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IlSERVIZIOPUBBLICO:EVOLUZIONI,PROSPETTIVEERAPPORTITRAORDINAMENTOCOMUNITARIOENAZIONALE CAPITOLOPRIMO

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CAPITOLO PRIMO

Il SERVIZIO PUBBLICO: EVOLUZIONI,

PROSPETTIVE E RAPPORTI TRA

ORDINAMENTO COMUNITARIO E NAZIONALE

1 - La nozione di servizio pubblico particolarità di una nozione

mutevole

1.1. Sviluppi della dottrina

Il dibattito sulla nozione di servizio pubblico è in continua evoluzione che a volte si ravviva, anche in conseguenza di interventi normativi1 e fatti istituzionali che in qualche modo incidono su questa materia, altre volte assume toni più pacati di fronte alle difficoltà di inquadrare in modo dogmaticamente rigoroso una nozione così sfuggente.2Sembra possibile concludere che i servizi pubblici trovano la loro collocazione in una zona di confine tra il “pubblico” e il “privato”: più precisamente tra ciò che è proprio ed esclusivo del pu bblico

1Ad es. art 11, 4c. lett.g. l. 15 marzo 1997, n.59.prevede la estensione della giurisdizione esclusiva a

tutte le controversie in materia di servizi pubblici, rendendo cosi necessaria una nuova riflessione sulla definizione di tale concetto.

2

È stato osservato che manca ancora nonostante gli sforzi ricostruttivi della dottrina una definizione generale a contenuto positivo che sia realmente idonea a far riconoscere una attività come servizio pubblico. Per questa citazione e più in generale sulla posizione della dottrina in materia cfr Cattaneo S., Servizi pubblici, in Enc.dir., vol. XLII., Milano. Giuffrè, 1990; Pototshing U. I servizi pubblici, Padova, Cedam, 1964.

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potere e ciò che rientra nelle sfera del privato e del sociale .3 Proprio per tale ragione, lo spazio occupato dai medesimi si presenta come una “zona grigia” non perfettamente definita, i cui confini possono cambiare nel tempo sia in conseguenza di trasformazioni socio- economiche e di riassetti dei compiti dello Stato (in senso estensivo e riduttivo), sia in conseguenza dell’evoluzione tecnico- scientifica che, incidendo profondamente sui modi di vita e di relazione, determina il sorgere di nuovi bi sogni che inducono i pubblici poteri a darsi carico del loro soddisfacimento.4

Sono proprio questi caratteri cangianti del fenomeno e la pluralità di forme che lo stesso può assumere, che spiegano il rinnovato interesse della dottrina sulla questione, certamente dovuta alla fase di grande trasformazione della disciplina giuridica dei servizi pubblici che sta coinvolgendo non solo Italia, ma anche Francia, Spagna, Germania, Regno Unito.

Il fenomeno sta coinvolgendo la stessa locuzione di servizio pubblico alla quale si affiancano o si sostituiscono nuove espressioni quali: «servizi di pubblica utilità»5, «servizi di preminente interesse

3

Secondo Presutti E., è propria ed esclusiva dello Stato l’attività che ha per fine ultimo quello di assicurare le condizioni per la coesistenza dei singoli. A questa attività si contrappone la c.d. attività sociale con la quale lo Stato si propone di promuovere la civiltà e il progresso. Quest’ultima non è però esclusiva dello stato, poiché ad altri si ricorre o si può ricorrere per il raggiungimento degli anzidetti scopi di progresso. L’autore lo afferma in Diritto amministrativo italiano, vol.1.Roma.1917, p.3.

4

Gli autori meno recenti tendevano ad accomunare sotto l’unica denominazione ‘servizio pubblico’ attività dirette alla produzione di servizi a favore degli amministrati (acqua- luce gas...) e attività autoritative. Ma, a poco a poco, l’ambito del servizio pubblico è stato circoscritto ad attività non autoritative (Giannini M.S.in Diritto pubblico dell’economia, Bologna, Il Mulino, 1995, p.145) La dottrina più recente preferisce parlare di un modello composito (G.Gaia, Funzione pubblica e

servizio pubblico, in Mazzarolli L.e altri (a cura di), Diritto amministrativo, vol 1, I, ediz., Bologna,

Monduzzi 1993, p. 709 ss.) per sottolineare che anche quando l’azione amministrativa si concretizza essenzialmente in prestazioni frutto di atti materiali o immateriali (neutri) possono venire in rilievo momenti autoritativi.

5

Vedi per es. l.14 novembre 1995.n, 481, intitolata “Norme per la concorrenza e la regolazione dei

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generale»6, «servizi di interesse economico generale», «servizi universali».

Sono concetti di derivazione comunitaria che in primo luogo hanno posto una serie di interrogativi sul loro reale contenuto, sull’essere o meno espressioni equivalenti fra loro o se invece assumano significati diversi e, in quest’ultima ipotesi, quali siano i tratti differenziali con la categoria “tradizionale” di servizio pubblico.

La Commissione Europea nella Comunicazione 11/09/1996 ha specificato la portata di tali concetti senza peraltro dare indicazioni, almeno a prima lettura, appaganti.

In realtà in Italia la dottrina si è sempre scontrata sul significato giuridico di servizio pubblico ma è anche vero che, almeno, in una certa area d’Europa, ad es. in Italia e Spagna, vi era concordia tra operatori giuridici quando si parlava di servizi pubblici, e certamente, la nozione aveva un rilievo costituzionale il cui senso centrale pareva riferirsi a questa sorta di communis opinio pratica istituita tra gli operatori pratici del diritto, lasciando i dibattiti ai teorici. (Sorace).

1.2. I servizi pubblici nella evoluzione legislativa statale

Sulla nozione di servizio pubblico nelle indicazioni legislative statali occorre precisare che una prima e ricca identificazione

6

Così sono definiti dall’art.3 del d.l.g.s. 22 luglio 1999 n. 261 “Attuazione della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali e per il miglioramento della qualità del servizio'' la fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smaltimento, al trasporto e alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l’esercizio della rete postale pubblica.

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normativa puntuale si ritrova nella legge Giolitti7e nel Testo unico delle leggi sull’ assunzione dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province 8

In particolare il Testo Unico assume rilevanza retrospettiva per diversi aspetti. In primo luogo per la ragione che il legislatore per la prima volta tenta di fornire una nozione organica di servizio pubblico ma senza riuscire ad enucleare una nozione giuridica dai caratteri positivi comuni. Infatti l’elenco contenuto nell’art.1 assume un rilievo meramente esemplificativo ed empirico e al contempo attribuisce alla locuzione servizi pubblici il significato di clausola generale riferibi le ad attività prettamente economiche che sono già pubbliche anche precedentemente alla assunzione dell’attività da parte delle amministrazioni locali. Secondo una certa dottrina sarebbe la P.A a creare i servizi pubblici all’atto dell’assunzione mentre un a dottrina diversa, e più condivisibile, pone l’accento sulla mutevolezza della nozione a seconda delle diverse realtà politico- economico-sociali

Inoltre il carattere risalente dell’elenco rende evidente l’empiricità della nozione di servizio pubblico nel senso che si evolve e si modella in base a fattori contingenti e concreti come quelli sociali ed economici, che devono essere interpretati e valutati nel momento storico specifico da parte delle Amministrazioni competenti e territorialmente appropria te. Infatti, molte attività che all’epoca del T.U. del 1903 potevano configurarsi come servizio pubblico oggi non lo possono essere mentre altre hanno mantenuto la loro veste nonostante l’evoluzione della società.

Successivamente alla Legge Giolitti il le gislatore non ha affrontato la materia dei servizi pubblici e non ha tentato di dare una definizione giuridica

7

Legge Giolitti 29 marzo 1903 n. 103 sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni

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del servizio pubblico nonostante l’intervento nel 1948 della Costituzione Repubblicana e l’introduzione dell’art.43 della Costituzione che pote va essere la norma chiave per una soluzione a livello nazionale al pari della legge 103/1903 per l’ambito locale.

Negli anni 90 che segnano una svolta epocale in diversi ambiti e soprattutto per il diritto amministrativo e degli enti locali appaiono i prim i testi normativi nei quali vengono indicate delle attività qualificabili come servizi pubblici.

La prima legge è la legge 12 giugno 1990 n.1469 legge sul diritto di sciopero nella quale i servizi pubblici rientrano nell’esercizio del diritto di sciopero( art 40 della Cost.).

Il legislatore individua l’ambito oggettivo della legge 146/1990 in maniera puntuale nei servizi pubblici essenziali senza attribuire alla categoria un valore di elenco tassativo e chiuso ma al contrario deve essere intesa come elencazione di tipo finalistica.

Nell’art.1 troviamo l’elencazione dei servizi e delle attività essenziali in sé e per sé in quanto volti a garantire il godimento della persona costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà alla sicurezza, all a libertà di circolazione, alla assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione) che possiamo definire ‘attività –servizio’.

Nell’art.2 il criterio finalistico viene applicato alle c.d. ’attività -prestazioni ‘ che rispett o alle attività elencate nell’art.1 comma 2, risultano indispensabili per assicurare l’effettività nel loro contenuto essenziale dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.

8RD 15 ottobre 1925 n.2578 9

Legge 12 giugno 1990 n.146 “Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici

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Quindi possiamo ritenere che dal combinato disposto degli artt.1 e 2 della legge 146/1990 emerge il nucleo dei servizi pubblici essenziali che a ben vedere viene a comprendere attività eterogenee sotto il profilo della economicità ascrivibili a volte ai servizi e a volte alle funzioni. Tale dato trova conferma nel riferimento ai valor costituzionali da parte della giurisprudenza costituzionale sviluppatasi successivamente sia nell’avere il legislatore mutuato la stessa espressione di servizi pubblici essenziali dall’art 43 Cost.

Tuttavia, la precisazione che non ogni 10attività nel quadro di tali servizi è essenziale, ma solamente quelle che assicurano l’effettività dei diritti costituzionali della persona, rende i confini dell’area legislativa molto labili.

Quanto agli elementi costitutivi, la nozione di servizio pubblico essenziale di cui alla legge 146/1990 implica per come è congegnata, in considerazione della precisazione contenuta nell’art. 1 secondo cui i servizi pubblici sono svolti mediante convenzione o concessioni la titolarità pubblica delle attività. Dall’altro lato la stessa legge annovera tra i servizi pubblici essenziali anche prestazioni svolte a scopo di lucro svolte da imprese private in regime di concorrenza e senza avere natura giuridica pubblica.

Successivamente la Carta dei Servizi DPCM 27.1.1994 Prin cipi sulla erogazione dei servizi pubblici e della normativa ad essa correlata, i servizi pubblici sono individuati tenendo conto del criterio adottato dalla legge 146/1990 con l’ulteriore aggiunta dei servizi di energia acqua e gas.

Rispetto alla legge la direttiva denota maggiore consapevolezza dei problemi di identificazione dei soggetti tenuti alla sua osservanza

10

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennai 1994 “Principi sulla erogazione dei

servizi pubblici” in G.U. 22 febbraio 1994 n.43.

Di Pietro Adozione e contenuto della Carta dei Servizi, strumento dello Stato regolatore a tutela dei consumatori-utenti, in Servizi,Pubblici concorrenza e diritti.,( a cura di) L. Ammannati –

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contemplando sia i casi di amministrazioni erogatrici o concedenti servizi pubblici che servizi svolti da soggetti non pubblici chiamando in causa poteri di direzione e controllo e di vigilanza delle amministrazioni stesse e denominando erogatori dei servizi sia soggetti pubblici che privati. che espletano servizi pubblici.

In tale quadro normativo interviene la legge 142/1990 che dedica ai servizi pubblici (locali) l’art.22 senza tuttavia dare una definizione giuridica rigorosa ma si limita a definire l’oggetto dei servizi pubblici consistente nella produzione di beni e di attività volte alla a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali 11

Sembra emergere dalla lettura dell’art.22 della L.142/1990 che i servizi pubblici sono anche attività cui gli Enti locali non provvedono direttamente o necessariamente in linea con la Legge Giolitti.12

Vanno menzionati anche gli articoli 77 e 113 del Dlgs 25.2.1995 che individuano la categoria dei servizi indispensabili che in quanto tali usufruiscono di un particolare regime di protezione e di tutela nell’ipotesi di dissesti finanziari degli enti locali.

Successivamente nell’ordinamento viene introdotta la nozione di servizi di interesse economico generale che ha una chiara matrice comunitaria nell’art.86 Trattato CEE dedicato ai rapporti tra l’ interesse generale e la tutela della concorrenza e l’applicazion e delle sue regole nel mercato che possono essere derogate soltanto in presenza di una ragione giustificativa di interesse

11

Legge 8 giugno 1990 n. 142 Ordinamento delle Autonomie locali in GU 12 giugno 1990 n.135 oggi confluita nel TU Enti locali Dgs 18 agosto 2000 n.267 , in GU 28 settembre 2000 n. 227.

12

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generale. Il disposto dell’art.86 del trattato CEE viene riprodotto dal legislatore nazionale e precisamente nell’art.8 della l.287 /199013.

Nei tre interventi legislativi menzionati non si rinviene una definizione dei servizi pubblici come categoria autonoma giuridicamente:al contrario il legislatore e neppure il DPCM 27 gennaio 1994 risolve il problema di identità, pur affrontando in maniera piena e a tutto tondo un profilo generale come quello dei livelli qualitativi dell’erogazione dei servizi pubblici.

Un ultimo riferimento deve essere fatto alla definizione di servizio pubblico fornita dal legislatore in ambito penalistico con l’ar t.358 del Codice Penale intervenuta nel 1990 per effetto della legge 86 del 1990.

La finalità del legislatore in tal caso era volta a delineare i confini e a restringere la portata della conoscibilità da parte del giudice penale di ciò che è servizio pubbl ico al fine di ridimensionare l’oggettività di alcune nozioni oggettive nella giurisprudenza penale e la definizione data con la legge 86/1990 che infatti, si fonda sul carattere pubblicistico dell’attività. Il tentativo del legislatore è esattamente quell o di ridurre i criteri oggettivistici ad una rilevanza in negativo, il pubblico servizio ai fini penalisti a) deve essere disciplinato da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi nelle forme della funzione pubblica, distinguendosi per l’assenza di poteri certificativi o autoritativi; e b) non sostanziarsi nel lo svolgimento di semplici mansioni d’ordine o nella prestazione di opera meramente materiale.

Ulteriore tappa verso la individuazione di una nozione di servizio pubblico è rappresentata dagli interventi legislativi relativi alle dismissioni delle azioni detenute dallo Stato e dagli Enti Pubblici in S.p.A. In particolare per la privatizzazione delle società operanti nei servizi pubblici il DL 332/1994

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convertito in legge 474/1994 che stabiliva la preliminare istituzione di autorità di regolazione e imponeva i limiti all’Autonomia privata delle società tramite la golden share e tetti alle quote di proprietà e altre limitazioni statutarie.

Tuttavia il decreto ancora una volta non fornisce una nozione di servizi pubblici espressamente menziona:energia, difesa, trasporti e telecomunicazioni e poi viene inserito un riferimento agli altri servizi pubblici. Il quadro viene completato dalla legge 481/1995 che disciplina le privatizzazioni ed istituis ce le autorità di regolazione ma non contiene una definizione di servizi pubblici semplicemente introduce la nuova locuzione di servizi di pubblica utilità che individua in energia e gas e telecomunicazioni.14

Infine il riferimento contenuto nell’ art 33 d el Dlgs 80/98 e nell’art.7 della L 205/2000 che riforma la giustizia amministrativa. Ma ancora una volta l’elenco dell’art.33 non è esaustivo ed assume un valore meramente esemplificativo.

Il combinato disposto dell’art.33, commi 1 e 2, accosta le attivi tà economiche rilevanti per la collettività soggette ad autorizzazioni e controlli pubblici – a servizi sanitari e scolastici e servizi che hanno rilevanza più sociale, servizi farmaceutici e a rete e contiene un richiamo alla legge 481/1995 che suggerisce così la subordinazione dei servizi di pubblica utilità ai servizi pubblici.

Resta fermo che l’obiettivo del Dlgs 80/1998 e ss modifiche non era certo di affrontare la definizione di servizi pubblici ma il riparto della giurisdizione.

14Legge 14 novembre 1995 n.481 “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di

pubblica utilità Istituzione dell’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità in GU 18 novembre 1995 n.270”

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Importante ruolo ai fini di delimitare e chiarire la portata del concetto di servizio pubblico e servizio pubblico locale ha svolto da sempre la suprema giurisprudenza costituzionale e della Cassazione a sezioni Unite posto l’imprescindibile carattere evolutivo e dinamico della nozione di servizio pubblico. Recentemente sono intervenuti sul tema i giudici amministrativi per chiarire la portata del concetto di servizio pubblico e servizio pubblico locale richiamando i principi generali stabiliti dalla stessa Suprema Corte. (Ex pluribus TAR Lazio, Sez. III, 3/2/2004 n. 977 analogamente TAR Sardegna, 3/2/2004 n. 97. Secondo il TAR Lazio: :“In particolare, in ordine al concetto di pubblico servizio, occorre rilevare che, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze 30 marzo 2000 n. 71 e 12 novembre 2001 n. 14032), la materia dei pubblici servizi concerne le prestazioni erogate dal gestore del servizio al pubblico degli utenti e non comprende invece le prestazioni effettuate a favore del gestore per consentirgli l’organizzazione del servizio15.

15

Analogamente il TAR Sardegna:”i principi affermati dalla Corte di Cassazione con la sentenza Cass. civ.

-sez. unite - n. 10726 del 22 luglio 2002, secondo cui, ai fini del riparto di giurisdizione ai sensi dell'art. 33 D.L. vo 31 marzo 1998 n. 80, la materia dei pubblici servizi - le cui controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - concerne le prestazioni erogate dal gestore del servizio al pubblico degli utenti, mentre non comprende le prestazioni effettuate a favore del gestore per consentirgli l'organizzazione del servizio”. TAR Sardegna, 3/2/2004 n. 97

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2. Il “nuovo diritto” dei servizi pubblici:elementi caratterizzanti

Se oggi la definizione di servizi pubblici torna alla ribalta è perché si profila l’eventualità che la communis opinio pratica e il nucleo centrale del significato costituzionale di servizio pubblico vengano rimesse in discussione.

La causa principale deve ravvisarsi nella rapida evoluzione innescata dal diritto comunitario sempre più determinato ad abbattere le barriere “interne” in un mercato libero e concorrenziale.

La progressiva liberalizzazione di servizi pubblici oggetto di riserva legale, la privatizzazione formale e sostanziale degli enti gestori dei servizi pubblici nazionali e locali, il coinvolgimento dei privati nella gestione dei servizi pubblici, l’evoluzione tecnologica che supera i c.d. monopoli naturali, l’istituzione all’inizio anni’90 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a tutela del valore della concorrenza, considerato primario nell’ordinamento comunitario, sono solo alcuni fattori che hanno modificato il quadro di riferimento dell’intero diritto pubblico dell’economia e sembrano cambiare il contesto in cui va collocata la nozione di servizio pubblico.

Nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, i servizi pubblici a carattere industriale o commerciale sono stati per lungo tempo gestiti in regime di esclusiva e, in Italia, sottoposti al sistema della riserva, in attuazione art.43 Cost., seguita da concessione. La titolarità esclusiva delle attività spetta allo Stato o altro Ente Pubblico e l’ammissione degli operatori all’esercizio delle attività è subordinata alla scelta discrezionale dei pubblici poteri.

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L’assunzione da parte del potere pubblico di attività dirette immediatamente al soddisfacimento di bisogni di interesse generale per la Comunità è stata giustificata nella prima fase della teoria del pubblico servizio (XIX secolo) da esigenze di universalità della prestazione o necessaria predisposizione dei controlli a fini sociali.

Questa situazione ha provocato una divisione dei mercati in base alle frontiere nazionali, incompatibili con i principi della libera circolazione e della concorrenza sanciti dal Trattato comunitario.

Successivamente, a partire dagli anni’80, in alcuni settori il progresso tecnologico e l’evoluzione della domanda degli utenti hanno

portato al superamento dei vincoli connessi all’unicità della

infrastruttura e alla necessità di gestire in modo centralizzato i servizi. Gli interventi comunitari sono stati finalizzati alla promozione della liberalizzazione ed hanno progressivamente abbattuto la riserva originaria dello Stato dei diritti di impresa, in alcuni settori totalmente e in altri parzialmente, con la conseguenza che non è più giustificata né l’esclusione dei privati dalla titolarità delle attività di impresa, né la sottoposizione del servizio pubblico ad un regime speciale e derogatorio rispetto a quello applicabile alle altre imprese che svolgono attività commerciale.

Inoltre, le innovazioni comunitarie hanno avuto influenza sulla stessa identificazione della nozione di interesse generale attratta in ambito comunitario, e sulla titolarità dell’attività di servizio pubblico, non più riservata ai pubblici poteri in base art.43 Cost. (da essi svolta direttamente o da terzi mediante concessione), ma liberamente svolte da qualsiasi operatore pubblico o privato in base all’art.41 Cost.

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La Comunità ha introdotto il nuovo regime dei servizi pubblici, caratterizzato dalla liberalizzazione degli stessi, con la trasformazione di monopoli in imprese gestite e regolate secondo le regole della concorrenza.16

Ne derivano importanti implicazioni sul regime delle attività: 1-Le concessioni tendono a scomparire, e si farà ricorso alla autorizzazione non discrezionale, che dovrà essere rilasciata sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori. Le concessioni rimangono solo in presenza di una riserva riconosciuta da una norma di legge e sempre che non contrasti con il diritto comunitario. 2-Sono soppresse le norme speciali che riconoscono privilegi o impongono oneri, fatta eccezione per quelle ipotesi in cui non sia altrimenti possibile perseguire gli obiettivi di servizio pubblico o del servizio universale.

La trasformazione del regime delle attività ha avuto ovviamente importanti conseguenze anche sulla nozione di servizio pubblico.

Come mette in rilievo (RANGONE N.) viene meno il criterio organico di identificazione (il servizio pubblico è costituito dall’insieme di agenti e mezzi che una pubblica amministrazione destina ad un compito) e il criterio formale (in base al quale il servizio pubblico è una attività sottoposta a regole al di là del diritto comune) e sopravvive il criterio funzionale costituito dal perseguimento di obiettivi di interesse generale.

Sembra evidente che questo fenomeno procura una dissociazione tra obiettivi di interesse generale, da un lato, e disciplina e gestione

16

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pubblicistica dall’altro, con l’inevitabile conseguenza di restringere il contenuto giuridico della nozione di servizio pubblico dal momento che la gestione dei servizi pubblici può avvenire da parte di soggetti pubblici o privati purché in regime di concorrenza.

Ciò implica che i servizi non sono più pubblici e neppure in posizione di monopolio, per cui non ha senso tenerli in gestione pubblica, e pertanto iniziano a diffondersi accanto alla liberalizzazione una serie di processi di privatizzazione che hanno portato molte imprese pubbliche dalla “mano pubblica” alla “mano privata”.17

In conclusione l’influenza del diritto comunitario dei servizi pubblici sul diritto nazionale è stata profonda; principalmente la nostra attenzione si rivolge alla riforma dei servizi pubblici essenziali a contenuto economico, voluta dalla volontà sopranazionale e realizzata attraverso interventi di armonizzazione e di liberalizzazione nel rispetto degli obiettivi di interesse generale: quindi disciplina delle comunicazioni in genere, poste e telecomunicazioni; energia, trasporti di vari tipi.

La riforma del regime dei servizi pubblici economici ha operato su due aspetti: 1- sulla libertà degli accessi; 2- sul superamento dei regimi speciali non giustificati da interesse generale.

La realizzazione di questi obiettivi ha comportato, a livello nazionale, la trasformazione delle regole legislative e degli strumenti di regolazione amministrativa con riflessi fondamentali sulla stessa nozione di servizio pubblico e con la nascita di una nuova nozione di servizio universale.

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Secondo una parte della dottrina la portata di tali nozioni ed il regime di queste due categorie può trarsi da una analisi della disciplina dei “servizi a rete” caratterizzati da problematiche tecnico-economiche simili e da una disciplina sostanzialmente comune. Da questi interventi a carattere settoriale è possibile trarre in via interpretativa le indicazioni valide per tutti i servizi pubblici che costituiscono il nuovo diritto dei servizi pubblici.( in particolare RANGONE N.)

I principi di organizzazione e gestione, il nuovo regime delle attività e le indicazioni sulle nozioni di servizio pubblico e servizio universale hanno valore generale per tutti i servizi pubblici, compresi i servizi amministrativi e i servizi locali. In particolare, in dottrina, si è partiti dalla analisi dei “servizi a rete” nazionali e sopranazionali.

A proposito dei “servizi a rete’ ( cioè che utilizzano reti di dimensione nazionale e sopranazionale) la Rangone distingue tra servizi offerti tramite infrastrutture fisse (quali le reti di trasporto ferroviario, di gas, elettricità, telecomunicazioni via cavo) e tramite reti non infrastrutturali (reti dei servizi postali e delle telecomunicazioni mobili). Questi due settori sono accomunabili per diversi motivi. In

primo luogo, in entrambi questi settori il servizio è stato

tradizionalmente caratterizzato dall’esistenza di monopoli che, attraverso un sistema capillare di reti, hanno fornito per legge servizi di base su tutto o parte del territorio nazionale e inoltre la disciplina comunitaria dei servizi a rete (infrastrutturale e non) è volta in ogni caso alla liberalizzazione nel rispetto degli obiettivi di servizio pubblico.

In secondo luogo, le problematiche connesse all’esistenza di una rete quale infrastruttura essenziale alla prestazione di servizi e al

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carattere di servizi di pubblica utilità delle attività prestate sono affrontate con strumenti omogenei quali la separazione tra rete e servizio, l’accesso dei terzi alle reti.

3-I principi dei servizi pubblici: tradizione nazionale e innovazioni comunitarie

Dall’ analisi delle discipline di settore è possibile ricavare, in via interpretativa, i principi comuni dei servizi pubblici che caratterizzano il nuovo regime ai quali devono uniformarsi l’organizzazione e la gestione delle attività di interesse economico generale.

La loro applicazione esige una riconsiderazione sia

dell’estensione delle aree oggetto di riserva, sia degli strumenti di regolazione dell’accesso ai mercati in segmenti di attività liberalizzate.

I principi del servizio pubblico possono indicarsi nei seguenti: 1) La distinzione tra carattere pubblico del servizio e natura pubblica o privata del gestore;18

2) La non coincidenza tra natura pubblica del servizio e

gestione riservata. In attuazione di tale principio, la disciplina comunitaria introduce una serie di regole al fine di limitare le ‘esclusive’, come la separazione tra reti e servizi e il riconoscimento del diritto di interconnessione e del diritto di accesso dei terzi alle reti e ai beni essenziali all’esercizio di una concorrenza effettiva che sono

18

È chiaro che settore pubblico, impresa pubblica e servizio pubblico sono tre concetti distinti anche se a volte nel linguaggio comune si confondono. «La nozione di servizio pubblico non coincide né con quella di impresa né con quella di settore pubblico, per la buona ragione che mentre l’impresa pubblica può svolgere attività cui certo non è collegato un interesse pubblico sul lato opposto troviamo, invece, servizi pubblici esercitati anche da imprese private» Cammelli M., Le imprese

pubbliche in Europa: caratteri e problemi, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario,

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una sorta di corollari del principio di separazione tra rete e servizio, la separazione tra servizi di base e servizi a valore aggiunto19 nonché “nuovi servizi”, la libera prestazione dei servizi non offerti al pubblico, come la prestazione di servizi a vantaggio proprio o di imprese controllanti o controllate- cd. autoproduzione- o all’interno di un gruppo chiuso di utenti. Altri strumenti sono diretti al superamento dei regimi speciali nei rapporti con i pubblici poteri (che devono essere regolati da contratto e assicurare la trasparenza nelle relazioni finanziarie) e nella scelta dei contraenti (deve essere rispettosa delle procedure formalizzate per la introduzione nella concorrenza, in fase di parziale liberalizzazione, e con libertà di scelta in conformità ai principi generali di libera concorrenza, di non discriminazione, una volta superate le situazioni di monopolio). Inoltre nelle ipotesi in cui esistano vincoli oggettivi alla completa apertura dei mercati, il diritto comunitario impone di modificare la modalità di scelta del gestore, che deve essere preceduta da una selezione concorrenziale (cd. concorrenza per il mercato);

3) La separazione tra regolazione e gestione; 4) L’equilibrio economico dei servizi pubblici;

5) La continuità, l’uguaglianza di trattamento e l’adattamento ai bisogni;

6) L’universalità della prestazione.

19 Il legislatore comunitario utilizza spesso la nozione di servizio di base e di servizio a valore

aggiunto, senza codificare una definizione, né elencare le attività interessate. In linea generale, per servizio di base (che troviamo menzionato insieme al servizio a valore aggiunto, ad esempio, nella decisione della Commissione CE n.456, relativa al servizio internazionale del corriere rapido in Spagna, in GUCE 28.08.1990.n. 456) si intende un’attività di interesse economico generale e che può, per il perseguimento dei fini pubblici, essere oggetto di una gestione in esclusiva o gravata da obblighi; al contrario servizio a valore aggiunto no è un attività di interesse economico generale e

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Tutti questi principi menzionati sono ispirati agli ordinamenti nazionali.20

Come, giustamente, osserva la Rangone, ad esempio il rapporto con la tradizione giuridica dei paesi a diritto amministrativo traspare chiaramente dal principio della distinzione tra carattere pubblico del servizio e natura pubblica o privata del gestore, affermatosi

simmetricamente al superamento del criterio organico di

individuazione del servizio pubblico.

Il principio della non coincidenza tra servizio pubblico e gestione monopolistica, trae origine dalla teoria oggettiva, evidenziando che la riserva è ammessa solo quando la libera iniziativa economica si sia rivelata infruttuosa.

Il principio dell’equilibrio economico del servizio discende dal vincolo all’organizzazione e gestione dei servizi pubblici in forma di impresa, che in Italia si trae dall’art.43 Cost. (secondo l’interpretazione della giurisprudenza costituzionale) e da norme di legge che disciplinano alcuni servizi pubblici.

I principi di uguaglianza e di adattamento ai bisogni hanno costituito il nucleo centrale del regime francese del servizio pubblico e, in Francia il principio di continuità del servizio pubblico ha assunto rango di principio generale del diritto di rilievo costituzionale.

può tollerare una gestione riservata nelle sole ipotesi in cui i proventi di gestione sono uno strumento insostituibile di equilibrio economico del servizio pubblico o del servizio universale.

20

Per un’analisi approfondita dei nuovi principi del servizio pubblico si veda in particolare Rangone N., I servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999, Cap. 8.

Per una ricognizione sintetica sul nuovo regime giuridico dei servizi pubblici, si veda Cassese S.,

Dalla vecchia alla nuova disciplina dei servizi pubblici, in Rassegna Giuridica Energia Elettrica,

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I principi della separazione tra regolazione e gestione e dell’universalità della prestazione risalgono, invece, alla tradizione dei Paesi di common low, che non hanno una tradizione giuridica di servizio pubblico.

Infatti, recenti studi hanno individuato l’origine del concetto di servizio universale nella nozione di public utilities dei Paesi di common low mentre i paesi a diritto amministrativo non conoscono una nozione di diritto universale che sia distinta da quella di servizio pubblico.21

Il concetto di servizio universale si basa sulla accessibilità del servizio e sugli strumenti che ne consentono il perseguimento come per esempio le modalità formalizzate per il calcolo e per il finanziamento degli oneri che derivano dal servizio universale.

I principi del servizio pubblico ispirati alle tradizioni giuridiche nazionali e rielaborati dalla “mano comunitaria” sono ormai parte del

nostro ordinamento e sono fondamentali nell’interpretazione e

integrazione della disciplina nazionale dei servizi pubblici secondo quanto previsto dall’art.12 delle Disposizioni Preliminari sulla legge in generale.22

21

Il servizio universale non trova alcuna chiara, univoca definizione né nel diritto comunitario né nel diritto interno. Tuttavia emergono alcuni chiari profili del servizio universale, che corrisponde ad un insieme minimo di servizi di buona qualità, che deve essere fornito in ogni Stato membro in modo da garantire ovunque l’accesso di tutti a determinate prestazioni essenziali, di qualità ed a prezzi abbordabili. (Commissione CE, Comunicazione su I servizi di interesse generale in Europa, 1996).

A proposito, è il caso di precisare che i paesi a diritto amministrativo, non conoscono una nozione di servizio universale distinta da quella di servizio pubblico. Si veda Rangone N., Servizi Universali, in Enciclopedia. Giuridica Treccani, vol. XXVIII, 1998.

22

Emerge da uno studio di Gorla G., in Diritto comparato e diritto comune europeo, Milano, Giuffrè, 1981, p. 701. L’autore propone un’interpretazione dell’art. 12 delle ‘Disposizioni preliminari’, tale da comprendere i principi di diritto comuni agli Stati membri della Comunità europea; tale interpretazione si impone di per sé, senza bisogno dell’ intervento del legislatore, a seguito della nuova posizione politico – internazionale assunta dall’Italia con la sua partecipazione alla Comunità europea e, per quanto occorra ad altre comunità. Si veda anche art.11 della nostra Cost.

(20)

Hanno portata generalizzata nel senso che, seppure sono stati elaborati con riferimento ai servizi industriali e commerciali nazionali, dovrebbero costituire strumenti di interpretazione e integrazione anche della disciplina dei servizi amministrativi e dei servizi di dimensione locale.

A differenza dei principi, gli strumenti per l’attuazione dei principi del servizio pubblico sono stati introdotti direttamente dall’ordinamento comunitario ed hanno prodotto negli ordinamenti nazionali importanti conseguenze: es. nei rapporti tra operatori hanno fatto emergere nuovi diritti, come il diritto di interconnessione o il diritto di accesso alle reti e ai beni essenziali, alla prestazione dei servizi liberalizzati.

Inoltre il superamento dei regimi speciali del servizio pubblico ha fatto venir meno il criterio formale come criterio di individuazione del servizio pubblico in base al quale il servizio pubblico è disciplinato dal diritto pubblico; ancora il superamento dei regimi speciali ha comportato la necessità che la gestione del servizio avvenga nel rispetto dell’equilibrio economico e la scelta dei contraenti avvenga in completa libertà procedurale, il tutto deve avvenire, sempre nel rispetto dei principi generali di non discriminazione e di libera circolazione.

I principi e le regole dei “servizi a rete”, che influenzano sia l’organizzazione (come il criterio della separazione tra funzioni esecutive e della gestione “economica” del servizio), sia l’erogazione del servizio a livello nazionale, impongono una rilettura dell’estensione delle aree soggette a riserva e di tutta la disciplina interna alla luce del principio di liberalizzazione nel rispetto degli obiettivi di servizio pubblico, la cui individuazione avviene a livello comunitario.

(21)

In particolare, in base alla disciplina comunitaria i servizi pubblici sono liberalizzati, sottoposti alla disciplina del diritto comune e possono tollerare solo misure di consenso non discrezionali, da rilasciare in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.

Tale nuovo regime delle attività viene definito dalla Rangone «autorizzazione conforme al diritto comunitario».

L’autrice, mette in rilievo come queste evoluzioni segnano una completa dissociazione tra criterio organico e formale i quali non sono più utilizzabili come strumenti di identificazione del servizio pubblico e l’unico elemento ancora caratterizzante sembra il criterio funzionale.

Infatti, se il perseguimento dell’interesse generale è un fine esclusivo del servizio pubblico, il legame con l’autorità pubblica esiste nella fase della genesi del servizio stesso che viene creato dal legislatore ma, non più nella gestione, dal momento che sia la gestione diretta, sia la direzione devono essere sostituite da misure di semplice coordinamento.

L’esclusivo rilievo del profilo funzionale riduce al minimo il contenuto giuridico della nozione di servizio pubblico: il servizio pubblico non è un istituto giuridico, ma un’attività economica, la cui titolarità può competere a soggetti pubblici e che deve conformarsi ai principi di organizzazione e di gestione rielaborati dalla Comunità europea, da applicarsi in tutti gli Stati membri.

In conclusione, l’influenza del regime comunitario dei servizi pubblici non si manifesta nella introduzione di principi innovativi ma,-come evidenzia la Rangone – nell’ attrazione a livello sopranazionale della definizione di alcuni obiettivi di interesse generale e nell’erosione

(22)

dell’autonomia delle fonti del diritto pubblico.23 Inoltre, sottolinea l’autrice, il nuovo regime del servizio pubblico comunitario determina la necessità di ripensare in senso concorrenziale tutta la legislazione nazionale, anche costituzionale; in particolare i fini di utilità generale, in base ai quali l’art.43 Cost. consente la previsione di riserve di impresa, dovrebbero essere ricercati alla luce dei nuovi confini delineati dagli interventi comunitari, informati al principio della liberalizzazione nel rispetto degli obiettivi sociali.

4-Ambito comunitario e servizio pubblico: art.90 del Trattato (ora art.86)

L’introduzione della regola della concorrenza , che è un

principio tipico delle grandi imprese private, in un settore

tradizionalmente retto da un regime pubblicistico è stato ciò che ha portato riduzione delle presenza pubblica in materia di servizi, consentita solo nelle ipotesi di dimostrata “inidoneità” del mercato a soddisfare determinati interessi (principio di sussidiarietà).24

Lo spiccato favor per la concorrenza emerge, in primo luogo, dall’art.90, c.2, del Trattato CE (art.86 versione consolidata) nel quale si trovano enunciati i principi fondamentali.

Questa norma introduce una serie di innovazioni sul rapporto che si instaura nell’ordinamento comunitario, da un lato tra la disciplina

23

Osserva la Rangone che «l’integrazione europea impone il superamento del modello (di fine settecento), che vede nello Stato la fonte esclusiva della legge e sembra delineare un modello con una pluralità di livelli di legislazione comunitaria, nazionale, locale (oltre che internazionale) i cui reciproci rapporti sono informati al principio di sussidiarietà». Si veda Rangone N., I servizi

pubblici già cit.

24

Sul tema si veda Corso G., I servizi pubblici nel diritto comunitario, in Riv. Giur. quadr. pubbl.

(23)

della concorrenza ed il regime particolare al quale possono essere assoggettate le imprese pubbliche o private incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, dall’altro, tra le competenze spettanti in materia agli Stati membri e alla Comunità.25

La norma ha un ambito applicativo limitato in quanto fa riferimento ai soli servizi di interesse economico generale,26 mentre restano escluse tutte le attività che nei diversi ordinamenti statuali rientrano nella categoria dei servizi pubblici che sono assoggettate alla disciplina della concorrenza.

I servizi di interesse generale sono i servizi forniti dietro retribuzione come i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni e che presentano un “nucleo duro” (il cd. servizio universale) in cui si concretizza una specifica missione di interesse generale.

È una categoria inedita di servizi che si può sostanzialmente

ricondurre ai servizi di interesse industriale e commerciale

dell’esperienza francese.

Rimangono invece fuori dal regime suddetto, come chiariscono le fonti comunitarie, i servizi non aventi carattere economico, come quelli relativi alla sanità e ai sistemi scolastici, e così pure tutte quelle altre attività costituenti prerogative della potestà pubblica: ad esempio, la gestione di regimi di sicurezza sociale, i controlli ecologici, ecc.

25

In particolare su questo punto si veda Gasparini Casari V. Il servizio universale in Il diritto

dell’economia n.2-2000.p.273ss.

26

Di notevole importanza è la comunicazione della Commissione 11 settembre 1996, in GUCE, 26 settembre 1996, n.C-281 in cui la Commissione ha tentato una definizione delle diverse tipologie di servizi: servizi di interesse economico generale, servizi di interesse generale, servizio pubblico, servizio universale.

Per un commento si veda Rangone N., in Giorn. dir.amm. 1997, p.384 ss.

Sulla nozione di servizio di interesse economico generale si veda, Piccozza E., Attività

amministrativa indipendente e diritto comunitario, in Enciclopedia, Giuridica Treccani, Roma,

(24)

Non sempre è agevole stabilire in concreto se una certa attività sia da considerare servizio di interesse economico generale o prerogativa del pubblico potere. In questo delicato lavoro di selezione delle diverse fattispecie la giurisprudenza europea ha dato notevoli contributi.27

L’art.90, comma 2, individua negli interessi economici generali il limite all’applicazione delle regole del mercato comune e della concorrenza rispetto ai servizi pubblici. Questi ultimi si identificano con attività svolte da imprese che operano nel settore degli scambi di merci e servizi e che nello stesso tempo sono collegate, in ragione della utilità della loro attività, alle esigenze e finalità primarie di un paese. La disposizione consente alle imprese incaricate di gestire un servizio di interesse economico generale di sottrarsi alle regole della concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme sia di ostacolo alla realizzazione dei compiti loro affidati e semprechè lo sviluppo degli scambi non ne risulti compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.28

La nozione di servizio pubblico non necessariamente coincide con quella di impresa pubblica. Non tutti i servizi sono stati attribuiti ad imprese pubbliche; infatti, vi sono Paesi in cui il sistema dell’impresa pubblica è stato smantellato ma non certo quello dei servizi pubblici, che rimangono invece essenziali, ineliminabili. Non è dunque un caso

27

Mentre nella tradizione dei singoli Stati prevale, ai fini della qualificazione giuridica di una certa attività, un uso congiunto dei criteri oggettivo e soggettivo nella giurisprudenza comunitaria prevalgono criteri sostanzialistici che consentono di estendere l'incidenza delle regole della concorrenza anche ad attività astrattamente suscettibili di gestione imprenditoriale ma attualmente svolte attraverso sistemi burocratici.

28

La norma mira a conciliare l’interesse degli Stati membri ad utilizzare alcune imprese (in particolare del settore pubblico) come strumenti di politica economica, con l’interesse della Comunità. In tal senso Sentenza 19 marzo 1991, Francia c. Commissione (Terminali di telecomunicazioni), causa C-202/89, punto 12.

(25)

che l’art. 90, 2c, non distingua tra imprese pubbliche e private. Ai fini dell’applicazione dell’art.90, è sufficiente che si tratti di un’impresa sottoposta alle regole della concorrenza e che sia stata incaricata da un’autorità pubblica di esercitare un’attività di interesse economico generale.29

Per prima cosa occorre un atto autoritativo dello Stato con cui l’impresa viene incaricata di svolgere un determinato servizio.30

In secondo luogo, è necessario che l’impresa, eserciti attività di natura economica.31

In base al più recente orientamento della Corte, elemento necessario per la qualificazione di un’entità come impresa è l’esercizio di un’attività di carattere economico, suscettibile di essere svolta, almeno in linea di principio, da un’impresa privata e per un fine di lucro.

Quanto alla natura dei servizi di interesse economico generale meritevoli di essere sottratti alle regole della concorrenza dalla prassi della Corte si possono trarre molti esempi.32

Sono stati qualificati servizi di interesse economico generale la navigabilità della più importante via d'acqua del paese (Porto di Mertert); un monopolio sulla pubblicità televisiva (Sacchi); la gestione di linee aeree non redditizie dal punto di vista commerciale (Ahmed

29

Corte di giustizia europea, Sentenza 2 marzo 1983, causa 127/73, BRTc.SABAM, Racc., p.51.

30

Non può essere qualificata impresa ‘incaricata’ ai sensi dell’art. 90, c.2., un’impresa creata su iniziativa di privati, anche se svolge un’attività di interesse economico generale.

31

Non esiste nel Trattato una definizione di impresa sottoposta alle regole della concorrenza. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’impresa consiste in un complesso unitario di elementi personali, materiali ed immateriali facente capo ad un soggetto giuridico autonomo e diretto in modo durevole al perseguimento di uno scopo economico. (Corte di giustizia europea, Sentenza del 1962, cause 17 e 20/61, Racc.p.555).

32

Fattori P. , Monopoli pubblici e articolo 90 del trattato CE nella giurisprudenza comunitaria, in

(26)

Saeed); la gestione di una rete telefonica pubblica (RTT); la gestione del servizio postale (Corbeau); la distribuzione di elettricità (Comune d’Almelo).

C’è da dire, comunque, che la maggior parte di queste sentenze non chiarisce quali siano gli elementi e i criteri per qualificare una attività come servizio di interesse economico generale, essendosi la Corte limitata ad affermarne o a negarne l’esistenza. La sentenza

Corbeau e Comune d’Almelo,33

forniscono elementi di rilievo per l’interpretazione della nozione in questione.

Nel caso Corbeau, relativo alla gestione del servizio postale belga, è stata considerata incontestabile la natura di servizio di interesse economico generale dell’obbligo di assicurare la raccolta, il trasporto e la distribuzione della posta, a profitto di tutti gli utilizzatori sull’insieme del territorio dello Stato membro considerato, a tariffe uniformi e a condizioni di qualità simili, senza riguardo per le situazioni specifiche o per il grado di redditività di ciascuna operazione.

Nel successivo caso Comune d’Almelo, in cui l’impresa (Ijm) in questione aveva una concessione, non esclusiva, per la fornitura di energia elettrica in una parte del Paese, la Corte ritiene che l’impresa svolga un’attività di interesse economico generale nella misura in cui deve garantire l’approvvigionamento continuo di energia in tutto il territorio oggetto della concessione, a tutti gli utenti, distributori locali o consumatori finali, nelle quantità richieste in qualsiasi momento, a

33

Rispettivamente: Corte di giustizia europea, Sentenza 19 maggio 1993, CAUSA c-320/91, Racc., p. I-2533, punto 15; Corte di giustizia Sentenza 27 aprile 1994, causa- 393/92, Racc., p.I-1477, punto 48.

(27)

tariffe uniformi e a condizioni che possono variare solo secondo criteri obiettivi applicabili all’intera clientela.

Le indicazioni contenute nelle due sentenze evidenziano che si considerano servizi di interesse economico generale (i servizi pubblici secondo il diritto comunitario) le sole attività a carattere commerciale fornite a titolo oneroso che i pubblici poteri intendono offrire alla generalità degli utenti, in modo ininterrotto, a condizioni qualitative simili e tariffe uniformi. Inoltre, come rilevato nella sentenza Corbeau, «senza riguardo a situazioni particolari e al grado di redditività di ciascuna operazione individuale»: ciò denota l’esigenza che il servizio, nella specie postale, sia disponibile anche a vantaggio di coloro che non potrebbero beneficiarne, a quelle condizioni, in base alle leggi di mercato.

L’art. 90 si applica solo in presenza di un’attività incaricata, con un atto autoritativo, della gestione di un servizio non semplicemente culturale o sociale, ma anche economicamente rilevante ed esercitato con i criteri funzionali alla soddisfazione dell’interesse generale e non alla economicità della gestione stessa, nei settori tradizionali dell’intervento pubblico dell’economia: settore dei trasporti, dell’energia, delle poste, delle telecomunicazioni, senza alcuna distinzione tra impresa pubblica o privata.34 La norma inoltre è significativa, in quanto stabilisce che la deroga di cui all’art.90, c.2, non si applica alle attività che costituiscono servizi pubblici soltanto perché tali, ma in considerazione della missione di interesse generale loro affidata, quindi è necessario l’adempimento da parte delle imprese

34

Evidenzia Cassese S., in La nuova Costituzione economica, Roma, Bari, Laterza, 1995, p.75, che l’espressione ‘imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale’, nell’ordinamento italiano, trova un equivalente nell’art.43 Cost.

(28)

interessate della missione ad esse affidata, in nome dell’interesse generale, dai pubblici poteri (criterio della proporzionalità e necessarietà rispetto alla specifica missione affidata). Il perseguimento del risultato dovrebbe essere assicurato dalla implicita attribuzione alla Corte della competenza a sindacare sulla sussistenza dei presupposti che possono giustificare il privilegiato regime delle imprese che esercitano servizi pubblici. Essa deve verificare che il privilegio economico non sia sproporzionato rispetto alla missione di interesse generale La dottrina, dunque, ammette che la nozione di interesse economico generale rinvia ad un interesse pubblico statale, interesse pubblico riconosciuto come tale dalle autorità comunitarie.

Il diritto comunitario da un lato ha fornito una nozione di interesse economico generale comunitario che consente di escludere l’applicazione delle sole leggi di concorrenza nel mercato nei settori considerati35e, dall’altro, ha riconosciuto l’esistenza di attività di interesse economico generale in ogni Stato membro - ossia attività di servizio pubblico -consentendo che esse si sottraggano alle regole della concorrenza se risulta necessario per l’utilità generale perseguita.

Per quanto concerne l’individuazione dei servizi di interesse generale: deve farsi riferimento all’art 16, che dopo aver esplicitamente fatto salvi gli art. 73, 86 e 87 (ex art. 77, 90, 92 del Trattato), sottolinea che nell’ambito dei principi comunitari viene riconosciuto che, per la promozione della coesione sociale e territoriale, deve essere attribuita una importanza particolare ai servizi di interesse generale e pertanto, i principi e le condizioni che li riguardano devono consentire loro di

35Si veda.Gaudemet Y., in Regolazione e Concorrenza, Tesauro e D’Alberti (a cura di), Bologna, Il

(29)

svolgere effettivamente questo ruolo di promozione della coesione sociale e territoriale. Inoltre la disposizione dà atto che nella materia in questione le competenze sono ripartite tra Comunità e Stati.

Secondo la dottrina vi sarebbe corrispondenza tra i servizi pubblici dei Paesi a tradizione amministrativa (ispirati al modello francese) e i servizi definiti dal legislatore comunitario di interesse generale,36 anche se non esiste una definizione di contenuto positivo del servizio di interesse generale.

E’ possibile ricavare dalla disciplina di settore il significato dell’espressione e tenendo conto anche della Comunicazione della Commissione del 1996 si può concludere come segue:

a) I servizi di interesse generale «designano le attività di servizio commerciali o meno, considerate di interesse generale dalle istituzioni pubbliche e, per questo motivo, gravate dagli obblighi specifici del servizio pubblico».

b) I servizi di interesse economico generale, (i servizi

pubblici secondo il diritto comunitario) costituiscono un sottoinsieme dei servizi di interesse generale37, designano le sole attività a carattere commerciale che perseguono missioni di interesse generale e, che per questa ragione sono sottoposte dagli Stati membri ad obblighi specifici, sono informati ai principi di continuità, di parità di trattamento, di adeguamento ai bisogni.

telecomunicazioni i principi limitativi della concorrenza sono posti dai testi comunitari in nome delle attività di interesse economico generale.

36

Così Rangone N. in I Servizi pubblici, Bologna, Il mulino, 1999. Anche Rangone N. nel

Commento alla Comunicazione in Gior. Dir. Amm. Già cit. Anche Gaudement Y., in op. cit.

Gasparini Casari V., Il servizio universale, in Il Dir.Dell’Econ., 2/2000.

37

Sono menzionati dall’art. 90 e sono assimilabili ai servizi che dottrina e giurisprudenza francesi hanno definito a carattere industriale o commerciale.

(30)

Infine il servizio di interesse economico generale contiene a sua volta, il servizio universale.

Nella comunicazione dell’autunno 1996, la Commissione identifica così la nozione di servizio universale: «sviluppato dalle istituzioni comunitarie, questo concetto evolutivo definisce un insieme di esigenze di interesse generale alle quali dovranno conformarsi, in tutta la Comunità, le attività di telecomunicazioni o postali, per esempio. Gli obblighi che ne derivano sono volti ad assicurare ovunque l’accesso di tutti a determinate prestazioni essenziali, di qualità e ad un prezzo accessibile».

5-Evoluzione normativa nel contesto comunitario: il servizio universale

Il diritto comunitario non parla solo di servizio di interesse

generale ma anche di “specifica missione” a cui ricollega,

indirettamente, la nozione di servizio universale.

Secondo l’opinione dominante in dottrina il servizi pubblico aggiunge un elemento specificante alla tradizione di diritto pubblico o, secondo la terminologia comunitaria, di servizio di interesse generale. Infatti alcuni autori, tra cui Clarich, Gasparini Casari, Sorace, ritengono che essa non abbia una dimensione concettuale e prescrittiva autonoma, molti elementi sono inclusi già nel servizio pubblico.

Le origini del servizio universale vanno ricercate nel regime delle public utilities dei Paesi di Common Low, mentre a livello comunitario la nozione, che non è menzionata dal Trattato CE, viene

(31)

elaborata nel quadro del processo di liberalizzazione di alcuni servizi38 a livello comunitario, soprattutto in quello delle telecomunicazioni.

La prima definizione normativa di servizio universale, (poi ripresa in varie direttive), è quella dell’art.2, c.1, lettera g. della Dir. 97/33, che è stata meglio precisata dall’art.2.2.f, Dir. 98/10/CE del 26 febbraio 1998 come: insieme minimo definito di servizi, di una data qualità, a disposizione di tutti gli utenti, indipendentemente dalla localizzazione geografica e offerto in funzione delle specifiche condizioni nazionali, ad un prezzo abbordabile39.

Anche per i servizi postali la direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 stabilisce quali sono le prestazioni ricomprese nel servizio universale (art.3)40.

I referenti normativi nel Trattato che giustifichino la disciplina del servizio universale si traggono da alcune norme del Trattato, che sono considerate alla base della disciplina del servizio universale:

1. In primo luogo l’art.86 c.2 (ex 90) che allude alla tutela della missione del servizio di interesse economico generale (o servizio pubblico italiano); Questa missione è tutelata contro il principio di concorrenza.

38

Questo sembra l’opinione, per esempio di Rangone N., Servizi universali, in Enc.Giur.Treccani,

vol.XXVIII, 1998.L’autrice sostiene che la nozione viene elaborata nell’ambito della disciplina dei

servizi offerti tramite rete infrastrutturale (come le telecomunicazioni fisse) e non infrastrutturale (come le telecomunicazioni mobili e le poste), che soddisfano un bisogno vitale della collettività.

39

Sul punto cfr. Cardarelli F.-.Zeno Zenovich V., Il diritto delle telecomunicazioni, Principi,

normativa, giurisprudenza, Bari-Laterza, 1999, p.44

40

La direttiva del 1998 ha chiarito ulteriormente quanto già espresso nella Direttiva 97/ 33/CE sull’ interconnessione nel settore delle telecomunicazioni Emerge la stessa definizione (Art. 2, c.1., lett. g.) Essa chiarisce che gli obblighi relativi alla fornitura del servizio universale sono funzionali agli obiettivi della coesione economica e sociale e dell’equivalenza sul piano territoriale della Comunità in un contesto nel quale all’interno di uno Stato membro più di un organismo può dovere assolvere agli obblighi di servizio universale (ottavo considerando).

(32)

2. Art. 154 sulle reti transeuropee: questa norma richiama i principi della coesione economico sociale e la necessità di collegare tra loro le regioni più esterne e più povere della comunità.

3. Art. 158 enuncia il principio della coesione economico sociale.

4. Art. 16 norma che ha un significato incerto, ma comunque si esprime a favore di un riconoscimento espresso dell’importanza dei servizi di interesse economico generale e di una loro funzione che appunto tuteli il compito che hanno tradizionalmente e storicamente svolto.

Il documento più significativo è la Comunicazione della Commissione del 1996, sui servizi di interesse generale in Europa. La Commissione precisa che la solidarietà e la parità di trattamento, nel contesto di un’economia di mercato aperto e dinamico, costituiscono obiettivi fondamentali della comunità. A tali obiettivi concorrono i servizi di interesse generale, che molti europei considerano diritti sociali, in quanto contribuiscono alla coesione socio economica e danno vita ad un insieme di valori comuni a tutti i nostri Stati e fanno l’originalità dell’Europa41. Da qui, l’insistenza con cui la Commissione si esprime a favore del servizio universale riconoscendone una funzione di guida e di correzione del libero mercato nelle ipotesi in cui la disciplina della concorrenza non è in grado di far fronte alle esigenze, che storicamente gli ordinamenti europei hanno curato come compiti, e quindi come interessi e come fini pubblici tradizionali.

41

(33)

La nozione di sevizio universale è riferibile al settore delle poste, dell’elettricità, delle telecomunicazioni, ecc. e da essa discendono obblighi, di garantire ovunque l’accesso di tutti a determinate prestazioni essenziali, di qualità di prezzi abbordabili ed esprime la specificità del modello europeo. Sempre in tale circostanza, la Commissione evidenzia alcune caratteristiche del servizio universale:

I. Carattere: il servizio universale è un concetto evolutivo, flessibile, storicizzato e la Comunità ritiene che debba farsi riferimento ad un criterio di ragionevolezza per la individuazione delle richieste degli utenti che devono essere soddisfatte e dei corrispondenti obblighi per le imprese. I settori interessati dalla disciplina del servizio universale, attualmente, sono soltanto due in via espressa, cioè poste e telecomunicazioni. La scelta non è casuale ma si basa su alcuni presupposti tra i quali il grado di liberalizzazione raggiunto, cioè sul presupposto che più un mercato è liberalizzato più c’è bisogno di limiti di un servizio universale.

II. Secondo carattere: il tipo di merce; la merce non stoccabile, per esempio, non è suscettibile di essere sottoposta ad una disciplina di servizio universale42

III. In fine il progresso tecnologico è un fattore che consente l’inserimento di una disciplina di universalità che talvolta può

determinarne anche il superamento. Ecco perché poste e

telecomunicazioni sono, per motivi in parte identici e in parte diversi, all’avanguardia della disciplina del servizio universale.

42

L’energia è una classica merce non stoccabile, la trasmissione di energia non è facilmente suddivisibile quindi immagazinabile. Per questo motivo molti in dottrina ritengono che il servizio universale rimanga limitato a poste e telecomunicazioni. Un settore che potrebbe essere interessato sono le ferrovie, monopolio per eccellenza, che dispone di una rete fissa.

(34)

Il servizio universale è una nozione flessibile, da puntualizzare settore per settore, ed evolutiva, che deve tenere conto degli sviluppi tecnologici e delle nuove esigenze dell’utenza ed è ispirata ai principi di parità, continuità, universalità, adeguamento e ad una rigorosa trasparenza nella gestione, nella trattazione e nel finanziamento.

Gli obblighi di servizio universale, definiti dal diritto comunitario, sono il minimo comune denominatore, rispetto al quale ciascuno Stato membro può aggiungere ulteriori elementi coerenti con la propria concezione di servizio di interesse generale (o servizi pubblici), sempre a condizione che gli strumenti utilizzati siano conformi al diritto comunitario e che si tenga presente che non si tratta di garantire, per così dire, “tutto a tutti gratis”, ma il minimo essenziale, a quasi tutti, a prezzi abbordabili.

Si è posto immediatamente il problema di come obbligare i gestori privati a erogare il servizio secondo il criterio dell’universalità e come ripartire tra di essi gli oneri connessi al finanziamento del

servizio universale43 considerando che spesso gli operatori

spontaneamente, sulla base di valutazioni strettamente aziendali, non sarebbero disposti ad erogare il servizio in aree periferiche fino a raggiungere gli utenti più isolati, visto i costi elevati delle reti fisse che dovrebbero sopportare, ma preferirebbero concentrare l’attività aziendale ed erogare i servizi esclusivamente nei confronti degli utenti e delle aree che garantiscono un grado di redditività più elevato (cd. scrematura del mercato).

43

Sul finanziamento del servizio universale si veda in particolare Osti C. e Rovizzi L., Il servizio

universale, in Bonelli F e Cassese S (a cura di), La disciplina giuridica delle telecomunicazioni,

(35)

La Commissione ritenuto applicabile al servizio universale un

regime tariffario tendenzialmente uniforme, tale da rendere

“abbordabile” a tutti il prezzo del servizio.

In dottrina si osserva, che queste questioni, si pongono in termini diversi là dove un determinato servizio pubblico è erogato in regime di monopolio legale da parte di un unico organismo pubblico. Infatti, in tal caso, l’erogatore pubblico può compensare, all’interno della propria organizzazione aziendale, attività più redditizie e attività in perdita secondo, la tecnica dei sussidi incrociati44.

Nei casi in cui la missione del servizio pubblico, il cui adempimento non risulta possibile seguendo le regole del libero mercato, riguarda servizi con una domanda molto diffusa, un modo per remunerare le prestazioni corrispondenti agli obblighi di servizio pubblico è quello di richiedere a certi utenti prezzi più alti di quelli giustificati dai costi del servizio prestato a ciascuno di essi45 oppure riversare i maggiori costi sui prezzi di altri servizi (del medesimo settore) commerciati dalla stessa impresa.

Un tale meccanismo di finanziamento richiede che l’impresa incaricata del servizio pubblico (non necessariamente in posizione di monopolio) sia protetta dalla concorrenza di imprese che, non dovendo sostenere i maggiori costi del servizio pubblico, potrebbero soddisfare

44

Sul problema dei sussidi incrociati all’interno dell’impresa pubblica che gestisce un servizio in monopolio e per la tesi che tali sussidi possano creare inefficienze e scarsa trasparenza e che quindi dovrebbero essere sostituiti con il ricorso alla tassazione in modo da non imporre una tassa implicita agli utenti che in un libero mercato goderebbero di tariffe più basse cfr. Stiglitz, J.E. Il ruolo

economico dello Stato, Bologna, Il Mulino, 1992, p.74.

45

Per esempio, nel caso del servizio universale telefonico, agli utenti di aree ad alta densità insediativa.

(36)

a prezzi minori la domanda delle prestazioni di minor costo (operando il c.d. Cream skimming)46.

Il diritto comunitario prevede la possibilità di tali limitazioni in diversi modi: riservando all’impresa incaricata dei servizi universali la prestazione dei servizi complementari o connessi o imponendo a tutte le altre imprese, che intendono prestare servizi nel settore, l’obbligo di prestare anche quelli rientranti nel servizio pubblico ovvero, in alternativa, l’obbligazione a contribuire ad un fondo che consenta la ripartizione dei costi del servizio pubblico.

Il risultato complessivo che si ottiene in tal modo è di introdurre una qualche misura di concorrenza anche in un mercato non libero ma regolato, derogando nella misura minima possibile alle regole della concorrenza (Sorace)47.

Si può osservare in conclusione, che il servizio universale è un problema tipico di Stato regolatore: uno Stato che per conseguire le finalità di interesse pubblico collegate all’erogazione di servizi essenziali per la collettività, vigila sul rispetto da parte delle imprese private di standard fissati dalla legge o in via amministrativa, esercita un potere autorizzatorio e sanzionatorio, modella il regime tariffario, esercita un controllo sulla struttura e sull’evoluzione dei costi

46

Per una riflessione su questo aspetto si veda Sorace D, Servizi pubblici e servizi (economici) di

pubblica utilità, in Dir.Pubbl.1998, p. 394 ss.

47

Nei servizi postali, la Dir.97/67 CE, prevede (art.1) che taluni servizi possono essere riservati ai fornitori del servizio universale e, per i servizi non riservati, gli Stati membri possono introdurre procedure di autorizzazione, se del caso subordinandole agli obblighi di servizio universale. Nel caso in cui gli obblighi del servizio universale rappresentano un onere eccessivo per il fornitore, può essere istituito un fondo di compensazione e subordinare il rilascio delle autorizzazioni alla contribuzione a tale fondo (art.9).

Con riguardo alle Telecomunicazioni la direttiva 98/10 CE prevede che, se le prestazioni comprese nel servizio universale non possono essere fornite ‘commercialmente’, gli Stati membri possono istituire un meccanismo di finanziamento del servizio universale che preveda la ripartizione dei costi dei servizi tra tutte le imprese operanti nel settore (art.4)

(37)

dell’erogazione del servizio, risolve i conflitti tra fornitori del servizio e utenti 48.

L’intensità dell’intervento regolatorio dei pubblici poteri è inversamente proporzionale all’attitudine del mercato a garantire l’obiettivo di universalità. (Clarich).

Sembra ovvio che, quanto meno il mercato è in grado di realizzare tale obiettivo, rispetto a beni e servizi ritenuti essenziali, tanto maggiore deve essere l’impegno dei pubblici poteri nel prefigurare un sistema regolatorio in linea con tale obiettivo.

Infine, si deve ricordare che, man mano che l’evoluzione tecnologica determina un cambiamento nell’equilibrio tra costi e ricavi nell’erogazione di un servizio tale che mercato risulti da solo in grado di soddisfare a tutte le esigenze dell’utenza, l’intervento dello Stato

regolatore si restringe progressivamente, fino a diventare,

eventualmente, del tutto superfluo. Questo consente di definire l’equilibrio tra quantità di regolazione e quantità di mercato libero “un equilibrio dinamico” cioè soggetto a continui aggiustamenti.

6. Evoluzione normativa nell’ordinamento italiano del Servizio universale

Gli obblighi che ineriscono alla nozione di servizio universale, secondo la elaborazione attualmente seguita, attengono a quattro diversi aspetti delle attività in questione e cioè:

48

S veda per esempio, Cavazzuti F e Moglia G, Regolazione, controllo e privatizzazione nei servizi

(38)

1. La diffusione sul territorio delle attività o servizio, che almeno per quanto concerne la erogazione di servizi ritenuti essenziali, deve essere “fruibile ovunque”.

2. I destinatari o beneficiari del servizio medesimo, che deve essere accessibile da “chiunque”;

3. il prezzo di tali prestazioni che deve essere “abbordabile” 4. la qualità delle prestazioni, non deve essere inferiore a certi standard minimi predefiniti.49

La preventiva definizione di questi obblighi avvenuta attraverso la normazione comunitaria e, sulla scorta di quella nazionale, costituisce un importante elemento di novità rispetto alla tradizionale nozione di servizio pubblico. La nozione di servizio universale nei suoi componenti di doverosità, della capillarità territoriale e sociale, dell’abbordabilità sotto il profilo economico, è stata “latente” nell’ordinamento italiano per molto tempo, cioè sottintesa al servizio pubblico.(CLARICH).

Il carattere della doverosità dell’erogazione va riferito anche al profilo specifico della diffusione territoriale e sociale.

Sempre Clarich, ha sottolineato: per il servizio postale, «è implicito nella nozione di doverosità di certe prestazioni il fatto che tutti i destinatari potenziali debbano essere tendenzialmente in grado di usufruirne anche indipendentemente dalle loro possibilità economiche. Vi è in questa affermazione un riferimento implicito alla universalità del servizio».

49

In dottrina è stato osservato che solo i primi tre aspetti attengono alla universalità del servizio (cioè alla sua fruizione o accessibilità), mentre il quarto attiene all’essenzialità delle prestazioni fornite, o meglio dei bisogni che mirano a soddisfare. In particolare Gasparini. Casari V op. cit.

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