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CAPITOLO 1 AMBIENTE, SOSTENIBILITA’, EDILIZIA

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CAPITOLO 1

AMBIENTE, SOSTENIBILITA’, EDILIZIA

1.1 INTRODUZIONE

1.1.1 SCOPO DEL LAVORO

Lo scopo di questo lavoro è focalizzare l’attenzione sulle moderne tecnologie e sugli accorgimenti costruttivi per il risparmio energetico, essendo queste le due strade principali da seguire per il conseguimento degli scopi prefissati a livello europeo. Lo studio sperimentale è stato effettuato su di un edificio a basso consumo energetico ed ambientalmente compatibile. Il progetto è denominato HabitatClima, e prevede la realizzazione di un edificio, che risponde a tali criteri, nel comune di Rosignano Marittimo, con carattere volutamente dimostrativo. Tale costruzione sarà, per l’appunto, realizzata con particolare attenzione ai canoni della bioedilizia, agli accorgimenti per il contenimento dei consumi energetici ed avrà al suo interno numerosi impianti a energie rinnovabili. In particolare il mio lavoro è stato incentrato sulla scelta dei materiali isolanti, il calcolo della trtasmittanza dell’involucro ed al dimensionamento dell’impianto fotovoltaico.

1.1.2 AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE

In tempi di cambiamenti climatici, degrado ambientale, consumo e scarsità di materie prime (acqua, foreste, petrolio, cibo), la questione ambientale è diventata, necessariamente ed inevitabilmente, sempre più oggetto di studi, interesse, riflessione e preoccupazione, a causa degli effetti che la scarsa considerazione rivoltale in passato sta determinando e pure determinerà in futuro cambiamenti insostenibili. L’attenzione è rivolta agli effetti irreversibili, per il Pianeta e gli uomini che lo abitano, di quattro macro fenomeni:

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¾ il rapido aumento della popolazione,

¾ lo spreco di materie prime e di fonti di energia fossile, ¾ il degrado di aria, acqua e suolo,

¾ la produzione di un’insostenibile quantità di rifiuti.

Con il termine “sviluppo sostenibile” s’intende la strada che deve percorrere l’umanità per consentire un rapporto più sano ed equilibrato con i sistemi naturali, ovvero la promozione di un modello di sviluppo "che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri" (definizione data al Summit della Terra delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro nel 1992); tale sviluppo dovrà essere il più possibile sostenibile a livello planetario dal punto di vista ambientale, economico e sociale. In termini più concreti ciò significa attuare interventi per preservare l'ambiente e le sue risorse per le generazioni future, proteggendo al meglio le foreste, conservando il patrimonio della biodiversità, fino all’eliminazione del consumo delle risorse energetiche non rinnovabili, fossili e nucleari esistenti, ed incrementando l'uso di quelle rinnovabili. Ne consegue che lo “sviluppo sostenibile” dovrà essere realizzato trovando un equilibrio tra l'attività umana, le risorse energetiche e le materie prime disponibili sul Pianeta e le capacità autorigenerative della natura.

Avviare politiche di sostenibilità vuol dire mettere in discussione i principi base dell’attuale modello di sviluppo centrato sul libero mercato, sulla crescita spropositata dei consumi, sul predominio e centralità di denaro e merci.

1.1.3 LA QUESTIONE ENERGETICA

Il consumo di energia è tra i principali responsabili del degrado ambientale a livello mondiale, sia in fase di produzione che in fase di approvvigionamento delle materie prime. Basti pensare che i principali combustibili oggi utilizzati sono quelli fossili (petrolio, carbone, ecc) e il legno (che nei paesi in via di sviluppo è spesso l’unica fonte di approvvigionamento energetico), il che porta ad un dissennato

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sfruttamento dei giacimenti, al taglio delle foreste, ed oltre a ciò alla produzione di un’enorme quantità di gas climalternati (GHG: GreenHouse Gases), responsabili dell’effetto serra, e di composti contaminanti.

Il risparmio energetico risulta essere senza dubbio il mezzo più rapido ed efficace, anche in termini di costi, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per migliorare la qualità dell’ambiente ovunque, ma in particolare nelle aree urbane e nelle regioni densamente popolate. Il tema energia è centrale nell’ambito di qualsiasi politica tesa ad uno sviluppo durevole e sostenibile e dovrebbe essere impegno preciso di ciascun governo e cittadino ridurre il consumo di energia e utilizzare fonti energetiche rinnovabili.

L’incremento demografico e la crescita della domanda di benessere nei paesi in via di sviluppo hanno aggiunto una fetta consistente alle richieste energetiche complessive. Per rendere possibile la convivenza e l’equilibrio tra natura e uomo l’eco-efficienza delle tecnologie dovrebbe aumentare di 10 volte ossia si dovrebbe vivere con solo il 10% delle risorse che attualmente utilizziamo.

Esiste inoltre un profondo squilibrio nello sfruttamento ed una distribuzione disomogenea delle risorse energetiche oggigiorno utilizzate: basti pensare al petrolio, la cui produzione è in mano per la metà a sei grandi potenze (Arabia Saudita, Russia, USA, Iran, Messico, Cina), ma le cui riserve nel sottosuolo sono presenti prevalentemente in Arabia Saudita (22% delle riserve totali), Iran (11%), Iraq (10%), Kuwait (8,5%), Emirati Arabi Uniti (8%), Venezuela (6%), Russia (6%). Anche per quel che riguarda il gas naturale, la sola Russia produce il 22% della quantità consumata al mondo, gli USA il 18% e l’Algeria il 6%. I detentori delle riserve di gas sono Russia, Iran, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti.

L’ accentramento oligopolistico del mercato delle risorse energetiche causa il controllo dell’economia mondiale da parte di un numero ristretto di attori, il che entra in contraddizione con uno scenario di

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civiltà democratica, con la sua tendenza a disperdere, decentrare e distribuire equamente.

Si deve anche considerare che un quinto della popolazione mondiale che vive nei paesi a reddito più elevato contribuisce per il 50% alle emissioni di anidride carbonica, mentre il quinto più povero per il 3%. Inoltre i paesi industrializzati sono responsabili del 76% delle emissioni cumulative di carbonio in tutto il mondo a partire dal 1976. Un cittadino americano è responsabile della produzione di 20,5 tonnellate di CO2, un tedesco di 10,2 tonnellate, mentre un cittadino dell’Angola

ne produce solo 0,4.

Accanto ad una corretta politica ambientale ed energetica, ad un’attenzione e responsabilità maggiore da parte di governi, leggi e apparati, sono necessari anche cambiamenti nel nostro stile di vita e nelle nostre scelte quotidiane: utilizzare meno l’auto, vestirsi di più in casa, tenere meno acceso l’impianto di riscaldamento, usare meno gli elettrodomestici e puntare di più l’attenzione sulle fonti rinnovabili. E’ interessante evidenziare che la produzione di CO2 è imputabile per il

21% alla combustione dei motori delle sole auto private e che un restante 29% è dovuto ai consumi energetici di edifici ed elettrodomestici. In totale il 50% della CO2 emessa è generata da

consumi di cui ciascuno di noi più o meno direttamente responsabile. Il settore edilizio è considerato uno dei maggiori responsabili degli impatti sull’ambiente, non solo nell’atto della costruzione, ma anche lungo tutto il processo: dal reperimento delle materie prime, loro produzione e trasporto, fino all’eventuale dismissione dell’edificio e smaltimento delle macerie da demolizione. La realizzazione e l’utilizzo degli edifici portano ad un consumo di circa il 50% delle risorse naturali, il 40% dell’energia e il 16% dell’acqua.

E’ per questo motivo che bisogna fare lo sforzo più importante nel settore delle costruzioni e dei lavori pubblici, sul piano del risparmio dell’energia e di materie prime, della riduzione dei gas serra e della diminuzione del volume di rifiuti.

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Il fattore maggiormente problematico è il consumo energetico: l’ENEA ha calcolato che per l’industria, dal 1970 a oggi, si registra un aumento di 5 milioni di TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio), mentre per il terziario/residenziale l’aumento è di 15 milioni di TEP, pari ad una crescita superiore al 60% in 30 anni.

Allarmanti sono anche i consumi complessivi di energia per il riscaldamento, che in Europa superano il 40% del totale, con grande influenza sulle emissioni di CO2 responsabile dell’effetto serra.

In Italia, il quadro energetico è analogo a quello europeo, con cifre ancor più pesanti: un buon 68% dei costi va al riscaldamento degli edifici, un altro 12% al riscaldamento di acqua sanitaria e un restante 20% per elettrodomestici e cucina. Il nostro paese, con i suoi 26 milioni di appartamenti, supera del 30-40% i tassi di consumo europei per il riscaldamento; quanto alla climatizzazione estiva esso registra un aumento annuo degli impianti di condizionamento dell’ordine delle 800-900 mila unità.

1.2 INQUADRAMENTO NORMATIVO

1.2.1 EUROPA E PROTOCOLLO DI KYOTO

Un primo importante punto d'arrivo dei dibattiti ambientali è stato rappresentato dal Summit sulla Terra delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992 (UNCED), nell’ambito del quale è stato firmato il trattato United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), che rappresenta una sorta di estensione dei negoziati ambientali multilaterali a ulteriori questioni di grande rilievo che si sintetizzano in tre convenzioni quadro: sui cambiamenti climatici, sulla protezione della biodiversità e sulla lotta alla desertificazione.

Nel 1997, durante la Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (COP3) di Kyoto, in Giappone, è stato studiato un "protocollo" che stabilisce tempi e procedure per attuare e realizzare gli obiettivi del trattato sul cambiamento climatico: il Protocollo di

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Kyoto. Affinché l’accordo salva-clima divenisse obbligatorio, occorreva che firmassero almeno 55 Paesi, produttori della maggioranza di CO nel mondo. Nel 2001 gli USA si sono definitivamente ritirati dal tavolo dell'accordo, che a Kyoto invece avevano adottato con l’amministrazione Clinton rappresentata da Al Gore, affermando che avrebbe danneggiato l'economia USA e avrebbe ingiustamente favorito i Paesi in via di sviluppo (gli

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USA riversano in atmosfera il 33,6% delle emissioni di gas serra mondiali). Tuttavia, nel novembre 2004 l’adesione della Russia ha fatto scattare la soglia. Dopo 90 giorni il Protocollo è diventato obbligatorio per i firmatari: il 16 febbraio 2005 il Protocollo di Kyoto è diventato finalmente operativo il Protocollo. La Meeting Of Parties (MOP) del Protocollo è formata dai 156 paesi che hanno ratificato il Protocollo, è l’organismo attuativo: gestisce tutte le azioni previste dallo stesso, verifica l’attuazione degli impegni, dirime le dispute, commina le sanzioni per gli adempimenti.

I punti chiave trattati sono:

¾ Per i Paesi più industrializzati (quelli inseriti nell’Annex I) l'obbligo è la riduzione consistente delle emissioni di gas inquinanti: 15-30% entro il 2020 e 60-80% entro il 2050. Nell’ottica di raggiungimento di tale obiettivo, il Protocollo ne prevede uno a minor termine: la riduzione entro il periodo 2008- 2012 delle emissioni di gas serra (anidride carbonica, metano, protossido d’azoto, e tre gas cloroflorurati) del 5,2% rispetto ai livelli del 1990.

¾ Sulla base del Principio della responsabilità comune ma differenziata Il Protocollo ha stabilito obiettivi (diventati vincolanti con la ratifica) di riduzione differenziati fra i diversi Paesi coinvolti. In particolare, si è ritenuto che ai Paesi dell’Annex I, cioè ai Paesi maggiormente industrializzati e maggiormente responsabili dell'inquinamento del pianeta, spettasse:

- di impegnarsi di più degli altri nell'abbattimento dei gas a effetto

serra rilasciati in atmosfera;

- essere i primi ad assumere e attuare impegni di riduzione; - dar conto per primi dei progressi compiuti in quella direzione.

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Non sono quindi chiamati a impegni di riduzione Paesi come la Cina o l’India, che tuttavia hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. L'Europa è invece tra i principali sostenitori di Kyoto, e per questo è impegnata nel complesso a ridurre le sue emissioni dell'8%. Su questo obiettivo generale, gli obiettivi nazionali sono differenziati: alcuni Paesi che nel 1990 avevano una struttura produttiva a bassa efficienza energetica e ad alto impiego di carbone hanno oneri di riduzioni molto forti, come la Germania (-21%) e il Regno Unito (-12,5%); la Francia, in considerazione della sua quota di energia nucleare che rende più difficile ridurre le emissioni, ha un obiettivo di stabilizzazione al 1990 dello 0%, mentre l’Italia che fa parte di quei paesi che nel 1990 avevano alta efficienza energetica e basso consumo di carbone ha un obiettivo di riduzione di 6,5%. Altri Paesi come Portogallo (+27%) e Spagna (+15%) che all’epoca avevano uno sviluppo in ritardo rispetto alla media europea, possono far crescere le emissioni entro il tetto massimo stabilito (è per questo motivo che il valore percentuale tra parentesi è in questo caso positivo). Le istituzioni richiamano i paesi aderenti al rispetto degli impegni assunti e ribadiscono la completa disponibilità al finanziamento di progetti che hanno come obiettivi il risparmio energetico, la riduzione dei livelli di inquinamento delle città e lo sviluppo di politiche ambientali sostenibili. Il Protocollo è un primo passo che deve essere affrontato dai Paesi industrializzati i quali hanno le maggiori responsabilità per l’alterazione del clima globale e che hanno anche maggiori risorse tecnologiche e finanziarie per rispondere alla sfida del clima globale.

¾ Gli stessi Paesi devono predisporre progetti di protezione di boschi, foreste, terreni agricoli che assorbono anidride carbonica, (perciò sono detti ''carbon sinks”, cioè immagazzinatori di CO2). Inoltre

possono guadagnare “carbon credit” aiutando i Paesi in via di sviluppo ad evitare emissioni inquinanti, esportando tecnologie pulite. Ogni paese dell’Annex I, inoltre, dovrà realizzare un sistema

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nazionale per la stima delle emissioni gassose. E dovrà essere creato un sistema globale per compensarle.

¾ I Paesi firmatari andranno incontro a sanzioni se mancheranno di raggiungere gli obiettivi. In particolare sono previste due tipologie di sanzioni per gli Stati inadempienti rispetto agli obbiettivi di riduzione assunti ratificando il Protocollo e diventati vincolanti una volta che questo è entrato in vigore:

- La percentuale dell'impegno di riduzione che un Paese non è

riuscito a raggiungere entro il primo periodo di riferimento fissato (2008/2012) diventa ulteriore impegno di riduzione per il periodo di riferimento successivi

- Eventuale esclusione dello Stato inadempiente dalla

partecipazione a uno o più meccanismi flessibili.

Meno rigide sono invece le regole per i Paesi in via di sviluppo.

Il Protocollo di Kyoto prevede due tipi di azioni per conseguire le riduzioni delle emissioni:

¾ politiche e misure realizzate dai diversi Stati firmatari attraverso programmi attuativi specifici messi in pratica all’interno del territorio nazionale;

¾ meccanismi flessibili, che danno la possibilità di utilizzare a proprio credito attività di riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionali. Questo è permesso considerando il fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale viene realizzata. Si distinguono tre tipi di meccanismi flessibili degli strumenti operativi per favorire l'attuazione degli obblighi e la cooperazione internazionale:

1) La Join Implementation (JI) corrisponde grosso modo ad un metodo di attuazione congiunta degli obblighi: è uno strumento di cooperazione che permette alle imprese dei Paesi dell’Annex I di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni in altri Paesi dell’Annex I. I diversi Paesi possono decidere di

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formare un gruppo per attuare congiuntamente i loro impegni, accordandosi al loro interno su di una distribuzione diversa degli obblighi rispetto a quella prevista originariamente da Kyoto, purché sia rispettato l'obbligo complessivo risultante dall'unione di tutti gli obblighi individuali spettanti ai singoli Paesi coinvolti. Tutti gli Stati industrializzati possono potenzialmente ospitare progetti JI. Quelli con le economie in transizione, caratterizzati da bassi costi marginali di abbattimento, sono i naturali candidati per questo tipo di progetto. Le emissioni evitate dalla realizzazione dei progetti generano crediti di emissioni o ERUs (Emissions Reduction Units) che possono essere utilizzati per l'osservanza degli impegni di riduzione assegnati nel Paese dell’impresa promotrice. L'accordo deve essere ufficializzato con la notificazione al segretario della Convenzione quadro, il quale informerà tutte le altre parti della Convenzione. Nel caso fallisse l'azione congiunta, e non si raggiungesse l'obbiettivo di riduzione comune, gli Stati rimarrebbero comunque responsabili del rispetto dei propri obblighi individuali stabiliti dal Protocollo.

2) L' Emissione Trading, che consiste nello scambio di quote di emissione, in altre parole in un trasferimento e acquisto di diritti di emissione, tra i paesi dell’Annesso I. Se un Paese riesce a ridurre le proprie emissioni più della quota assegnata, può vendere la rimanente parte delle sue emissioni consentite ad un altro Paese che non può raggiungere l'obbiettivo che gli spetta. La commercializzazione di diritti di emissione non è però libera, ma sottostà ad una duplice condizione: tra Paese che cede e Paese che acquista deve esistere una cooperazione su un progetto finalizzato alla riduzione delle emissioni; inoltre il progetto deve essere già stato ufficializzato ed approvato dai Paesi coinvolti. 3) Il Clean Development Mechanism riceve una formulazione

piuttosto ampia che lo identifica come un sistema di collaborazione e cooperazione internazionale tra Pesi industrializzati e Paesi in via di Sviluppo. Questo strumento

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permette alle imprese dei paesi dell’Annesso I di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione. Le emissioni evitate dalla realizzazione dei progetti generano crediti di emissioni o Certified Emission Reductions (CERs) che potranno essere utilizzati per l'osservanza degli impegni di riduzione assegnati nel paese dell’impresa promotrice. In questo modo attraverso programmi e progetti congiunti si tenta di attuare da un lato gli impegni contenuti nel Protocollo e dall’altro di dare impulso allo sviluppo sostenibile: si ottiene così la compensazione di parte delle emissioni dei Paesi industrializzati con progetti di trasferimento di tecnologie "verdi" o progetti per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili o anche di valorizzazione del patrimonio forestale realizzati in paesi terzi.

Le misure previste dal protocollo di Kyoto, volte a ridurre le emissioni di gas serra, sono quindi essenzialmente due :

¾ INCREMENTO DELL’USO DI FONTI RINNOVABILI ¾ RIDUZIONE DEI CONSUMI ENERGETICI

Per quanto riguarda l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, una politica energetica idonea a tale scopo deve prevedere delle forme di incentivazione a favore dei produttori, che altrimenti non avrebbero convenienza economica nello svolgere la loro attività imprenditoriale, e di finanziamento per gli utenti, che spesso non sono in gradi di sostenere i costi elevati. Per promuovere le energie rinnovabili è infatti necessario ridurre la differenza di costo tuttora esistente rispetto alle fonti di energia tradizionali.

1.2.2 IL PROTOCOLLO DI KYOTO IN ITALIA

In Italia, il recepimento del Protocollo di Kyoto è avvenuto attraverso la Delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) del 1998, con la quale sono state approvate le “Linee

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guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra”. Gli obiettivi di tale delibera sono in termini generali:

¾ la riduzione dei consumi energetici nei settori dei trasporti, industriale, abitativo e terziario;

¾ l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili; ¾ assorbimento delle emissioni di CO2 dalle foreste.

Un primo vincolo normativo in Italia a favore del risparmio energetico è stato introdotto con la legge 10/91 che aveva come obiettivo il contenimento dei consumi di energia. Questa legge ed il DPR 412/93 obbligano il progettista a definire il consumo termico di un edificio tramite una procedura di calcolo descritta nella norma UNI 10344.

Per quanto riguarda il campo energetico, un’importante svolta alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si ha con l’entrata in vigore della direttiva comunitaria 2001/77/CE, attuata in Italia con il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (entrato difatti in vigore il 19 settembre 2005) : Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. La direttiva “mira a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato interno e a creare le basi per un futuro quadro comunitario in materia” (Art. 1) .

La ratifica ed esecuzione del Protocollo avviene in Italia con la Legge 1 giugno 2002, n. 120, che impegna l’Italia ad adottare le misure necessarie a ridurre le emissioni di CO2 e individua un piano nazionale di riduzione. In attuazione della legge 120, la delibera n. 123 del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) del 19 dicembre 2002 ha approvato il Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra, il quale stabilisce le quote di riduzione per i singoli settori industriali per il periodo 2008-2012, il potenziale massimo di assorbimento di carbonio ottenuto mediante interventi di riforestazione e di gestione agricolo-forestale, ed il ricorso illimitato ai meccanismi flessibili di JI e CDM anche per le imprese italiane.

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Nonostante questi interventi, per un lungo periodo l’Italia ha sottovalutato l’importanza degli impegni sottoscritti a Kyoto, ma negli ultimissimi anni la tendenza è finalmente cambiata: a partire dal 2005 sono state messe in atto una serie di misure finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra. In particolare si fa riferimento alle misure di incentivazione delle energie rinnovabili, di promozione dell’efficienza energetica negli edifici, della cogenerazione e dell’utilizzo dei biocombustibili nei trasporti, agli obiettivi di risparmio energetico.

Il D.lg. 192/2005, modificato dal D.lg. 311/2006, recepisce la direttiva comunitaria 2002/91/CE, stabilendo i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica. Il decreto contribuisce quindi a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas serra promuovendo la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico.

Si pongono altresì le basi alla certificazione energetica degli edifici, dettando i procedimenti di calcolo e le verifiche da effettuare per conseguirla. Prima di quel momento la legislazione italiana in materia di risparmio energetico non aveva mai previsto la certificazione dello standard energetico degli edifici se non fino al caso pilota ed esemplare del marchio “CasaClima” del comune di Bolzano, un documento che classifica e certifica il fabbisogno energetico di un edificio.

Il D.lg. 311/2006 prevede inoltre l’installazione di impianti solari termici per l’acqua calda sanitaria e gli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.

Le novità più recenti ed importanti nel campo delle rinnovabili sono state introdotte dalla Finanziaria 2007 e dal NUOVO CONTO ENERGIA del 19/2/2007. La Finanziaria 2008 può considerasi una proroga di quella precedente, ed infatti, fatti salvi alcuni cambiamenti e miglioramenti, in essa vengono semplicemente prorogate le manovre dello scorso anno.

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1.2.3 LA FINANZIARIA : MISURE PREVISTE IN CAMPO ENERGETICO E AMBIENTALE

In generale, si evidenzia l’inserimento di un complesso di incentivi e agevolazioni volti ad uno spostamento verso comportamenti sostenibili ed in particolare verso il risparmio energetico.

¾ AGEVOLAZIONI FISCALI PER LA RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI

55% di detrazione dell'imposta lorda delle spese documentate sostenute entro il 31/12/2010 a favore di opere di ristrutturazione degli edifici secondo criteri di ecoefficienza, consentendo ai cittadini di conseguire risparmi, pagando meno tasse, con sgravi del 55% fino ad un massimo di 60.000 euro sulle spese sostenute. Inoltre chi progetta una nuova costruzione sarà obbligato, a partire dal 1 gennaio 2008, per avere la concessione, a presentare la certificazione energetica e a prevedere l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica ‘pulita’ per almeno 1 kilowatt. INTERVENTI PER I QUALI SPETTA LA DETRAZIONE

- Interventi di riduzione dei consumi energetici per la climatizzazione invernale almeno del 20% rispetto ai valori di legge (valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale riportati nell'allegato C, comma 1, tabella 1, annesso al D.lg. 19 agosto 2005, n. 192), fino ad un ammontare di 100.000 euro in tre anni.

- Interventi che comportano una riduzione della trasmittanza termica U degli elementi opachi che costituiscono l'involucro edilizio, attraverso materiale coibente o ordinario che migliori le caratteristiche termiche della struttura, o demolizione e ricostruzione dell'elemento costruttivo.

- Interventi che migliorino la trasmittanza termica U delle finestre attraverso nuove finestre comprensive di infisso o integrazioni e sostituzioni degli elementi vetrati esistenti.

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invernale e/o la produzione di acqua calda con impianti solari termici (a fini privati, industriali, per la copertura del fabbisogno di piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università) anche integrati con impianti di riscaldamento, o impianti dotati di caldaie a condensazione, fino ad un valore massimo di 60.000 euro in tre anni

- Interventi sulla rete di distribuzione, sui sistemi di trattamento dell'acqua, sui dispositivi di controllo, regolazione ed emissione dell'acqua.

- Prestazioni professionali necessarie alla realizzazione degli interventi, oltre alla redazione dell'attestato di certificazione o qualificazione energetica

- Sostituzione di vecchie caldaie con altre ad alta efficienza energetica, fino ad un massimo di 30.000 euro in tre anni

PROCEDURE PER RICHIEDERE LE DETRAZIONI

- Acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti che l'intervento risponde ai requisiti richiesti.

- Trasmettere all'ENEA entro 60 gg dalla fine dei lavori o , in ogni modo, non oltre il 29/02/2008 una copia dell'attestato di certificazione o qualificazione energetica e la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (Allegato E).

- Effettuare il pagamento.

- Conservare certificato energetico, ricevuta informatica, fatture. ATTESTATO DI QUALIFICAZIONE E DI CERTIFICAZIONE ENRGETICA

- Redazione dell'attestato, successivamente all’esecuzione degli interventi, utilizzando le procedure e le metodologie approvate dalle Regioni o quelle stabilite dai Comuni prima dell’8 ottobre 2005.

- In assenza di tali procedure, è sufficiente l'attestato conforme all’Allegato A ed asseverato da un tecnico abilitato

- I calcoli per la determinazione dell'indice di prestazione energetica sono condotti conformemente a quanto previsto

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nell'allegato I del D.lg. 192/2005.

INDICAZIONI SULL'ASSEVERAZIONE DEGLI INTERVENTI

- Per la riqualificazione energetica di edifici esistenti, l'indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale deve essere inferiore del 20% rispetto ai valori riportati nella tabella dell'allegato C.

- Per gli interventi sull'involucro di edifici esistenti, il valore della trasmittanza dei componenti dev'essere inferiore o uguale ai valori riportati in tabella dell'allegato D.

- Per interventi di installazione di pannelli solari, devono essere rispettati i seguenti requisiti : pannelli e bollitori garantiti per almeno 5 anni, accessori e componenti elettrici garantiti per almeno 2 anni, pannelli dotati di certificazione, installazione eseguita in conformità ai manuali.

- Per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale, sono fornite le caratteristiche che devono avere i generatori di calore, le valvole termostatiche, bruciatori e pompe.

CUMULABILITA'

- Le detrazioni non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali previste da altre leggi per gli stessi interventi.

- Le detrazioni sono invece compatibili con la richiesta di titoli di efficienza energetica (decreti del 24/7/04) e incentivi disposti da Regioni, Province e Comuni.

¾ MISURE DI SOSTEGNO PER LA PROMOZIONE DI NUOVA EDILIZIA AD ALTISSIMA EFFICIENZA ENERGETICA

55% di detrazione degli extra costi sostenuti (spese realizzazione e progettazione) per la costruzione di nuovi edifici di medie-grandi dimensioni (volumetria superiore a 10.000 m3 ) con un fabbisogno

energetico minore del 50% rispetto a quanto disposto dall'attuale normativa (allegato C, comma1, D.lg. 192/2005). La data di inizio

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lavori dev'essere entro il 31/12/2007 e termine lavori entro i 3 anni successivi. E' previsto un fondo di 45.000.000 euro in tre anni.

¾ CONTRIBUTI PER APPARECCHI DOMESTICI E MOTORI INDUSTRIALI AD ALTA EFFICIENZA

20% di detrazione dell'imposta lorda delle spese documentate sostenute entro il 31/12/2007 per:

- sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+, fino ad un ammontare complessivo non superiore a 200 euro per apparecchio.

- acquisto o sostituzione di motori funzionanti con altri ad elevata efficienza energetica, fino ad un ammontare complessivo non superiore a 1.500 euro per ciascun motore

- acquisto e installazione di inverter (variatori di velocità) su impianti con potenza elettrica tra 7,5 - 90 kW, fino ad un massimo di 1.500 euro per intervento.

¾ SEMPLIFICAZIONI AMMINISTRATIVE PER I PICCOLI AUTO-PRODUTTORI DI ENERGIA ELETTRICA

Viene estesa agli impianti di potenza fino a 200 kW alimentati da fonti rinnovabili o cogenerativi, il meccanismo dello scambio sul posto dell'energia elettrica. Vengono inoltre semplificate le procedure fiscali e cancellate alcune imposte onerose sotto il profilo amministrativo. In questo modo viene promossa la piccola generazione pulita ed efficiente.

¾ AGEVOLAZIONI FISCALI PER COMMERCIANTI CHE USANO LAMPADE AD ALTA EFFICIENZA ENERGETICA

36% di deduzione fiscale per i commercianti che scelgono lampade fluorescenti e a vapore di sodio

¾ RIDUZIONE DELL'ACCISA DEL GPL E INCENTIVI ALL'IMPIEGO DI AUTOVEICOLI A GPL E METANO

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Fondo di 100.000.000 euro/anno per incentivare l'acquisto o la trasformazione di autovetture a metano o GPL.

¾ INCENTIVI PER I BIOCARBURANTI

Allineamento alla direttiva europea 2003/30/CE sugli obiettivi di miscelazione dei biocarburanti nei carburanti petroliferi, secondo una percentuale progressiva, grazie ad un fondo di c.ca 16.700.000 euro.

¾ INTERVENTI SULLA FISCALITA' ENERGETICA PER FINALITA' SOCIALI

Il maggior gettito fiscale derivante dall'aumento dei prezzi di carburanti e combustibili rispetto a quelli previsti dal DPEF 2007-2011 servirà alla costituzione di un fondo da usare a copertura di interventi di riduzione di costi della fornitura energetica per le fasce sociali che più risentono del caro energia.

¾ IVA AGEVOLATA PER FORNITURE DI ENERGIA TERMICA DA FONTI RINNOVABILI O DA IMPIANTI AD ALTO RENDIMENTO.

¾ ISTITUZIONE DI UN FONDO ROTATIVO PER IL FINANZIAMENTO DI MISURE RIVOLTE ALLA RIDUZIONE DELL'EMISSIONE DI GAS SERRA

Istituzione presso la Cassa Depositi e Prestiti di un fondo rotativo, fino a 200.000.000 euro all'anno per il triennio 2007-2009, per finanziare le misure finalizzate ad applicare il Protocollo di Kyoto.

Per quel che riguarda le novità introdotte dalla Finanziaria 2008, è stato confermato lo stanziamento di 600 milioni di euro per l’applicazione del Protocollo di Kyoto. I punti fondamentali riguardano le manovre atte a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili:

¾ I COMUNI, a partire da Gennaio 2009, avranno la POSSIBILITA’ DI RIDURRE L’ICI PER QUELLE ABITAZIONI CHE HANNO INSTALLATO TECNOLOGIE RINNOVABILI. Lo “sconto” avrà una durata minima di tre anni per gli impianti solari termici e 5 per gli altri.

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¾ Inoltre dal 2009 l’ OBBLIGO DI INSTALLAZIONE DI FONTI RINNOVABILI PER LE NUOVE COSTRUZIONI passa da 0,2 kW a 1 kW per le utenze domestiche e a 5 kW per i fabbricati industriali con un estensione superiore ai 100 m2, manovra importante verso

la direzione dell’indipendenza energetica degli edifici.

¾ GLI INTERVENTI PUBBLICI SONO SOTTOPOSTI A VINCOLI DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE : edilizia, trasporti, e altri settori devono essere accompagnati da una certificazione relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra. Un punto a favore della diminuzione di CO2 in ambiente è la creazione di 1000 nuove aree

verdi nelle città, in grado di assorbire 16 mila tonnellate di CO2,

pareggiando le emissioni di 10 mila auto, grazie alla creazione del Fondo per nuovi parchi urbani.

¾ È prevista la DETRAZIONE DEL 55% DELLE SPESE SOSTENUTE PER LA SOSTITUZIONE DEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO CON L’INSTALLAZIONE DI POMPE DI CALORE O POMPE GEOTERMICHE A BASSA ENTALPIA, tecnologia rinnovabile per la produzione di calore e il raffrescamento troppo poco conosciuta e utilizzata a livello domestico.

¾ ELETTRODOMESTICI : dal 1 Gennaio 2010 sarà vietata la vendita di elettrodomestici poco efficienti, cioè tutti quegli elettrodomestici inferiori alla classe A. Da Gennaio 2011 sarà vietata anche la volta delle lampadine a incandescenza e di tutti quegli apparecchi elettronici che possono rimanere in stand-by.

Le Legge Finanziaria 2008 rimette le Regioni al centro delle politiche a favore delle energie rinnovabili e per la riduzione delle emissioni di gas serra. La loro azione sarà determinante per consentire al paese di raggiungere l’obiettivo di soddisfare con le rinnovabili un sesto di tutti i consumi energetici (17%) al 2020. In altre parole, questo obiettivo richiede di triplicare, in soli 13 anni, l’attuale contributo di tutte le energie verdi.

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Il nuovo DM 11 marzo 2008, attuativo dell’art.1 della Finanziaria 2008 e dei commi 344 e 345 dell’art.1 della Finanziaria 2007 , introduce i valori limite più restrittivi di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale e di trasmittanza dei componenti dell’involucro, che saranno obbligatori per beneficiare degli incentivi previsti.

1.2.4 NUOVO CONTO ENERGIA

Il 19 febbraio 2007 è entrato in vigore il DM che stabilisce i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 7 del D.lg. 29/12/2003 n. 387. Tale decreto costituiva il recepimento della direttiva europea (2001/77/CE), in cui si dà la possibilità a chiunque di usufruire di incentivi per la costruzione di impianti fotovoltaici. Tali incentivi vengono erogati in “conto energia”, cioè si basano su una tariffa incentivante per kWh di energia elettrica prodotta dall'impianto fotovoltaico (da un minimo di 36 ad un massimo di 49 centesimi di euro per kWh prodotto) che consente di ammortizzare il costo dell'installazione rivendendo energia elettrica prodotta direttamente al gestore del sistema elettrico. Dopo 20 anni l'energia prodotta potrà essere utilizzata direttamente per i consumi privati.

Il meccanismo che regge il conto energia non prevede quindi alcuna facilitazione particolare da parte dello Stato per la messa in servizio dell'impianto. Esso consiste nell'incentivazione della produzione elettrica, e non dell'investimento necessario per ottenerla.

La Delibera 28/06 (ai sensi dell'art. 6 del D.lg. 387/03) definisce le condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto, cioè la regolamentazione dei contratti di scambio energetico tra il gestore della rete ed il produttore di energia da fonte rinnovabile: quest'ultima verrà scontata sui consumi del produttore stesso.

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L'art. 8 del decreto attuativo del conto energia stabilisce che i benefici dello scambio sul posto sono aggiuntivi alle tariffe incentivanti del conto energia, anche dopo 20 anni.

Un'altra novità riguarda la certificazione energetica dell'edificio che non sarà obbligatoria per accedere agli incentivi, ma diventa obbligatoria per accedere ad un premio aggiuntivo (art. 7) : ad ogni riduzione del 10% del fabbisogno energetico di ogni unità abitativa (ottenuto tramite interventi per la riduzione di perdite energetiche), farà seguito un aumento di pari entità della tariffa incentivante fino ad un massimo del 30%.

Viene anche modificato l'obiettivo nazionale di potenza fotovoltaica da installare: si è passati ai 3000 MW entro il 2016 (art. 12).

Quindi il NUOVO CONTO ENERGIA è un piano attuativo di incentivi per favorire la realizzazione di impianti fotovoltaici domestici, condominiali o industriali. A fronte di alcuni parametri da rispettare, i produttori di energia da fotovoltaico possono scambiare o vendere energia elettrica con la società elettrica.

I vantaggi derivanti da questa nuova norma saranno:

¾ incentivi più facilmente erogabili per persone sia fisiche che giuridiche (comuni, enti locali, aziende private, etc.) e quindi possibilità di installazione in qualsiasi momento ed in poco tempo ¾ incentivi che mirano a far investire per produrre energia elettrica in

un'ottica di investimento a medio-lungo termine (non solo non si paga l'energia elettrica, ma si possono anche fare dei guadagni) ¾ vendita di energia al gestore a costi superiori rispetto ai prezzi

d'acquisto attuali: l'energia sarà ceduta ad un prezzo pari a circa il doppio/triplo rispetto al normale in ragione della potenza installata e dalla tipologia di impianto scelto.

Per chiarire in cosa consiste il conto energia viene rappresentato uno schema generale:

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FIG 1.1 Schema di un’utenza con impianto FV collegata alla rete elettrica (www.conto-energia-online.it)

¾ l' inverter converte l'energia prodotta dall'impianto fotovoltaico e la immette nella rete locale a bassa tensione

¾ il contatore 1 conteggia tutta l'energia prodotta dall'impianto e riconosce al produttore, per 20 anni, delle tariffe incentivanti in base al tipo di impianto e della potenza, come sintetizzato nella seguente tabella (art. 6)

POTENZA P (kW) IMPIANTO NON INTEGRATO IMPIANTO PARZIALMENTE INTEGRATO IMPIANTO INTEGRATO 1 ≤ P ≤ 3 0,4 0,44 0,49 3 < P ≤ 20 0,38 0,42 0,46 P > 20 0,36 0,4 0,44

TAB 1.1 Valori in euro/kWh prodotto dall'impianto fotovoltaico (DM 19/2/2007).

¾ il contatore 2 rileva i kWh che sono immessi nella rete del gestore locale

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¾ il contatore 3 conteggia il consumo energetico per i propri fabbisogni quando non vi è produzione di energia elettrica dall'impianto

Negli impianti che entreranno in funzione negli anni successivi al 2007 fino al 2010, le tariffe applicate saranno ridotte del 2% rispetto l'anno precedente.

Possono beneficiare delle tariffe incentivanti (art. 4) coloro che posseggono un impianto fotovoltaico con le seguenti caratteristiche:

¾ potenza nominale ≥ 1 kW

¾ devono essere entrati in esercizio dopo l'entrata in vigore del provvedimento

¾ devono essere conformi alle norme tecniche contenute nell'allegato A

¾ devono essere collegati alla rete elettrica in un unico punto di connessione

¾ per gli impianti più vecchi (dal 1 ottobre 2005 alla data di entrata in vigore del provvedimento) avranno accesso alle tariffe incentivanti se realizzati nel rispetto delle disposizioni e se non hanno beneficiato di altre tariffe precedenti

¾ per impianti potenziati, avranno accesso agli incentivi limitatamente alla produzione aggiuntiva

Per accedere all'incentivo del NUOVO CONTO ENERGIA il produttore deve inviare al gestore della rete:

¾ documentazione di conformità dell'impianto alle norme CEI ¾ scheda tecnica dell'impianto

¾ certificazione di collaudo

¾ dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà autenticata

L'incentivazione in NUOVO CONTO ENERGIA non è però illimitata (art. 13). Nel decreto è previsto un limite massimo cumulativo della potenza elettrica installata di tutti gli impianti, pari a 1200 MW.

Nella nuova Finanziaria 2008, le forme incentivanti rimangono sostanzialmente invariate. Tra le novità più importanti alle istituzioni

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locali (comuni, province, ecc) vengono riconosciute le tariffe più alte del conto energia in caso di installazioni fotovoltaiche.

1.2.5 LA REGIONE TOSCANA

La Legge Regionale in materia di energia approvata nel febbraio 2005 (LR 39/05) disciplina le diverse tematiche energetiche, riformula i poteri della Regione e definisce gli obiettivi e gli strumenti della programmazione energetica regionale nell’ambito del quadro istituzionale, determinando l’approvazione di nuovi strumenti di programmazione. Individua, inoltre, gli obiettivi di soddisfazione delle esigenze energetiche regionali, di sostenibilità dello sviluppo, di efficienza e risparmio energetico, di sviluppo di fonti rinnovabili e diversificazione delle fonti e di prevenzione e riduzione dell’inquinamento luminoso.

Ai sensi degli articoli 5 e 6 della stessa Legge Regionale 39/05, il sistema della programmazione regionale in materia di energia si compone di un Piano di Indirizzo (PIER), dei suoi provvedimenti attuativi e di un documento di monitoraggio e valutazione.

Il PIER ha il compito di definire le scelte fondamentali della programmazione energetica sulla base degli indirizzi dettati dal Programma Regionale di Sviluppo (PRS), con il quale condivide il periodo di validità, potendo, comunque, essere aggiornato in itinere, anche con riferimento a singole parti, qualora la Giunta Regionale valuti sia necessaria una modifica dei suoi contenuti essenziali.

Il Piano di Indirizzo Energetico Regionale intende creare le condizioni perché l’energia rinnovabile si faccia motore dello sviluppo economico nel rispetto dei caratteri tipici dei nostri territori, della salvaguardia ambientale dei paesaggi e delle bellezze storiche ed artistiche.

È necessario che enti locali, imprenditori, sindacati e associazioni diventino soggetti attivi di questa sfida e creino un contesto educativo-culturale aperto al confronto ed al cambiamento, in cui far maturare le

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idee di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, di produzione diversificata e alternativa all’uso del petrolio.

Lo sviluppo e la sostenibilità convivono nel PIER che diventa strumento per favorirne la realizzazione.

Di primaria importanza sono questi obiettivi:

¾ sviluppare sistemi di produzione energetica non inquinanti attraverso uno sviluppo delle fonti rinnovabili e l’uso di tecnologie per l’abbattimento delle emissioni nocive;

¾ diversificazione delle fonti per la produzione di energia elettrica, creando un mix produttivo composto da gas metano e energie rinnovabili;

¾ sviluppo dell’efficienza energetica, riduzione ei consumi;

¾ sperimentazione dell’uso dell’idrogeno nei veicoli di trasporto su strada e della nautica e sua produzione, stoccaggio e applicazione; ¾ riduzione dei costi dell’energia.

1.3 BIOEDILIZIA E SOSTENIBILITA’

Affrontare l’urbanistica, la gestione del territorio e l’architettura con un approccio rispettoso per l’ambiente è una delle risposte alle problematiche sollevate nei summit internazionali ed è una necessità per la concretizzazione degli impegni presi Kyoto. Il concetto di qualità ambientale include il comfort per l’uomo, l’uso sostenibile delle risorse ed il controllo sulla produzione di rifiuti: tale concetto, applicato all’architettura, richiede l’introduzione di nuove attenzioni in tutte le fasi del processo costruttivo, assieme ad un cambiamento nelle consuetudini tanto da parte dei professionisti, quanto dagli utenti.

Una strategia da adottare per il risparmio dell’energia è sicuramente la realizzazione edifici ecologici ed energeticamente efficienti, simboli di edilizia a basso consumo energetico, con spese contenute per il riscaldamento, maggiore benessere abitativo e contemporaneamente tutela del clima e dell’ambiente.

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1.3.1 EDIFICI BIOCLIMATICI E SOLUZIONI TECNICHE PER IL RISPARMIO ENERGETICO

La presa di coscienza degli sprechi energetici e la necessità di garantire benessere abitativo sta spostando l’attenzione dei progettisti ad una progettazione più intelligente dell’edificio, combinando misure attive e passive di conservazione dell’energia e dotandolo di impianti sofisticati ed efficienti, spesso alimentati ad energia rinnovabile.

La progettazione volta al risparmio energetico deve saper controllare tre livelli : ambientale, tipologico e tecnico-costruttivo.

Per quanto attiene il controllo degli aspetti ambientali, l’approccio bioclimatico basa le scelte relative al sito, all’orientamento ed alla definizione spaziale dell’edificio sulla valutazione di alcune caratteristiche del luogo. E’ necessaria:

¾ una progettazione attenta la clima locale e alle stagioni (temperatura, umidità, direzione dei venti dominanti, irraggiamento solare);

¾ una progettazione in relazione al sito (conformazione del suolo, caratteristiche dell’area e presenza di altre strutture ombreggianti attorno).

Per quanto riguarda gli aspetti tipologici, il comportamento energetico dell’edificio è influenzato da :

¾ la forma, migliore se è compatta;

¾ l’orientamento dell’edificio e delle stanze al suo interno: raggruppando gli ambienti a seconda delle funzioni si possono ottenere risparmi sia di riscaldamento che di illuminazione;

¾ distribuzione ed orientamento di finestre e vetrature.

Considerando infine gli aspetti tecnico-costruttivi i fattori incidenti sono: ¾ presenza di un efficace isolamento termico, per limitare al minimo

le perdite di una casa normale;

¾ uso passivo dell’energia solare diretta e indiretta; ¾ uso di tecnologie solari attive e ad alto rendimento.

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Nel lungo periodo chi costruisce in modo energeticamente consapevole risparmia denaro ed aumenta il valore economico dell’edificio. Un buon isolamento termico, un’accorta scelta dei materiali ed un corretto orientamento influenzano in maniera rilevante oltre che l’efficienza energetica, anche il comfort abitativo.

La scelta di sistemi tecnologici efficienti (interventi attivi) permette di ridurre il consumo di energia a parità di servizio reso. Gli interventi di tipo passivo, che hanno invece una connotazione edile, hanno come obiettivo quello di ridurre le fuoriuscite in inverno o entrate in estate di calore all’interno dell’appartamento. Tale obiettivo lo si raggiunge ad esempio sigillando opportunamente le pareti divisorie della casa.

1.3.2 BENESSERE TERMOIGROMETRICO

L’attività nel settore edile dalla seconda guerra mondiale in poi è stata caratterizzata da un interesse dominante: costruire in tempi brevi il maggior volume di spazio abitativo. L’attenzione era rivolta esclusivamente agli aspetti funzionali degli edifici, ignorando totalmente quelli che oggi sono definiti i suoi “aspetti biologici”. La maggior parte della propria vita la trascorriamo all’interno degli edifici : si comprende quindi come il microclima interno sia di grandissima importanza per la salute dell’uomo.

Il risparmio energetico nelle abitazioni non deve essere assolutamente inteso come una “privazione di comfort”, ai quali non si vuole rinunciare sia in inverno che in estate. Un modello efficiente di casa energetica prevede per l’abitante oltre al risparmio economico, anche una garanzia di comfort!

Innanzitutto, che cosa si intende per comfort ambientale, e quali sono gli elementi che determinano le condizioni di benessere? I principali sono: ¾ il rumore

¾ le vibrazioni

¾ le radiazioni non ionizzanti ¾ il microclima

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¾ l’illuminazione

Gli accorgimenti atti a ridurre il rumore proveniente dall’esterno dell’edificio sono gli stessi che possono inibire anche le perdite di calore verso l’esterno d’inverno o l’entrata dello stesso nei locali d’estate: fanno questi parte di quegli interventi di tipo strutturale definiti passivi.

Di grande importanza sono i fattori che incidono sul microclima, termine generico che si riferisce alla natura del clima riscontrabile nello strato di atmosfera posto nell’immediata vicinanza del suolo (fino a circa 2 m di altezza) e al complesso di parametri ambientali che condizionavano lo scambio termico tra la persona e l’ambiente circostante. Il microclima interno delle abitazioni, che incide direttamente sul comfort ambientale, è influenzato dalla qualità dell’ambiente esterno circostante (aria inquinata, rumori, ecc.) e quindi non c’è una divisione netta tra i due, a causa della loro contiguità. Inoltre, l’esigenza di fruire in modo confortevole gli ambienti di un edificio, comporta delle considerazioni che si riferiscono alla temperatura dell’aria rilevabile nella stanza, all’irraggiamento freddo o caldo delle pareti, alla presenza dell’umidità per condensazione sulle pareti e all’umidità dell’ambiente stesso.

Il corpo umano reagisce agli stimoli termici in modo da mantenere costante la sua temperatura media (≈ 36°C), la quale dipende da una situazione di equilibrio che viene dinamicamente ricercata tra la quantità di calore prodotto dall’organismo e quella scambiata con l’ambiente circostante, nella fattispecie l’abitazione. Il calore prodotto dal corpo umano dipende dalla quantità e tipo di cibo ingerito e metabolizzato, dalle caratteristiche termiche degli indumenti che indossiamo e dalla attività fisica svolta (dal dormire al fare ginnastica). In estate, quando la temperatura esterna è molto elevata, oppure vi è un alto tasso di umidità (peggio se queste due situazioni si verificano insieme), il corpo tende a smaltire calore in eccesso sudando per riportarsi alla sua temperatura ideale. In inverno, viceversa, se l’ambiente non è adeguatamente riscaldato, per limitare lo scambio (e quindi la cessione) di calore con l’esterno, il corpo reagisce chiudendo i

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pori della pelle (la cosiddetta pelle d’oca) e con movimenti involontari dei muscoli per accelerare la circolazione del sangue che dà calore al corpo (brividi di freddo). Entrambe le situazioni descritte rivelano una condizione di disagio, che non dovrebbe riscontrarsi all’interno della propria abitazione. Al contrario, sarà ivi necessario conseguire la situazione di equilibrio, ottenendo così il benessere termico, cioè quella condizione psicologica in cui la persona si ritiene soddisfatta delle condizioni termoigrometriche dell’ambiente circostante.

Dentro gli spazi circoscritti il comfort è influenzato anche da un altro fattore, la temperatura media radiante (TMR) che fa riferimento al valore di temperatura rilevata sulle pareti perimetrali e sulle superfici vetrate, posto in relazione con quello medio dell’aria interna. Quando quest’ultimo, pur confortevole in termini numerici sia, si discosta sensibilmente dal valore della TMR, la persona percepisce una sensazione spiacevole. Infatti, assieme alla temperatura dell’aria, la TMR è il fattore che influenza maggiormente la sensazione di calore perché la radiazione che cade sulla cute ne attiva gli stessi organi sensori. Se il corpo è esposto a superfici fredde (come ad esempio i vetri o le pareti esterne in inverno), una quantità sensibile di calore è emessa sotto forma di radiazione verso queste superfici, producendo una sensazione di freddo. La condizione più confortevole è stata considerata quella corrispondente ad una TMR di 2°C più alta della temperatura dell’aria. Una TMR più bassa di 2°C è pure tollerabile se la radiazione emessa dal corpo è quasi la stessa in tutte le direzioni e ciò avviene solo se le temperature superficiali dell’ambiente circostante sono praticamente uniformi.

Per identificare la condizione per l’optimum di benessere si utilizza come parametro la temperatura effettiva o equivalente che tiene conto altresì dell’umidità relativa dell’ambiente in cui viene rilevata. Il suo valore deve essere compreso tra circa 17 e 22°C.

L’umidità relativa (UR) indica il livello percentuale di vapore acqueo nell’aria, confrontato con il massimo possibile (100%) immagazzinabile in un dato volume d’aria, riferito ad una data temperatura. Dovrebbe

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avere valori compresi tra un minimo del 45% e un massimo del 65%. Al di sotto del 45% l’aria è troppo secca e crea una sensazione sgradevole, e quando è minore del 20% le membrane mucose si seccano ed aumentano le possibilità di infezione. A basse temperature l’aria molto secca accresce la sensazione di freddo in quanto l’umidità che raggiunge la superficie dell’epidermide evaporando provoca una spiacevole sensazione di freddo. Al di sopra del 65% l’aria diviene troppo umida e tende ad esaurire la sua capacità a trattenere altra quantità d’acqua. L’ UR, correlata alla temperatura, può portare ad un’alterazione della sensazione di comfort. Il senso di afa, dovuto all’eccessiva umidità dell’aria, fa percepire come elevata anche una moderata temperatura dell’aria. Per temperature dell’aria superiori ai 32°C con l’umidità relativa oltre il 70% si accentua la sensazione di caldo in quanto il sudore prodotto non può evaporare. In regime stazionario un aumento di umidità relativa del 10% ha lo stesso effetto di un aumento di temperatura di 0,3°C. L’influenza dell’UR aumenta se ci si sposta fra ambienti con diversi valori della stessa (cioè in regime dinamico), aumentando l’incidenza sulla sensazione di benessere fino a 2 o 3 volte. La fisica ci insegna che per abbassare il livello di umidità si può, oltre che diminuire la quantità di vapore acqueo per kg di aria a parità di temperatura, anche alzare la temperatura dell’ambiente mantenendo inalterata la quantità di vapore. I condizionatori sono apparecchiature non solo in grado di abbassare la temperatura dell’ambiente chiuso ma, deumidificandolo, di ridurne anche il contenuto di acqua. In inverno invece, per umidificare l’aria troppo secca in un locale abitato, si ricorre all’uso di umidificatori.

La velocità di movimentazione dell’aria interna è un altro importante parametro del benessere ambientale. L’aria in movimento favorisce lo scambio termico tra il corpo umano e l’ambiente. Tutti gli ambienti sono soggetti a movimenti anche impercettibili dell’aria. La velocità minima è di 0,075 m/s ma si inizia a percepire il movimento dell’aria a 0,3 m/s. Alle temperature più alte anche 1 m/s è considerato piacevole, ed una velocità sino a 1,5 m/s è tollerabile. All’interno di un locale riscaldato la

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velocità dell’aria non dovrebbe superare i 0.25 m/s. Pur non agendo sulla diminuzione della temperatura media dell’aria interna, il rimescolamento della stessa dà luogo ad una più rapida dissipazione del calore prodotto in eccesso dal corpo. Nella stagione fredda si avrà l’effetto contrario allorché, a causa del vento, la persona avverte la sensazione di una temperatura dell’aria inferiore al suo valore reale. Ovviamente, la ventilazione è necessaria anche per il ricambio dell’aria interna e quindi influisce anche sulla sua qualità e sulla salute degli occupanti.

Per quanto riguarda la purezza dell’aria interna, va evidenziato che l’organismo umano partecipa ad alterarne la composizione (aumentando il tasso di CO2, emettendo odori, aumentando la concentrazione di

batteri patogeni, ecc.). Questi sono i motivi principali per cui vi è la necessità di un adeguato ricambio dell’aria interna con quella esterna, purtroppo anch’essa inquinata e che dovrà quindi essere depurata con specifici apparecchi domestici o filtri.

ESTATE INVERNO

TEMPERATURA EFFETTIVA 24-26 °C 19-22 °C

UMIDITA’ RELATIVA 50% < UR < 60% 40% < UR < 50%

VELOCITA’ DELL’ARIA 0,1- 0,2 m/s 0,05-0,1 m/s

TAB. 1.2 Valori indicativi del benessere microclimatico (rockwool.it).

1.3.3 LA CASA BIOCLIMATICA

Le performance energetiche di un edificio sono influenzate da innumerevoli parametri: ¾ isolamento Æ 30%; ¾ ventilazione Æ 30%; ¾ ponti termici Æ 15%; ¾ finestre Æ 15%; ¾ apparecchi elettrici Æ 5%;

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¾ orientamento dell’edificio Æ 5% .

La progettazione è la fase più importante nella realizzazione di una casa. È buona norma porsi delle domande riguardo le diverse ubicazioni in funzione delle caratteristiche energetiche del luogo: in linea di principio andrebbe sempre scelto un posto soleggiato e al riparo dai venti ( a meno che si pensi di installare un impianto mini-eolico ). Di particolare importanza sono le caratteristiche geometriche dell’edificio: lo scambio energetico tra l’ambiente esterno e quello interno avviene attraverso la superficie (S) dell’involucro che racchiude il volume (V) riscaldato. Più è estesa la superficie maggiori sono le dispersioni termiche nonché le spese di realizzazione. Una casa compatta e dalle forme semplici senza la presenza di sporgenze di vario tipo (balconi, etc.) permette di ridurre la dispersione del calore. La compattezza dell’edificio è definita dal parametro S/V detto “coefficiente di forma”, il cui valore ottimale dovrebbe essere < 0,6 . Si tratta di una variabile cruciale ai fini della riduzione delle perdite energetiche per trasmissione, perciò si cerca una forma che minimizza il rapporto S/V. Inoltre le dispersioni a parità di forma sono inversamente proporzionali al volume. Edifici di grande volumetria tenderanno a trattenere il calore con maggiore facilità rispetto a edifici più piccoli che si raffredderanno più facilmente. Questo vantaggio a favore degli edifici a grande taglia per i mesi invernali diventerà in genere uno svantaggio nei mesi estivi durante i quali sarà difficile eliminare il calore metabolico dell’edificio. Buona norma è anche il raggruppamento degli ambienti a seconda delle funzioni, in modo da ottenere risparmi sia di riscaldamento che di illuminazione. In generale, un edificio bioclimatico possiede la facciata opaca a Nord, con ingressi e spazi di servizio concentrati su questo lato, e zone ampiamente vetrate a Sud. L’orientamento verso Sud delle stanze in cui si vive maggiormente (soggiorno, cucina e zona notte), è il migliore, per due motivi: viene sfruttata al massimo la radiazione solare durante i mesi invernali quando è più richiesta, mentre in estate, quando si vogliono evitare surriscaldamenti, il sole a sud è alto sull’orizzonte e l’edificio riceve meno radiazione.

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La figura seguente illustra una casa ideale, nelle condizioni estive ed invernali, diurne e notturne:

FIG 1.2 coibentazione ottimale nelle diverse condizioni meteo-climatiche

Il comportamento di questo edificio dovrebbe consentire le seguenti funzioni:

A. inverno, ore diurne : capacità di “aprirsi” alla radiazione solare

quando questa è disponibile ed utile e di immagazzinare il calore corrispondente; a questo scopo sono necessarie ampie superfici trasparenti, specie sulla facciata Sud, elevata capacità termica e coibentazione elevata;

B. inverno, ore notturne : possibilità di “chiudersi” riducendo le

dispersioni attraverso le superfici trasparenti, e sfruttando il calore immagazzinato;

C. estate, ore diurne : protezione delle superfici trasparenti dalla

radiazione solare quando questo sia indesiderabile;

D. estate, ore notturne : capacità di efficiente dissipazione di calore, al

fine di raffreddare i materiali ad alta capacità termica, che può così svolgere una funzione di pozzo di calore nelle ore diurne.

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Utilizzare il solare passivo per il riscaldamento riduce la dipendenza degli edifici da impianti energivori e costosi, senza significativi extra-costi. Il miglior guadagno solare si può ottenere catturando la radiazione solare incidente con vetrature di adeguate dimensioni: devono avere un’ampiezza ottimale e occupare circa il 40% della superficie complessiva della facciata, anche se alle nostre latitudini è sufficiente il 30%. Di queste, il 40-60% deve essere collocato nella facciata Sud, 10-15% a Nord e almeno 20% a Est e Ovest.

L’ energia captata dovrebbe essere stoccata in elementi ad elevata inerzia termica, come pavimenti e pareti in laterizio, pietra o cemento, che funzionano come riserve di calore: in inverno assorbono il calore durante il giorno e lo rilasciano gradualmente per convezione e radiazione durante la notte; in estate, la loro grande massa termica aiuta ad evitare il surriscaldamento degli spazi.

Le dispersioni del calore accumulato (o, per contro, il suo ingresso) vengono limitate tramite un’adeguata coibentazione: un buon isolamento termico garantisce un’adeguata protezione dal freddo e ambienti caldi, indipendentemente che essi siano riscaldati sfruttando il solare passivo o tramite impianti.

Investire in una buona coibentazione conviene sempre: a fronte di un aumento dei costi di costruzione si ottengono risparmi dell’80-90% delle spese e i costi di investimento si recuperano già entro pochi anni tramite i risparmi energetici ottenuti.

La scelta dei materiali di costruzione ed isolanti deve essere fatta in base al valore di trasmittanza U (capacità di un materiale di trasmettere calore, misurato in W/m² K ), che deve essere il più basso possibile, in modo che il calore faccia più fatica ad uscire. I materiali utilizzati devono possedere una densità specifica elevata, nonché un’alta capacità di accumulo del calore e bassa conduttività termica. L’involucro di un edificio passivo dell’Europa centrale deve soddisfare la condizione di U < 0.15 W / m² K. Tale valore può essere ottenuto con strati termoisolanti sui tetti e sui muri perimetrali, consentendo non solo di contenere il consumo energetico invernale ma anche quello estivo. Materiali isolanti

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costituiti da materie prime rinnovabili garantiscono una migliore protezione dal surriscaldamento estivo rispetto a quelli di natura sintetica.

L’ottimizzazione delle prestazioni dell’involucro edilizio richiede un’attenta scelta anche dei serramenti e dei vetri, che dovranno essere ad alta prestazione energetica e avere dimensioni appropriate alla volumetria dell’edificio, in modo da sfruttare al massimo il guadagno solare combinato con elevati livelli di isolamento, ma anche ridurre le perdite di calore per trasmissione. Per lasciar entrare la luce, ma opporre una forte resistenza alla dispersione del calore, i vetri devono essere a bassa emissività ed elevata trasmissione, per funzionare come una serra. Per di più devono avere due o tre strati con doppia intercapedine ermetica riempita con aria secca o, meglio ancora, con gas nobili quali Argon, Cripton e Xenon, che sono pessimi conduttori di calore e quindi limitano ulteriormente gli scambi tra interno ed esterno. D’inverno, quando il sole è basso, il doppio vetro intrappola la radiazione solare e conserva il calore. In estate, lo strato riflettente limita la quantità di energia che attraversa il vetro.

In estate, il surriscaldamento causato dall’eccesso di guadagno solare comporta disagi, come una diminuzione della qualità di vita e, nelle camere da letto, del riposo delle persone. Ciò può essere evitato utilizzando sistemi di ombreggiatura come tapparelle, veneziane, tettoie sporgenti. Gli elementi ombreggianti devono essere in grado di far passare l’irraggiamento solare d’inverno e rifletterlo d’estate, nonché permettere un’adeguata illuminazione durante tutto l’anno, tramite l’uso di apposite schermature orientabili.

Una funzione simile la svolgono particolari pellicole olografiche incollate direttamente sulle superfici trasparenti. Hanno la funzione in estate di intercettare la radiazione e rifletterla verso l’esterno e migliorare quindi l’isolamento della finestra.

I telai delle finestre, essendo in genere i componenti a maggiore dispersione dell’intero involucro, devono essere ridotti al minimo e devono avere elevate caratteristiche termiche. E’ opportuno limitare le

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perdite di calore ricorrendo a idonee guarnizioni (di plastica, gomma o alluminio) e rifinendo il tutto con silicone.

In sintesi, una buona finestra bilancia i guadagni solari delle ore diurne con le perdite termiche delle ore notturne, ed è caratterizzata da vetri “intelligenti” che combinano un buon coefficiente U (valori ottimali sotto gli 1.9 W/m²K) ed una grande trasparenza in modo da far penetrare almeno il 55% della luce incidente.

Di fondamentale importanza per una buona coibentazione risulta essere anche l’assenza di fessure e ponti termici, poiché questi producono una discontinuità nell’isolamento e una modifica del flusso termico; possono anche dare origine a basse temperature superficiali con il rischio di formazione di condensa o muffa. I ponti termici possono essere puntiformi o lineari, e possono essere originati sia dal progetto esecutivo che dalla cattiva esecuzione. Un ponte termico può causare la caduta locale della temperatura della superficie interna che può dare forma a fenomeni di condensa, a danni di umidità e ristagno d’acqua. Tipicamente si trovano lungo le cornici delle finestre, nelle giunzioni tra i pavimenti, pareti e tetti, lungo le gronde, le terrazze e i balconi, che non devono avere contatto con le strutture che si trovano all’interno dell’involucro , ma devono essere elementi strutturali a sé stanti. Nella norma 192/05 sono definiti ponti termici le discontinuità di isolamento termico che si può verificare in corrispondenza agli innesti di elementi strutturali (solai e pareti verticali tra loro).

Un tipo di isolamento molto utilizzato negli edifici bioclimatici è il cosiddetto isolamento a cappotto, ovvero un procedimento che consente di isolare le pareti di una costruzione applicando il materiale isolante all'esterno invece che dentro la parete o al suo interno. Questa tecnica presenta numerosi vantaggi, tra i quali l'eliminazione di ponti termici e la facilità di esecuzione, soprattutto negli interventi di ristrutturazione edilizia. La massa pesante, rivolta verso l’interno dell’edificio e isolata dall’esterno con lo strato coibente, accumula calore durante il giorno e lo cede nuovamente durante la notte. Nella stagione estiva consente di

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controllare l’azione dell’irraggiamento solare sulle superfici dell’involucro.

Il minor consumo di combustibile per il riscaldamento di una bioclimatica si ripercuote in modo positivo oltre che sui costi di gestione anche sulla difesa del clima. Si prediligono caldaie a condensazione alimentate a metano o gasolio, le quali hanno rendimenti maggiori rispetto a quelle tradizionali. Infatti, oltre al calore generato dalla combustione, consentono di recuperarne quella quantità che è contenuta nei fumi di scarico (altrimenti perso dai camini), i quali vengono “ripresi” dalla caldaia e fatti condensare, cedendo il calore trattenuto dal vapore acqueo.

Un altro sistema di riscaldamento efficiente consiste nella pompa di calore, sistema termodinamico in grado di trasferire calore da un corpo freddo (aria acqua terreno) ad uno a temperatura più alta (pozzo caldo). Il vantaggio deriva dalla sua capacità di fornire più energia (termica) di quella impiegata (elettrica) per il suo funzionamento. Il suo funzionamento è semplice e può essere brevemente schematizzato: poiché i gas aumentano di temperatura se compressi, vengono fatti condensare in una serpentina emettendo calore per uso domestico; in una valvola di espansione viene poi diminuita la pressione e quindi la temperatura scende al di sotto del valore dell’ambiente esterno; il liquido passa successivamente nella serpentina dell’evaporatore in contatto con l’aria esterna o altro mezzo e qui evapora nuovamente.

Le strategie bioclimatiche sono spesso usate in combinazione con l’impiego di collettori solari per il riscaldamento dell’acqua: convertono la radiazione solare in calore che viene trasferito, attraverso un fluido vettore (di solito l’acqua) e uno scambiatore di calore, a un serbatoio. La loro efficienza è dimostrata anche dal fatto che possono essere utilizzati tutto l’anno, poiché anche nelle giornate nuvolose c’è radiazione sufficiente a portare l’acqua ed una temperatura maggiore dell’ambiente. Oggigiorno la tecnologia è molto perfezionata ed è una delle vie più efficienti, anche da un punto di vista economico, per sfruttare le fonti energetiche rinnovabili.

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Da considerare rinnovabile a tutti gli effetti è la pompa di calore geotermica. Sfrutta la temperatura del terreno di 10-15 °C fino a 100-200 m di profondità, che risulta essere praticamente costante durante tutto l’anno (a parte i primi metri che subiscono l’influenza stagionale) grazie sia al calore che fluisce dal centro della terra verso la superficie, sia a quello che proviene da precipitazioni e reazioni naturali che avvengono nel sottosuolo. Il sistema si basa sul trasferimento del calore attraverso un fluido: la tecnica consiste nel praticare un foro verticale nel terreno per circa 80-120 m, inserirvi sonde geotermiche forma di “U” percorse da una soluzione di acqua miscelata ad antigelo, che mantengono sempre un’elevata efficienza di lavoro grazie alla temperatura costante tutto l’anno.

Sebbene non impieghi energia rinnovabile, si può anche usare un moderno impianto di cogenerazione, altamente efficiente dal momento che, a partire da un singolo generatore (alimentato a gas naturale), viene prodotta contemporaneamente calore ed energia meccanica che aziona gli alternatori per produrre energia elettrica.

Di essenziale importanza, per ottenere comfort negli spazi abitativi, risulta essere la ventilazione, sia per il ricambio dell’aria che per il raffrescamento degli ambienti, specie nei mesi estivi. Esistono due diverse tipologie di ventilazione:

¾ naturale: indotta da gradienti di temperatura e pressione, oppure da aperture poste su fronti sopravento e sottovento in corrispondenza tra loro;

¾ controllata: l’apparato di ventilazione è costituito da una canalizzazione in entrata, che prende aria dall’esterno, la filtra per togliere le impurità, la convoglia in apposite apparecchiature che provvedono al suo trattamento alla temperatura voluta e infine la immettono nell’ambiente interno; un secondo sistema prende l’aria viziata interna e la espelle dall’edificio, ma non prima di passare da uno scambiatore di calore che lo recupera e lo cede all’aria in entrata.

Figura

FIG 1.1  Schema di un’utenza con impianto FV collegata alla rete elettrica (www.conto-energia-online.it)
TAB. 1.2  Valori indicativi del benessere microclimatico (rockwool.it).
FIG 1.2  coibentazione ottimale nelle diverse condizioni meteo-climatiche
Fig. 1.3 Categorie termiche e loro fabbisogno energetico (www.agenziacasaclima.it)

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