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La Ricerca in Italia

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Academic year: 2021

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G It Diabetol Metab 2015;35:270-273

Efficacia di HbA1cnello screening di IFG e IGT in 501 soggetti sottoposti a OGTT Chilelli NC1, Cosma C1, Ragazzi E2, Burlina S1, Zaninotto M2,

Plebani M2, Lapolla A1

1Dipartimento di Medicina (DIMED),

2Dipartimento di Scienze del Farmaco (DSF), Università degli Studi di Padova, Padova Acta Diabetol 2014;51:875-82

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

La discrepanza tra HbA1ce OGTT nello screening delle condizioni prediabetiche (al- terata glicemia a digiuno – IFG – e ridotta tolleranza ai carboidrati – IGT) è in parte imputabile all’incompleta standardizzazione delle procedure di laboratorio per il do- saggio dell’HbA1c, in parte ai differenti meccanismi fisiopatologici sottostanti all’IFG e IGT, in parte alle differenti etnie delle popolazioni sottoposte allo screening. Scopo del nostro lavoro è stato valutare l’efficacia di HbA1cnello screening di IFG e IGT, definite secondo i criteri dell’OGTT, in una popolazione caucasica, utilizzando il pro- tocollo di standardizzazione dell’HbA1crecentemente revisionato dall’IFCC (Interna- tional Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine).

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

L’ADA identifica il range HbA1c5,7-6,4% (39-46 mmol/mol) come indicativo di un elevato rischio di diabete futuro, ma gli studi finora condotti non consentono di sta- bilire un preciso cut-off.

In particolare gli studi di raffronto fra HbA1ce OGTT nello screening per IFG e IGT sono pochi (specie in popolazioni caucasiche e mediterranee), con risultati discor- danti e non sempre confrontabili a causa delle diverse procedure di laboratorio. È stato suggerito che HbA1ce OGTT possano identificare popolazioni di soggetti pre- diabetici differenti sotto il profilo metabolico e di rischio cardiovascolare, ma nes- suno di questi studi ha considerato due marker di insulino-resistenza utilizzati nella pratica clinica, ovvero l’HOMA e il QUICKI.

Sintesi dei risultati ottenuti

L’analisi delle curve ROC ha mostrato in generale una bassa sensibilità e specificità di HbA1cnello screening di IFG e IGT, definiti secondo i criteri OGTT, con AUC

< 0,8. In particolare solo il 53,4% dei soggetti con range HbA1c5,7-6,4% è stato confermato prediabetico all’OGTT, mentre circa il 25% ha in realtà mostrato nor- motolleranza glucidica.

I soggetti con IFG erano significativamente più insulino-resistenti dei soggetti con IGT, benché non differissero come HbA1c. I soggetti con concordanza diagnostica (OGTT+/HbA1c+) mostravano indici di insulino-resistenza sovrapponibili ai soggetti diagnosticati con solo OGTT (OGTT+/HbA1c–). L’aggiunta dell’HbA1cnel nostro screening ha incrementato la prevalenza di IFG o IGT del 12,2% nei confronti del solo OGTT.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardo al problema iniziale?

I nostri dati hanno evidenziato che la sensibilità dell’HbA1cper lo screening di IFG e IGT è risultata scarsa in un’ampia popolazione caucasica. Associare il dosaggio del- l’HbA1call’OGTT non aumenta significativamente la probabilità di individuare soggetti con maggiore insulino-resistenza (e quindi a maggior rischio di diabete futuro), né contribuisce a distinguere tra i soggetti con IFG e quelli con IGT, notoriamente dif- ferenti dal punto di vista metabolico.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Sono necessari ulteriori studi clinici volti ad approfondire il profilo metabolico dei soggetti sottoposti a screening utilizzando il range di HbA1c5,7-6,4%, valutandone longitudinalmente il rischio cardiovascolare a medio termine e confrontandolo con i soggetti sottoposti a screening secondo i criteri OGTT.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Il range di HbA1cproposto dall’ADA potrebbe risultare di scarso beneficio per l’iden- tificazione dei soggetti con prediabete e a maggior rischio di sviluppare diabete in futuro. A nostro avviso, l’OGTT dovrebbe continuare a essere considerato il gold standard per lo screening delle alterazioni prediabetiche nella pratica clinica ambu- latoriale.

La Ricerca in Italia

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La Ricerca in Italia 271

Effetti di una dieta mediterranea sul bisogno di farmaci

antidiabete e sulla remissione del diabete di tipo 2 di nuova diagnosi: follow-up di un trial randomizzato

Esposito K¹, Maiorino MI¹, Petrizzo M¹, Bellastella G², Giugliano D²

¹Unità Operativa di Diabetologia,

²Unità Operativa Complessa di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, AOU Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli

Diabetes Care 2014;37:1824-30

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Sono stati valutati gli effetti a lungo termine di regimi dietetici sul controllo glicemico, l’occorrenza di farmaci antidiabete e la remissione del diabete di tipo 2 in pazienti di nuova diagnosi.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

L’infiammazione cronica è predittiva della futura comparsa del diabete di tipo 2 e di eventi cardiovascolari.

Regimi di dieta salutari si associano a una riduzione del rischio di sviluppo di diabete di tipo 2.

Pattern alimentari di tipo mediterraneo svolgono un’azione protettiva nei confronti di infiammazione cronica, insulino-resistenza e sindrome metabolica; inoltre, essi riducono il rischio cardiovascolare e la mortalità per patologie cardiovascolari e cancro.

Sintesi dei risultati ottenuti

In pazienti con nuova diagnosi di diabete di tipo 2 l’adozione di una dieta di tipo mediterraneo a basso contenuto di carboidrati (LCMD) determina una più duratura riduzione dei livelli di HbA1c, un maggior numero di remissioni di diabete e posticipa di circa 2 anni il ricorso ai farmaci ipoglicemizzanti.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardo al problema iniziale?

Si tratta del più lungo studio d’intervento che ha valutato gli effetti di una LCMD in pazienti con nuova diagnosi di diabete di tipo 2, registrando modificazioni nel tempo di HbA1c, peso e fattori di rischio cardiovascolare, ottenendo più frequentemente la remissione di diabete e ritardando l’introduzione della terapia farmacologica per il diabete.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Chiarire i meccanismi attraverso i quali una LCMD determina il migliore controllo gli- cemico, la maggiore frequenza di remissioni di diabete e ritarda l’introduzione della terapia farmacologica per il diabete.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

La capacità di una LCMD di posticipare il ricorso a farmaci antidiabete dovrebbe ri- durre considerevolmente gli effetti indesiderati ai farmaci, il rischio di ipoglicemia, i sintomi da iperglicemia nonché la spesa sanitaria.

Anche la capacità di una LCMD di determinare remissione di casi di diabete di tipo 2 potrebbe produrre simili effetti.

Farmacocinetica e

farmacodinamica dell’insulina NPH nel diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un’adeguata risospensione prima

dell’iniezione sottocutanea Lucidi P, Porcellati F, Marinelli Andreoli A, Carriero I, Candeloro P, Cioli P, Bolli GB, Fanelli CG

Dipartimento di Medicina della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia, Sezione di Medicina Interna e Scienze Endocrine e Metaboliche, Perugia Diabetes Care 2015; Sep 10 [Epub ahead of print]

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

La variabilità degli effetti dell’insulina NPH sulla glicemia a seconda di un’adeguata risospensione o meno, prima dell’iniezione sottocute.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Era nota e raccomandata la necessità di risospendere l’NPH prima dell’iniezione per evitare oscillazioni del controllo glicemico, ma il reale effetto sul metabolismo glucidico di NPH risospesa rispetto a quella non risospesa (simulando addirittura varie posizioni della penna, verticale punta in basso o punta in alto, od orizzontale) non era noto.

Sintesi dei risultati ottenuti

Come atteso, la differenza degli effetti sul metabolismo glucidico di un’iniezione di NPH risospesa rispetto a non risospesa sono importanti. L’originalità dell’osserva- zione è che rispetto all’NPH risospesa, quella non risospesa produce un effetto che va da un –50% a un +50-100% a seconda che la penna fosse mantenuta con la punta in alto o in basso, od orizzontale. Il coefficiente di variazione dell’effetto di NPH può essere elevato fino al 70% se l’insulina NPH viene indifferentemente iniet- tata dopo o senza risospensione.

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Interventi educativi strutturati con modello della Group Care riducono il rischio

cardiovascolare in pazienti con diabete di tipo 2: analisi del trial clinico ROMEO Sicuro J, Charrier L, Berchialla P, Cavallo F, Merlo S, Mazzeo A, Porta M, Trento M; ROMEO Investigators Laboratorio di Pedagogia Clinica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, Torino Diabetes Care 2014;37:e192-3

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Il trial clinico multicentrico, controllato e randomizzato denominato ROMEO (Ripen- sare l’Organizzazione per Migliorare l’Educazione e gli Outcome) ha voluto verificare la trasferibilità del modello educativo della Group Care in 12 diabetologie italiane coinvolgendo 812 pazienti con diabete di tipo 2 seguiti per 4 anni. Con questo stu- dio si è potuto dimostrare che con un intervento educativo strutturato e fornito re- golarmente nel corso del tempo è possibile ridurre il rischio cardiovascolare in pazienti con diabete di tipo 2 poiché si promuovono nuove condotte di salute e un miglioramento dello stile di vita.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

La letteratura aveva riconosciuto il valore dell’educazione quale strumento per il cambiamento nelle persone con diabete, questo è il primo trial clinico, controllato, randomizzato e multicentrico che utilizza l’intervento educativo come strumento te- rapeutico.

Sintesi dei risultati ottenuti

Nello studio sono stati utilizzati tre motori di calcolo del rischio cardiovascolare:

Cuore, Framingham e UKPDS. I modelli Framingham e Cuore si basano su coorti nordamericane e italiane e includono il diabete come una variabile dicotomica.

L’UKPDS, sviluppato in pazienti inglesi di nuova diagnosi di diabete di tipo 2, con- sidera l’HbA1ce il tempo dalla diagnosi. I tre modelli hanno dimostrato che il rischio cardiovascolare si riduce solo tra i pazienti trattati con Group Care rispetto ai con- trolli, nonostante le prescrizioni farmacologiche fossero simili nei due gruppi di trat- tamento.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardo al problema iniziale?

Questi risultati dimostrano che l’azione educativa, se strutturata e basata su inten- zionalità pedagogica, è in grado di supportare e modificare il cambiamento dello stile di vita nelle persone con diabete.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Le future ricerche riguardano le dimensioni psicologiche e i meccanismi neuro - endocrini coinvolti nel cambiamento da parte delle persone affette da malattie cro- niche.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardo al problema iniziale?

Lo studio conferma e rafforza l’assoluta necessità di risospendere l’NPH prima del suo uso con una manovra di basculamento della penna per circa 90 secondi. Que- sto è importante non solo per i pazienti che usano NPH, ma anche per coloro che usano le insuline premiscelate (al 70% costituite da NPH).

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

È concetto comune che l’insulina NPH sia più variabile degli analoghi dell’insulina ad azione ritardata glargina e detemir. È possibile che la maggiore variabilità dell’insu- lina non solubile NPH rispetto alle solubili (glargine, detemir, ma anche degludec e glargina U300) sia dovuta al fatto che NPH va accuratamente risospesa prima del- l’iniezione, mentre le altre no. Ulteriori studi sono necessari per confrontare la varia- bilità delle nuove insuline rispetto alla vecchia NPH quando quest’ultima sia stata ottimamente risospesa prima dell’iniezione.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

L’uso odierno dell’NPH è in diminuzione, ma si stima che ancora circa il 20-30% dei pazienti in terapia insulinica la usino o come tale o premiscelata con insulina rapida.

È importante che i pazienti che usano ancora l’NPH la usino bene, seconde le norme, cioè risospendendola con cura con delicati movimenti di basculamento fino alla risospensione completa (sono necessari circa 20 cicli di movimento della penna).

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Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Gli studi svolti per verificare il modello clinico educativo e assistenziale della Group Care favoriscono la riorganizzazione del lavoro quotidiano valorizzando la persona con malattia cronica. Il percorso assistenziale può essere pensato per offrire una migliore qualità dell’assistenza con personale altamente qualificato, volto a miglio- rare il compenso metabolico, offrire lo screening delle complicanze e supportare la persona nel miglioramento della qualità di vita.

Uno strumento facile, veloce ed efficace per monitorare

l’incidenza del diabete mellito di tipo 1 (DMT1) in Italia tra i bambini di 0-4 anni: il Registro Italiano delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) Vichi M1, Iafusco D2, Galderisi A3, Stazi MA4, Nisticò L4

1Ufficio di Statistica, Centro Nazionale di Epidemiologia Promozione e Sorveglianza della Salute (CNESPS), Istituto Superiore di Sanità (ISS), Roma; 2Dipartimento di Pediatria, Centro di Diabetologia Pediatrica G. Stoppoloni, Seconda Università di Napoli, Napoli;

3Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Università di Padova, Padova; 4Reparto di Epidemiologia Genetica, Centro Nazionale di Epidemiologia Promozione e Sorveglianza della Salute (CNESPS), Istituto Superiore di Sanità (ISS), Roma

Acta Diabetologica 2014;51:287-94

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

In Italia mancava una stima nazionale dell’incidenza del DMT1. Per colmare questa lacuna abbiamo utilizzato come proxy le prime ospedalizzazioni ricavate dai dati SDO. Lo studio ha riguardato la classe di età 0-4 anni, la sola per la quale era pos- sibile, al momento dell’analisi, rintracciare tutti i ricoveri fin dalla nascita.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Dal 1997 è attivo il Registro Italiano DMT1 (RIDI) che coordina diversi registri loco- regionali e che, attualmente, copre circa il 40% della popolazione a rischio.

Sintesi dei risultati ottenuti

In Italia il tasso di incidenza di prime ospedalizzazioni per DMT1 tra i bambini di 0-4 anni per il periodo 2005-2010 (media annuale) è 13,4 per 100.000; più alto nei maschi (14,1) rispetto alle femmine (12,7). La distribuzione geografica è eteroge- nea: la Sicilia ha la seconda incidenza (18,7) dopo la Sardegna (55,6) che, come noto, è una delle aree del mondo a più alta incidenza; Marche e Calabria hanno va- lori più elevati della media nazionale. Le nostre stime sono coerenti con quelle ri- portate da altri studi che hanno analizzato la stessa classe di età per periodi sovrapponibili.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardo al problema iniziale?

È stato ottenuto, per la prima volta, un quadro geografico completo dell’incidenza del DMT1 nei bambini di 0-4 anni. Il dato della Sicilia è nuovo rispetto alla stima dello studio EURODIAB nel quale era stato incluso solo il distretto di Catania.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Il database SDO viene implementato annualmente e rilasciato all’ISS con un ritardo di circa due anni rispetto alla raccolta del dato; in futuro sarà quindi possibile ag- giornare le stime ed estenderle alle classi di età 5-9 e 10-14 anni.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Questo studio fornisce uno strumento per il monitoraggio dell’incidenza del DMT1, prerequisito indispensabile per le valutazioni dell’effetto di fattori di rischio nonché per gli interventi di programmazione sanitaria.

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