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3_STATO ATTUALE

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Academic year: 2021

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3_STATO ATTUALE

La scelta del tema progettuale, oggetto di questa tesi, nasce dall'osservazione delle numerose criticita` presentate da questo insieme eterogeneo di aree situate all'ingresso principale della citta' di Pietrasanta. Tali criticita` sono diventate l'occasione per una speculazione architettonica e interessante banco di prova progettuale data la numerosita` dei vincoli presenti anche in seguito della venuta a conoscenza dell'esistenza di un progetto di prossima realizzazione di una rotatoria all'incrocio della via Aurelia con la via Santini e la via Osterietta.

Analisi delle criticita` esistenti:

- L'area Pierotti, in disuso da circa un ventennio rappresenta un vuoto funzionale, presentandosi ad oggi in uno stato di avanzato degrado che trasmette un'immagine di decadenza, la quale non si addice all'ingresso principale di una cittadina che si vanta di essere la "piccola Atene". Inoltre la via Santini presenta costruzioni fatiscenti che si allineano lungo la strada e trasmettono un’immagine di degrado e decadenza;

- L'area che si affaccia sulla via Aurelia presenta invece una destinazione d'uso impropria, essendo sede di una ditta di autotrasporti che mal si adatta alla vicinanza con le abitazioni su due lati e con una serie di edifici a destinazione direzionale e commerciale sul terzo lato;

Container all'interno del lotto occupato dalla ditta di trasporti Laboratori Pierotti, cortile interno

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- L'area che si affaccia sulla via Santini si presenta in uno stato di totale abbandono, con vegetazione incolta e baracche fatiscenti sullo sfondo;

- Il problema della mobilita` che nelle ore di massimo afflusso veicolare diventa pericoloso per la sicurezza stradale e lo smaltimento del traffico.

Dopo il rilievo a vista dei degradi, e` stato effettuato il rilievo metrico degli edifici dell'area Pierotti.

Incrocio stradale a raso fra Via Aurelia, Via Santini e Via Osterietta Area in abbandono sulla Via Santini

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4_STATO DI PROGETTO

4.1. Progetto urbanistico

4.1.1. Area Pierotti

Strumento urbanistico di attuazione:

Nell'area e` possibile l'intervento previa redazione di un Piano di Recupero ai sensi dell'allegato alla L.R. 1/2005.

4.1.2. Area Aurelia

Strumento urbanistico di attuazione:

Nell'area e` possibile l'intervento di edilizia diretta previa richiesta di permesso di costruire.

4.1.3. Area Santini

Strumento urbanistico di attuazione:

Nell'area e` possibile l'intervento previa redazione di una variante urbanistica.

4.2. Progetto edilizio-architettonico

4.2.1. Area Pierotti: riqualificazione, recupero, rifunzionalizzazione dei fabbricati esistenti

Funzioni previste:

- Fabbricato lato via del Castagno: 7 case-atelier -abitazioni & studi artistici-; - Fabbricato lato via Aurelia: 5 case-atelier -abitazioni & studi artistici-;

- Fabbricato lato via Santini: archivio laboratorio Pierotti e Document Art sui laboratori di Pietrasanta, uffici;

- Corte interna: collocazione macchine utensili originarie del laboratorio sotto una copertura tessile;

- Teca per la cappellina.

Una porzione dell'area Pierotti viene investita dalla costruzione della nuova rotonda, il cui inserimento e` indispensabile per risolvere i gravosi problemi di traffico che interessano la zona. La realizzazione della rotonda, benche` comporti la demolizione di una parte del laboratorio che si affaccia sulla Via Aurelia e lo spostamento della storica cappellina posta sull'incrocio, viene permessa dalla Soprintendenza ai Beni Culturali per interesse di pubblica utilita` a causa dei problemi della mole notevole di traffico e di sicurezza stradale che sarebbe stato impossibile risolvere riducendo le dimensioni della suddetta.

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Perche` recuperare i laboratori di marmo:

Pietrasanta: patria del piu` celebre dei marmi bianchi, il marmo lunense o statuario, e terminale di lavoro dei materiali delle cave aperte ai tempi di Giulio Cesare, come afferma Plinio il Vecchio nella sua "Storia Naturale" (XXXV, 48), riaperte dal Medioevo cittadino e sfruttate a fondo a fine Ottocento, Pietrasanta sembra avere la piu' estesa memoria oggi possibile dell'arte del marmo.

Il marmo bianco delle Apuane si e` ritagliato una forte e precisa identita` nell'immaginario collettivo mondiale; questa identita` costituisce un patrimonio inestimabile da salvaguardare, difendere e valorizzare. Pietrasanta e` un caso rarissimo di cittadina mono-produttiva, nel campo del lavoro artigiano, che non sia stata investita da successive trasformazioni evolutive portate dal rinnovamento della tecnica e dalla crescita della produzione. Infatti lo sviluppo industriale non ha investito il centro storico, ma addirittura questo e` stato abbandonato via via proprio dagli stessi soggetti che ne avevano sempre assicurato la fortuna; gli artisti e gli artigiani del marmo, che soltanto in questi ultimi anni sono ritornati a popolare Pietrasanta e i suoi studi e laboratori. Per questo motivo si e` iniziato a conservare e salvare allo stesso tempo un patrimonio edilizio a tipologia specificata, quella del laboratorio artigiano di discreta volumetria altamente specializzata. Per progettare il risanamento ed il recupero edilizio in un centro storico come Pietrasanta, e` necessario porre attenzione alle problematiche che emergono quando siamo di fronte a impianti e tessuti storici che mostrano chiari e ben leggibili i processi di fondazione e di pianificazione urbana.

I laboratori di marmo, situati nel centro storico e nella prima periferia che hanno dato vitalita` alla citta` nei secoli passati, sono stati via via abbandonati sotto l'incalzare dei nuovi procedimenti industriali. Da qualche anno si e` iniziato a prendere in considerazione il riuso di queste strutture, cercando di reinserirle, in una nuova prospettiva, nell'ambito della tradizionale lavorazione del marmo: e` in questo contesto che si inserisce il progetto di recupero dell'ex Laboratorio A. Pierotti & Co.

Le problematiche del riuso e della ristrutturazione dei vecchi laboratori per la lavorazione del marmo nella citta` di Pietrasanta si risolvono studiando progetti di recupero edilizio e urbanistico e di riqualificazione funzionale.

La necessita` di trasformare i laboratori in "atelier" per artisti e studenti disseminati nel tessuto storico, nasce anche in vista della creazione di un distaccamento dell'Accademia delle Belle Arti di Carrara a Pietrasanta presso il Convento dei Frati Francescani.

Pietrasanta potrebbe in questo modo assumere i ruoli di citta`-scuola, di citta`-esposizione e di citta` di sperimentazione e di ricerca;

Il centro storico della citta` e` disseminato di vecchi laboratori del marmo, che abbandonati qualche decennio fa, erano fonte di degrado urbano e, al tempo stesso, enorme risorsa per la citta`, in termini di aree e di spazi localizzati nei punti nevralgici: parte di essi, ad oggi, sono stati recuperati e rifunzionalizzati. I vecchi laboratori non sono solamente un patrimonio edilizio sottoutilizzato e per il quale devono essere cercate nuove funzioni: essi costituiscono un enorme patrimonio culturale. Tra queste vecchie mura c'e` la storia di

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Pietrasanta, poiche` esse sono intrise delle fatiche, della creativita` e dell'esperienza di generazioni di artigiani del marmo; questi ambienti in disuso sono l'ultimo atto tangibile di una storia secolare che ha attraversato tutte le espressioni della scultura, dell'architettura e che quindi sono l'essenza stessa della cultura del marmo e del rapporto tra la materia e la forma.

Il riuso dei laboratori per collocarvi atelier, sale espositive, musei, alloggi per studenti, non e` solo recupero architettonico, ma anche recupero di un patrimonio culturale.

Henry Van De Velde, architetto dei primi del '900, diceva che c'e` un rapporto che lega l'architetto all'ambito sociale attraverso l'immagine della citta` espressa con la realizzazione di opere di interesse collettivo. Tale rapporto di stretto legame e` tanto piu` evidente e sentito quanto piu` sono contenute le dimensioni dell'entita` urbana che si considera. Il legame tra identita` collettiva ed architettura si e` da sempre espresso con gli interventi pubblici o di preminente interesse pubblico, e questo rapporto e` risultato tanto piu` forte quanto maggiore e` stata la volonta` di esprimere valori comuni entro i quali tutti potessero riconoscersi. A Pietrasanta, il rapporto diretto tra opere collettive ed immagine della citta` assume spessore considerevole, vista la consistenza che l'attivita` artistica della lavorazione del marmo rappresenta, e non solo per coloro che vi abitano, se si tiene conto della folta colonia di artisti stranieri ed "apprendisti artisti" che la popolano. Storicamente Pietrasanta si e` formata, si e` sviluppata ed e` cresciuta con i suoi laboratori di marmo: mentre a Carrara, Seravezza o Stazzema si estraeva il prezioso marmo, a Pietrasanta ci si specializzava nel lavorarlo.

La consapevolezza ed il conseguente perseguimento della valorizzazione della grande risorsa culturale ed economica rappresentato dalla lavorazione artistica del marmo, oramai radicata in una secolare tradizione popolare, richiede strutture adeguate atte a sublimare i contenuti intrinseci di questa particolare attivita` sotto ogni punto di vista, e tali da determinare il salto di qualita` che compete ad una citta` dal retaggio storico-artistico di Pietrasanta. Per questo l'architettura dovrebbe aiutare la citta` a creare luoghi di interesse collettivo dove poter valorizzare l'arte del marmo, cosi` importante per la citta` di Pietrasanta.

Il marmo ha resistito alla modernita`: e` sempre lo stesso custode severo dei canoni della bellezza ed e` sempre stato raro e pregiato.

Idea progettuale:

L'area Pierotti rappresenta la chiusura dell'asse del marmo, la cerniera tra i molteplici laboratori presenti sulla statale Aurelia e quelli rimasti nel centro storico. Da qui, l'idea e la necessita` di recuperare tale area inserendo funzioni compatibili con la propria vocazione storica e che permettessero di valorizzare questi esempi, anche se semplici, di architettura industriale.

Destinare edifici a nuovi usi e mantenerne nel contempo la loro identita` e` un processo che e` andato avanti nel corso della storia. Edifici costruiti per una certa funzione dovettero inevitabilmente essere adattati a circostanze mutate nel corso del tempo. Nel passato questo processo di cambiamento avveniva quasi impercettibilmente.

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Dalla meta` del XX secolo, tuttavia, il ritmo dello sviluppo tecnico e` aumentato rapidamente, con il risultato che l'adattare strutture esistenti a nuovi usi divenne sempre piu` problematico. Le politiche di pianificazione sia degli enti locali sia delle imprese commerciali furono percio` dirette sempre piu` a spostare industrie e commercio dal centro della citta` verso le aree suburbane. Il risultato di cio` fu una quasi completa separazione tra abitazione e lavoro. Lo spazio nei centri delle citta` e` diventato sempre piu` congestionato col passare dei decenni; in aggiunta a cio`, nel corso della loro espansione le aree urbane hanno debordato oltre i loro primitivi confini e hanno inglobato molti magazzini e fabbriche che erano originariamente stati costruiti in periferia. Come risultato le imprese si trovarono strettamente inserite nella struttura urbana senza spazio per espandersi.

Nella maggior parte dei casi non ci fu un ulteriore utilizzo degli edifici vuoti che erano stati privati delle loro funzioni. Scarsa considerazione, nel migliore dei casi, era data al trovare per essi adeguati nuovi utilizzi. I vecchi edifici erano un ostacolo sulla strada del nuovo sviluppo. Se mai sorse la richiesta di mantenerli, fu puramente in un contesto storico-conservativo e in molti casi essa non ando` oltre la conservazione dell'involucro esterno -le facciate- mentre l'interno veniva completamente ridisegnato in accordo con le nuove esigenze.

Come risultato del processo di espansione urbana, i complessi abbandonati sono di solito situati nel mezzo di paesi e citta`, vicino a vecchi centri. Anche i prezzi del terreno costantemente crescenti fornirono un motivo per la demolizione di questi complessi, per fare

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spazio a un piu` proficuo sfruttamento dei siti. Cio` che contava era la terra stessa. Le strutture che si erigevano su di essa erano considerate capitale inutilizzabile.

Fin dagli inizi degli anni '70 si mise in moto un processo di ripensamento a favore di una rivitalizzazione del tessuto edilizio esistente. Paesi e citta` erano sempre piu` messi a confronto con un esodo di imprese commerciali e con gli edifici vuoti e senza un utilizzo che esse si lasciavano dietro. Nello stesso tempo una maggiore sensibilita` verso gli edifici storici, che erano apparentemente divenuti superflui, comincio` a manifestarsi nella popolazione nel suo complesso, cosi` come tra i pianificatori e negli enti locali.

Gradualmente la gente si rese conto che il mantenimento degli edifici di vecchie fabbriche, magazzini e officine non era solo un problema storico-conservativo, ma doveva essere visto nel contesto della struttura urbana e del carattere e della qualità abitativa dei quartieri coinvolti. Prima degli anni '70, raramente veniva preso in esame un cambiamento di utilizzo; successivamente, edifici che prima sarebbero stati condannati alla demolizione vennero destinati a nuovi usi.

Negli anni '70 la conservazione degli edifici storici era ancora il dominio dei conservazionisti; infatti, erano principalmente le "costruzioni monumentali classiche" a essere conservate, oggetti come chiese e palazzi, piuttosto che esempi di architettura industriale che, dal punto di vista della storia dell'arte, non godevano del prestigio degli edifici di culto o di altri monumenti architettonici. Nel caso di edifici industriali e commerciali, i vincoli economici, che orientavano alla demolizione, erano una barriera insormontabile alla conservazione. Con il processo di ripensamento che inizio` a aver luogo a favore del mantenimento e del riutilizzo di impianti industriali, l'intero campo della conservazione assunse un nuovo significato.

Un importante criterio, agli occhi degli enti preposti alla conservazione, per il mantenimento di un edificio e` che esso puo` essere destinato ad un oculato uso a lungo termine: cio` si applica specialmente a vecchie strutture industriali e commerciali. Deve percio` essere possibile fare certi cambiamenti resi necessari dalle nuove funzioni a cui tali edifici sono destinati; dovrebbe anche essere possibile eseguire questi cambiamenti in modo tale che essi favoriscano gli scopi della conservazione e non siano in contraddizione con essi. Anche gli abitanti del luogo giocano un ruolo importante in questo processo di ripensamento. Mentre nel passato essi avevano poca o nessuna voce in capitolo per quanto riguardava i cambiamenti a cui i loro dintorni venivano assoggettati, negli anni recenti la situazione e` cambiata radicalmente. Oggi gruppi di azione dei cittadini e altre iniziative e organizzazioni combattono per il mantenimento degli edifici storici ed esercitano una grande influenza sul processo decisionale. Vi e` inoltre, da una parte, una crescente coscienza dell'ambiente e, collegato a cio`, il desiderio di riutilizzare le risorse degli edifici esistenti; dall'altra vi e` stata una crescita nell'identificazione dei residenti con il tessuto circostante che si evolve. L'attenzione dei governi locali si e` gradualmente spostata dall'espansione urbana e dai nuovi piani di sviluppo alla manutenzione e all'ampliamento di strutture insediative esistenti. L'obiettivo diventa quello di sostituire piani su larga scala che causano

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cambiamenti strutturali con piani di sviluppo e di rinnovamento piu` limitati e accorti. Alla base di cio` vi e` l'intuizione che una riuscita conversione e integrazione di edifici esistenti e dei loro nuovi utilizzi nel tessuto funzionale di paesi e citta` puo` avere un effetto positivo e stimolante sulla vita economica e sociale di un'area.

Uno dei fattori principali dello spostamento dell'attenzione su interventi di piccola scala e` stato la riabilitazione e il riutilizzo di vecchi edifici che erano stati privati delle loro funzioni, la bonifica di aree abbandonate e la loro reintegrazione nel tessuto strutturale delle citta`. Tramite la riabilitazione urbana si tenta di aumentare l'attrattiva di aree interne della citta` per i suoi abitanti, di mantenere strutture urbane esistenti e di riempirle di nuova vita; la reintegrazione degli edifici dotati di nuovi usi, nel tessuto urbano significa che vecchi e familiari dintorni vengono mantenuti per gli abitanti locali. Il tessuto di citta` e paesi che si evolve naturalmente, nei suoi aspetti abitativi, di lavoro e ricreazione, viene quindi preservato e puo` essere riorganizzato razionalmente.

Scopo del riuso di edifici dall'immagine consolidata all'interno della citta` e` quello di mantenere intatto un ambiente sociale e culturale che si e` sviluppato nel corso di molti anni e di salvaguardarlo da gravi abusi esterni, reintegrandoli nel tessuto funzionale della citta`.

Laddove nei siti da recuperare, esistono spazi aperti, eventualmente con vecchi alberi e caratteristiche costruttive storiche come gradini e pavimentazioni, questi possono formare il nucleo di oasi di verde per la popolazione.

Uno dei vantaggi principali del riutilizzo e della conversione degli edifici di vecchie fabbriche, magazzini e laboratori e` l'ampia gamma dei possibili usi; ma, fondamentale, e` il concetto di compatibilita` che deve essere applicata a qualsiasi proposta di riutilizzo di un edificio, alla sua conversione o alla sua estensione per favorire una razionale rivitalizzazione delle strutture degli edifici esistenti e per salvare vecchi e pregevoli materiali dalla distruzione. Alcuni di questi materiali infatti, oggi non si possono ottenere o comunque non possono essere prodotti in maniera economica.

In molti casi sara` disponibile una superficie di piano piu` ampia di quanto non sia effettivamente richiesto dalle esigenze funzionali. Puo` essere quindi possibile incorporare ulteriori funzioni nell'edificio, aumentando e diversificando la varieta` di usi.

Ampi spazi e superfici continue di piano offrono un maggior grado di liberta` e flessibilita` per gli usi proposti. La maggior altezza delle stanze, rispetto a quella degli edifici di nuova costruzione, permette un`ampia gamma di usi, in particolare nel caso di abitazioni. Nuovi piani -nella forma di gallerie, per esempio- possono essere inseriti, creando un'atmosfera estremamente interessante. Nella maggior parte dei casi, la condizione strutturale di un edificio permettera' il suo riutilizzo senza grossi cambiamenti, poiche' la grande maggioranza degli edifici industriali da recuperare e` stata costruita con una struttura a scheletro, dimensionata per sopportare grandi carichi.

Anche le proprieta` fisiche dei vecchi edifici rappresentano un aspetto positivo: costruiti in molti casi con massicci muri di mattoni, essi offrono un elevato grado di isolamento termico e un buon isolamento acustico.

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Quando vecchi edifici devono essere riutilizzati, il progetto di riuso consiste nell'adattare la struttura esistente alle nuove funzioni. In termini di costruzioni e di progetto, l'assetto esistente dei vincoli offre l'opportunita` di raggiungere soluzioni alquanto diverse da quelle che sarebbero state possibili con una nuova costruzione. E` necessario conservare l'aspetto globale, anche se e` previsto l'inserimento di nuovi tratti esteriori che riflettano la nuova funzione; poiche`, un importante aspetto di ogni lavoro di conversione e` quello di rispettare le strutture architettoniche di un edificio. Spesso queste si presentano come facciate riccamente articolate, colonne, muri e tetti, e anche gli interni possono essere stati eseguiti con grande maestria e abilita` artistica; inoltre, possono essere riportati alla luce anche dettagli che sono stati ampiamente celati dal vecchio uso.

In generale si puo` dire che l'idea della conversione e del riutilizzo ha dato un contributo importante al salvataggio di fabbricati industriali meritevoli di essere mantenuti; in ultima analisi, il fatto che un edificio sia vincolato non e` il fattore decisivo, lo e` piuttosto il desiderio di riempire vecchi muri di nuova vita.

Spesso il concetto di riuso, soprattutto se la nuova funzione affidata al vecchio edificio sara` quella residenziale, si associa con il termine loft; termine che indica, nel linguaggio

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corrente, appunto la trasformazione d'uso di uno spazio industriale o commerciale in un ambiente rinnovato per fini domestici o commerciali-espositivi. Tale pratica ha iniziato a diffondersi, all'interno delle dinamiche urbane, a causa della progressiva dismissione e allentamento verso i margini urbani delle attivita` legate al lavoro. Come gia` affermato, tale situazione ha comportato una ricollocazione delle aree industriali, non solo in posizioni economicamente piu` vantaggiose ma anche piu` strategiche, poiche` piu` vicine alle infrastrutture di trasporto e comunicazione, innescando in maniera indiretta l'immissione sul mercato immobiliare di molti fondi e capannoni industriali, alcuni dei quali di notevole qualita` architettonica e spaziale. Si e` diffuso conseguentemente un apprezzamento sempre maggiore per i resti di un'antica civilta` del lavoro la cui conservazione risponde alla necessita` di testimoniare, attraverso le tracce costruite, la memoria di una societa` evoluta e in continua trasformazione. L'idea del restauro e del riuso ha iniziato cosi` a diffondersi anche per le aree industriali dove per i manufatti piu` pregiati si e` diffusa la nozione di "archeologia industriale".

La necessita` e il desiderio di mantenere all'interno dei centri abitati la memoria dell'antico ha determinato in molti casi, il riuso a fini abitativi di questi spazi che sono stati reinterpretati secondo nuove declinazioni della vita domestica, anch'essa in corso di revisione per effetto della trasformazione degli usi e dei costumi di una societa` che propone oltre al modello tradizionale della famiglia modelli piu` articolati e complessi dell'abitare. Il loft trasforma il concetto tradizionale e consolidato di casa, articolato per stanze connesse non solo alla specializzazione delle varie attivita` ma anche dei componenti della

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famiglia, in un luogo nuovo, uno spazio unitario, quello originario del lavoro, aperto, privo delle delimitazioni degli ambienti, autentico, con le strutture solitamente esibite e caratterizzato da un nuovo modus vivendi del proprietario, che esprime nell'abitare il proprio status colto ed evoluto.

Le prime forme di utilizzo a fini domestici, di magazzini e di spazi industriali dismessi, si possono rintracciare a partire dalla fine dell'Ottocento nell'occupazione dei sottotetti e delle mansarde parigine del quartiere latino dove studenti e artisti ricercano spazi per vivere e lavorare non potendosi permettere una abitazione e uno studio separati. Secondo Anne-Marie Lecoq nel saggio Altre vite nella citta`: atelier d'artisti nell'Ottocento contenuto nel catalogo della mostra Il progetto domestico. La casa dell'uomo: archetipi e prototipi, in occasione della XVII Triennale di Milano, molti artisti si insediarono nei pressi della capitale francese "[…] in edifici in disuso: scuderie, capannoni, laboratori artigianali, fabbriche, palestre, sale d'armi o sale per il gioco della palla corda. L'organizzazione poteva essere confortevole e pratica, come la vecchia palestra occupata da Delacroix in rue Notre-dame-de-Lorette dal 1845 al 1857, o del tutto indigente, come l'antico essiccatoio di tintore di quindici metri per dieci costruito con tavole e gesso in rue Tourlaque a Montmartre, a cui si ispiro` Zola per l'ultimo atelier di Cloude Lantier: e` un magazzino bohemiens". Inoltre, sottolinea ancora la studiosa francese, con lo sviluppo dell'architettura industriale a ossatura metallica verso la fine del XIX secolo, con il materiale di recupero dei padiglioni delle grandi esposizioni universali, furono costruiti molti edifici in cui si insediarono artisti bohemiens che, rifiutando la vita attiva della societa` moderna si rifugiarono per lo piu` in ritagli urbani, in cortili dove erano eretti edifici pseudo industriali a basso costo. Tali artisti con i loro comportamenti e i loro stili di vita infransero le regole e gettarono il seme di un nuovo immaginario domestico che si diffuse anche oltre oceano. Nel Novecento, in Inghilterra e negli Stati Uniti, a partire dall'immediato dopoguerra e con maggiore frequenza dagli anni '60 a seguito della liberalizzazione dei costumi, e del desiderio di affermazione di stili di vita alternativi, gruppi di studenti alla ricerca di alloggi a basso costo, si adattano a vivere in ambienti dismessi, a recuperare costruzioni e destinazioni utilitarie che erano sufficientemente grandi e ben illuminate; immobili che per il loro carattere spoglio e la quasi totale assenza di comfort, non trovando un adeguato inserimento sul mercato, si prestavano ad essere trasformati senza eccessiva spesa. L'utilizzo spontaneo di questi ambienti preservandone l'aspetto originario delle strutture, piu` per motivi contingenti ed economici, che per una coscienza della conservazione della spazialita` e dei materiali dei manufatti ha costituito un nuovo modo di abitare che nel tempo si e` trasformato da necessita` in fenomeno di moda, in status symbol.

I fondi costituiti da ampi spazi aperti, vani unitari, illuminazione diffusa definiscono per tanto la loro specificita` attraverso la valorizzazione degli elementi che delimitano proprio l'involucro architettonico: dalle superfici omogenee della pavimentazione alla struttura verticale e di tamponamento, dotata il piu` delle volte di grandi aperture, sia per l'accesso dei mezzi pesanti, che per l'illuminazione naturale degli ambienti di lavoro, alla copertura costituita da strutture leggere, tipo sheds, grandi capriate lignee o metalliche, attraversata

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da ampi lucernari; tutti elementi che definiscono un carattere e una spazialita` gia` presenti prima dell'intervento di riconversione dell'immobile.

Oggi tali ambiti domestici sono assolutamente ricercati e ancora esprimono una scelta non tradizionale dell'abitare, la mancanza della suddivisione in stanze e` spesso accettata non come vincolo, ma come ricerca di una tipologia tendente al magniloquente. L'involucro privo di vincoli viene spesso interpretato come uno spazio scenico, un ambiente libero e indiviso, organizzato per accogliere le varie parti che definiscono la casa come un grande apparato scenografico in cui si rappresentano la grande altezza, la scala, il ballatoio, le finestre, quindi le strutture sono condotte verso una nuova domesticita`.

L'intera abitazione e` vissuta secondo una percezione non introversa e costrittiva dove le funzioni non specializzano vani definiti, ma porzioni particolari di uno spazio generale, che viene vissuto nella sua totale complessita`.

La caratteristica spaziale del loft consente un'atmosfera carica di suggestioni in cui le dimensioni interne costituite da altezze notevoli, permettono spesso la creazione di zone soppalcate che aumentano i punti di osservazione dell'ambiente e degli oggetti che esso contiene, consentendo la costruzione di un panorama interno che vive delle mutevoli condizioni d'uso degli spazi e delle attivita`.

In questa ottica il loft si configura come luogo della ricerca e della sperimentazione di un concetto di abitare alternativo a quello consolidato e oppositivo rispetto alla condizione della massima funzionalizzazione della casa e dell' existentium minimum; il loft deve mantenere la propria originale integrita`.

Estratto di una brochure della ditta degli anni '50

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Il modo di intervenire sui grandi spazi industriali dismessi tende pertanto a mettere in evidenza la struttura dell'ambiente, a conservare e valorizzare una dimensione architettonica che comprende il restauro, l'arredo, la scenografia come discipline mutuate verso una sorta di unicum operativo e abitativo che e` appunto l'essenza dei loft.

Il loft rifiuta ogni ridondanza decorativa che non puo` fondersi con la natura originariamente utilitaristica dell'antica destinazione. Esiste pertanto un vero e proprio rifiuto, nell'abitare questo genere di case, dell'ostentazione opulenta, mentre appare evidente una costante ricerca della sofisticazione e del raffinato, anche con l'utilizzo di materiali poveri.

Proprio alla materia, alla grana, alla tattilita`, e` affidato un importante intento narrativo che spesso si sostanzia in un'attenta opera di ripulitura delle superfici naturali; cosi` nel restauro molti elementi sono sottoposti al processo di sabbiatura e di rinaturalizzazione. Cromaticamente la tendenza piu' diffusa e` quella di riportare gli ambienti allo stato "grezzo" creando uno sfondo di un'unica tonalita`; spazi resi uniformi dalla colorazione neutra di tutte le superfici, che puo` avvenire con l'utilizzo di pavimenti in cemento industriale, o in legno, a volte rifiniti con resine chiare che riprendono i toni morbidi delle pareti e dei tamponamenti verticali realizzati senza intonaco con le superfici ammattonate o in blocchi di cemento completamente a vista.

L'uso dei materiali, nella realizzazione degli spazi trasformati, assume un grande valore espressivo, reso suadente attraverso una accorta contrapposizione di elementi e finiture. L'utilizzo di profili e componenti in ferro usati a vista secondo la loro natura e trattati con vernici trasparenti che esaltano la reale essenza del materiale, o pavimenti in doghe di legno grezze lavorati e montati come nei vecchi solai di una casa contadina, o superfici in calcestruzzo lasciate nel loro aspetto originario semplicemente protette con un fissativo antispolvero, o ancora gli impianti e le canalizzazioni lasciati a vista secondo la loro consistenza originaria, contribuiscono in maniera determinante a definire il carattere vagamente bohemien di questo tipo di soluzione abitativa.

Interventi di ristrutturazione

Gli edifici che furono i laboratori veri e propri sono stati suddivisi in unita` abitative con annessi laboratori artigianali e studi artistici attraverso l'inserimento di piani soppalcati. Nella palazzina, che conteneva gli uffici della contabilita`, la sala da disegno e la casa del custode, e` stato creato un archivio della storia e delle lavorazioni dei laboratori sparsi in Versilia, alcune aree di studio e degli uffici.

In tutti gli edifici sono state eliminate le superfetazioni, ripristinate le aperture originarie e recuperate, lasciandole a vista, le coperture a capriate lignee e tavelle. Sono state inoltre restaurate le cornici e le decorazioni originarie.

Inoltre e` stata progettata la riorganizzazione della corte interna e la creazione di un contenitore per la cappellina, dopo il suo spostamento dalla posizione originaria, restauro e ricostruzione per anastilosi.

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4.2.2. Area Aurelia: progetto per un centro culturale, direzionale e commerciale

Funzioni previste:

- Corpo lato via Aurelia: area espositiva informazioni;

- Corpo lato area Mattonaia: book shop e biblioteca tematica su due livelli; al secondo piano: uffici e sala riunioni;

- Corpo lato parco: caffetteria su due livelli, con caffe` letterario; - Corpo centrale: sala conferenza da 70 posti, foyer, area informazioni; - Corte interna: teatro all'aperto;

- Parco urbano: percorso tematico e caffetteria estiva - Parcheggio interrato

Idea progettuale:

Il lotto, estremamente irregolare, pressocche` un'area di risulta, ha la forma di un rettangolo stretto e lungo, che si incastra in lotti gia` edificati, al quale si aggiunge un spazio di forma curva, che segue l'andamento della Via Aurelia, considerata invariante strutturale dal P.S.; tale conformazione ha condizionato fortemente la progettazione: la parte edificata e` stata concentrata vicino alla Via Aurelia, sia per problemi di accessibilita` che di visibilita`, mentre la parte destinata a parco urbano e a percorso espositivo esterno e` stata posizionata nella parte piu` protetta del lotto, lontano dal traffico della strada, nella parte che e` circondata dalle abitazioni esistenti, per gli abitanti delle quali lo spazio verde e` stato pensato.

La composizione delle forme del centro culturale parte dello studio dell'assetto viario antico, che rimane pressoche` invariato fino ai giorni nostri, desunto dai fogli dei catasti ottocenteschi e dall'analisi degli assi individuati dagli edifici esistenti da riqualificare dell’area Pierotti; tali elementi individuano un reticolo che viene fedelmente riportato nell'edificio di nuova progettazione. Per creare una forte relazione morfologica con gli edifici dell’Area Pierotti e quelli del Centro Culturale, in aggiunta a quella funzionale e a quella fisica -la connessione attraverso la galleria sotterranea-, il nuovo edificio si compone di bracci di forma allungata, che richiamano le architetture lineari dei laboratori Pierotti e sono

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ad essi paralleli. Tali bracci hanno diverse altezze e si intersecano e compenetrano tra loro, alternando pieni e vuoti per creare uno spazio neutrale, omogeneo, senza fine ne` principio, un unico sistema fluido, al fine di superare i vincoli di un volume definito, ottenendo cosi` un risultato di astrazione e smaterializzazione.

Le varie e molteplici funzioni si susseguono senza soluzioni di continuita` dando origine ad un continuum fluido e multistratificato, tale da non determinare fratture poiche` le diverse destinazioni funzionali sono accomunate dall'unico fine di creare uno spazio aperto e permeabile a tutti i cittadini.

Gli edifici si articolano intorno ad un cortile interno pavimentato, che puo` essere adibito a platea per proiezioni estive che hanno come schermo la parete cieca della sala congressi, ed attorno ad una vasca d'acqua che riflette tutto l'impianto.

I materiali utilizzati, soprattutto vetro -usato non come materiale high tech, ma come non-materiale- e i metalli -rame stagnato e alluminio-, sono stati scelti per conferire alla percezione che si ha dell'impianto l'idea di leggerezza, smaterializzazione e permeabilita`, per dare vita ad uno spazio continuo fra citta` ed edificio; la trasparenza, infatti, cerca di annullare il limite di un perimetro regolare.

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L'ampio uso del vetro ha lo scopo di astrarre gli edifici dalla loro materialita`, in contrapposizione con il concetto di architettura profondamente materica dei vecchi laboratori: alla predominanza delle superfici opache di tali laboratori si contrappongono le estese superfici vetrate. E` stato abbandonato inoltre l'uso di qualsiasi forma decorativa, che invece e` molto presente negli edifici preesistenti.

L'inserimento di brise soleil in alluminio e vetro traslucido e` dettato da esigenze funzionali di protezione degli ambienti interni; invece, l'uso del rivestimento in marmo bianco statuario, per l'involucro dell'edificio piu` alto, che crea una quinta al cortile interno e lo separa dagli edifici esistenti su quel lato, di scarsa qualita` architettonica, e` un tributo alla memoria storico-artistico-artigianale del luogo. Il disegno grafico dei prospetti cerca di appiattire ogni profondita` materica delle facciate, facendole sembrare superfici bidimensionali, essi sono come fogli sottili incollati alle strutture.

Il parco urbano si articola in percorsi alberati che connettono i vari corpi del centro culturale al tessuto delle strade vicinali, lungo i quali si snodano le esposizioni all'aperto. Le curve

Schizzo di progetto Schizzo di progetto

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che descrivono i viali alberati ripropongono l'andamento morbido che l'Aurelia assume in questo luogo.

4.2.3. Area Santini: realizzazione di un parcheggio

Funzioni previste:

- parcheggi di pertinenza degli appartamenti nell'area Pierotti;

- quinta edilizia costituita da un edificio con funzione residenziale e commerciale. Idea progettuale:

La realizzazione del parcheggio di pertinenza degli appartamenti dell'area Pierotti, nell'area adesso abbandonata sulla Via Santini, e` corredata dall'inserimento di quinte verdi su due lati e da un piccolo edificio a due piani a destinazione commerciale e residenziale sul lato opposto all'ingresso.

Sia la pavimentazione, che il disegno della pensilina di accesso, degli spazi verdi e dell'edificio, ripropongono il tracciato della Via Aurelia per creare un legame morfologico con il resto dell'area oggetto dell'intervento.

4.2.4. Aree di completamento

Idea progettuale:

L'inserimento della rotatoria comporta la riorganizzazione urbanistica ed edilizia dell'intorno; per conferirle una valenza architettonica oltreche` funzionale, e` stato deciso di smaterializzarla, creando un vuoto nel suo centro dal quale emergono fusti di alberi che provengono dal piano interrato. Tale piano e` organizzato come un porticato ad anello sul quale si affacciano spazi commerciali; dall'anello centrale si dipartono tre percorsi che congiungono le tre aree di studio. Lungo tali percorsi possono essere collocate sculture, altre opere d'arte o bacheche espositive.

Figura

Foto aerea dell'area Pierotti

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