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Parte II Fase progettuale

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Academic year: 2021

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Parte II

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5. IPOTESI PROGETTUALE

5.1 INQUADRAMENTO TERRITORIALE (GEOGRAFIA,

CLIMA, VEGETAZIONE)

Il castello di Colleferro (41°N, 13°E) è situato su un colle (270 m s.l.m.) a poche centinaia di metri dal centro della città. Si affaccia su una vallata (valle del Sacco) di affioramento relativamente recente. Alla fine del Terziario il mare che sommergeva il territorio sul quale sorge oggi la città si ritirò lentamente forse a causa dell’apporto lavico e lapillico dei vulcani laziali, forse per un leggero sollevamento del suolo causato da movimenti tellurici (Colajacomo, 1967). Si estende su una superficie di circa 270000 metri quadrati, è distante 55 chilometri dalla capitale Roma ed è servita dall’Autostrada A1 e dal tratto ferroviario Roma-Napoli (sono proprio queste infrastrutture a renderla idonea all’industria).

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Il sito ricade all’interno della regione climatica tirrenica, contraddistinta in generale da temperature medie annue tra i 12 ed i 15 °C. Tali condizioni determinano una situazione particolarmente mite, dovuta anche alla protezione dai venti freddi operata dal rilievo appenninico. Le precipitazioni piovose sono comprese tra i 400 e i 1600 mm/anno con un regime pluviometrico caratterizzato da massimi autunnali e minimi estivi (dati ENEA, Figura 15). Diagramma Termopluviometrico 0 20 40 60 80 100 120 140 genn aio febb raio mar zo april e mag gio giug no lugl io agos to sette mbr e otto bre nove mbr e dice mbr e

Figura 15 – Andamenti annuali delle temperature medie e delle precipitazioni (medie quinquennali). Stazione di Roma Ciampino

La valle sulla quale sorge la città e il castello di Colleferro (Valle del Sacco), come precedentemente detto, è stata “vittima” di un disastro ambientale di dimensioni ragguardevoli e preoccupanti. Si tratta di una superficie pari a 50 mila ettari, compresa tra le province di Roma e Frosinone, nella quale la presenza contemporanea di industrie chimiche e siti di stoccaggio dei rifiuti rendeva necessaria la massima attenzione nei confronti del trattamento e smaltimento di sostanze tossiche e dannose per l’ambiente e per l’uomo. Ciò non è avvenuto e l’intera vallata, ancora oggi,

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ne paga le conseguenze. Dal punto di vista agricolo e zootecnico, l’intera area è stata interdetta a qualunque tipo di attività che preveda la produzione diretta o indiretta di alimenti.

La Regione Lazio ha affrontato la questione con un piano di interventi capace di agire su due fronti: da una parte la bonifica dei territori e la costituzione di un marchio di qualità ambientale per i suoi prodotti, dall’altra le coltivazioni no-food per produrre energia pulita e garantire reddito al settore.

Per quello che riguarda il paesaggio, dunque, ci si trova di fronte a un cambiamento imponente. La bonifica dell’area, iniziata un anno fa, ha previsto la destinazione di 3000 ettari di superficie coltivabile a girasoli (per la produzione di biodiesel). Su altri 1000 ettari è stata avviata la coltivazione del pioppo in short rotation forestry, con cicli colturale di 2 o 3 anni, la cui produzione di cippato (legname in scaglie prodotto dai residui della raccolta e lavorazione del legno) servirà ad alimentare i riscaldamenti degli edifici pubblici e industriali dell’area. Infine, 8000 ettari saranno destinati alla coltivazione di foraggere ed altre colture erbacee a servizio della zootecnia (Regione Lazio, Assessorato all’Agricoltura).

Queste opere stanno chiaramente cambiando la fisionomia del paesaggio della valle del Sacco e si rende necessario prenderli in seria considerazione nella progettazione del parco tematico del castello di Colleferro.

Dall’analisi della carta vegetazionale del paesaggio (Figura 16) si nota come la presenza vegetale nella valle sia dominata da pioppeti e saliceti; alle pendici dei rilievi abbondano arbusteti e stadi di ricostruzione forestale di boschi a caducifoglie. Salendo di quota, infine, si trovano boschi misti e pascoli appenninici.

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5.2. INQUADRAMENTO STORICO

5.2.1 La storia della città

La nascita e lo sviluppo di Colleferro come città sono legati agli insediamenti industriali sorti per opera della società Bombrini Parodi-Delfino (B.P.D) a partire dal secondo decennio del novecento. Fu infatti il senatore ingegnere Leopoldo Parodi-Delfino (già senatore e figlio del fondatore della Banca Nazionale, poi Banca d’Italia) che, sorvolando con il proprio aereo le terre appartenenti all’allora principe Doria, decise che quel luogo si sarebbe sposato magnificamente con il suo progetto di costruire una nuova industria bellica (fabbrica di esplosivo). Gli inizi sono quelli tipici di un villaggio industriale, dove confluiscono le maestranze specializzate da località extraregionali (soprattutto dalla Toscana e dal Piemonte) e la manodopera dai paesi limitrofi. L’industria, gli alloggi dei dipendenti, la scuola e l’ospedale la rendono tecnicamente autonoma, non più soggetta a Roma come fino a quel momento (all’epoca si parlava di “Colleferro di Roma”).

Il passaggio ufficiale a comune indipendente risale al 1935. Il primitivo borgo, ingrandito per il sorgere delle aziende locali, divenne un centro industriale di primo piano. Durante la seconda guerra mondiale Colleferro fu ripetutamente bombardata con l’obiettivo di distruggere il citato stabilimento di esplosivi. La cittadinanza trovò riparo in una serie di grotte e cunicoli realizzati sotto il “Villaggio B.P.D.” e noti con il nome di “Rifugi”. La cittadina oggi guarda al futuro: è insieme a Torino sede dell’industria spaziale europea che produce il razzo spaziale “Ariane” (del programma spaziale europeo ESA); è quindi membro della C.V.A., Associazione Internazionale delle Città che partecipano al programma

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Ariane.

Negli ultimi venti anni il centro abitato ha subito una notevole espansione (oggi il comune conta quasi 25000 abitanti) e l’edilizia ha finito per utilizzare quasi ogni centimetro del territorio comunale con criteri urbanistici che, se esistenti, lasciano dubbi sulla loro efficacia.

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4.2.2. La storia del Castello

Circondato da campi più o meno coltivati e dai resti dell’antica cinta muraria, fa parte di un sistema di castelli relazionati tra loro (il Castello di Sacco, il Castello di Montefortino, il Castello di Colleferro, appunto, il Castello di Valmontone, di Vicoli e Gavignano) che costituivano un sistema tattico per il controllo di ampie porzioni di territorio lungo i principali assi viari dell’epoca: la via Latina, la via Labicana e la via Prenestina (tra il X e l’XI sec. d. C., infatti, nel Lazio si assiste ad un fenomeno storico di grande portata destinato a mutare il volto della regione: l’incastellamento. Si tratta di un processo socio-economico che determinò una riorganizzazione territoriale attraverso la costruzione pianificata di presidi fortificati ed il sostanziale cambiamento del sistema insediativo e dei modi di vita delle popolazioni rurali).

La nascita dei castelli si inscrive in un processo storico che si sviluppa tra il V e il XV secolo, quando si assiste a sconvolgimenti e trasformazioni che investono i più diversi aspetti della vita civile. L’incostanza della situazione civile e la frammentazione del potere, la complessa influenza e capacità coesiva della Chiesa e l’impatto dei popoli invasori furono alcuni dei molti fattori che resero diversi i processi evolutivi dell’Occidente europeo e vario il loro riflettersi nelle situazioni locali, nella forma e distribuzione degli insediamenti, nell’organizzazione del territorio (Muratori, 1967).

L’unico potere reale a rimenare inalterato fu quello terriero. Le vaste proprietà di epoca romana furono sostituite da grandi e medi possedimenti laici ed ecclesiastici che preludono al feudalesimo (pluralità di domini territoriali autonomi che inglobavano buona parte del territorio abitato e coltivabile). Questo sistema produceva piccole “isole” tra ampie superfici incolte e paludose, in un contesto di grave degradazione ambientale.

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Solo tra l’XI e il XII secolo con lo sviluppo di nuovi insediamenti, anche marittimi, e con la cacciata degli arabi dal Mediterraneo, si assiste ad un risveglio dell’Europa, sia nelle città che nelle campagne.

In questo contesto di generale immobilismo e arretratezza scompare la propensione ad ammirare le opere della natura, a considerare il paesaggio come elemento estetico e fonte di piacere, a dominare l’ambiente naturale come nel periodo romano. Subentra, invece, almeno nell’alto Medioevo, la diffidenza verso la “selva selvaggia”, verso ogni territorio insicuro e repulsivo per le continue invasioni e calamità naturali.

È proprio questa generale insicurezza che, parallelamente alla necessità primaria di difendersi dagli spazi aperti, induce alla formazione di sistemi chiusi, protetti, murati, ossia i castelli in genere fortificati. I territori si coprono di rocche, presidi fortificati, apparati difensivi che pure con caratteri diversi divengono i centri dell’organizzazione feudale. Con il frazionamento delle campagne in giurisdizioni e signorie, sorgono i primi castelli, con funzione difensiva e di residenza (signorile), localizzati di regola in posizione dominante e cinti da mura. Le tipologie con le quali vengono edificati sono molto diverse a seconda della loro localizzazione geografica, ma la loro espansione è rapida e totale in tutta l’Europa occidentale. Parallelamente allo sviluppo dei castelli, il paesaggio medievale si caratterizza anche per gli insediamenti conventuali (abbazie e monasteri) che solitamente erano localizzati lontano dai centri abitati per via dell’isolamento richiesto dalle regole monastiche. Tali strutture, racchiudono al loro interno giardini tipici e decisamente più “celebrati” e conservati di quelli che sorgevano tra le mura dei castelli. Per la loro caratterizzazione “religiosa” e per la loro localizzazione sempre e comunque interna al monastero (o abbazia), saranno presi in esame solo marginalmente in questo lavoro, che mira invece a scavare tra le pieghe della letteratura e della pittura, oltre che dei pochi documenti ufficiali, per

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trovare gli elementi costituenti del paesaggio all’interno del “sistema castello”.

Il Castello di Colleferro, oggetto insieme al suo “intorno” di questa tesi, non sfugge alla logica dell’epoca, rispecchiando in pieno tutti i caratteri fondamentali che contraddistinguono queste strutture: posizione dominante, cinta muraria, eventuali costruzioni all’interno delle mura. E mentre all’esterno il paesaggio è facilmente riconducibile a boschi e terreni incolti, disabitati, rappresentato spesso con rocce scabre e contorte quasi a voler comunicare la sua irraggiungibilità ed ostilità, quello che accade all’interno delle mura non è altrettanto facile da immaginare proprio per la mancanza di un’adeguata mole di documenti.

Figura 18 - Sei vedute del Castello di Colleferro.

In alto: due scatti da Sud-Ovest. Al centro: a sinistra veduta da Sud-Est; a destra da Nord-Est. In basso: a sinistra altra veduta da Sud-est (si nota la scarpata sulla quale si affaccia il Castello); a destra l’angolo

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La denominazione di Colleferro risalirebbe ad una città volsca chiamata Ferruca o Verruca (da Verrugo riferito al latino verruca, ossia altura; da cui Ferrugo collis quindi Ferro collis o Collis ferro, secondo alcuni il nome si riferisce alla lavorazione del ferro che avveniva sul colle), citata da Tito Livio e Diodoro, distrutta dai romani nelle lotte contro questo popolo (Nibby, 1960). I materiali più antichi ritrovati risalgono all’VIII secolo d.C., ci si deve dunque attenere alle origini medievali del castello. Secondo il Marchetto-Longhi (1967) la proprietà del castello era da attribuire ai Conti di Poli. Negli scontri, scambi, imparentamenti fra le famiglie laziali dell’XI e XII secolo, il castello verrà in possesso dei Conti di Segni. La sua storia è mal documentata e spesso gli studiosi che se ne sono occupati hanno dato tesi contrastanti. L’unico punto su cui gli studi corrispondono riguarda la data del 1431, anno in cui il castello fu distrutto dalle truppe mercenarie ribelli guidate da Giacomo Caldora, in origine inviate in aiuto al Papa Eugenio IV da Giovanni II di Napoli (il Papa si oppose anche al restauro che Nicola Conti voleva effettuare). Di seguito sono riportati gli avvenimenti più significativi riguardo la storia del Castello:

- VII-X sec d.C.: i Conti di Poli edificano il castello che presto passa nelle mani dei Conti di Segni;

- nel 1431 il Castello viene distrutto;

- nel 1441 il sito è definito “Castello diroccato”;

- dal 1501 il nome figura spesso accompagnato dal solo termine “tenuta” e il processo di trasformazione da rocca fortificata a casale di campagna comporterà notevoli modifiche strutturali; - nel 1594 gli ultimi eredi in linea femminile dei Conti di Segni,

confluiti nella famiglia Sforza, cedono la proprietà alla famiglia Salviati. Questi ultimi restano proprietari fino all’inizio dell’ottocento, quando tutto il feudo passa nelle mani dei Lante

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della Rovere e da questi ai Principi Doria Panphilij;

- nel ‘900 la tenuta ormai smembrata da continue vendite (ai Tomassi, alla B.P.D. etc) arriva agli attuali proprietari: la famiglia Sbolgi.

- le ultime tappe della decadenza sono rappresentate dalla soppressione delle due cappelle (S.Barbara e S.Stefano) e dall’occupazione abusiva del fabbricato avvenuta nel primo dopoguerra (1938).

Gli edifici che compongono il castello di Colleferro hanno subito nel tempo un progressivo degrado che rende oggi impossibile il recupero di alcune sue parti. Pur esistendo progetti di restauro (Fiorani, 1993) e associazioni (Gruppo Archeologico Romano) che provano da svariati decenni a sensibilizzare la popolazione e le giunte comunali che si succedono nel tempo, non sono mai stati eseguiti lavori per il recupero dell’area o manifestazioni per la sua riqualificazione. Il terreno circostante, una volta fortificato, al momento è adibito a pascolo e le uniche attività di manutenzione riguardano lo sfalcio del prato. Con ogni probabilità all’interno delle mura sorgevano piccole abitazioni e terreni coltivati. Oggi le piante (infestanti) contribuiscono in alcuni casi ad aggravare la struttura già precaria del castello, oltre a nasconderne intere facciate. Nelle figure 19 e 20 è evidente un esempio di quanto detto; il motivo dei contrafforti ad arconi è, tra l’altro, fortemente caratterizzante l’edificio, tanto che è divenuto lo stemma della bandiera del comune di Colleferro (e probabilmente è stato preso come modello nella costruzione della cattedrale della città, avente lo stesso motivo architettonico).

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Figura 19 - Facciata Nord-Est del castello: contrafforti ad arconi; a sinistra una foto del 1960, a destra la facciata come appare oggi.

Figura 20 - Facciata Sud-Ovest; a sinistra una foto del 1980, a destra la facciata ad oggi. Piante di Ficus carica e Robinia pseudoacacia ne nascondono una buona parte.

Figura 21 - Facciata della cattedrale di Colleferro e stemma della città: il motivo ad arconi della facciata del castello ritorna nell’architettura cittadina.

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5.3 ANALISI DELLO STATO ATTUALE DEL SITO

Il sito in questione è stato analizzato attraverso una scheda di rilievo riportata in Tabella 1 e la stesura di due tavole (tavola del rilievo fotografico e tavola dello stato attuale) in autoCAD consultabili negli allegati 1 e 2. Si estende per una superficie di circa 5,5 ettari, la sua destinazione attuale è il pascolo e non esiste alcun tipo di manutenzione oltre a quella, ovviamente, dello sfalcio dell’erba. Esposto a sud-ovest, riceve la luce del sole per tutta la durata del giorno escluse le primissime ore del mattino. Si estende ai margini del centro abitato e domina uno dei principali assi viari di epoca romana: la via Latina, indicata in figura 21 dalla freccia.

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Tabella 1 SCHEDA DI RILIEVO DEL CASTELLO DI COLLEFERRO

1 CARATTERISTICHE

DIMENSIONALI

2 INGRESSI n°2 ingressi

3 PERCORRIBILITA' O

VIABILITA' Strada sterratada un lato, asfaltata in uscita

4 ACCESSO E PERCORRENZA DIVERSAMENTE ABILI No

5 PARCHEGGI Di fronte, dopo la strada circa 20 posti auto

Attrezzature ludiche: assenti

Fontane: assenti

6 ARREDI Panchine: assenti

Cestini: assenti

Lampioni tradizionali a stelo in ghisa verniciato in nero e corpo illuminante a lanterna

7 IMPIANTO SCARICO

ACQUE REFLUE Presente solo al confine con la strada

8 IMPIANTO

D'IRRIGAZIONE Assente

9 IMPIANTO

ELETTRICO Lampione e centralina ENEL

Siepi e aiuole: assenti

10 PIANTUMAZIONI

Alberi: Robinia pseudoacacia, Ficus carica,

hedera helix, Morus nigra, Sambucus nigra, Paretaria

Prati: degradati (Lolium multiflorum)

11 EDIFICI Centralina ENEL

12 RECINZIONI Lungo la strada paletti in CLS e rete metallica, dentro o siepi di morus o filo spinato

13 ORARIO

D'APERTURA 0-24

14 DESTINAZIONE \

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Si tratta di una superficie in costante e leggera pendenza, con un dislivello totale di 18 metri tra il livello della strada (254 m s.l.m) e quello della sommità del colle dove è situato il castello (271 m s.l.m.); la pendenza varia tra l’8 e il 10 %, come visibile nella figura sottostante (Figura 23).

Figura 23 - Immagine del sito ripresa a volo d’uccello. Da www.websit.provincia.roma.it

5.3.1 La vegetazione attuale

Lo stato di abbandono del castello e del terreno che lo circonda (terreno che probabilmente vedeva sorgere all’epoca campi coltivati e piccole abitazioni), ha consentito alla vegetazione infestante di prendere il sopravvento. Da un attento sopralluogo che ha preceduto la stesura della tavola dello stato attuale (in allegato 2) sono state rilevate le seguenti specie:

- Robinia pseudoacacia (L.): una delle più frequenti specie arboree di tipo infestante, si trova in gruppi alla sommità del colle, sia sul lato nord che su quello sud rispetto al castello.

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- Ficus carica (L.): un albero da frutto che, in queste zone, nasce spesso selvatico a ridosso delle mura. Anche in questo caso, infatti, si trova appressato alle mura del castello, a gruppi di due o tre e in buona esposizione.

- Sambucus ebulus (L.): specie erbacea, anche essa infestante, che si trova abbondante su tutto il colle, particolarmente densa a ridosso della strada sterrata che dall’entrata, in basso, porta in cima.

- Malva silvestris: erbacea spontanea presente a macchie nelle zone maggiormente esposte al sole.

- Daucus carota: insieme alle due precedenti specie, rappresenta la componente erbacea per quanto riguarda la vegetazione del sito.

- Morus nigra: forma delle vere e proprie siepi spinose nella parte nord e, in alcuni casi, forma fitte associazioni con la Robinia rendendo quasi impossibile il passaggio.

- Paretaria officinalis: spunta tra le fessure delle pareti del castello, lì dove queste sono lasciate libere dall’edera.

- Edera helix (L.): ricopre completamente la facciata nord, la più rappresentativa di tutto il castello. Il motivo dei contrafforti ad arconi è, infatti, fortemente caratterizzante, tanto che è divenuto lo stemma della bandiera del comune di Colleferro e, probabilmente, è stato preso come modello nella costruzione della cattedrale della città, avente lo stesso motivo architettonico.

5.3.2 La viabilità

L’area è attraversata da un solo percorso; è una via sterrata conseguenza del continuo passaggio pedonale. Ha inizio all’entrata del terreno, nella parte bassa, e porta chi la attraversa fino agli edifici componenti il castello. A ridosso di quest’ultimo si può notare un tratto di ciottoli dell’antica via

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medievale, testimonianza preziosa della storia millenaria del sito. Il percorso prosegue dietro il castello fino a divenire strada asfaltata che serve le abitazioni limitrofe.

5.3.3 Le recinzioni

Unica vera recinzione è la rete metallica che separa la parte bassa del terreno dal marciapiede. I confini laterali sono delimitati da filo spinato o siepi infestanti (Morus alba su tutte). Attualmente non esistono cancelli o porte di ingresso e uscita; il terreno è aperto e raggiungibile da entrambe le estremità dell’unico percorso presente. A nord-est vi si può arrivare tramite strada asfaltata, nella parte sud-ovest l’entrata è esclusivamente pedonale.

5.3.4 Gli edifici

Unico edificio, oltre ovviamente al castello, è la struttura che contiene la centralina ENEL; occupa una superficie di circa 25 metri quadrati e si trova vicino alla facciata nord del castello. Quest’ultimo svetta dalla cima del colle e si estende su una superficie di circa 2500 metri quadrati. I piani sono due (più il piano terra), e nell’angolo a nord-est, si innalza una torre poco più alta.

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5.4 INPUT PROGETTUALI

I criteri informatori per la progettazione del parco sono stati dettati tenendo presente le esigenze della committenza (ovvero quelle del comune di Colleferro), e le necessità di poter disporre di un parco urbano, unite all’intenzione di valorizzare il patrimonio storico che il sito rappresenta, esigenza questa certamente di non minore importanza, sviluppata tramite l’insediamento di un parco tematico dedicato al giardino medioevale.

La volontà di giungere a una soluzione soddisfacente è comprovata dagli sforzi economici che il comune sta affrontando per l’acquisizione di tutta l’area.

Ai fini progettuali, si è inoltre tenuto conto dei cambiamenti vegetazionali ai quali la valle è stata sottoposta nell’ultimo anno, legati agli interventi di bonifica del territorio già accennati (cap. 5.1), con conseguenze sulla fisionomia paesaggistica ancora da valutare, per cui la scelta delle specie da utilizzare nel parco è stata dettata dalla considerazione di giungere a una migliore integrazione del parco nella realtà ambientale e paesaggistica in evoluzione.

Gli input progettuali possono così essere riassunti: - un’area destinata a parco ricreativo;

- un’area destinata alla valorizzazione del patrimonio storico della città (attraverso il parco tematico medievale);

- un’integrazione del parco con l’insieme paesaggistico dell’ambiente circostante, operata soprattutto attraverso la scelta delle specie vegetali prescelte per il progetto medesimo.

Al fine di una più chiara descrizione del progetto, di seguito si fa riferimento, in maniera separata e distinta, alla parte destinata al parco tematico e a quella destinata a parco ricreativo.

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È opportuno premettere che, procedendo dall’ingresso a sud-ovest che immette nel verde che circonda il castello, il visitatore troverà alla sua destra il parco tematico, alla sinistra il parco pubblico e di fronte, al fondo di un cannocchiale ottico, il castello.

È opportuno precisare che, per la progettazione del parco, è stato utilizzato uno strumento informatico specificatamente studiato per la restituzione di immagini virtuali in 3d (software Arredamento Giardini 3d, Finson). Ovviamente, per la realizzazione delle tavole e per la definizione grafica degli elementi progettati, si è fatto ricorso al software AutoCAD 2006.

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5.5 IL PARCO TEMATICO

L’iter che ha portato alla progettazione del parco tematico del castello di Colleferro parte da una rilettura dei documenti storici inerenti il giardino medioevale. Allo stesso modo hanno anche operato architetti e storici dedicatisi alla ricostruzione di giardini medievali nella mostra alla Rocca Borromeo, di cui si è detto precedentemente (cap. 2).

Il percorso del parco tematico si snoda su una superficie di quasi due ettari (18200 metri quadrati) e attraverso la costruzione di cinque giardini o “stanze”. Si tratta di giardini sempre racchiusi da siepi o spalliere di arbusti spinosi, esattamente come nella tradizione medievale. La loro progettazione è conseguenza di una lettura critica di testi e trattati medievali, dalla Divina Commedia dantesca ai racconti del Decameron di Boccaccio, dalle descrizioni fiabesche dei chartrensi francesi (Guillaume de Lorris) ai trattati sull’agricoltura e sul giardino del de’ Crescenzi. È su questa base che si sono volute realizzare sei tipologie diverse di giardino medievale, un esperimento per ora senza precedenti in Italia.

5.5.1 Il giardino fiorito d’inverno

La prima stanza che si incontra rappresenta il giardino fiorito d’inverno. Vi si accede dopo un percorso sinuoso, in leggera discesa, tra due filari di alloro (Laurus nobilis L.) lasciati crescere e potati a formare una lunga galleria, come avviene in numerose ville rinascimentali. L’idea di questo tipo di giardino pone le sue radici nelle novelle di Giovanni Boccaccio. Lo scrittore di Certaldo pone spesso i suoi personaggi a novellare su prati o intorno a fontane. In una famosa pagina del Filocolo, ripresa poi da una

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novella del Decameron, Boccaccio fa riferimento ad un giardino fiorito d’inverno. Questo non è però frutto di una conoscenza della natura e di una sua “sottomissione” ai voleri dell’uomo, bensì un atto di magia.

Pervenuti al giardino, v’entrarono dentro per una bella porta, e in quello non freddo come di fuori, ma uno aere temperato e dolce si sentiva. Andò la donna per tutto rimirando e cogliendo erbe e fiori, de’ quali molto il vide copioso: e tento più ancora avea operato la virtù degli sparti liquori, che i frutti, i quali l’agosto suole producere, quivi nel salvatico tempo tutti i loro alberi facevano belli”.4

Fiori e frutti adornano un giardino immaginato come qualcosa di fantastico. Non si tratta di una scarsa conoscenza della natura e delle piante (che Boccaccio, invece, conosceva più che bene) ma della riproposizione di un tema tanto caro alla cultura medievale quanto antico: quello, omerico, dell’eterna primavera.

Come ipotesi progettuale di questa prima tappa del parco tematico, il giardino fiorito d’inverno è racchiuso da una siepe di alloro (Laurus nobilis ). La pianta del giardino è a forma trapezoidale (Figura 25), lunga 40 metri e, nel punto più alto, larga circa 30. Il percorso viario lo attraversa longitudinalmente e, dal centro, dove sta la fontana (elemento caro a Boccaccio), parte un secondo viale che arriva fino all’angolo più in alto dove, sotto un pioppo, stanno due panchine (Figure 26, 27 e 28). Le caratteristiche di tali elementi sono sintetizzate nel computo metrico (allegato 5). I percorsi sono fiancheggiati da lavanda (Lavandula officinalis C.) e attraversandoli si possono ammirare le sedici aiuole sempre fiorite. Dalla letteratura alla natura, dalla fantasia alla realtà, il giardino resterà fiorito tutto l’anno grazie alla scelta diligente delle specie più adatte per ogni stagione. In inverno, saranno messe a dimora viole Viola x wittrockiana e ciclamini (Ciclamen coum) e, in primavera, verranno

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sostituite con tagetes (Tagetes papula) e primule (Primula polyantha).

Figura 25 - Pianta della prima stanza

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Figura 27 - Fontana centrale e castello sullo sfondo.

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5.5.2 Il giardino cortese

Pare evidente, nei passi sopraccitati del Boccaccio, l’affinità con la tradizione cortese, lontana nello spazio ma sicuramente ben tramandata anche in Italia dalla tradizione orale.

La cultura cortese fa del giardino il luogo deputato agli incontri poetici, amorosi, alle discussioni (soprattutto sull’amore). Le descrizioni dei giardini di Chrétien de Troyes nel “Roman de Tristan” e nel “Roman de Erec ed Enide” sono, anche esse, magiche e incantate, probabilmente a loro volta influenzate dalla cultura orientale, all’epoca assai più avanzata rispetto all’arte dei giardini e a livello di società in generale. Accurata la descrizione di un “magico” verziere:

Esso non era cinto né da mura né da steccati, ma solo dall’aria che per negromanzia circondava interamente il giardino, si che non si poteva entrare che per un unico accesso: proprio come se fosse stato cinto da un’inferriata. Vi maturavano fiori sia d’inverno che d’estate: essi per incantesimo potevano essere mangiati solo all’interno del giardino e non era possibile portarli fuori. Chi ne avesse preso uno per portarlo via non sarebbe mai potuto uscire; e non avrebbe mai raggiunto il varco d’uscita finchè non lo avesse ricollocatola suo posto.5

La seconda stanza del parco tematico è proprio dedicata al giardino cortese, luogo per eccellenza della vita elegante e, al tempo stesso, pericoloso e ricco di misteri e inganni.

Nel progetto, la sua forma è quadrata, con lato di 20 metri (Figura 30); intorno, non è più il “muro d’aria” che descrive Chrétien de Troyes, ma una più realistica spalliera di rose a separarlo dall’ambiente circostante. Proprio le rose sono un elemento classico del giardino cortese e, la loro disposizione su spalliere, è ridondante nell’arte medievale. Cinque olmi disposti lungo il

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perimetro adombrano l’interno del giardino. Al centro è presente una “piazza” rotonda, ai limiti della quale sono disposte sei panche d’erba, altro elemento tipico della cultura cortese. Si tratta di cassoni riempiti di terra e seminati con specie da tappeto erboso, in questo caso Cynodon dactylon.

Per la progettazione di queste strutture si è fatto riferimento a illustrazioni e miniature storiche, che spesso ritraggono con molta precisione i lavori da svolgere nel giardino e alcune sue attrezzature particolari. Nello specifico, un giardino attrezzato con panche e sedili d’erba, da una descrizione del Roman de la Rose. La stessa struttura è riportata dal de’ Crescenzi tramite un’illustrazione riguardante la sua costruzione (Figura 29).

Figura 29 – Rappresentazioni d’epoca del giardino cortese e delle lavorazioni del terreno (da “Nostalgia del Paradiso, 2002)

Come in tutte le altre stanze, il percorso prevede un’entrata e un’uscita distinte.

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Figura 30 - Pianta della seconda stanza

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Figura 32 – Immagine virtuale delle panche d’erba.

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5.5.3 Il pergolato

La terza stanza è completamente dedicata ad un elemento molto utilizzato nei giardini medievali: si tratta del pergolato. Una struttura, questa, già nota alla cultura classica e sempre presente nei giardini delle antiche ville romane. Il pergolato è uno di quegli elementi che aiuta a comprendere come, in un lasso di tempo così lungo e poco florido come è il periodo medievale, non siano stati dimenticate le culture passate, in particolare quella dell’antica Roma. L’influenza dell’arte e della filosofia classica è evidente in alcune lettere che Francesco Petrarca scrive al suo amico Guido Sette. Sono lettere in cui il poeta cessa di essere tale e diviene, inconsapevolmente, storico dell’arte dei giardini. Il suo giardino non ha carattere religioso ma è pensato e costruito (nella sua abitazione) per divenire “rifugio” degli dei e delle Muse e luogo in cui si celebra l’antiquitas. Si guarda al passato con rispetto e ammirazione, cercando a volte di riprodurre ambienti tipici di quell’epoca.

Il pergolato non è solo una struttura tipica, ma un richiamo netto al passato, un collegamento con la magnificenza del modo classico. Nel Medioevo è quasi sempre adiacente ad una abitazione, vi si coltiva la vite non solo per i frutti che essa è in grado di offrire, ma anche per la piacevole ombra che dà nei giorni più caldi, per la tranquillità che crea al suo interno, per il riposo e l’ozio.

Nel parco tematico di Colleferro (pianta in figura 34), il pergolato è inteso come una “galleria” curva lunga circa 63 metri e larga quanto la larghezza della viabilità dell’intero parco tematico (3 metri), pensata come percorso museale lungo il quale disporre copie di testi dell’epoca (Petrarca, appunto) e riproduzioni di dipinti che hanno aiutato alla progettazione del parco stesso.

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Figura 34 - Pianta della terza stanza

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Figura 36 - Veduta aerea della pergolato.

5.5.4 Il giardino delle “erbe piccole”

L’enunciazione teorica delle tipologie di giardini medievali risiede, come detto parlando delle fonti della ricerca, nel trattato Ruralia commoda (i piaceri della campagna) del giurista e medico bolognese Pietro de’ Crescenzi. Siamo di fronte ad un’opera di grandissima importanza, sia per l’espansione che ha avuto in età medievale, sia per il fatto che non si tratta di un romanzo ma di un testo elaborato dopo un’attenta analisi dei testi classici. Gran parte del lavoro di de’ Crescenzi è dedicata all’agricoltura, ma uno dei dodici libri è interamente dedicato ai giardini ornamentali. La premessa è significativa, specie per quanti possano pensare che il giardino medievale fosse esclusivamente luogo dedicato alla cura di erbe “utili” per il loro valore medicinale o alimentare: il giardino ornamentale ha come finalità il piacere per l’anima e la salute per il corpo.

Sono descritte tre tipologie di giardino, ordinate secondo la loro grandezza (corrispondente al valore di chi lo possiede). Il primo è proprio il

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giardino “dell’erbe piccole”. Secondo De’ Crescenzi tale giardino, di forma quadrata, è recintato da fossati o siepi spinose o rose. Il terreno deve essere preparato con attenzione togliendo erbacce e radici, deve essere spianato e irrigato, poi seminato ed il seme deve essere pressato finché scompaia. Sui bordi vengono collocate erbe aromatiche (ruta, salvia, basilico, maggiorana, menta) e ogni tipo di fiore (viole, gigli, rose e gladioli). Tra il bordo ed il tappeto erboso deve correre infatti un ripiano fiorito che serva a mo di sedile. A protezione dei raggi del sole devono essere piantati ai limiti del prato alberi o viti che diano ombra, ma gli alberi non devono essere troppi perché la mancanza d’aria nuoce alla salute. Sul prato possono essere distesi teli da ramo a ramo per dare ombra. Non bisogna mettere sul prato il noce la cui ombra è nociva, bensì alberi dal profumo dolce e dai fiori odorosi (viti, meli, peri, melograni, lauri, cipressi). Tante devono essere le piante medicinali e aromatiche, per l’odore e per la diversità dei fiori; frequente soprattutto la ruta, per il colore delle foglie eperché con il suo odore acre allontana gli animali velenosi. Se possibile al centro del giardino dovrebbe esserci una fonte di acqua purissima. Il giardino sia aperto a oriente e a settentrione, chiuso ai venti meridionali e occidentali. Ma, conclude de’ Crescenzi, nel giardino si cerca il piacere, noni frutti. È questo il giardino più semplice, che ripercorre quasi miniaturizzate le forme del giardino cortese (che resta pertanto un modello diffuso).

Nel progetto, il giardino “dell’erbe piccole” ricalca in maniera fedele le linee guida dettate da de’ Crescenzi. La sua forma è quadrata (Figura 37), con lato di 20 metri (per una superficie totale di 400 metri quadrati), racchiusa da una siepe spinosa di piracanta (Pyracantha coccinea). A ridosso della siepe, una seconda “cinta” abbraccia l’interno del giardino: si tratta della bordura di erbe aromatiche quali lavanda, salvia, menta e ruta. La parte più interna di questa bordura è caratterizzata dalla presenza di bulbose da fiore come gigli e gladioli. All’interno, l’area è divisa in due dal

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viale che l’attraversa e, al centro, una fontana come indicato nel Ruralia commoda. Infine, cinque cipressi si innalzano lungo il perimetro del giardino e, nelle loro vicinanze, quattro panchine.

Figura 37 - Pianta della quarta stanza

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Figura 39 - Veduta aerea del giardino delle "erbe piccole"

5.5.5 Il verziere

Le “mezzane persone”, prosegue il de’ Crescenzi nell’illustrazione delle tipologie di giardino medievale, potranno offrirsi qualcosa di meglio (del giardino “dell’erbe piccole”) come quei verzieri che troviamo spesso affrescati nelle dimore delle grandi famiglie (Davanzati a Firenze e Lanfranchi a Pisa), a dimostrazione di come la realizzazione di un verziere fosse segno di promozione sociale.

Detto anche viridario, è un prato grande da mezzo ettaro a un ettaro, recintato da fossati o da siepi spinose, ricco di alberi da frutto (vite). I prati devono essere sfalciati due volte l’anno. Sono consigliate le pergole, costruite a mo’ di padiglioni, secondo il de’ Crescenzi.

Il verziere, secondo il progetto del parco tematico, ha una forma esagonale (Figura 40) e si estende su una superficie maggiore rispetto ai precedenti giardini (quasi 2000 metri quadrati). La grandezza del giardino sta, infatti, a rappresentare l’elevazione sociale di chi lo possiede. Il verziere è, come detto, tipico del ceto medio delle operose e prospere città comunali,

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motivo per cui dovrà essere più grande rispetto al giardino delle erbe piccole descritto in precedenza. È cinto da una siepe di rose e presenta al suo interno delle essenze da frutto.

Figura 40 - Pianta della quinta stanza

La viabilità interna è diversa da quella descritta per i precedenti giardini. Potendo disporre di un’area più vasta, dal viale principale (che divide in due la stanza) sono state fatte partire altre due vie più piccole, una nella parte destra del verziere, l’altra in quella sinistra. La parte destra accoglie due pergolati in diverse strutture: all’angolo una ad ombrello, più al centro una a mo’ di gazebo; quattro olmi (Ulmus minor M.) a coppie di due danno ombra a questa zona. La parte sinistra, invece, è dedicata agli alberi da frutto: ulivi (Olea europea L.), melograni (Punica granatum L.), meli (Pyrus malus L.). Uscendo dal verziere il visitatore, per la prima volta da quando ha fatto il suo ingresso nel parco tematico, potrà ammirare il castello, una veduta questa che ben introduce al concetto sviluppato nel giardino seguente.

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Figura 41 - Immagine virtuale del verziere

5.5.6 Il paradiso terrestre

Unico giardino “aperto” del parco tematico è il paradiso terrestre. Si tratta di un percorso sinuoso nel quale il visitatore finalmente scorge il castello all’orizzonte. Siamo ormai quasi alla sommità del colle ed il percorso sta volgendo al termine.

Quasi tutti i testi medievali ai quali si è fatto riferimento per questo progetto nascondevano al loro interno un’allegoria della vita: questa è vista come un percorso iniziatico, una crescita interiore, un cammino attraverso il quale liberarsi dalla paura, come si intuisce dalla lettura del Decameron, o dal peccato, come emerge dalla Divina Commedia. Il percorso didattico del parco tematico intende sottolineare questa metafora, partendo da giardini piccoli (come dimensioni), chiusi a rappresentare quel rifugio tanto ricercato in età medievale e, a volte, umili, come il caso del giardino “delle erbe piccole”. Procedendo verso l’alto, però, si arriva ad un giardino finalmente aperto, spazioso, nel quale la vista può perdersi fino all’orizzonte. È proprio quel paradiso terrestre che Dante immagina e

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descrive nel XXVIII canto del purgatorio della Divina Commedia. Un luogo dove trionfa non solo l’immagine, ma anche la musica, grazie al suono che il vento produce attraversando le fronde degli alberi e i fili d’erba del prato, grazie all’acqua che, purissima, lo attraversa. Un ambiente calmo e rilassante, con prati, alberi e fontane situato, appunto in un luogo alto.

Non poteva, dunque, che essere questo l’ultimo giardino del parco tematico; un giardino nel quale il vento che arriva sul colle da Sud-Est scuote le fronde dei tre pioppi posti al confine del parco, a ridosso di un dirupo, passa attraverso i filari di erbe aromatiche (Lavandula officinalis, Mentha piperita, Origanum vulgare, Rosmarinu officinalis) e di graminacee (Triticum sativum L.) formando piccole onde sulla vegetazione, come è previsto dal progetto (Figura 42). Non è presente un fiume, ma una fontana a forma di croce, i cui spigoli indicano i quattro punti cardinali. Si tratta di due canali lunghi 30 m, larghi 1 e profondi 20 cm che si incrociano perpendicolarmente (Figura 43); da nord e da est due getti d’acqua alimentano i canali e la leggera pendenza naturale del terreno consente all’acqua di scorrere naturalmente ai lati opposti; le caratteristiche di questi elementi sono riportati nell’allegato 5.

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Figura 42 - Pianta dell’ultima stana

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5.6 LA SCELTA DELLE SPECIE VEGETALI

Come accennato in precedenza, la scelta delle specie vegetali per il parco tematico e per quello ludico ricreativo è tutt’altro che casuale.

Per prima cosa, è indispensabile specificare che l’intero parco è inverdito da un tappeto erboso pensato per resistere alle calde estati del luogo senza bisogno di un sistema di irrigazione che farebbe lievitare notevolmente i costi di realizzazione. La specie in questione è la macroterma Cynodon dactylon, specie che si adatta benissimo al clima mediterraneo e che non ha bisogno di interventi irrigui nel periodo estivo.

Per tutte le altre piante, erbacee, arbustive, da siepe, alberi caducifoglie e sempreverdi si sono tenuti in considerazione i cambiamenti vegetazionali dell’intera valle e, per quello che riguarda il parco tematico, sono state scelte tra le piante presenti sul territorio, quelle caratteristiche del periodo medievale cui il parco fa riferimento. Di seguito sono elencate le più importanti ed il valore simbolico che se ne dava nella cultura medievale.

Alloro: simbolo di eternità, in quanto sempreverde, e di castità, poiché le sue foglie non si deteriorano mai. Le foglie venivano utilizzate per curare le infiammazioni, anche quelle provocate dalle punture dei calabroni, vespe, api e dai morsi dei serpenti e scorpioni; inoltre, masticate e inghiottite per tre giorni, sgombravano i bronchi, liberavano dalla tosse e, se tritate con il miele, liberavano dall’asma. Le radici scioglievano i calcoli e acceleravano i parti.

Cipresso: albero sempreverde che, con il suo durevole legname, è simbolo di longevità. Essendo raffigurato anche in immagini del paradiso, fu piantato vicino alle tombe cristiane come segno della speranza nell’aldilà e rappresentato sui sarcofaghi. Era anche usato nelle recinzioni per la sua capacità di respingere gli incantesimi.

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Giglio: nell’Antico Testamento sono molti i passi dedicati al giglio, al quale viene attribuito un significato di fertilità, bellezza e fioritura spirituale. In ambito iconografico prevale soprattutto l’accezione di castità e purezza, tanto che il giglio diviene attribuito alla Madonna ed è sempre presente nelle scene dell’Annunciazione.

Grano: in molte raffigurazioni votive rivolte ai pellegrini del Medioevo, la veste della donna è ricoperta di spighe di grano. L’immagine dell’abito di spighe, per le popolazioni delle campagne, simboleggia la supplica per un buon raccolto.

Melograno: nel corso del Medioevo, raffigurato in mano a Gesù Bambino, diviene simbolo di resurrezione. In mano alla Madonna invece può alludere alla castità. Il significato deriva dall’interpretazione del passo del Cantico dei Cantici che recita: “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti”.

Menta: veniva coltivata come pura pianta medicinale per le sue qualità antispasmodiche; offrire una bevanda calda alla menta era segno di benvenuto per il viandante o per l’ospite.

Pioppo: il pioppo bianco è un’immagine di salvezza; inoltre si credeva che le sue foglie avessero la proprietà di guarire dal morso dei serpenti.

Quercia: rappresentava la forza ed era creduta molto benefica perché proteggeva le case e le terre che la circondavano. Le querce attraggono i fulmini e li scaricano a terra. Sempre grazie alla peculiarità di essere molto solida, impossibile da piegare, la quercia ha finito per diventare l’emblema della profonda forza e della resistenza nei confronti delle avversità.

Rosa: generalmente il fiore è associato all’immagine di Maria Vergine. Secondo un’antica leggenda, infatti, prima della caduta dell’uomo la rosa era priva di spine, e la Vergine è detta “rosa senza spine” perché non è stata toccata dal peccato originale.

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ramo d’ulivo, quale simbolo di pace. Serve anche per la cerimonia di unzione dei re, dei sacerdoti e dei malati.

Viola: nell’immaginario popolare la piccola viola dal forte profumo è simbolo di modestia e di povertà.

Vite: il vino ha una grande importanza come medicamento, ma anche come simbolo. Scrive sant’Ildegarda di Bingen (1098-1179): “La terra, che precedentemente era stata profanata dal sangue di Abele, produsse allora il nuovo nettare, il vino, e la saggezza tornò nuovamente a essere attiva”

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5.7 IL PARCO LUDICO - RICREATIVO

A sinistra del viale principale, si estende il parco destinato al riposo e allo svago (Figura pianta). L’intera area è segue la leggera pendenza del colle, anche per consentire un miglior deflusso delle acque di pioggia. Sulla destra un percorso attraversa l’area con una diramazione nella parte più alta. Sulla sinistra, invece, per dividere e separare il parco dalle villette confinanti, sono presenti una siepe di alloro e due o tre file di lecci in relazione allo spazio disponibile. Su una superficie di circa 2,5 ha, il parco è diviso in tre zone da due muretti alti 80 cm che attraversano tali aree da sinistra a destra, lasciando, ovviamente, libero il passaggio per la viabilità proprio sulla destra. A ridosso del muretto sono presenti le griglie di raccolta delle acque di pioggia.

L’area più in basso è dedicata ai ragazzi. Sono presenti un campetto da basket (24 x 11 metri) e una rampa per skate. Intorno a queste strutture (che sorgono su terreno opportunamente livellato essendo l’intero parco in leggera pendenza) si snodano due tipi di sedute. La prima è rappresentata da due gradini in calcestruzzo di lunghezza 22 metri e leggermente incurvati; la seconda da tre gradini dello stesso tipo, ma a forma di piramide. L’ombra nel periodo estivo è garantita dalla presenza di pioppi (Populus alba).

La seconda area è dedicata ai bambini ed è l’unica delle tre ad essere pavimentata. Questa soluzione è stata presa per evitare una cattiva e problematica fruizione da parte dei bambini di quest’area nei periodi piovosi. Per consentire ai genitori di tenere sempre a vista i loro figli, la superficie è rotondeggiante e, al centro, è presente una grande aiuola tonda che funge da panchina per chi controlla i bambini. Nell’aiuola, tre pioppi ombreggiano la zona centrale di quest’area. Tutto intorno sono situate le attrezzature ludiche per il gioco.

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Figura 44 - Rotonda nell'area riservata ai bambini

L’ultima area, quella più in alto, è riservata agli anziani. Si tratta di un ambiente con panchine e tavoli e alberi per dare ombra.

In prossimità del castello, in una grande piazza, confluiscono i tre percorsi che risalgono il colle. Il primo è quello del parco tematico (a destra), il secondo è relativo al viale alberato centrale, il terzo (non un vero e proprio percorso ma estensione di una superficie mattonata) è quello proveniente dal parco urbano, a sinistra. Al centro della piazza, proprio davanti al castello, è prevista un’aiuola di bulbose con fioriture di diversi colori (Lilium spp., gladiolo, tulipano, etc.). Questa area sarà gestita e organizzata in relazione alla destinazione d’uso del castello al cui interno si prevede l’esposizione e la presentazione di mostre, congressi e manifestazioni relative alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale dell’area. Davanti alla facciata Sud-Est del castello, prende inizio un breve viale fiancheggiato da aiuole che termina in un belvedere semicircolare. Da questo punto, infatti, è visibile buona parte della valle e della città e, sullo sfondo, la catena montuosa dei monti Lepini. La facciata Nord-Est, la più rappresentativa di tutto il castello, vede aprire davanti a se un piccolo prato

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con panchine, cipressi, lecci e siepi di alloro sullo sfondo. Mentre i cipressi sono disposti a gruppi di tre nel mezzo del giardino, i lecci sono disposti in filare davanti alla siepe; questo per cercare di isolare la zona dalle vicine abitazioni private.

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6. CONCLUSIONI

Se ormai è universalmente acquisito che la presa di coscienza, da parte di una comunità, di ciò che rappresenta il suo patrimonio culturale è alla base della salvaguardia e della valorizzazione del medesimo, e quindi della migliore crescita di un luogo, gli interventi orientati in questa direzione non sempre sono applicati nelle diverse realtà del nostro Paese. Spesso, a livello locale tali interventi trovano addirittura ostacoli, soprattutto nel caso del patrimonio paesaggistico, in conseguenza di un uso improprio del territorio a fini sociali.

Anche il lavoro affrontato nella presente tesi vuole contribuire alla migliore gestione del territorio, alla valorizzazione paesaggistica di un’area situata ai confini di un insediamento novecentesco, quello di Colleferro, ben connotata storicamente grazie alla presenza di un castello medievale, un bene architettonico bisognoso di un restauro e di una riqualificazione, mirata a un uso oculato a beneficio della collettività.

Per raggiungere un tale obiettivo si è elaborata una ipotesi progettuale che prevede la realizzazione di un parco pubblico suddiviso in due parti contigue e integrate, ciascuna delle quali ha destinazione analoghe ma diversificate. In una parte, privilegiando un approccio storico e didattico per l’uso di questo spazio a verde, con la realizzazione di un parco tematico sul tema del giardino medievale, quasi a voler sottolineare la natura del sito stesso, nell’altra, legata spazialmente a questa esperienza sostanzialmente didattico-divulgativa, si è privilegiata la creazione di un ambiente attrezzato, destinato alla ricreazione e allo svago.

Quanto alla progettazione del parco tematico, si è cercato di darne una immagine scientificamente attendibile che scaturisce da una indagine fatta sulle principali fonti storico-documentarie, le uniche utilizzabili per la

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ricostruzione, sia pure come ipotesi di lavoro, di una realtà, quella del giardino medioevale. in gran parte perduta come esperienza diretta.

In sostanza, il parco tematico si sviluppa attraverso un percorso ove il giardino medievale viene rappresentato in tutte le sue sfaccettature, ad esclusione di quella legata ai luoghi di culto. Per tale rievocazione le fattezze dei giardini medioevali vengono a concretizzarsi attraverso la progettazione di sei “stanze” o ambienti, intese come tappe capaci di restituire ai contemporanei le variegate connotazioni e destinazioni degli spazi a verde che nel medioevo erano di competenza della società civile. Di questa realtà, a differenza di quella dei giardini religiosi, non esiste ad oggi quasi nessuna testimonianza tangibile.

Le sei stanze altro non sono che sei diverse tipologie di giardino ispirate alla lettura di testi e all’iconografia dell’epoca (racconti, trattati, miniature, dipinti, etc. di età medievale). Il progetto del parco tematico prevede, in particolare, un “giardino fiorito d’inverno”, ispirato alle novelle del Boccaccio, un “giardino cortese” che si rifà ai romanzieri della cultura francese come Guillame de Lorris e Jean de Meun, un “pergolato” che incarna le nostalgie dell’antiquitas di grandi scrittori italiani come Petrarca, un giardino “dell’erbe piccole” e un “verziere” che ricalcano le linee guida dettate da de’ Crescenzi nel suo trattato e, infine, un “giardino dell’Eden” o paradiso terrestre ispirato alle descrizioni della Divina Commedia dantesca.

Sotto il profilo vegetazionale le scelte progettuali hanno privilegiato l’inserimento di specie arboree già presenti sul territorio che in questo caso vengono utilizzate ai fini ornamentali (per es. il Popolus alba). Si tratta di una scelta volta a sottolineare l’importanza dei cambiamenti vegetazionali che l’intera valle sta subendo a causa di un processo di bonifica in via di completamento. Prenderne atto significa dare valore a tale intervento e operare nella stessa direzione per una migliore integrità del parco con l’ambiente che lo circonda. Accanto a queste specie, sono state poste

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essenze erbacee, ornamentali o medicinali, prescelte invece sulla base dei documenti d’epoca.

Per collegare le varie stanze si è previsto un percorso attento a valorizzare determinate visuali. Il viale principale è dritto e fiancheggiato da filari di pioppi tra i quali, all’orizzonte, appare la visione del castello. Nel percorso didattico del parco tematico, invece, le stanze (tranne l’ultima) sono chiuse, così da impedire dall’interno di ciascuna di esse, la visione degli altri giardini e del castello stesso. I percorsi vogliono sottolineare questa volontà di porre il visitatore in condizione di una continua scoperta nella successione dei giardini: ogni stanza è visibile solo arrivati a ridosso della stessa e la viabilità è stata progettata in questa direzione. Gli elementi vegetali che la caratterizzano si ritrovano anche nella parte del parco destinata al riposo e allo svago.

Il lavoro prospettato attraverso le ricerche e il progetto relativo a questa tesi di laurea, che ha per fine la valorizzazione storico paesaggistica di una delle pochissime aree rimaste libere dal cemento nel comune di Colleferro, dovrebbe svolgere un ruolo utile a stimolare l’amministrazione comunale per portare a buon fine la riqualificazione di un bene di sua competenza. Trattandosi dell’unica area comunale avente una storia con radici così antiche e importanti, si può facilmente comprendere come l’uso prospettato nel progetto di cui alla presente tesi possa essere di grande interesse per l’intera comunità. Negli ultimi anni molte piccole realtà italiane hanno scoperto i benefici che si possono trarre dalla valorizzazione della propria storia, delle tradizioni e della cultura. È anche per questo motivo che l’amministrazione comunale sta esercitando una spinta nuova e crescente, sotto la quale, se prenderà in considerazione il progetto del parco qui prospettato, si cercherà di raggiungere due obiettivi necessari e distinti: facilitare la riscoperta da parte dei cittadini di un’area verde di grande interesse storico e iniziare un processo di potenziamento del verde urbano

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in un contesto comunale che per anni ha riservato la quasi totalità delle proprie attenzioni all’edilizia civile, senza, parallelamente, aumentare la quantità e la qualità degli spazi verdi.

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ALLEGATO N° 5: ELENCO PREZZI

DEDSCRIZIONE U.M. PREZZO

UNITARIO

1 Abbattimento di alberi adulti in parchi e giardini. Intervento completo di ogni onere, attrezzatura, mezzo meccanico necessario, raccolta e conferimento del materiale di risulta (esemplari di altezza da 12 m a 16 m).

cad 207

2 Formazione di tappeto erboso su terreno agrario con preparazione meccanica del terreno (pulizia dell’area, aratura, vangatura, erpicatura) con concimazione di fondo, semina manuale o meccanica, compreso fornitura di 100 g/mq di concime composto ternario.

mq 1,3

3 Messa a dimora di specie erbacee densità di 15 - 25 piante al mq compresa la fornitura di 40 l di ammendante per mq, la preparazione del terreno, l’impianto, una bagnatura con 30 l di acqua a mq, esclusa fornitura di piantine (per piantine poste su terreno nudo).

mq 22

4 Messa a dimora di specie arbustive con zolla per altezze fino a 1 m compresa la fornitura di 20 l di ammendante per mq, la preparazione del terreno, l’impianto, una bagnatura con 15 l di acqua a mq, esclusa fornitura di arbusti.

cad 8

5 Messa a dimora di alberi a foglia caduca o persistente compreso il reinterro, la formazione della conca di conpluvio, il collocamento di pali tutori in legno trattato, la fornitura e la distribuzione di ammendanti, di concimi e una bagnatura con 50 l di acqua, compresa fornitura e posa di tubo dreno interrato per irrigazione (per piante da 12 cm a 16 cm).

cad 50

6 Messa a dimora di alberi a foglia caduca o persistente compreso il reinterro, la formazione della conca di conpluvio, il collocamento di pali tutori in legno trattato, la fornitura e la distribuzione di ammendanti, di concimi e una bagnatura con 50 l di acqua, compresa fornitura e posa di tubo dreno interrato per irrigazione (per piante da 40 cm a 50 cm).

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7 Messa a dimora di siepe compreso lo scavo meccanico per una profondità di cm 40, il reinterro, la fornitura e la distribuzione di 40 l di ammendante organico per m di siepe, bagnatura all’impianto con 30 l di acqua per m di siepe, fornitura e posa in opera di paletti in legno trattato, stesa di un doppio filo di ferro zincato, legatura delle piante al filo.

m 10,5

8 Fornitura e posa di masselli autobloccanti prefabbricanti in CLS vibrocompresso con trattamento superficiale al quarzo posati su letto di sabbia spessore 3/5 cm, compresa sabbia, scavo, formazione del cassonetto spessore 40 cm, fornitura di mista naturale di cava con stesa e cilindratura spessore 30 cm e ogni prestazione occorrente per dare l’opera finita a regola d’arte (massello monostrato colorato 80 mm)

mq 33

9 Fornitura estesa di asfalto colato spessore cm 2 con rifinitura di “filler” granigliato.

mq 8,35

10 Fornitura e montaggio di cestino portarifiuti a forma cilindrica realizzati in acciaio zincato a caldo e verniciato con colore a scelta della D.L., con palo completo di staffa e cerniera per lo svuotamento. Dimensioni cestino diametro cm 28, altezza cm 46 (per montaggio in area pavimentata).

cad 120

11 Fornitura e montaggio di tavolo con panche in unica struttura portante in profilato in ferro zincato a caldo e verniciato con colore a scelta della D.L.. Ogni panca sarà costituita da 5 tavole di pino nordico massiccio impregnato in caldaia pressurizzata di sezione rettangolare di mm 110 x 45, e il piano del tavolo da 6 listoni. Dimensioni cm 194 x 197 x h 80 (per montaggio in area pavimentata).

cad 830

12 Fornitura e montaggio di panchina a struttura portante in profilato di acciaio zincato a caldo e verniciato con colore a scelta della D.L.. La seduta e lo schienale sono costituiti complessivamente da 2 lastre in CLS rivestito e verniciato con colore a scelta della D.L.. Dimensioni cm 194 x 74 x 84 (per montaggio in area pavimentata).

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13 Fornitura e montaggio di altalena doppia interamente in legno lamellare di pino svedese impregnato a pressione con sali di rame e trattato con vernici pigmentate a base acrilica. Montanti costituiti da due doppie travi a forbice di sezione mm 95 x 95, assemblate a trave orizzontale in legno lamellare di sezione mm 200 x 90. Sedili in gomma antiurto con anima interna in alluminio attaccato a catena con bussole in alluminio a scomparsa antivandalo. Catene in acciaio zincato a caldo. Dimensioni cm 384 x 150 x h 220.

cad 1400

14 Fornitura e montaggio di gioco a molla con sagoma di animale (età d’uso 2/6 anni). Il corpo della figura è costituito in lamellari di pino di adeguato spessore e trattato con vernice a base acrilica. La molla è realizzata in speciale acciaio. Spessore mm 20 e diametro medio mm 180.

cad 600

15 Fornitura e realizzazione di recinzione in rete metallica da porsi in opera su montanti plastificati o su pali tondi plastificati infissi in plinti di CLS, interasse cm 200. intervento comprensivo di ogni onere, attrezzo e attrezzatura necessaria.

m 18

16 Fornitura e realizzazione di staccionata a croce di Sant'Andrea in pali di castagno decorticati, costituita da piantoni del diametro cm 10-12 posti ad interasse di due metri, per una altezza fuori terra di m 1, con trattamento della parte appuntita interrata, pali in diagonale di diametro cm 8-10, compresa la realizzazione di eventuali plinti di fondazione, la formazione di tutti i fissaggi con elementi in ferro zincato, tutti i piccoli movimenti di terra in escavo ed in riporto. Intervento comprensivo di ogni onere, attrezzo e attrezzatura necessaria.

m 44

17 Spianamento generale dell’area, al fine di riportarla alle quote di progetto, mediante scavo e riporto del terreno di superficie esistente sul posto, eseguito con mezzi meccanici a controllo automatico (lama laser).

mq 0,6

18 Rampa skate. Intelaiatura: travetti lignei trattati in autoclave. Rivestimento in semilavorati di legno, successivamente impregnati con vernice antimuffa e impermeabilizzanti.

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19 Gradinata curvilinea in calcestruzzo di distanza lineare tra le estremità di 20 metri, h=0.80m

n 500

20 Drenaggi di profondità cm 50 mediante scavo in sezione ristretta (cm 20) fornitura estesa di tubi fessurato di diametro mm 80 rivestito in fibra di cocco, sul letto di sabbia, compreso raccordo al collettore, reinterro con ghiaietto mm 2 fino a cm 15 dal piano finito e poi con terra.

m 16,7

21 Taglio del tappeto erboso con sminuzzamento e rilascio in sito dei materiali di risulta, omogeneamente distribuiti (8/12 tagli all’anno).

mq 0,04

22 Potatura di siepi sui tre lati in forma obbligata, interventi completo e comprensivo di ogni attrezzo, attrezzature, mezzo meccanico necessario nonché di raccolta, carico, trasporto e conferimento del materiale di risulta (siepi con perimetro di sezione media fino a 200 cm).

m 2,14

23 Potatura di contenimento di esemplari arborei decidui a chioma espansa in parchi e giardini secondo la forma campione stabilita dalla D.L.. Intervento completo di ogni onere, attrezzatura, mezzo meccanico necessario, raccolta e conferimento del materiale di risulta (esemplari di altezza da 16 m a 23 m).

cad 284

24 Potatura di contenimento di latifoglie sempreverdi in parchi e giardini secondo la forma campione stabilita dalla D.L.. Intervento completo di ogni onere, attrezzatura, mezzo meccanico necessario, raccolta e conferimento del materiale di risulta (esemplari di altezza fino a 16 m, chiama diametro 8 m).

cad 258

25 Potatura di allevamento o di produzione di esemplari arborei secondo la forma campione. Intervento completo di ogni onere, attrezzatura, mezzo meccanico necessario, raccolta e conferimento del materiale di risulta (intervento su piante fino a 2 m di altezza).

cad 4

26 Vangatura siepi e cespugli e contemporaneo diserbo compresi carico e trasporto a centri di smaltimento escluso onere di smaltimento.

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ALLEGATO N° 6: COMPUTO METRICO

E.P.

Ord. Lavorazione U.M. Quantità

Prezzo unitario

Importo

1 1 Abbattimnto alberi cad 25 207 5175

2 2 Preparazione terreno e formazione di tappeto erboso mq 41280 1,3 53664

3 3 Messa a dimora erbacee mq 2746 22 60412

7 4 Messa a dimora di siepe m 1606 10,5 16863 6 5 Messa a dimora alberi

(12-16cm) cad 222 50 11100

4 6 Messa a dimora arbusto cad 22 8 176

8 7 Pavimentazione mq 13720 16 219520

9 8 Stesa di asfalto per

parcheggio mq 1104 8,35 9218,4

10 9 Cestino portarifiuti cad 25 120 3000

11 10 Tavoli con panche cad 9 830 7470

12 11 Panchine cad 26 320 8320

13 12 Altalene cad 2 1400 2800

14 13 Giochi a molla cad 4 600 2400

17 14 Spianamento area mq 324 0,6 194,4

18 15 Rampa skate mq 70 10 700

19 16 Gradinata curva cad 3 500 1500

20 17 Drenaggi m 1340 16,7 22378

27 18 Fontana cad 2 145 290

28 19 Fontana a croce cad 1 450 450

16 20 Staccionata m 200 44 8800

15 21 Recinzione m 870 18 15660

(58)

23 Laurus nobilis (1,50 m) cad 1387 6,2 8599,4

24 Malus spp. Da frutto cad 7 17 119

25 Olea europea cad 7 43,9 307,3

26 Popolus alba cad 74 10 740

27 Punica granatum "Nana" cad 7 4,65 32,55

28 Pyracantha coccinea cad 185 5,5 1017,5

29 Quercus ilex (1,50 m) cad 86 24,79 2131,94

30 Rosa spp rampicante cad 200 18 3600

31 Ulmus minor cad 9 45 405

21 32 Taglio tappeto erboso

(8-12 all'anno) mq 48000 0,04 1920

22 33 Potatura siepi m 1606 2,14 3436,84

23 34 Potatura alberi cad 40 284 11360

25 35 Potatura di produzione cad 20 4 80

TOTALE 468035,49 TOTALE con opere di manutenzione 484832,33

Figura

Figura 14 – Immagine del territorio ripresa dal satellite.
Figura  15  –  Andamenti  annuali  delle  temperature  medie  e  delle  precipitazioni  (medie  quinquennali)
Figura 16 - Carta vegetazionale (www.websit.provincia.roma.it)
Figura 18 - Sei vedute del Castello di Colleferro.
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Riferimenti

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