Premessa
La trasmissione della storia e della cultura araba è da sempre
appannaggio delle donne, che tramandano di generazione in
generazione, oralmente e all’interno delle mura domestiche, storie,
leggende, avvenimenti storici, favole. Les enfants du nouveau monde è, a
mio parere, un libro che libera i racconti dai limiti dell’oralità e ne fa un
romanzo, mette in prosa delle piccole, grandi storie di donne, senza per
questo rinunciare alla narrazione femminile e passionale tipica delle
storie tramandate di madre in figlia. Assia Djebar scrive in francese, che
è per lei la lingua della cultura, della scrittura e del sapere: questo
proietta automaticamente la trasmissione dell’identità algerina verso
un pubblico altro, esterno alle mura domestiche, rendendo partecipe
l’intera comunità francofona del messaggio. Ne risulta uno stile ricco di
immagini e metafore, le cui lunghe descrizioni trascinano il lettore
verso quel “nuovo mondo” sognato, agognato e auspicato dai
personaggi. La sintassi della frase sembra quasi ripiegarsi su se stessa
come un drappeggio: incisi più o meno lunghi interrompono la linearità
della narrazione per spiegare, descrivere, divagare su ciò di cui il lettore
deve essere messo a parte: precisazioni che non possono aspettare,
digressioni di un pensiero estremamente lucido che sgorgano
spontanee, naturali, tra una scena e l’altra del racconto. La particolarità
di questo libro, nonché una delle ragioni principali per cui ho scelto di
tradurlo, è la combinazione quasi alchemica tra la narrazione icastica e
potentissima che lo contraddistingue e l’incredibile forza del messaggio
che sprigiona. Si tratta di un romanzo che entra nei meandri della
sensibilità delle donne algerine al tempo della guerra di Indipendenza,
che esplora i confini tra la sfera pubblica e la sfera privata nella società
musulmana, che parla di un risveglio, tardivo, necessario o mai
avvenuto, della coscienza sociale femminile in Algeria.
Il mio lavoro si divide in tre capitoli, dedicati rispettivamente al
contesto del libro (inteso sia come contesto storico e culturale che come
opera, vita e pensiero dell’autrice), all’analisi generale della scrittura di
Assia Djebar e del romanzo Les enfants du nouveau monde, e alla
traduzione e analisi, prima linguistica e poi contenutistica, dell’opera,
con particolare attenzione ai personaggi femminili principali. Questa
tesi si propone, in sostanza, di seguire un percorso dal generale al
particolare, che permetta di analizzare la traduzione del romanzo alla
luce della contestualizzazione del testo dei capitoli precedenti, per
terminare con una riflessione sulla valenza letteraria del libro nella sua
interezza.
Capitolo primo: Assia Djebar e l’Algeria
Assia Djebar
Assia, la normalienne, la francophone, l’écrivain, la cinéaste de la mémoire ensevelie des femmes, incarnait la solitude dans laquelle se réfugiera la pensée à la fin des années 1970, la fin de nos utopies.
Wassyla Tamzali1
Assia Djebar, nata Fatima Zohra Imalayèn, è stata una scrittrice, poetessa, professoressa, critica letteraria e cineasta di fama mondiale.
Le sue opere sono state tradotte in ventitré lingue in tutto il mondo. È considerata a pieno titolo tra gli scrittori più celebri e influenti del Maghreb, soprattutto per aver dato voce e forza all’emancipazione femminile algerina. La madrepatria, l’Algeria, è costantemente sfondo e protagonista dei suoi romanzi, dipinta attraverso gli occhi delle donne e raccontata tramite la lingua dell’introspezione, il francese. La particolarità dello stile di Assia Djebar, pregno di sonorità arabe e berbere, è che mette in prosa la poesia delle immagini, fa ruotare tutta la sua opera letteraria attorno all’icasticità delle parole, alla forza evocativa delle descrizioni e all’immediatezza dei dialoghi. Per procedere nell’analisi del suo terzo romanzo, Les enfants du nouveau monde, e della sua traduzione, ritengo opportuno fare una breve digressione sulla vita dell’autrice e sull’Algeria protagonista della sua intera produzione letteraria, così da cogliere le sfumature, le contraddizioni e la forza che l’autrice descrive nel suo libro e che dal suo libro prendono voce.
1 Wassyla Tamzali, Une éducation algérienne, Parigi, Gallimard, 2007
Biografia dell’autrice
Fatima nasce a Cherchell, antica città romana sulla costa a ovest di Algeri, il 4 agosto 1936. Figlia di un maestro di scuola elementare coloniale, Tahar Imalhayène, viene indirizzata verso una formazione di stampo europeo, frequentando prima la scuola elementare in cui il padre è insegnante e poi, dall’età di dieci anni, il collegio francese a Blida (dove è l’unica allieva araba fra trenta figli di coloni
2). In questi anni di formazione in Algeria, la madre, Bahia Sahraoui, fiera discendente di una famiglia aristocratica berbera, mette a parte Fatima di un ricchissimo repertorio di tradizioni, legato alla trasmissione orale per via genealogica femminile. Allo stesso tempo, Fatima vive in una condizione privilegiata rispetto alle altre ragazze della sua età, chiuse in casa e velate a partire dalla pubertà. I suoi studi proseguono a Parigi, dove nel 1954 entra al liceo Fénélon, e successivamente a Sèvres, dove sarà la prima donna algerina ammessa all’Ècole Normale Superiéure.
Conseguirà nel 1958 il diploma in Storia. Come dichiarerà in un’intervista del 1967, si sentiva in quegli anni “deléguée par le miens auprès d’un autre monde”
3, espressione che aveva già fatto pronunciare al personaggio di Salima, in Les enfants du nouveau monde (1962).
Essendo cresciuta in una famiglia attivamente impegnata nella Resistenza antifrancese, è coinvolta sin da giovanissima in numerose attività di militantismo culturale per la guerra di Liberazione: nel 1956 partecipa allo sciopero generale degli studenti algerini ed è costretta a lasciare la Scuola; comincerà allora a collaborare come giornalista con il periodico “El-‐Moudjhaid” (“Il combattente”, organo del Fronte di Liberazione Nazionale, FLN) al fianco di Frantz Fanon. Nel 1957
2 Laura Restuccia, Parole dal silenzio; Assia Djebar, la voce dell’Algeria fra memoria e storia, Palermo, Palumbo, 2004.
3
Intervista rilasciata a Nedjma Ranem, El-‐Moudjhaid, http://www.elmoudjahid.com/, 5 novembre 1967.
pubblica il suo primo romanzo, La Soif, e l’anno successivo, la sua seconda opera, Les Impatients. Per non turbare la famiglia, adotta lo pseudonimo “Assia Djebar” (Assia, che vuol dire “consolatrice” e Djebar che vuol dire “intransigente” ed è uno dei nomi del Profeta). Dal 1959 al 1962 è assistente di “Storia dell’Africa del Nord” all’università di Rabat, riuscendo a fare della sua passione e vocazione, la storia, anche la sua professione. Nel 1962 viene pubblicato Les enfants du nouveau monde, con l’intento di “jeter un regard sur le siennes”
4, trattandosi di un’opera interamente incentrata sul popolo algerino nel periodo della guerra di Indipendenza. La Djebar torna in Algeria il 1 luglio 1962, a ridosso dei giorni in cui verrà dichiarata ufficialmente l’Indipendenza (31 luglio 1962), ottenendo la cattedra di “Storia moderna e contemporanea dell’Africa del Nord” presso la facoltà di Lettere di Algeri. Ma l’Algeria, dopo l’Indipendenza, è ancora lontana da quel “nuovo mondo” sognato dai giovani algerini indipendentisti. Il Paese si apre progressivamente a molte forme di un islamismo intransigente e retrogrado, in nome di una presunta tradizione islamica integralista che mal si sposa con la storia multiculturale e plurilingue algerina. Come conseguenza dell’arabizzazione delle scuole e di tutto il sistema culturale algerino, le verrà imposto di insegnare in arabo letterario: le nuove tendenze politiche del suo Paese, piegate a un regime all’insegna dell’unicità (partito unico, religione unica, lingua unica), risultano, però, per la scrittrice, soffocanti e pericolose
5. Per Assia Djebar la pluralità è garanzia di libertà; decide allora di lasciare l’Algeria. Dal 1965 al 1975, vive in Francia, tornando in Algeria solo di tanto in tanto a tenere alcuni corsi universitari. Nel 1967 esce Les alouettes naïves, che sarà l’ultimo romanzo pubblicato prima di un lungo silenzio letterario. Ha inizio in
4 Pierre-‐Jean Remy, “ Réponse au discours de réception de Mme Assia Djebar”, sito internet de l'Académie française, 22 giugno 2006.
http://www.academie-‐francaise.fr/discours-‐de-‐reception-‐et-‐reponse-‐de-‐pierre-‐jean-‐
remy
5 Renate Siebert, “Assia Djebar”, in Enciclopedia delle donne, www.enciclopediadelledonne.it.
quel momento per la scrittrice un articolato percorso di riscoperta delle proprie radici culturali: sceglie, da una parte, di studiare l’arabo classico, una lingua di cui aveva imparato i rudimenti da bambina, con cui ha vissuto un rapporto spesso conflittuale
6, una lingua legata a filo doppio a sua madre, alla poesia, ai “chuchotements” della sua infanzia
7; dall’altra, di raccogliere le testimonianze delle donne algerine, non occidentalizzate e spesso ridotte al silenzio, delle regioni agricole attorno ad Algeri. È, infatti, questa fascia della popolazione che custodisce gelosamente il vero patrimonio culturale del suo Paese e, dunque, la sua memoria storica. Questa esperienza fornirà il materiale per un nuovo percorso alla scoperta di un altro mezzo comunicativo: il cinema. Nel 1978 realizza un lungometraggio, La Nouba des Femmes du Mont Chenoua, che le farà vincere il Premio della Critica internazionale alla Biennale di Venezia (1979). Raccoglie in questo film le memorie, le sensazioni, i dolori e i linguaggi delle donne durante gli anni della guerra di liberazione, esperienza che segnerà profondamente anche l’opera successiva della scrittrice
8. Nel 1980, infatti, si volge nuovamente verso l’universo letterario, pubblicando Femmes d’Alger dans leur appartement, e nel 1982 realizza il suo secondo film, il cortometraggio La Zerda ou les chants de l’oubli, presentato lo stesso anno al Primo Festival del Cinema Arabo di Parigi. Negli anni successivi, vive a Parigi, dove tiene dei seminari per la Sorbona e collabora attivamente con il “Centre Culturel Algérien”
9. Dal 1983 al 1989 è scelta dal ministro Pierre Bérégovoy come rappresentante dell’emigrazione algerina per il Consiglio d’amministrazione del FAS (“Front d’action
6 Assia Djebar, Les yeux de la langue, testo inedito, pubblicato il 07/03/2015 sulla rivista online ElWatan. http://www.elwatan.com/hebdo/arts-‐et-‐lettres/assia-‐
djebar-‐texte-‐inedit-‐les-‐yeux-‐de-‐la-‐langue-‐07-‐03-‐2015-‐289114_159.php
7 Intervista rilasciata a Laure Adler, realizzata da Doria Zenine, con la collaborazione di Somany Na e di Claire Poinsignon, France Culture, www.franceculture.fr, pubblicata il 30/01/2006.
8 Renate Siebert, op.cit.
9 Scheda dei membri de l’Accadémie Française, sul sito dell’Accadémie Française: http://www.xn-‐-‐acadmie-‐franaise-‐npb1a.fr/les-‐immortels/assia-‐djebar
sociale”). Dopo la pubblicazione del celebre titolo L’amour, la fantasia
(1985), comincia a fare regolarmente delle tournée di letture dei suoi
testi in Germania e Italia e delle conferenze in università inglesi e
americane. Negli anni successivi, scrive alcune delle sue opere più note
e più tradotte: Loin de Médine (1991), Vaste est la prison (1995), Le
blanc de l'Algérie (1996). Dal 1997 è professoressa presso la Lousiana
State University di Bâton Rouge e direttrice del “Centre for French and
Fracophone Studies” della stessa università. Nel 1999 è eletta membro
dell’Académie Royale de Langue et de Littérature Française de Belgique
e dal 2001 insegna “Lingue Francofone” presso l’Università di New
York. Tra il 2002 e il 2004 pubblica tre romanzi: Femmes d’Alger dans
leur appartement (2002), La femme sans sépulture (2002), La disparition
de la langue française (2003). Dal 16 giugno 2005 occupa il quinto
seggio dell’Académie Française, diventando la prima scrittrice algerina
a essere eletta. Pubblica il suo ultimo libro, Nulle part dans la maison de
mon père, nel 2008, prima di spegnersi, il 5 febbraio 2015, dopo una
lunga malattia.
L’Algeria
Le jeune Youssef découvrait ainsi qu’une patrie, ce n’est pas une terre commune, ni même seulement une misère partagée mais du sang versé ensemble et dans le même jour, les mêmes chants interrompus.
Assia Djebar
10Sin dall’antichità legata a filo doppio alle vicende del Mediterraneo, l’Algeria è un Paese che ha costruito la propria identità attingendo alla preziosa eredità culturale lasciata dalle dominazioni che si sono susseguite sul suo territorio nel corso della storia. Si tratta, pertanto, di un’identità culturale particolarmente sfaccettata, di un’incredibile commistione di culture indigene e acquisite. Non è facile, per il lettore che sia digiuno sulla storia dell’Algeria, riuscire a comprendere in che misura la salvaguardia di quest’identità e la difesa della sua indipendenza siano fondamentali per il benessere di un intero popolo.
Poiché è proprio il popolo algerino il vero protagonista del romanzo Les enfants du nouveau monde, mi è sembrato opportuno fornire le nozioni essenziali per comprendere il modo in cui l’identità culturale algerina ha preso (e cambiato) forma dalle origini alla la guerra di decolonizzazione, al fine di guidare il lettore nella mia analisi del romanzo e della sua traduzione. Questa breve digressione storica non si spinge, tuttavia, fino ai giorni nostri per una ragione piuttosto semplice:
il romanzo da me preso in analisi è ambientato nel 1961, prima della dichiarazione dell’Indipendenza dell’Algeria (1962) e i protagonisti sono coinvolti (o travolti) dalle vicende della guerra di Indipendenza, che di fatto fanno da sfondo a sentimenti collettivi e universali che valicano la valenza politica del testo. Queste nozioni storiche non hanno
10 Assia Djebar, Les enfants du nouveau monde, Parigi, Julliard, 1962, p. 171. Da qui in avanti ENM.