• Non ci sono risultati.

CAPITOLO TERZO L’INTERVISTA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO TERZO L’INTERVISTA"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

177

CAPITOLO TERZO

L’INTERVISTA

Ho avvertito la necessità di dedicare lo spazio conclusivo di questo mio elaborato ad un incontro con chi perizie psichiatriche le ha vissute in prima persona, il che mi ha permesso, non solo, di dare un contributo più personale al lavoro svolto, ma soprattutto di vedere da vicino cose che fino ad ora ho solo letto sui testi. Ho avuto la fortuna di conoscere Gian Piero Lombardi, medico psichiatra presso la ASL Toscana sud-est, coordinatore della attività psichiatriche territoriali di Follonica, al quale ho posto degli interrogativi stimolata della curiosità che gli argomenti di questa trattazione mi hanno suscitato in questi mesi di ricerca. Nel corso della sua attività professionale, il Dott. Lombardi si è trovato spesso a svolgere colloqui in sede giudiziaria e peritale sia in veste di CTU sia di CTP, con propri pazienti che avevano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato. Mi ha posto all’attenzione un particolare caso del 13/02/2015, data che segna l’inizio dello svolgimento di un’attività peritale presso il Tribunale Ordinario di Grosseto da parte del perito Dott. Ettore C., in cui il soggetto periziando, Tam. Silv., era suo paziente dagli anni 2000, di cui conosceva bene la storia personale e clinica nonché la struttura della personalità. Si tratta di un paziente dal passato complesso ed articolato che ha avuto anche esperienze detentive presso il carcere di Grosseto. La vicenda che riporto è relativa al procedimento n. 14/2359 presso il Tribunale Ordinario di Grosseto, nei riguardi del soggetto che, a causa della morte del padre (figura centrale nella sua vita) che lui riteneva causata da colpa medica, ha aggredito con oggetti contundenti il personale medico del reparto di Psichiatria prima e del Pronto Soccorso poi. Questi due episodi gli sono costati due capi d’accusa, per i quali è stata appunto richiesta perizia. Una perizia psichiatrica segue normalmente dei protocolli ben definiti, così da rendere il giudizio del perito (cioè del medico incaricato di eseguirla) il più oggettivo e ripetibile possibile250.

250Precisamente: nella prima fase si ha lo studio degli atti processuali forniti dai giudici

relativi all’inchiesta giudiziaria e a quella socio-ambientale (art. 228 cod. proc. pen.). Seconda fase: colloqui con il soggetto, se minore con i suoi genitori, incontri fra questi e

(2)

178

La prima fase della visita è relativa all’esame di tutta la documentazione a disposizione sul paziente. Questi documenti comprendono visite già effettuate in precedenza, giudizi di professionisti, eventuali traumi subiti, ecc. Per il medico è molto importante riuscire ad avere accesso a tutta la storia clinica del paziente, così da poter dare un giudizio sulla base di evidenze oggettive. Uno scopo della visita è infatti la verifica di eventuali contraddizioni tra quanto registrato sui documenti e quanto dichiarato dal paziente. La seconda fase è una intervista per riuscire a delineare il quadro psicologico del paziente. L’obiettivo è di capire la sua personalità, la tipologia delle sue relazioni sociali ed il suo comportamento di fronte a determinate circostanze accadutegli. A seguito di questo esame generale, è facoltà del medico approfondire particolari episodi o elementi emersi durante la prima fase. In questo caso al paziente vengono poste domande ben precise a cui dare una risposta diretta. Altro passaggio è la discussione col paziente di eventuali cure psichiatriche intraprese in passato e dei loro risultati, l’esecuzione di un’anamnesi familiare e l’analisi di ossessioni, compulsioni, assunzioni di sostanze nocive, ecc. Ultima fase della perizia psichiatrica è l’approfondimento clinico che può richiedere l’esecuzione di particolari test come ad esempio il test delle tre parole, la comprensione dei proverbi, la ripetizione di frasi a memoria, contare all’indietro, ecc. Segue poi la rielaborazione di tutti i dati ricavati e traduzione in termini giuridici delle conclusioni raggiunte a livello psicologico con la stesura della relazione peritale. Una perizia psichiatrica restituisce come risultato un giudizio sulla capacità di intendere e di volere di un soggetto. Si cerca quindi di determinare se il paziente è in grado di comprendere l’esito delle sue azioni e dei suoi comportamenti. Considerata la complessità della mente umana e del suo funzionamento, una sola perizia psichiatrica a volte può non essere sufficiente (soprattutto in ambito processuale) e ne vengono quindi ripetute delle altre. Nella lettura che ho dato allo svolgimento delle operazioni, ho capito l’importanza del colloquio anamnestico e seguente valutazione clinica del periziando, punto focale dell’attività peritale e del rapporto fiduciario che a questo scopo deve crearsi tra indagato e perito. Ho avuto conferma di come l’attività peritale sia scandagliata dai quesiti, domande precise a cui

(3)

179

devono essere date risposte precise, in grado di dimostrare se il soggetto è affetto da disturbo mentale, se a causa del predetto l’imputato sia stato, nel momento in cui ha commesso il fatto, in stato di mente da escludere o scemare grandemente senza escluderla, la capacità di intendere e volere (se il disturbo di consistenza, rilevanza, intensità e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e volere), se il fatto di reato trovi la sua genesi e le sue motivazioni in nesso eziologico nel disturbo mentale, se l’imputato sia socialmente pericoloso, se in caso di effettiva sussistenza di infermità mentale essa persista attualmente e se consenta all’indagato di partecipare coscientemente al procedimento. Nel caso in esame e per rispondere al primo quesito “dica il perito se

l’indagato sia affetto da disturbo mentale”, è emerso che il soggetto è

affetto da disturbo di personalità borderline251, ritardo cognitivo di grado lieve252, disturbo da abuso di sostanze253. Il periziando ha nella propria anamnesi un pregresso trauma cranico grave che necessitò di un intervento chirurgico254; inoltre il soggetto ha vissuto in un contesto

251Il disturbo borderline di personalità è un disturbo di personalità le cui caratteristiche

essenziali includono la paura del rifiuto, l’instabilità nelle relazioni interpersonali, nell'immagine di sé, nell’identità e nel comportamento. Possono essere presenti ira incontrollabile e depressione. Tali comportamenti sono presenti fin dall'adolescenza e si manifestano attraverso una varietà di situazioni e contesti. I sintomi solitamente includono, oltre alla paura del rifiuto, intensi timori di abbandono, rabbia estrema e irritabilità, spesso per ragioni che gli altri hanno difficoltà a comprendere o considerano futili. Le persone con tale disturbo sono spesso impegnate nell’idealizzazione e/o svalutazione degli altri, che consiste nell'alternanza tra un'alta considerazione positiva (per esempio del partner o di sè stessi) ad una netta svalutazione. Pratiche di autolesionismo, ideazioni suicide e abuso di sostanze sono frequenti. Vi sono prove che anomalie del sistema limbico siano correlabili a molti dei sintomi. La malattia è riconosciuta nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

252Dalla valutazione neuropsicologica dell’11/12/2003 è emerso un quoziente intellettivo

totale di 50, un insufficiente background, compromissione delle capacità di attenzione e concentrazione con debolezza nell’adattamento all’ambiente sociale. Il basso livello di intelligenza sociale e le scarse capacità di concentrazione, alterano l’esame della realtà in particolare nel senso della sua capacità realistica di previsione delle conseguenze delle sue azioni. Aspetti tipici del ritardo cognitivo ravvisabili nel Sig. Tam. Silv. Sono immaturità, suscettibilità alle critiche, incapacità di autoregolazione emotiva, assenza di strategie adeguate di problem solving, scarse capacità critiche verso sè stesso.

253L’uso di eroina risale al 2001, precedentemente sono riportati abusi di alcool. In

psichiatria forense la diagnosi di alcool e quella di tossicodipendenza non equivalgono affatto e sempre alla diagnosi di cronica intossicazione. L’intossicazione viene presa in considerazione solo quando l’abuso di sostanze abbia prodotto un danno organico a carico delle funzioni psichiche dell’autore di delitto e il reato che viene addebitato sia in connessione diretta con il disturbo psicopatologico. Solo allora è possibile conferire valore di malattia al fatto di reato ed applicare i disposti di cui agli artt. 88 e 89 c.p. (FORNARI U., trattato di psichiatria forense, 1997).

254Aspetti tipici di esiti del trauma sono stati un disturbo dell’autoregolazione emozionale,

(4)

180

familiare assai multiproblematico, subendo egli stesso maltrattamenti e subendo anche una violenza sessuale in età infantile da parte di coetanei; fin dall’infanzia ha quindi evidenziato un marcato disturbo comportamentale che ha necessitato dell’introduzione di un insegnante di sostegno a scuola; nell’adolescenza di sovrammette un disturbo psichiatrico dovuto ad uso di eroina con crisi di astinenza da metadone. Per questi molteplici motivi, il disturbo rende ragione di essere grave e determina una marcata compromissione comportamentale, scarsa capacità di adattamento in contesti sociali, incapacità di adempiere ad un lavoro e di assolvere a regole, in caso di scompenso (come avviene nei casi di stress o di mancata assunzione di terapie mediche), il soggetto slatentizza il proprio discontrollo degli impulsi e diviene rapidamente auto ed etero-aggressivo.

Eccoci al secondo quesito: “nel caso di disturbo della personalità

classificato in Asse II del DSM255, precisi se detto disturbo sia di

consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere escludendola o scemandola grandemente, la capacità di intendere e volere, illustrandone i motivi”. Il disturbo di personalità

unito al ritardo cognitivo di cui il Sig. Tamm. è affetto incide sulla dimensione cognitiva, affettiva, relazionale, difficoltà di analisi della realtà. Pertanto si tratta di un disturbo grave che intacca le globali capacità di adattamento del soggetto e di gestione dei propri impulsi. Come abbiamo visto nel primo capitolo del mio elaborato, con la sentenza n. 9163, depositata in data 8 marzo 2005, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che: “Anche i disturbi della personalità, come quelli da nevrosi e psicopatie, possono costituire causa idonea ad escludere o scemare grandemente, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di volere di un soggetto agente ai fini degli artt. 88 e 89 c.p., sempre che siano di consistenza, rilevanza, gravità e intensità tali da concretamente incidere sulla stessa…”. Qualora, come in questo caso, la compromissione psichica sia grave, maggiormente

255Sull’asse II si riportano i disturbi di personalità e di ritardo mentale. Ne fanno parte: il

disturbo paranoideo di personalità, il disturbo schizoide di personalità, quello schizotipico, antisociale, borderline, istrionico, narcisistico, evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo, passivo-aggressivo, depressivo e quello non altrimenti specificato.

(5)

181

pregiudicato è l’esame della realtà da parte di un soggetto (i c.d. scivolamenti psicotici) e minore sarà il coordinamento e la programmazione dell’atto, in tutti i suoi passaggi sino alla effettiva esecuzione. Per quanto riguarda nello specifico la capacità di intendere e volere, si ritiene quanto segue: il periziando viveva in una condizione di stress (lutto non elaborato) dovuto alla morte del padre, figura da sempre vissuta come centrale nella sua vita, condizionato dall’idea di dover “prendere in mano” la propria famiglia adempiendo al ruolo di capo famiglia e rinforzato da sospette negligenze dei sanitari del 118 avvalorate anche da parenti ed amici e dalle indagini in corso; sprovvisto di adeguate capacità di ragionare, controllarsi e seguire strategie più adeguate per affrontare la propria rivalsa verso i medici, ha avuto crescente stato di irritabilità con perdita del controllo di sé che lo ha condotto prima a recarsi presso la sede della Psichiatria (aprile 2014)256 e poi direttamente al PS (agosto 2014)257. In entrambi gli episodi si ravvede una capacità di intendere parzialmente scemata, ovvero il soggetto è in grado di rappresentare a sé stesso che cosa sta facendo, con chi si relaziona, il senso delle sue azioni, anche se risulta alterato nei mezzi e nei modi a causa di un ridotto autocontrollo e si configura anche una riduzione della capacità di volere (presenza di irritabilità, incapacità di differire i propri impulsi che conduce il sig. Tamm. a volere giustizia a tutti i costi e subito mettendo in atto modalità minatorie e violente). Andando ad analizzare i due episodi258 è emerso come il soggetto possa

256In questa prima occasione richiede l’intervento dei medici e carabinieri per essere

aiutato, dimostrando di avere preservata una certa capacità di ragionamento e di risoluzione del problema ed alla fine lascia che il personale psichiatrico possa prendersi cura di lui ricoverandolo.

257In quest’ultimo caso va al PS alla ricerca di un confronto diretto con la dottoressa del

118 ritenuta colpevole della morte del padre, si dimostra fortemente impulsivo e risoluto al desiderio di farsi giustizia da solo, evidentemente alterato prende una lattina la usa come coltello, chiede il confronto con il medico, aggredisce un medico accorso, forza la porta dell’ambulatorio, getta la lattina prende una forbice e prosegue a minacciare e tentare di ferire l’infermiera che nella colluttazione subisce una ferita, finché giungono i CC chiamati dal personale e improvvisamente si calma. Egli ha pianificato tutte le sue azioni seppur alterato nell’umore, preda dei propri impulsi e cerca strada per ottenere i suoi scopi in modo aggressivo, minatorio, violento, non si consegna ai propri psichiatri ma cerca di dimostrare a sé stesso e agli altri che è un vero uomo, un vero pater familias così come implicitamente chiesto nel suo mandato familiare.

258Relativamente al primo episodio di cui al Procedimento, si ritiene che il soggetto seppur

preda di condizione di irritabilità e di discontrollo degli impulsi sia stato in parte in grado di intendere (sebbene alterato capisce che non deve compromettersi completamente soprattutto quando si relaziona con persone ritenute autorevoli come i dottori e i

(6)

182

essere in grado di differenziare e quindi in parte indirizzare le proprie modalità agite, tanto da giustificare la parziale incapacità di autodeterminarsi. Le azioni del sig. Tamm. sono in entrambi i casi scrivibili ad un quadro psicopatologico di personalità che scema parzialmente la capacità di intendere e volere.

“Precisi altresì il perito se il fatto di reato trovi la sua genesi e le sue motivazioni in un nesso eziologico259 nel disturbo mentale, sia di Asse

I che si Asse II, eventualmente accertato, illustrandone i motivi in caso positivo”. Si ritiene, risponde il perito, che entrambi i casi siano

ascrivibili ad una condizione di stress legata alla perdita del padre ed alle indagini riguardanti una sospetta mal gestione dell’intervento da parte del personale sanitario del 118, che ha slatentizzato e resa attiva una condizione stabile del soggetto, ovvero difficoltà di autocontrollo, intolleranza alla frustrazione, reattività non controllata, incapacità di direzionare e gestire la rabbia in modo più evoluto, elementi tipici della

carabinieri cui in sostanza chiede un intervento) e volere (sebbene prevalgano i suoi bisogni pulsionali e strategie di coercizione, riesce a pianificare le strategie di richiesta di aiuto ai propri sanitari ed ai CC interrompendo di fatto il corso dei propri gesti aggressivi). Relativamente al secondo episodio, sempre in preda di una condizione di irritabilità, ha messo in atto senza tener presente i rischi e le conseguenze delle sue azioni un sistema diretto di rivalsa nei confronti del personale sanitario, aggredendo deliberatamente e reiteratamente due infermieri ed un medico. Qui si ritiene che il soggetto abbia per buona parte pianificato e messo in atto una strategia antisociale di aggressione diretta al personale del PS per far valere i suoi presupposti diritti e le sue richieste di ottenere giustizia. Prevalgono in questo episodio elementi persecutori e peranoidei ed il soggetto non cerca, come nella precedente situazione, nessun elemento di mediazione in grado di aiutarlo a ragionare e gestire in modo più adeguato i sui comportamenti.

259Riporto l’ultima parte della Sent. Raso “…è inoltre necessario che tra il disturbo

mentale ed il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo”. Invero, la dottrina ha da tempo posto in

rilievo come le più recenti acquisizioni della psichiatria riconoscano spazi sempre più ampi di responsabilità al malato mentale, riconoscendosi che, pur a fronte di patologie psichiche, egli conservi, in alcuni casi, una “quota di responsabilità”, ed a tali acquisizioni appare ispirarsi anche la L. n. 180/1978, nel far proprio quell’orientamento psichiatrico secondo cui la risocializzazione dell’infermo mentale possa avvalersi anche della sua responsabilizzazione in tal senso. L’esame e l’accertamento di tale nesso eziologico si appalesa, poi, necessario al fine di delibare non solo la sussistenza del disturbo mentale, ma le stesse reali componenti connotanti il fatto di reato, sotto il profilo psico-soggettivo del suo autore, attraverso un approccio non astratto ed ipotetico, ma reale ed individualizzato, in specifico riferimento, quindi, alla stessa sfera di possibile, o meno, autodeterminazione della persona cui quello specifico fatto di reato medesimo si addebita e si rimprovera; e consente, quindi, al giudice - cui solo spetta il definitivo giudizio al riguardo di compiutamente accertare se quel rimprovero possa esser mosso per quello specifico fatto, se, quindi, questo trovi, in effetti, la sua genesi e la sua motivazione nel disturbo mentale (anche per la sua, eventuale, possibile incidenza solo “settoriale”), che in tal guisa assurge ad elemento condizionante della condotta: il tutto in un’ottica, concreta e personalizzata, di rispetto della esigenza general preventiva, da un lato, di quella individual garantista, dall’altro.

(7)

183

patologia del soggetto, ovvero disturbo di personalità associato a deficit delle funzioni cognitive con grave discrontrollo degli impulsi.

“Dica il perito se l’imputato sia socialmente pericoloso”. Il soggetto in

questione, se sotto stress e in condizioni di non assunzione della terapia metadonica o psicofarmaci, è socialmente pericoloso. Egli non solo per la costruzione borderline del carattere, ma anche in ragione del ritardo mentale si pone in modo scarsamente autocritico, minimizzante, mettendo in atto un pentimento secondo una modalità infantile, non ha le risorse per trovare da solo modalità alternative al gesto aggressivo e non pericolose per sé ed altri; nonostante il lungo percorso terapeutico è scarsamente lucido e consapevole del proprio status di malattia, ovvero non è in grado di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e pertanto pianificare in modo adeguato strategie più evolute di pensiero in caso di stress. Sul piano comportamentale mostra una ideazione primitiva, imprevedibile, a corto circuito, a carattere epilettoide ed un comportamento di acting out a carattere esplosivo e non da lui controllabile. Il periziando ha anche mostrato difficoltà alla gestione dei suoi comportamenti in progetti terapeutico-riabilitativi di tipo comunitario nelle strutture presenti nell’area grossetana. Pertanto si tratta di persona affetta da disturbo grave del comportamento con conseguenze non prevedibili e spesso di difficile gestione, tanto da far considerare lo stesso, soprattutto sotto stress, socialmente pericoloso. Si ritiene utile dal punto di vista specialistico, così come riportato dal Dott. Lombardi, un percorso di presa in carico nell’ambito di una struttura comunitaria intermedia che sia al contempo terapeutica (con particolare riguardo al monitoraggio della terapia metadonica), ma anche contenitiva, ovvero che sia in grado di offrire al soggetto un percorso riabilitativo e di prevenzione dei propri agiti verso sé stesso (alto rischio di gesti autolesivi e suicidiari) e gli altri (aggressività).

“Dica il perito in caso di effettiva sussistenza di infermità mentale nei termini suddetti, se tale infermità persista attualmente e se consenta di partecipare coscientemente al presente procedimento260”. Si ritiene

(8)

184

che il sig. Tamm. sia conscio del percorso giudiziario, ma parzialmente consapevole della gravità e soprattutto delle conseguenze dei reati a lui imputati, oscillando da una posizione di preoccupazione rispetto alla permanenza in carcere ad un’altra aperta a possibilità di reintegro in una condizione di libertà in cui egli idealizzi l’ipotesi di una sua guarigione, completo reintegro delle proprie funzioni psichiche e ritorno a casa. Il periziando è in grado di effettuare colloqui anche abbastanza dettagliati e lunghi riguardanti sé stesso e le proprie vicende giudiziarie attuali e pregresse, ma tende a minimizzare i propri reati riducendoli a banali errori di percorso, oppure imputando tutto il problema delle sue azioni alla propria patologia (tossicodipendenza, trauma cranico, violenza subita) e non a sé come persona. Il proprio stile di comunicazione è tendenzialmente egocentrico, manipolativo e si allontana rapidamente dal senso di realtà, se teso e sotto stress egli può manifestare le sue idee con forte angoscia, logorrea, tendenza a fuga delle proprie idee e non si esclude un eccesso di aggressività nei confronti dell’interlocutore se fortemente contraddetto o messo in crisi. Pertanto si sconsiglia la partecipazione del soggetto al processo.

Con la risposta a quest’ultimo quesito termina l’intervento dell’esperto nel procedimento penale, la valutazione psichiatrico-forense non richiede né prevede sviluppi futuri, anche quando i quesiti siano specificamente orientati sulle possibilità di terapia. Proponendo questo caso concreto ho cercato di evidenziare l’importanza del colloquio psichiatrico, momento nel quale si tende a ricostruire la storia psicologica ed esistenziale della persona (storia di vita), per poi passare a focalizzarsi sul fatto in oggetto onde cogliere motivi, ragioni, determinazione dell’agire e per la sua importanza deve avvenire in ambente tranquillo. Il perito deve astenersi dal prendere una posizione moralistica su quanto gli viene riferito e dovrà relazionarsi al periziando con la massima serenità, senza lasciarsi coinvolgere o influenzare dai fatti avvenuti e dal tipo di reato commesso, pur valutando la coscienza di reato, i sentimenti di colpa, le motivazioni addotte dal periziando per giustificare lo stesso. Definire una buona pratica clinica nella valutazione del paziente con disturbo mentale (psicopatologia di interesse psichiatrico) e comportamento violento sulle

(9)

185

persone (omicidio, tentato omicidio, lesioni personali, percosse), può apparire un obiettivo non solo ingenuo, ma irrealizzabile. La saltuaria, ma pur presente, messa in discussione della esistenza del disturbo mentale come entità categoriale, così come definita nei manuali psichiatrici, la continua mutevolezza dei criteri diagnostici, la molteplicità delle scelte terapeutiche, la multivarietà espressiva e la multifattorialità causale del comportamento violento, (oggetto di correnti ideologiche di rifiuto del suo inserimento nelle competenze psichiatriche o di una sua consacrazione ad entità nosologica multideterminata indipendente), non aiutano certo ad un approccio privo di giustificate ma anche emotivamente vivaci critiche ad una ipotesi metodologica di valutazione del paziente con disturbo mentale261. In questo caso, poi, il periziando era paziente del Dott. Lombardi quindi tra i due vi era presumibilmente un reciproco rapporto di conoscenza e di fiducia, che ritengo quasi con certezza, abbia comportato un maggior sicurezza nella diagnosi della malattia e della capacità di intendere e di volere. Ho da aggiungere che altri esperti psicologi e psichiatri chiamati come consulenti nel processo, sono pervenuti alle stesse conclusioni cui è addivenuto il Dott. Lombardi. Ciò sicuramente conferisce un vantaggio al giudice che, trovandosi di fronte a diversi pareri non contrastanti, potrà emettere una sicura sentenza. Secondo il mio parere, se da una parte questo può essere il vantaggio, dall’altra il Dott. Lombardi si è trovato a staccarsi da quel che era il suo ruolo clinico262 ed ha dovuto assumere per obbligo le vesti di psichiatra forense263. Il contatto con il soggetto da esaminare si differenzia dall’usuale relazione medico-paziente, in quanto deriva da circostanze definite e dalle relative esigenze di giustizia. Le eventuali aspettative riguardano, semmai, effetti giuridici favorevoli sul procedimento in corso. Il colloquio peritale rappresenta tuttavia una realtà

261G.C. NIVOLI, L. LORETTU, P. MILIA, A. NIVOLI, L.F. NIVOLI La valutazione

clinica del paziente con disturbo mentale e comportamento violento sulle persone, Clinical assessment of patients with mental disorders and violent behavior directed towards others. In Giorn Ital Psicopat 2008;14: 396-412.

262Caratteristiche di tale rapporto sono: l’incontro con aspettative di cura, valutazione

dello stato attuale e relazione finalizzate alla elaborazione di una futura terapia, osservazione e reciproco rapporto, alleanza terapeutica/di lavoro.

263Caratteristiche di tale rapporto sono: incontro con effetti sulle circostanze processuali,

storia e osservazione finalizzate a ricostruire lo stato in epoca definita, relazione senza futuro, osservazione, dati documentali / rilievi, simulazione/dissimulazione.

(10)

186

complessa, nel contesto del quale il perito deve essere capace di aprire uno spazio di ascolto, di comprensione, di dialogo, tenendo conto delle specifiche limitazioni, caratteristiche e procedure legate al contesto giudiziario in cui si inserisce. Le perizie sono sempre soggettive, opinabili, lacunose, basate sugli assunti teorici condivisi dall’esperto che le redige e che possono essere, con pari legittimità scientifica, disconosciute da altri esperti. Solamente attraverso l’espletamento di una perizia psichiatrico-criminologica metodologicamente rigorosa, il perito potrà assolvere nel modo migliore al compito a lui affidato, nel rispetto sia delle proprie competenze cliniche, che delle istanze normative di riferimento, consentendo al giudice una valutazione più realistica e conforme a giustizia. Principio metodologico fondamentale è non dimenticare il senso del limite insito nella psichiatria forense in merito alla possibilità di arrivare a decodificare la complessità del mondo psichico di un imputato e il rapporto con le sue azioni delittuose.

Domande:

Martina: salve Dott. Lombardi, quale è la sua esperienza in tema di

perizia psichiatrica forense?

Dott. Lombardi: lavoro in salute mentale dal 1989 e devo dire che nel

corso degli anni ho avuto a che fare, volente o nolente, con problematiche di natura legale dei miei pazienti e quindi anche esperienze di perizie psichiatriche sia come CTU che come CTP; inoltre dopo la legge 81/1978 sulla chiusura degli OPG, le richieste di perizie psichiatriche sono aumentate e giornalmente abbiamo a che fare con problematiche giuridiche.

Martina: quali sono gli strumenti che possono dare oggettività alla

(11)

187

Dott. Lombardi: innanzi tutto la perizia dovrebbe essere eseguita da un

professionista “esperto” che ha conoscenza della materia e specialmente ha esperienza di come lavorano i servizi pubblici psichiatrici, ciò permetterebbe di valutare meglio anche un eventuale percorso terapeutico successivo da intraprendere per l’autore di reato. È necessario che il perito si confronti con il curante psichiatra del paziente e valuti con lui in che contesto sociale e psicopatologico è avvenuto il reato e dei rapporti che l’autore di reato ha con il servizio. Altra cosa è la conoscenza delle strutture psichiatriche di cui può usufruire il paziente in alternativa al carcere per cui, spesso, si assiste a scelte “strane” da parte dei giudici perché non supportate da precise indicazioni del perito. Altro strumento di cui dovrebbe avvalersi il perito è l’uso di test (personalità, intelligenza ecc.) che permettono la valutazione personologica del soggetto ed anche la capacità di manipolazione e contenuti deliranti e/o allucinatori; come è importante acquisire cartelle cliniche, relazioni ed eventuali descrizioni del paziente da parte di conoscenti e familiari.

Martina: si può davvero arrivare ad una certa e inconfutabile realtà

storica di un evento?

Dott. Lombardi: non è facile arrivare ad una esatta ricostruzione degli

eventi, anche perché spesso ci troviamo con persone deliranti, confuse, con presenza di allucinazioni, uso di sostanze. Tuttavia, un attento e scrupoloso lavoro peritale, può quanto meno arrivare il più vicino possibile ad una esatta ricostruzione; si ricorda che purtroppo la realtà spesso non è univoca, ma è influenzata dall’osservatore, come descriveva lo psichiatra Paul Watzlavich in vari testi divenuti molto famosi in campo psichiatrico.

Martina: qual è il giusto modo di porsi di fronte ad un soggetto da

sottoporre a esame peritale? E qual è il setting più favorevole?

Dott. Lombardi: premesso che ogni colloquio è particolare e soggettivo,

tuttavia penso che il modo corretto sia quello di essere accogliente verso l’altro senza pregiudizi, essere rassicurante, non giudicante (anche se il ruolo purtroppo è quello), ascoltare attentamente la persona e cercare di

(12)

188

capire che senso potesse avere nel suo vissuto e in quel contesto quell’agito e quale fosse il livello di consapevolezza del gesto e come si possa inquadrare nella sua vita; ad esempio se aveva già fatto cose simili oppure se è stato un evento circostanziato a quella particolare situazione di vita.

Martina: cosa succede dopo la sentenza? Mi spiego meglio, il soggetto è

lasciato a sé stesso o è seguito dal servizio pubblico che collabora e dialoga con la magistratura?

Dott. Lombardi: il dialogo tra Magistratura e Servizi Psichiatrici a parer

mio è fondamentale sia prima che dopo la condanna; prima purtroppo ve n’è poco eccetto rari casi di collaborazione, nel dopo il percorso è più strutturato intervenendo una serie di istituzioni (carcere, UEPE, REMS, comunità ecc.) che devono giocoforza mantenere contatti con i servizi psichiatrici di appartenenza per poi relazionare al Magistrato di Sorveglianza.

Martina: cosa significa, secondo il suo parere, che il diritto penale deve

avere un proprio concetto di imputabilità autonomo da ciò che dice la psichiatria?

Dott. Lombardi: rispetto al concetto di imputabilità ho in parte già

espresso il mio parere per cui io sarei dell’idea di un percorso unico giuridico con la possibilità di cura per i soggetti che ne necessitano; inoltre aggiungo che è da rivedere anche il concetto di pericolosità sociale che così come è oggi non va bene.

Martina: la realtà in psichiatria la costruisce il valutatore valutando in

terza persona. Quali sono i rischi?

Dott. Lombardi: come dicevo prima, il rischio è che il perito si assurga

il ruolo persona esterna che “giudica”, magari vedendo la persona un’ora e raccogliendo qualche dato clinico dai servizi senza capire il vissuto ed

(13)

189

il contesto di vita in cui è avvenuto il reato, o per meglio dire, senza compiere quel lavoro di mettersi nei panni del paziente per capire meglio e ricostruire con una certa esattezza le dinamiche e le motivazioni dell’autore di un reato. Si rischiano valutazioni affrettate, spesso dettate da diagnosi “scolastiche” senza calarsi nella realtà delle cose.

Martina: la dinamica del caso di TAM.SILV che prima ho descritto, ci

può dire cosa è accaduto dopo la partecipazione al processo?

Dott. Lombardi: il caso in questione è una situazione molto complessa

su tutti i piani di vita (familiare, scarsa scolarità, povertà, uso di sostanze, violenza familiare ecc.), inoltre è presente anche un disturbo neurologico importante che compromette le capacità intellettive del soggetto; comunque dopo il processo il paziente ha scontato un periodo in carcere a Livorno, dopo di che il Magistrato di Sorveglianza ha deciso che egli dovesse stare sei mesi in una REMS; come è risaputo nelle REMS non c’è posto, per cui egli è stato per quasi due anni “sospeso tra cielo e terra” in attesa del posto. Tutto ciò ha creato un livello di stress che ha condotto il paziente a commettere un altro reato (il processo ci sarà nel 2019) per cui, grazie all’aiuto di alcuni colleghi della comunità di Volterra e la disponibilità del Magistrato di Sorveglianza, siamo riusciti a collocarlo in una comunità con la misura di libertà vigilata. Purtroppo, come si evince da questa storia, vi è una carenza di strutture di accoglienza per questi soggetti perché la legge sulla chiusura degli OPG, anche se giusta, non ha dato tempo alle strutture sanitarie, già in affanno, di potersi organizzare per creare i giusti “contenitori” e dare così risposte appropriate, invece si va avanti per approssimazione e spesso vi è lo scaricare su altri situazioni difficili.

Martina: qual è il limite più evidente della perizia?

Dott. Lombardi: il limite può essere, come già ripetuto, di non valutare

attentamente ogni aspetto del soggetto e della situazione e poi di per sé come strumento può essere limitativo.

(14)

190

Martina: Ugo Fornari sostiene che sia assai difficile e arbitrario credere

di sapere, attraverso tecniche sperimentali applicate in situazioni artificiali e decontestualizzate, come lo stesso cervello funziona nel momento in cui è accaduto l’evento giuridicamente rilevante (che poi è il compito cui è chiamato il perito). È davvero così, secondo lei?

Dott. Lombardi: sono in accordo con quanto detto dal professor Fornari

e nella pratica si vedono le discrepanze, infatti persone peritate da medici diversi risultano molto diverse; in altri campi medici ciò è più difficile, per esempio una patologia infartuale che ha causato la morte, difficilmente non sarà riconosciuta ed oggettivata dai periti perché esistono cose “tangibili” come l’esame autoptico, reperti istologici, ecc.; la salute mentale è una disciplina che si colloca tra le scienze mediche e quelle umane e spesso non offre la possibilità di riscontri “oggettivi” e ci si basa su situazioni soggettive ed empiriche, per cui l’esperienza del perito resta fondamentale.

Martina: cos’è il modello funzionale/approccio funzionale di cui parla la

storica Sentenza Raso?

Dott. Lombardi: rispetto a questa sentenza io non sono in accordo perché

si è aperta una “voragine” dove nella non imputabilità possiamo mettere tutto ed il contrario di tutto; infatti i disturbi di personalità, di cui fa testo questa sentenza, non sono equiparabili alle schizofrenie od ad altre forme di psicosi tant’è che nelle classificazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’APA (American Psychiatrics Association) sono considerati come disturbi di asse due e quindi secondari ed in alcuni paesi non vengono trattati dai servizi di salute mentale, ma indirizzati a percorsi sociali ed educativi; anche perché i disturbi di personalità rientrano nel come è fatta una persona (base ereditaria?) e a parer mio, non costituiscono motivo di incapacità.

(15)

191

Martina: La valutazione della pericolosità sociale risulta una delle più

complesse in quanto si tratta di un giudizio predittivo di probabilità e non di analisi di fatti già attuati. Per questo motivo la sua valutazione è da anni al centro di numerose critiche in ambito giuridico, psicologico e criminologico. è vero che per il mondo psichiatrico essa (uno dei quesiti che possono essere chiesti al perito) “giace in un cassetto”, cioè non è possibile stabilirla?

Dott. Lombardi: il concetto di pericolosità sociale così come è, non va

bene, anzi direi che va abolita, anche perché pone il curante in una posizione di controllo sociale (posizione di garante) che la legge 180 ha tolto delegando allo psichiatra ed al personale sanitario il solo, si fa per dire, compito di cura delegando ad altri i problemi di ordine pubblico, controllo ecc.; purtroppo nel tempo, con alcune sentenze, lo psichiatra è stato reinvestito di un ruolo che non è appropriato, faccio un esempio: se vado dal cardiologo e mi prescrive dei farmaci e per mia incuranza non li assumo e poi muoio di cardiopatia ischemica, nessuno obietterà al cardiologo del perché non si è accertato della corretta assunzione dei farmaci da parte del paziente ritenendolo garante della sua salute; invece, se lo psichiatra prescrive dei farmaci ed il paziente non li assume e magari dopo qualche giorno commette un reato vi è il rischio che lo psichiatra possa essere visto in qualche modo responsabile dell’accaduto e ciò non va bene perché (a parte casi particolari) viene meno il principio costituzionale della libertà di cura da parte del paziente.

Martina: secondo lei lo psichiatra potrebbe andare oltre i quesiti peritali

che, possiamo dirlo, se da una parte lo indirizzano, dall’altra gli limitano l’attività?

Dott. Lombardi: si, il perito potrebbe andare oltre i questi peritali e

cercare soluzioni migliori, tuttavia spesso ci si limita a dare risposta solo ai quesiti che sicuramente limitano e spesso non offrono al Giudice strumenti per capire meglio la situazione.

(16)

192

Martina: il giudice nella veste di peritus peritorum può disattendere le

risultanze di una perizia. Mi può riportare un esempio in base alla sua esperienza?

Dott. Lombardi: nella mia esperienza devo dire che ai processi a cui ho

partecipato o a quelli dei miei pazienti in cui si era fatto un lavoro congiunto con il perito, non è mai successo, tuttavia so di colleghi in cui il Giudice ha scarsamente tenuto conto del lavoro peritale però, non avendolo letto, non posso dare pareri.

Riferimenti

Documenti correlati

In both countries, like in Europe, the geopolitical reorganisation on one hand, and the insecurity and fluidity brought about by globalisation have favoured

I problemi riguardo i social network, non sono legati tanto alla gestione delle pagine Facebook, Instagram, Twitter ecc., quanto alla mancanza di personale e di

Gli emendamenti cinesi sulle TIER e sui Regolamenti sulle Joint Venture hanno seguito di poco la promulgazione da parte della Cina di una nuova Legge sugli

Emerge anche una forte diffusione dell’imposizione della zampa nelle rappresentazioni a rilievo, dalla quale restano escluse solamente una stele piemontese (cat. 15) e forse uno

222 recante nuove “Disposizioni sugli enti ed i beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico” Con essa vennero meno le finalità iniziali (erogazione

The data collected by the International Energy Agency (IEA) shows that methane emissions in North American oil and gas sector measured 17.3% of total global methane emissions

defined through their connection to the “Land” 35. This bond can be understood through a deep analysis of the Jewish situation in Europe at the end of the 1800s. An active movement

Already in 1998, when classical constitutionalism was still dominating the EU legal mindset, Mattias Kumm outlined a more pluralist approach to the integration with a special focus