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CAPITOLO 2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

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CAPITOLO 2

INQUADRAMENTO GEOLOGICO

2.1 – Introduzione

La prima opera che interessa più direttamente l’area di studio del presente lavoro risale al 1955 (Giannini et Alii, 1955) e tratta dettagliatamente la geologia della porzione di territorio compresa tra il Fiume Cecina, Castagneto Carducci e il mare. In questo lavoro si ha l’introduzione del termine “Neoautoctono” per caratterizzare i sedimenti depostisi dopo la messa in posto delle formazioni “alloctone”; la definizione e lo studio di tali sedimenti rientra nel primo tentativo di cartografare in modo dettagliato le formazioni del “Quaternario”, periodo da cui prenderanno il nome generale.

Dopo questo, altri lavori hanno trattato il Neoautoctono nella Toscana meridionale, fino al culmine rappresentato dalla seconda edizione del Foglio 119 – Massa Marittima, curata da Trevisan et Alii nel 1969 [fig. 2.1].

2.1 – Particolare della nuova geologica del 1965 ad opera di Mazzanti et Alii raffigurante una zona

esterna all’area in esame. Questa rappresenta una tavoletta della Carta Geologica 1:100.000 di Trevisan et Alii (1969)

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Dagli anni ’70 del XX secolo sono stati portati avanti lavori riguardanti la dinamica e la morfologia costiera nella Provincia di Livorno, mentre negli anni ’80, in seno al progetto “Neotettonica”, tornano d’interesse i lavori riguardanti l’evoluzione paleogeografica e tettonica della zona in esame nel Pliocene e nel Pleistocene Inf.

Il lavoro che però è stato maggiormente consultato e usato come punto di partenza per la realizzazione dei due elaborati paralleli è Geologia e morfologia della bassa Val di Cecina di Mazzanti e Senesi, pubblicato nel 1987.

2.2 – Cenni di evoluzione paleogeografica e

geologica

L’evoluzione paleogeografica e geologica dell’area d’interesse del presente lavoro deve, per forza di cose, integrarsi con l’evoluzione subita dall’intero bacino sedimentario di appartenenza della stessa, noto come Bacino di Castiglioncello – S. Vincenzo (Galiberti et

Alii, 1982 e Mazzanti, 1983)

Per quanto concerne la descrizione dettagliata delle fasi evolutive della zona in esame si rimanda al lavoro di Bertocchini (2011); verranno qui evidenziati solo i punti salienti atti alla piena comprensione dell’assetto geologico della piana del Comune di Castagneto Carducci.

I fattori geologico-evolutivi che hanno maggiormente influenzato l’attuale assetto della zona in esame sono da ascrivere ai processi tettonici - sia di natura compressiva che distensiva - che hanno interessato il tratto di Appennino settentrionale attualmente alle spalle dell’area di interesse in un periodo compreso tra il Cretaceo Superiore e il Pleistocene.

Contemporaneamente alla fase di maggiore attività tettonica, in molte aree della Toscana è avvenuto l’impilamento delle unità alloctone e in un secondo momento lo smantellamento di esse da parte dei fenomeni erosivi precedenti ai cicli sedimentari successivi. Ciò giustifica l’uso del termine “Neoautoctono” per descrivere la maggior parte delle formazioni, depostesi nel corso dei cicli sedimentari precedentemente menzionati, individuate nella piana di Castagneto Carducci in seno al presente lavoro (Trevisan, 1952 e

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A seguito di questo quadro evolutivo e dei numerosi studi effettuati nella zona della Toscana meridionale, sono stati individuati 6 complessi strutturali distinti (Costantini et

Alii, 1993), utilizzati anche in seno al Progetto CARG (1988 - 2011), qui elencati a partire

da quello più antico:

BASAMENTO METAMORFICO (rinvenibile solo attraverso perforazioni profonde)

COMPLESSO DEL DOMINIO TOSCANO

COMPLESSO DEL DOMINIO SUB-LIGURE

COMPLESSO DEL DOMINIO LIGURE

COMPLESSO MAGMATICO NEOGENICO

COMPLESSO DEL NEOAUTOCTONO TOSCANO

Come verrà esposto più avanti, nella zona di interesse sono state individuate solo formazioni appartenenti agli ultimi 3 complessi.

La geologia della Toscana meridionale, oltre che dai vari movimenti di origine tettonica, è stata profondamente influenzata dalle variazioni eustatiche occorse nel Quaternario, creando così una vera e propria fascia in cui si alternano sedimenti di origine continentale depostisi durante i periodi di regressioni marina e sedimenti di origine marina depostisi in concomitanza delle variazioni trasgressive del livello marino arrivato a quote mediamente superiori agli 11 m rispetto al livello attuale (Sarti et Alii, 2005).

Il bacino sedimentario di Castiglioncello – S. Vincenzo, che comprende al suo interno la porzione di pianura interessata dal presente lavoro, si allunga lungo la direttrice NNW-SSE per una lunghezza di 35 km e presenta, sul bordo NE del bacino stesso nella zona compresa tra Castiglioncello e Bibbona, affioramenti di sedimenti del Pleistocene Inferiore a base trasgressiva, mentre la restante parte del bacino è caratterizzata dai depositi terrazzati dei cicli eustatici depostisi dal Pleistocene Medio al Pleistocene Superiore. I più recenti sedimenti risalenti all’Olocene sono rinvenibili lungo strette fasce che seguono approssimativamente la costa e il corso delle aste fluviali principali.

Il risultato di questi movimenti è quello di una parziale ricopertura dei sedimenti mio-pliocenici terrazzati e non interessati da faglie da parte del bacino di sedimentazione del Pleistocene Inferiore.

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2.3 – Inquadramento geologico

2.3.1 – Introduzione

La realizzazione della carta geologica costituisce il punto focale del lavoro contestuale al presente ed effettuato da Bertocchini (2011) e uno dei punti di partenza fondamentali per la caratterizzazione geotecnica della piana del Comune di Castagneto Carducci oggetto di questa tesi. Poiché si tratta di una carta basata su rilievi recenti è stato deciso di basarsi su questa per l’inquadramento geologico del presente lavoro, rimandando quindi a Bertocchini (2011) per le valutazioni più approfondite.

2.3.2 – Descrizione della geologia dell’area

L’area in esame risulta - sulla base di quanto precedentemente descritto - fortemente caratterizzata dall’evoluzione paleogeografica e geologica avvenuta a cavallo tra Terziario e Quaternario, e soprattutto in quest’ultimo periodo a causa delle successive variazioni eustatiche.

Il risultato di questa evoluzione è rappresentato da una zona pianeggiante caratterizzata, procedendo dal mare verso la porzione pedecollinare, da una prima fascia di sedimenti olocenici di spiaggia e di duna con talora la presenza di affioramenti della Formazione della Calcarenite di Biserno. Successivamente si può notare una zona retrodunale caratterizzata da sedimenti olocenici di tipo palustre mentre, procedendo ancora verso E, tali sedimenti lasciano il posto ad altri coevi di tipo alluvionale che ricoprono parzialmente le Sabbie di Donoratico. Questa è la Formazione più caratteristica dell’area in esame e appartiene al complesso strutturale del Neoautoctono Toscano.

I sedimenti alluvionali e le Sabbie di Donoratico caratterizzano quindi la quasi totalità della pianura anche se nella zona N dell’area in esame affiorano in larga parte dei sedimenti ascrivibili alla Formazione delle Ghiaie e Sabbie di Quadrelle.

Nei pressi della zona pedecollinare si ha una prima variazione di quota altimetrica ascrivibile ai resti di un terrazzamento caratterizzato dall’affioramento delle Sabbie di Val

di Gori lungo una stretta fascia che orla quasi ininterrotta da N a S l’intera area di studio.

Procedendo ancora verso monte, le Formazioni affioranti si differenziano da N a S: mentre la Formazione che caratterizza gli affioramenti della zona pedecollinare a N è nota

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cartograficamente come Conglomerati di Bolgheri, seguendo le stesse quote altimetriche e spostandosi verso S, si osservano dei passaggi ad altre Formazioni di età deposizionali differenti appartenenti anche ad altri Complessi strutturali. Infatti affiorano, sempre all’interno della zona N, dapprima alcuni lembi di Calcareniti di Bibbona e, spostandosi verso la zona centrale dell’area in esame, la porzione pedecollinare è caratterizzata dagli affioramenti delle Argille e Calcari a palombini. La zona pedecollinare centrale - e la quasi totalità della parte meridionale - presenta estesi affioramenti dei Flysch di Ottone, Formazione appartenente al Complesso del Dominio Ligure, mentre, la parte all’estremo S - nei pressi dell’abitato di S. Vincenzo - è caratterizzata da affioramenti dapprima del

Conglomerati di Montebamboli e, a quote altimetriche più elevate, dalla Formazione delle Vulcaniti di S. Vincenzo, afferente al Complesso magmatico neogenico.

Le Formazioni citate e i depositi recenti ed attuali che appaiono nella carta geologica prodotta da Bertocchini (2011) riportata in fig. 2.2, verranno descritti più avanti nel testo. Sempre nel medesimo lavoro, sono state inoltre realizzate alcune sezioni geologiche longitudinali e trasversali alla linea di costa, utili all’approfondimento della conoscenza della geologia del sottosuolo. Queste presentano l’interpretazione dei dati e la relativa assegnazione a corpi litologici distinti fino a una profondità di circa 20 m, mentre le informazioni derivate dai log stratigrafici al di sotto di tale profondità sono state riportate solo da un punto di vista granulometrico.

Dallo studio delle sezioni geologiche prodotte trasversalmente alla linea di costa [fig. 2.3] risulta presente l’evidenza di un’evoluzione della piana sviluppatasi in successivi terrazzamenti in accordo con lo schema stratigrafico proposto in letteratura (Mazzanti &

Sanesi, 1987).

Sono riconoscibili due distinti livelli di terrazzamenti di cui la più antica, databile al Pleistocene Inf.–Med., è interessata da sedimenti ascrivibili ai Conglomerati di Bolgheri e alle Sabbie rosse di Val di Gori, entrambe descritte successivamente, mentre il gradino Olocenico più recente è interessato da sedimenti palustri e alluvionali recenti e attuali.

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La sezione geologica prodotta circa parallelamente alla linea di costa [fig. 2.4], realizzata tenendo di conto, oltre che dei risultati dei log stratigrafici e della carta geologica stessa, degli incroci con le sezioni trasversali, mostra un andamento delle Formazioni e delle coperture interessate che evidenzia un abbassamento dei corpi geologici raffigurati nella zona più meridionale: ad esempio alle quote in cui nella zona meridionale vengono cartografate le Calcareniti di Bibbona, che in un certo senso rappresentano una zona rialzata, nella zona a N della carta prodotta affiorano i sedimenti palustri, tipici di una zona depressa.

2.3 – Sezione geologica tipo trasversale all’area di studio (Bertocchini, 2011)

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2.4 – Descrizione delle formazioni e dei depositi

2.4.1 – Introduzione

Il presente paragrafo descrive le formazioni rilevate nella pianura del comune di Castagneto Carducci.

Le varie formazioni sono state suddivise tra loro a seconda dei Complessi Strutturali - o Unità tettoniche - di appartenenza, come descritti nel par. 2.2 e riportate in ordine cronologico di deposizione, dalla più antica alla più recente; vengono inoltre riportati i codici di nomenclatura utilizzati da Bertocchini (2011) nell’ambito del lavoro di tesi contestuale al presente.

2.4.2 – Formazioni appartenenti al Dominio Ligure

APA – Argille e calcari a palombini (Cretaceo Inf.)

Questa Formazione mostra in genere un assetto caotico e poggia stratigraficamente sui Calcari a Calpionelle, con i quali mostra rapporti di eteropia nella sua parte basale. Dal punto di vista litologico è costituita in prevalenza da argilliti, argilliti siltose e marne finemente fogliettate, di colore variabile dal grigio scuro al marrone; vi sono intercalati strati di calcare e calcari silicei (“Palombini”), sempre a grana finissima, di colore

solitamente grigio o grigio scuro, spessi da pochi centimetri fino a 2 metri. Compaiono, sia pure con frequenza subordinata, strati di arenarie quarzose, di colore marrone scuro, a cemento in parte calcareo in parte costituito da fillosilicati.

OTO – Flysch di Ottone (Cretaceo Sup.)

Il flysch calcareo-marnoso di Ottone sormonta stratigraficamente le Argilliti, siltiti e

calcareniti con Pithonella (Costantini et Alii, 1993) ritrovandosi praticamente al tetto

dell’intero complesso delle unità Liguri.

Dal punto di vista litologico il Flysch di Ottone si presenta generalmente costituita da sequenze torbiditiche arenacee e calcareo-marnose, anche molto potenti, fino a 500 – 600 m al di fuori dell’area in esame, in cui sono scarsamente rappresentati i litotipi a granulometria maggiore.

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2.4.3 – Formazioni appartenenti al Complesso Magmatico

Neogenico

V – Vulcaniti di S. Vincenzo (Pliocene Inf. – Med.)

La Formazione delle Vulcaniti di S. Vincenzo è rappresentata da rocce effusive caratterizzabili come Rioliti a plagioclasio – quarzo – biotite – sanidino e cordierite, che si estendono su un’area di circa 10 km2

, tenendo conto anche degli affioramenti della stessa al di fuori dell’area di studio, andando a costituire le colline a N-W dell’abitato di S.Vincenzo.

La formazione è rappresentata in realtà da due grossi affioramenti e da numerose piccole placche che costituiscono il residuo di intensi processi erosivi che hanno interessato l’area fin dal Pliocene Inf. (Costantini et Alii, 1993). È probabile che la coltre di materiale vulcanico si estendesse ben oltre gli attuali affioramenti che, malgrado l’azione erosiva, si sono conservati perché ubicati in una parte dell’area in esame strutturalmente ribassata.

2.4.4 – Formazioni appartenenti al Complesso Neoautotoctono

Toscano

Le Formazioni prese in considerazione come unità stratigrafiche del complesso strutturale Neoautoctono Toscano, secondo la definizione di Giannini et Alii (1955), Trevisan (1955) e Costantini et Alii (1993), possono essere classificate, da un punto di vista cronologico e deposizionale, come appartenenti a quattro cicli distinti e temporalmente susseguenti, in cui, a causa delle mutazioni delle condizioni climatiche globali, variava l’ambiente geografico, come è stato precedentemente trattato, a causa delle trasgressioni e delle regressioni del livello marino, e variavano quindi anche i processi deposizionali ed erosivi dominanti nell’area in esame. Questo spiega l’afferenza di formazioni anche molto diverse tra loro nel medesimo Complesso Strutturale.

m8 – Conglomerati di Montebamboli (Miocene Sup.)

Il Conglomerato di Montebamboli è un conglomerato poligenico a matrice sabbiosa, formato in prevalenza da ciottoli calcarei provenienti dalle Formazioni delle Unità

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Liguri e Sub-Liguri, delle quali presenta anche alcuni ciottoli di ofioliti; raramente contiene anche ciottoli di eurite e di porfido granico elbano. Nell’area in esame tale formazione è presente in piccoli affioramenti nella parte centro-meridionale, di cui non è stimabile lo spessore vista l’intensità dell’erosione subita, tuttavia lo spessore originario del Conglomerato di Montebamboli si dovrebbe assestare sull’ordine del centinaio di metri (Costantini et Alii, 1993). Il periodo di deposizione supposto è quello del Miocene Sup.

FAA – Argille Azzurre (Pliocene)

La Formazione delle Argille Azzurre è costituita da argille plastiche, argille siltose o sabbiose compatte, di colore grigio azzurro o grigio cenere, talvolta ricche di fossili, con intercalazioni centimetriche di lenti sabbiose o, più raramente, marnoso - calcaree. Nell’area in questione le argille azzurre si ritrovano sottostanti ai depositi quaternari in affioramenti molto piccoli, formate da sottilissime lamine di limo e di sabbia molto fine.

Lo spessore originario della formazione viene in letteratura indicato intorno ai 300 m, ma non è misurabile integralmente per la presenza di faglie e sedimenti sovrapposti in trasgressione.

Nel caso in cui le FAA sovrastino direttamente il tetto del Miocene Sup. è stato dato un significato di trasgressione “acqua marina su acqua salmastra-dolce” per veloce cambiamento delle condizioni ambientali del bacino mediterraneo al limite Miocene – Pliocene (Bossio et Alii, 1993).

q5 – Calcareniti di Bibbona (Pleistocene Inf. – Med.)

Questa Formazione si presenta come un insieme assai variabile di calcareniti sabbiose diversamente cementate di colore ocra, di sabbie a varia granulometria, di conglomerati in matrice sabbiosa o calcareo-detritica ad andamento lenticolare, spesso a loro volta suddivise in lamine piano parallele o sigmoidali incrociate, specialmente nelle frazioni sabbiose. I conglomerati sono invece poligenici, formati da ciottoli di differenti litologie poiché provenienti da tutte le formazioni dell’Alloctono (Costantini et Alii,

1993), di dimensioni assai variabili con clasti fino a 10 cm, ben classati nella facies

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Le Calcareniti di Bibbona si sovrappongono in genere alla Formazione dei Calcari di Montescudaio, non trattata in questa sede poiché non presente nella zona di interesse, ma in zona “La Fornace” dovrebbero sormontare direttamente le Argille Azzurre plioceniche, come si evince anche dalla carta di Bertocchini (2011).

L’ambiente di deposizione delle Calcareniti di Bibbona è quello di spiaggia sommersa.

q6 – Conglomerato di Bolgheri (Pleistocene Med.)

Sono conglomerati di aspetto massivo, poligenici, da clasto a matrice sostenuti, con ciottoli fortemente eterometrici e da moderatamente a ben arrotondati, spesso assai grossolani ma compresi in un intervallo che va dai 2 ai 20 cm, costituiti anch’essi - come già visto per unità conglomeratiche precedenti - da litotipi delle unità Liguri cui si aggiungono talora elementi di calcedonio.

Questa Formazione presenta matrice sabbiosa e argillosa in quantità molto varia e contiene anche lenti di argille siltose grigie, dello spessore fino a circa 2 m ed estensione laterale da metriche ad ettometriche del tutto prive di ciottoli. La stratificazione è in genere assente, con una disposizione caotica degli elementi che costituiscono tale formazione, ma talora è riconoscibile come inclinata, con spessore originario difficilmente valutabile, poiché depostasi su di un substrato ad incisioni vallive notevoli anche se non profondissime, presentando variazioni a seconda delle località; in ogni modo lo spessore massimo generale di questa formazione, anche al di fuori dell’area in esame, non dovrebbe superare i 20 m (Costantini et Alii, 1993).. Le caratteristiche sedimentologiche sono quelle di un delta fluviale: fino alle quote cartografate (che non superano i 110 m) il Conglomerato di Bolgheri si è deposto con forti probabilità in mare, a quote superiori la deposizione è stata molto probabilmente di origine continentale (Costantini et Alii, 1993).

Sono presenti forti segni di pedogenizzazione che, unitamente a processi di modellamento, hanno caratterizzato le parti alte della Formazione, verosimilmente rimaste sempre semi-emerse o comunque in emersione in un clima caldo-umido e per un periodo sufficientemente lungo da produrre paleo suoli riferibili, secondo Costantini et Alii (1993), ad Ultisuoli, cioè suoli caratterizzati da orizzonti di accumulo illuviale di argilla tipici delle aree umide sub-tropicali (U.S.D.A., 1975).

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q7– Sabbie di Val di Gori (Pleistocene Med.)

Questa Formazione è composta in prevalenza da sabbie di colore rosso vivo [fig. 2.6], con notevole matrice argillosa e aspetto massivo, talora con ciottoli sparsi, risultate sterili dal punto di vista fossilifero (Costantini et Alii, 1993). La Formazione è stata quindi definita come appartenente al Pleistocene Medio, alla luce dei ritrovamenti archeologici effettuati al suo interno (Cresti & Galiberti, 1979) e anche della sua posizione stratigrafica tra i Conglomerati di Bolgheri ed al tetto delle Sabbie di Donoratico datate al Pleistocene Sup.

Dal punto di vista dell’ambiente di sedimentazione si tratta di sabbie fini di sicura origine continentale, ipoteticamente anche di origine eolica (Costantini et Alii, 1993 e

Mazzanti & Sanesi, 1987) ma in larga parte probabilmente di origine colluviale e da

esondazione fluviale, con plaghe a concentrazione di sabbie più grossolane e “sciacquate”, compattatesi in calcareniti sabbiose (q7p). Altre plaghe - interessate dal

passaggio di dilavamenti colluviali - si sono unite a depositi detritici pur sempre minuti, ma di dimensioni nettamente maggiori, andando così a formare lenti alluvionali di conglomerati (q7c).

Gran parte delle Sabbie rosse di Val di Gori è interessata da un’intensa pedogenesi con suoli riferibili ad Alfisuoli Palexeralfs, suoli acidi con accumuli illuviali di argilla (U.S.D.A., 1975), i quali richiedono un’evoluzione in un clima caldo-umido, verosimilmente corrispondente a quello dell’ultimo interglaciale. La deposizione del sedimento sarebbe stata in realtà anteriore vista la posizione stratigrafica della Formazione (Pleistocene Medio), ma l’evoluzione della maggior parte della paleo-pedogenesi sarebbe avvenuta durante il Tirreniano, con l’inizio del quale attualmente si fanno coincidere i primordi del Pleistocene Sup. e la deposizione delle sabbie di Donoratico (q9) (Costantini et Alii, 1993).

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q8 – Calcareniti di Biserno (Pleistocene Sup.)

La Formazione delle Calcareniti di Biserno affiora per circa tutta l’estensione della pianura in direzione longitudinale nelle zone a quota più bassa, in prossimità delle aree litorali, per la maggior parte dietro le dune attuali, spesso semisepolta o affiorante in piccole porzioni caratterizzate dalle alluvioni oloceniche e dai depositi palustri bonificati.

Tracce di questa Formazione, chiamata anche “Panchina” (Cortemiglia et Alii, 1984), si ritrovano frequentemente lungo la piana, anche nella zona più centrale, ricoperte praticamente sempre dalle successive sabbie di Donoratico (q9).

Si tratta di calcareniti più o meno sabbiose e sabbie cementate di colore bianco – giallastro di spessore variabile tra i 50 cm e i 2 m, intercalate da banchi di sabbie da medie a fini di colore marrone scuro e con sporadici ciottoli, spesso forati da litofagi.

q9 – Sabbie di Donoratico (Pleistocene Sup.)

Le Sabbie rosso-arancio di Donoratico [Fig. 2.7] rappresentano la Formazione principale della geologia in esame, dominante all’interno della piana di Castagneto Carducci. Essa affiora in modo netto soprattutto nella porzione centrale dell’area - nel

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distretto dell’abitato di Donoratico - e più a S, chiudendosi insieme alla pianura sull’abitato di S.Vincenzo; a N si ritrova invece spesso al di sotto delle alluvioni oloceniche e dei depositi palustri, ma affiora in svariate “isole” dove i vecchi poderi venivano costruiti in posizione privilegiata rispetto alle circostanti aree morfologicamente più basse e, quindi, a maggior rischio idraulico.

Sono sabbie massive di spessore mediamente decametrico, caratterizzate da un comune colore rosso-giallastro, da fini a grossolane, organizzate in strati lenticolari intercalati tra loro e prive di strutture interne e di fossili.

Sono sabbie di chiaro ambiente continentale come le Sabbie rosse di Val di Gori, ma probabilmente con un maggior apporto genetico di tipo eolico, oltre a quello colluviale e di esondazione fluviale, con quantità variabili di ciottoli o di materiali detritici di tipologia affine alle brecce (Costantini et Alii, 1993).

Le Sabbie di Donoratico sono caratterizzate da un’intensa alterazione e processi di pedogenesi in inceptisuoli (Costantini et Alii, 1993), vale a dire suoli giovani con un orizzonte Cambico, di alterazione ma con poco accumulo, e talora con un orizzonte

Umbrico, ricco di materia organica soffice (U.S.D.A., 1975).

L’età di questa Formazione, oltre che dalla giacitura al di sopra dei sedimenti del Pleistocene Medio – Sup., è indicata in molte località dalla presenza di industrie del Paleolitico Medio, attualmente considerate corrispondenti all’arco cronologico del Tirreniano.

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q10 – Ghiaie e sabbie di Quadrelle (Pleistocene Sup.)

Si tratta di una Formazione costituita da più corpi molto piatti, residui di antichi coni alluvionali anastomizzati e coalescenti, formati da ghiaie a granulometria ruditica fine (da 1 a 3 cm) a scarso grado di arrotondamento e sabbie limo-argillose di elaborazione fluviale deposte allo sbocco in pianura di più paleotorrenti che provenivano dalle colline ricche di ciottoli. La parte N è infatti ricca di paleoalvei, che solo in parte sono stati segnalati nella carta geologica prodotta da Bertocchini (2011).

La deposizione stratigrafica di questa Formazione, situata al di sopra delle Sabbie rosse di Donoratico e delle Sabbie rosse di Val di Gori e delimitata verso il basso topografico dalle alluvioni più recenti oloceniche, indica l’eteropia di questa Formazione con quella delle Sabbie rosso-arancio di Donoratico del Pleistocene Sup. (Costantini et Alii, 1993).

2.4.5 – Depositi Olocenici

Questi depositi sono stati distinti in primo luogo in base ai processi da cui hanno avuto origine ed in secondo luogo, all’interno delle distinzioni genetiche effettuate, in base alla granulometria dei singoli depositi.

I depositi olocenici che maggiormente caratterizzano la pianura del Comune di Castagneto Carducci sono quelli che riguardano le alluvioni così distinte:

Depositi alluvionali attuali

 bc – Ghiaie e sabbie

 bd – Sabbie prevalenti

 be – Sabbie fini e limi

Depositi alluvionali recenti, terrazzati e non terrazzati

 bnac - Ghiaie e sabbie

 bnad - Sabbie prevalenti

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Rimane verosimile l’ipotesi avanzata da Mazzanti e Sanesi (1987) che le alluvioni più antiche risalgano al sovralluvionamento vallivo relativo al’innalzamento eustatico post-tirreniano.

Questi depositi sono a contatto con la Formazione delle Ghiaie e sabbie di Quadrelle, che ha più o meno la stessa genesi e che spesso è indistinguibile dalla semplici alluvioni. Il corpo alluvionale di maggior estensione è quello centrale della Fossa di Bolgheri e del suo affluente - il Botro alle Macine - per il quale si possono ipotizzare spessori dell’ordine dei 10-15 m, visti anche i confronti con i dati di perforazioni fra le varie zone.

ea – Depositi palustri attuali o di recente bonifica

I depositi palustri sono presenti nelle aree morfologicamente più depresse della piana e vanno a costituire nella maggior parte dei casi le zone di retroduna, in gran parte bonificate per colmata. I depositi arealmente più grandi e di maggior spessore sono sicuramente quelli nell’area dell’Oasi di Bolgheri nella zona de “Il Padule” e nella zona “Cioccaie”, dove scendono in modo continuo, verso S fino all’area oggi bonificata di Marina di Castagneto, poiché probabilmente si sono evolute a causa dello sbarramento naturale creato dal cordone dunale o dagli affioramenti di calcareniti.

Depositi detritici attuali e recenti

a3 – Coperture detritiche indifferenziate

a1 – Frane con stato di attività e tipo di movimento indeterminato

Sotto queste diciture sono cartografati i detriti misti di copertura: accumuli di detrito non riconducibili ad uno specifico processo genetico (a3) e gli accumuli di frana provenienti da

formazioni differenti tra loro e con differenze relative sia al tipo di movimento che allo stato di attività (a1).

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Depositi costieri

g2a – Depositi di spiaggia

da – Depositi eolici: dune costiere

Sotto la prima sigla sono stati cartografati i sedimenti di spiaggia attuali costituiti da sabbie da medie a fini, mentre il secondo riunisce tutti i sedimenti eolici recenti che vanno a costituire depositi di duna alti non più di 13 m che si stagliano in una fascia contigua all’arenile lungo tutta la piana.

2.5 – Cenni di inquadramento idrogeologico

Dal punto di vista idrogeologico la pianura del Comune di Castagneto Carducci presenta - come tutta la zona a S del fiume Cecina - una falda di tipo freatico, con vulnerabilità stimata da alta ad elevata (A.A.T.O. n°5, 2000) e una falda profonda di tipo confinato separata dalla sopracitata da livelli considerabili all’incirca continui di limi ed argille grigio azzurre e con una vulnerabilità stimata di categoria medio - bassa (A.A.T.O. n°5, 2000).

Il complesso di acquiferi della zona viene riunito, in accordo alle classificazioni eseguite dall’A.T.O 5, in una singola “Unità Acquifera di Interesse Acquedottifero” chiamata

“Acquifero multistrato della fascia costiera Rosignano-Cecina-Castagneto”, facente parte a sua volta del Dominio Idrogeologico noto come “Fascia costiera livornese” (A.A.T.O. n°5,

1998).

Il serbatoio naturale è localizzato quasi interamente in depositi risalenti al Quaternario - con prevalenza dei terreni di tipo alluvionale - e viene alimentato prevalentemente dalle infiltrazioni superficiali e dai flussi di subalveo del Fiume Cornia. La natura dell’acquifero è quella tipica dei depositi alluvionali, presentando infatti una variabilità litologica con l’alternarsi di sabbie, ghiaie e limi argillosi, in senso orizzontale e verticale (A.A.T.O. n°5,

2000).

Le maggiori problematiche relative all’acquifero della zona in esame sono da ricondursi all’infiltrazione nelle acque di falda, soprattutto quelle che formano le falde superficiali molto vulnerabili, di nitrati anche di origine naturale, come sottolineato anche dal DCRT n°170, 8 Ottobre 2003. Il medesimo decreto individua come area sensibile all’interno dell’A.T.O n°5, e all’interno dell’area di interesse del presente lavoro, la zona del Padule di

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Bolgheri. Altra problematica relativa allo sfruttamento intensivo che le falde acquifere hanno subito in epoca storica è quello relativo all’ingressione del cuneo salino all’interno dell’acquifero.

Per effetto delle caratteristiche litologiche dell’acquifero sotteso all’area d’esame - vale a dire depositi e formazioni di tipo prevalentemente sabbioso e sabbioso-ghiaioso, il corpo idrico che caratterizza l’idrogeologia della pianura del comune di Castagneto Carducci è stato definito, ai sensi del D.Lgs 152/99, un Corpo Idrico Significativo, come visibile in fig. 2.8.

2.8 – Identificazione corpi idrici significativi all’interno dell’A.T.O. n°5 –

Immagine tratta da A.A.T.O. n°5 Toscana Costa – Quadro di riferimento conoscitivo e programmatico - Modificata

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