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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE

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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO

REGIONALE

3.1 Principali discontinuità tettoniche Himalayane

Una delle caratteristiche geologiche più peculiari dell'Himalaya è la continuità laterale dei principali lineamenti tettonici. Le principali discontinuità ed i relativi domini geologici della catena Himalayana verranno illustrati in base alle loro caratteristiche litologiche e metamorfiche partendo dalla base (zona del Terai-Siwalik) fino alle porzioni più settentrionali (zona del plateaux tibetano) Fig 3.2-3.3.

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3.1.1 Subhimalaya, Zona del Siwalik:

Il Siwalik è composto da una serie rilievi poco elevati con orientazione ESE-WNW costituiti da materiale detritico da Neogenico a Quaternario di tipo molassico. Questi rilievi possono essere considerati come un insieme di scaglie sovrascorse verso sud o, nel caso del Quaternario gangetico, verso SW lungo il Main Frontal Trust (MFT). La sequenza sedimentaria è classicamente suddivisa in tre successioni Siwalik inferiore, medio, superiore.

- La successione inferiore, nella maggior parte dei casi osservati interrotta alla base, è costituita da arenarie molto fini alternate a peliti con rare intercalazioni conglomeratiche. Queste facies corrispondono a depositi di fiume meandriformi ed a piane alluvionali. In Nepal questa serie è stata datata, grazie a tecniche paleo-magnetiche, tra i 15,8 e 9,8 Ma (Mascle et al., 2010).

- La successione media è costituita dall'alternanza di banchi di arenarie e peliti argillose a paleosuoli. Le arenarie, costituite da sabbie grossolane, sono ricche in minerali di origine metamorfica (muscovite, biotite, feldspati, tormalina, granato). Gli studi paleomagnetici condotti in Nepal hanno permesso di datare la sequenza tra 9,8 e 3,3 Ma (Mascle et al., 2010).

- La successione superiore è composta essenzialmente da conglomerati grossolani e spessi inter-stratificati a sabbie ed arenarie argillose. I ciottoli sono formati soprattutto da quarziti, carbonati, gneiss e graniti provenienti dall' alto himalaya. Il Siwalik presenta delle strutture a pieghe e sovrascorrimenti tipo “fold and thrust

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3.1.2 Z ona del Lesser Himalaya:

La zona del Lesser Himalaya sovrascorre la zona del Siwalik: a sud è delimitata dal Main Boundary Thrust (MBT) ed a nord dal Main Central Thust (MCT). Il fronte di sovrascorrimento del MBT è stato attivo probabilmente a partire da 10-12 Ma, fino a circa 2 Ma, ad eccezione della zona del Bhutan dove costituisce una porzione ancora attiva (da Mascle et al., 2010).

Le unità del Lesser Himalaya sono composte da rocce di età Proterozoica (da ~2400 a 540 Ma) localmente intercalate da sequenze più recenti con facies prevaentemente continentali, fatta eccezione per le sequenze Eoceniche che hanno intercalazioni marine. Queste unità sono costituite da un impilamento di falde di scorrimento polideformate e metamorfosate. La falda inferiore è costituita da quarziti, brecce tillitiche (di origine glaciale) e peliti di età variabili dal Proterozoico medio- superiore al Cenozoico, è la meno metamorfica ed affiora fino alle porzioni più settentrionali del MBT. La struttura principale è caratterizzata da una foliazione regionale che indica globalmente una debole pendenza verso nord, una lineazione di estensione poco marcata sub perpendicolare alla catena, ed un taglio verso sud (Mascle et al., 2010). Le unità delle falde intermedie sono separate dalle unità inferiori tramite un thrust (Ramghart thrust) (da Heim & Gansser, 1939). Queste unità sono composte prevalentemente da rocce del Proterozoico medio-inferiore intensamente deformate con grado metamorfico in facies scisti verdi. La struttura principale mantiene una foliazione che immerge verso nord che non si discosta da quella descritta per la falda inferiore.

Nelle falde superiori, separate dalla falda inferiore dal thrust del Munsiari, affiorano rocce quali quarziti, peliti, grovacche e flysch detritico-carbonatici di età compresa tra Proterozoico e il Paleozoico inferiore. Queste unità sono intensamente deformate. La struttura principale è caratterizzata da una foliazione regionale che indica,

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globalmente, una debole pendenza verso nord, una lineazione di allungamento sub perpendicolare alla catena, ed un taglio verso sud, l'intensità del metamorfismo cresce verso sud dalla facies scisti verdi fino alla facies anfibolitica a cianite ( Mascle et al., 2010).

3.1.3 Dominio Alto Himalayano

Questa zona è collocata nella porzione centrale della catena e comprende l'area con i rilievi topografici maggiori. É classicamente separata in quattro zone:

- HHC Cristallino Alto Himalayano: Questa zona sovrascorre le unità del Lesser Himalaya in corrispondenza del Main Central Trust (MCT), una fascia milonitica relativamente spessa (può arrivare a vari chilometri di spessore). Con il termine “Cristallino Alto Himalayano” si indica quella porzione di rocce di alto grado metamorfico a composizione variabile da meta-sedimentaria e meta-ignea e di età comprese tra il Proterozoico e l'Ordoviciano, a cui sono associate intrusioni di graniti Miocenici. La foliazione principale immerge verso nord ed ha una lineazione mineralogica di estensione con direzione perpendicolare alla catena; i sensi di taglio sono diretti verso sud ( Pecher & Guillot, 2010). Questo complesso cristallino è stato suddiviso da Le Fort, (1975) in tre formazioni e da Searle e Godin, (2003) in tre unità principali:

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- Unità 3. Questa è la formazione entro la quale si trova la Kalopani Shear Zone (KSZ) (Vannay et al., 1996; Godin et al., 2003) ed è caratterizzata da ortogneiss occhiadini e gneiss migmatitici (Augen ortogneiss). Questa formazione è intrusa da un fitto network di sills e dicchi leucogranitici (età comprese tra 22 e 12 Ma) che registrano un aumento della deformazione avvicinandosi alla South Tibetan Detachment zone (Carosi et al., 2010). Numerosi dati geocronologici Rb-St definiscono età Cambriano-Ordoviciana per campioni dell'Unità 3 (Pognante et al., 1990), mentre studi condotti con il metodo U-Pb hanno fornito età di cristallizzazione tra il Paleozoico o il Neogene (Hodges et al., 2000).

Fig- 3.4- Sezione dell'MCT in prossimita del Sagarmantha (Quomolungma, Everest); Da Carosi et al., 1999.

- Zona della Tetide: In questa zona affiorano le unità della porzione più profonda

dell'oceano tetideo. Queste successioni sedimentarie sono in continuità stratigrafica dal Proterozoico superiore all'Eocene medio e sono disposte nel contesto geologico regionale con direzione NW-SE che definisce il limite tra la placca Indiana e quella Euro-Asiatica. I sedimenti della Tetide, estremamente ricchi in fossili, sono separati dal Cristallino Himalayano (HHC) da un sistema di faglie con immersione verso nord denominato South Tibetan Detachment system (STDS). Come mostrato nella sezione di Fig. 2.5a a partire dal contatto con il STDS abbiamo le sequenze sedimentarie Cambro-Ordoviciano-Permiane che formano delle pieghe di spessore pluri-chilometrico che nella valle del Kali Gandaki costituiscono le cime del Nilgiri e Annapurna (Calcari di Larjung); (Mascle et al., 2010). Alla base della sequenza tetidea,

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a contatto con il STDS, affiora una spessa sequenza con spessore variabile da 3 a 4 Km di carbonati Cambriano?-Ordoviciani. Questi comprendono la Sanctuary Formation e l'Annapurna-Nilgiri Yellow Formation ed hanno composizione variabile da calcescisti a biotite e muscovite ad arenarie (Colchen et al., 1986; Searle e Godin, 2003). La sequenza ordoviciana è sormontata dalla formazione North Face. Questa formazione ha composizione quarzitica ed uno spessore di 400 m ed è seguita dalla Sombre Formation costituita da argille nere e dolomie di età Siluriana separata da un alternanza di argille nere e limi, con spessore di ~500m, dalle formazioni Tini-Chu e Tilicho Lake di età Permo-Cambriana. In seguito al rifting Permiano si instaurano le condizioni necessarie alla messa in posto di una delle più estese sequenze di piattaforma carbonatica Mesozoica presente lungo il margine indiano con la deposizione, nel tardo Permo-Trias, di calcari di acque profonde della Thini Formation (Searle e Godin, 2003). Al di sopra delle formazioni Permo-Triassiche affiorano le sequenze Giurassiche che sono composte da limi massivi (Jomoson Formation e Bagung Formation) e da argille nere con un alto contenuto di ammoniti (Lupra Formation). Le unità Cretaciche sono costituite di siltiti, grovacche argille nere e carbonati di piattaforma che prendono il nome di Chukh group. L'intera sequenza è coperta da sedimenti Neogenici che coprono, con un allineamento nord-sud, il graben di Takkhola (Searle e Godin, 2003).

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Fig. 3.5- a) Colonna stratigrafica della Tetide Himalayana nella zona dell'Annapurna (da Bordet et al., 1971; Colchen et al. 1986; Gradstein et al. 1992; Godin et al., 1999). b) Pieghe plurimetriche nella Sombre Formation con vergenza nord-est nei pressi di Jomson: in rosso la foliazione S2, in blu il piano assiale di seconda fase.

Le unità sedimentarie presenti nella tetide sono piegate (Fig.3.5b) ed articolate in numerose falde di scollamento. Nella valle del Kali Gandaki la sequenza sedimentaria della tetide ha subito una complessa evoluzione strutturale caraterizzata da 5 eventi deformativi (Godin, 2003).

- Duomi metamorfici del Nyimaling-Tso Morari: Questi larghi duomi costituiti da

rocce metamorfiche di grado variabile da scistiverdi ad eclogitico sono stati studiati nella regione del Ladakh e rappresentano l'equivalente metamorfico dei sedimenti della base della Tetide (Mascle et al., 2010). Alcune formazioni sono interessate da intrusioni granitiche Ordoviciane (~ 480 Ma).

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- Unità di Lamayuru e Markha: queste unità sono presnti come falde di scollamento sulla sulle falde superiori di Zanskar (Mascle et al., 2010). Queste sono formate da flysch e olistoliti depositati in ambiente torbiditico sul margine più settentrionale della scarpata continentale indiana e sono state identificate nel Tibet lungo tutta la catena Himalayana (Mascle et al., 2010). Le età dei sedimenti variano da Permiano superiore all'Eocene (Dèzes, 1999).

3.1.4 Zona dell'Indus-TsangPo

La zona di sutura dell'Indus-TsangPo definisce il limite collisionale tra la placca Indiana e il Batolite del Ladakh a nord . Questa zona di sutura è formata da:

- Melange Ofiolitici: che sono composti da un intercalazione di flisch ed ofioliti di crosta oceanica della neo-tetide.

- Vulacaniti di Dras: sono i relitti di un arco vulcanico con magmatismo di tipo OIB di età da Cretaceo sup. a Jurassico Sup. e consistono in basalati, daciti, volcano-clastiti, pillow lave e radiolariti.

- Molassa dell' Indo: è composta da una sequenza clastica post-collisionale di età Eocenica.

La zona dell'Indus-TsangPo melange è separata dal sistema di faglie di Karakorum dalla zona di sutura dell'Indus e rappresenta il limite settentrionale dell' Himalaya, tutto ciò che si trova oltre viene denominato Transhimalaya.

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3.2 Evoluzione tettonica dell'Himalaya

L'evoluzione tettonico-temporale della orogenesi Himalayana è stata suddivisa in tre fasi evolutive principali, queste fasi sono: Protohimalayana, Eohimalayana, Neohimalayana (Hodges, 2000). Questa suddivisione è definita sulla base delle osservazioni fatte sulle numerose fasi metamorfiche sviluppatesi durante l'orogenesi, dove, le fasi più vecchie sono tipicamente indotte dall'ispessimento crostale e le fasi tardive da metamorfismo retrogrado (LeFort, 1975; Brunel & Kienast, 1986; Hodges et al., 1988; Searle et al., 1999a; Yin, 2005).

3.2.1 fase Protohimalayana (Cretaceo-Miocene Inferiore):

La fase Protohimalayana è caratterizzata da processi deformativi avvenuti prima della collisione India-Eurasia e si osserva nelle zone Transhimalayana, zona di sutura dell'Indus Tsangpo e zona Tibetana (Hodges, 2000). Le strutture Protohimalayane studiate nella regione di Zanskar (India nord- occidentale) sono da associare all'obduzione delle ofioliti dello Spontang sopra le rocce della zona della Tetide del margine nord indiano (Searle, 1986). L' alloctono Protohimalayano dello Zanskar include, non solo le rocce ofiolitiche, ma anche un complesso melange tettonico-sedimentario con rocce di età Triassico-Cretaciche superiori che includono rocce OIB (mafiche) e rocce di scarpata del margine indiano (Searle et al., 1997a, Corfield, 1999).

3.2.2 fase Eohimalayana (Eocene medio- Oligocene Sup.)

La fase Eohimalayana descrive l'evento collisionale tra India-Eurasia e la conseguente imbricazione della placca indiana sul margine asiatico. Le età di collisione sono ancora largamente dibattute e sono stimate intorno a ~54-50 Ma (Searle et al., 1997a).

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Inoltre, a questa fase sono associate anche numerose zone in cui è stata registrata tettonica estensionale con sviluppo di falde di scollamento a pieghe e thrust.

3.2.3 fase Neohimalayana (Miocene Inferiore- Presente):

Le strutture tettoniche associate a questa fase sono state rilevate intutte le unità tettonico-stratigrafiche della catena e la loro attività ha particolarmente condizionato e delineato l'architettura dell'orogene himalayano. In letteratura, associate a questa fase, sono descritte due principali famiglie di strutture tettoniche di raccorciamento una con vergenza sud e l'altra con vergenza nord.

L'evoluzione tettonica della catena himalayana nella fase Eo-Neohimalayane è tuttora abbondantemente dibattuta, tuttavia, per comprenderne le dinamiche di evoluzione è necessario considerare l'interazione di sette processi sincroni. Questi processi sono: 1) il raccorciamento nord-sud del MCT, MBT, MFT e del sistema a faglie e pieghe del Lesser Himalaya; 2) estensione nord-sud a diversi livelli orogenici ed in particolare lungo il STDS; 3) estensione est-ovest localmente nel Tibet, nella zona dell'Indu-Tsangpo suture e nella zona Transhimalayana; 4) metamorfismo di alto grado ed anatessi crostale nell'HHC che comincia nel Miocene inferiore; 5) metamorfismo tardo Miocenico-Pliocenico in facies anfibolitica associato all'attivazione del MCT; 6) rapida erosione dei fianchi meridionali dell'Himalaya e rapido trasporto dei detriti verso un depocentro distale (Fan del Bengala); 7) mescolamento su larga scala della crosta media del Tibet (INDEPHT seismic reflection data)(Hodges, 2000).

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3.3 Estrusione del Cristallino Alto Himalayano (HHC)

In questo paragrafo verranno descritti brevemente i modelli di estrusione dell' HHC esistenti in letteratura. A scopo è necessario focalizzare l'attenzione descrizione sulle due principali discontinuità tettoniche che delimitano il Cristallino Alto Himalayano: il MCT ed il STDS.

La dinamica di estrusione del Cristallino Himalayano costituisce un dibattito tuttora aperto nella comunità scientifica mondiale ed in particolare i diversi modelli che descrivono le relazioni esistenti tra il Main Himalayan Thrust (MHT), un orizzonte di scollamento profondo, e la successione di discontinuità tettoniche osservabili sul terreno. La risoluzione delle immagini geofisiche non è ancora sufficente per descrivere i rapporti geometrici esistenti ai diversi livelli srutturali della catena Himalayana (Mascle et al., 2010).

3.3.1 Main Central Thrust (MCT) e South Tibetan Detachment System(STDS)

Il Cristallino Himalayano è delimitato alla base ed al tetto da due importanti discontinuità tettoniche: il MCT, un sistema di thrust a basso angolo alla base, ed il STDS un sistema di faglie normali al tetto. Queste due discontinuità includono diversi sistemi di faglie che agiscono in diversi periodi geologici sotto differenti condizioni meccaniche (duttili e fragili). La principale fase di attività coeva del MCT e del STD si distribuisce per un lungo periodo geologico che va da ~ 25 Ma fino a ~5 Ma ed è documentata da numerosi dati geogronologici (Godin et al., 2006).

Partendo dal footwall si incontra il MCT (Fig. 3.6), una zona di taglio duttile-fragile a scala crostale di età Miocenica che si estende per circa 2200 Km lungo la catena Himalayana e che separa le rocce dell' HHC dal Lesser Himalaya (Upreti and Le Fort,

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1999; Godin et al., 2001).

Fig.3.6 - Carateristiche geologiche dell' Himalaya e del Tibet meridionale: MCT (Main Central Trust); STDS (South Tibetan Detachment) da Beaumont 2001

Il Main Central Thrust non è identificato da una discontinuità tettonica netta ma corrisponde ad una zona di alta deformazione con spessore variabile che interessa le unità tettoniche del Lesser Himalaya e l'HHC (Arita, 1983; Upreti, 1999; Carosi et al., 2007). All’interno di questa zona le metamorfiti appartenenti sia alla porzione basale del Cristallino dell’Alto Himalaya sia alla parte superiore del Lesser Himalaya sono state trasformate in miloniti con indicatori cinematici che indicano univocamente un trasporto tettonico da NE verso SW (Carosi et al., 2002).

Questa importante discontinuità è stata cartografata per la prima volta da Heim & Gansser (1936) durante un lavoro di campagna in India nord-occidentale. Essi hanno

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reinterpretazione Searle et al., (2008) collocano il MCT alla base di una spessa zona di deformazione penetrativa con vergenza verso sud che coincide con una zona di inversione delle isograde metamorfiche. In questo lavoro si evidenzia come, seppur gli gneiss a cianite siano altamente deformati, lo siano anche le rocce strutturalmente sopra e sotto questo orizzonte (Searle et al., 2008) (Fig 3.7a-b). L'inversione delle isograde metamorfiche, definita tramite minerali indice e calcoli geo-termobarometrici, è collocata a partire dal MCT fino al nucleo dell' HHC e registra un incremento delle temperature di picco metamorfico da ~460° a 650° e pressioni stimate tra ~6 e 8 kbar (Simpson, 2002; Searle et al., 2003; Jessup et al., 2008). Si osserva che il fabric S-C caratteristico delle unità superiori del Lesser Himalaya è sostituito dai fabrics penetrativi planari del MCT (N100° scistosità S2, N20° lineazione L2) che sono definiti nel Nepal centrale dall'associazione mineralogica Qtz+Pl+Bt+Grt+Ky/St+-Rt (Guillot, 1999). Gli indicatori cinematici e le analisi strutturali condotte in questa tettonite descrivono una complessa evoluzione polifasica (Brunel et al., 1986; Hodges et al., 2000).

L' HHC è delimitato al tetto dal STDS (Fig.3.7a-b) che comprende zone di taglio duttili e faglie estensionali a basso angolo (Searle et al., 2003) e si estende per ~1800 Km lungo tutta la catena. Questo orizzonte di scollamento nella valle del Kali Gandaki prende il nome di Annapurna Detachment AD. La porzione più settentrionale dell'HHC è caratterizzata da magmatismo, anatessi crostale, melting, ed iniezione di fusi granitici datati a ~18 Ma (Searle 1999; Law et al. 2004; Vannay and Grasemann 2001; Jain et al. 2002; Yin 2006, Mukherjee et al., 2009). Al letto del STDS, i corpi intrusivi leuco-granitici in genere non arrivano a tagliare il detachment ed i sedimenti della tetide (Fig.3.8). Le osservazioni strutturali sembrano suggerire che l' età di sviluppo delle faglie normali lungo il STD nella regione dell' Annapurna-Manaslu sia posteriore alla messa in posto dei leucograniti che vengono tagliati al tetto e non sono presenti al di sopra di essa (Searle et Godin 2003). Nella maggior parte dei casi studiati

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in letteratura sono stati osservati inequivocabili indicatori cinematici che indicano uno spostamento normale del tetto (sedimenti della tetide) con spostamento verso nord (Hodges, 2000).

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Fig.3.8- La figura descrive le interferenze tra i dicchi leuco granitici tagliati al tetto dal STDS, e

strutturalmente sopra, l'intrusione del complesso granitico del Manaslu.(Le fort, 1981; Harrison et

al., 1999; Searle e Godin, 2003).

Più in generale queste due discontinuità, che in letteratura vengono spesso descritte come continue lungo tutta la catena himalayana, presentano localmente una eterogenità di caratteristiche che non sempre permettono di associarle, in maniera univoca, ad una discontinuità che possa assumere un valore continuo alla scala regionale.

3.3.2 Thrust fuori sequenza (OOST) nell'HHC

In alcune zone dell'Himalaya l'attività del MCT si è spostata all'interno della catena sviluppando strutture fuori sequenza (OOST) (Grujic et al., 2002). Queste strutture hanno portato a pensare che il MCT in Nepal è stato riattivato come thrust fuori sequenza (Grujic et al., 1996, 2002).

Thrust fuori sequenza OOST sono stati identificati nell'HHC in Nepal ed in Bhutan ed appartengono probabilmente ad un'unica unità tettonica (Grujic et al., 1996; Vannay et al., 1996; Carosi et al., 2007, Harris, 2007 Mukherjee et al ., 2009, 2011). Per i thrust fuori sequenza OOST, come per il MCT (sensu stricto) non è stata stabilita fin'ora un'unica orientazione della foliazione, eccetto per la direzione del senso di taglio verso S-SW (Mukherjee et al .,2011). Nella valle di Marsyandi in Nepal è stato

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registrato un alto tasso di esumazione di età Plio-Pleistocenica in un'unità tettonica, con spessore di 3-5 km, chiamata “transizione fisiografica” da Burbank et al. (2003) che è considerata un tutt'uno con l'OOST osservabile in altre zone della catena (Mukherjee et al., 2011). Cinque elementi di “transizione fisiografica”sono stati descritti nel Bhutan e due di questi indicano dei thrust fuori sequenza ciechi (Mukherjee et al .,2011). Carosi et al. (2010) datano la zona di taglio di Toijem attiva tra 26 e 17 Ma. Gli autori ritengono che la zona di taglio di Toijem sia tra le più antiche zone di estrusione presenti nell'HHC e che dunque non possa essere considerata un thrust fuori sequenza. Le zone di taglio di Kalopani e Modi Khola sono state vincolate tra 22 e 15 Ma da Vannay et Hodges, (1996) e da Godin et al., (2001), e sono considerate da questi autori come parte dell'OOST. Le litologie dominanti descritte per il tetto e per il letto del Thrust fuori sequenza sono migmatiti e leucograniti nelle diverse sezioni indagate quali: Khumbu (Searle 1999), Zimingtang (Yin et al., 2006), Toijem (Carosi et al., 2007,2010) Kakhtang (Grujic, 2002, 2006) (Mukherjee et al .,2011). Carosi et al., (2010) considera come i leucograniti possano essere indicativi della decompressione dovuta allo shear negli OOST.

3.4 Modelli di esumazione dell'HHC

Uno tra i primi modelli geodinamici è quello di Argand (1924) che descrive la struttura della catena come un prisma d'accrezione in cui la placca indiana gioca un ruolo attivo. Le Fort (1975) propone il primo modello termico “modello del ferro da

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trasferimento di fluidi caldi verso l'HHC e lo sviluppo di nuove condizioni termo-barometriche necessarie ad indurre la fusione parziale e la formazione dei leucograniti (esumazione “attiva”). In questo modello l'erosione interviene posteriormente permettendo d'arrivare al profilo topografico attuale (Mascle et al., SGF 2010). Un'importante modello di esumazione è incentrato sulla dinamica di estrusione di un prisma orogenico all'equilibrio. Questo modello è stato proposto per la prima volta da Burchfield et al., (1992) che propone un cuneo confinato sotto dal Main Central Thrust e sopra dal South Tibetan Detachment. (Fig. 3.9 a). Queste due zone di taglio hanno senso di movimento opposto ed avrebbero agito simultaneamente almeno durante il Miocene inferiore (Hodges, 2000, Godin 2006, Harris, 2007). In questo modello il motore dell'estrusione è indotto da una diminuzione dello sforzo di taglio (decompressione e melting medio-crostale a una profondità di 25-30 Km) lungo la base del cuneo con la conseguente estrusione del cuneo lungo il STDS. Un problema di questo modello è il continuo raccorciamento post-collisionale attraverso l'orogene che porterebbe ad un costante assottigliamento della crosta a meno di apportare nuovo materiale al cuneo.(Harris, 2007). Per ovviare a questo problema Grujic et al. (1996), hanno proposto il modello del channel flow nella zona del Bhutan (Himalaya orientale) (Fig. 3.9 b) che viene esteso all'Himalaya occidentale da Grasseman et al. (1999).

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Fig.3.9- La figura descrive quattro sezioni schematiche che descrivono l'evoluzione dei modelli

meccanici e termo-meccanici dell'estrusione dell'HHC; a) Cuneo orogenico da Burchfiel et al., 1992.

b) flusso duttile del cuneo con inflessione delle isograde da Gruijc et al., 1992. c) Channel flow della

crosta medio-inferiore (HHC) d) sezione schematica basata sui profili INDEPHT (Nelson et. Al,

1996) corretta in seguito al channel flow crostale descritto da Beaumont et al., (2004). Modificato da Harris, (2007).

b) a)

c)

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il flusso di Poiseuille (pipe flow) tra due piastre statiche nelle quali il gradiente di pressione indotto produce alte velocità all'interno del canale e un senso di taglio che risulta essere opposto tra il tetto ed il letto del canale (Godin et al., 2006).

Fig. 3.10 - Diagramma schematico di due modelli di flusso in un canale di spessore h: 1) a destra il gradiente di velocità dovuto ad uno sforzo di taglio; a sinistra la distribuzione delle velocità dovute ad un gradiente di pressione. 2) per prestabilite velocità di subduzione ed ampiezze del canale di una placca esiste una viscosità critica del materiale del canale al di sotto del quale un flusso tipo Poisseuille contrasterà le forze di taglio causando un retroflusso (velocità negativa) che talvolta può portare all'esumazione di materiale del canale stesso (modificato da Godin et al., 2006)

Le relazioni tra il channel flow ed i processi di estrusione sono descritti in figura 3.11; il channel flow e l'estrusione possono agire simultaneamente in funzione della profondità del livello crostale in cui si trovano (Godin et al., 2006). La porzione di channel flow che agisce in maniera duttile si osserva al di sotto dell' isoterma 750° dove comincia la fusione parziale. È presente una superficie di denudazione tettonica che in Himalaya è controllata dalle precipitazioni monsoniche stagionali. I processi associati al channel flow possono spiegare numerose caratteristiche del MCT, del STDS e dell' HHC tra cui l'inversione delle isograde metamorfiche.

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Fig. 3.11 - Diagramma schematico delle relazioni cinematiche tra il channel flow e l'estrusione di un paleocanale: 1) mantello litosferico; 2) crosta inferiore; 3) crosta intermedia; 4) crosta superiore; 5) canale di crosta duttile; 6) isoterme; 7) profili schematici di velocità; 8) isoterma ~750°C al di sotto del quale si innesca la fusione parziale; 9) punta teorica del canale; 10) blocco crostale estruso; 11) zona di taglio inferiore; 12) zona di taglio apicale; 13) superficie di denudazione tettonica (da Godin et al., 2006)

Contrariamente ai modelli precedenti che considerano che la fusione parziale sia conseguenza della decompressione dovuta all'esumazione e l'erosione sia conseguenza dell'erosione tettonica, il modello del channel flow presuppone che l'esumazione sia causata dalla fusione parziale e che favorisca l'esumazione dell'unità riscaldata termicamente. In questo modello termo-meccanico l'esumazione è “passiva” (Jamieson et al., 2004; Mascle et al., 2010) e dunque implica che l'HHC, durante il sovrascorrimento verso sud del Tibet, avesse temperature maggiori a 700° tali da poter fondere. Questa tesi è supportata da dati sperimentali che hanno permesso di definire che una frazione di liquido magmatico sufficientemente caldo ed in buona abbondanza percentuale sia sufficiente a ridurre di uno o due ordini di

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zona di bassa velocità sismica e bassa resistività a circa 15-20 km che è stata interpretata da Nelson et al., (1996) come una zona di partial melting nella crosta motore dell'estrusione dell'HHC; tuttavia questa zona di basse velocità sismiche è stata interpretata come una zona di percolazione di liquidi salini (Harris, 2007).

Il modello del channel flow rappresenta, secondo il parere di Beaumont et al., (2001), una dimostrazione quantitativa che il flusso canalizzato di materiale crostale a bassa viscosità associato a fenomeni di erosione superficiale sia utile per spiegare, non solo l'estrusione duttile dell'HHC, ma per molte altre salienti caratteristiche del sistema Himalayano-tibetano. I requisiti e le caratteristiche peculiari del channel flow sono state riconosciute attraverso l'interazione di osservazioni fatte sul terreno, di modelli geodinamici e di criteri che attingono dai dati sia geofisici che geologici e sono state riassunte da Godin et al., 2006 in una lista: “1) un pacchetto di materiale crostale a bassa viscosità delimitato da rocce ad alta viscosità; 2) un plateau con margini ben definiti in grado di produrre un gradiente orizzontale di pressione litostatica; 3) movimento coevo di zone di taglio con geometria a thrust e faglie normali che vincolino la zona del channel flow; 4) inversione cinematica al tetto della zona di taglio: iniziale senso inverso del movimento dovuto all'undertrusting (flusso di Couette) seguito da taglio normale dovuto al riflusso (dominato da flusso di Poiseuille) nel canale, e/o da movimento con senso normale nelle zone di taglio e faglie durante l' etrusione e l' esumazione del paleo-canale; 5) flusso pervasivo attraverso il canale e il blocco crostale estruso, sebbene la deformazione sia descritta come essere concentrata lungo i bordi a causa della geometria del flusso e della storia deformativa; 6) sequenze metamorfiche rispettivamente invertite e corrette alla base ed al top del canale espulso (Godin et al., 2006). Da un punto di vista termico, il modello del prisma descrive in maniera più completa la decompressione isoterma che conduce alla formazione dei leucograniti durante la risalita dell' HHC sulla rampa formata dal MCT, senza però spiegare la formazione dei primi liquidi granitici

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a cianite verso 30-35 Ma che invece sono meglio descritti dal modello del channel flow (Mascle et al., 2010).

Negli ultimi anni è stata molto dibattuta la possibilità di correlare l'erosione climatica dovuta alle precipitazioni monsoniche focalizzate sul fronte topografico con la deformazione tettonica e definire un modello quantitativo (Harris, 2007). La correlazione tra tettonica e clima può essere incorporata sia nel modello dell'estrusione del cuneo che nel modello del channel flow (Harris, 2007).

3.5 Caratteristiche tettonico-metamorfiche dell'HHC.

Nell'HHC è possibile definire tre stadi tetto-metamorfici principali di età himalayana che descrivono un'evoluzione polifasica documentata da Brunel e Kienast (1986), Pognante e Benna (1993), Lombardo et al. (1998), Carosi et al.,(1999).

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I tre maggiori stadi metamorfici di età himalayana descritti in Fig. 3.12 sono rappresentativi della zona del Makalu-Sagarmatha (Everest, Nepal centrale):

- il primo stadio metamorfico M1 (Eohimalyano) è eclogitico come testimoniato dalle eclogiti granulitizzate e deformate (deformazione D1) (Vannay et Hodges, 1996) campionate al tetto del MCT nella regione di Kharta nel Tibet meridionale (Lombardo et al., 1998a) ed è datato tra 44 e 33 Ma. Le associazioni mineralogiche, le tessiture di reazione e la geo-termobarometria suggeriscono per l'evento deformativo M1, T di 600-650° e P comprese tra 1,2 e 1,4 Gpa .

Il metamorfismo M1 è progrado, e descrive l'under-thrusting dell'HHC sotto le unità della tetide ed è precedente all'attivazione del MCT (Vannay et al., 1996).

- Il secondo evento metamorfico M2 (neo-Himalayano), datato tra 23 e 16 Ma, è influenzato dall'attivazione del MCT in tutta la catena. Nelle eclogiti di Kharta sono registrati picchi metamorfici granulitici (M2 in Fig. 3.11) con P medie (0,55-0,65 GPa) e alte T (750-770°) seguiti da ricristallizzazione in facies anfibolitica (K-feldspato + sillimanite (Jessup et al., 2008) a bassa P (0.4 GPa) ed alta T (700°C) (Carosi et al., 1999). Nelle parti più basse dell'HHC (unità 1) nella valle del Kali Gandaki la fase metamorfica retrograda è descritta dalla scomparsa della cianite probabilmente innescata dalla fase deformativa D2 sin-MCT (Vannay et al., 1996). L'evento retrogrado, marcato da migmatizzazione con la formazione dei corpi leucogranitici (Jessup et al., 2008) e dalla crescita della cordierite a spese della sillimanite e del granato (M3), è descritto anche negli scisti della zona dell'Everest (Mascle et al., 2010). - L'ultimo evento metamorfico M3 (tardo-himlayano) presenta basse P e T ed è datato tra 14 e 10 Ma. Esso comincia alla fine dell' esumazione di alta temperatura dell'HHC e determina la fine dell'attività duttile del MCT. Alternativamente gli ultimi due stadi termici sono stati interpretati come fase protratta della M2 (Searle et al., 2003). Le caratteristiche peculiari del metamorfismo dell'HHC e del MCT sono descritte da Carosi et al. (1999) come: 1) la presenza nell'HHC di minerali relitti di alta pressione;

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2) decompressione ad alte T; 3) forte incurvatura delle isograde metamorfiche nelle basse zone di taglio estensionali duttili. Queste osservazioni portano gli autori a concludere che il metamorfismo Barroviano (M1) che caratterizza le unità del Lesser himalaya sia più vecchio del principale evento deformativo dell' HHC (M2) ed è precedente alla messa in posto delle unità stesse; che l'HHC è messo in posto sul Lesser Himalayan Complex (LHC) durante la decompressione ad alta T (M2 eM3) ed il sovrascorrimento lungo una fascia milonitica più fredda è stata una delle ultime fasi di esumazione; la decompressione nella zona del MCT in tutto l' HHC ed il STDS dovrebbe essere stata sincrona.

Figura

Fig- 3.4- Sezione dell'MCT in prossimita del Sagarmantha (Quomolungma, Everest); Da Carosi et  al., 1999.
Fig. 3.5- a) Colonna stratigrafica della Tetide Himalayana nella zona dell'Annapurna (da Bordet et  al., 1971; Colchen et al
Fig. 3.10 - Diagramma schematico di due modelli di flusso in un canale di spessore h: 1) a destra il  gradiente di velocità dovuto ad uno sforzo di taglio; a sinistra la distribuzione delle velocità dovute  ad un gradiente di pressione

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