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Come è emerso dall'analisi, La jeune fille au pair fa parte di questa ampia

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Academic year: 2021

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Conclusione

Nei capitoli precedenti è emerso quanto sia stata determinante per la produzione letteraria di Joffo la sua identità ebraica e soprattutto l'esperienza da fuggiasco durante l'occupazione. L'aver vissuto la Shoah e la perdita del padre nel campo di sterminio di Auschwitz lo hanno segnato profondamente, spingendolo a intraprendere la carriera di scrittore per dare sfogo alle inquietudini del passato che lo tormentavano.

Tra le numerose opere è stato preso in esame un romanzo non autobiografico, che tuttavia ha molto da dire sul suo autore e su una questione molto importante per Joffo: lo sterminio degli ebrei perpetuato dai nazisti. La famiglia protagonista, i Finkelstein, ha vissuto sulla propria pelle la persecuzione e cerca di ricostruirsi una vita dopo la guerra. Il loro fragile equilibrio viene sconvolto dall'arrivo di Wanda, misteriosa ragazza svizzera arrivata in Francia per migliorare la lingua e per lavorare come ragazza alla pari. La vera identità della ragazza, in realtà figlia di un ex gerarca nazista, costringe i Finkelstein a confrontarsi con il passato, ad accettare chi, senza averlo deciso, fa parte della stirpe degli aguzzini, ribadendo che l'appartenenza a una famiglia, a un popolo o a una “razza” non determina di per sé né colpe, né responsabilità. Anche Wanda, attraverso un difficile percorso di presa di coscienza, trae insegnamento dall'esperienza con i Finkelstein, poiché può finalmente toccare con mano la vita all'interno della comunità ebraica e smascherare le menzogne del regime appoggiato dal padre.

Trattare queste tematiche per chi, come Joffo, ha vissuto la Shoah perdendo i propri cari non è una scelta semplice, né immediata: come è stato evidenziato la maggior parte dei testimoni è rimasta per anni in silenzio e ha tentato di recuperare una vita normale mettendo a tacere i propri ricordi. Il motivo di questo silenzio da parte dei superstiti sta soprattutto nella difficoltà di raccontare l'indicibile e nel timore di non essere compresi o addirittura creduti, tuttavia, col passare degli anni, per molti testimoni il bisogno di parlare ha preso il sopravvento e sono nate una dopo l'altra numerose opere di testimonianza, con lo scopo di educare i posteri al rispetto delle diversità e alla pace tra i popoli.

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gamma di opere della memoria, in primo luogo memoria personale dell'autore poiché, come è stato sottolineato, vi ritroviamo alcuni elementi e personaggi che ricordano molto la sua biografia e l'esperienza vissuta durante la guerra: la famiglia Finkelstein, composta da ebrei emigrati in Francia, fiduciosi dell'accoglienza di un paese che alla fine li tradirà, i due fratelli David e Benjamin, il capofamiglia Samuel, che subisce un destino molto simile a quello del padre dell'autore, la figura del prete coraggioso e, soprattutto, le gravi conseguenze causate dalla guerra sulla psiche dei bambini.

Tuttavia il romanzo non si limita a trattare la Shoah attraverso l'esperienza personale di una famiglia, appare chiaro, infatti, che La jeune fille au pair si colloca tra le opere della memoria collettiva e storica, poiché richiama l'attenzione del lettore su fatti del passato spesso ignorati. Sono stati contestualizzati i principali riferimenti storici all'interno del romanzo: la retata del Vélodrome d'Hiver, il campo di concentramento di Drancy e il processo di Norimberga. I primi due riferimenti possono essere considerati dei simboli del collaborazionismo francese e servono all'autore per mettere a nudo la barbarie commessa da una Francia che troppo spesso ha dimenticato le proprie responsabilità, mentre il processo è un espediente per chiudere il cerchio e presentare, attraverso i flashback di Wanda, i crimini e la condanna di Hans Schomberg, per ribadire la necessità di punire coloro che avevano portato l'Europa al collasso. Si può dire che tutto il romanzo ruota attorno al concetto di memoria e all'importanza di ricordare uno dei peggiori crimini contro l'umanità. I protagonisti sono i portavoce di questa missione, grazie alla loro volontà di perpetuare le tradizioni, di tenere vivo, forse in modo eccessivo, come sostiene più volte Wanda, il ricordo dei cari assassinati nei lager, proprio come insegnano i precetti dell'ebraismo («Nous autres juifs avons le culte du souvenir»)

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La traduzione di questo romanzo così carico di riferimenti storici e culturali ha

presentato non poche difficoltà. In primo luogo ho dovuto confrontarmi con un mondo

sconosciuto come quello della cultura ebraica, con le sue tradizioni, i suoi riti religiosi

(esattamente come la protagonista Wanda, che entra pian piano a farne parte) e con i

termini in lingua yiddish, non mancano inoltre i riferimenti alla cultura polacca, molto

presente nella vita quotidiana dei Finkelstein.

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Sono stati evidenziati anche i richiami al periodo storico in cui è ambientato il romanzo e alla cultura del tempo: una Francia del dopoguerra amministrata dagli americani, le ristrettezze che convivono con la lenta rinascita e con gli svaghi dell'epoca. Questi rimandi prettamente legati alla cultura francese degli anni cinquanta hanno richiesto, come evidenziato nel caso dei programmi radiofonici, alcuni adattamenti per andare incontro al pubblico italiano, affinché ogni riferimento possa essere chiaro anche per un lettore non francofono.

Sono stati necessari adattamenti anche per alcune questioni linguistiche, in quanto il romanzo presenta situazioni ed espressioni intraducibili nella lingua di arrivo, che hanno richiesto, come già sottolineato, soluzioni alternative che restituissero un messaggio equivalente. Numerose sono anche le espressioni idiomatiche, per le quali è stata necessaria una resa efficace in italiano e non mancano inoltre gli esempi di linguaggio familiare, da rendere in una lingua altrettanto colloquiale. È stata sottolineata anche la difficoltà incontrata nel rendere la sintassi dell'autore, che fa spesso uso di proposizioni giustapposte e accumulate, per cui è stato essenziale lavorare sulla frase italiana per rendere nella traduzione lo stesso effetto ritmico e sonoro.

Tutto ciò ha indubbiamente complicato il lavoro di traduzione della Jeune fille

au pair, ma è stato anche uno stimolo a trovare soluzioni alternative, a giocare con la

lingua italiana anche nel suo livello informale e dialogico e, soprattutto, a conoscere e a

informarmi su nuove culture, nuove tradizioni e fatti storici che meritano di essere

ricordati.

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Bibliografia

Bibliografia primaria

Joffo J., Un sac de billes, Paris, Jean-Claude Lattès, 1973.

Joffo J., Anna et son orchestre, Paris, Jean-Claude Lattès, 1975.

Joffo J., Baby-foot, Paris, Jean-Claude Lattès, 1977.

Joffo J., La vieille dame de Djerba, Paris, Jean-Claude Lattès, 1979.

Joffo J., Le Fruit aux milles Saveurs, Paris, Garnier frères, 1980.

Joffo J., La jeune fille au pair, Paris, Jean-Claude Lattès, 1993.

Joffo J., Agates et calots, Paris, Ramsay, 1997.

Éluard P., Poesie, trad. it. F. Fortini, [Milano], Arnoldo Mondadori Editore, 1976.

Bibliografia secondaria

La commémoration de la rafle du Vel' d'Hiv' à Drancy, «Le Monde», 16/07/2012,

<http://www.lemonde.fr/societe/article/2012/07/16/la-commemoration-des-70-ans- de-la-rafle-du-vel-d-hiv-debute-a-drancy_1733934_3224.html> (30/06/2017).

Attias J., Benbassa E., Dictionnaire de civilisation juive, Paris, Larousse-Bordas, 1997.

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Bommelaer C., Joseph Joffo: «Un sac de billes, c'est mon bâton de maréchal», «Le Figaro», 18/01/2017,

<http://www.lefigaro.fr/culture/2017/01/18/03004-20170118ARTFIG00012-joseph- joffo-un-sac-de-billes-c-est-mon-baton-de-marechal.php>, (07/07/2017).

Corni G., Il collaborazionismo e la Shoah, in Cattaruzza M. et al. (a cura di), Storia della Shoah, Torino, UTET, 2005, pp. 951-981.

D'Hoop J., Drancy, camp de concentration ou de transit?, «Guerres mondiales et conflits contemporains», 1992, (CLXVI), pp. 169-171.

De Notariis M. (a cura di), Storia delle religioni, Napoli, Esselibri S.p.A., 2010.

Friedländer S., Gli anni dello sterminio, trad. it. S. Caraffini, Milano, Garzanti, 2007.

Hartman G., Caminade M., Témoignage, art et traumatisme de l'Holocauste, «Mots», 1998, (LVI), pp. 50-68.

Heinich N., Le témoignage, entre autobiographie et roman: la place de la fiction dans les récits de déportation, «Mots», 1998, (LVI), pp. 33-49.

Lecco A., Il cantore muto. Sono stati gli ebrei liberi di raccontare se stessi?, Milano, Spirali Vel Edizioni, 1989.

Moroncini B., La testimonianza fra memoria e storia. In che consiste la verità dello sterminio?, «Bollettino Filosofico», 2016, (XXXI), pp. 371-396.

Overy R., Interrogatori, trad. it. N. Lamberti, Milano, Mondadori, 2003.

Peschanski D., 1939-1946, les camps français d'internement, «Hommes et migration»,

1994, (MCLXXV), pp. 11-19.

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Rosenman A. D., Entendre la voix du témoin, «Mots», 1998, (LVI), pp. 5-14.

Vinay J. P., Darbelnet J., Stylistique comparée du français et de l'anglais, Paris, Didier, 1977.

Wachtel N., Le temps du souvenir, «Annales», 1980, (I), pp. 146-148.

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Sitografia

Enciclopedia Treccani:

<http://www.treccani.it/enciclopedia/kolchoz/> (10/04/2017).

GialloZafferano:

<http://blog.giallozafferano.it/lacucinadiannama/borsch-polacco-zuppa-di- barbabietole/> (18/04/2017).

Heimlish, par Loch B., extrait du TRAIT d'UNION, Bulletin mensuel du judaïsme traditionaliste n° 102, adar 5723, mars 1963:

<http://judaisme.sdv.fr/humour/heimlish.htm> (18/04/2017).

Incontro con Joseph Joffo organizzato dall'associazione Alliance Sorbonne, 7/02/2017,“Un Sac de Billes” plus qu'un film: le témoignage de Joseph JOFFO:

<https://www.youtube.com/watch?v=wz-zBRP30mw> (05/07/2017).

Site du judaïsme d'Alsace et de Lorraine:

<http://judaisme.sdv.fr/> (18/04/2017).

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