UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere
Anno Accademico 2017-2018
Corso di Laurea Magistrale in Archeologia
ARCHEOLOGIA URBANA A LUCCA TRA IV E VIII SECOLO D.C. Nuove prospettive tra continuità e trasformazione della città antica
Candidato Relatore
INDICE
Introduzione……….……….………...…..pag. 3
CAPITOLO 1
LA STORIA DI LUCCA TRA FONTI SCRITTE ED EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Le origini della città: le fonti scritte e la definizione della topografia urbana………..….p. 7 Il contributo dell’archeologia urbana a Lucca……….….p. 23
CAPITOLO 2
LE RICERCHE ARCHEOLOGICHE NEL CENTRO URBANO DI LUCCA
Archeologia a Lucca nel XIX secolo: casualità degli scavi e mancanza di contesti…………...…..p. 28 Dall’Archeologia prestratigrafica allo scavo della prima cattedrale………...….…...p. 36 Scavi preventivi e indagine stratigrafica: l’Archeologia urbana a Lucca alla fine
del XX secolo ………...…...……...p. 45 L’ultima stagione dell’archeologia urbana a Lucca: la ricerca dello spazio dei vivi
e dello spazio dei morti……….………..…..p. 59 Elenco dei siti interessati da interventi di Archeologia urbana a Lucca……….……….………….p. 66 Pianta topografica della città con le evidenze dei siti scavati ………...…………...…………p. 67
CAPITOLO 3
L’IMMAGINE DI LUCCA TRA LA TARDA ANTICHITA’ E L’ALTO MEDIOEVO: IL CONTRIBUTO DELLE DIVERSE FONTI
Evoluzione topografica della città dall’età teodosiana al regno di Teodorico (379-526)………….. p. 68
Pianta topografica della città con l’evidenza dei monumenti riferibili a questa fase…..…………...p. 86 L’immagine di Lucca dalla guerra greco-gotica alla definitiva conversione
dei Longobardi alla religione cattolica (535-685).………..….…….….p. 87 Pianta topografica della città con l’evidenza dei monumenti riferibili a questa fase...…………....p. 101 L’immagine della città capitale del ducato Longobardo di Tuscia (685-774)………..………..…..p. 102 Pianta topografica della città con l’evidenza dei monumenti riferibili a questa fase………..…….p. 129 CAPITOLO 4
UN PARALLELO TRA LUCCA E LE ALTRE CITTA’ DELLA TOSCANA TRA LA TARDA ANTICHITA’ E L’ALTO MEDIOEVO
La Toscana delle città dalla caduta dell’Impero alla dominazione longobarda……….….…....….p. 130 Firenze……….….………...….p. 133 Siena……….……..…....…..p. 139 Pisa……….…...…....p. 146 Fiesole……….…………..……....…...p. 152 Pistoia……….….……….p. 158 Volterra………...p. 163 Arezzo……….…....….p. 168 Luni………...………..…….p. 174 Dinamiche comuni nei diversi modelli di sviluppo delle città della Tuscia settentrionale………..p. 180 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE………..p. 191 Figure relative a strutture-reperti e planimetrie degli scavi………..…...p. 199 Bibliografia……….….p. 228
INTRODUZIONE
Se solo recentemente è stata fatta chiarezza sulle origini etrusche di Lucca, maggiori certezze sono state acquisite su altri periodi della sua storia, quando divenne sede del ducato longobardo di Tuscia, prima, e uno dei migliori esempi di governo libero in età comunale, poi1. Mentre per questa ultima fase l’interesse
degli studiosi è sempre stato vivo, soprattutto quando si doveva richiamare il tema delle libertà cittadine, ancora molto resta da scoprire delle vicende storiche e dell’aspetto urbanistico della città altomedievale. Negli ultimi decenni una serie di indagini archeologiche effettuate in ambito urbano hanno consentito di ricostruire molti aspetti del cambiamento che attraversa la città tra la Tarda Antichità e l’Alto Medioevo. Dalla ripresa di età teodosiana che pone fine alla crisi che Lucca, come molte altre città della Tuscia, aveva conosciuto tra il II e il III secolo, sino ad arrivare all’organizzazione delle nuove gerarchie religiose la cui opera è caratterizzata dalla crescente cristianizzazione dello spazio urbano. L’affermarsi in modo così compiuto dell’archeologia urbana a Lucca ha consentito di arricchire i vari studi di storia locale elaborati esclusivamente sulla base delle fonti archivistiche e documentarie, di cui è particolarmente ricca la tradizione cittadina per i primi secoli del Medioevo2.
L’idea alla base del lavoro è, quindi, quella di adottare un approccio che integri la nutrita mole di documenti scritti con il dato archeologico emerso dalle numerose campagne di scavo che hanno interessato la città nelle diverse epoche, nel tentativo di ricostruirne l’aspetto urbanistico e le vicende storiche e religiose. Inizialmente verranno ripercorse le campagne di scavo che hanno avuto luogo nel XIX secolo quando nelle discipline archeologiche risultava ancora
1 ZECCHINI 1999.
prevalente l’interesse per il recupero di edifici, strutture e architetture. Resta, comunque, una fase molto importante caratterizzata da indagini talvolta occasionali e spesso non documentate ma che hanno consentito il recupero di tratti delle mura repubblicane, di strutture attinenti alla cattedrale e alle prime basiliche e di numerose sepolture ricche di preziosi corredi3.
In una seconda parte verrà posta l’attenzione sul prolungato cantiere di scavo che ha avuto come oggetto la prima cattedrale e l’attiguo battistero, tra il 1969 e il 1977, che rappresenta il primo vero momento di archeologia urbana a Lucca, nell’accezione moderna del termine4. Le indagini hanno potuto chiarire le
diverse fasi di frequentazione che hanno interessato il sito intorno al quale viene a costituirsi il nuovo centro propulsore della vita cittadina in seguito all’abbandono dell’area forense. Successivamente l’analisi avrà come oggetto la frenetica stagione di scavi che inaugurata alla fine degli anni ottanta arriva sino ai giorni nostri, facilitata da una rinnovata normativa in materia. Le numerose campagne avrebbero riguardato aree ed edifici della città interessati da diverse fasi di occupazione in grado quindi di restituire una considerevole quantità di reperti, dati e informazioni5. In questa fase la ricerca archeologica, complice
l’utilizzo di tecnologie, l’applicazione di metodologie scientifiche e il pieno affermarsi delle indagini stratigrafiche, ha subito una vera e propria trasformazione che ne ha incrementato le potenzialità e i risultati. Negli ultimi decenni è, inoltre, cresciuta l’attenzione sugli aspetti della vita quotidiana, sulle modalità dell’abitare e sui costumi funerari dei primi secoli del Medioevo. In particolare i numerosi reperti ceramici recuperati nelle varie indagini hanno contribuito a chiarire i circuiti commerciali di cui Lucca era parte integrante e hanno permesso di appurare il graduale venire meno della distinzione tra lo
3 CIAMPOLTRINI 1983, p. 514. 4 DE ANGELIS D’OSSAT 1992, p. 17. 5 CIAMPOLTRINI 2002, p. 5.
spazio dei vivi e lo spazio dei morti. L’analisi tipologica e metodologica degli scavi riportati secondo la loro successione cronologica, integrata dai dati relativi al contesto, alle strutture ed ai reperti, consentiranno di redigere una pianta topografica della città in cui sia possibile evidenziare tutti i siti indagati nelle diverse epoche. Questi saranno classificati per categoria di appartenenza (edifici ecclesiastici, pubblici, infrastrutture, abitazioni private, sepolture e necropoli, attività produttive) e per epoca di costruzione (dal I secolo a.C. sino all’VIII secolo d.C.) con particolare attenzione ai casi di riutilizzo e occupazione successiva.
Nella seconda parte dello studio l’insieme dei dati e delle informazioni, frutto delle numerose indagini archeologiche, verranno confrontate e sovrapposte alle testimonianze fornite dalle altre fonti storiche, di cui è particolarmente ricca la tradizione cittadina6. Le evidenze epigrafiche, rinvenute lungo il tracciato delle
mura urbane o all’interno di edifici ecclesiastici, la documentazione archivistica, le pubblicazioni relative alla storia e alla topografia della città7. L’integrazione
delle diverse fonti tra loro complementari permetterà di collocare all’interno di una pianta, redatta per ciascun periodo più significativo della storia urbana, edifici, infrastrutture e monumenti con l’evidenza della fonte archeologica o documentaria della propria scoperta e identificazione. Saranno così riconoscibili edifici religiosi oggetto di scavo ovvero noti tramite le testimonianze scritte che ne stabiliscono cronologia e paternità dei fondatori, le sepolture singole e le aree adibite a necropoli, gli impianti produttivi, le mura, le infrastrutture pubbliche e gli sporadici casi di edilizia privata nel tentativo di restituire un quadro, il più possibile completo, in una fase storica ancora caratterizzata da molte lacune8.
6 BELLI BARSALI 1973, pp. 461-554. 7 CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, p. 565.
8 CIAMPOLTRINI 1992b, pp. 39-48; CIAMPOLTRINI 1992d, pp. 191-196; ABELA, BIANCHINI, ZECCHINI 2003, pp. 281-298; CIAMPOLTRINI, SPATARO, ZECCHINI 2005, pp. 317-332.
L’ultima parte sarà orientata a proporre un confronto tra Lucca e le altre città della Tuscia con l’obiettivo di analizzare il differente ruolo da queste assunto nel delicato momento di passaggio determinato dalla fine dell’età romana. Alcuni di questi centri continuarono ad avere una discreta vitalità legata ad una precisa funzione militare, commerciale e religiosa di cui si fece interprete un nuovo ceto dirigente che avrebbe con il tempo contribuito a un rinnovamento dell’immagine della città. In altri centri, invece, la crisi iniziata alla fine del II secolo si sarebbe ulteriormente aggravata a causa dell’assenza di una classe politica appropriata in grado, con le proprie capacità e disponibilità finanziarie, di invertire quel processo di decadenza e abbandono che aveva coinvolto queste città destinate ormai a ricoprire un ruolo marginale9.
CAPITOLO 1
LA STORIA DI LUCCA TRA FONTI SCRITTE ED EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Le origini della città: le fonti scritte e la definizione della topografia urbana
Le recenti acquisizioni in campo archeologico hanno dimostrato come le prime forme di insediamento nella pianura lucchese siano riconducibili alla popolazione etrusca, di cui è stato possibile ricostruire le varie fasi di occupazione dalle prime manifestazioni villanoviane sino all’avvento delle truppe romane10. Tali dati sembrano escludere, in via definitiva, le ipotesi di una
fondazione da parte dei Liguri, in passato accreditate in virtù di un fattore toponomastico legato al termine luk, luogo paludoso, riferito al territorio in cui sarebbe sorta la città11. Resta l’evidenza di un sito conteso da diverse
popolazioni: gli Etruschi del Valdarno, che già occupavano Pisa e che avrebbero concesso il territorio per la fondazione della colonia latina, a partire dal 180 a.C.; i Liguri, la cui presenza, in aree limitrofe della piana e della Valle del Serchio è attestata dalle numerose tracce relative a costumi funerari ad essi riconducibili; i coloni romani, giunti a popolare queste zone da diverse comunità dell’Italia centrale 12. Le fonti scritte, pur non contribuendo a fare chiarezza sulle
genti preromane che hanno fondato la città, riportano alcuni fatti ed accadimenti storici relativi al ruolo di Lucca impegnata ad arginare le avanzate delle altre popolazioni italiche13.
10 ZECCHINI 1999, p. 12.
11 Sulle origini di Lucca si rimanda a SOMMELLA, GIULIANI 1974; MENCACCI, ZECCHINI 1982. 12 CIAMPOLTRINI 1995, p. 33.
13 Secondo Livio la data di fondazione del 180 a. C. risale alla deportazione dei prigionieri Liguri in Irpinia (TITO LIVIO, Ab Urbe condita, XL, 43, 1). Un altro passo in cui l’autore latino cita espressamente la città è re-lativo alla colonizzazione della campagna circostante in base ad una concessione del Console Sempronio, nel momento in cui Annibale trovava rifugio sicuro presso i Liguri (TITO LIVIO, Ab Urbe condita, XXXI, 59). Ele-mento significativo, nell’attribuire l’appartenenza di Lucca preromana agli Etruschi, è un altro passo di Livio in cui vengono narrate le vicende della vittoria romana sui Liguri ottenuta da Quinto Minucio, nel 191 a. C., in cui
L’importanza della città, sin dalle proprie origini, è dovuta alla posizione strategica di confine tra l’area appenninica ed il territorio occupato dagli Etruschi, ma anche dal fatto di trovarsi su un crocevia di strade consolari e di essere collegata al mare per mezzo delle vie fluviali. In età tardorepubblicana, la città viene difesa da una cinta muraria composta da blocchi di calcare bianco dei Monti Pisani, costruita in opus quadratum, attraversata dal cardus maximus (da sud a nord) e dal decumanus maximus (da ovest ad est)14. Le mura, alte circa 7
metri con una profondità di 2,50 metri ed una lunghezza intorno ai 2700 metri, avevano andamento rettilineo su due lati, mentre ad ovest e a nord erano caratterizzate da un percorso curvilineo, determinato dalla sinuosità del corso del fiume prossimo alla città15. Le tecniche costruttive impiegate e l’utilizzo di
diverse qualità di pietra calcarea hanno fatto ipotizzare l’impiego di diverse maestranze alle quali sarebbero stati assegnati alcuni lotti di lavoro. La conferma potrebbe essere fornita anche dalle diverse fasi costruttive della cerchia urbana, visto che il tratto settentrionale, maggiormente esposto alle popolazioni liguri, è stato edificato per primo, utilizzando il calcare dei Monti Pisani, secondo un modello già applicato per la fondazione delle mura di Fiesole16. L’aspetto
ortogonale della città antica, una delle testimonianze più significative ed a lungo conservate della Lucca romana, è confermato dalla divisione del tessuto urbano in insulae di forma quadrangolare e dalla presenza di quattro porte da cui partivano le strade consolari di collegamento con gli altri centri della Toscana17.
L’isolato centrale, rappresentato dal foro, ospitava il centro economico, civile e politico della città ed in età augustea avrebbe subito una serie di interventi con la
parlando di preda etrusca si fa riferimento alla presenza e all’importanza che questa civiltà doveva avere prima dell’insediamento della colonia latina (TITO LIVIO, Ab Urbe condita, XXXVI, 38).
14 MINTO 1925; CIAMPOLTRINI 1995. 15 ABELA, BIANCHINI 2002, p. 13. 16 CIAMPOLTRINI 1995, p. 29. 17 CIAMPOLTRINI 1995, p. 14.
costruzione di edifici monumentali, a testimonianza della grandezza che il centro doveva aver raggiunto a due secoli dalla fondazione della colonia latina. I primi edifici sacri erano localizzati ancora in prossimità dell’area forense dove sono state recuperate, in recenti campagne di scavo, testimonianze relative ad una scalinata d’accesso ad un tempio, un colonnato ed un podio che hanno fatto pensare alla presenza di un apposita area dedicata al culto. Per quanto riguarda l’edilizia privata, numerose sono state le indagini che hanno evidenziato strutture relative a domus, come pavimentazioni, intonaci dipinti e strutture in alzato, successivamente interessate da un riutilizzo o da una diversa destinazione d’uso18. Il caso più rilevante, a riguardo, è quello relativo alla sequenza di
occupazione che interessa il sito in cui sarebbe sorta la prima cattedrale, dedicata ai SS. Giovanni e Reparata, dove in età repubblicana doveva essere presente una domus, i cui ambienti erano già stati portati alla luce dagli scavi ottocenteschi di Enrico Ridolfi19. La città conosce, alla fine del II secolo, un
periodo di profonda crisi, testimoniata sia dalle fonti scritte che dalle evidenze archeologiche che hanno riscontrato, per questa fase, strati di abbandono, demolizioni o siti coperti da discariche. Questo dato interessa sia aree pubbliche, come quella del foro romano, sia strutture private, come le diverse domus, coperte da detriti e materiali di scarto ovvero demolite negli arredi e nelle strutture portanti. Già a partire dalla media età imperiale, però, si assiste ad un tentativo di ripresa che culminerà, nella tarda antichità, in numerosi rifacimenti di infrastrutture pubbliche, come strade e mura urbane, e in diversi casi di rioccupazione di edifici privati, con interventi che impiegano anche diffusamente materiale di cava. Il dato pare trovare conferma nei consistenti depositi ceramici, riferibili a questa fase, che sembrano attestare una certa
18 CIAMPOLTRINI 1990, pp. 561-592. 19 CIAMPOLTRINI 2001, p. 109.
vitalità economica della città.20 Questo aspetto, indubbiamente legato al ruolo
strategico che il centro seppe conservare, risulta evidente nella ristrutturazione della cinta muraria che definisce Lucca come città-fortezza ed avamposto militare e, a partire dal IV secolo, nella frenetica stagione di edilizia religiosa che avrebbe contribuito a ridefinire il volto della civitas in senso cristiano21. Il
tracciato delle mura repubblicane, alla fine del III secolo d.C. viene interessato da un rifacimento curato da un funzionario di rango equestre, per incarico ricevuto dall’imperatore Marco Aurelio Probo, dato questo che, oltre ad avere una testimonianza epigrafica, trova conferma nelle evidenze archeologiche22. La
stessa rete viaria sembra confermare la vitalità della città, interessata in questa fase da vari rifacimenti, con selciati stradali composti da ciottoli, frammenti di laterizio e di materiale lapideo utili a garantire i collegamenti funzionali alle nuove chiese e alle attività artigianali23. L’altro aspetto che caratterizza la ripresa
di età teodosiana è quello, inerente la prima fase di cristianizzazione dello spazio urbano, processo che sembra avvenire in un arco di tempo abbastanza circoscritto. L’edificazione della prima cattedrale dei SS. Giovanni e Reparata, nel quadrante sud-orientale della città, la costruzione dell’annesso Battistero su un edificio termale precedente, unitamente alla collocazione degli spazi cimiteriali nelle immediate vicinanze delle porte, in corrispondenza delle nuove fondazioni religiose, sembrano ridefinire l’assetto topografico della città. La chiesa dedicata a San Vincenzo, martire iberico, fuori dal perimetro romano nel quadrante settentrionale, testimonia la continuità dei costumi funerari dell’antichità nel seppellire i defunti extra muros, pur se collocati nelle immediate vicinanze delle porte24. Questa prima fase di edilizia religiosa, da 20 CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, p. 588.
21 CITTER, VACCARO 2003, p. 309.
22 CIAMPOLTRINI, ABELA, BIANCHINI, ZECCHINI 2003, p. 290. 23 CANTINI, CITTER 2007, p. 404.
collocarsi tra la metà del IV ed i primi decenni del V secolo, comprende la struttura ad aula unica absidata di matrice ambrosiana della prima cattedrale, ma anche quella cruciforme di derivazione padana, della chiesa di S. Vincenzo25. La
collocazione di queste prime basiliche nelle aree prossime alle mura ed alle porte urbiche, in corrispondenza dei complessi cimiteriali della città antica, costituisce un altro aspetto fondamentale della cristianizzazione dello spazio urbano pur nella continuità d’uso delle infrastrutture esistenti26. Infine, per
quanto riguarda l’edilizia privata, i dati archeologici confermano l’inizio di una fase caratterizzata dalla diffusione di nuove tecniche costruttive e dall’impiego di nuovi materiali di cava, come il litotipo giallastro sfaldato per piani orizzontali, riducendo al minimo l’attività di spoglio degli edifici della città antica. Molto scarse sono invece le testimonianze relative al periodo dei conflitti tra goti e bizantini, quando Lucca venne prima occupata dagli Ostrogoti di Teodorico e poi conquistata dai bizantini di Narsete nel 553, di cui si ricorda, nelle fonti scritte, l’assedio posto alla città. Sul finire del VI secolo, l’occupazione da parte dei Longobardi che, secondo la ricca collezione di pergamene dell’Archivio Diocesano, deve essere avvenuta precocemente negli anni immediatamente successivi alla morte del re Alboino, non pare, almeno nel breve termine, aver modificato sostanzialmente la topografia urbana27. Proprio la
posizione strategica allo sbocco della catena appenninica ne avrebbe fatto un presidio militare con finalità difensiva e, al tempo stesso, una testa di ponte per la conquista della Tuscia da parte dei Longobardi, sino a sancirne il ruolo di capitale del ducato28. L’importanza di Lucca, in questa epoca, viene confermata
dalle testimonianze archivistiche ed epigrafiche che ricordano la presenza di
25 CANTINI, CITTER 2007, p. 404.
26 CIAMPOLTRINI 2001, p. 109 CANTINI, CITTER 2007, p. 405. 27 DE CONNO 1991; VON HESSEN 1975.
diversi edifici pubblici come la curtis regia, la curtis ducale e la zecca29. La città
conserva una sua centralità anche in età carolingia ed ottoniana, quando continua l’attività edilizia che interessa gli edifici ecclesiastici, ormai divenuti dei veri e propri centri di potere politico e sociale30. Solamente a partire dal XII secolo si
ha un ridimensionamento dell’influenza di Lucca sia in termini politici, con la morte di Matilde di Canossa (1115) e la formazione delle magistrature comunali (1119), che in termini religiosi, con le prerogative vescovili sempre più limitate all’ambito ecclesiastico31. Per quanto riguarda il quadro topografico della città, il
primo elemento da analizzare per verificare elementi di continuità piuttosto che di frattura tra la città romana e quella tardoantica ed altomedievale è rappresentato dalla continuità d’uso e dalla funzione mantenuta dal tracciato delle mura repubblicane32. Secondo un’interpretazione, ormai largamente
accolta, l’andamento della cortina difensiva, delineato da Giuseppe Matraia nel 1843, è da ritenersi valido alla luce sia delle testimonianze scritte inerenti la storia della città, sia dei dati relativi alle evidenze archeologiche che, negli ultimi anni, hanno confermato molte delle conclusioni acquisite sulla definizione del tracciato33. Già nel XIX secolo, approfonditi saggi, effettuati in vari punti
delle mura, hanno portato in evidenza diversi blocchi di calcare bianco che componevano la struttura quadrangolare, alcuni dei quali sono visibili ancora oggi nelle mura perimetrali della chiesa di S. Maria della Rosa. Sempre secondo lo storico lucchese si aprivano quattro porte murarie nel percorso oltre ad alcune
posterulae: la porta orientalis di S. Gervasio e la porta occidentalis di S. Donato
collegate attraverso il decumano, mentre la porta settentrionale di S. Frediano e la porta meridionale di S. Pietro erano collegate dal cardo. Questo aspetto non
29 DE MARINIS 1992; DE ANGELIS D’OSSAT 1992; CIAMPOLTRINI, DE TOMMASO, NOTINI, RENDI-NI, ZECCHINI 1994.
30 DE CONNO 1991, p. 62. 31 BELLI BARSALI 1988, p. 18. 32 CIAMPOLTRINI 1995, p. 33.
pare trovare supporto nella documentazione archeologica secondo la quale, la costruzione di torri e postierle, è da assegnare ad una fase successiva quando, nei secoli centrali del Medioevo, gli interventi di consistente ristrutturazione della cinta muraria sembrano attestare una buona capacità di spesa pubblica delle istituzioni e magistrature comunali34. Per quanto riguarda le infrastrutture e
gli edifici residenziali, riferibili alla prima fase di urbanizzazione della città, risultano interessati da casi di abbandono, riutilizzo o riconversione, in una caotica ridefinizione dello spazio urbano che conserva nella cerchia muraria l’unico elemento di vera continuità35. Infatti per quanto riguarda l’area del Foro,
centro propulsore della vita economica e sociale della città antica, ruolo che sarà di nuovo tale solo in piena età comunale, il suo graduale abbandono a beneficio della zona sud-orientale, è confermato dalla costruzione, in questo quadrante, della prima cattedrale della città, del Battistero e dalla presenza di edifici residenziali di un certo livello. Esemplare, al riguardo, è il caso dell’Anfiteatro romano che, nelle fonti medievali appare come Parlascio, toponimo che pare tradire un riutilizzo come quartiere militare ovvero una nuova destinazione a struttura che ospitava le prigioni36. Lo stesso teatro romano, esempio tipico di
edilizia di età augustea, collocato nella zona settentrionale della città, dopo l’attività di spolio subita fra la Tarda Antichità e l’Alto Medioevo è oggetto di una nuova destinazione d’uso, dopo il Mille, all’interno del rinnovato processo di urbanizzazione della città medievale37. Abbandono e riutilizzo caratterizzano
anche colonne, sculture e pietre della città antica, il cui impiego, nell’edificazione ed ornamento di chiese e cattedrali, è attestato in diversi casi, pur all’interno di una fase storica in cui torna ad essere frequente l’estrazione e
34 CIAMPOLTRINI 1995, p. 32. 35 CIAMPOLTRINI 1992, pp. 39-48. 36 CIAMPOLTRINI 1992, pp. 39-48. 37 BELLI BARSALI 1973, p. 467.
l’utilizzo delle pietre di cava38. L’esigua consistenza delle testimonianze
archeologiche relative ai secoli iniziali del Medioevo, quando la società cittadina è interessata dal tentativo di integrazione delle nuove aristocrazie longobarde con quelle romane, è circoscritta alle sole evidenze cimiteriali che attestano una certa sovrapposizione dei costumi funerari sia in termini di collocazione delle sepolture che in termini di corredi. Questa lacuna costringe a fare esclusivo riferimento alle copiose fonti documentarie ed archivistiche le quali riportano il quadro di una città che, a partire dalla seconda metà del VII secolo, si distingue dalla Lucca tardoantica soprattutto per la nascita di poli a più alta densità abitativa che crescono intorno alle nuove fondazioni ecclesiastiche. Il dato che emerge dalle fonti scritte, relativo alla loro edificazione in un arco di tempo alquanto circoscritto, ha fatto ipotizzare l’esistenza di una diffusa committenza di famiglie longobarde e di associazioni che abbiano precocemente aderito alla conversione al cattolicesimo imposta dal re Cuniperto. Questa dinamica avrebbe, inoltre, dato vita alla codificazione di un sistema costruttivo, seriale, improntato all’utilizzo di ciottoli di fiume sbozzati, posti in opera su filari regolari e legati da solida malta39. La topografia urbana, che emerge dalle fonti
documentarie e dall’evidenza archeologica è caratterizzata dalla presenza di ampi spazi intramuranei, dedicati alle coltivazioni, alternati a zone a più alta densità abitativa che si sarebbero sviluppate in veri e propri quartieri. Questi, nella zona meridionale della città sviluppatasi intorno alla porta S. Pietro, furono interessati dalla creazione di importanti fondazioni ecclesiastiche, nella prima parte dell’VIII secolo, come San Pietro Maggiore, San Michele in Scragio, San Colombano, San Silvestro e San Vitale40. Analogamente, nella parte occidentale
della città, vennero costruiti il monastero di Santa Maria Ursimanni e la chiesa
38 CANTINI, CITTER 2007, p. 404. 39 CIAMPOLTRINI 2006, p. 73. 40 DE CONNO 1991, p. 87.
di San Donato, mentre scarse restano le attestazioni, in questa area, di edifici residenziali e di strutture abitative41. La zona settentrionale, intorno alla porta di
San Frediano, doveva avere un indubbio ruolo strategico, oltre che per motivi difensivi, anche come funzione di controllo delle frequenti esondazioni del fiume Auser, che lambiva le mura urbane. Questo importante settore della città è interessato, già in età tardoantica, dalla costruzione della chiesa di San Vincenzo, su cui avrebbe insistito nel VII secolo il Monastero di San Frediano e, in epoca altomedievale, dalla edificazione della chiesa di San Pietro Somaldi, centri ecclesiastici che daranno vita ad importanti aree sepolcrali42. Nella zona
orientale della città, invece, si ricordano le chiese di San Pietro in Vincoli, Santa Maria Forisportam, San Gervasio e San Michele in Cipriano per quanto, dal punto di vista abitativo, risulta essere il contesto urbano che ha restituito minori testimonianze43. Grazie ai primi scavi occasionali del XIX secolo, le evidenze
archeologiche hanno consentito di ricostruire, almeno in parte, l’eterogenea collocazione delle aree cimiteriali, non più limitate alle sole zone esterne alle mura, nel rispetto della distinzione romana tra città dei vivi e città dei morti, ma anche, seppur sporadicamente, all’interno della cerchia urbana, dove l’intensa attività edilizia ecclesiastica rese sempre più frequente l’associazione tra chiese private e sepolture44.
In conclusione, l’importanza di Lucca come centro episcopale prima e capitale del ducato longobardo di Tuscia poi, avrebbe determinato, pure all’interno di una sostanziale continuità topografica, uno spostamento del baricentro urbano nella zona sudorientale della città, dove vennero costruiti i principali simboli del potere politico e religioso. Il centro fu inoltre interessato da una suddivisione in isole o borghi, con una certa capacità abitativa ed una buona vitalità economica
41 DE CONNO 1991, p. 98. 42 DE CONNO 1991, p. 101. 43 DE CONNO 1991, p. 107. 44 CIAMPOLTRINI 2011, p. 56.
in una ridefinizione dello spazio urbano sempre più influenzata da una nuova concezione di civitas christiana.
La copiosa produzione storiografica riguardante Lucca inizia con le prime vicende relative alla fondazione della colonia romana nel 180 a. C. ed alla successiva costruzione della prima cerchia muraria che ne avrebbe garantito il ruolo strategico e militare anche in età imperiale e tardoantica. La stessa funzione sembra aver influito nell’elezione della città a capitale longobarda del Ducato di Tuscia e nella successiva affermazione in età carolingia ed ottoniana sino a giungere ai secoli finali del Medioevo, dove Lucca rappresenta uno degli esempi più riusciti di autonomia comunale. Si rende, quindi, necessario limitare l’indagine alle fonti scritte, archivistiche, documentarie ed epigrafiche che, in qualche modo, contribuiscono a chiarire il quadro topografico della città soprattutto laddove, le carenze della ricerca archeologica, hanno lasciato alcune zone d’ombra nella definizione dello spazio urbano. La ricca letteratura che ha interessato le mura romane e l’assetto urbanistico della città antica ha contribuito ad alimentare il dibattito degli eruditi lucchesi sin dal XVI secolo, come dimostrano le prime opere, addirittura manoscritte, come quella di Giuseppe Civitale, orientata alla ricostruzione del primo tracciato urbano, attraverso la stesura di un’accurata pianta in cui viene ricostruita l’evoluzione della cortina dall’età romana sino alla definitiva sistemazione rinascimentale45.
Nel secolo successivo, la figura più autorevole è rappresentata da Gerardo Penitesi, la cui opera si distingue per la segnalazione dei primi ritrovamenti sul campo, nel tentativo di conferire validità archeologica alle diverse ipotesi, sinora basate sulla tradizione documentaria46. Nello scritto redatto nel 1628 viene data
notizia del ritrovamento di un tratto di mura, nell’area della porta di S. Girolamo, nello stesso sito in cui, a poca distanza, viene rinvenuto il frammento
45 LEONARDI 1983. 46 PENITESI 1628.
relativo alla famosa epigrafe celebrativa dell’intervento dell’imperatore romano Marco Aurelio Probo di restauro delle mura repubblicane, compiuto negli anni del proprio regno tra il 276 ed il 282 d. C. Nella prima parte del XVII secolo, sempre all’interno di una concezione antiquaria dell’archeologia, si colloca l’opera di Daniello de’ Nobili, il quale si fa interprete di un confronto tra la documentazione medievale ed alcune evidenze relative ad occasionali ritrovamenti di tratti delle mura47. Le conclusioni, a cui l’autore giunge, sono di
un certo rilievo se si considera che egli, per primo, riconosce che il tracciato delle mura romane, nel tratto nord-occidentale, non era caratterizzato da un andamento regolare ma includeva quello che in seguito è stato definito una sorta di dente, cioè i quartieri di San Tommaso e Santa Giustina. Nel XIX secolo, uno studio approfondito sulla storia della città, con particolare attenzione all’assetto urbanistico e topografico viene fatto da Giuseppe Matraia, che, forte del contributo della giovane disciplina archeologica e di una serie di ricognizioni effettuate sul campo, riesce a delineare minuziosamente il tracciato della cortina di età repubblicana arrivando a conclusioni pressoché insuperate. Secondo l’autore, le mura romane seguivano il percorso da “via della Rosa e dell’Angelo Custode sino al palazzo dei sigg. Conti Talenti (...). Dall’angolo di detto palazzo, posto tra levante e tramontana, volgendomi a ponente mi condussi con egual metodo per la via Nuova, via degli Angeli e del Pappagallo fino all’antico monastero di S. Giorgio. Di là piegando a mezzogiorno lungo le vie S. Pellegrino e S. Ansano (oggi via Galli Tassi), S. Domenico giunsi a capo della Via della Cittadella; di dove percorrendo verso levante la via della Fonderia e la via del Corso (oggi entrambe formano Corso Garibaldi) potei raggiungermi d’onde era partito”48. Ancora più attento agli esiti della ricerca archeologica fu
Enrico Ridolfi, che direttamente impegnato in alcuni saggi nell’anfiteatro
47 DE’ NOBILI 1822. 48 MATRAIA 1843, p. 4.
romano e nel Battistero della prima cattedrale, contribuisce, in maniera concreta, alla definizione della topografia della città, con ritrovamenti di strutture, pavimentazioni e reperti destinati ad arricchire le diverse collezioni cittadine49.
Nella prima parte del XX secolo sono da segnalare le importanti conclusioni a cui giunse Antonio Minto, che, per primo, avanza un’ipotesi sulle possibili diverse fasi di costruzione delle mura romane destinata ad avere un certo seguito anche in epoche successive. Secondo l’etruscologo veneto, in seguito ad un ritrovamento di alcuni blocchi di dimensioni inferiori rispetto a quelli già riportati alla luce in altri tratti delle mura, la parte nord-occidentale della cerchia urbana, sarebbe stata posta in essere in una fase successiva rispetto alla fondazione originaria. Se questa posizione sembra essere stata smentita dai recenti ritrovamenti, altre importanti acquisizioni, avanzate dal Minto, hanno ricevuto conferma archeologica dagli scavi del 1987, negli ambienti di Via Streghi, e del 1989, in Via Fillungo50. Per quanto riguarda la topografia della
città in età altomedievale un’opera di assoluta importanza, nata dall’approfondita analisi delle fonti documentarie dell’Archivio di Stato e dell’Archivio Diocesano, è quella edita da Isa Belli Barsali, che costituisce il riferimento principale per la ricostruzione dell’assetto urbanistico in questa fase storica a fronte delle scarse evidenze archeologiche riferibili all’età longobarda e carolingia. Grazie a questo studio è stato possibile accreditare l’immagine di una città interessata da una importante fase di edilizia religiosa, tra il VII ed l’VIII secolo, con la costruzione di numerose chiese, monasteri e xenodochi, ma anche caratterizzata da una certa continuità delle infrastrutture di età romana come le mura, il teatro e l’anfiteatro. Se i dati relativi alle ricerche archeologiche hanno consentito di fare chiarezza su alcune strutture abitative e su diverse aree sepolcrali, l’opera della Belli Barsali, attraverso l’analisi della documentazione
49 RIDOLFI 1877, RIDOLFI 1882. 50 MINTO 1925.
scritta, ha contribuito a collocare, nella topografia della città, la curtis regia, la
curtis regine e la zecca, restituendo così un quadro che, seppur frammentario,
permette di ricostruire la presenza delle infrastrutture, degli edifici pubblici e delle fondazioni religiose più significative51. Negli stessi anni, con maggiore
attenzione alle evidenze monumentali e alla città romana, l’opera di Paolo Sommella e Cairoli Fulvio Giuliani si caratterizza per lo studio delle mura, dell’anfiteatro e del teatro, con particolare attenzione all’analisi dei materiali utilizzati e alle tecniche costruttive poste in essere. Per quanto riguarda la prima cerchia, viene riproposta la tesi di un tracciato ancora rettilineo, di poco arretrato rispetto a quello medievale, con l’andamento curvilineo delle mura nel tratto nord orientale, corrispondente all’attuale Via degli Angeli, verosimilmente dovuto alla vicinanza di un ramo del fiume Auser, che lambiva le mura in questo tratto della città52. Ormai negli anni ottanta del XX secolo, la fondamentale
ricognizione di Michelangelo Zecchini e Paolo Mencacci cerca di contemperare le evidenze archeologiche con la ricca documentazione scritta, fornendo un’interpretazione relativa ai diversi ritrovamenti di blocchi di calcare della cinta urbana, rinvenuti non sempre in situ, nel tentativo di giungere alla corretta definizione del percorso delle mura romane53. Per quanto riguarda le numerose
fondazioni ecclesiastiche che, soprattutto in età altomedievale, occupano il tessuto urbano la principale fonte scritta è rappresentata dal Codice Diplomatico Longobardo, nel quale sono riportate le prime attestazioni delle chiese urbane principali, con i nomi dei loro fondatori, spesso appartenenti alle famiglie dell’aristocrazia longobarda che governava la città54. Anche l’opera della Belli
Barsali fornisce un contributo irrinunciabile alla definizione della nuova civitas
christiana con particolare attenzione all’elemento toponomastico dal quale è
51 BELLI BARSALI 1973. 52 SOMMELLA, GIULIANI 1974. 53 MENCACCI, ZECCHINI 1981. 54 SCHIAPPARELLI 1929.
possibile evincere più di un elemento di continuità tra la città tardoantica e quella altomedievale55.
Altre testimonianze significative che contribuiscono a ricostruire una topografia storica di Lucca sono quelle relative alle fonti epigrafiche le quali, seppur numericamente limitate, hanno avuto notevole importanza nel dirimere alcune questioni sia in tema di tracciato delle mura romane, che sulla definizione della cronologia di fondazione di alcuni edifici ecclesiastici. Per il lungo dibattito a cui ha dato origine, l’iscrizione rinvenuta, nel XVII secolo, nei pressi della porta meridionale di S. Girolamo, analizzata in maniera autoptica da Gerardo Penitesi, rappresenta una testimonianza significativa dell’intervento di rifacimento che alla fine del III secolo viene disposto dall’imperatore Marco Aurelio Probo e curato direttamente da un funzionario di rango equestre, la cui formula onomastica pare essere riportata nel testo stesso del frammento epigrafico56. Del
resto, recentemente, il restauro delle mura, avvenuto in età medioimperiale, è stato confermato dalle numerose evidenze archeologiche che hanno portato alla luce diversi tratti della cortina, costruiti con tecniche e materiali differenti rispetto alla prima cerchia di mura repubblicane57. Un’altra testimonianza
epigrafica è stata rinvenuta durante il lungo scavo della prima cattedrale della città, dedicata ai SS. Giovanni e Reparata, nel mosaico pavimentale risalente al IV secolo. Il contenuto testuale, anche in questa circostanza frammentario, riporta i nomi dei donatori del mosaico attraverso un elenco in cui è possibile leggere il solo nome del diacono Valerio Severiano, lo stesso personaggio contenuto nell’epigrafe presente nella omonima chiesa di Santa Reparata a
55 BELLI BARSALI 1973, pp. 524-536.
56 Il testo dell’iscrizione, riportato dal Penitesi, relativo al frammento epigrafico rinvenuto, conteneva la seguente citazione: “LUCEN. CIV. SUB PROBO IMP. AUG. M. AUR. LAEV. PROCOS. INTRA. GALLIAS. EN -SIUM FAB RETENTURAE IUSQU. COH. PR. LEGENDAE MOEN. REST. A DUO. LAT.” Da CIAMPOL-TRINI 2006, p. 61.
Firenze58. Un’altra iscrizione, conosciuta grazie alla trascrizione ed al disegno di
Bernardino Baroni, uno studioso lucchese del XVIII secolo, era, un tempo, collocata presso l’altare di Santo Stefano, all’interno della chiesa cattedrale di San Martino. La lastra ricordava la dedicazione, al tempo del vescovo Frediano, di un altare intitolato a Santo Stefano e decorato da una croce gemmata del tutto simile a quella rinvenuta, in frammenti, durante lo scavo della prima cattedrale urbana59. Altra testimonianza di rilievo è rappresentata dalla lastra di copertura
del sarcofago, oggi distrutto, che ospitava il corpo di San Frediano, vescovo di Lucca vissuto nel VI secolo, che ricorda la realizzazione di un monumento funerario, voluto da un vescovo di epoca successiva di nome Giovanni60.
L’iscrizione sepolcrale, relativa alla presunta traslazione del corpo del santo, è stata associata, sino ad alcuni anni fa, alla fase di restauro che interessa l’edificio religioso in età carolingia. Recentemente però sono state avanzate ipotesi orientate ad anticiparne la cronologia al VI secolo61. Infatti, ragioni di ordine
stilistico e paleografico, relative al formulario utilizzato, alla brevità del testo ed all’utilizzo di caratteri minuti, non celebrativi, trovano paralleli in altre testimonianze epigrafiche tardoantiche62. Tra queste, può essere annoverata una
lastra funeraria, rinvenuta all’esterno della porta settentrionale della città, destinata alla tomba di un tale Antoninus morto nel 536, che consente, per le molte affinità grafiche e formali, di collocare cronologicamente al VI secolo anche l’epigrafe di San Frediano. Al tempo stesso il documento fornisce importanti indicazioni sull’esistenza, nella zona esterna a porta San Pietro, di un’area sepolcrale, in piena affinità con i contesti suburbani già acclarati grazie
58 DE ANGELIS D’OSSAT 1992, pag. 33. Il testo dell’epigrafe è il seguente: “VALERIVS SEVERIANVS DIACC. CVM. SVIS FEC PEDES”.
59 Il testo dell’iscrizione riportato da Ciampoltrini 1992b, p. 44. “DISPONENTE EPISCOPO FRYGIANO VA -LERIANVS PRESBYER ALTARE CVM COLUMELLIS SVIS FECIT”.
60 Il testo dell’iscrizione riportato da Ciampoltrini in Marmorari lucchesi di età longobarda, 1991b, è il seguen-te: “+HOC S(AN)C(T)I TUMULUM FRIGIANI (FE)CIT IN AULAM PRES (…..E) ECCE IOHANNES S(AN)C(T)I CUIUS SIGNA (……).
61 BELLI BARSALI 1988, p. 231. 62 CIAMPOLTRINI 1991b, p. 46.
alle evidenze archeologiche di San Vincenzo a nord e San Gervasio ad est. L’analisi e lo studio delle fonti scritte, delle carte arcivescovili e delle testimonianze epigrafiche, continuano ad avere un ruolo fondamentale nel completare il quadro relativo all’assetto topografico ed urbanistico della città, pure in un momento in cui la ricerca archeologica, grazie alla lunga ed intensa stagione di scavi inaugurata ormai negli anni ottanta del XX secolo e tuttora in corso, non cessa di fornire dati ed informazioni sulla storia di Lucca, con esiti talvolta sorprendenti63.
Il contributo dell’archeologia urbana a Lucca
La definizione urbanistica e topografica della città di Lucca in età romana, tardoantica ed altomedievale è stata determinata, nel corso dei secoli, sulla base della cospicua mole di informazioni tratte dalle fonti scritte e documentarie, in primo luogo dell’Archivio Diocesano, a cui ha fatto seguito anche la notevole produzione letteraria sulla storia della città64. Negli ultimi decenni, però,
l’importanza del contributo archeologico è andato via via crescendo grazie alle importanti acquisizioni in campo stratigrafico, alle nuove tecnologie informatiche ed al rinnovato interesse per le diverse fasi post-classiche della storia cittadina65. E’ questo un aspetto comune a molte città toscane nelle quali,
sia per indagini di emergenza legate ad infrastrutture pubbliche o edifici privati, sia per interventi di archeologia preventiva, si è venuta accrescendo la sensibilità sull’attività di scavo in contesti urbani con continuità abitativa66.
Lucca rappresenta un importante esempio di contesto urbano dove, grazie alla convergenza delle diverse tipologie di fonti, è stato possibile ricostruire non solo le varie fasi della storia della città ma anche alcune dinamiche che la riguardano come, ad esempio, la graduale marginalizzazione delle aree più significative di età romana, come il foro, il teatro e l’anfiteatro. Dal IV secolo, infatti, la scelta della zona sudorientale come nuovo centro politico e religioso della vita cittadina è testimoniata dalla fondazione della prima cattedrale, dell’attiguo Battistero e dalla presenza di importanti edifici residenziali. L’archeologia urbana a Lucca, nell’accezione moderna del termine, si fa tradizionalmente risalire all’esplorazione e scavo della prima cattedrale dei SS. Giovanni e
64 BELLI BARSALI 1973; DE CONNO 1991. 65 ABELA 1999, p. 24.
Reparata e del vicino Battistero, che ha avuto luogo tra la gli anni sessanta e settanta del Novecento67. Solo negli ultimi anni, però, si sono moltiplicati i casi
di scavi preventivi e di tutela che, oltre ad eliminare l’aspetto della casualità e della mancanza di progettualità, permettono una ricostruzione più puntuale del contesto e delle informazioni che un’indagine è in grado di fornire in merito alle diverse fasi di occupazione68. La definizione di un’area da esplorare e la
possibilità preventiva di organizzare le ricerche, a maggior ragione in un contesto cittadino, dove l’azione antropica e la presenza di siti pluristratificati rendono difficoltosa la ricostruzione di una sequenza, permette di ridurre la distruzione e la dispersione di dati e materiali consentendo, al tempo stesso, un significativo risparmio economico69. Infatti già dagli anni ottanta del XX secolo
il dispositivo abbastanza generico della Legge 1 Giugno 1939, n. 1089, inerente la “Tutela delle cose d’interesse Artistico e Storico”, grazie alla riorganizzazione dell’allora Soprintendenza Archeologica della Toscana, venne interpretato sempre più in senso di ricerca preventiva e tutela del patrimonio archeologico70.
Da questo momento le numerose campagne di scavo che si sono succedute, sia in ambito pubblico che privato, hanno contribuito a chiarire molti aspetti della topografia della città, soprattutto in relazione alle infrastrutture di età romana ed alla loro continuità di utilizzo. Inoltre hanno consentito di approfondire le varie fasi di occupazione di edifici privati, di indagare la frequentazione delle aree cimiteriali della città antica, ponendo l’attenzione sulla ridefinizione dello spazio urbano in senso cristiano. Negli stessi anni, alcuni provvedimenti presi dall’amministrazione comunale, in tema di politica urbanistica, consentivano di equiparare interventi di scavo effettuati in proprietà privata alle attività svolte su suolo pubblico, superando uno dei limiti più significativi della suddetta
67 ABELA 1999, p. 24.
68 ABELA BIANCHINI 2002, p. 5. 69 QUIROS CASTILLO 2002, p. 15. 70 ABELA 1999, p. 23.
legislazione di età fascista71. Il caso di Lucca, per quanto il totale delle aree
scavate sia molto limitato rispetto alla superficie della città medievale, si caratterizza per aver restituito una notevole quantità di dati ed informazioni che consentono, nel loro complesso, di elaborare un quadro soddisfacente della topografia della città, nelle fasi storiche oggetto di studio, soprattutto in relazione ad altri contesti urbani della regione72. Infatti, pur nell’esigua
consistenza delle aree indagate archeologicamente, l’attività interpretativa seguita allo studio dei materiali, delle tecniche costruttive e delle tracce di occupazione, ha consentito di raggiungere risultati notevoli anche in presenza di tracce e reperti limitati. Lo scavo e l’analisi di un sito, in cui viene rilevata un’attività produttiva, ad esempio, rende note una serie di informazioni preziose sulle tecniche di produzione, sulle materie prime e sulle maestranze impiegate in una precisa fase storica, fornendo un insieme di dati ed indicatori, che non limitano la propria validità al contesto indagato. La realtà di Lucca, dove nell’ultimo trentennio si è aperta una nuova stagione di archeologia urbana, caratterizzata da un frenetico susseguirsi di attività di scavo, impone di tenere conto di due fattori importanti: in primo luogo, la maggior parte delle evidenze relative ad edifici pubblici o privati sono riferibili al periodo compreso tra l’età romana e la tarda antichità; per quanto riguarda, invece, l’età longobarda e carolingia le stratificazioni ed i contesti abitativi sono spesso di difficile interpretazione, se non assenti73. Per queste ultime fasi, sono invece numerosi gli
scavi che hanno restituito sepolture, collocate sia all’interno che all’esterno delle
71 CIAMPOLTRINI 2002, p. 6.
72 QUIROS CASTILLO 2002, p. 15; ABELA 1999, p. 23.
73 CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, pp. 561-592; CIAMPOLTRINI 1992b, pp. 39-48; CIAMPOLTRINI, DE TOMMASO, NOTINI, RENDINI, ZECCHINI 1994, pp. 597-627; CIAMPOLTRINI 1995; CIAMPOLTRINI 2001, pp. 931-948; CIAMPOLTRINI 2002, pp. 5-9; ABELA, BIANCHINI, ZECCHINI 2003, pp. 281-298; CIAMPOLTRINI, SPATARO, ZECCHINI 2005, pp. 317-332.
mura, con corredi che comprendono armi, cinture ed oggetti personali, in linea con il diritto germanico che ne vietava il lascito in eredità74.
Proprio in relazione ai periodi storici in cui le evidenze archeologiche risultano essere labili, è opportuno tenere in buona considerazione la notevole mole di fonti scritte, archivistiche e documentarie, attraverso le quali, ad esempio, è possibile ricostruire la fase del rinnovamento edilizio, soprattutto di tipo ecclesiastico, che interessa Lucca, a partire dalla seconda metà del VII secolo75.
L’immagine che se ne ricava è quella di una città che non subisce grandi trasformazioni tra la tarda antichità e l’alto medioevo, riproducendo il modello di nucleo abitativo frammentato e sviluppato “ad isole”, intervallato da orti e coltivazioni, con la presenza di borghi a più alta densità abitativa e vitalità artigianale e mercantile, localizzati in corrispondenza delle chiese, dei monasteri e delle porte cittadine76. E’ questa una dinamica comune a molti centri urbani
della Tuscia annonaria dove, tra il VII e VIII secolo, pare emergere un nuovo ceto dirigente che, con le proprie velleità di legittimazione politica e le proprie capacità finanziarie, contribuisce a ridisegnare il volto della città, con nuove imprese edilizie77. In conclusione gli ultimi trenta anni di archeologia urbana a
Lucca hanno consentito di ricostruire molti aspetti della storia e della topografia della città antica a partire dall’insediamento etrusco dell’età del ferro sino alla deduzione della colonia di diritto latino su territorio concesso dalle genti pisane ed alla successiva urbanizzazione della città con importanti infrastrutture, edifici pubblici e residenze private. Nel II secolo inizia un processo graduale di abbandono della città antica che coinvolge non solo edifici abitativi coperti da accumuli e livelli dei nuovi piani di vita ma anche monumenti pubblici oggetto
74 ABELA, BIANCHINI 2002, p. 21; VON HESSEN 1975, pp. 29-46; CIAMPOLTRINI, NOTINI 1990, pp. 581-583, DEGASPERI 1995, pp. 537-549.
75 BELLI BARSALI 1973; DE CONNO 1991.
76 BELLI BARSALI 1973; CIAMPOLTRINI, DE TOMMASO, NOTINI, RENDINI, ZECCHINI 1994, p. 615. 77 CANTINI 2012, p. 170.
di spolio e cambio di destinazione facendo risultare alquanto effimero persino il tentativo di riorganizzazione dell’assetto urbano di età medioimperiale. Solo nel IV secolo, in coincidenza con la ridefinizione dello spazio della città in senso cristiano, viene a delinearsi una nuova topografia di Lucca incentrata sulle quattro porte urbiche che ospitano altrettante fondazioni ecclesiastiche nate in relazione alle aree cimiteriali dell’antichità ed un nuovo quartiere, nella parte sud-orientale della città, prevalentemente dedicato ai nuovi complessi religiosi. Questa immagine non subirà grandi trasformazioni nemmeno con il passaggio dei Goti, dei Bizantini e dei Longobardi sino almeno agli inizi dell’VIII secolo quando, la compiuta integrazione delle aristocrazie longobarde nelle funzioni e prerogative ecclesiastiche, daranno vita alla frenetica stagione di edilizia religiosa che, nel corso di qualche decennio, avrebbe determinato un nuovo assetto urbano caratterizzato dalle numerose chiese e monasteri.78 L’assenza di
testimonianze archeologiche rilevanti per i secoli IX e X fa presumere che tale situazione sia rimasta inalterata sino alle soglie della avanzata età medievale quando Lucca, grazie alle risorse del proprio ceto dirigente e mercantile, sarà interessata dalla costruzione di numerosi edifici pubblici e privati in muratura che costituiranno la prima espressione della città romanica.
CAPITOLO II
LE RICERCHE ARCHEOLOGICHE NEL CENTRO URBANO DI LUCCA
Archeologia a Lucca nel XIX secolo: casualità degli scavi e mancanza di contesti
L'archeologia urbana a Lucca è disciplina alquanto recente, soprattutto nell'accezione di prevenzione e tutela su cui si è posta l'attenzione degli studiosi e degli organi competenti negli ultimi decenni. Non vanno però, in alcun modo, dimenticate le indagini che, nel corso dei secoli precedenti, hanno riportato alla luce strutture, sepolture, corredi e reperti di ogni genere contribuendo, in modo sostanziale, a delineare l’evoluzione storica e topografica della città79. Le
primissime forme di indagine si riferiscono al recupero mirato di oggetti preziosi, come nel caso dello scavo dell’area presbiteriale della chiesa dei SS. Giovanni e Reparata oggetto, nel 1714, di esplorazione archeologica in occasione del recupero delle reliquie di S. Pantaleone, di cui era nota la collocazione sotto l'altare maggiore80. Le campagne successive, caratterizzate da
casualità ed occasionalità, hanno comportato una notevole perdita di informazioni relative al contesto di scavo, alle metodologie utilizzate ed alle ampie porzioni di stratigrafie distrutte. Ciò nonostante nel corso del XIX secolo, in occasione di scavi resi necessari da interventi di edilizia pubblica o privata, di manutenzione di strade ed infrastrutture, la possibilità di riportare alla luce importanti testimonianze delle fasi antiche ed altomedievali, si è rivelata un’importante occasione per alimentare il dibattito sulle origini e la storia della città. Si tratta di un’archeologia agli albori, ancora strettamente legata alla
79 BELLI BARSALI 1973, p. 461. 80 MAETZKE 1992, p. 187.
dimensione antiquaria della ricerca di oggetti di pregio e da collezione, oppure orientata alla architettonica il cui interesse è, in primo luogo, rivolto allo scavo di strutture, edifici ed alzati. Infatti nel 1840, in occasione di lavori al lastrico e alla gradinata della basilica di S. Frediano, l’indagine archeologica si propose, come principale obiettivo, quello di chiarire l'orientamento dell’edificio voluto dal vescovo lucchese, negli anni del suo episcopato. Tra i promotori dello scavo prevalsero quanti erano fermamente convinti del fatto che nel luogo in cui figurava il coro della basilica medievale vi fosse originariamente la facciata e l'entrata della chiesa, come dimostrato anche dalle campagne di scavo che, in tempi più recenti, hanno interessato l’edificio81. L’importanza della vicenda si
era accresciuta grazie alle fonti scritte, dove veniva narrato l’episodio della vita del vescovo Frediano il quale, costretto a fuggire dalla antica cattedrale di Lucca, avrebbe trovato rifugio nell’estremità settentrionale della città edificando, appunto, un monastero e una chiesa dedicata a san Vincenzo martire iberico. Le prime notizie dell’esistenza del complesso monastico risalgono al 685, nella fase iniziale della dominazione longobarda, ed attestano una particolare condizione di favore del monastero, a cui era attribuita la qualità di
ecclesia sedale con diritto battesimale che di norma, al tempo, spettava solo al
battistero cittadino82. Proprio dagli stessi diplomi risulta che Faulo,
maggiordomo del re Cuniperto, avrebbe intrapreso la ricostruzione dell'edificio antico distrutto verosimilmente durante le invasioni barbariche. Gli scavi archeologici, furono realizzati grazie alla passione ed all’impegno di Telesforo Bini, un sacerdote lucchese dell’epoca, dalle cui testimonianze scritte è possibile ricostruire sia le vicende che precedono lo scavo sia, almeno parzialmente, i risultati dello stesso83. Questi avrebbero confermato l'esistenza di due edifici 81 BINI 1843, p. 513.
82 DE CONNO 1991, p. 103. 83 BINI 1843, p. 525.
sacri, sottostanti alla attuale basilica, di cui il più antico presentava proprio un’abside orientata ad est. Anche gli scavi successivi hanno confermato la presenza di due chiese, riportando alla luce anche le tracce delle fondazioni appartenenti al primo edificio religioso, pertinenti alla zona absidale ed al transetto sinistro84.
Tra gli scavi ottocenteschi, quello della tomba longobarda appartenente ad un aristocratico rinvenuta in piazza del Suffragio, dinanzi alla Chiesa di S. Giulia, risulta essere il caso più conosciuto, sia per il ricco corredo che la sepoltura ha restituito, oggi conservato al Museo Nazionale di Villa Guinigi, sia perché rappresenta la prima e più significativa testimonianza di archeologia longobarda a Lucca (fig. 2)85. In mancanza di un'edizione e di una pubblicazione relativa
all'indagine, avvenuta nel 1859 in occasione di scavi per lavori pubblici, all'altezza dell'angolo meridionale della facciata, dove peraltro furono rinvenute anche altre sepolture prive di corredo, l'interesse è stato principalmente rivolto al prezioso materiale repertato che, ancora oggi costituisce una delle dotazioni più ricche relative ad una sepoltura longobarda86. Per descrivere, seppure in modo
limitato, il contesto del ritrovamento è interessante l'articolo apparso sul giornale
L'Utile, nei giorni successivi all'episodio, che riporta il dettaglio delle ricche
suppellettili ritrovate nel sepolcro: "Di fronte alla chiesa sull’angolo che guarda mezzodì si rinvenne per il primo un sepolcro coperto di una pietra che certo aveva già servito ad altro uso e che era circa un braccio sotto il livello attuale della via: scoperchiatolo, si vide che la pietra, perché troppo stretta, non lo
84 BELLI BARSALI 1973, p. 461.
85 CIAMPOLTRINI 1983, p. 514. VON HESSEN 1975, p. 29; ABELA, BIANCHINI 2002, p. 21.
86 VON HESSEN 1975, p. 39. Qui l’autore redige un minuzioso inventario del materiale repertato che include -va: 1) una fibbia bronzea di cintura rivestita da una spessa doratura. 2) Un puntale principale a fodero in lamina d’oro. 3) Cinque piccoli puntali secondari a fodero decorati ad impressione. 4) Sei piccole placche scudiformi di cintura in lamina d’oro decorate ad impressione. 5) Una placca scudiforme di cintura in lamina d’oro decorata ad impressione con coppia di animali marini contrapposti. 6) Placca di cintura a forma di mordacchia in lamina d’oro decorata ad impressione. 7) Placca rettangolare di cintura in lamina d’oro decorata ad impressione. 8) Cin-que croci in lamina d’oro prive di decorazioni. 9) Un pendente aureo di collana a croce al cui centro si trova un alveolo che accoglieva una pietra.
chiudeva bene sui lati, di dove era penetrata assai terra. Fra questa si rinvennero alcuni frammenti d’ossa umane, una croce in cui dovevano essere incastonate piccole pietre, vari pezzi d’oro (circa mezza libbra) lavorati a pressione e tutti rappresentanti due delfini intrecciati i quali pezzi sia per la forma loro, sia per la disposizione in cui furono trovati sarebbe a credere avessero formato una collana. Vi si trovarono inoltre la fibbia e il puntale d’oro di una cintura, varie croci non piccole di sottilissima lama pur d’oro, e molti fregi, dorati mediante sovrapposizione di una laminetta, e rappresentanti teste di cavalli, leoni e l’immagine di un guerriero con uno stendardo; i quali insieme ad una grossa borchia a mezza sfera è chiaro che appartenevano ad uno scudo o rotella di cui vi sono anche altri avanzi. Finalmente furono in questo sepolcro rinvenuti i resti di uno stile o di una spada, di una alabarda, di un piccolo vaso di cristallo opaco, ed anche la mandibola di un animale, forse un cavallo. Oltre a questo sepolcro altri due ne furono trovati lì presso alla profondità stessa, nei quali erano ossa di molti cadaveri appartenenti certamente a tempi diversi, siccome ne assicura lo stato molto diverso della loro conservazione. Le mura di questi sepolcri erano composte in gran parte di rottami di pavimento romano a scagliola: l’ammattonato di essi era formato di pezzi di quadroni simili ad uno trovatovi intero e che ha la misura di once 13 per ogni lato. Sotto il pavimento stesso era, misto a poca terra, uno strato di frammenti di vasi romani e alcuni forse etruschi"87. Solo nel XX secolo una serie di studi avrebbe consentito, attraverso
l'analisi dei reperti e la descrizione minuziosa dei materiali, di ricostruire gran parte dei corredi provenienti dalla necropoli di Piazza del Suffragio che nel loro complesso, hanno contribuito a fornire importanti indicazioni sul costume funerario arimannico88. I primi studiosi che proposero un confronto tra gli
oggetti ritrovati nei pressi della chiesa di S. Giulia con altre sepolture
87 Dal periodico L’Utile del 28 febbraio 1859. Si veda anche CIAMPOLTRINI 1983; CIAMPOLTRINI 2010. 88 CIAMPOLTRINI 2011, p. 63.
longobarde, rinvenute nelle principali necropoli della penisola, come quelle dell'Arcisa, di Castel Trosino e di Nocera Umbra furono Toesca e Fuchs89. Nella
seconda parte del novecento, invece, grazie al prezioso contributo di Otto Von Hessen, è stata fatta chiarezza sulla diversità e molteplicità delle sepolture, oggetto dello scavo, che avevano restituito l’eterogeneo corredo90. Se infatti la
cintura, con le relative placche auree, risulta compatibile con una sepoltura altolocata, essendo riferibile ad un ornamento da parata che trova riscontri in contesti analoghi dell'Italia centrale, al pari delle cinque croci in lamina d'oro prive di decorazioni, più difficile risulta ascrivere ad una tomba maschile di guerriero il pendente aureo di collana a croce che solitamente si trova in sepolture femminili (fig. 3)91. Oltre all'importanza archeologica della sepolture
ed al valore artistico dei manufatti aurei e bronzei recuperati, lo scavo del 1859 fornisce preziose informazioni sulla topografia urbana di Lucca in età altomedievale, notoriamente scarsa di dati e notizie. La presenza di una sepoltura intra muros, certifica una certa sovrapposizione dei costumi funerari germanici rispetto alla tradizione latina dimostrando, al tempo stesso, la disponibilità di spazi, ad indicare “un diradamento del tessuto abitativo, che potrebbe essere una risposta a momenti di particolare difficoltà, legati a particolari eventi bellici”92.
Discorso analogo può essere sostenuto anche per l'altro ritrovamento relativo ad una sepoltura di guerriero longobardo, avvenuta nei pressi della chiesa di S. Romano, sempre nel XIX secolo93. Anche in questa circostanza vi è una
completa mancanza dei dati relativi alla contestualizzazione dello scavo ed ai motivi dell'indagine, che sono comunque da ritenersi legati a lavori di edilizia
89 TOESCA 1906, p. 66; FUCHS 1940, p. 100. 90 VON HESSEN 1975, p. 157.
91 VON HESSEN 1975, p. 158. 92 CANTINI, CITTER 2007, p. 405. 93 VON HESSEN 1975, p. 32.
pubblica. L’indagine ha restituito la tomba di un cavaliere con un importante corredo, composto da una spada, uno scramasax, due speroni, una guarnizione ferrea di una cintura e dal famoso scudo, recentemente restaurato, che costituisce quasi un unicum nell'archeologia longobarda europea (fig. 5)94.
Grazie alla documentazione fotografica raccolta da Fuchs, nel XIX secolo, è stato possibile studiare, anche a livello iconografico, l’apparato decorativo composto, nella parte centrale, di un elemento a sei raggi contornati da cinque placche bronzee con testa equina, mentre nella decorazione secondaria, ai bordi dello scudo, risalta la figura di un guerriero che tiene nella mano sinistra uno scudo rotondo e nella mano destra un'asta crociata ed è cinto, ai fianchi, da una spada (fig. 4). Nel resto della composizione due teste di leone, due pavoni ed un calice sembrano rimandare ad un duplice simbolismo, cristiano da una parte e militare dall'altra. Sono invece andati perduti gli altri reperti menzionati dall'archeologo tedesco ovvero la spada, il sax, le placche ferree della cintura ed i manici dello scudo. Come per la chiesa di S. Giulia, anche nel caso della sepoltura esterna alla chiesa di S. Romano, il ritrovamento contribuisce a confermare l'esistenza dell’edificio religioso già a partire dall’VIII secolo, avvalorando, archeologicamente, quanto sostenuto dalle fonti scritte, nelle quali il monastero figura a partire dal 792, retto dalla badessa Georgiperta95.
94 VON HESSEN 1975, p. 40. Anche in questo caso l’autore redige un minuzioso inventario del materiale reper-tato che includeva: 1) Cinque placche bronzee dorate a forma di testa equina. 2) Due placche bronzee dorate a forma di pavone. 3) Due placche bronzee dorate a forma di leone incedente. 4) Placca bronzea dorata raffiguran-te un uomo munito di uno scudo rotondo, di una spada e di un’asta crociata, la cui estremità superiore è sormon-tata da un uccello. L’uomo è vestito da una tunica trattenuta sui fianchi da una cintura ed indossa degli stivali. 5) Placca bronzea dorata a forma di recipiente su alto piede con due manici che ha tutta l’apparenza di un calice. 6) Quattro borchie di scudo in bronzo. Tutte queste parti componevano lo scudo del guerriero longobardo di S. Ro-mano visibile oggi nell’allestimento del Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca. 7) Grande puntale bronzeo a forma di spatola. 8) Puntale più piccolo dello stesso tipo. 9) Puntale bronzeo piccolo e sottile dal bordo sagoma-to. 10) Sottile piastra triangolare dal bordo sagomasagoma-to. 11) Piccola placca bronzea di cintura a forma di cuore. 12) Placca bronzea che funge da cerniera a forma di doppio cuore. 13) Un paio di speroni bronzei con bordo sago -mato.
95 FUCHS 1940. Gli altri reperti menzionati dallo studioso tedesco sono scomparsi. La spatha, il sax, le placche ferree di cintura.
In ordine cronologico, l'ultimo scavo di una certa importanza, nel corso del XIX secolo, ebbe come oggetto il Battistero della prima cattedrale paleocristiana dei SS. Giovanni e Reparata, avvenuto nel 188596. Artefice dell'operazione fu Enrico
Ridolfi, storico lucchese, il quale condusse l'indagine fino ad arrivare al livello di occupazione di età romana, dove rinvenne una vasca preceduta da alcuni scalini d'accesso, elemento questo che lo indusse a considerare la possibilità che in quel sito si trovasse, originariamente, un edificio a destinazione termale97. I
risultati più significativi del saggio ottocentesco furono, comunque, il rinvenimento di un mosaico risalente all'età repubblicana, riferibile ad una
domus, composto da varie croci ognuna con quattro tessere bianche ed una nera
centrale su fondo di cocciopesto, oggi al Museo Nazionale di Villa Guinigi, ed il fonte battesimale, allora ritenuto medievale, ma che i successivi scavi hanno dimostrato essere paleocristiano98. Lo studioso lucchese pose in evidenza
l'esistenza di più fasi di occupazione: un primo livello, a circa tre metri di profondità, riferibile alla fase romana, con il pavimento a mosaico menzionato ed una porzione di muratura semicircolare, che indusse il Ridolfi a ritenerla parte di una struttura termale. Tali indicazioni hanno indotto ad avanzare l'ipotesi di una trasformazione dell’area, da un primo edificio privato, a destinazione residenziale, ad un secondo impianto pubblico di ampie dimensioni, come pare confermare la presenza di struttura architettoniche99. Una
seconda fase, contemporanea alla realizzazione dell’attigua basilica paleocristiana, composta da un edificio quadrato, pavimentato con materiale di spoglio ed internamente diviso da una serie di pilastri, posti a formare un'area quadrangolare al centro. Infine una terza ed ultima fase, secondo il Ridolfi, riferibile all'edificazione della chiesa protoromanica, quando la struttura si
96 RIDOLFI 1885.
97 PIANCASTELLI POLITI NENCINI 1992, p. 133. 98 MAETZKE 1992, p. 187.
presenta senza divisioni interne, con il fonte quadrato rinvenuto dallo storico lucchese, posto al centro del Battistero. In realtà, come gli scavi moderni dimostreranno, le fasi di occupazione successive alla costruzione della chiesa di età teodosiana ed anteriori alla costruzione dell’attuale basilica romanica sono almeno sei, mentre per quanto riguarda le precedenti cronologie, relative alla fase romana e tardoantica, la ricostruzione ed i risultati conseguiti dal Ridolfi, pur con i limiti di un'indagine archeologica svolta alla fine dell'ottocento, sono stati in parte riconfermati100.