo tipo di
strutturale solitamente impiegati sono: tessuto in fibra di e tessuto in composti . I tipi di spalmatura più usati sono i seguenti: spalmatura in PVC spalmatura in composti della
materiali tradizionali.
Un importante vantaggio di tali cope notevole risparmio energetico
infatti, lasciando trasparire la luce, di solito non richiede l’illuminazione artificiale durante il giorno, ma al tempo stesso
notevole capacità riflettente.
Qualora ingenti luci da coprire generino sollecitazioni non sopportabili da questi materiali, è necessario introdurre una rete di funi di sosteg
costituente la membrana come elemento secondario.
Oggi, sempre più, con la messa a punto di materiali plastici ad alta tenacità realizzato un notevole numero di coperture a
permanente.
vantaggio di tali coperture in tessuto è la possibilità di
risparmio energetico sia per l’illuminazione che per la climatizzazione. La membrana infatti, lasciando trasparire la luce, di solito non richiede l’illuminazione artificiale durante il l tempo stesso, garantisce un buon isolamento termico in estate grazie alla sua notevole capacità riflettente.
Qualora ingenti luci da coprire generino sollecitazioni non sopportabili da questi è necessario introdurre una rete di funi di sostegno, e far lavorare il materiale costituente la membrana come elemento secondario.
, con la messa a punto di materiali plastici ad alta tenacità
realizzato un notevole numero di coperture a “vela” o a “tenda” per costruzioni a carattere
Fig. 1.27: Cricket stadium (Dubai)
rture in tessuto è la possibilità di ottenere un la climatizzazione. La membrana infatti, lasciando trasparire la luce, di solito non richiede l’illuminazione artificiale durante il garantisce un buon isolamento termico in estate grazie alla sua
Qualora ingenti luci da coprire generino sollecitazioni non sopportabili da questi e far lavorare il materiale
, con la messa a punto di materiali plastici ad alta tenacità, è stato per costruzioni a carattere
Fig.
Fig. 1.28: esempio di tensostruttura a membrana
Fig 1.30:
In questi nuovi esempi i semplici schemi architettonici del passato si dilatano in spazi più ampi e si articolano in forme singolari e suggestive
progettista.
Fig 1.30: esempio di tensostruttura a membrana
Fig. 1.31: Munich Airport (Monaco)
In questi nuovi esempi i semplici schemi architettonici del passato si dilatano in spazi più in forme singolari e suggestive, quasi senza limiti per la fantasia del In questi nuovi esempi i semplici schemi architettonici del passato si dilatano in spazi più , quasi senza limiti per la fantasia del
1.4 Le conquiste delle strutture leggere
Dopo aver passato in rassegna le principali tipologie strutturali delle cosiddette tensostrutture, si ritiene interessante concludere parlando del campo di validità tecnico-strutturale da loro conquistato nelle applicazioni architettoniche. A proposito di ciò si riportano di seguito alcuni temi proposti da Majowiecki6 ritenuti interessanti.
- possibilià di realizzare grandi luci libere
- ottimo sfruttamento della resistenza del materiale impiegato con soli sforzi di trazione con conseguente riduzione del peso strutturale
- rapidità e facilità di esecuzione con la conseguente diminuzione dei tempi e dei costi - versatilità strutturale, libertà formale e compositiva
- completa reversibilità delle parti che la compongono con facilità di sostituzione di quelle danneggiate e loro riciclaggio
- particolare adattabilità per zone sismiche; le forze d’inerzia conseguenti ai moti generati dal sisma risultano assai modeste data la loro estrema leggerezza
- buon comportamento in presenza di cedimenti vincolari data la loro ipostaticità, la quale permette di adattarsi immediatamente alle nuovi condizioni al contorno, senza che si verifichino apprezzabili modifiche delle tensioni interne
- aumento della sicurezza antincendio rispetto alle strutture tradizionali; l’azione del fuoco infatti viene sopportata per periodi più lunghi dal momento che l’iniziale dilatazione del materiale porta solamente ad una diminuzione dello stato di pretensione - limitazione sulle spese di trasporto data la flessibilità delle funi le quali possono essere
facilmente ed agilmente trasportabili